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AL Mensile di informazione degli Architetti Lombardi numero 11 Novembre 2002

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Direttore Responsabile: Stefano Castiglioni Direttore: Maurizio Carones Comitato editoriale: Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti Redazione: Igor Maglica (caporedattore) Roberta Castiglioni, Martina Landsberger Segreteria: Augusta Campo Direzione e Redazione: via Solferino, 19 - 20121 Milano tel. 0229002165 - Fax 0263618903 e-mail Redazione: redazione.al@flashnet.it Progetto grafico: Gregorietti Associati Servizio Editoriale e Stampa: Alberto Greco Editore srl viale Carlo Espinasse 141, 20156 Milano tel. 02 300391 r.a. - fax 02 30039300 e-mail: age@gruppodg.com Fotolito Marf-Progetto Fotolito, Milano Stampa Diffusioni Grafiche, Villanova Monf.to (AL) Rivista mensile: Spedizione in a.p.- 45% art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Milano. Autorizzazione Tribunale Civile n° 27 del 20.1.71 Distribuzione a livello nazionale La rivista viene spedita gratuitamente a tutti gli architetti iscritti agli Albi della Lombardia che aderiscono alla Consulta Tiratura: 22.150 copie In copertina: Pieter Brueghel il Vecchio, La Torre di Babele. Errata corrige: La località della Casa Albergo per anziani pubblicata nel numero scorso a pag. 55 è Inveruno e non Sesto San Giovanni. Gli articoli pubblicati esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti né la redazione di AL

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Forum Concorsi: dai risultati all’attuazione interventi di Emilio Battisti, Mauro Galantino, Daniela Gasparini, Marilia Vesco, Anna Maria Pozzo

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Bergamo Brescia Como Cremona Lecco Lodi Milano Sondrio Varese

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Argomenti

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Concorsi

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Professione e aggiornamento Legislazione Organizzazione professionale Strumenti

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Informazione Dagli Ordini Stampa Libri, riviste e media Mostre e Seminari

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Itinerari

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Indici e tassi

Sommario

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Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti, tel. 02 29002174 consulta.al@flashnet.it www.consultalombardia.archiworld.it Presidente: Stefano Castiglioni; Vice Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Giuseppe Rossi; Segretario: Carlo Varoli; Tesoriere: Umberto Baratto; Consiglieri: Achille Bonardi, Marco Bosi, Franco Butti, Sergio Cavalieri, Simone Cola, Ferruccio Favaron Ordine di Bergamo, tel. 035 219705 http://www.bg.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibergamo@archiworld.it Informazioni utenti: infobergamo@archiworld.it Presidente: Achille Bonardi; Vice Presidente: Paola Frigeni; Segretario: Italo Scaravaggi; Tesoriere: Fernando De Francesco; Consiglieri: Barbara Asperti, Giovanni N. Cividini, Antonio Cortinovis, Silvano Martinelli, Roberto Sacchi (Termine del mandato: 18.3.03) Ordine di Brescia, tel. 030 3751883 http://www.bs.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettibrescia@archiworld.it Informazioni utenti: infobrescia@archiworld.it Presidente: Paolo Ventura; Vice Presidente: Roberto Nalli; Segretario: Gianfranco Camadini; Tesoriere: Luigi Scanzi; Consiglieri: Umberto Baratto, Gaetano Bertolazzi, Laura Dalé, Guido Dallamano, Paola E. Faroni, Franco Maffeis, Daniela Marini, Mario Mento, Aurelio Micheli, Claudio Nodari, Patrizia Scamoni (Termine del mandato: 2.10.02) Ordine di Como, tel. 031 269800 http://www.co.archiworld.it Presidenza e segreteria: architetticomo@archiworld.it Informazioni utenti: infocomo@archiworld.it Presidente: Franco Butti; Vice Presidente: Gianfranco Bellesini; Segretario: Franco Andreu; Tesoriere: Gianfranco Bellesini; Consiglieri: Marco Brambilla, Giovanni Cavalleri, Gianfredo Mazzotta, Marco Ortalli, Michele Pierpaoli, Corrado Tagliabue (Termine del mandato: 13.6.03) Ordine di Cremona, tel. 0372 535411 http://www.architetticr.it Presidenza e segreteria: segreteria@architetticr.it Presidente: Emiliano Campari; Vice Presidente: Carlo Varoli; Segretario: Massimo Masotti; Tesoriere: Federico Pesadori; Consiglieri: Edoardo Casadei, Luigi Fabbri, Federica Fappani (Termine del mandato: 1.8.03) Ordine di Lecco, tel. 0341 287130 http://www.lc.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilecco@archiworld.it Informazioni utenti: infolecco@archiworld. Presidente: Ferruccio Favaron; Vice Presidente: Elio Mauri; Segretario: Arnaldo Rosini; Tesoriere: Alfredo Combi; Consiglieri: Davide Bergna, Carmen Carabus, Massimo Dell’Oro, Gerolamo Ferrario, Massimo Mazzoleni (Termine del mandato: 15.2.03) Ordine di Lodi, tel. 0371 430643 http://www.lo.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettilodi@archiworld.it Informazioni utenti: infolodi@archiworld.it Presidente: Vincenzo Puglielli; Segretario: Paolo Camera; Tesoriere: Cesare Senzalari; Consiglieri: Samuele Arrighi, Patrizia A. Legnani, Erminio A. Muzzi, Giuseppe Rossi (Termine del mandato: 10.7.03) Ordine di Mantova, tel. 0376 328087 http://www.mn.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettimantova@archiworld.it Informazioni utenti: infomantova@archiworld.it Presidente: Sergio Cavalieri; Segretario: Manuela Novellini; Tesoriere: Michele Annaloro; Consiglieri: Francesco Cappa, Cristiano Guarnieri, Paolo Tacci, Manolo Terranova (Termine del mandato: 25.5.03) Ordine di Milano, tel. 02 625341 http://www.ordinearchitetti.mi.it Presidenza: consiglio@ordinearchitetti.mi.it Informazioni utenti: segreteria@ordinearchitetti.mi.it Presidente: Daniela Volpi; Vice Presidente: Ugo Rivolta; Segretario: Valeria Bottelli; Tesoriere: Annalisa Scandroglio; Consiglieri: Giulio Barazzetta, Maurizio Carones, Arturo Cecchini, Valeria Cosmelli, Adalberto Del Bo, Marco Engel, Marco Ferreri, Jacopo Gardella, Emilio Pizzi, Franco Raggi, Luca Ranza (Termine del mandato: 15.10.01) Ordine di Pavia, tel 0382 27287 http://www.pv.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettipavia@archiworld.it Informazioni utenti: infopavia@archiworld.it Presidente: Marco Bosi; Vice Presidente: Lorenzo Agnes; Segretario: Quintino G. Cerutti; Tesoriere: Aldo Lorini; Consiglieri: Anna Brizzi, Gianni M. Colosetti, Maura Lenti, Paolo Marchesi, Giorgio Tognon (Termine del mandato: 2.10.03) Ordine di Sondrio, tel. 0342 514864 http://www.so.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettisondrio@archiworld.it Informazioni utenti: infosondrio@archiworld.it Presidente: Simone Cola; Segretario: Fabio Della Torre; Tesoriere: Giuseppe Sgrò; Consiglieri: Giampiero Fascendini, Giuseppe Galimberti, Francesco Lazzari, Giovanni Vanoi (Termine del mandato: 19.2.03) Ordine di Varese, tel. 0332 812601 http://www.va.archiworld.it Presidenza e segreteria: architettivarese@archiworld.it Informazioni utenti: infovarese@archiworld.it Presidente: Riccardo Papa; Segretario: Emanuele Brazzelli; Tesoriere: Gabriele Filippini; Vice Presidente: Enrico Bertè, Antonio Bistoletti, Minoli Pietro; Consiglieri: Claudio Baracca, Maria Chiara Bianchi, Claudio Castiglioni, Stefano Castiglioni, Orazio Cavallo, Giovanni B. Gallazzi, Laura Gianetti, Matteo Sacchetti, Giuseppe Speroni (Termine del mandato: 3.7.03)


