IoArch 90 - Oct-Nov 2020

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ioArch

Anno 14 | Novembre 2020 euro 9,00 ISSN 2531-9779 FONT Srl - Via Siusi 20/a 20132 Milano Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Milano

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TECNOLOGIA ALTERNATIVA ATTUALITÀ DELL’ARCHITETTURA SOFT-TECH

IL PROGETTO DEL RETAIL LUCE COLORE MATERIA

GRAFTON | OMA | BIG | JULIA WATSON | ANNA HERINGER | DAVID UMEMOTO ARNAUDO + CAMERANA | DIDONÉ COMACCHIO | JACOPO ACCIARO | CARLO DONATI GALANTE MENICHINI | MASSIMO IOSA GHINI | MICHELE PERLINI | MARIO TESSAROLLO


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36 SOMMARIO ioArch 90

28 Rovereto | KREJ ENGINEERING, SOCIAL HOUSING

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30 Milano | DFA PARTNERS, RESIDENZE NEL BORGO 32 Milano | LOMBARDINI22, SOCIAL HOUSING 34 Milano | PIUARCH, CASCINA SELLA NUOVA 34 Milano | VITTORIO GRASSI, CASSALA 22

ARCHIWORKS 36 Il restauro come un Kintsugi GIANNI ARNAUDO E BENEDETTO CAMERANA

38 La piazza dell’economia | GRAFTON ARCHITECTS 44 Il parcheggio al centro | OMA 48 Casa delle culture e spazio pubblico | BIG - FREAKS 93 La vita a duecento metri di altezza | MASSIMO IOSA GHINI 98 L’anima green di Space House | ARC STUDIO PERLINI 102 La buona architettura | MARIO TESSAROLLO 106 I colori della Digital Transformation

DESIGNCAFÈ 8 Premio Urbanistica | I VINCITORI 10 Costellazione Enzo Mari | TRIENNALE MILANO 12 Il più grande cantiere del mondo | CHINA GOES URBAN 14 Flagship Store | SMEG - VESCOM - ARPA INDUSTRIALE - LUALDI 18 - 60 Libri

WORK IN PROGRESS 20 Xi’an | ZAHA HADID ARCHITECTS, LO STADIO 22 Livorno | ONE WORKS, MASTERPLAN PORTO ANTICO 24 Concesio | DEPURATORE DELLA VALTROMPIA 26 Cittadella | STUDIO TOMMASI, NUOVO MUSEO

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› OCCH

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SOMMARIO

74 LPP - ARCHITETTI ITALIANI

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a cura di Luigi Prestinenza Puglisi

52 Didoné Comacchio

SOFT-TECH a cura di Carlo Ezechieli

61 Tecnologia alternativa 63 Un’antica attualità | JULIA WATSON 66 Alla riscoperta del significato | ANNA HERINGER 72 Il senso del monumento | DAVID UMEMOTO

84 La macchina del tempo | CARLO DONATI 88 La stanza per un uomo | GALANTE MENICHINI

RETAIL 74 Retail e il progetto della luce | JACOPO ACCIARO 80 Contrasti di luce e materia | WILLY CALABRESE

ELEMENTS a cura di Elena Riolo

111 Retail

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In copertina Anna Heringer Centro comunitario Anandaloy Rudrapur, 2020 Ph. ©Kurt Hoerbst

Direttore editoriale Antonio Morlacchi

Contributi Luisa Castiglioni, Pietro Mezzi Luigi Prestinenza Puglisi Elena Riolo

Direttore responsabile Sonia Politi

Grafica e impaginazione Alice Ceccherini

Comitato di redazione Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi, Sonia Politi

Marketing e Pubblicità Elena Riolo elenariolo@ioarch.it

Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it Fotolito e stampa Errestampa

Prezzo di copertina euro 9,00 arretrati euro 18,00

Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004.

Abbonamenti (6 numeri) Italia euro 54,00 - Europa 98,00 Resto del mondo euro 164,00 abbonamenti@ioarch.it

Periodico iscritto al ROC-Registro degli Operatori della Comunicazione.

Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca IBAN IT 68H02 008 01642 00000 4685386

© Diritti di riproduzione riservati. La responsabilità degli articoli firmati è degli autori. Materiali inviati alla redazione salvo diversi accordi non verranno restituiti.

Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano

ISSN 2531-9779


› OCCH

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› DESIGNCAFÈ

Ogni giorno online

Premio Urbanistica, i vincitori

L’INFORMAZIONE DI IOARCH PROSEGUE SUL NOSTRO SITO CON LE ULTIME NOTIZIE DALL’UNIVERSO DEL PROGETTO E DELLE COSTRUZIONI, DELL’ARTE, DELLA PRODUZIONE, E CON IL RACOCNTO DI NUOVE ARCHITETTURE PROGETTATE O COSTRUITE IN TUTTO IL MONDO. TRA I NUOVI ARTICOLI ONLINE:

LA PREMIAZIONE UFFICIALE POCHI GIORNI FA NEL CORSO DI URBANPROMO 2020

ph. ©Marco Zonta

I premi Architetto Italiano 2020 È Mariano Zanon con l’H-Farm di Roncade il vincitore del premio bandito dal Cnappc. Giovane Talento dell’Architettura Italiana Edoardo Capuzzo Dolcetta con la scuola di Nosy Be in Madagascar e due menzioni per il premio speciale (Ri)progettare la scuola a Sergio De Gioia e Alessandro Cacioppo.

ph. ©Bruce Damonte

La casa per le vacanze di Mork-Ulnes in Norvegia Sospeso a un metro e mezzo dal terreno con 45 colonne di legno, il rifugio per le vacanze di Casper e Lexie Mork-Ulnes a Kvitfjell reinterpreta la tradizione rurale norvegese con un involucro composto da legname locale tagliato a quarto di tronco e un tetto verde ricoperto di erbe autoctone.

ph. ©Felix Michaud

Flessibilità volumetrica a Montréal Come in un gioco di volumi, il progetto residenziale di Jean Verville Architectes riconfigura il modello del triplex e mettendo in discussione i confini e la compattezza degli spazi domestici sviluppa tre diversi ambienti funzionali, dal laboratorio alla serra all’abitazione, organizzati su quattro livelli. [8]

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Dal 2006 la rivista scientifica dell’Istituto Nazionale di Urbanistica seleziona, tra i progetti di rigenerazione del territorio esposti a Urbanpromo e nella gallery del sito www.urbanpromo.it, quelli più votati dai professionisti e dal pubblico. Organizzati in tre diverse categorie, i nove progetti premiati nel corso dell’edizione online 2020, che si è svolta tra il 17 e il 20 novembre, sono tra quelli esposti lo scorso anno alla Nuvola Lavazza di Torino. Per la categoria ‘nuove modalità dell’abitare e del produrre’ premiati il progetto per l’area ex-Marangoni Meccanica a Rovereto – promotore Rovim Srl – dove la rigenerazione dell’area rappresenta la possibilità di legare le esigenze urbanistiche del territorio con quelle dell’imprenditoria privata; il progetto di social housing ‘Casa+: una scommessa per il rilancio della Città Vecchia’, promosso dal Comune di Taranto e inteso come possibile motore di un più ampio processo di rigenerazione del centro storico della città; il percorso di recupero urbano e di housing sociale ‘Sharing Torino’ (nella foto), promosso da Fondazione Sviluppo e Crescita CRT per dare nuovo volto a luoghi di difficile utilizzo attraverso metodi partecipativi e di progettazione condivisa.

Nella categoria Rigenerazione ambientale, economica e sociale premiati invece il workshop ‘Rail City Lab’ organizzato a Torino da FS Sistemi Urbani per promuovere un dibattito pubblico sulla rigenerazione urbana delle aree ferroviarie dismesse; il progetto di rigenerazione delle ex acciaierie-ferriere pugliesi presentato dal Comune di Giovinazzo (Bari), che prevede un ridisegno delle aree a verde e la ricucitura pedonale tra l’area e il mare; e il Comune di Aprilia con il progetto di trasformazione urbana a partire da interventi minimi ‘Prossima apertura’. Infine, nella categoria “Innovazioni tecnologiche per la gestione urbana” sono stati premiati la ‘Rigenerazione territoriale e mobilità sostenibile nel ponente ligure’ di Regione Liguria, con la promozione di politiche di educazione alla mobilità e interventi concreti nell’area dell’estremo ponente ligure per la rivitalizzazione dei territori anche tramite nuove ciclovie; le attività dell’Ente Parco Nazionale della Sila sulla conservazione e il monitoraggio della biodiversità; la app ‘Abito in community’ di Abitare Toscana Srl che valorizza l’abitare sociale quale vera e propria infrastruttura nell’ambito della sharing economy


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› DESIGNCAFÈ

Enzo Mari in un ritratto di Ramak Fazel.

L’ingresso della mostra, con l’opera di Nanda Vigo, Lo zoo di Enzo (foto Gianluca Di Ioia) e La Serie della Natura N. 4: la pantera, 1964 (foto Danese Milano).

COSTELLAZIONE ENZO MARI Triennale Milano con il Museo del Design Italiano presenta fino al 18 aprile 2021 la mostra Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli dedicata ai 60 anni di attività progettuale di Mari, dall’arte al design, dall’architettura alla filosofia, dalla didattica alla grafica. Lavori e pensieri sono documentati attraverso progetti, modelli, disegni spesso inediti, provenienti dall’Archivio Mari recentemente donato al Casva – Centro di alti studi sulle arti visive del Comune di Milano: materiali che saranno nuovamente consultabili, su disposizione di Mari, solo tra quarant’anni affinché una nuova generazione, ‘non degradata come quella odierna’, possa farne un uso consapevole e riprendere così in mano il significato profondo delle cose. La mostra è articolata in una sezione storica, a cura di Francesca Giacomelli, in cui le opere sono esposte in ordine cronologico, senza distinzioni fra discipline e tecniche, e in una sezione con contributi di artisti e progettisti – come Adelita Husni-Bey, Tacita Dean, Dominique GonzalezFoerster, Mimmo Jodice, Adrian Paci, Barbara Stauffacher Salomon, Nanda Vigo, oltre a Virgil Abloh per il merchandising – invitati a rendere omaggio a Mari attraverso installazioni sitespecific e nuovi lavori ad hoc. Completa il percorso una serie di video interviste realizzate da Hans Ulrich Obrist che testimoniano la costante tensione etica di Mari, la sua profondità teorica e la sua capacità progettuale di dare forma all’essenziale

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Sopra, i calendari Formosa e Timor, entrambi di Danese Milano, e il catalogo della mostra, edito da Electa. A lato, tempera su carta I luoghi deputati, 1953 (foto Benvenuto Saba).



› DESIGNCAFÈ

Central Business District, 2019, Thongzhou New Town, Pechino, municipalità di Pechino.

CHINA GOES URBAN. LA NUOVA EPOCA DELLE CITTÀ

IL PIÙ GRANDE CANTIERE DEL MONDO

Planimetrie, rendering e disegni del progetto nell’area di cantiere, 2017, Zhaoqing New Town, Zhaoqing, provincia del Guangdong. Sotto, contadine al lavoro a Zhongmu, 2019, Zhengzhou, provincia dello Henan.

UNA MOSTRA AL MAO DI TORINO (AL MOMENTO SOLO ONLINE) E UN CATALOGO INTERATTIVO La mostra inaugurata al Museo d’Arte Orientale di Torino (16 ottobre-14 febbraio, in questo momento chiuso al pubblico) nasce da una ricerca accademica transdisciplinare sulle new town cinesi avviata nel 2015 dal Politecnico di Torino coinvolgendo ricercatori e studiosi dell’École Polytechnique Fédérale di Losanna e della Tsinghua University di Pechino, proseguita poi con reportage videofotografici diretti – realizzati da Prospekt Photographers di Milano – come esplorazione in cui ricerca scientifica, sociologica e artistica si intrecciano per comprendere le sfide poste dalle trasformazioni urbane. Quello in atto in Cina è un fenomeno epocale se si considera che in quarant’anni la popolazione urbana è passata da 230 a 830 milioni di abitanti: ogni anno circa 16 milioni di persone migrano dalle aree rurali verso le città. Che inevitabilmente assumono una forma estesa, in un continuum spazio-temporale – scrivono i curatori – differente rispetto ai vincoli della prossimità e che non è più la città del Novecento occidentale ma un tessuto insieme fisico e immateriale che probabilmente rappresenta l’urbano del nostro tempo. Per questo – perché pur su dimensioni del tutto diverse lo zoning e la tradizionale distinzione tra centro e periferia non funzionano più nemmeno in Occidente – la mostra off re più di un motivo di riflessione se solo, visitandola, si rinunci alle certezze delle categorie e alla banalità di formule come ‘smart-city’ con cui crediamo di aver trovato ‘la’ soluzione. Un altro atteggiamento da abbandonare è poi quello, come già rilevava anni fa Ananya Roy, di considerare lo sviluppo delle città asiatiche e di altre aree a rapida crescita demografica del Sud del mondo come megalomania urbana [ 12 ]

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a confronto con modelli occidentali presunti vincenti, proprio nel momento in cui la pandemia ne sta rivelando invece l’intrinseca fragilità. China Goes Urban si concentra su quattro new town cinesi: Tongzhou new town, espansione orientale di Pechino; Zhaoqing New Area, sul limite occidentale del delta del fiume delle Perle; Zhengdong new district, presso Zhengzhou, nella provincia dello Henan nella Cina interna; e Lanzhou New Area, nella provincia del Gansu, una delle più povere della Cina, dove lo Stato costruisce new town per attrarre investimenti e promuovere lo sviluppo. Se oggi non è visitabile, China Goes Urban è

però accompagnata da un importante catalogo, edito da Skira, arricchito da contenuti in realtà aumentata che consentono al lettore – dopo avere scaricato la app Skira – di vedere sul proprio device i video in mostra. Organizzata da Fondazione Torino Musei in collaborazione con Intesa Sanpaolo, China goes Urban. La nuova epoca delle città è a cura del Politecnico di Torino (Michele Bonino e Francesca Governa, con la collaborazione di Francesco Carota, Maria Paola Repellino e Angelo Sampieri) e di Prospekt Photographers (Samuele Pellecchia, Francesco Merlini) con la Tsinghua University di Pechino (Liu Jian)



› DESIGNCAFÈ

IN ATTESA DI RICOMNCIARE A VIVERE NELLA NORMALITÀ I PRINCIPALI ATTORI DEL MONDO DEL DESIGN CURANO I LORO FLAGSHIP STORE COME LUOGHI DI INCONTRO PRIVILEGIATO CON LA PROPRIA COMMITTENZA

Flagship Store

SMEG Smeg apre il suo store a Roma in via IV Novembre, nell’ottocentesco Palazzo Capranica del Grillo. Qui vengono esposti i prodotti più rappresentativi del marchio, a partire dai frigoriferi dipinti a mano nati dalla collaborazione con Dolce&Gabbana: arte, design e moda si mescolano per celebrare la creatività del Made in Italy. Anche in questo spazio Smeg rivela un approccio coerente alla propria filosofia, in cui il lifestyle non prescinde dai contenuti culturali. Fondata nel 1948, l’azienda nel tempo ha avviato importanti collaborazioni con designer e architetti di fama internazionale come Mario Bellini, Guido Canali, Renzo Piano, designer come Marc Newson e il deepdesign di Raffaella Mangiarotti e Matteo Bazzicalupo.

Gli arredi in rovere e travertino danno vita a un’atmosfera calda e avvolgente che contraddistingue tutti i flagship store di Smeg. Una grande living kitchen ospiterà un calendario di appuntamenti e incontri di varia natura.

VESCOM È all’interno di un palazzo d’epoca in Foro Buonaparte a Milano lo showroom milanese di Vescom. Uno spazio piacevole, più domestico che commerciale, dove architetti e designer possono approfondire idee e progetti, prendere un caffè e valutare le caratteristiche dei rivestimenti, dei tessuti e delle tende per il contract. Più che un’ordinata collezione di campioni, si

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è voluto qui raccontare la possibilità di accostare materiali e prodotti per un risultato in linea con il concept ricercato dal progettista. Un’attitudine sottolineata anche attraverso gli elementi d’arredo, selezionati tra le proposte dei più importanti marchi del settore che hanno scelto di rivestire i propri imbottiti con i tessuti Vescom.

Ospitale, creativo e ricco di stimoli, lo showroom Vescom in Foro Buonaparte 44a, a Milano.


Rivestimento Easy Wand

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EASYWAND EASY Il rivestimento in alluminio Easy Wand è un pannello coibentato di nuova generazione, completamento liscio, isolato, leggero e maneggevole. Moderno, dai colori e dimensioni variabili, consente varie soluzioni per la personalizzazione delle facciate. L’alluminio pesa un terzo rispetto all’acciaio, resiste al tempo, alla corrosione, ed è 100% riciclabile. Per questo con Easy Wand dai più valore al tuo immobile.

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› DESIGNCAFÈ IN ASSENZA DI EVENTI, FIERE E MANIFESTAZIONI NAZIONALI E INTERNAZIONALI GLI SHOWROOM CONSENTONO ALLE AZIENDE DI PRESENTARE AD ARCHITETTI E PROGETTISTI LE ULTIME PROPOSTE ANCHE ATTRAVERSO TOUR VIRTUALI

Flagship Store

FENIX Fenix Scenario è lo spazio inaugurato a ottobre a Milano da Arpa Industriale, a Brera. Il progetto è pensato dallo studio Gio Tirotto come uno spazio flessibile e multifunzionale dove i professionisti possano trovare i materiali rappresentati come suggestioni interattive, come in un teatro. Le diverse aree si trasformano con quinte flessibili, pannelli girevoli a tutta altezza che, oltre a raccontare le caratteristiche di Fenix, sono utilizzati per proiezioni e favoriscono il dialogo tra gli spazi espositivi e i materiali con le loro caratteristiche. Nella materioteca sono presenti gli altri brand del gruppo: Arpa, Formica, GetaLit, Getacore e Homapal. Scenari diversi, dove si incontrano arredi di Lapalma, ambienti ufficio con elementi di Unifor, sempre con piani in Fenix.

Fenix Scenario, un nuovo spazio dove progettisti e architetti possono trovare ispirazione e interagire con materiali e arredi. Milano, via Quintino Sella, 1 (angolo Foro Bonaparte).

LUALDI A Milano, in Foro Buonaparte 74, nei grandi spazi dell’ex Teatro Olimpia si trova lo showroom che Lualdi dedica all’incontro con architetti, progettisti e con il pubblico. Uno spazio speciale per una committenza che riconosce la qualità del prodotto e dei processi di lavorazione di questa storica azienda del design italiano, che coniuga artigianato e industria. In attesa del superamento di questo complicato periodo, è stato portato a termine il processo di digitalizzazione che permette di visitare virtualmente lo showroom e valutare la gamma di porte e sistemi divisori di Lualdi.

Lo showroom in Foro Buonaparte si può visitare anche in modalità virtuale.

Inquadra il QR Code con lo smartphone per entrare nello showroom Lualdi.

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› DESIGNCAFÈ TIMBER REVOLUTION Il legno è la migliore tecnologia messa a punto dalla natura per assorbire CO2, e immagazzinarla in un materiale da costruzione che alla leggerezza unisce proprietà di resistenza ormai paragonabili a quelle dell’acciaio e del calcestruzzo è un’ottima scelta progettuale. Oltre a casi-limite come i recenti edifici alti con struttura portante in compositi di legno che la ricerca e la tecnologia consentono oggi di realizzare, Out of the Woods presenta una miriade di casi in tutto il mondo dove si lavora e si costruisce con il legno, dalle case sull’albero in Costa Rica a resort in Tasmania e case di cura in Giappone, e sottolinea non solo le sensazioni ma anche i risultati scientificamente dimostrati del benessere psicofisico che vivere in una casa di legno crea.

Aa.vv. Out of the Woods. Architecture and Interiors Built from Wood Gestalten Verlag, Berlino, 2020 288 pp, EN, 39,90 euro ISBN 978-3-89955-859-3

antitetiche quando afferma che ciò che conta è il metodo, perché se nel corso di duemila anni può sembrare che tutto sia cambiato, il nostro cervello e il ruolo dell’uomo rispetto alla vita e al tempo non hanno fatto passi avanti tali per cui oggi si possano dare risposte diverse da quelle che poteva dare Vitruvio. Quello dell’architetto è in primo luogo un mestiere, è la capacità – nel proprio tempo – di fornire risposte spaziali soddisfacenti alle domande del committente. Ma il committente non è soltanto chi paga bensì l’umanità nel suo insieme. Ed è forse questa l’interpretazione più autentica dell’idea, lanciata qualche tempo fa dal Centro Studi Vitruviani di Fano, di un ‘giuramento di Vitruvio’ che gli architetti dovrebbero sottoscrivere come fanno i medici quando aderiscono al giuramento di Ippocrate: firmitas, utilitas, venustas e etica.

