2 minute read

Joe Colombo, un visionario concreto

Andandosene troppo presto non poteva immaginare il futuro un po’ distopico del cambiamento climatico: quello di Joe Colombo (1930-1971) era ancora il futuro ottimistico della Città Nucleare, con le residenze sopra e le automobili, i servizi e i magazzini sottoterra, ma se fosse rimasto un altro po’ forse le Edicole Televisive che aveva installato alla Triennale di Milano nel 1954 sarebbero diventate i touchscreen inventati invece da qualcun altro, in quell’accelerazione dell’innovazione prodotta dalla globalizzazione dei mercati e della finanza inimmaginabile negli anni Sessanta. Fino al 14 settembre con la mostra “Caro Joe Colombo, ci hai insegnato il futuro” la Galleria d’Arte Moderna di Milano ricorda il profeta del design – come lo definì Stefano Casciani. La mostra, a cura dell’architetto Ignazia Favata, dal 1968 storica collaboratrice dello studio, ripercorre l’intero percorso professionale e di sperimentazione dell’architetto e designer milanese, con gli oggetti prodotti tra gli altri per B-Line, Kartell, Bonacina, Longhi, Olivari, le lampade di Oluce e Stilnovo e immagini, disegni e ricostruzioni degli arredi del jazz club Santa Tecla (con Enrico Baj e Sergio Dangelo), del controsoffitto in metacrilato dell’albergo Continental a Platamona che gli valse un premio In/Arch nel 1964, del Sistema Programmabile per Abitare e dei suoi Habitat Futuribili. Tra i numerosi premi, Joe Colombo vinse anche due Compasso d’Oro, per la lampada Spider prodotta da Oluce (1965) e per il Candyzionatore della Candy nel 1970. La mostra della Gam è organizzata con il sostegno dei partner B-Line, Bonacina 1889, Oluce, Trep+ e il contributo dei partner tecnici Fantoni e Stilnovo (Linea Light Group).

«Il designer non disegnerà più solo con la matita, ma creerà con la collaborazione di tecnici, scienziati, professori e dottori e, in un futuro abbastanza immediato, con un cervello elettronico»

Joe Colombo

FORMAFANTASMA NELLA DRAGON ROCK

Fino al 14 novembre Formafantasma (Andrea Trimarchi e Simone Farresin) si confronta con l’architettura modernista della casa-studio del designer americano Russel Wright (1904-1976) a Garrison (New York). Promossa da Magazzino Italian Art, il centro museale e di ricerca di Cold Spring diretto da Vittorio Calabrese in collaborazione con Manitoga/The Russel Wright Design Center, l’installazione site specific di Trimarchi e Faresin sottolinea la natura parallela delle pratiche di Formafantasma e di Russel Wright: ognuno lavora intuitivamente con l’ambiente circostante per produrre sinergie senza soluzione di continuità. Nel processo curatoriale la selezione dei lavori – circa 20 pezzi scelti tra i primi lavori dello studio – ha tenuto in

Photo by Michael Biondo. Courtesy of Manitoga / Michael Biondo Photography

considerazione le narrazioni preesistenti a Manitoga: la casa, il paesaggio e la pratica personale del designer americano, portando alla luce un fruttuoso riconoscimento dell’architettura all’interno del lavoro di Formafantasma e permettendo a Trimarchi e Farresin di trattare la casa non solo in quanto spazio espositivo ma bensì di introdurvi gli oggetti in accordo con l’ambiente. «Anche se quasi un secolo li separa, sia il lavoro di Wright che quello di Formafantasma affrontano le problematiche ambientali – ha commentato Allison Cross, executive director di Manitoga – chiedendosi se il design può essere custode della natura e del nostro futuro».