Maurizio Carones

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Da qualche anno parlare di concorsi di architettura non è più considerato una stravaganza. C’è una legislazione nazionale, in accordo con quella europea, che individua il concorso come procedura consueta per la progettazione dell’opera pubblica e, a volte, anche committenti privati, per diverse ragioni, ricorrono a questo strumento. Gli Ordini degli architetti in questo periodo si sono costantemente impegnati nel sostenere la validità del concorso, talvolta anche impegnandosi direttamente nel promuoverlo, nel difenderlo come strumento di partecipazione della società civile alle scelte architettoniche. Con “ AL” cerchiamo di seguire con attenzione tali vicende, per esempio con la rubrica che ogni mese pubblica i risultati dei concorsi in Lombardia, oppure con i Forum che abbiamo dedicato al tema. Con questo numero ritorniamo sull’argomento affrontando un ulteriore aspetto che crediamo debba riguardare in particolare modo le istituzioni che rappresentano gli architetti: quello della verifica dell’attuazione dei risultati dei concorsi. Dando infatti per diffusa e consolidata – con una buona dose di ottimismo – la cultura del concorso, è conseguente interessarsi con costanza alle vicende che seguono l’effettuazione dei concorsi e promuovere una discussione su come ad essi non sempre segua la realizzazione del progetto vincitore. A questo proposito, dopo alcuni autorevoli interventi del Forum, pubblichiamo qui alcune tabelle elaborate dalle diverse redazioni locali sui concorsi svolti negli ultimi anni nelle province lombarde: è solamente una prima analisi di dati che consente però di riconoscere come non sempre la realizzazione dei risultati dei concorsi avvenga come naturale esito della chiusura della fase concorsuale. La questione è articolata e riguarda innanzitutto la stesura dei programmi concorsuali che non sempre hanno una adeguata elaborazione architettonica, diversamente da quanto avviene in altri paesi dove anche in quella fase è sempre già presente un preciso contributo disciplinare. Gli aspetti procedurali, inoltre, pongono interessanti questioni circa la fine del progetto come fatto unitario e su come le procedure siano rappresentazione di tale frammentazione del procedimento progettuale, spesso non consentendo di pensare ad una sua evoluzione lineare, dal concorso di idee alla esecuzione dell’opera. Vi è poi una discussione che potrebbe riguardare i modi in cui gli enti banditori sanno “ ottimizzare” i risultati dei concorsi, riconoscendo il valore del lavoro svolto dai concorrenti quale, in senso generale, utile contributo alla conoscenza del tema proposto. Ciò richiederebbe – cosa che alcuni enti fanno in maniera esemplare – la valorizzazione dei progetti di concorso attraverso mostre, cataloghi, pubblicazioni e iniziative adeguate. Tutto ciò, evidentemente, non per appesantire la prassi del concorso quanto piuttosto per cercare di riflettere sui modi di considerare il concorso, attraverso la sua completa realizzazione, quale strumento di progresso per la reale cultura del territorio e della città, risorsa e non pesante vincolo imposto dalle normative.


Concorsi: dai risultati all’attuazione

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Il Forum di questo numero, dedicato al tema della realizzazione dei concorsi di architettura – argomento che riteniamo estremamente importante per la nostra professione – illustra alcuni “ casi esemplari” di esperienze concorsuali. Non abbiamo voluto affrontare solo esperienze negative, “ le occasioni perdute” , anche se la situazione appare a volte critica – la stessa Merloni, nel suo stabilire i diversi gradi dei concorsi e dei progetti, ha contribuito a intaccare la consequenzialità diretta che vorrebbe, quale esito pratico del concorso, la realizzazione dell’opera – ma anche quelli che hanno avuto, sia pure con molte difficoltà, degli esiti positivi. Emilio Battisti, in veste di progettista e vincitore ex-aequo del concorso per la sistemazione delle colonne di San Lorenzo a Milano, illustra la sua travagliata esperienza a proposito della realizzazione finale; Mauro Galantino, vincitore di un concorso non realizzato, quello di Oleggio per il nuovo asilo, descrive l’esperienza in cui è incorso in seguito al cambiamento dell’Amministrazione e all’improvviso “ non bisogno” del progetto; Daniela Gasparini, sindaco di Cinisello Balsamo, illustra la vicenda del progetto di Dominique Perrault, vincitore del concorso di piazza Gramsci nel suo Comune, che, anche se con qualche difficoltà iniziale, sta volgendo a buon termine; infine, Marilia Vesco, segretario di Europan Italia e Anna Maria Pozzo dell’Aniacap, in quanto dirigenti di due importanti organismi italiani che si occupano della pratica e della realizzazione dei concorsi, illustrano il loro punto di vista. Sperando di far nascere un’interessante discussione su un tema di grande attualità, ringraziamo tutti i partecipanti per i loro interventi al Forum, che prosegue con una ricca ed esauriente ricognizione sul territorio provinciale curata dei singoli redattori locali di AL.