Valentina Radi Via Vitruvio Pacini Editore, Pisa, 2020 256 pp, 20 euro ISBN 978-88-6995-688-1

QUEL CHE RESTA DI VITRUVIO Il volume contiene gli esiti della ricerca ‘Vitruvio e l’abitare contemporaneo’, condotta da Valentina Radi, docente di Teorie della ricerca architettonica contemporanea all’Università di Ferrara: l’attualità dei principi vitruviani nelle risposte di 15 autori a sette domande. L’architetto di Vitruvio era uomo di cultura globale, ricorda Carmelo Baglivo, uno degli autori intervistati, una posizione impensabile nel processo di progettazione contemporaneo, sempre più settorializzato e nel quale la figura dell’architetto, imbrigliata dalla tecnologia, tende a essere relegata ai margini. Ma pur non essendo sufficienti a definire la qualità di un’architettura, secondo Vincenzo Latina i tre principi vitruviani sono universali e atemporali, mentre Cherubino Gambardella li considera invece del tutto superati. Alfonso Femia propone la sintesi di queste posizioni

CAPOLAVORI DEL MODERNO Se è impossibile viaggiare, consoliamoci con Living In. Nonostante il flusso ininterrotto di immagini che rimbalzano sui social network è raro provare la sensazione di entrare fisicamente, insieme ai redattori del semestrale di arte e architettura openhouse che le hanno visitate per realizzare questo libro, in case straordinarie come Casa Coderch o Casa Pedregal, l’Hotel Martel di Parigi, la casa in mattoni adobe di Georgia O’Keeffe in New Mexico o ancora quella progettata da Gropius per Klee e Kandinski ristrutturata di recente. Ci accompagnano nell’esplorazione John Pawson, Fernando Caruncho, Axel Vervoordt e gli architetti italiani di Morq, autori della recente Villa RA sulle ondulazioni dell’Aspromonte di fronte al golfo di Squillace. [ 18 ]

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Aa.vv. Living In. Modern Masterpieces of Residential Architecture Openhouse & gestalten, Berlino, 2020 288 pp, EN, 49,90 euro ISBN 978-3-89955-858-6


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› WORK IN PROGRESS

XI’AN LO STADIO DI ZAHA HADID ARCHITECTS Accoglierà 60mila spettatori e, una volta realizzato, potrà ospitare le partite di calcio nazionali e internazionali, comprese le sfide della Coppa d’Asia in programma nel 2023. È il nuovo stadio di Xi’An, nel distretto del Fengdong, nella zona centrooccidentale della Cina. Il progetto è di Zaha Hadid Architects (design Patrik Schumacher) che ha lavorato con iDEA, Intelligent Design for Emerging Architecture, uno studio di progettazione di Hong-Kong. Il nuovo impianto sportivo, collocato all’interno del quartiere d’affari di Fengdong, ospiterà attività ricreative e di ristorazione che il progetto prevede di collocare su terrazzamenti ombreggiati e con vista sul monte Qing, La facciata, che protegge lo stadio dai venti del nord, presenta delle forme fluide mentre il complesso è stato pensato a forma di conca di sella: un assetto che migliora la disposizione e la visuale degli spettatori. La copertura è sorretta da una rete di cavi ultraleggeri, una soluzione che ha permesso di contenere il carico e gli ingombri complessivi della struttura primaria: sostenuta da una rete di cavi in tensione, una membrana traslucida protegge gli spettatori dalle intemperie e dall’irraggiamento solare, permettendo alla luce naturale di raggiungere il terreno di [ 20 ]

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gioco, favorendo così la crescita dell’erba. Il tetto perimetrale, con una forma che ricorda le costruzioni tradizionali cinesi, copre tutto l’edificio, mentre le ampie aree pubbliche esterne saranno dotate di vaste alberature per migliorare il microclima e quindi le condizioni di vivibilità, soprattutto nei mesi caldi. L’impianto sarà collegato alle stazioni della rete metropolitana di Xi’An, in cui vivono circa nove milioni di persone e sono attivi due club di calcio professionistico. Grazie alla progettazione digitale, è stata puntualmente definita la geometria dei posti a sedere: una soluzione che ha permesso anche di ottimizzare la visuale da tutti i punti dello stadio.

Località Xi’An, Cina Progetto Zaha Hadid Architects, Patrik Schumacher Direttore del progetto Charles Walker, Nils Fischer (ZHA) Progettisti associati Jakub Klaska, Lei Zheng (ZHA) Partner Architect Intelligent Design for Emerging Architecture (iDEA) Direttore di progetto Yan Gao (iDEA) Progettazione strutturale Qiang Chang Consulenti Arcplus Institute of Shanghai Architectural Design & Research, Clive John Lewis, Lichtvision Design

Il disegno parametrico dello studio londinese conferisce alla copertura continua del nuovo stadio contorni che ricordano le architetture cinesi tradizionali. Sotto, la tensostruttura retta da una rete di cavi ultraleggeri che protegge il pubblico consentendo allo stesso tempo l’ingresso della luce naturale sul manto erboso del rettangolo di gioco (render courtesy Zaha hadid Architects).


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› WORK IN PROGRESS

Due render del masterplan sviluppato da One Works per l’area portuale di Livorno.

LIVORNO MASTERPLAN DI ONE WORKS PER IL PORTO ANTICO Sarà Porta a Mare il nuovo nome dell’antico Porto Mediceo di Livorno, che verrà sottoposto a una operazione di riqualificazione per contrastare il degrado dovuto alla perdita di ruolo delle attività connesse al vecchio scalo marittimo. Il masterplan dello studio One Works si inserisce in un più ampio intervento di rigenerazione urbana che ha portato negli ultimi anni alla realizzazione di edifici residenziali e per uffici, oltre al recupero delle ex Officine Storiche. Il masterplan prevede la riconfigurazione delle rimanenti aree portuali con l’introduzione di residenze, strutture ricettive, funzioni di interesse civico e culturale. Una proposta che intende collegare il passato e il futuro della città, raccontando la storia marittima di Livorno, proiettandola in una dimensione contemporanea e ricostruendo un nuovo [ 22 ]

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affaccio al mare. Gli spazi pubblici, articolati principalmente attorno a due porti turistici, sono dotati di aree verdi e di spazi pubblici attrezzati di qualità, con piste ciclabili, circuiti per il jogging, aree per concerti all’aperto, strutture sportive e veliche, un centro di formazione marittima e un’area commerciale. L’architettura che definisce i tre edifici residenziali a pianta quadrata sull’area del molo e soprattutto il grande edificio rettangolare a destinazione ricettiva che si affaccia sulla marina puntano a stabilire un dialogo con le antiche mura medicee attraverso un equilibrio di proporzioni, materiali e colori. Sempre sull’area del molo un iconico padiglione ovale vetrato ospiterà una serie di funzioni a tema. L’iniziativa è promossa dal gruppo Immobiliare Grande Distribuzione (Igd SiiQ), società che opera nel settore retail,

in particolare nella realizzazione di centri commerciali di medie e grandi dimensioni.

Località Livorno Committente Immobiliare Grande Distribuzione Progettazione architettonica One Works (Leonardo Cavalli, Pietro Bagnoli, Laura Varalli, Mattia Cipriani, Nicola Guercilena) Progettazione strutturale One Works (Riccardo Pauletto, Daniele Santoni) Progettazione impiantistica BST Ingegneria (Giampaolo Munafò, Martina Pellegrini, Carolina Benedetti, Giulia Guarnieri, Francesca Ranucci) Superficie area 69.000 mq Slp residenziale 5.400 mq (Arsenale) Slp comparto Lips 15.500 mq (di cui 9.000 mq per hotel+Rta, 3.000 mq a ostello e 3.500 mq per il cinema multisala Slp comparto Molo Mediceo 4.000 mq (Sea Pavilion per funzioni culturali, congressuali, di ricerca e didattica) Rendering Carlo Federico Cattò


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› WORK IN PROGRESS

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CONCESIO L’IMPIANTO CHE CREA PAESAGGIO C’è ma non si vede. È il depuratore della Valtrompia che sta sorgendo a Concesio, nel bresciano: una volta ultimato sarà completamente mimetizzato nel verde. Sarà un impianto all’avanguardia, sia per la capacità di creare nuovo paesaggio sia per le dotazioni impiantistiche, che consentiranno di trattare reflui per 85mila abitanti equivalenti. Un progetto frutto del lavoro dell’Azienda Servizi Valtrompia, una Spa controllata dal Gruppo A2A, partecipata dalla comunità montana e dai 18 comuni della valle. I lavori sono in pieno svolgimento, a seguito dell’appalto integrato vinto dopo ricorsi e sentenze dal raggruppamento temporaneo di imprese formato da Torricelli, Giovanni Putignano & Figli e Facchetti Costruzioni. L’opera avrà un costo di 27 milioni di euro

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per la prima fase, che diventeranno 36 con l’ampliamento già previsto (che nel 2035 porterà all’aumento della potenzialità di trattamento a 138mila abitanti equivalenti). Il tutto per depurare le acque del fiume Mella, che dalla valle arriva alla bassa bresciana dopo aver attraversato il capoluogo, ed evitare le sanzioni europee per i comuni inadempienti non ancora coperti dal servizio di depurazione. La zona è fortemente urbanizzata (nella valle si contano 110mila abitanti) ed è anche per questo che il progetto mira a una soluzione green, che guarda all’oggi ma soprattutto al domani quando il fondovalle, un poco alla volta, potrà essere riqualificato e recuperato a una dimensione più naturale. Dal punto di vista tecnico la depurazione avviene con la tecnologia a membrane,

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che consente una drastica riduzione delle dimensioni dell’impianto. La sua configurazione in linea permette di realizzare una copertura prefabbricata, suddivisa in padiglioni collocati su più livelli, che verrà ricoperta da un tappeto erboso e dove è prevista la messa a dimora di numerosi alberi e arbusti.

Località Concesio, località Dosso Boscone, Valtrompia Committente Azienda Servizi Valtrompia Progettazione definitiva Azienda Servizi Valtrompia (Piercostante Fioletti, ad di Asvt) Responsabile unico del procedimento Francesco Guidi Progettazione paesaggistica Paolo Mestriner Progettazione strutturale Girolamo Landini Studio geologico Geolab Modalità di affidamento lavori Appalto integrato Impresa di costruzioni ATI tra Torricelli (capogruppo), Giovanni Putignano & figli, Facchetti Costruzioni Valore totale delle opere 26,6 milioni di euro (prima fase); 36 milioni (seconda fase) Valore delle opere a verde 632.000 euro Superficie impianto 14.500 mq (di cui 9.000 coperti) Superficie aree verdi 9.000 mq Cronologia febbraio 2020 (inizio lavori) - fine 2021 (consegna primo lotto)

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Nei render di Studio Tommasi, l’aspetto che assumerà il Palazzo delle Associazioni una volta completato l’intervento.

CITTADELLA NUOVO MUSEO FIRMATO STUDIO TOMMASI Nel centro storico di Cittadella, l’edificio meglio noto come Palazzo delle Associazioni che affaccia sulla centrale via Marconi verrà a breve restaurato e trasformato in museo cittadino. L’impostazione neoclassica del fabbricato – su tre piani, a pianta rettangolare, con copertura a quattro falde, costruito tra il 1840 e 1846 – è ormai visibile solo nella facciata principale: un portico colonnato a capitelli in stile dorico, la trabeazione in pietra tenera di Vicenza, le forometrie dei due piani superiori con le finestre incorniciate anch’esse in pietra tenera, con le tre centrali provviste di timpano. Internamente i rimaneggiamenti degli anni Sessanta ne hanno profondamente modificato l’impianto: solo le murature d’ambito, la facciata e il tetto fanno parte dell’architettura originaria. Per il rinforzo statico delle strutture e dei solai, il progetto prevede di realizzare dei portali in acciaio con pilastri e travi: una [ 26 ]

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maglia indipendente e discreta che non vincola la distribuzione interna e l’estetica degli ambienti. La finitura superficiale delle pareti è realizzata con un marmorino, di tonalità chiara, composto da calce, polveri di marmo e terre naturali. Il piano terra è destinato alle funzioni di biglietteria, mentre lo spazio posteriore alle esposizioni temporanee e all’accesso al giardino; i vani a destra ospitano il bookshop e la sala conferenze, quelli a sinistra l’archivio, l’ufficio del personale e i servizi, mentre primo e secondo piano saranno interamente dedicati alle esposizioni museali. I passaggi tra le varie sale sono definiti dal rivestimento delle spalle dei vani porta realizzati con imbotti in lamiera di acciaio verniciata. Il collegamento tra i piani prevede la rimozione dell’attuale scalone centrale e la realizzazione di un nuovo corpo scala

in calcestruzzo, in una zona defilata. Nel solaio tra i piani terra e primo viene conservato il foro del corpo scala, che sarà valorizzato con la creazione del ballatoio di distribuzione centrale da utilizzare come percorso espositivo del livello superiore. Il progetto prevede infine di qualificare gli spazi esterni sul lato nord di collegamento con l’edificio minore, anch’esso da restaurare per disporre di ambienti espositivi ausiliari.

Località Cittadella Committente Comune di Cittadella Progettazione Studio di Architettura e Restauro Tommasi Superfici 1.380 mq (1.140 mq blocco A; 240 mq blocco B) Inizio lavori primavera 2021 Fine lavori prevista dicembre 2022 Valore delle opere 2 milioni di euro



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Località Rovereto Committente Rovim e Finint Progettazione Krej Engineering General contractor Ri-Legno Fornitore X-Lam Dolomiti Superficie del lotto 18.000 mq Edifici 2 Piani 5 e 9 (di 29 metri di altezza) Alloggi 68 Cronologia 2018-2021

ROVERETO IL LEGNO DI VAIA PER IL SOCIAL HOUSING DI KREJ ENGINEERING Sull’area ex-Marangoni Meccanica nella zona sud di Rovereto sta prendendo forma un intervento di social housing con caratteristiche particolari. Si tratta di due edifici residenziali, il primo di nove e il secondo di cinque piani fuori terra, realizzati con struttura portante in legno proveniente dalle foreste della Val di Fiemme abbattute due anni fa dalla tempesta Vaia. Protagonisti di questa operazione di rigenerazione urbana sono le società Rovim e Finint, una società di investimenti immobiliari di Conegliano. Ri-Legno, società di manutenzione delle strutture in legno, è invece general contractor dell’operazione, mentre il legname strutturale, che costituisce il 90% del totale utilizzato [ 28 ]

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proveniente dalle aziende certificate Pefc aderenti alla Filiera Solidale (un marchio creato per sostenere le zone colpite dalla tempesta), è stato fornito e installato da X-Lam Dolomiti. Il progetto è dello studio di architettura Krej Engineering di Ala. Altra peculiarità riguarda l’aspetto sociale dell’intervento: i due fabbricati, che verranno inaugurati nei prossimi mesi, ospiteranno complessivamente 68 famiglie nell’ambito di un progetto che offrirà alloggi e servizi abitativi a prezzi contenuti a giovani coppie, studenti, lavoratori precari, anziani, disabili e immigranti. Per realizzare il complesso verranno utilizzati 2.300 metri cubi di legname ingegnerizzato. Una scelta che ha permesso di ridurre l’impronta ambientale dell’opera

(in un metro cubo di legname è stoccato il carbonio corrispondente a 0,92 tonnellate di CO2) e i costi energetici di produzione e smaltimento se confrontati con gli analoghi di calcestruzzo e acciaio (il risparmio medio è di 0,7 tonnellate di CO2 per metro cubo impiegato). In generale, la riduzione in termini di anidride carbonica non immessa atmosfera è calcolata in 3.700 tonnellate: l’equivalente di tre anni di emissioni prodotte dalle persone che vi abiteranno.

Render dei due edifici di Rovereto e una foto del cantiere in corso. Per la costruzione verranno impiegati 2.300 mc di legno ingegnerizzato proveniente dalle foreste della val di Fiemme colpite dalla tempesta Vaia (immagini courtesy Pefc Italia).


RECUPERO ARCHITETTONICO CON LA LEGGEREZZA DEI SISTEMI DI RIVESTIMENTO PREFA

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MILANO RESIDENZE E COLTIVAZIONE IDROPONICA NEL BORGO DI DFA PARTNERS Inverte la tendenza alla verticalità che contraddistingue i recenti interventi residenziali e introduce un importante elemento di novità il progetto di Daniele Fiori Partners per la trasformazione dell’area dell’ex-cascina Galbani nel quartiere milanese della Barona. In un susseguirsi di spazi privati interni e esterni Forrest in Town, questo il nome del progetto, sarà un borgo residenziale con edifici che non superano i tre piani di altezza affacciati su un parco interno di 6.000 mq. Al di sotto del parco, oltre ad ambienti comuni dedicati alle attività sportive e ai [ 30 ]

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locali tecnici, sarà collocata anche un’area di coltivazione idroponica: uno spazio di 250 mq dove saranno prodotti vegetali baby leaf e ortaggi ad uso esclusivo dei condomini. Uno scenario che, avvalendosi di un know how specializzato, permetterà ai residenti di disporre ciclicamente di verdura fresca coltivata con un ridotto impatto ambientale, senza uso di pesticidi e con un eccellente apporto nutritivo. Ridotto impatto ambientale anche per le strutture, con soluzioni che coniugano benessere e sobrietà e che prevedono anche il reimpiego delle acque di pozzo per le aree verdi.

Località Milano Committente Forrest in Town Spa Progetto architettonico DFA Daniele Fiori Partners Collaborazioni Building, REMI, Hortensia, Vittorio Peretto paesaggista. Slp/superficie commerciale 12.500 mq Classe Energetica A+

Render di Forrest in Town, recupero di un’antica cascina con destinazione residenziale. Le abitazioni, di tre piani di altezza, si sviluppano intorno a un parco centrale sotto il quale vi saranno ambienti collettivi e un’area per la coltivazione idroponica di ortaggi (courtesy DFA Partners).


LA PORTA APERTA AI TUOI PROGETTI

Per ogni ambiente la miglior soluzione San.Co, brand del gruppo Zanini Italia, da più di 30 anni sviluppa e fornisce soluzioni tagliafuoco e tagliafumo in legno e vetro secondo i più alti standard di sicurezza e design. Per il restauro dell’Hotel Lutetia, icona dell’hotellerie parigina, San.Co è intervenuta nel progetto come fornitore di porte per i più grandi marchi del contract italiano garantendo un supporto normativo di altissimo livello.

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MILANO IL SOCIAL HOUSING DI L22 È QUID Quid, ovvero Quintiliano District, è il primo progetto di social housing di Lombardini 22. Ormai pronto per la consegna, Quid è un’operazione immobiliare sviluppata da Redo Sgr e sostenuta da fondazione Housing Sociale, per il fondo immobiliare Lombardia comparto 1, partecipato tra gli altri da Cdp, Fondazione Cariplo, Regione Lombardia, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Generali. Il progetto è di L22 Living, il nuovo brand di Lombardini22 per il settore residenziale, che, sulle linee guida di Redo, ha messo a punto un intervento che propone in locazione, a prezzi convenzionati, appartamenti in classe A, di diverse dimensioni e tipologie, in un complesso dotato di spazi comuni per i residenti. Il complesso si compone di tre edifici, di tre e cinque piani fuori terra, con una [ 32 ]

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corte privata da utilizzare come luogo di aggregazione. Le 89 residenze di tagli diversi, dal mono- al quadrilocali, sono duttili nella distribuzione interna e facilmente accorpabili, adattabili così a possibili diverse esigenze future. Il design si concentra sulla qualità delle aree di uso comune, la cui presenza consente di ampliare la dimensione privata degli appartamenti. In genere nell’abitare sociale gli ambienti comuni si limitavano ad alcune funzioni elementari come lavanderia e locale comune, mentre le realizzazioni più recenti mostrano una spiccata propensione verso la creazione di funzioni legate al tempo libero, prevedendo terrazze, giardini pensili e luoghi di incontro informali. La proposta di Quid prevede diverse zone dedicate alla socialità: un giardino

attrezzato nella corte interna su cui si affaccia, al terzo piano, una terrazza; uno spazio di uso comune al piano terra; un ampio porticato; due depositi di biciclette. Al piano terra si trova l’ufficio del ‘gestore sociale’, una figura che affiancherà gli abitanti nella gestione della comunità e nella manutenzione ordinaria dell’immobile.

Località Milano Committente Redo Sgr Consulenza Fondazione Housing Sociale Progettazione architettonia, impiantistica e DL L22 Living Superficie 3.064 mq Alloggi 89 Cronologia 2016-2020 Fotografie Carlos e Dario Tettamanzi


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MILANO LA CASCINA RINASCE CON PIUARCH Piuarch, che ha messo a punto il progetto architettonico, e lo studio di Silvia Passerini sono i vincitori del bando pubblico indetto dal Comune di Milano per il recupero dell’area di quasi 6mila metri quadri di Cascina Sella Nuova. Il progetto di recupero prevede il restauro degli edifici preesistenti e sotto tutela, con l’obiettivo di rivitalizzare un patrimonio al confine tra il tessuto urbano e la Milano Agricola e per restituire

alla città un’architettura che reinterpreta la tradizione rurale e che possa adattarsi facilmente a diversi usi in futuro. Si prevede la realizzazione in 5 anni di alloggi in co-housing intergenerazionale, spazi per servizi all’infanzia e la formazione, un museo digitale, orti sperimentali, spazi per la formazione agricola e un laboratorio di panificazione, oltre a spazi per la vendita e degustazione di prodotti.

MILANO VITTORIO GRASSI & PARTNERS IN CASSALA 22 Riqualificazione architettonica e efficientamento energetico a Milano per un edificio che ha meno di cinquant’anni di vita in un’area urbana prossima all’Università Iulm. Il progetto, sviluppato dallo studio Vittorio Grassi Architetto & Partners e attualmente in cantiere, prevede il risanamento conservativo della struttura esistente, il rifacimento completo dell’involucro e degli impianti elettrici e meccanici. Il miglioramento [ 34 ]

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delle performance – il progetto mira alla certificazione Leed Gold – dà luogo a un bonus volumetrico, utilizzato per un ampliamento dell’edificio sul lato sud. Completamente rinnovata l’architettura, con un nuovo involucro trasparente scandito da un passo fitto e costante sottolineato da 45 aste verticali in rilievo che slanciano l’edificio verso l’alto. I prospetti longitudinali si prolungano oltre i lati corti dell’edificio, alleggerendo l’impatto visivo complessivo.

Lavorare, abitare e naturalmente socializzare sono le parole chiave che hanno guidato il progetto. Partendo dalla qualità storica e architettonica rintracciabile negli edifici, nei ruderi e nei documenti d’archivio, l’idea progettuale ricostruisce gli elementi tipici della cascina originale: le cortine, le corti, il giardino all’italiana e la vegetazione che la circonda, alla quale il progetto attribuisce il ruolo di tessuto connettivo capace di mediare e tessere nuove relazioni con la città cresciuta tutt’intorno.

Il prospetto nord sarà del tutto trasparente mentre il prospetto opposto sarà realizzato con lo stesso design ma sotto forma di facciata ventilata. Nei prospetti trasversali opachi saranno inserite fasce finestrate e terrazze sulle quali si affacceranno le sale riunioni. Il piano attico sarà circondato da una terrazza in deck sulla quale si apriranno grandi vetrate scorrevoli. Un nuovo atrio, oltre a dare maggiore visibilità su strada, collegherà direttamente l’ingresso al primo piano, dove è prevista una seconda lobby dalla quale sarà possibile raggiungere direttamente mediante tre ascensori i sei livelli di uffici.


SISTEMA DI CERNIERE CON CHIUSURA INTEGRATA

Nei render (courtesy piuarch) il nuovo aspetto della cascina Sella Nuova. La varietà architettonica riflette la varietà delle funzioni cui è destinato lo spazio.

SELF CLOSING SYSTEM 〉 per porte interne da 20 kg a 60 kg di peso 〉 disponibile con velocità di chiusura controllata Località Milano Committente Savills Investment Management Sgr Spa Progetto architettonico e direzione artistica Vittorio Grassi Architects Srl Progettazione strutture Ing. Paolo Costa Progettazione impianti United Consulting Srl Slp 9.000 mq

Planimetria dell’intervento di Viale Cassala 22. L’ampliamento volumetrico sul lato Sud si sviluppa interamente nella corte interna.

〉 forza di chiusura regolabile a porta installata 〉 una volta installato esteticamente identico alle cerniere 〉 per porte interne a filo 〉 disponibile in 9 finiture estetiche

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PROGETTO DI RECUPERO DELL’EX-FRIGORIFERO MILITARE DI CUNEO

PENSARE AL RESTAURO COME UN KINTSUGI

La storia di Cuneo, che conserva una memoria militare importante, è connotata dalla capacità di resistere, e a questo concetto si ispira il progetto di restauro di Gianni Arnaudo e Benedetto Camerana – che ha ricevuto una menzione dalla giuria del concorso indetto per il recupero dell’ex-frigorifero militare della città – traslando in architettura la tecnica giapponese del Kintsugi. Al di là del valore decorativo infatti, l’uso dell’oro per riparare i cocci di ceramica è metafora della cura: da una ferita può nascere una forma ancora più preziosa. Allo stesso modo, le lesioni nei muri perimetrali dell’edificio oggetto di recupero non sono solo i segni del tempo e dell’abbandono ma nel progetto vengono assunte a testi-

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Gianni Arnaudo

Benedetto Camerana

Laureato in Architettura al Politecnico di Torino nel 1971, Arnaudo inizia la sua l’attività professionale nello Studio 65, fra il 1970 e il 1975. Appartengono a quegli anni le prime espressioni di architettura radicale e la collaborazione con Gufram. Molte le aziende di design con cui collabora, tra cui, oltre a Gufram, Slide, Poltrona Frau, Fontana Arte, Bertolotto Porte. L’interesse per il carattere sociale dell’architettura emerge in molti suoi progetti in Italia e all’estero. Tra i progetti recenti la sede Maina a Fossano, la cantina L’Astemia Pentita a Barolo e molti oggetti di design. Arnaudo ha partecipato a quattro Biennali di Architettura di Venezia. www.gianniarnaudo.com

Benedetto Camerana (Torino, 1963), architetto, paesaggista, PhD in Storia dell’Architettura e dell’Urbanistica, è presidente del Museo Nazionale dell’Automobile dal 2012 e del Consorzio Lingotto dal 2013. Nel 1997 avvia a Torino Camerana&Partners. Tra le opere realizzate, il Villaggio Olimpico per i XX Giochi Olimpici Invernali Torino 2006; l’Environment Park di Torino; il museo Alfa Romeo di Arese; la ristrutturazione della sala dell’Auditorium RAI di Torino, opera di Mollino del 1952; il centro commerciale e multisala Bicocca Village a Milano; il restauro critico del residence Du Parc a Torino. www.camerana.com

Nel progetto di restauro le lesioni delle pareti perimetraili vengono sottolineate in bronzo effetto oro, con un intervento che ricorda la tecnica del Kintsugi, e valorizzate da un’adeguata illuminazione. La breccia diventa l’ingresso al nuovo volume, traslucido come un blocco di ghiaccio (render courtesy Gianni Arnaudo e Benedetto Camerana).

IL PROGETTO DI GIANNI ARNAUDO E BENEDETTO CAMERANA CHE HA RICEVUTO UNA MENZIONE AL CONCORSO INDETTO DA FONDAZIONE CRC CON L’ORDINE ARCHITETTI DI CUNEO PER IL RECUPERO DELL’EX-FRIGORIFERO MILITARE DELLA CITTÀ

monianza del valore sociale e culturale del manufatto. Tali lesioni vengono quindi trattate come cicatrici, sottolineate in bronzo effetto oro, a memoria dell’esperienza collettiva di resistenza e di resilienza, con effetti luminosi corrispondenti, previsti a pavimento, per accentuarne il prezioso riflesso nella notte. Per rendere evidente il dialogo tra la parte originale conservata dell’edificio e il nuovo costruito, il progetto prevede poi un intervento all’interno del perimetro, percepibile come volume ‘ghiacciato’ totalmente trasparente, che emerge dall’involucro dell’antico impianto murario e riflette il cielo e il vicino complesso gotico di San Francesco: l’intento non è quello di creare un effetto ‘ghost’ o

di donare immateriale luminosità al nuovo, ma di evocare, con lo ‘sguardo zoom’ tipico del Pop, la funzione originaria della costruzione. Si tratta di un nuovo corpo vetrato che si insinua nella muratura esistente aprendo uno spacco traslucido e scenografico, che segnala l’accesso principale e corrisponde internamente all’atrio. Recuperare luci e ombre della memoria secondo i progettisti significa anche testimoniare e valorizzare il lungo periodo di abbandono, durante il quale la natura ha invaso anche l’interno della costruzione, con alberi e arbusti che hanno ormai raggiunto dimensioni rilevanti. Così, il progetto prevede di conservare un albero nel cortile – visibile anche dall’esterno – come

ulteriore metafora della trasformazione oltre che del rispetto verso l’ambiente. La spaccatura vetrata contornata d’oro dà accesso a un ampio atrio con una scenografica scala elicoidale. La manica più lunga è caratterizzata da un vasto spazio a tutta altezza adattabile sia ad esposizioni sia ad eventi pubblici, laboratori e convegni tramite pareti mobili posizionabili con un carroponte a soffitto e pedane a pistone incassate nel pavimento. Bianco il colore dominante, come richiamo all’uso passato del fabbricato. Restauro dunque come progetto critico, non connotato da forma o funzione ma dalla traduzione figurativa di fasi di riflessione più ampie e profonde, attuali e universali

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L’edificio, qui visto dalla chiusa del Canal de Brienne, si affaccia da una breccia nelle mura romane della città, di cui riprende le dimensioni dei mattoni in cotto utilizzati per il rivestimento delle facciate esterne. Nello schizzo di Grafton Architects, il concept del complesso. Una sezione, alla pagina di destra, illustra alcune delle funzioni ospitate nel campus (foto ©Dennis Gilbert, disegni courtesy Grafton Architects).

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TSE, TOLOSA

LA PIAZZA DELL’ECONOMIA TRA TERRA E ACQUA, IL PROGETTO DI GRAFTON ARCHITECTS PER LA TOULOUSE SCHOOL OF ECONOMICS RIPROPONE IN FORMA CONTEMPORANEA FORME E MATERIALI DELLA CITTÀ STORICA. CORTI E COLLEGAMENTI AEREI GENERANO UN’ESPERIENZA FISICA CHE – CAUSA PANDEMIA – ATTENDE ANCORA DI ESSERE SPERIMENTATA

Grafton Architects Vincitrici del Pritzker 2020, Yvonne Farrell (1951) e Shelley McNamara (1952) si sono conosciute alla Scuola di Architettura dell’University College di Dublino dove entrambe si sono laureate e tuttora insegnano. Hanno fondato lo studio Grafton Architects nel 1978 lavorando a progetti di architettura soprattutto in Irlanda. Il primo incarico internazionale arriva 25 anni dopo, con il nuovo edificio dell’Università Bocconi di Milano (2008), a cui fanno seguito numerosi altri, soprattutto in campo formativo, tra cui la scuola di Medicina dell’Università di Limerick (2012), il campus universitario Utec di Lima (2015, premio Riba International l’anno successivo). Tra le opere completate di recente, l’istituto Mines Télécom (Parigi, 2019). In costruzione la nuova sede della London School of Economics. Già Leone d’Argento alla Biennale Architettura di Venezia nel 2012, Farrell e McNamara hanno diretto la Biennale 2018. www.graftonarchitects.ie

Completato pochi mesi dopo l’assegnazione del premio Pritzker 2020 a Yvonne Farrell e Shelley McNamara, che l’hanno progettato, il nuovo complesso della Toulouse School of Economics sorge al margine sud-orientale del centro storico, accanto alla chiusa che collega il settecentesco Canal de Brienne alla Garonna. Della città romana di fondazione Tolosa conserva buona parte della cinta muraria, costruita in mattoni di argilla cotta che sono il colore del centro storico (Tolosa è per questo nota anche come “la città rosa”) e che Grafton Architects ha scelto di riprodurre, profondità a parte, anche nelle dimensioni romane, basse e sesquipedali (un piede e mezzo romano,

42 cm). Allo stesso modo, il planivolumetrico del complesso e la sua architettura ripropongono altre caratteristiche della città storica, una città, spiegano in Grafton, fatta di mura, rampe, contrafforti, argini murati che delimitano orizzonti sempre diversi, ora introversi, su un chiostro, una corte o un edificio, ora aperti, liberi di spaziare oltre l’ampio corso sinuoso della Garonna. Così, una pianta pentagonale composta di cinque diversi blocchi costruiti, che si spinge in altezza su sei livelli – senza superare, come da regolamento statale, l’altezza della cupola della vicina chiesa di Saint-Pierre-des-Chartreux – dà vita a una serie di corti interne e di passag-

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Nella planimetria a sinistra la compattezza dell’edificio si rivela apparente, dando luogo a una piazza centrale pavimentata che si articola in ulteriori spazi formati dalla disposizione dei volumi delle aule, degli uffici e dell’auditorium centrale. Collegamenti aerei conferiscono leggerezza all’insieme. I prospetti interni sono realizzati in cemento a vista (foto ©Dennis Gilbert).

CREDITI Località Tolosa Committente Université Toulouse 1 Capitole Progetto architettonico Grafton Architects Shelley McNamara, Yvonne Farrell

Team di progettazione Philippe O’Sullivan,

Gerard Carty, Abi Hudson, Ailbhe Walsh, Brian Moriarty, Conor McGowan, David Healy, Donal O’Herlihy, Ivan O’Connell, James Rossa O’Hare, Joanne Lyons, John-Barry Lowe, Kieran O’Brien, Matthew McCullagh, Petrina Tierney, Simona Castelli

Local architect Vigneu Zilio Architectes Ingegneria strutturale Chapman BDSP Progetto impianti Oteis Toulouse Costruttori Eiffage Midi Pyrénée (strutture), Bourdarios (facciate in mattoni), Realco (serramenti in alluminio) St Eloi (carpenteria metallica)

Arredi auditorium e aule seminari Lamm Superficie complessiva 18.000 mq Superficie interna 11.000 mq Costo 29 milioni di euro Cronologia 2009-2019

gi tra aperto e chiuso, a terra e aerei. E la stessa architettura, da un lato si apre verso la città e la vicina piazza della chiesa mentre dall’altro offre ampie viste sul fiume, al di là delle mura romane. Dall’altra parte del ponte l’edificio appare così come un’emergenza contemporanea del nucleo antico, mentre frequentandone gli ambienti, studenti, ricercatori e docenti sperimentano quella relazione fisica che sola riesce a trasmettere l’emozione prima immaginata, pensata, disegnata e infine costruita che l’architettura è in grado di dare. Se l’involucro esterno è rivestito in laterizio, come in mattoni sono i louvres che scandiscono parte della facciata e i collegamenti aerei, gli edifici visti dalla corte centrale – che a sua volta si articola in ambienti aperti più piccoli – in cemento a vista sono inequivocabilmente Grafton-style e potrebbero ricordare l’intervento dello studio irlandese per la Bocconi di Milano, se non fosse che qui

viene ricreata una micro-città. Dei volumi costruiti, tre stecche, profonde più di 10 metri, si prolungano trasversalmente verso la corte, con orientamenti studiati per assicurare agli ambienti interni il massimo della ventilazione e della luce naturale, mentre l’area meridionale del sito è occupata da altri due blocchi che accolgono l’uno uffici amministrativi e l’altro un grande auditorium. Impedendoci di viaggiare, in questo momento la pandemia ci costringe a osservare quest’opera e esplorare il complesso solo attraverso Google Earth, nel tentativo di cogliere quella relazione speciale con il luogo, le sue coordinate geografiche e la sua storia che ha ispirato il progetto di Yvonne Farrell e Shelley McNamara. Anch’esse fin qui impossibilitate a provare l’emozione spaziale che il complesso sarà in grado di generare

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LAMM Sono quattro – oltre all’auditorium principale tre aule magne – gli ambienti destinati a seminari e convegni internazionali della Scuola fondata dal premio Nobel per l’economia Jean Tirole. Tutti questi ambienti sono attrezzati con sistemi integrati e continui di tavoli e sedute E4000 – design Lucci e Orlandini, prodotti e forniti da Lamm. I banchi E4000 sono nella versione con piano fisso in laminato argento, sedili e schienali rivestiti in ecopelle grigia e strutture metalliche verniciate argento. L’installazione è avvenuta su file in curva su gradone. L’azienda di San Secondo Parmense non è nuova alla collaborazione con Grafton Architects: già nel 2008 aveva arredato l’auditorium e l’aula magna del nuovo edificio dell’Università Bocconi di Milano. www.lamm.it

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Photo©️Sabin Prodan

SAIL

Acoustic ceiling and wall panels

INFOSYS CONSULTING Bucharest, Romania in collaboration with HTO Architecture and Engineering

carusoacoustic.com


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MEETT, TOLOSA

IL PARCHEGGIO AL CENTRO COMPLETATO NELL’ANNO DELLA PANDEMIA, IL GRANDE CENTRO FIERISTICO ESPOSITIVO E CONGRESSUALE DI TOLOSA SVILUPPATO DA OMA ATTENDE LA RIPRESA DEGLI AFFARI, DEI VIAGGI E DEGLI SCAMBI. PER DIMENSIONI E STUDIO DELLA MOBILITÀ SI TRATTA IN PRIMO LUOGO DI UN PROGETTO DI URBANISTICA MENTRE L’ARCHITETTURA INTRODUCE ELEMENTI DI FLESSIBILITÀ CHE PENSATI OTTO ANNI FA, OGGI SI DIMOSTRANO PARTICOLARMENTE ATTUALI

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Chris van Duijn - OMA Con un master in architettura conseguito alla TU di Delft, Chris van Duijn è entrato in OMA nel 1996 e nel 2014 ne è diventato partner. Attualmente responsabile dei progetti asiatici dello studio, Chris ha partecipato a molti progetti di OMA in tutto il mondo, sia su grande sia su piccola scala. Tra i progetti che ha seguito: Universal Studios (Los Angeles, 2001), Casa da Musica di Porto (2005), il tetraedro Prada Transformer a Seoul (2009), il quartier generale di Cctv a Pechino (2012), Fondazione Prada a Milano (2015). Oltre al Meett, in Francia van Duijn ha lavorato alla Biblioteca Alexis de Tocqueville di Caen (2017) ed è lead architect del ponte Jean Jacques Bosc a Bordeaux. www.oma.eu

1.1 Public entrance by car 1.2 Public entrance by public transport 2 Logistic entrance 3 Halle d’Exposition 4 Parking et Rue Centrale 5 Hall des Conventions 6 Outdoor event space 7 Tram/Bus/Taxi station 8 Ticket office 9 Exhibitors’ parking

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ltre il centro storico si estende un’altra Tolosa, circondata da centri abitati come Blagnac e Colomiers a nord-ovest, dove sorge l’aeroporto e il quartier generale dell’industria aerospaziale europea Airbus. Ed è in prossimità dell’aeroporto che è stato da poco inaugurato il nuovo centro espositivo e congressuale Meett da 310 milioni di euro. La strategia di OMA, vincitori nel 2011 della gara di progettazione, è quella di un ‘meccanismo urbano’, capace di inserirsi nel territorio senza generare lo sprawl tipico dei grandi complessi fieristici, mediando

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la scala, inevitabilmente monumentale, dell’intervento con la leggerezza dell’impatto complessivo sul territorio. Sorprendentemente, spina dorsale del Meett è il silos dei parcheggi per 3.000 automobili: quattro piani rivestiti in grigliato colorato e semitrasparente che corrono per l’intera lunghezza di 700 metri dei padiglioni espositivi sopra i 32.700 metri quadrati della Rue Centrale. Interamente pedonale, questa strada è il luogo pubblico di accesso a tutte le funzioni del centro, dove si trovano le biglietterie e la ristorazione, preceduta all’estremità orientale da una piazza

larga 170 metri che rappresenta il solo ingresso pubblico al centro ed è collegata ai terminali del trasporto pubblico. A nord della Rue Centrale si sviluppano i sette padiglioni fieristici: una sequenza di scatole nere, su due livelli, con profili in acciaio bianco e una pelle di policarbonato – che favorisce l’ingresso della luce naturale – per le facciate. I 40.000 metri quadrati complessivi possono essere utilizzati sia come un unico grande spazio espositivo sia sezionati da divisori meccanizzati per trasformarli in sette padiglioni indipendenti. Una griglia planimetrica di 3 metri x


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CREDITI Località Aussonne (Tolosa) Committente Europolia (Toulouse Métropole) Progetto urbanistico e architettonico OMA:

partner Chris van Duijn, Ellen van Loom, Rem Koolhaas; project architect Gilles Guyot; contract manager François Riollot

Team OMA di progettazione finale e costruttiva Gilles Guyot (lead), Maria Aller Rey,

Adrian Auth, Denis Bondar, Kimiko Bonneau, Axel Burvall, Jorge Campos, Lourdes Carretero Botran, Solène de Bouteiller, Jan de Ruyver, Francois Ducatez, Stavros Gargaretas, Matiss Groskaufmanis, Michalis Hadjistyllis, Chris Hayman, Alexander Joksimovic, Eunjin Kang, Henri Kapynen, Agnieszka Kwiecien, Sara Martinez, Elida Mosquera Martinez, Thibault Nugue, Pawel Panfiluk, Clement Perisse, Jerome Picard, Mario Rodriguez, Hélène Sicsic, Jorge Simelio, Lukasz Skalec, Nicola Vitale

Local architect PPA Architectures \ Taillandier Architectes Associés

Ingegneria, impianti, direzione cantiere, infrastrutture Ingerop - Structures Progetto del paesaggio Batlle I Roig Progettazione facciate Arcora Progetto illuminotecnico Agence 8’18’’ Acustica Royal Haskoning DHV Superficie dell’area 90 ettari Superficie coperta 21 ettari di cui: Slp area

fieristica 65.000 mq; parcheggio 75.000 mq; servizi 15.000 mq

Superficie spazi esterni 23 ettari Nuove infrastrutture stradali 4,2 km Prolungamento linea tramviaria 700 m Certificazioni Hqe (Haute Qualité Environnementale); Leed

Cronologia 2012-2020 Investimento 311 milioni di euro

3 permette di sezionare ulteriormente l’edificio ed è anche la gabbia che determina tutti gli elementi dell’architettura. A sud della Rue Centrale e del silos si trovano invece, entro un singolo edificio di 65.000 metri quadrati concepito come una macchina, il centro congressi – al primo piano – e lo spazio multifunzionale dedicato agli eventi. Un sistema di partizioni mobili sia in verticale sia in orizzontale consente di far assumere rapidamente allo spazio una quantità di configurazioni diverse. Una facciata completamente scorrevole alta 13 metri consente di collegare lo

spazio eventi a un’area esterna di 40.000 metri quadrati. La relativa compattezza del complesso e l’inusuale posizione centrale del silos dei parcheggi, in più punti collegati alla Rue Centrale e di conseguenza ai padiglioni espositivi, lo rendono agevole da visitare. Naturalmente, il progetto comprende un sistema infrastrutturale per l’accesso dei mezzi pesanti, con un percorso stradale che circonda le facciate nord, ovest e sud dei fabbricati

Sopra, l’edificio del centro congressi e lo spazio multifunzionale e riconfigurabile dedicato agli eventi. A sinistra e nelle pagine precedenti, il silos dei parcheggi di quattro piani sospeso sopra la Rue Centrale e i padiglioni fieristici (foto ©Marco Cappellett).