San Lorenzo: un intervento dimezzato di Emilio Battisti Nel 1986 il Comune di Milano bandì il concorso nazionale in due gradi per la sistemazione delle aree e del tessuto edilizio presso la Basilica di San Lorenzo. Il primo grado si concluse con la selezione dei cinque gruppi di Marco Bacigalupo, Emilio Battisti, Ugo La Pietra, Roberto Menghi e Silvano Tintori. Il secondo grado di concorso, che si tenne l’anno seguente, non portò alla designazione di un unico vincitore in quanto la giuria, incapace di esprimersi all’unanimità, si risolse con un verdetto di pari merito tra il mio gruppo formato anche da Paolo Bulli, Gianfranco Dallerba, Pietro Gelmini, Carlo Malnati e quello di Silvano Tintori (capogruppo) con Franco Aprà, Maurizio Calzavara, Mariagrazia Pozzi. Né l’amministrazione che aveva bandito il concorso né le due successive si risolsero ad assumere alcuna decisione in conseguenza del concorso. Dieci anni dopo, la prima amministrazione Albertini, e in particolare l’assessore all’urbanistica Lupi, decise finalmente di asse-

gnare al mio gruppo e a quello di Silvano Tintori l’incarico per la redazione del Piano Particolareggiato, la progettazione degli spazi pubblici e degli edifici di proprietà comunale. Va osservato che il Comune ci conferì formalmente un incarico di consulenza, per quanto l’entità e la qualità delle prestazioni richieste si configurasse come integrale assolvimento dei compiti relativi. Inoltre l’area urbana da progettare, che originariamente si estendeva all’intero isolato compreso tra via Mora, via De Amicis e piazza Vetra, fu drasticamente ridimensionata. Per quanto condizionato dalle problematiche di densità e di standard di una normativa urbanistica ancora molto restrittiva, il Piano tentò di ricucire una situazione urbana del tutto incoerente, storicamente funestata dal susseguirsi di interventi urbanistici parziali e incompiuti a partire dal piano Beruto, attraverso quello Pavia-Masera e Albertini, con le demolizioni degli anni Venti e Trenta, fino al piano di ricostruzione del 1949 e a quello del 1953. Inoltre il progetto ha affrontato finalmente la questione del tracciato tramviario che tagliava in due il sagrato delle Basilica, dove era stato “ provvisoriamente” spostato fin dagli anni Cinquanta per consentire il consolidamento delle Colonne. Partendo dal presupposto che dall’area dell’intervento potesse essere rimossa la circolazione veicolare fatta eccezione per i mezzi pubblici, si è individuata una trama di percorsi pedonali che consentisse di recuperare quel poco che ancora restava dei terraggi, strade di servizio al Naviglio, corrispondenti ai tracciati monchi e interrotti di via dei Fabbri e via Pioppette. Il Piano disponeva anche la ricostruzione della cortina edilizia, oggi interrotta, del grande isolato antistante la Basilica, per ridare giusto calibro e continuità al corso di Porta Ticinese. Ritagliava, inoltre, all’interno di questo isolato, uno spazio pubblico in parte protetto da una volta vetrata per offrire ai bambini, anche con il clima inclemente di Milano, un luogo adeguato per i giochi all’aperto. Con modeste integrazioni volumetriche, il Piano si proponeva di recuperare uno scenario urbano, oggi deturpato dalle facciate cieche che prospettano sia su corso di Porta Ticinese che su piazza Vetra, attraverso interventi di completamento della cortina edilizia interrotta lungo via dei Fabbri, via De Amicis e via Mulino delle Armi. Veniva, inoltre, affrontato il problema dei necessari posti macchina pubblici e per i residenti, prevedendo un parcheggio interrato accessibile da via dei Fabbri. Nel vuoto compreso tra il sagrato e la porta medievale, pesantemente rimaneggiata da Camillo Boito, è stata, infine, ricavata una nuova “ piazza laica” per cercare di salvaguardare il sagrato da usi profani. Gli spazi pubblici sono stati tutti progettati perseguendo una ambientazione consona al particolare valore storico del luogo, giustapponendo i materiali di pavimentazione della tradizione locale (granito, serizzo, acciottolato) e ricorrendo a pochi complementi, lampioni e sedute, molto semplici. Lo studio del Piano Particolareggiato, condotto contestualmente alla progettazione degli spazi pubblici, degli edifici pubblici e, seppure con minore approfondimento, anche di quelli privati, ci aveva consentito di ottenere un progetto d’insieme integrato, un esempio significativo di ciò che per-


Canaletto, Capriccio con edifici palladiani.

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sonalmente ritengo dovrebbe essere la progettazione architettonica a scala urbana. Questo fatto avrebbe dovuto consentire al Comune di Milano di approvare il Piano Particolareggiato e dare corso agli interventi tempestivamente e compiutamente. Purtroppo, a più di tre lustri dal concorso e più di quattro anni dal termine del nostro lavoro, il Piano non è stato ancora adottato, e ciò ha dato modo ai privati che ne temevano l’effetto, di fare interventi che ne hanno definitivamente compromesso l’efficacia. Nel frattempo, si sono eseguiti alcuni lavori irrilevanti sul piano urbanistico e che potevano, quindi, essere attuati a prescindere dal Piano Particolareggiato: la pavimentazione degli spazi pubblici e il recupero conservativo di un edificio di proprietà comunale prospettante su via De Amicis. Purtroppo, questi interventi parziali e sporadici non sono stati sufficienti a risolvere compiutamente la situazione di grave degrado in cui versa una delle zone di maggior interesse storico-monumentale di Milano.

Un concorso “accantonato” per il nuovo asilo di Oleggio di Mauro Galantino Recentemente è stata bandita una procedura per affidamento d’incarico relativo al nuovo asilo di Oleggio, me n’è giunta notizia dopo la gara.