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› ARCHIWORKS

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› ARCHIWORKS

MÉCA, BORDEAUX

CASA DELLE CULTURE E SPAZIO PUBBLICO URBANO IL PROGETTO DI BIG E FREAK RAGGRUPPA SPAZI DEDICATI ALL’ARTE CONTEMPORANEA, AL CINEMA ALLA LETTERATURA E ALLE ARTI SCENICHE INTORNO A UN GRANDE AMBIENTE PUBBLICO

Dall’alto a sinistra, l’edificio inserito nel tessuto urbano, tra la Garonna e la stazione di Saint-Jean; la grande stanza all’aperto con la scultura di Benoît Maire; la rampa che collega lo spazio pubblico alla città. Scavato nella scalinata l’ingresso agli spazi teatrali dell’Oara. Alta sette metri, anche la grande insegna luminosa appare come un’installazione di arte contemporanea (foto ©Laurian Ghinitoiu).

È il vasto spazio pubblico – un ambiente di 1.100 metri quadrati di superficie che un’ampia scalinata collega alla città – l’elemento che unisce le differenti funzioni culturali previste dal bando regionale per la costruzione della nuova Maison de l’Économie Créative et de la Culture en Aquitaine – in breve Méca. Il grande edificio – 18mila metri quadrati di superficie, 120 metri di lunghezza e 37 di massima altezza – raggruppa all’interno le collezioni e le installazioni del museo di arte contemporanea Frac, gli ambienti scenici dedicati alle arti performative – teatro, danza, musica – dell’Oara, le sale espositive dell’agenzia per il cinema e gli audiovisivi Alca e i relativi uffici. L’involucro è formato da 4.800 pannelli di cemento di un beige chiaro che evoca il colore dominante della città, intervallati da porzioni trasparenti che formano un disegno a nido d’ape, e le geometrie che regolano la disposi-

zione dei volumi conferiscono al complesso un effetto cinetico, con prospettive e punti di fuga che avvicinandosi si distorcono. Al livello stradale, ricavato al di sotto della nuova piazza aperta, si trovano gli spazi delle performance dell’Oara: un anfiteatro in cemento a vista accoglie il pubblico che attende di accedere al teatro da 250 posti che si caratterizza per la flessibilità dei posti a sedere e per i sistemi acustici realizzati con una pannellatura a scacchiera di colore nero di cemento, legno e metallo preforato. Il teatro, come la torre scenica, si estende in altezza per tre livelli, sui quali trovano spazio anche gli uffici e le aule dell’agenzia per il cinema e gli audiovisivi, a sua volta dotata di una sala proiezioni nella seconda torre del complesso. Lo spazio più spettacolare è quello dedicato all’arte contemporanea, che con vasti ambienti espositivi la cui altezza consente di

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› ARCHIWORKS CREDITI Località Bordeaux Committente Regione Nuova Aquitania Progetto architettonico BIG Progettista mandatario BIG, Bjarke Ingels Group

Team di progetto Bjarke Ingels, Jakob Sand, Finn Nørkjær, Andreas Klok Pedersen

Project manager Laurent de Carnière, Marie Lancon, Gabrielle Nadeau

Progettista associato Freaks Architecture

BIG-Bjarke Ingels Group

Freaks - Freearchitects

Con sedi a Copenhagen, New York e Londra lo studio conta oggi più di 200 collaboratori. BIG sta lavorando a diversi progetti in Europa, Nord America, Asia e Medio Oriente. In precedenza il fondatore, Bjarke Ingels (ph. ©Jonas Bie), aveva lavorato per diversi anni in Oma e in seguito, nel 2001, aveva fondato l’agenzia Plot con Julien de Smedt prima di dare vita a Bjarke Ingels Group. Attenta ai cambiamenti della vita contemporanea, influenzata dagli scambi multiculturali, dai flussi economici globali e dalle tecniche della comunicazione, l’architettura di BIG riesce sempre a proporre soluzioni entusiasmanti e sorprendenti. www.big.dk

Freaks è uno studio di architettura con sede a Parigi guidato Guillaume Aubry, Cyril Gauthier & Yves Pasquet che promuove l’indagine, la ricerca e la sperimentazione attraverso i progetti e la pratica del cantiere, dalla piccola scala delle installazioni artistiche alla grande scala delle gare di architettura. Nel 2010 ha ricevuto il premio Ajap dal Ministero della Cultura e della Comunicazione Francese e nel 2016 il premio europeo 40under40. Tra i progetti recenti, oltre al Méca di Bordeaux con BIG, il Centre International d’Art Vitrier a Meisenthal (in associazione con SO-IL), la Fiminco Art Foundation a Romainville e il Museo Zoologico di Strasburgo.. www.freaksarchitecture.com

Basic volume on site

Panoramic roof terrace overlooking bordeaux

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Continuity of the linear promenade

Art-filled urban room for the public

(capo progetto Ivan Mata)

Progetto esecutivo Lafourcade & Rouquette

architectes (Paule Rouquette)

Progettazione impiantistica Alto Ingenierie Progettazione strutturale Khephren Ingenierie Progettazione acustica Hedont Progettazione illuminotecnica A Lumière Progettazione facciate

Lüchinger+Meyer Bauingenieure

Progettazione viabilistica e ambientale

Alto Ingenierie

Impresa di costruzioni

Gtm Aquitaine (strutture, facciate, carpenterie)

Dimensioni 18.000 mq Anno 2019

Public passage through the building

Inhabitable landscape as the epicenter for culture

Nei diagrammi, il concept di Bjarke Ingels. Sotto, a sinistra lo spazio scenico e a destra gli ambienti espositivi del museo di arte contemporanea Frac, illuminati dal grande lucernario. Alla pagina di destra la hall dell’ambiente dedicato alle arti performative, uno spazio dell’agenzia per il cinema e gli audiovisivi e la caffetteria (foto ©Laurian Ghinitoiu).


› ARCHIWORKS

“Méca è un’architettura viva, un meccanismo per riflettere, creare, produrre, mostrare” Bjarke Ingels

accogliere qualsiasi tipo di installazione artistica. Da quest’ultimo livello, che accoglie anche un auditorium da 90 posti e che collega le due torri agendo da copertura della vasta piazza pubblica, è possibile accedere a un’ampia terrazza con viste spettacolari sulla città e sul fiume. Sempre rivolta verso il fiume, la scultura/ritratto in bronzo del volto di Hermes di Benoît Maire segnala ai visitatori la natura culturale del luogo. Anche le lettere che compongono la grande insegna a luce bianca Led ‘Méca’ diventano un oggetto di design fuori scala. La toponomastica cittadina ha già assegnato a Méca l’indirizzo ufficiale nominando la piazza parvis Corto Maltese

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› I PROFILI DI LPP

LEGGEREZZA E GRAVITÀ, ECOLOGISMO COME RISCOPERTA DEI MATERIALI NATURALI, BISOGNO DI FUTURO E RADICAMENTO NEL PASSATO. PAOLO DIDONÈ E DEVVY COMACCHIO REIVENTANO IL MESTIERE DELL’ARCHITETTO CON DELICATEZZA, INTELLIGENZA E UN FILO DI ASTUZIA Didoné Comacchio Architects Paolo Didoné (Bassano del Grappa, 1983) e Devvy Comacchio (Singapore, 1982) si conoscono all’Università Iuav di Venezia, dove entrambi si sono laureati, e iniziano a collaborare fin dal 2009, prima di aprire insieme, nel 2013, lo studio di Rosà, dove attualmente lavorano sei professionisti. Molti gli incarichi, soprattutto privati, e i cantieri aperti in questo momento, tra nuove costruzioni e ristrutturazioni. Recentemente lo studio ha vinto gli incarichi per il progetto del nuovo Palazzetto dello Sport di Nembro e, con Ati Project, di una scuola secondaria di primo grado a Zibido San Giacomo (Milano). www.didonecomacchio.com

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› I PROFILI DI LPP

DIDONÉ COMACCHIO di Luigi Prestinenza Puglisi

Nella foto e nel disegno, il progetto per la piazzetta di via Campagnola a Rosà (courtesy Didoné Comacchio).

C’è una generazione di architetti nata dopo l’orgia. E produrre architettura dopo che è stato bruciato tutto quello che poteva essere sperimentato porta alla voglia di recuperare la pulizia e l’innocenza che costituiscono l’altra faccia, quella apollinea e platonica, della nostra natura. Credo che Paolo Didoné, nato nel 1983, e Devvy Comacchio, nato nel 1982, possano essere visti attraverso questa lente. Quando nel 1988 si celebrò la mostra Deconstructivist Architecture, la kermesse internazionale inventata da Philip Johnson che promosse l’orgia, il più anziano dei due aveva sei anni. Nel 2001, quando la crisi generata dall’abbattimento delle Twin Towers a New York la concluse, i due stavano per entrare all’università o forse ancora erano impegnati con l’esame di maturità. Dire platonismo, in architettura, significa rifarsi in un modo o nell’altro a Mies van der Rohe. E difatti Didoné e Comacchio lo citano espressamente. Prendete per esempio la piazzetta di via Campagnola, uno spazio publico a Rosà, il comune in cui il duo ha lo studio. Osservate la panca in calcestruzzo che fronteggia l’antica cappella restaurata. Sembra rispondere alla logica del quasi nulla. Difatti vola nell’aria. C’è poco altro a completare la composizione rigorosamente calibrata: una pavimentazione semplicissima punteggiata da qualche astratta circonferenza all’interno della quale sono messi a dimora gli alberi. Sarebbe, però, un errore volervi vedere solo un omaggio a Mies. C’è qualche cosa d’altro che segna la nuova generazione di architetti: l’ecologia. La panca è segnata da listelli di legno. Rispondono a uno scopo pratico – rendere più comoda la seduta – ma, soprattutto, estetico: stemperare la freddezza del calcestruzzo, inserire un richiamo alla bellezza dei materiali naturali e rafforzare, con un tocco vagamente organico, questa semplice composizione fatta di linee. Se non siete convinti che si tratta della risposta elaborata da chi l’orgia la vuole superare, pensate a come lo stesso tema lo avrebbero risolto dei seguaci di Zaha Hadid, Daniel Libeskind o Frank O. Gehry. Vi è poi una terza componente del lavoro di Didoné e Comacchio: il bisogno di radicarsi nel passato. Lo si vede nei molti appartamenti progettati o ristrutturati. C’è sempre qualche frammento del mondo che fu: un tetto con travetti in legno, un pezzo di muro antico lasciato a vista, un materiale che fa pensare a

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› I PROFILI DI LPP

La sezione e alcune immagini della tribuna dello stadio di Travettore. Il basamento in calcestruzzo, nell’area destinata al pubblico, è rivestito in grès di Ergon. La copertura ha uno spessore di 80 cm e si siluppa su una maglia regolare di 160 cm (foto ©Simone Bossi).

quelli della tradizione. Servono a far capire che non c’è bisogno di contrapporre passato e futuro. Che non c’è da sperare in un futuro, se questo rivoluzionerà, senza rispettarle, le nostre coordinate. Dopo l’orgia non c’è che il recupero di una condizione dalla quale si voleva sfuggire e che però deve essere ricreata, reinventata con amore, astuzia e intelligenza in modo tale da trasformarsi in un porto al quale tornare. Didoné e Comacchio hanno investito nei concorsi. E almeno due di questi sembra che si realizzeranno: il Palazzetto dello sport a Nembro (Bg) e la Scuola secondaria di primo grado a Zibido San Giacomo (Mi). Sono stati fortunati ma anche accorti, perché, come diversi progettisti della loro generazione, sanno che i molti concorsi sono specchietti per le allodole e bisogna sapere selezionare quelli ai quali partecipare, annusando, a volte da un semplice indizio, se ci sono fregature. I progetti, soprattutto il Palazzetto dello sport, colpiscono per la straordinaria capacità di equilibrare ciò che è aereo con ciò che è solido e appare più radicato al terreno. Si evita così, da un lato, un’immagine effimera del volume architettonico e, dell’altra, quella pesantezza che dagli anni Ottanta in poi la migliore architettura europea ha cercato di evitare. Vi è poi la casa BN, del 2019. Ha una aria di famiglia con le ville realizzate negli anni Cinquanta in area angelena. Vengono in mente Rudolf Schindler e Richard Neutra ma anche Raphael Soriano e Gregory Ain. È il recupero di un periodo straordinario e a volte trascurato della storia dell’architettura. Il momento nel quale l’astrazione del primo Movimento Moderno faceva i conti con la concretezza dei materiali, con le aspirazioni paesaggistiche delle poetiche organiche e con le nuove tecniche costruttive. Con un atteggiamento pragmatico e, nello stesso tempo, se ci si potesse esprimere per contrasti, sognatore e disincantato che, come dicevamo in apertura, è il segno che dopo l’eccesso non può che esserci la pulita castità della semplicità GSPublisherVersion 0.0.100.81

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› I PROFILI DI LPP

Stadio Comunale La nuova copertura dello stadio di Travettore, una frazione di Rosà, da un lato genera, con pochi e mirati gesti, uno spazio protetto per gli spettatori e dall’altro, in modo equilibrato, funziona da cerniera spaziale tra il contesto esterno e il terreno di gioco. Le tribune, poste su un declivio del terreno, sono collocate lungo il lato lungo del campo da calcio. La nuova copertura si conforma come un’unica piastra, composta da travi metalliche giuntate a formare un “cassettonato” sospeso tra cielo e terra, sorretto solo da due setti in cemento tra loro ortogonali, rivestiti in grès ingegnerizzato Ergon e orientati in modo da favorire la visibilità del campo. La struttura nuda diventa architettura e il cemento a vista enfatizza il rigore della forma. L’illuminazione, posta all’interno della copertura, è studiata per enfatizzarne i vuoti e rendere più leggera la pensilina. A protezione dei corpi illuminanti è collocato un grigliato metallico di colore scuro come la struttura. L’insieme di questi elementi forma una vista controllata del campo da gioco, un ritaglio del contesto naturalistico che sta alle spalle delle tribune e allo stesso tempo offre allo spettatore, protetto dalla grande copertura scura, una visuale priva di impedimenti sull’attività agonistica. L’opera ha appena ricevuto il premio In/Architettura 2020 di Inarch Veneto nella categoria ‘interventi realizzati progettati da giovani progettisti’.

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› I PROFILI DI LPP

L’abitazione è articolata in tre distinti volumi su un solo livello raccolti sotto un’unica copertura. Sola eccezione la doppia altezza con una grande vetrata che fa entrare il cielo nella zona living (foto ©Alberto Sinigaglia).

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› I PROFILI DI LPP

Casa BN Il progetto di questa villa a Cassola, vicino a Bassano, si basa su una disposizione in pianta di tipo razionale, che prevede tre differenti zone funzionali – giorno, notte e servizi – separate da spazi di distribuzione che affacciano sul paesaggio circostante. In particolare, l’asse che dall’ingresso divide la zona servizi dalla zona giorno punta, in modo esplicito, sul vicino Monte Grappa. Tale orientamento è frutto di una richiesta della committenza ed è ripreso e valorizzato in tutte le aperture della zona notte. Dal punto di vista compositivo i tre volumi funzionali sono legati da un’unica grande copertura, che al di sotto accoglie tutti gli spazi della casa e sulla quale emerge un unico parallelepipedo, in corrispondenza della doppia altezza presente sul living. Un’eccezione voluta, oltre che per dare maggiore rilievo alla zona giorno, per catturare, attraverso due grandi aperture, le luci dell’alba e del tramonto offrendo così sfumature sempre diverse nelle diverse ore della giornata. Gli spazi interni sono legati dall’omogeneità del pavimento in legno di rovere. Le grandi vetrate, come quella in corrispondenza della cucina, incorniciano il paesaggio rurale circostante trasformandolo in dipinti alle pareti. Negli ambienti centrali della casa la luce scende da lucernai zenitali che dialogano con le pareti e gli interni dell’abitazione.

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› I PROFILI DI LPP

Casa DR Costruito ai primi del Novecento, questo edificio rurale è stato restaurato all’inizio del Duemila. In sintonia con le esigenze funzionali ed estetiche dei committenti, il progetto esalta i componenti utilizzati nel restauro, come le travi in larice e le pareti strutturali originali in pietra e mattoni abbinandovi nuovi oggetti, semplici ed eleganti, e forme geometriche pure. Lo spazio d’ingresso si affaccia su un portico e funge da filtro che separa il soggiorno dalla cucina e consente, tramite una scala in legno, l’accesso alla zona notte. I colori e i materiali utilizzati per i nuovi elementi sono ridotti a un vocabolario essenziale e disegnati per rendere lo spazio luminoso. La pavimentazione, che si estende su tutto il piano terra, è in pietra levigata lucida, che diventa la base neutra su cui sono inseriti i vari elementi di arredo. La zona pranzo-cucina è caratterizzata dalla grande cucina bianca e dal tavolo in rovere massello, essenza utilizzata anche per lo zoccolo del banco di lavoro. Uno sfondo di pannelli Osb retroilluminati da una striscia a led conferisce al living una luce morbida e indiretta. I pannelli, posti lungo l’intera lunghezza del vecchio muro in pietra, poggiano su una lunga mensola in cemento. Al piano superiore, la camera da letto principale riprende la tavolozza dei materiali utilizzati al piano terra. Il bagno è completamente rivestito in grès effetto pietra grigia, una scelta che conferisce continuità materica – interrotta solo da una lunga mensola in legno – dell’ambiente. Il contrasto tra i materiali originari ripristinati e le linee essenziali e luminose del progetto di interni (foto ©Alberto Sinigaglia).

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REFERENZA: ORACLE ITALIA ROMA

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› DESIGNCAFÈ SI ESCE POCO LA SERA

COMPRESO QUANDO È FESTA Cominciano con l’immagine potente della preghiera solitaria di papa Francesco la sera del 27 marzo sul sagrato deserto della basilica di San Pietro le riflessioni di Pierluigi Nicolin in questo diario della quarantena. Quell’immagine, così come quella delle persone che partecipano alla Via Crucis di Siviglia dai balconi, è la concreta manifestazione dell’eterotopia che “da semplice distorsione postmoderna della città, in effetti si è imposta in una maniera del tutto imprevista come una nozione generale”. Foucault del resto ricorre spesso in questo breve ma denso testo, con i rimandi alla ‘città appestata’ e alle tecniche della sorveglianza, diventata all’improvviso realtà condizionante, che dovrebbero farci rifuggire dalla tentazione di disegnare gli schemi urbanistici del futuro basandosi sul distanziamento interpersonale. Abbiamo già dato, scrive Nicolin ricordando come la ‘città analoga’ di Aldo Rossi prima e il consumo veloce di immagini dell’epoca di Instagram dopo abbia indotto gli architetti “a sfornare in continuazione nuove forme” rinunciando però a stabilire attraverso l’architettura le forme stabili di una cultura urbana. Dopo la pandemia non si partirà da una tabula rasa: piuttosto, gli architetti dovranno “cercare di rendere interessanti le cose ordinarie”, quelle che erano sotto i nostri occhi anche prima ma che nel frattempo stiamo imparando ad apprezzare maggiormente. Anche se, nota infine Nicolin, ciò che è assente in questo momento è l’appello a una rinascita morale. Forse non è ancora il momento, o forse non è vero che la pandemia ci renderà tutti migliori.

LA SCENA DEL DELITTO Non può che essere la metropoli, per John Huston una giungla d’asfalto e per Batman Gotham City, lo scenario del giallo. In questo volume, che Euromilano ha da poco presentato a Book City Milano, l’architetto, scrittore e ‘camminatore urbano’ Gianni Biondillo – che ne è il curatore oltre che uno degli autori – accompagna il lettore in un viaggio che partendo da Napoli risale l’Italia passando per Roma, Firenze, Bologna, Parma e si conclude a Milano. Per ogni città, il noir di un diverso autore – Maurizio De Giovanni, Roberto Costantini, Marco Vichi, Carlo Lucarelli, Valerio Varesi e lo stesso Biondillo – racconta di una nazione inquieta, fatta di una molteplicità di scenari urbani e dei personaggi che li popolano. Non meno della parola, l’architetto Marialuisa Montanari, interpretandone i codici architettonici con altrettanta capacità inventiva, racconta il paesaggio urbano in un capitolo per immagini. Il volume è disponibile facendone richiesta a Euromilano.

Gianni Biondillo (a cura di) Elementi di urbanistica noir Collana About Cities, Euromilano, 2020 120 pp ISBN 978-8889-446674-4

AGENTI DELLA TRASFORMAZIONE Accade di approfondire un caso solo quando risulta vincitore di un premio internazionale. Eppure i processi di trasformazione urbana in atto in parti del mondo a noi remote dovrebbero riguardarci, prima di tutto per dare concretezza a quell’inutile, finché rimane nel vago della prolusione di apertura di un convegno, dichiarazione sull’inarrestabile crescita della popolazione urbana, e in secondo luogo perché anche ai margini delle città del nord del mondo gli insediamenti informali crescono. Oltre alla descrizione analitica e puntuale, osservati attentamente i 23 progetti di trasformazione dello spazio pubblico raccolti in Pure Space, tutti riferiti a città dell’America Latina, hanno in comune il fatto che l’architetto e l’urbanista diventano ‘agenti’ del cambiamento. Non si limitano a disegnare ma ricercano soluzioni creative per promuovere, finanziare e realizzare spazi in grado di agire da catalizzatori della trasformazione urbana. La ricerca di Elisa Silva è stata finanziata da Graham Foundation e da CAF - Banca di sviluppo dell’America Latina.