Procedura Merloni su curriculum e offerta, nessuna pubblicità, pochissime domande. La cosa più sorprendente è la scelta dell’Amministrazione attuale di affidare l’incarico per un progetto del quale è stato assegnato un primo premio dopo lo svolgimento di un concorso nazionale, senza attingere al lavoro svolto, giudicato e “ compensato” , senza servirsi, non dico del vincitore, ma del secondo o terzo classificato. Sorpendente anche la scelta di azzerare la procedura concorsuale innescandone un’altra, nuova e senza il progetto svolto come base di giudizio. È vero che nel frattempo l’area è stata cambiata, ma ciò che mi diverte è il percorso politico seguito per arrivare alla decisione finale. Avevo vinto il concorso di progettazione insieme a Marco Mazzucchelli tre anni addietro, con un progetto a cui tenevo particolarmente. Un concorso nazionale, con un’ottantina di partecipanti su un terreno eccezionale posto al crocevia di una strada di salita alla città (Oleggio per chi non la conosca è posta su un “ piatto” geologico, un altopiano che digrada bruscamente) e una stradina di circonvallazione ai piedi del rilevato. La presenza nell’area di pozzi, usata strumentalmente dall’opposizione (oggi al governo) era facilmente aggirabile e il nostro progetto, ponendo la quota del piano terra con un rilevato di un metro e cinquanta dal suolo avrebbe lasciato tutti i margini di sicurezza per il problema. Ma è noto che la scienza entra nei giudizi politici come l’astronomia sta all’astrologia, e la decisione della “ non utilità


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Richard Buckminster Fuller, Progetto di cupola geodetica sopra la parte centrale di Manhattan.

della costruzione” è stato uno degli argomenti sostenuti da chi ha poi vinto le elezioni. Così, per lavacro sancito dalla maggioranza elettorale, il bisogno di asilo è divenuto un “ non bisogno” , il progetto è stato accantonato, il concorso riposto. Quando Francesco Dal Co mi chiese di pubblicare l’asilo su “ Casabella” , l’amarezza si stemperò parecchio, vedemmo l’idea disegnata accanto ad altri progetti e trovammo che lo sforzo di immaginare un asilo partendo da quattro tipi di spazio esterno, contenuti nell’edificato, con scale diverse e significati legati alle singole funzioni della scuola era proprio una buona idea, capace al tempo di risolvere l’organizzazione didattica e di dare un respiro e una memorabilità alle parti. La speranza era (come sempre) di aggiungere una quota di ottimismo nel ricordo dei piccoli utilizzatori. E sembra che il giudizio di merito sul progetto (giudizio tecnico ed estetico) sia condiviso anche dall’attuale Sindaco, del quale tengo gelosamente copia della lettera che mi ha inviato in risposta ad una mia sollecitazione accompagnata alla copia di “ Casabella” che pubblicava il progetto e che avevo prontamente inviato al primo cittadino. La proposta era commentata come di grande valore architettonico e di interesse tipologico. Amen. Ma si dà il caso che alcune volte l’astrologia fallisca. Così il “ non bisogno” di asilo è miracolosamente tornato ad essere una necessità, come in un film di Spielberg i bambini scomparsi nel lavacro elettorale sono riapparsi e felicemente la nuova Amministrazione si accinge a riconoscere il loro legittimo diritto a frequentare una piccola scuola per grandi speranze future. Ciò che ineluttabilmente resta “ desaparecido” è il mio progetto, o, per essere un pò più di larghe vedute, il nostro concorso (e con questo mi appello a tutti quegli architetti che fanno della competizione concorsuale il canale privilegiato di attività). È possibile? Sembra di sì.

L’esperienza di piazza Gramsci: dal concorso di idee alla realizzazione di Daniela Gasparini

Le Corbusier, La città contemporanea per tre milioni di abitanti.

Cinisello Balsamo è una città di 74 mila abitanti che negli ultimi quindici anni si è tracciata un volto più preciso e certo, stabilizzando la sua identità dopo lo stravolgimento che negli anni Sessanta, a seguito della spinta migratoria, l’aveva trasformata da semplice realtà rurale a città. Oggi Cinisello Balsamo è inserita a pieno titolo nel complesso tessuto metropolitano dell’area milanese e va modificando il suo assetto in senso sempre più moderno e forte, accogliendo numerose aziende internazionali del terziario avanzato. Ma la definizione di questo volto non è ancora completa: i numerosi progetti avviati e l’attenzione per il rinnovamento di opere e strutture ci dice che il percorso non si è concluso, ma che proseguirà ancora con l’obiettivo di fornire ai cittadini non solo un luogo dove abitare, ma un posto “ per” vivere e “ da” vivere. La realizzazione di un nuovo centro culturale, l’apertura del museo della Fotografia contemporanea in villa Ghirlanda Silva e l’arrivo della Metrotramvia non sono un semplice elenco di opere pubbliche da realizzare, bensì un insieme di elementi che cambieranno la fisionomia all’intera città rendendola più adeguata alla sua funzione metropolitana, ma che soprattutto restituiranno dignità a uno spazio centrale, riconfermando la funzione sociale e collettiva nella vita della comunità.


Antonio Sant’Elia, Schizzo della nuova stazione di Milano.