Elisa Silva Pure Space Actar Publishers, Barcelona, 2019 276 pp, EN, 35 euro ISBN 978-1948-76542-8

URBANISTICA CRONACHE E STORIA

Pierluigi Nicolin Architettura in quarantena Skira Editore, Milano, 2020 48 pp, 9,90 euro ISBN 978-88-572-4445-7

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Primo di una serie di tre volumi, il libro del geografo e urbanista Arturo Lanzani è un viaggio nello spazio/tempo dell’umanità e nello stesso tempo una guida, più che ai luoghi, al sapere cumulato di una materia che per ampiezza di temi è persino difficile riconoscere come disciplina autonoma e che oggi risulta troppo ‘urbanocentrica’. La ricognizione storica e geografica – da Gerico all’epoca moderna – dimostra che la modificazione, il governo e la pianificazione del territorio sono alla base della costruzione culturale che ci ha condotti a ciò che siamo oggi. E se, come molti indizi fanno supporre, siamo entrati in una nuova epoca di transizione, dovremmo riconsiderare il nostro modo di fare urbanistica, abbandonando la pretesa di pianificare nei dettagli ciò che dovrà avvenire domani e dando spazio invece a pratiche ‘trial and error’ e progetti aperti a molteplici direzioni.

Arturo Lanzani Cultura e progetto del territorio Franco Angeli, Milano, 2020 378 pp, euro 39 ISBN 978-88-351-0715-6


› SOFT-TECH

TECNOLOGIA ALTERNATIVA IL FASCINO DELL’ARCHITETTURA SOFT-TECH: UN PERCORSO ALLA SCOPERTA DELLA SAGGEZZA E DELLA CONSAPEVOLEZZA NEL RAPPORTO CON IL LUOGO, TUTTORA PRESENTE IN MOLTE CULTURE TRADIZIONALI E INDIGENE

Carlo Ezechieli

Qanat, l’acquedotto sotterraneo costruito dai Persiani intorno al X secolo a.C. che si snoda dalle montagne di Elburz alle pianure dell’Iraq (ph © Alireza Teimoury).


› SOFT-TECH

Il dilemma tecnologico La nostra instabile e tumultuosa epoca è caratterizzata da molti dubbi e dalla pressoché totale assenza di certezze, tranne una: la fiducia incrollabile nella tecnologia. Questo termine, derivato dal greco antico e per secoli non particolarmente in voga, nell’odierno mondo globalizzato e di impronta anglosassone ha conosciuto una vera e propria apoteosi. Del resto la rivoluzione industriale, dalla quale è iniziato il cammino che ci ha portato fin qui, riusciva, proprio grazie alla tecnologia, a rendere possibile l’accumulo di patrimoni enormi, anche in assenza di grandi proprietà terriere. La tecnologia pone le basi per il progresso, non c’è dubbio, e possibilmente per un futuro sempre migliore. È questo il motivo per cui oggi, di fronte ad ogni problema – dalla fame nel mondo alla sesta estinzione globale – sempre invochiamo la tecnologia che, insieme al potere concreto dell’industria, troverà una soluzione. Il discorso funziona alla perfezione finché si tratta di elettronica e di internet, ma quando si toccano i temi ambientali – oggi così al centro del dibattito in architettura – il discorso cambia. Il volano economico-tecnologico non può rallentare. Deve costantemente mettere in pista nuove soluzioni, capaci di coinvolgere l‘industria. Ma queste sempre soffriranno di un problema fondamentale, spesso all’origine dell’allontanamento dagli obiettivi: la sostanziale mancanza di un principio ideativo capace di

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cogliere la complessità e di tradurla in una sintesi progettuale. Guardando al passato remoto scopriamo un numero infinito di forme di insediamento e di trasformazione del paesaggio che hanno resistito alla prova del tempo, anche per migliaia di anni. Sono realizzate con pochi mezzi, secondo principi rigorosamente soft-tech e rivelano un incredibile ingegno, saggezza e bellezza. La riscoperta del valore dell’architettura vernacolare, spesso nelle sue forme più arcaiche, era del resto già partita tempo fa con il celebre, anche se all’inizio aspramente criticato, Architettura senza architetti, di Bernard Rudofsky del 1964. Anche l’ibrido saggistico/manualistico Progettare con il clima dei fratelli Olgyay anticipava molti dei temi ripresi, tra gli anni ’60 e ’70, dal Regionalismo Critico. Oggi una corrente più radicale e di grande interesse (come nel lavoro di Julia Watson, in questo numero) si inserisce in questo filone, ma si spinge ancor più alle origini, alle radici, alla ricerca di esempi e di principi basati sulla profonda conoscenza dell’ambiente propria delle culture indigene, e questo malgrado la loro crescente marginalizzazione. Tradizioni molto antiche, appartenenti a società che hanno vissuto, se non talvolta prosperato, molto più a lungo di tanti imperi. CE


› SOFT-TECH

UN’ANTICA ATTUALITÀ «È DAVVERO DIFFICILE SOSTENERE CHE TECNOLOGIE, CHE PER ESSERE MESSE IN PRATICA RICHIEDONO GRANDI QUANTITÀ DI ENERGIA E DI RISORSE, SIANO A BASSO IMPATTO AMBIENTALE E PRATICABILI NEL LUNGO TERMINE». UN’INTERVISTA A JULIA WATSON, ARCHITETTO E SAGGISTA, ALLA SCOPERTA DEL VALORE E DELL’ATTUALITÀ DELL’ARCHITETTURA ANCORA PRESENTE IN MOLTE CULTURE INDIGENE di Carlo Ezechieli

Julia Watson Designer, attivista e accademica, Julia Watson è esperta in tecnologie indigene. Il suo Lo-Tek, Design by Radical Indigenism è un’esplorazione dell’ingegno millenario con il quale gli uomini hanno sviluppato modi per vivere in simbiosi con la natura. Basandosi sulla filosofia indigena e sulle infrastrutture vernacolari, il Lo-Tek promuove l’adozione di tecnologie sostenibili, resilienti e in armonia con la natura. Con uno studio di urbanistica e paesaggio che si concentra sulla rinaturalizzazione Julia, nata in Australia, insegna ad Harvard e alla Columbia University. www.juliawatson.com

Hai pubblicato un libro bellissimo, ormai un best seller. Riguarda architetture e paesaggi che hanno resistito alla prova del tempo per centinaia, talvolta migliaia di anni. Da cosa nasce il tuo interesse per questi temi?

Deriva soprattutto dalla mia attività d’insegnamento. Ho insegnato a Harvard e alla Columbia e ho tenuto laboratori di progettazione visitando diversi Paesi e diverse comunità. Molte di queste sono comunità indigene. Questo nell’intento di comprendere e contrastare i problemi del degrado ambientale e del cambiamento climatico. È interessante osservare come qualsiasi importante momento di transizione abbia preso come riferimento un passato, spesso remoto. Le avanguardie del XX secolo si ispiravano ad antichissime sculture africane. Il Rinascimento al passato classico. Come credi che lo studio di culture molto antiche, come quelle indigene descritte nel tuo libro, possa ispirare il nostro futuro?

Quello che mi sembra di vedere è che c’è ormai un’attenzione diffusa verso soluzioni basate sulla natura e sulla conservazione di aree umide, di foreste primigenie, di territori incontaminati. A dir la verità è un approccio verso la conservazione dello status quo molto occidentale e sostanzialmente estraneo alle culture indigene. A tutto questo si affianca una vera e propria polarizzazione sull’alta tecnologia, che tendenzialmente richiede molti investimenti, un’industria e, ovviamente, una certa quantità di energia.

Costruita dai Tofinou – che qui si rifugiarono nel XVII secolo per sfuggire ai cacciatori di schiavi – la città di Ganvié, in Benin, galleggia sul lago Nokoué circondata da un sistema di dodicimila acadja, recinti acquatici allestiti con rami e arbusti che creano un habitat favorevole alla crescita dei pesci (ph. ©Iwan Baan).

Di certo non è un sistema che lavora con una soft tech, con i sistemi naturali, né è capace di adattarsi all’alternanza ciclica delle stagioni, ed è un approccio che senza denaro e senza industria diventa sostanzialmente inapplicabile, mentre tecnologie a basso costo, locali, possono adattarsi ad ogni scala di intervento. Questo, alla fine, è ciò a cui noi architetti e urbanisti stiamo guardando, ovvero la capacità di comprendere ecosistemi complessi e di applicarli alle diverse scale, adattandoli alle condizioni più diversificate. Credi che siamo dominati da un’imperturbabile fiducia nella tecnologia?

È incredibile che perfino in ambienti accademici molti sostengano che sia inutile preoccuparsi del cambiamento climatico, perché prima o poi salterà fuori qualche soluzione tecnologica che sistemerà tutto. In breve prevale una sorta di lotta tra un approccio molto occidentale dove contano l’industria, il denaro e la capacità di sviluppare sistemi ad alto contenuto tecnologico. E un altro, che si sviluppa in condizioni completamente diverse e caratterizzate da scarsità di risorse, che però aguzza l’ingegno e rende possibili risposte estremamente efficaci e incredibilmente resilienti in termini di adattamento all’ambiente, spesso in condizioni estreme. Non credo sia né interessante né produttivo aprire una disputa se un approccio sia migliore o peggiore dell’altro, ma piuttosto – e questo riguarda molto da vicino il mio lavoro con Lo-TEK – comprendere quale sia la soluzione migliore in base alle esigenze e alle condizioni specifiche. Ritengo comunque sia davvero difficile sostenere che tecnologie, che per essere messe in pratica richiedono grandi quantità di energia e di risorse, siano a basso impatto ambientale e praticabili nel lungo termine. Il più delle volte sono rimedi parziali e temporanei. Se vogliamo un cambiamento sistemico dobbiamo pensare in modo sistemico.

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› SOFT-TECH

Con una prefazione dell’antropologo Wade Davis, il libro-manifesto di Julia Watson Lo-TEK (la sigla sta per Traditional Ecologic Knowledge), pubblicato da Taschen, esplora soluzioni sperimentate per millenni dall’uomo per vivere in simbiosi con la natura che oggi possono contribuire a contrastare gli effetti del cambiamento climatico.

Si parla molto di un Green New Deal, ovvero di un investimento massiccio capace di dare impulso a una forma di economia capace di favorire l’ambiente. Ma naturalmente il tutto si innesta su un modello di sviluppo che è lo stesso dal quale derivano i problemi per l’ambiente.

Quello che generalmente viene proposto è che sistemi ad alta efficienza e ad alta tecnologia si diffondano a un punto tale da diventare sempre più economici, e applicabili a scale differenti. Ovviamente sarebbe possibile riferire lo stesso principio anche a sistemi a basso contenuto tecnologico, che tradizionalmente sono presenti in tutto il mondo, soprattutto in agricoltura. Le aree umide agricole a est di Calcutta, ad esempio, oltre a produrre cibo, permettono di risparmiare almeno 21 milioni di euro all’anno sui soli costi di gestione per il trattamento delle acque reflue. Il livello di vita della gente che abita in quelle aree, apparentemente a basso reddito dato che si tratta di un settore informale basato sul commercio del pesce e di prodotti ortofrutticoli, pur mettendo a disposizione servizi di grande valore, non è in alcun modo riconosciuto a livello economico. Le forme rivolte a contrastare il degrado ambientale, come appunto il cosiddetto Green New Deal, non possono ignorare queste forme a basso costo e a basso contenuto tecnologico ma che mettono a disposizione servizi che esistono da secoli e che sono di importanza cruciale. E su un altro versante abbiamo l’attivismo, come vedi il suo ruolo?

Attivisti che hanno una forte influenza, anche Greta Thunberg, propongono prevalentemente sistemi di compensazione ambientale, come le foreste o aree umide, in breve parlano di servizi ecosistemici passivi, da preservare, anziché di servizi ecosistemici attivi. In realtà esistono centinaia di situazioni in cui aree umide, foreste, perfino deserti, sono abitati da persone che le coltivano secondo pratiche non estrattive/ speculative, che finiscono per prosciugare rapidamente ogni risorsa, e mantengono [ 64 ]

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invece un equilibrio costante con l’ambiente. Permettono alle comunità non solo di sostenersi, ma anche di evolversi. In breve, non abbiamo ancora pienamente realizzato che abbiamo moltissime soluzioni “naturebased” ma di tipo attivo, che possono essere applicate in moltissimi contesti. Basiamo tutta la nostra attività sulle tecnologie senza renderci conto che probabilmente è innazitutto necessario un cambiamento di riferimenti. Credi sia ancora possibile incorporare nella nostra cultura la consapevolezza a livello ambientale che molte culture indigene ancora conservano?

Il mio lavoro si concentra soprattutto sulla ricerca di adattamenti basati su un rapporto molto stretto con i sistemi naturali, sulle diverse forme di rispetto nei confronti dei sistemi naturali, dai quali ovviamente dipende la nostra sopravvivenza. Ma non credo che, malgrado l’interesse crescente, questo livello di consapevolezza sia ancora molto sviluppato né in architettura, né all’interno dei movimenti ambientalisti. O meglio, non tanto un riconoscimento quanto una forma di riverenza, capace di arrivare al punto di affermare che la leadership dovrebbe essere nelle mani delle comunità indigene, riconoscendo tutto il valore della loro cultura in termini di rapporto con l’ambiente. Credo al contrario sia ancora presente una certa forma di marginalizzazione. Questo malgrado nelle culture indigene vi siano ormai scienziati e antropologi e credo che proprio da lì dovrebbero provenire molte delle conoscenze di cui abbiamo bisogno. Stavi parlando prima di esempi dove paesaggi interi sono stati trasformati e sono abitati ma senza distruggere l’ambiente, ma cosa dire delle città, super affollate da persone che hanno ormai perso qualsiasi contatto con l’ambiente?

Dipende molto dalle città di cui si parla. È vero che le città stanno diventando sempre più grandi ma a velocità differenti e secondo diverse condizioni. C’erano secoli fa città intere costruite su isole galleggianti, su laghi

che fornivano ogni genere di nutrimento e di servizio ecosistemico. Poi con l’espansione delle città, dato che servivano sempre più terreni edificabili, è andata a finire che ci si è costruito sopra. Questo è successo a Boston come a Città del Messico, e oggi nelle stesse aree umide a est di Calcutta, costantemente minacciate dall’urbanizzazione. Molti sistemi assolutamente validi, sopravvissuti per secoli, sono stati cancellati, per così dire, dal progresso. Resta il problema di città che si sviluppano a rapidità forsennata, costruendo su luoghi che prima erano occupati da foreste e, ovviamente, ponendo le basi per problemi ambientali, se non


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addirittura per la diffusione di epidemie.

Se penso a una città come Shenzhen in Cina, si sta sviluppando molto rapidamente costruendo su aree umide o su aree che un tempo erano adibite alla coltivazione, all’allevamento o alla pesca. Una città in rapida espansione che sviluppa molti progetti e organizza innumerevoli concorsi di architettura. Credo che in casi di questo tipo abbiamo una grandissima opportunità per riscoprire le forme del paesaggio tradizionale, estremamente sicure anche rispetto a eventi meteorologici, e per riproporle evitando inondazioni, conservando la biodiversità, la complessità, senza trasformare i luoghi in un disastro.

Un’ultima domanda: il futuro un po’ capita un po’ lo si costruisce. Come vedi questi prossimi anni?

Direi che disponiamo ormai di tutte le conoscenze. A parole sappiamo come fare, ma abbiamo un’assoluta necessità di amplificare tutto questo, anche ascoltando coloro che stanno facendo di tutto per guidarci verso il cambiamento. Sfogliando infine i libri di architettura di cinquant’anni fa, sembrano quasi un archivio di quello che ci ritroviamo oggi. Mi auguro che tra cinquant’anni, guardando i libri di architettura di oggi, si abbia più o meno la stessa sensazione di vedere realizzate molte delle migliori idee di questi anni.

Le sacre risaie terrazzate di Mahagiri, sull’isola di Bali, in Indonesia, sono irrigate e coltivate secondo un metodo agricolo millenario conosciuto come subak, unico al mondo (ph. ©David Lazar).

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ALLA RISCOPERTA DEL SIGNIFICATO UNA FRASE DI ANNA HERINGER SPIEGA BENE LA FILOSOFIA DEL PROGETTO ANANDALOY, PREMIATO QUEST’ANNO CON L’OBEL AWARD: «I THINK THERE IS A LOT OF GOOD-LOOKING ARCHITECTURE AROUND, BUT I THINK THAT GOOD-LOOKING ARCHITECTURE IS NOT ENOUGH. IT HAS TO BRING MEANING TO PEOPLE. AND OF COURSE ADD TO A HEALTHY PLANET AND TO SOCIAL JUSTICE, AND THAT IS WHAT I AM TRYING TO DO WITH MY WORK»

Anna Heringer La ricerca di Anna Heringer (Laufen, 1977), architetto e professore onorario della cattedra Unesco di Earthen Architecture, Building Cultures and Sustainable Development, si focalizza sull’uso di materiali da costruzione naturali. Dal 1997 è coinvolta attivamente nella cooperazione per lo sviluppo in Bangladesh. La sua tesi di laurea, la scuola Meti, nel 2005 è stata realizzata a Rudrapur e nel 2007 ha vinto un Aga Kahn Award per l’Architettura. Nel corso degli anni ha realizzato altri progetti in Asia, Africa e Europa. Visiting professor in diverse università, Anna Heringer ha ottenuto numerosi riconoscimenti: il Global Award for Sustainable Architecture, l’AR Emerging Architecture Award, il Loeb Fellowship della Gsd di Harvard e la Riba International Fellowship. Suoi progetti sono stati esposti tra gli altri al MoMA di New York, al V&A Museum di Londra e alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2016 e nel 2018. www.anna-heringer.com

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Arrivato alla sua seconda edizione, l’Obel Award si sta già confermando come uno dei più interessanti premi di architettura a livello internazionale. Nel 2019 il vincitore era Junya Ishigami, con il Tochigi Garden, un’opera, oltre che notevole, che convertiva in forma e materia una concezione differente di intendere il nostro rapporto con la natura, con il paesaggio e con lo stratificarsi delle sue trasformazioni. Nel mondo dei premi di architettura, il nuovo Obel Award sembra distinguersi per una rara capacità di equilibrio tra attenzione assoluta verso il valore architettonico e la ricerca del ruolo di trasformazione culturale che l’opera di architettura possiede. Un rapporto che,

nella storia recente dell’architettura, non è sempre stato facile, e che, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, era stato segnato dal deragliamento verso posizioni ideologiche. In sintesi, l’insieme dei concetti che ispira l’Obel Award non potrebbe essere descritto meglio che dalla frase di Anna Heringer, vincitrice dell’Obel Sotto, gli accoglienti ‘bozzoli’ ricavati nello spessore delle pareti in terra cruda dove i bambini possono rifugiarsi. A destra il corridoio di distribuzione in legno e bambù cui si accede da una rampa in lieve pendenza e, a pagina stesa, un disegno preparatorio per il workshop di ricamo di Anandaloy (©Studio Anna Heringer, ph. ©Kurt Hoerbst).


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› SOFT-TECH A sinistra, un momento della progettazione partecipata con la comunità (ph. ©Benjamin Stähli) e la scuola/laboratorio ormai conclusa (ph. ©Kurt Hoerbst).

di quest’anno: «Siamo circondati da belle architetture, ma penso che una bella architettura non sia sufficiente. Deve essere portatrice di significato». Heringer è da sempre raffinata interprete di tradizioni costruttive low-tech, senza industria e, virtuosamente, senza soldi. Assolutamente valide ma in via di estinzione, cancellate dal cosiddetto progresso. Allieva del Maestro austriaco della costruzione in terra cruda, Martin Rauch, e riconosciuta ispiratrice del lavoro di molti colleghi illustri, tra gli altri dai Premi Pritzker Yvonne Farrell e Shelley McNamara (Grafton Architects), la Heringer non è certo alla

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sua prima opera significativa. Tuttavia, con l’opera premiata, Anandaloy – un centro per persone con disabilità e artigianato tessile, realizzato nell’ambito di una comunità rurale del Bangladesh – e grazie all’Obel, ha trovato la risonanza che meritava. I disegni a mano indicano non solo il cammino temporale dell’opera, ma anche il suo profilo in relazione al territorio, alla comunità, alle fonti di approvvigionamento dei materiali. Si tratta di un’opera costruita dalle persone del luogo, utilizzando materiali – quasi esclusivamente terra cruda e legno – rigorosamente estratti dal luogo. Un’opera collettiva, che contribuisce a con-

servare l’integrità del paesaggio, le tradizioni e il senso di comunità, assicura uno stile di vita decoroso, inclusivo delle minoranze. E soprattutto frena lo spopolamento delle campagne, l’inurbamento e le infami condizioni abitative e lavorative che, nei paesi in via di sviluppo, inesorabilmente lo caratterizzano. Uno degli aspetti più interessanti dell’architettura di Anandaloy è che, pur sviluppandosi nel solco della tradizione, sembra proporre una sorta di contaminazione dei caratteri vernacolari con le forme di continuità tipiche del design parametrico. Forme curve, continue, assenza di angoli retti, la sfida costante della scatola muraria. ‘Tane’ per i più piccoli, ricavate nello spessore delle murature e una rampa – fondamentale motivo di accessibilità e di inclusione – che accompagna l’ingresso e il movimento al suo interno. Se Michael De Klerk aveva guidato l’incredibile realizzazione del quartiere Het Schip di Amsterdam, un’opera collettiva e una specie di manifesto per gli operai olandesi di inizio XX secolo, anche Anandaloy sembra muoversi in una direzione simile, accendendo la fiamma del significato in comunità rurali sempre più marginalizzate. Onore all’architetto e a chi, oltre ad un’architettura straordinaria, ha saputo riconoscere in quest’opera tutto questo CE


› SOFT-TECH

Nell’acquarello in alto, il masterplan del complesso di Rudrapur. La legenda evidenzia come tutte le risorse necessarie alla costruzione siano state prelevate in loco. Accanto, la pianta, ricamata su un tessuto realizzato nel laboratorio di Anandaloy (©studio Anna Heringer).

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› SOFT-TECH

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› SOFT-TECH

IL SENSO DEL MONUMENTO MATERIALI E TECNOLOGIA DELL’ARCHITETTURA ALLA SCALA DEL MODELLO. LE SCULTURE DI DAVID UMEMOTO, PRAGMATICHE E POETICHE, NASCONO DALL’INCONTRO TRA ARTE, ARCHITETTURA E MANUALITÀ ARTIGIANALE E RICORDANO VARI SCENARI, DALLE ABITAZIONI PRIMIGENIE A EDIFICI DI UN FUTURO UTOPICO

David Umemoto David Umemoto è un artista che lavora sulla congiunzione tra scultura e architettura. Laureato in architettura presso la Laval University, Québec, dopo 15 anni di lavoro decise di abbandonare l’architettura per trasferirsi in Indonesia, dove ha lavorato con artigiani tradizionali e imparato ad apprezzare il valore della manualità artigianale. Dal suo ritorno in Québec nel 2011 ha sperimentato varie forme di arte applicata (gioielleria, intarsio, stampa). Ritornando alle sue origini come architetto, si è concentrato sulla realizzazione di sculture in cemento, architetture in miniatura che ricordano le strutture brutaliste. il lavoro di David Umemoto si concentra sulla semplicità del materiale e sull’economia dei mezzi. www.davidumemoto.com

Il lavoro del canadese David Umemoto è un incrocio tra scultura e architettura. È uno studio di volumi che se da un lato ricorda rovine abbandonate nella foresta, enigmatici templi o cenotafi metafisici, dall’altro ripropone i paradossi geometrici di Escher o i suggestivi scenari del Piranesi. Le opere di Umemoto sono realizzate in cemento, sembrano fatte in modo da incorporare i naturali processi di erosione e di disfacimento che segnano i monumenti tramandatici da qualche remota e misteriosa civiltà. In un mondo dove la tecnologia sembra risolvere qualsiasi

problema e la rincorsa di soluzioni sempre nuove appare inarrestabile, Umemoto sembra fare un passo indietro. La complessa composizione delle sue piccole sculture (non più grandi, in genere, di 20 o 30 centimetri), ideali per essere realizzate con tecniche di stampa in 3D, è invece realizzata rigorosamente a mano, con tecniche del tutto artigianali, dichiarando deliberatamente le congiunzioni tra le parti di cui sono composte. Un procedimento che sembra voler ricostruire, insieme alle operazioni manuali, anche il processo intellettuale di composizione dell’opera. Un lavoro, su definizione dello stesso autore, che in modo profondo incorpora l’Americaness, e con questa, il senso di faticosa appropriazione artificiale di territori vergini. Opere che sembrano scavare alle radici, ricercare l’arcaico e i riferimenti che, in società molto antiche, portavano inesorabilmente ad affiancare all’effimera semplicità della capanna la simbolica ed eterna eccezionalità del monumento, che è ciò che incorpora i valori destinati ad essere tramandati. CE

Le scale di Escher assumono forma tridimensionale in Deambulatoire (30 cm di altezza). Alla pagina di sinistra, Two Towers (foto courtesy David Umemoto).

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› RETAIL / LUCE

Titolare e fondatore di Voltaire Lighting Design, Jacopo Acciaro si laurea in architettura al Politecnico di Milano e sviluppa da subito un forte interesse per il mondo della luce. Si forma nello studio di Piero Castiglioni con il quale collabora per alcuni anni prima di fondare Voltaire Lighting Design, una struttura professionale che si occupa di progetti di illuminazione per l’architettura, l’interior e l’urbanistica, oltre a progettare corpi illuminanti custom made. Acciaro ha svolto attività di docenza e tiene regolarmente corsi di illuminotecnica. www.voltairedesign.it

LA LUCE NEL MONDO DEL RETAIL porta con sé una pluralità di valori: da un lato è un elemento fondamentale, in grado di relazionarsi con molteplici aspetti e in differenti contesti sia merceologici che architettonici; dall’altro rappresenta un tema trasversale, che attraverso il rapporto con lo spazio e gli oggetti, è in grado di suscitare emozioni e di ottimizzare il momento di acquisto. Dalla valorizzazione dell’architettura come contenitore esperienziale, all’esaltazione del prodotto, con le sue caratteristiche evocative, sino all’affermazione dell’identità di brand, le tematiche progettuali legate alla luce caratterizzano il successo di uno spazio di vendita e incidono sull’emotività del cliente. L’uso corretto della luce contribuisce in maniera determinante alla comprensione dell’oggetto e del suo contesto, qualsiasi esso sia: in quest’ottica la cultura del progetto e la conoscenza di tutte le problematiche tipiche di un processo integrato, sono competenze indispensabili. Grazie ad un approccio basato sul corretto equilibrio tra i parametri illuminotecnici fondamentali (luce diffusa o puntuale, rapporto tra i chiaroscuri, uso di determinate tonalità di colore delle emissioni luminose, qualità della resa cromatica, etc.) è possibile comunicare ed enfatizzare l’identità di un brand e la sua storia, affiancandone allo stesso tempo gli aspetti tecnici e compositivi. In questo panorama, un aspetto rilevante è rappresentato dalla tecnologia, che si è inserita e continua a inserirsi nel lighting design in maniera determinante. Le sorgenti a Led stanno vivendo un consistente affinamento tecnicoqualitativo che consente di avere a disposizione ‘tools’ performanti sotto tutti gli aspetti (efficienza, qualità delle emissioni luminose, flessibilità nelle scelte distributive dei flussi etc.) offrendo un grande supporto alla creatività e flessibilità. La gestione della luce attraverso l’uso dell’elettronica consente inoltre di esplorare nuove frontiere nel rapporto tra prodotto e fruitore, così come il monitoraggio e la divulgazione di informazioni efficaci sia per il cliente stesso che per il brand. J. A. [ 74 ]

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UNA CORRETTA ILLUMINAZIONE CARATTERIZZA UNO SPAZIO DI VENDITA, NE VALORIZZA L’ARCHITETTURA COME CONTENITORE E NE ESALTA LE QUALITÀ E LO SPIRITO. DEVE INOLTRE SAPER COGLIERE L’ESSENZA DEL PRODOTTO FAVORIRNE LA COMPRENSIONE E RENDERLA IN TERMINI DI FORMA, COLORE E DETTAGLI


› RETAIL / LUCE

Jacopo Acciaro

RETAIL E IL PROGETTO

DELLA LUCE

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› RETAIL / LUCE

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› RETAIL / LUCE

LE SQUARE EPICIER-FIN Influenze orientali e occidentali di epoche differenti si mescolano nel progetto Le Square Epicier Fin a Ho Chi Minh City, un grande intervento di carattere multifunzionale che comprende in due edifici separati – una villa coloniale francese del XIX secolo e un nuovo volume di 30mila metri quadrati – un negozio di alimentari con spazio di lavoro e degustazione, un’area bistrot, un panificio, un caffè, uno showroom di casalinghi e una zona uffici. Le differenti tematiche rendono questo progetto interessante e complesso anche dal punto di vista della luce. La nuova architettura, dello studio milanese Locatelli & Partners, è definita da un involucro permeabile in lamiera di acciaio che cinge su tutti i lati il perimetro. La luce, protagonista assoluta, fa vibrare la maglia metallica semitrasparente che riveste le facciate attraverso una soluzione downlight a fascio stretto posizionata nella parte alta. L’illuminazione per gli spazi espositivi interni prende forma grazie a un corretto equilibrio tra luce diffusa (con sospensioni custom-made) e illuminazione integrata negli arredi; in ogni singolo espositore, infatti, è installata una soluzione che crea un contrasto con l’illuminazione diffusa molto efficace ai fini della valorizzazione del prodotto. Il rapporto tra luce diffusa e integrata favorisce una corretta gerarchia visiva e asseconda una chiara lettura dell’allestimento merceologico.

Località Ho Chi Minh City Progetto architettonico Locatelli & Partners Anno 2019 Foto Luca Rotondo

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› RETAIL / LUCE

P448 Il progetto illuminotecnico nasce in sinergia con il mood dinamico, fresco e urban del brand P448, basato sull’accostamento di materiali e trame. La scelta di unire una tonalità fredda della temperatura colore della luce – 4000K – con soluzioni d’accento sul prodotto a tonalità più neutra – 3000K – rappresenta il corretto bilanciamento tra il concept progettuale e la necessità di valorizzare la merce esposta. Tutte le sorgenti sono ad alta resa cromatica e rendono le differenze di temperatura colore della luce integrate tra loro, senza alcuna prevalenza dell’una sull’altra. Per gli ambienti espositivi principali è stata scelta una distribuzione della luce che non creasse ombre marcate mentre per l’area più suggestiva dello store, rivestita in materiale specchiante blu, sono stati previsti sistemi puntuali sul prodotto, con un effetto teatrale.

Località Milano Progetto architettonico Piuarch Anno 2019 Foto Saverio Lombardi Vallauri

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› RETAIL / LUCE

JASPAL All’interno del grande complesso IconSiam, a Bangkok, il flagship store Jaspal è caratterizzato da un’atmosfera sofisticata ed elegante, accentuata da un’illuminazione morbida. Le ‘isole’ espositive sono valorizzate da apparecchi downlight a fascio di emissione medio/ampio, ideali per consentire un’adeguata illuminazione, evitando così la creazione di ombre marcate. Il progetto illuminotecnico è inoltre completato da sistemi integrati negli arredi che assecondano l’allestimento e consentono la perfetta lettura delle geometrie spaziali. La scelta di utilizzare sorgenti ad altissima resa permette infine di percepire, in maniera altamente qualitativa, tutte le tonalità pastello dell’interior design e delle collezioni esposte.

Località Bangkok Progetto architettonico Studiopepe Anno 2018 Foto Giuseppe Dinnella

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› RETAIL / FOOD

Un Gold Moon Chandelier sospeso al centro di un soffitto in oro spatolato. In basso, l’ingresso sotto i portici di via Porta Nova e la cocktail lounge, illuminata da una Wa Wa F con struttura in ottone e astine in rame.

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› RETAIL / FOOD

SETA MEAT LAB, BOLOGNA

CONTRASTI DI LUCE E MATERIA «Non riesco proprio a definirmi interior designer», esordisce Willy Calabrese, salernitano da quarant’anni a Bologna, quando gli rivolgiamo qualche domanda sulle scelte adottate per allestire il nuovo Seta Meat Lab, ristorante dove apprezzare tagli di carne pregiati provenienti da tutto il mondo e preparati da una brigata di cucina guidata da Cueto Glen, già protagonista dell’acclamato Seta Sushi Lab. «Preferisco ragazzo di bottega, autodidatta da quando, durante le vacanze scolastiche, alla spiaggia preferivo la falegnameria». La modestia di questi tempi è merce rara, specialmente quando si osservino i risultati. Come la maggior parte dei laboratori e delle botteghe che si aprono sotto i portici del centro di Bologna anche questo ambiente – di circa 300 metri quadrati – si spinge in profon-

UNO STILE INDUSTRIAL-CHIC INTIMO E ACCOGLIENTE FRUTTO DELL’ESPERIENZA E DELLA PASSIONE DI WILLY CALABRESE PER LA LUCE E PER I RIVESTIMENTI PIÙ RICERCATI

dità verso l’interno, tanto che uno dei locali riceve luce, oltre che dai vecchi serramenti in ferro finestra, da un soffitto in vetrocemento. Una scala conduce poi a uno spazio più piccolo e riservato, con travi in legno sbiancato. Le pareti erano intonacate, e dov’erano state portate al grezzo, con i mattoni a vista, sono state lasciate così. I pavimenti sono in assi di legno, oggi sapientemente ripristinate. Senza intervenire sulle murature, il progetto del nuovo ristorante è puro design di interni realizzato, in stretta collaborazione con Fgc Loft, una realtà artigianale creativa e dinamica, con i materiali che più interessano Calabrese: la luce e i preziosi rivestimenti. I corpi illuminanti, evocativi e poetici, sono quelli di Catellani & Smith, di cui sono stati scelti svariati modelli, da terra, appoggio o sospen-

sione, secondo le dimensioni degli ambienti e l’effetto scenografico desiderato. Soprattutto, gli effetti di luce e penombra degli oggetti luminosi vengono amplificati dall’adozione di una collezione di carta da parati che a volte incorpora elementi riflettenti, altre crea intere pareti con effetto di oro spatolato e altre ancora appare come tessuto. All’ingresso gli ospiti vengono accolti dal bancone del cocktail bar; accanto alla vetrina Sopra, lampade da parete Lederam W – dischi del diametro di 25 cm rivestiti in foglia d’oro; la sorgente Led è schermata da un secondo disco orientabile – interagiscono con il rivestimento della parete. Tutte le luci del Seta Meat Lab sono di Catellani & Smith (foto Lorenzo Patoia).

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› RETAIL / FOOD

Lampada/scultura da terra PostKrisi F 100 (foto Nava-Rapacchietta).

CREDITI Nella saletta al piano superiore, Sorry Giotto 12, anello in rame da 120 cm dipinto a mano. Sotto, al piano terra la sospensione 56 Petits Bijoux, composta da cerchi in ottone non trattato tempestati da cover trasparenti che ricoprono Led ad alta efficienza.

si trova un salottino di attesa (qui il pavimento è in acciaio industriale antisdrucciolo) e una cella frigorifera, la cui freddezza è attenuata dal rivestimento in teak, dichiara la vocazione del locale. Un Gold Moon Chandelier sospeso al centro della sala richiama lo sguardo verso il soffitto, dal quale, i vasi nascosti da una cornice in lamiera verniciata, pendono rami verdi di potos. Su misura o quasi, gli arredi ripropongono il gioco di contrasti che caratterizza l’ambiente: rivestite in pelle o in morbidi velluti dai colori decisi, poltroncine e divanetti si abbinano a tavoli quadrati con piano in Dekton, proposto nella finitura nera e opaca di Sirius. Che nemmeno ai più conservatori – come chi scrive – farà rimpiangere la tovaglia bianca degli storici ristoranti di Bologna

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Committente Domada Sas Progetto di interni Willy Calabrese Sviluppo e realizzazione FGC Loft Superficie 300 mq Illuminazione Catellani & Smith Tavoli piani in Dekton Cosentino realizzati da Martelli Marmi Carta da parati Effeitalia Anno 2019 Foto Lorenzo Patoia


› RETAIL / FOOD

Fuga. Nem nonecate sitio blaborrum, simus, quis est quis est, con re, nem santur solestianist quos ma voluptatet rerspel evelis dellia eaquis re ressita atem imus sumenimusam, nobite sectibeaquos ducid qui tendam, explantis naturis voluptas asit vel et velissimod et, vid explam et

DEKTON RESISTENTE ULTRACOMPATTO Il piano dei tavoli del Seta Meat Lab è in Dekton nella tonalità nero pieno e texturizzata Sirius in spessore 20 mm. Oltre a rispondere ai criteri estetici del progetto di interni, la scelta della superficie ultracompatta del Gruppo Cosentino è stata fondamentale per poter servire le carni ai tavoli direttamente su piastre calde senza deteriorare la superficie d’appoggio. Oltre che a macchie e graffi infatti, Dekton – frutto di una speciale miscela di materie prime come vetro, materiali porcellanati di ultima generazione e quarzo – resiste particolarmente bene alle alte temperature. La realizzazione dei piani dei tavoli, con il taglio a regola d’arte delle lastre di Dekton, è stata eseguita da Martelli Marmi. www.cosentino.com

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› RETAIL / MODA

In alto, l’area retail. Il tavolo con doppio espositore in vetro è realizzato su disegno. Il pavimento è realizzato con piastrelle Mutina Mews color grafite posate a spina di pesce. Accanto, su disegno anche gli espositori ottagonali in ottone con un cappello luminoso (foto ©Ingo Boelter & Carlo Donati Studio).

CREDITI Località Amburgo Committente Slowear Venezia Progetto Carlo Donati Studio Arredi su disegno Camagni Arredamenti

Impianto illuminotecnico L&S Italia Pavimento Mutina Rivestimento a parete 3D Surface Superficie 100 mq circa Completamento Settembre 2020 [ 84 ]

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› RETAIL / MODA

SLOWEAR VENEZIA FLAGSHIP STORE, AMBURGO

LA MACCHINA DEL TEMPO

INCONFONDIBILE ATMOSFERA HOMEY E MATERIALI DI DECENNI DIVERSI NEL NUOVO PROGETTO DI CARLO DONATI PER LO STORE DEL BRAND ITALIANO NELLA CITTÀ ANSEATICA. L’IMPRESSIONE È DI TROVARSI DI NUOVO A TU PER TU CON I BEATLES, COME NEL 1963

Se si riunirono a Liverpool, fu però ad Amburgo che negli anni Sessanta i Beatles registrarono i primi successi commerciali. Di quegli anni ritroviamo tracce nel nuovo flagship che Slowear Venezia ha inaugurato da pochi mesi nella città con il reddito procapite più alto della Germania. Ospitato nella Paulsenhaus, storico edificio dei primi del Novecento in una strada semi-pedonale sulla quale si affacciano le vetrine dei brand più importanti, il progetto di Carlo Donati conserva l’atmosfera accogliente con cui l’architetto traduce nelle tre dimensioni dello spazio fisico la filosofia di Slowear, ma con forme e cromie del tutto nuove. Il visitatore ha l’impressione di attraversare i decenni del Ventesimo secolo: dalla decorazione del soffitto, che rende omaggio alla Paulsenhaus, tra i pochi edifici sopravvissuti alle distruzioni della seconda guerra mondiale, al plexiglass rubino molto Sixties delle mensole della libreria, sorrette da montanti pavimento-soffitto in ottone e inaspet-

tatamente abbinate a cassettiere curve in legno cannettato incrociato. La lounge si fa accogliente con interessanti pezzi di design italiano– come un divano curvo anni ’30 in velluto azzurro e una poltrona anni ’50 in velluto giallo con le bordature bianche alla maniera di Gio Ponti – posati su una moquette ginger red, che a sua volta si combina con il pavimento in piastrelle Mutina Mews grafite, però posate a spina, della zona più propriamente retail. Due pareti a schermo in cannettato incrociato e lamiera microforata in ottone fanno da filtro tra i due ambienti. Per l’esposizione di capi e complementi lo studio ha introdotto arredi progettati ad hoc, dove risaltano gli eleganti espositori con cappello luminoso ottagonali in ottone e vetro fumé. Completano l‘allestimento raffinati arredi su disegno come il tavolo con doppio espositore in vetro, il lampadario centrale in ferro a cilindri luminosi in ottone brunito e i separé cipria con decorazione geometrica verde

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› RETAIL / MODA

Carlo Donati Laureato in architettura al Politecnico di Milano nel 1992, Carlo Donati ha collaborato con lo studio Belgiojoso Bbpr e con Gregotti Associati International alla realizzazione dei Prg di Torino e Livorno. Nel 1995 ha vissuto a New York, dove è stato consulente del gruppo Versace, l’anno successivo ha fondato, con Adriano Donati, la Farnese Contract e nel 1999 ha aperto il suo studio a Milano, occupandosi della progettazione di abitazioni di pregio, negozi, uffici e resort in Italia e all’estero. Oltre alla direzione artistica del gruppo Slowear per cui ha realizzato showroom e negozi a Parigi, Londra, Tokyo e Seoul, cura l’immagine di Colefax and Fowler e di Lineapiù, società di cui ha progettato il concept e le nuove sedi commerciali. Nel 2008 si è aggiudicato il concorso per la realizzazione del masterplan di Segrate. È attualmente impegnato nella progettazione di ville e appartamenti, oltre che nel settore del furniture design con la sua personale linea di arredo. www.carlodonati.it

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› RETAIL / MODA

Dettaglio dello schermo in cannettato incrociato e lamiera microforata in ottone che separa la zona lounge (a sinistra) dall’area retail. In alto a sinistra la libreria con montanti in ottone e mensole in plexiglass color rubino (foto © Ingo Boelter & Carlo Donati Studio).

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› RETAIL / MODA

Parquet a spina ungherese, boiserie in legno laccato opaco, divano anni Trenta, lampada Taccia dei fratelli Castiglioni (produzione Flos) e coffee table in ferro nero con base in cemento disegnato dallo studio Galante Menichini (foto ŠGialnluca Vassallo).

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› RETAIL / MODA

IL TAGLIO, L’ARTE, IL DIALOGO: IL CONCEPT DI GALANTE MENICHINI PER SANT’ANDREA NEL QUADRILATERO MILANESE DELLA MODA NASCE DA UN LAVORO CULTURALE PER INTERPRETARE E TRASMETTERE I VALORI DELLA SARTORIALITÀ

SANT’ANDREA, MILANO

LA STANZA PER UN UOMO Galante Menichini Architetti Fondato nel 1999 da Ignazio Galante e Niccolò Menichini, entrambi laureati in Architettura al Politecnico di Milano, lo studio è specializzato nello sviluppo di concept, progetti di architettura di interni e allestimenti espositivi temporanei e permanenti in tutto il mondo (shop-in-shop e corner store) per brand del segmento luxury come Brioni, Luciano Barbera, Larusmiani, Kiton, Sant’Andrea. Tra gli oltre 120 progetti fin qui realizzati anche gli interni di residenze private e uffici. Un approccio customer-oriented ha portato lo studio a sviluppare la capacità di lavorare in team fondendo la propria creatività con le diverse competenze messe in campo dal cliente. www.galante-menichini.com

In alto, sulla parete dell’ingresso, un arazzo di Afro Basaldella (foto ©Gianluca Vassallo).