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In questo contesto si inserisce anche il progetto di sistemazione di piazza Gramsci. La piazza – con una superficie di 12.000 mq – si trova in prossimità della settecentesca villa Ghirlanda Silva e del parco; sul suo perimetro sono presenti due edifici storici altrettanto significativi come la chiesa S. Ambrogio e villa Arconati. È la piazza centrale della città, un luogo da sempre riconosciuto come il cuore della vita e delle attività pubbliche, per il ruolo significativo della parrocchia Sant’Ambrogio e la presenza delle attività commerciali che ne fanno un importante luogo di incontro. Ma il suo assetto attuale non è più adeguato. Anziché presentare un disegno semplice, che consente una percezione completa dello spazio, una pavimentazione continua e riconoscibile, con ampi spazi protetti e facilmente accessibili, l’aspetto attuale della piazza si articola in una successione di spazi differenziati per trattamento, accessibilità, percepibilità, dimensioni e destinazione, nei quali la presenza delle auto, in transito o in sosta, prevale su ogni altro utilizzo. Per ridisegnare la piazza l’Amministrazione Comunale lanciò nel 1999 un Concorso di Idee riservato a professionisti residenti nell’Unione Europea. Una soluzione innovativa per cercare nuove idee e proposte che aiutassero a migliorare la qualità del centro storico. La valorizzazione degli edifici storici presenti, il carattere fortemente aggregativo dell’uso della piazza, la disciplina della circolazione e della sosta furono le indicazioni fornite ai partecipanti per la progettazione. La giuria, presieduta dal professor Cesare Stevan, ex Preside della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, si avvalse di membri prestigiosi e altamente qualificati, come l’architetto Gae Aulenti, l’architetto Cino Zucchi, il professor Roberto Camagni: 48 furono i progetti presentati, 3 i premiati. Il primo classificato fu il progetto intitolato “ Antonio Gramsci filosofo” , curato da Dominique Perrault, architetto francese di fama internazionale che ha legato il suo nome a importanti progetti come lo stadio Montigalà a Barcellona, la Grande extension della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo, l’ampliamento del Municipio di Innsbruck ed altri. Per consentire ai cittadini di esprimere il loro parere in merito al progetto vincitore, l’Amministrazione Comunale fece seguire al Concorso di Idee la diffusione di un questionario. Le impressioni suscitate furono varie: chi si espresse a favore e chi lo criticò aspramente. La pedonalizzazione della piazza e la disposizione del verde furono le obiezioni più forti. L’indiscusso prestigio portato dall’architetto Dominique Perrault, la garanzia della sua esperienza, insieme alla condivisione delle scelte progettuali – avvallate da una commissione altamente qualificata – indussero l’Amministrazione ad affidare comunque l’incarico al vincitore del concorso. Prima di raggiungere il traguardo della progettazione definitiva – fase in cui si trova attualmente il progetto di piazza Gramsci – l’Amministrazione comunale si è confrontata con le realtà più importanti che si affacciano sulla piazza, come la Parrocchia e i commercianti, con l’obiettivo di rivisitare il progetto e di apportare modifiche migliorative, più rispondenti alle loro esigenze. Il nuovo volto della piazza si propone di offrire uno spazio centrale aperto, più vivibile e fruibile dai cittadini. Nel concreto tutto ciò si traduce in una serie di interventi che vanno dall’ampliamento della chiesa di Sant’Ambrogio, che è l’edificio più importante, alla creazione di un ampio spazio pedonale, che può ospitare iniziative pubbliche e permettere ai commercianti di estendere la loro attività anche all’esterno, fino alla realizzazione di un’oasi verde per il riposo e il gioco. Il progetto esecutivo verrà approvato entro novembre 2002 mentre i lavori sono programmati per aprile 2003.

Archigram, Walking city.

El Lisitskij, La staffa delle nuvole.


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Étienne Louis Boullée, Projet de cénotaphe pour Newton.

I concorsi di architettura: promesse non mantenute? di Anna Maria Pozzo È difficile parlare di concorsi di architettura in questo momento. Negli anni passati ho creduto e credo ancora oggi in questo strumento come il modo, forse l’unico, per far emergere nuove idee e nuovi architetti di talento, in un panorama come quello italiano quanto mai sclerotizzato ed aduso a scoprire i personaggi che il mondo della nostra cultura sa esprimere solo dopo che questi sono stati “ scoperti” e valorizzati all’estero. Tuttavia devo rendermi conto che forse in Italia non siamo in grado di utilizzarlo. E questo per due motivi: da una parte le difficoltà delle amministrazioni a realizzare i propri progetti e quindi il proliferare delle “ architetture di carta” prima e adesso addirittura “ virtuali” , poiché i concorsi raramente si traducono in realizzazioni; dall’altra le rigidità introdotte dalla legge 109/94 e successive modificazioni, che hanno eccessivamente inquadrato la materia, rendendo quindi i modelli proposti (il concorso di idee, e il concorso di progettazione) adatti solamente ad opere di grande dimensione, ed escludendo le formule più appropriate ad opere di scarsa rilevanza economica e con tempi di progettazione più contenuti. Vengono così esclusi tutti quei concorsi direttamente finalizzati alla realizzazione di un’opera e, per dimensione e livello di complessità, maggiormente adatti a costituire il banco di prova dei giovani progettisti.

Per queste tipologie di opere, fra cui rientra anche il settore di cui mi occupo, l’edilizia residenziale, infatti le amministrazioni vengono indirizzate verso forme di selezione dei progettisti basate su criteri che, a mio parere, tutto garantiscono, ma non certo la qualità progettuale della futura opera che si andrà a realizzare. E ciò grazie ad una tendenza, aperta dalle normative europee, a trasferire tutte le attività professionali all’interno di un tipico sistema aziendale, costituito da un fatturato annuo, dai dipendenti, dai costi di gestione. Anche la professione di architetto quindi viene vista come un fatto commerciale e imprenditoriale, e passano in secondo piano gli obiettivi della qualità progettuale, dell’innovazione, dell’apertura a nuove leve di professionisti. Anzi, il sistema si avvita su se stesso ed invece di favorire le concorrenza crea un meccanismo protezionistico, per cui chi è entrato in un settore vi rimane confinato ed ha difficoltà ad assumere incarichi al di fuori (chi si specializza in edilizia residenziale, chi in musei, chi in infrastrutture, ecc.). Eppure in questo panorama a tinte oscure qualche barlume di speranza è rappresentato da alcune iniziative, troppo poche, che vorrei ricordare, augurandomi che possano continuare. Ovviamente, la prima è rappresentata dai concorsi Europan, ormai alla sesta sessione, che hanno rappresentato per tanti giovani progettisti italiani forse l’unica occasione di confrontarsi con i colleghi di altri paesi, di lavorare insieme con loro, di crescere professionalmente sia grazie al fatto stesso di misurarsi con situazioni concrete e complesse, che grazie alla serie di momenti di riflessione e di dibattito sulle problematiche