È un appartamento, come è lecito aspettarsi dal laboratorio di un sarto. Ma è in via Bagutta, un indirizzo milanese che dato il prezzo degli affitti i sarti hanno lasciato da almeno cinquant’anni. Del resto i sarti non ci sono più, e questo è uno dei motivi di rimpianto per chi ha più di cinquant’anni e di desiderio di esperienze scomparse per chi è più giovane. Trova spazio crescente invece l’arte sartoriale, ben rappresentata dal brand Sant’Andrea, qui insediatosi di recente. Vorremmo aggiungere altro, che fa comunque parte della complessità del racconto (perché quello che lo studio Galante Menichini sviluppa in maniera tridimensionale in questo spazio è un racconto): cinquant’anni fa non esistevano il politically correct, le intercettazioni ambientali e il #metoo, si poteva fumare e il laboratorio del sarto era anche il luogo delle confidenze maschili, un rifugio inviolabile come un gentlemen’ club inglese. E infine: perché mai un abito di Sant’Andrea dovrebbe essere così costoso? Il concept degli interni di questa nuova destinazione per gli happy few che se lo possono permettere contiene le risposte a questa serie di argomenti. E contiene una reminiscenza del-

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› RETAIL / MODA “Siamo conosciuti per le maison sartoriali per cui lavoriamo e in effetti questo ci aiuta a ricordare a noi stessi il valore sartoriale del nostro progetto. Dopo tanti interventi all’estero, siamo tornati con piacere a lavorare in via Bagutta” Niccolò Menichini

la Stanza dell’Uomo di Franco Albini alla Triennale del 1936. Spirito del tempo erano le virtù ginniche maschili (ricordate Ugo Tognazzi nel film del 1961 Il Federale?) che l’ingegno creativo dell’architetto risolveva nel piccolo spazio della Stanza. In via Bagutta le invenzioni sono due: il dispositivo terra cielo ‘Prisma’ ancorato al soffitto che da specchio diventa camerino di prova con seduta incorporata; e il taglio voyeuristico nello spigolo della parete che permette di osservare il lavoro di taglio del sarto – ma soprattutto attira l’attenzione sulla qualità del tessuto (ecco perché l’abito sarà costoso!). Intorno, altri specchi ma soprattutto interni accoglienti e segreti come la bellezza che custodiscono, dall’arazzo di Afro Basaldella alla Taccia dei fratelli Castiglioni (1962, prodotta da Flos), con arredi anni Trenta/Quaranta che insieme alla boiserie e alla pallida luce milanese portano la memoria indietro nel tempo. A un’epoca immaginaria ma ben raccontata

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In alto, un taglio strategico nello spigolo della parete rivela ai visitatori il tavolo da lavoro del sarto e la qualità del tessuto. Al centro, lo spazio è anche luogo intimo di ritrovo (anche per eventuali incontri di lavoro) ricostruendo quell’atmosfera confidenziale dei laboratori dei sarti da uomo di un tempo (foto ©Gianluca Vassallo). Nelle foto piccole, il dispositivo della colonna/ specchio ‘Prisma’ che si trasforma in camerino di prova con seduta incorporata.


Tende di facciata Solozip II NELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA LE GRANDI SUPERFICI FINESTRATE SONO COMUNI. CON LA NOSTRA TENDA DA SOLE PER FACCIATE ZIP ABBIAMO LA SOLUZIONE PERFETTA PER VOI

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› ARCHIWORKS

REAL ESTATE E DESIGN ITALIANI PER IL LUXURY HIGH-RISE RESIDENZIALE INAUGURATO LO SCORSO ANNO NEL DISTRETTO FINANZIARIO DI MIAMI. L’INTERO PROGETTO DI INTERNI È DI MASSIMO IOSA GHINI

Massimo Iosa Ghini Fondatore negli anni Ottanta del ‘bolidismo’ e membro del gruppo Memphis, nel 1990 Massimo Iosa Ghini (Bologna, 1959) apre lo studio Iosa Ghini Associati, che opera a Milano, Bologna, Mosca e Miami sviluppando progetti per grandi gruppi e developer internazionali e occupandosi di progettazione di spazi architettonici residenziali, commerciali e museali, installazioni culturali, aree e strutture dedicate al trasporto pubblico, nonché di progetti retail. Tra i lavori principali dello studio i concept dei Ferrari e dei Kiko Store, la sede Capital Group a Mosca, la Casa-Museo Giorgio Morandi a Bologna, una stazione della metropolitana di Hannover, il People Mover di Bologna, la collaborazione con Gruppo Cremonini per la ristorazione in aree autostradali e aeroportuali. Molti i premi e i riconoscimenti ricevuti nell’ambito del product e furniture design, nel quale collabora tra gli altri con Duravit, Fiam, iGuzzini, Moroso, Snaidero e Zumtobel. Attualmente Iosa Ghini insegna al dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara. www.iosaghini.it

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Promosso da CMC Group, la società di sviluppo immobiliare di Ugo Colombo che possiede già altri edifici residenziali di lusso nel Sunshine State, con 64 piani il Brickell Flatiron, nel distretto finanziario di Miami, è uno dei grattacieli più alti di Miami. La struttura è caratterizzata da facciate curvilinee e vetrate a tutt’altezza contornate da balconate ellittiche. L’impronta della torre si assottiglia al diciassettesimo piano, dove su due livelli si sviluppano le ‘amenities’ a disposizione dei condomini: piscina olimpionica, sala cinema, area dedicata alla degustazione dei vini, spazio per eventi, sala giochi e centro affari. Al piano terra la lobby di accesso, in stretta connessione con l’esterno, trasmette il senso di opulenza che caratterizza la proposta residenziale con pavimenti e rivestimenti in marmo Palissandro Margraf posato a macchia aperta, un camino in Zebrato e luci decorative Leucos e Kundalini. Sospesa nel cielo a 224 metri di altezza, con vista a 360° su Miami, si sviluppa poi la spet-

tacolare Sky Spa, che comprende piscina panoramica, centro benessere e fitness con servizi terapeutici, bagno turco privato, sauna, spogliatoi e una palestra di 586 metri quadrati dotata di attrezzi cardiovascolari e sollevamento pesi Technogym e una sala aerobica. Le 549 residenze della torre, che comprendono tagli da una a cinque camere da letto, attici e duplex, sono arredate secondo un progetto su misura, che segue e valorizza la forme curvilinee della struttura, e con arredi e finiture italiani di alta qualità. L’illuminazione è a incasso, i pavimenti in grès porcellanato italiano e, nella penthouse, in modulmarmo Bianco Statuarietto e Botticino Fiorito Light Margraf. Le cucine sono completamente accessoriate Snaidero, con piano in acciaio e ripiani in pietra, piano cottura e forno in acciaio inox elettrici. I bagni, con doppio lavabo, sono firmati Milldue. Il progetto della luce è un elemento chiave in tutto il progetto, che usa il contrasto tra luci soffuse e sgargianti per definire gli ambienti e distinguere gli spazi interni ed esterni


› ARCHIWORKS

Accanto e in apertura, la hall del Brickell Flatiron con la reception desk. Sotto, ambienti del centro benessere della Sky Spa. La torre residenziale comprende due piscine scoperte, al diciassettesimo e all’ultimo piano (a sinistra) e piscine coperte in una penthouse (foto ©Zachary Balber).

MARGRAF Dal rivestimento lucido della facciata di ingresso in Zebrato Striato Elegante alla pietra Ducale spazzolata della piscina esterna, i marmi dell’italiana Margraf, scelti anche per gli interni delle penthouse, contribuiscono a definire la ricchezza degli ambienti del Brickell Flatiron. In particolare, la lobby di accesso è impreziosita da un camino in Zebrato e dal Palissandro, posato a macchia aperta, nel pavimento e utilizzato come rivestimento anche per il desk della reception. Alla luminosità della Sky Spa al 64° piano contribuiscono il Bianco Siberia della piscina interna e il Bianco Venezia della Spa. Con questo progetto Margraf si conferma come un partner strategico di primo piano per progettare e realizzare edifici ad elevato valore aggiunto in un mercato internazionale particolarmente competitivo. I marmi Margraf impiegati: Lobby d’entrata (800 mq): Striato Elegante, Zebrato, Palissandro, Lipica Unito. Piscine esterna e Spa (200 mq): Bianco Venezia, Bianco Siberia, Pietra Ducale. Appartamenti (23.300 mq): Bianco Statuarietto, Botticino Fiorito Light. www.margraf.it

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› ARCHIWORKS

Accanto, due ambienti della Sky Spa al 64° piano: la Relax Room, dove un camminamento masselli di marmo Bianco Siberia Margraf permette di raggiungere le sedute Cocoon sospesesull’acqua; e la Sky Gym, attrezzataTechnogym, con vista sul Mar dei Caraibi. Sotto, marmi Margraf anche per la hall di ingresso. A destra l’architettura del complesso, alto 224 metri, è stata progettata da Revuelta Architecture (foto ©Zachary Balbel).

CREDITI

Località Miami Committente CMC Group Architettura Revuelta Architecture International Architettura degli interni Iosa Ghini Associati Pavimenti e rivestimenti in marmo Margraf Intonaci decorativi Oikos Porte interne Barausse Luci decorative Leucos, Kundalini Imbottiti Moroso Cucine Snaidero Attrezzature palestra Technogym Arredi tailor made Santo Passaia Arredo uffici e sedute operative Mascagni [ 96 ]

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› ARCHIWORKS

TRA I MELETI DELLA CAMPAGNA VERONESE MICHELE PERLINI DISEGNA UN’ARCHITETTURA DALLE LINEE PULITE E RIGOROSE, CON AMPIE VETRATE, AMBIENTI LUMINOSI E ORIENTATI AL SOLE, MATERIALI NATURALI E CONSUMI ENERGETICI RIDOTTI

RESIDENZA IN CAMPAGNA

L’ANIMA GREEN DI SPACE HOUSE Non è frutto di eccessiva cautela ingegneristica il cilindro che sembra reggere lo sbalzo del volume superiore, che in realtà contiene una scala che rende indipendente dall’abitazione lo studio fotografico del proprietario al primo piano. È una composizione apparentemente semplice, quella disegnata da Michele Perlini per questa residenza, con un gioco di geometrie studiato però per rispondere alle richieste del committente e nello stesso tempo per assicurare eccellenti performance ambientali. Perseguite sì con la scelta di materiali e tecnologie adatte a favorire il risparmio energetico ma soprattutto con un attento studio degli orientamenti. Che spiega anche l’alternanza di pieni e vuoti, opacità e aperture che caratterizza una costruzione che dialoga con [ 98 ]

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l’ambiente esterno affermando il proprio essere architettura. Bianca nel verde, luminosa tanto all’esterno quanto negli interni, con il grande open space della zona living delimitato da due vetrate a tutt’altezza contrapposte – e protette nei mesi estivi da un sistema di frangisole a scomparsa – per uno sviluppo lineare di dodici metri. L’involucro è realizzato con materiali isolanti e trasmittenti per regolarne la dispersione, mentre l’orientamento gioca un ruolo fondamentale per ottimizzare l’apporto energetico. La pianta sfrutta appieno i benefici del sole: le zone abitate sono collocate sull’affaccio a sud, recuperando calore nei mesi invernali, mentre il lato nord accoglie ambienti di servizio. Il progetto di interni rispecchia la pulizia formale e l’ordine minimale dell’architettura

con largo impiego di materiali naturali. Le pareti, realizzate in argilla per regolare l’umidità interna, favoriscono un eccellente microclima interno, e un impianto di ventilazione meccanica controllata per il ricambio d’aria migliora il comfort ambientale. La cucina custom made in legno laccato bianco è progettata come un grande mobile a scomparsa, mentre l’isola centrale diventa il punto focale dello spazio. Un grande tavolo in rovere realizzato ad hoc è accostato a sedute Vitra. Il divano Toot di Cassina, che separa l’ambiente cucina da quello living, è composto da tessuti naturali e anallergici, mentre il tappeto in canapa è stato disegnato da Michele Perlini. L’impianto illuminotecnico è stato studiato su misura con tagli di luce, gole e spot con temperature di colore calde a 3000 K


› ARCHIWORKS

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Aprile, 2020

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Copyright © ARCStudio PERLINI ®

In apertura, la residenza vista dall’alto inserita nell’ambiente circostante. Sopra, nella foto, il prospetto sud di Space House. Le piante del piano primo e del piano terra (foto ©Paolo Castagnedi).

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› ARCHIWORKS CREDITI Località Verona Committente Privato Progettazione architettonica e DL ARC Studio Perlini

Interior design ARC Studio Perlini Superficie area 3.000 mq Superficie abitabile 300 mq Cronologia 2019-2020 Consumo energetico 15 KW/mq/anno Fornitori Lapitec (piano cucina), Fanton

(serramenti), Viabuzzuno e Flos (luci), Vimar (domotica), Vitra (sedie), Cassina (divano), Custom Made MP (cucina e tavolo in legno), Lualdi (Porte)

Accanto, lo studio fotografico al primo piano; sotto, il volume vetrato del living che si spinge nel verde del giardino. Alla pagina di destra, il grande tavolo da pranzo in rovere e la cucina (foto ©Paolo Castagnedi).

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ARC Studio Perlini Michele Perlini (Verona, 1982) si laurea in architettura all’Università Iuav di Venezia nel 2007. Da quindici anni svolge attività professionale a Verona nello studio di famiglia, specializzato in architettura sostenibile a basso consumo energetico. È consulente esperto CasaClima. Suo il progetto del primo restauro conservativo CasaClima classe A Nature in Italia e il primo hotel certificato CasaClima Welcome. Ha prodotto, diretto e progettato Smart House, un modello di abitazioni certificate CasaClima (2014). Le sue Eden Luxury Portable Suite (2018) e No.Made Luxury Mobile Home (2019) hanno ricevuto due Iconic Awards. www.arcstudioperlini.com


› ARCHIWORKS

ORDINE NATURALE Luce e materiali naturali pongono gli interni dell’abitazione in dialogo diretto con l’esterno. Nella zona giorno il colore dominante è il bianco delle pareti, del mobile a scomparsa della cucina e del blocco centrale a isola, con un piano in Lapitec colore Bianco Assoluto nella finitura Satin e spessore 20 mm. Priva di porosità, antibatterica, inattaccabile e resistente nel tempo, la pietra sinterizzata Lapitec viene prodotta nel rispetto dell’ambiente – è una miscela di minerali 100% naturali – e non contiene resine o derivati del petrolio. www.lapitec.it

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› ARCHIWORKS

Nella foto di apertura a destra, il complesso delle due residenze articolato intorno alla piscina. A destra, i caratteristici scuri ‘a ginocchio’ che proteggono gli ingressi e le grandi aperture vetrate. Sotto, il portico dell’abitazione più grande. Tutti i serramenti sono in alluminio di produzione Schüco e realizzati nella logica dell’Universal Design, accessibili a tutti e privi di ostacoli tra interno e esterno (ph. ©Daniele Domenicali)).

QUALITÀ ARCHITETTONICA UNIVERSAL DESIGN SOSTENIBILITÀ E CONDIVISIONE DEGLI SPAZI APERTI. SONO QUESTI I TRATTI DISTINTIVI DEL PROGETTO DI MARIO TESSAROLLO. PROGETTO CHE DÀ FORMA A UN COMPLESSO DI DUE ABITAZIONI INDIPENDENTI E COLLEGATE TRA LORO IN CUI FORMA E FUNZIONE SI FONDONO

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› ARCHIWORKS

CASE A ROSÀ, VICENZA

LA BUONA ARCHITETTURA ACCESSIBILE E SOSTENIBILE Sono molte, e sempre legate alla domanda del committente, le ragioni dell’architettura. Mario Tessarollo, a Rosà, si è confrontato con una domanda di solidarietà: una grande famiglia, composta da più nuclei familiari; uno dei componenti affetto da disabilità motoria e costretto per questo su una sedia a rotelle; infine un lotto in comune, una porzione occupata dall’abitazione principale e per il resto un’area in precedenza occupata da un fabbricato industriale. L’idea della connessione e dell’indipendenza, l’esigenza di creare ambienti accessibili a tutti, nella logica dell’Universal Design, e

la volontà di ridurre al minimo l’impronta ambientale hanno guidato il progetto per due abitazioni distinte, la prima, più ampia e con una porzione a falda, abitata da quattro persone e la seconda, disposta longitudinalmente, da due. Entrambe si sviluppano su un solo livello, che galleggia su un basamento posto a 30 centimetri dal piano di campagna e ad esso è collegato tramite leggere rampe. Entrambe sono facilmente fruibili, con un costruito senza ostacoli che offre comfort e sicurezza. In pianta l’edificio di maggiori dimensioni si sviluppa in direzione est-ovest con la fac-

ciata principale rivolta a sud, dove trovano spazio un ampio portico centrale e la quasi totalità delle aperture. Parte della zona giorno ha una copertura a falda a vista, mentre il resto della casa ha un tetto piano. Nell’abitazione più piccola gli spazi del living affacciano a sud-ovest, di fronte alla piscina comune a tutti, mentre la fascia a est contiene i locali di servizio, con il prospetto nord cieco. Porte d’ingresso Schüco – e schermature interne delle ampie aperture vetrate – scorrono interne ai muri; all’esterno gli scuri a ‘ginocchio’, una volta chiusi, occultano i fori e danno continuità ai volumi, mentre

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› ARCHIWORKS

Mario Tessarollo Si laurea in architettura all’Università Iuav di Venezia nel 1981 e nel 1983 fonda lo studio a Bassano del Grappa. L’attività spazia dalla progettazione architettonica alla pianificazione urbanistica con numerose realizzazioni nei campi industriale, commerciale e residenziale. Negli anni lo studio si concentra sul design: sono così nati progetti innovativi come il tavolo Chichibio e la linea di rubinetteria Cut, disegnata nel 2002 per Boffi. Mario Tessarollo collabora con Boffi, Agape, Ceadesign, Pba e Makro. www.mariotessarollo.com

CREDITI Località Rosà, Vicenza Progetto architettonico e direzione artistica Mario Tessarollo Progettazione impianti Bio Engineering, Ruggero Celva

Progettazione strutturale Fabrizio Tessarollo

Direzione lavori Simone Bucco Impresa di costruzioni Costruzioni Edili Elvis Bertacco

Installazione serramenti e scuri Tecno Metal

Serramenti Schüco Italia Rivestimento a cappotto Röfix Pavimenti in legno Bassano Parquet Pavimentazione in pietra esterni Nuova Marmi Meneghetti

Cucina Key Cucine Rubinetteria Ceadesign Pompe di calore Viessmann Superficie lotto 2.880 mq Superficie coperta 627,13 mq Volumetria 1.775,80 mc Cronologia 2015-2019

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ampi alzanti scorrevoli con soglia a filo – sempre Schüco – mettono in comunicazione senza ostacoli interno ed esterno e danno accesso a una seconda loggia coperta dove trovano posto attrezzi ginnici. Gli edifici, in classe energetica A, sono a basso impatto ambientale: assenti o ridotte al minimo le aperture a nord; minimizzate o nulle le presenze di ombre portate; serramenti ad alta efficienza e ridotta trasmittanza; involucro esterno a cappotto isolante; isolamento interno dato da un’intercapedine tra la parete esterna e il cartongesso, a sua volta isolato, entro la quale corrono gli impianti. In copertura, solare termico per

In alto la pianta delle abitazioni. Sotto, alcuni spazi interni (ph. ©Daniele Domenicali).

la produzione di Acs e fotovoltaico che fornisce buona parte dell’elettricità necessaria ad alimentare le pompe di calore – una per abitazione – unico equipaggiamento necessario, grazie all’elevato isolamento, per la climatizzazione invernale e estiva. Le pareti sono in parte intonacate di colore bianco e in parte rivestite con pannelli con fresatura orizzontale in resina e fibre a base di legno di colore nero. Nell’abitazione posta a nord una schermatura fissa orizzontale sembra ‘alzare’ il volume in corrispondenza dell’inclinazione data dall’unica falda, in leggero contrasto con la linearità del complesso


› ARCHIWORKS Interni dell’abitazione più piccola: il living è definito da due ampi alzanti scorrevoli Schüco che creano due aree esterne a portico. Entrambi gli edifici ‘galleggiano’ su un podio sollevato di 30 centimetri dal piano di campagna (ph. ©Daniele Domenicali).

Universal design Per agevolare la mobilità, nelle residenze di Rosà Tecno Metal, premium partner di Schüco, ha installato alzanti scorrevoli in alluminio Schüco ASS 70.HI con soglia a filo pavimento ‘0-level’ e porte d’ingresso in alluminio Schüco ADS 75.HD scorrevoli integrate all’interno della controparete in muratura. Scelte estetiche e funzionali che connettono l’architettura con il contesto: anche grazie all’ampiezza delle vetrate, i serramenti, estremamente leggeri da manovrare, non sono più elemento di separazione ma di apertura verso l’esterno, trasmettendo agli abitanti una sensazione di libertà. www.schueco.it

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› ARCHIWORKS

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› ARCHIWORKS

SEDE MIA-PLATFORM, MILANO

ALL’OTTAVO PIANO DEL MAC 7 SI È INSEDIATA MIA-PLATFORM, UNA DELLE TECH COMPANY EUROPEE IN PIÙ RAPIDA CRESCITA. IL FIT-OUT DEGLI AMBIENTI È STATO PROGETTATO E IMPLEMENTATO DA TARAMELLI SRL IN QUALITÀ DI GENERAL CONTRACTOR

Il Mac 7 – Maciachini Business Center – dove sono situati gli uffici di Mia-Platform, è stato il primo progetto italiano di Sauerbruch Hutton. In queste pagine, l’ingresso di Mia-Platform; due viste dell’area break, con il grande tavolo centrale. Sopra, l’ambiente dedicato al lavoro collaborativo (foto ©Giacomo Albo).