La programmazione come strumento per la realizzazione di Marilia Vesco Tra le esperienze concorsuali oggi più note, Europan risulta essere una delle più esemplificative in merito al controllo del processo di realizzazione e del monitoraggio delle politiche urbane europee. Gli obiettivi infatti della Federazione Europan che ogni 2 anni – e ormai da quattordici anni – organizza il “ concorso europeo per giovani architetti” intorno al tema della residenza e della città, si orientano sulla possibilità di coadiuvare i promotori delle aree nelle fasi successive ai risultati al fine di portare a compimento le opere dei progettisti vincitori. Operazione ardita, se pensiamo che per ogni sessione vengono posti a concorso in media circa 65 siti in tutta Europa. A tal fine ogni struttura nazionale si muove su linee strategiche regolate dal contesto politico-economico cercando di age-

volare il rapporto tra progettista e amministrazione per avviare le procedure di realizzazione dei progetti, ed in alcuni casi riesce a portare alla ribalta giovani architetti che affermano la propria capacità professionale in tutta Europa. Come è ben noto, dalla nascita di Europan (1988) ad oggi i criteri di programma del concorso si sono evoluti in misura delle “ innovazioni” apportate al sistema di affidamento degli incarichi professionali. Tali innovazioni hanno prodotto due effetti. Il primo, l’avvalersi da parte di Enti ed Amministrazioni pubbliche dello strumento concorsuale, obbligatorio per realizzare opere al di sopra di un certo importo, il secondo, di condurre i progettisti verso idee di progetto sempre più legate ad una condizione di fattibilità. Il sistema organizzativo del concorso viene avviato all’inizio di ogni sessione attraverso la ricerca dei siti. Ogni paese, già in questa fase, ha la possibilità di monitorare e di confrontare successivamente a scala Europan le situazioni urbane locali con riferimento agli aspetti pianificatori, programmatici, e politico-economici. Percorrendo rapidamente l’esperienza delle sei precedenti sessioni di concorso è possibile fare alcune considerazioni in merito. Con Europan 1, avviato con il totale sostegno del Ministero dei Lavori Pubblici-Cer (Comitato per l’Edilizia residenziale), il progetto era concentrato sulla sperimentazione dell’alloggio ed i promotori dei siti erano principalmente istituti per l’edilizia popolare. Grazie ai fondi messi a disposizione dal Ministero per gli interventi di edilizia sperimentale si sono potute avviare, fino alla terza edizione, circa dieci realizzazioni tra quelle già completate e quelle in fase di completamento. L’Ampliamento della tematica, dall’alloggio allo studio del contesto, ha richiesto il coinvolgimento sempre maggiore delle Amministrazioni comunali. Se da un lato questo ha prodotto alcuni gap procedurali, dall’altro ha anche consentito l’avvio di realizzazioni per fasi a partire da piccole operazioni. Dalla quinta sessione di Europan il dibattito sviluppatosi al livello europeo sull’analisi dei risultati del concorso in funzione della loro realizzazione ha generato la messa a punto, da parte delle strutture nazionali, di una metodologia basata sulla costruzione strategica del programma del sito proposto dalle amministrazioni in funzione dei canali di finanziamento reperibili, evitando così di incorrere in situazioni di concorso “ passerella” . In conclusione di Europan 5, in cui erano stati individuati 7 siti di concorso in Italia, sono già in fase avanzata (approvazione del progetto esecutivo) 2 interventi residenziali ad Ancona, uno studio urbano già concluso per la città di Torino e si sta aprendo la possibilità di incarico ai progettisti vincitori sul sito di Catania. La scorsa sesta edizione conclusasi nel 2001, con l’individuazione di 7 siti di concorso in Italia, ha visto nel 2002 l’assegnazione di 2 incarichi da parte del Comune di Seregno e della Fondazione Ronzoni, di un incarico da parte del Comune di Frascati e di 1 incarico da parte del Comune di Forlì. In considerazione di questi risultati positivi si opera dunque a monte del processo basando la scelta dei siti su una condizione fondamentale: l’inserimento in un programma complesso le cui operazioni possano generare una reale trasformazione della città ed un adattamento alle nuove esigenze di vita. Siti cioè che si trovino inseriti, come per esempio nel caso dei programmi “ Urban” , all’interno di già avviate procedure di finanziamento o in fase di individuazione. Naturalmente non potremo mai prevedere i nostri consueti rivolgimenti politici che sono spesso la causa principale dell’interruzione dell’iter, tuttavia una sempre più rigorosa selezione dei siti accompagnata da un lavoro preliminare, svolto dal promotore del concorso, che oltre che pianificatore sia anche programmatico, speriamo possa portare sempre più ampiamente ad una concretizzazione dei progetti.

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Forum

della città e del progetto che Europan ha sempre saputo creare attorno al concorso. Io sono convinta che Europan abbia costituito una tappa fondamentale nel percorso formativo e professionale di quanti vi hanno partecipato, vincitori e non. E già questo è un risultato. Se poi vediamo, a distanza ormai di quattordici anni, che ne è stato dei progetti e dei personaggi premiati, ci rendiamo conto di aver contribuito a far scoprire effettivamente i personaggi emergenti nel panorama dell’architettura Europan e, per quanto riguarda l’Italia, di quanto sia lungo e difficile il passaggio dal progetto alla realizzazione. Tanto lungo che ci si stanca di seguirlo, soprattutto se lo si confronta con i tempi di realizzazione degli altri paesi. Eppure, molti progetti sono stati realizzati, molti altri sono in corso di realizzazione, ma sopratutto, le idee dei giovani progettisti hanno trovato spesso la possibilità di svilupparsi in altri campi. Ed anche questo è sicuramente un risultato che bisognerebbe analizzare. La seconda serie di iniziative che vorrei ricordare è la serie di piccoli concorsi per giovani architetti che alcuni istituti per le case popolari hanno indetto e realizzato negli anni passati. L’ALER di Milano, ad esempio negli anni Novanta ha bandito due concorsi successivi denominati “ Opera Prima” , rivolti a giovani progettisti, per la realizzazione di interventi di una ventina di alloggi nel territorio attualmente gestito dall’ALER di Lodi: i risultati, lo ricordo bene per essere stata fra i membri della giuria, sono stati di grande qualità espressiva, nonostante i vincoli tipologici ed economici dell’edilizia pubblica ed hanno consentito l’attuazione immediata, grazie alla formula adottata, per cui si richiedeva un progetto “ definitivo” , da presentare per le richiesta di concessione edilizia. Analoghe esperienze sono state intraprese, alla fine degli anni Novanta, da altri Istituti, fra cui citerò l’ATER di Prato, lo IACP di Lanciano, l’ATER di Chieti, con un concorso per abitazioni rivolte a studenti e infine il CRIACP delle Marche, con un concorso per la realizzazione a Jesi di 20 alloggi che tenessero conto delle esigenze di compatibilità ambientale. Quest’ultimo si segnalava anche per l’elaborazione dei criteri del bando che sviluppavano i requisiti della biocompatibilità e della bioedilizia rispetto all’edilizia residenziale pubblica. Oggi queste esperienze sono rese impossibili dal Regolamento della legge 109, che non consente di effettuare un concorso per richiedere un progetto definitivo. E il meccanismo del concorso a più fasi non è certamente sostenibile sul piano economico nel quadro dei piccoli interventi di edilizia residenziale. Ecco perché in Italia continueremo a fare concorsi solo per i progetti che non hanno prospettive di realizzazione, usando il concorso come strumento di marketing, e quindi, continuando a premiare gli stessi architetti e le stesse idee...


Bergamo a cura di Antonio Cortinovis e Alessandro Pellegrini

Bandi di Concorso 2001/02 - Bergamo

Forum

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Ente banditore

Oggetto

Stato di attuazione

Affidamento incarico/vincitori

Comune di Fara Gera d’Adda

Bando di licitazione privata per il conferimento dell’incarico professionale tecnico di progettazione, direzione lavori, adempimenti ex D.Lgs. 494/96

in corso

Comune di Spirano

Bando di progettazione per la sistemazione della Piazza Libertà

concluso

Comune di Barbata

Concorso di idee per la riqualificazione della Piazza IV Novembre, della Via Castello e di parte della Via Vittorio Veneto

Comune di Sedrina

Bando di progettazione per la riqualificazione di un’area in località Cassettone

in corso

Confesercenti - Bergamo

Concorso di idee - proposte per la riqualificazione urbana del quartiere di Loreto a Bergamo

concluso

Arch. Luca Battaglia, Arch. Raffaele Papadia, Arch. Ulisse Gnesda

Comune di Osio Sopra

Concorso di idee per la sistemazione della piazza e delle vie del centro storico

concluso

Arch. Christian Benvenuto

Comune di Comun Nuovo

Concorso di idee per la realizzazione della palestra polivalente e modulare di Comun Nuovo

concluso

Studio Associato Arch. Benvenuto Bonacina

Comune di Riva di Solto

Concorso di idee per la formazione di passeggiata di Riva di Solto

annullato

Comune di San Pellegrino

Concorso di idee per la realizzazione di un nuovo ponte pedonale sul fiume Brembo nel Comune di San Pellegrino Terme

in corso

esito non comunicato

Mia Opera Pia Misericordia Maggiore

Concorso di idee per la progettazione preliminare per il restauro di parte del Palazzo della Misericordia Maggiore in Bergamo

in corso

esito non comunicato

Arch. Oberti, Arch. Poli, Arch. Stocchi


a cura di Laura Dalè e Paola Tonelli

Concorsi e bandi in provincia di Brescia Nella tabella sottostante sono stati raccolti i più recenti concorsi banditi, o che si intendono bandire, nella provincia di Brescia; dall’analisi dei dati riportati, forse anche perché si tratta di concorsi recenti, sembra di poter affermare che, nella maggioranza dei casi, il concorso ha poi portato all’affidamento dell’incarico ed alla realizzazione dell’opera o perlomeno all’intenzione di realizzarla. Certo, anche nella nostra città vi sono stati dei concorsi, nel recente passato, che non hanno avuto un seguito, come quello, ad esempio, per il riuso dell’ex Gasometro, o quello per la riqualificazione di un “ Vuoto Urbano” in via Dante, entrambi del 1996. Tuttavia vorrei soffermarmi, in questa breve nota, sull’importanza di bandi che esprimano chiaramente e con precisione le necessità dell’ente banditore, se si vuole che le risposte ottenute attraverso il concorso siano altrettanto precise e soddisfacenti; mi chiedo, infatti, se il motivo per cui i progetti vincitori di tanti concorsi sono rimasti nei cassetti degli Amministratori, non sia anche perché questi ultimi ritengono di non aver ottenuto ciò che si aspettavano, senza chiedersi se ciò non dipenda da una richiesta da loro stessi formulata in maniera ambigua. Senza contare che la chiarezza e puntualità del bando mi pare siano fondamentali anche per un proficuo lavoro della commissione giudicatrice, che deve determinare, tra i progetti presentati, quale sia quello che meglio risponde alle esigenze espresse. L’incentrare questo scritto su queste piccole osservazioni, se vogliamo, penso, anche molto comuni, mi è stato suggerito da una curiosità trovata leggendo le prime pagine dei bandi di concorso, fornitemi dai colleghi dell’Ordine, per la realizzazione

della tabella allegata: leggo il bando del Comune di Pian Camuno, l’art. 3 - scopo del concorso, dice: “ L’Ente Banditore, verificata l’inefficienza distributiva delle funzioni sociali e viarie dei luoghi oggetto del presente Bando, verificata la necessità di portare delle migliorie estetiche-urbanistiche e considerato che la zona più a monte è stata recentemente riqualificata, con questo concorso di idee intende ricercare idonee soluzioni progettuali che, inserite nel contesto esistente, sappiano risolvere con armonia e funzionalità le problematiche esistenti. In particolare, tenuto conto della presenza di alcuni servizi (banca, farmacia, mercato settimanale), di infrastrutture amministrative (Municipio), sportive (Palazzetto dello Sport), scolastiche (scuola Materna e Elementare) gli obiettivi principali che si intendono perseguire sono: ottimizzazione del sistema viario...” . Leggo altre prime pagine di altri bandi trovandone uno, in cui, all’art. 3, si usano le stesse identiche parole sopra citate; penso che, per sbaglio, uno stesso bando mi sia stato fotocopiato due volte, invece no, prendo i due fogli, li rigiro, li confronto: sono proprio due bandi diversi, il secondo è quello del comune di Passirano; mi stupisce che la stessa identica frase possa adattarsi a descrivere i contesti di un paese della Val Camonica e uno della Franciacorta. Ovviamente, possedendo solamente la prima pagina di ciascun bando, questa identità mi è balzata con maggior evidenza agli occhi, e senz’altro i due testi, negli articoli successivi, specificano meglio le rispettive esigenze e peculiarità; tuttavia bisogna sottolineare che alcune forme usate “ migliorie estetiche-urbanistiche (…) idonee soluzioni progettuali (…) inserite nel contesto esistente (…) sappiano risolvere con armonia e funzionalità le problematiche esistenti” dicono tutto ma anche niente e rischiano di ridursi ad una sorta di formulario, col quale riempire gli spazi vuoti lasciati in documenti, pure apprezzabili, come il bando tipo per i concorsi di architettura che troviamo sul sito dell’Ordine degli Architetti di Brescia. P. T.