I COLORI DELLA DIGITAL TRANSFORMATION Primo progetto italiano di Sauerbruch Hutton, gli edifici Mac 5-6-7 del Business Center Maciachini apparvero per molti versi sorprendenti a Milano, sia per dimensioni – l’intervento risale a dieci anni fa – sia perché portavano finalmente il colore in una Milano altrimenti grigia. In uno di questi spazi, circa 700 metri quadrati all’ottavo piano del Mac 7, si è trasferita da poco Mia-Platform, società in rapida crescita attiva nel promettente settore della ‘digital transformation’. Gli esagoni del logo – sintesi grafica della capacità della piattaforma cloud dell’azienda di integrare i sistemi informatici dei clienti per accrescerne efficacia e produttività – risaltano sui colori neutri del fit-out disegnato e realizzato dal general contractor Taramelli e si ripetono, con colori che portano all’interno quelli delle cellule vetrate serigrafate dell’involucro dell’edificio, nei pannelli in lana del sistema di insonorizzazione a soffitto Acustico®, la cui disposizione è il risultato di un’analisi specifica volta a impedire il riverbero in un ambiente open space che può accogliere fino a 100 dipendenti.

Taramelli quindi ha rinnovato gli ambienti non solo in una logica meramente estetica ma anche funzionale, a servizio di chi vivrà questi spazi. Sempre in dialogo con il carattere dell’edificio, il colore ritorna nei lockers, nelle sedute delle sale riunioni e dell’area break e sulle pareti dei bagni. Nell’open space ogni sospensione illuminante è stata allineata ai ‘bench’ in cui sono organizzate le scrivanie – fornite da Matis – così da garantire il corretto illuminamento di ogni singola postazione di lavoro. Caratteristiche dello spazio l’area break, al cui centro è stato collocato un grande tavolo da 16 posti e che include anche un bancone da bar con uno spillatore di birra professionale, e l’area relax, che con nuance naturali, dal verde della moquette al colore del legno a pavimento, si stacca decisamente dal resto degli uffici: un ambiente dove i giovani collaboratori di Mia-Platform possono rilassarsi davanti a una consolle di videogame vintage o giocando a ping-pong

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› ARCHIWORKS

ACUSTICA & DESIGN I pannelli fonoassorbenti costituiscono un’interessante modalità di intervento con cui animare la consueta planarità dei soffitti, conferendo una nuova e incisiva valenza estetica a queste superfici, spesso valutate marginalmente nell’approccio progettuale. Superando il concetto di semplice funzionalità, i sistemi per la gestione del comfort acustico, con un segno stilistico moderno e inaspettato, possono divenire un focus caratterizzante del concept visivo, qualificando le installazioni con colore e vitalità. È il caso del progetto per la sede di Mia-Platform, che ha previsto l’applicazione dei pannelli fonoassorbenti di design Acustico®, una delle primarie aziende italiane del settore, con produzioni ampiamente orientate al taylor made. www.acustico.com

In alto, l’open space con le scrivanie ‘a bench’ fornite da Matis e i pannelli insonorizzanti in lana di Acustico, realizzati su misura in una forma esagonale che riprende il logo aziendale. Accanto, l’area relax (foto ©Giacomo Albo).

CREDITI Località Milano Committente Mia-Platform Progetto di interni e realizzazione Taramelli Srl Superficie 700 mq Pannelli acustici a soffitto Acustico® - Spandre Srl Scrivanie Matis Srl [ 108 ]

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L’ACQUISTO È UN PROCESSO CULTURALE E SENSORIALE CHE NON SI RIDUCE AL SOLO SENSO DELLA VISTA COME AVVIENE NEL MONDO DIGITALE. ATTRAVERSO LA MATERIALITÀ DEI BENI E DELLO SPAZIO SI COSTRUISCE UN RACCONTO, TANTO PIÙ CONVINCENTE QUANTO PIÙ ADERENTE ALLE ATTESE. IL LUOGO FISICO DELLA MARCA DEVE EMOZIONARE, RASSICURARE, DIVERTIRE. CON UN MOOD DI COLORI, MATERIALI E STILI COERENTE CON LA FILOSOFIA DEL BRAND. IL PROGETTO DI ARCHITETTURA È QUESTO.


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AXOLIGHT BELL è la sospensione di grandi dimensioni, design Manuel Vivian, caratterizzata da una forma a campana più o meno allungata a seconda del diametro – da 45 a 180 centimetri. La sua struttura metallica è rivestita in fettucce di tessuto pongé superliscio ignifugato. Disponibile in versioni da soffitto, da parete e a sospensione, viene proposta in dieci colori: nero, verde, giallo oro, blu elettrico, rosso, rosso bordeaux, bianco, bianco caldo, mattone e marrone. Nell’immagine, la sede di JustFab a El Segundo, California.

www.axolight.it

RADAR

REGGIANI

CYCLOPE. Ha forma solida e grafica, struttura in metallo nero opaco o in bronzo e diffusore a cupola in vetro termoformato basculante/orientabile disponibile nelle finiture oro, argento e Iris. Oltre alla lampada da terra con diffusore a cupola, la collezione si compone della versione da tavolo e a sospensione. Il marchio è nato dalla volontà di due appassionati d’arte e design di creare arredi e accessori eleganti e grafici, tra Parigi e Milano.

INCLINE. È una soluzione di illuminazione miniaturizzata ad alte prestazioni e con ottiche all’avanguardia. Progettato per binari standard a tre circuiti – Incline scompare dentro la loro apertura standard di 14 millimetri – utilizza driver Ghostrack che si integrano nel binario, rendendo la soluzione completamente invisibile. Disponibile in varie lunghezze, è fornito di diversi diffusori, micro-riflettori e ottiche wall washer per illuminazione generale, controllata e verticale. Il micro-riflettore Ugr<19 può essere integrato con una vasta gamma di accessori tecnici e decorativi.

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VISTOSI JUBE. La collezione Jube, design Favaretto & Partners, si arricchisce di tre versioni tavolo, una nuova dimensione della sospensione, un’applique e una piantana. Il diffusore realizzato in vetro soffiato con arte muranese è disponibile in cinque colori: fumé, terra bruciata, verde antico, cristallo e nuova ametista chiara; finiture metalliche in oro satinato e nuova finitura acciaio satinato. Sorgente luminosa Led.

www.vistosi.it

Credits Archiproducts – photo by Andrea di Lorenzo

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ITALAMP CHARLES. Formato da quattro livelli di cristallo trasparente o satinato, con struttura metallica in oro nickel e completo di uno stelo avvolto in pelle, Charles è un corpo illuminante che non passa inosservato. Frutto di processi di realizzazione manuale capaci di preservare originalità e passione artigianale, dove l’imperfezione diventa fonte di bellezza e di pregio, è coerente con il repertorio stilistico di Italamp. Disponibile in 4 diverse dimensioni. Nell’immagine, Charles illumina i mobili dell’azienda di furniture Nino Galimberti.

www.italamp.com

CASTALDI USEPARTOUT. Ispirato ai nuovi linguaggi architetturali contemporanei, Usepartout – design by Joerg Krewinkel – unisce l’idea di cornice passpartout alla massima flessibilità. Vero oggetto multifunzionale, connubio di design e tecnologia grazie alle sorgenti Sled (sistema modulare Led brevettato da Castaldi), Usepartout è stato pensato per dare ad architetti, interior e lighting designer uno strumento per mettere in scena, valorizzare e dare anima ai loro progetti grazie alla luce.

www.castaldilighting.it www.pentalightgroup.it

L&L LUCE&LIGHT CAMEO. Il nome si ispira al concetto di breve apparizione di personaggi famosi nei film, concetto sinonimo di mettere in luce e valorizzare. Questo significato è chiaramente rappresentato dalle caratteristiche di Cameo, la nuova linea di incassi downlight pensati per controsoffitti o nicchie in cartongesso con ottiche fisse, ottiche orientabili ±20° o zoom ottico manuale abbinato alle ottiche orientabili ±20°. Nelle versioni orientabili il corpo ottico può ruotare fino a 360°, per ottenere puntamenti di precisione mediante il controllo dell’emissione luminosa. Disponibile nelle finiture nero, bianco o con finitura Ral su richiesta.

www.lucelight.it

EXENIA 48REVO. Il nuovo sistema 48Revo di Exenia, Lumenpulse Group, annovera infinite possibilità di configurazioni dirette e indirette, simmetriche e asimmetriche, sorgenti lineari e d’accento. Le prestazioni museali delle nuovissime ottiche Dark con fattore ugr<10, la sicurezza del risultato illuminotecnico, gli alti livelli di resa cromatica si legano alla semplicità di composizione e installazione. Gli accessori brevettati per la sovrapposizione rapida e traslabile dei binari consentono grande libertà compositiva di ramificazioni e angolazioni, rendendo ogni progetto facilmente disegnabile sullo specifico spazio, senza vincoli formali e tecnici.

www.exenia.eu

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FORNASARIG WOLFGANG LOUNGE HIGH BACK. Ultima nata in casa Fornasarig, unica azienda italiana a produrre sedute e complementi esclusivamente per il settore contract, la Wolfgang lounge High Back completa la collezione Wolfgang, design Luca Nichetto. L’ampio schienale, il molleggio del sedile ottenuto con cinghie elastiche e l’imbottitura in poliuretano a densità variabile rendono la poltrona molto confortevole. Verniciatura a basso impatto ambientale. Il colore del legno può essere scelto dalla cartella tinte. Finiture speciali su richiesta.

www.fornasarig.it

WALLPEPPER/GROUP AMBIENTE. Le grafiche sorprendenti di questa collezione evocano le meraviglie della natura, per vivere un emozionante e rilassante viaggio con l’immaginazione. Molto più di semplici superfici decorative, le carte da parati WallPepper/Group, completamente made in Italy, sono realizzate con materiali naturali, eco-compatibili privi di Pvc. L’azienda ha inoltre formulato un protettivo dalle proprietà antibatteriche: Wallsilk, un formulato con azione di antiproliferazione batterica da applicare sulla carta da parati già posata. Ha un’ottima resistenza all’abrasione, è idrorepellente con una buona sopportazione ai solventi e conserva un aspetto opaco della superficie.

www.wallpepper.com

B–LINE BOOMERANG. Fa parte della collezione permanente del MoMA di New York la celebre poltrona Boomerang, il cui nome deriva dalla forma inconfondibile dei due profili laterali, disegnata da Rodolfo Bonetto nel 1968, ora prodotta da B—Line. La poltrona è costituita da un unico elemento imbottito in poliuretano espanso rivestito in tessuto le cui pieghe sono lavorate a mano. Affiancando tra loro più elementi diventa un divano modulare. È inoltre dotata di una tasca piatta posteriore che funge da portariviste.

www.b-line.it

ARPER KIIK. La collezione modulare di sedute, tavolini, pouf e console, design Ichiro Iwasaki, è pensata per punti vendita e showroom, sale d’attesa, campus universitari, spazi di lavoro e aree di incontro e condivisione. Le sedute con e senza schienale e i tavolini in differenti forme, dimensioni e rivestimenti sono progettati per accostarsi in molteplici configurazioni. Completano la collezione un pouf e una console in tre diverse altezze.

www.arper.com foto @Marco Covi

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elements_retail KVADRAT REFLECT, RELATE, LUMO. I nuovi tessuti disegnati da Patricia Urquiola giocano con i colori, la luce e la tattilità e sono caratterizzati da un sottile senso di movimento e da una profonda vivacità del colore. Reflect e Relate sono tessuti per tappezzeria. Il primo è caratterizzato da una fitta trama diagonale che unisce due diversi filati monocolore. Il secondo, in poliestere riciclato, ha un tocco tattile e morbido. Lumo è una tenda con intreccio twill che ricorda un tessuto da rivestimento in lana, adatta per interni ed esterni.

www.kvadrat.dk/en

LIVING DIVANI SUMO. Il nuovo divano lenticolare, design Piero Lissoni, che infonde dinamismo, carattere ed energia allo spazio con la sua silhouette slanciata e fluida. La forma affusolata del telaio, concavo e rialzato su piedini metallici, si contrappone all’ampia parte imbottita. Il rivestimento, in tessuto o pelle, è interamente sfoderabile tramite cerniere e velcro a strappo. L’intera collezione è declinata a divano, disponibile in due misure, e dormeuse: entrambi sono abbinabili a tavolini terminali accessori in legno o diverse tipologie di marmo.

www.livingdivani.it

foto ©Andrea Garuti

PEDRALI NYM SOFT. Semplice e raffinata, design CMP Design, riprende i profili delle sedute dell’omonima collezione, sottolineandone ed esaltandone l’idea di comfort e accoglienza. Ne risulta una seduta dalle forme organiche, senza tempo. L’imbottitura in schiumato poliuretanico a densità differenziale garantisce adattabilità e sostegno. Disponibile con gambe in massello di frassino, slitta in tondino d’acciaio o con base girevole con meccanismo di ritorno. Gli elementi in legno provengono da foreste certificate e l’utilizzo di vernici all’acqua composte per lo più da resine di derivazione vegetale esprimono l’attenzione e l’impegno dell’azienda nei confronti della sostenibilità ambientale.

www.pedrali.it

PIXIE PURA ESSENZA. L’innovativo rivestimento a basso spessore applicabile, anche in ambienti umidi, su ogni superficie interna – sia verticale, sia orizzontale – è disponibile nell’intera gamma di rivestimenti creativi presenti sul catalogo dall’azienda emiliana. Oltre a disporre di una tecnologia antibatterica integrata agli ioni di argento, Pura essenza rilascia un gradevole profumo in maniera immediata, continua e graduale. La profumazione mantiene un buon grado di intensità fino a circa tre mesi dalla posa. Trascorso tale periodo è possibile ripristinarne l’intensità e cambiarne la fragranza, con la cera protettiva profumata che ha anche la funzione di pulire e proteggere il rivestimento.

www.pixieonweb.com

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TRUEDESIGN SHO. Il sistema, design Favaretto & Partners, è composto da una poltrona, un divano a due o tre posti, un pouf e una chaise lounge. Tutti gli elementi sono disponibili in due versioni: con schienale basso per ambienti contract e living, schienale alto per una maggiore privacy e quindi adatto agli ambienti di lavoro. Possono anche essere combinati tra loro e resi ancora più funzionali con accessori integrabili, come prese elettriche e piani di lavoro. La struttura interna è in legno, la seduta con fasce elastiche con imbottitura in schiuma flessibile a densità variabile, i piedini sono in polipropilene.

www.truedesign.it

DOOOR Lo showroom milanese dell’industria tessile Torri Lana ospita una nuova creazione di Dooor, azienda che raccoglie un’esperienza pluridecennale nella produzione di porte tessili, ampliandone l’orizzonte estetico grazie a nuove tecniche di stampa e all’impiego di materiali tecnologici. Ispirata all’archivio di Gianfranco Frattini, la trama utilizzata per la porta tessile impreziosita dalla cura artigianale di Torri Lana è reinterpretata dalla figlia del designer, Emanuela Frattini Magnusson. Nel dettaglio, la chiusura della porta è a calamita senza profilo di battuta, con apertura bilaterale e maniglia colore nero opaco.

www.dooor.it

TARKETT ID CLICK ULTIMATE. La collezione di pavimenti Lvt rigidi con la sua innovativa struttura Rcc (Rigid Composite Core) garantisce la massima stabilità dimensionale e rende la superficie estremamente resistente ad acqua, freddo e calore e in grado di sopportare traffico elevato e pesanti carichi statici e dinamici. Con la goffratura a registro Plus Effect, iD Click Ultimate riesce a replicare le naturali essenze del legno e della pietra. Per conferire alla superficie un aspetto ancora più realistico alcuni design della collezione presentano doghe con una differenza di tonalità particolarmente marcata.

www.tarkett.it

IDEAL WORK MICROTOPPING. Nella gioielleria MF Fine Jewelry di Anversa, progettata dall’interior designer belga Britt Van Namen, è stato utilizzato il microcemento Microtopping per rivestire tutte le superfici in orizzontale e in verticale, creando continuità visiva senza interruzioni. Il microcemento permette di rinnovare superfici esistenti su differenti supporti senza necessità di rimuoverle. Resistente alle sollecitazioni climatiche e all’usura, Microtopping, essendo una superficie continua, senza fughe, è molto facile e veloce da pulire e mantenere nel tempo.

www.idealwork.it

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GRUPPO BONOMI PATTINI VIROC è un pannello in materiale composito costituito da una miscela di particelle di legno e cemento. Ha un aspetto non omogeneo, caratteristica naturale del prodotto, ed è disponibile in diversi colori. Può essere utilizzato sia per interni sia per esterni, per pavimenti, pareti, decorazioni, coperture, soffitti e facciate. Viroc è distribuito dal Gruppo Bonomi Pattini, specializzato nella distribuzione di materiali innovativi per l’arredamento e l’architettura.

www.gruppobonomipattini.com

IPM ITALIA IPM CULT è il sistema decorativo spatolato in resina pensato per esercizi commerciali, residenze o sale espositive. Concepito per pavimenti, può essere applicato anche in verticale su pareti, arredamento in muratura e scale. È il caso del recente progetto realizzato in collaborazione con Mair per il negozio di abbigliamento Tschurtschenthaler, all’interno di un palazzo storico nel centro di Brunico (Bolzano). Come tutti i rivestimenti IPM Italia, anche IPM Cult è a base di materiali eco-friendly e garantisce massima resistenza all’usura, al calpestio e all’abrasione.

www.ipmitalia.it

LIUNI PALETTONE PUR. Il pavimento vinilico ad alta resistenza è studiato per spazi commerciali, strutture per l’istruzione, aree per il tempo libero e in generale per ambienti interni ad alto tasso di frequentazione. Caratterizzato da una base di colore solido con riflessi tonali, Palettone PUR è disponibile in 50 colori, dai neutri pallidi fino alle tonalità più intense. Ogni colore ha il suo numero Ncs di riferimento come guida, per esplorare e creare schemi su misura a supporto del progetto. È disponibile in teli 2x20 metri o in piastre 60,8x60,8 centimetri. foto ©Arnold Brunner

www.liuni.com

PLANIUM SILVER + ECLIPSE. Di forte impatto visivo e dall’indiscutibile carattere sono le superfici che giocano con diverse geometrie e con il contrasto di colori. Le lastre di metalli esclusivi e riciclabili vengono installate a rivestimento o a pavimento con pose totalmente a secco, ecosostenibili e reversibili. Nell’immagine le collezioni Silver e Eclipse. L’acciaio satinato e spazzolato utilizzato per il pavimento è adatto a rivestire tutte le superfici da mantenere costantemente pulite e igienizzate. Le tonalità scure e screziate della calamina si amalgamano al tono cangiante e dorato dell’ottone, entrambi utilizzati sulla parete.

www.planium.it www.terenzigroup.it

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GARBELOTTO SILVER DEFENCE. Per garantire sempre più sicurezza e igiene in tutti gli ambienti interni, Parchettificio Garbelotto ha deciso di utilizzare la nuova vernice Silver Defence ad azione antibatterica su tutte le linee, compreso il sistema brevettato Clip Up System, senza costi aggiuntivi. Grazie alla miscelatura con la finitura ad acqua, le caratteristiche igienizzanti di Silver Defence mantengono la loro efficacia per sempre, fino al momento della rilamatura del parquet, rispettando le caratteristiche dei pavimenti in legno Garbelotto.

www.garbelotto.it

WOODCO DREAM. Con 5 diverse essenze – noce, iroko, teak, doussié, rovere, nella foto – 35 colorazioni, una ricca selezione di formati e geometrie (tavole, listoncini e spine) e la possibilità di optare tra quattro diverse scelte del legno (dalla più uniforme a quella più irregolare), Dream offre ampie possibilità di personalizzazione. Tutti i parquet della collezione sono inoltre completamente atossici e sicuri, grazie alle vernici prive di solventi e alle finiture con olio-cera. La salubrità di tutti i prodotti è certificata da laboratori italiani accreditati, per pavimenti in grado di garantire i più elevati standard di benessere.

www.woodco.it

CADORIN GROUP ROVERE ANTICO. Per un negozio d’abbigliamento di Conegliano, l’architetto Francesco Dal Col ha scelto un legno antico reinterpretato in chiave moderna: un parquet in Rovere recuperato da vecchie travature di casali, poi lavorato in listoni a tre strati. Cadorin cura ogni tavola di legno antico in maniera artigianale: ogni pezzo viene pulito, recuperato e ritagliato, vengono sistemati crepe e nodi per conservare il risalto delle tonalità del legno, delle venature e dei contrasti di toni che caratterizzano il Rovere antico.

www.cadoringroup.it

FIEMME TREMILA RESPIRO. Fa parte della collezione Boschi di Fiemme di Fiemme Tremila, il pavimento in rovere verace e massiccio nell’essenza Respiro. Ingentilito da una tenue sbiancatura e disponibile senza nodi, variegato o nodoso, è stato scelto per lo showroom all’interno della sede di La Sportiva a Ziano di Fiemme destinato a esposizione e meeting room, all’accoglienza e a un museo di prodotto. Selezionato per le sue caratteristiche meccaniche e la colorazione neutra, Respiro è qui usato anche per il rivestimento interno dei box espositivi che mettono in mostra le calzature dell’azienda trentina dagli anni Venti ai giorni nostri.

www.fiemmetremila.it

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