Anno

Ente banditore

Oggetto

Stato di attuazione

2000

Comune di Brescia

Concorso per la trasformazione della crocera di San Luca a centro di cultura contemporanea

Affidamento incarico

2000

Comune di Pian Camuno

Concorso di idee per la riqualificazione di P.zza Verdi, Via Risorgimento e Via Don S. Gelmi

Affidamento incarico, consegnato progetto esecutivo primo lotto, in fase di redazione progetto esecutivo secondo lotto, prevista inaugurazione per settembre 2003

2001

Comune di Quinzano d’Oglio

Concorso di idee per la sistemazione dell’area verde in Viale Gandini

Affidamento incarico, progetto preliminare

2001-02

Comune di Passirano

Concorso di idee per la riqualificazione di Piazza Europa, Via Garibaldi dall’incrocio con Via IV Novembre con Via XXV Aprile - Via Libertà e Via Roma

Espletato - l’a.c. non ha ancora preso una decisione

2001-2002

Pulchra Ecclesi

Concorso di idee per la valorizzazione della chiesa di S. Angela Merici in Via Cimabue località S. Polo Brescia

Espletato, in attesa di finanziamento

2002

I.P.A.B. Casa di riposo “ Gambara Tavelli”

Concorso di progettazione per la realizzazione di nuova palazzina R.S.A. in Verolanuova (Bs)

Espletato, affidato incarico

2002

Basileus S.p.a.

Concorso di progettazione per il recupero funzionale dei subcomparti n. 1-5-6-7 del comparto Milano in Brescia

Conclusa la prima fase attraverso la quale sono stati selezionati 12 gruppi invitati alla seconda fase; consegna elaborati seconda fase fine novembre 2002

2002

Comune di Marone

Concorso di idee per la riqualificazione del centro urbano maronese a seguito della dismissione delle S.s. 510

Consegnati elaborati il 31 ottobre 2002 - nominata la giuria

2002

Comune di S. Zeno Naviglio

Concorso di idee per la realizzazione della nuova sede municipale

Di prossima pubblicizzazione (fine anno)

2002

Comune di Nave

Concorso di progettazione per la riqualificazione urbanistica della zona denominata “ Nave centro”

Ancora da delineare Probabile pubblicizzazione anno 2003

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Forum

Brescia


Como a cura di Roberta Fasola

L’attuazione dei concorsi di architettura: realtà o speranza?

Forum

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Il lavoro recentemente svolto (e per la verità tutt’ora in corso) dalla Commissione Concorsi dell’Ordine di Como, verte soprattutto attorno all’analisi critica di tutti i concorsi provinciali svolti nell’ultimo decennio: studi che sono effettuati sia attraverso l’esame dei relativi bandi – con tutti gli atti conseguenti – che attraverso colloqui con gli autori dei concorsi stessi. Il tutto con la finalità di arrivare a ottenere una pubblicazione (che sarà divulgata anche sul sito internet) che sia in tal modo, in grado di consentire una serie di riflessioni sul sistema. A supporto di quanto detto, si fornisce il riassunto dei dati recenti (vedi tabella) il quale è già in grado di consentire una prima sommaria valutazione. In particolare si vuole evidenziare come nel decennio il numero complessivo dei concorsi svolti in provincia (n. 31) sia superiore alla media nazionale: anche se, per la verità, questi dati non sono derivati da analisi certe ma semplicemente da opinioni generiche raccolte unitamente ad altrettanto generiche interviste; sono sufficienti per confermare l’opinione che l’istituto del concorso non abbia ancora esperienze numericamente accettabili. A partire dall’anno 2000 sembra però sia stata raggiunta una sufficiente garanzia di qualità: di contenuti sia dei bandi stessi, che della più generica documentazione a essi solitamente allegata, nonché di congruità degli elaborati richiesti e di equità dei premi. A tutto questo, va aggiunta una non indifferente generica soddisfazione da parte dei concorrenti per la sempre realizzata possibilità di confronto culturale offerta dalle mostre e dalle occasioni di dibattito che si sviluppando puntualmente in sede di ogni premiazione pubblica. A ulteriore supporto morale anche la soddisfazione dei Banditori per il conseguente ritorno di immagine, anche se derivata più dalle occasioni pubbliche collaterali o imposte dal meccanismo che non per le reali occasioni di qualità che dal concorso ne deriva. Permane, infatti, una notevole perplessità tra le conclusioni dei concorsi (premiazioni e affidamenti di incarico) e la realizzazione concreta. È ormai diffuso (anche perché obbligato dai bandi) l’affidamento dell’incarico della progettazione, meno la concreta realizzazione. Significative sono in tal senso alcune situazioni: da realizzazioni che partono a distanza di sette anni dalla conclusione del concorso (Brunate 1995) alle decisioni di rinunciare alle realizzazioni stesse o di realizzare situazioni diverse dai risultati. È il caso del Comune di Como che a fronte di ben tre concorsi di notevole importanza per la città ne ha poi ignorato i risultati con palesi insabbiamenti o con definitive decisioni di rigetto. Nel Concorso di idee per la progettazione e ridisegno del complesso S.Rocco-Scalo merci – area dismessa più conosciuta come exTicosa – del 1994, di cui era risultato vincitore (anche con una componente di votazione popolare) lo svizzero Luigi Snozzi, risulterebbe addirittura che mai sia stata fatta comunicazione ufficiale al vincitore stesso! Nel frattempo alcune parti dell’area in questione sono già state urbanizzate e costruite su iniziative private, mentre la parte pubblica continua a mostrare un repulsivo benvenuto a chiunque entri in città; scandalizzando le cronache e l’opinione pubblica si continua a far redigere progetti alternativi senza mai arrivare a decisioni concrete. Definitivamente già messi negli archivi sono i risultati del recente (2001) Concorso di idee sul riassetto funzionale delle Piazze Verdi e Piazza del Popolo (comprende la Casa del Popolo di Giuseppe Terragni e il Duomo), concluso con l’assegnazione dei premi e che pure ha contribuito positivamente anche attraverso la mostra

dei 65 progetti presso la prestigiosa sede del Broletto di fresco restauro, e alla pubblicazione di un catalogo a colori, a un forte momento di dibattito culturale, non comune né usuale per la Città di Como, ma che ha lasciato evidentemente insensibili gli amministratori locali, per i quali, evidentemente, basta ancora dare “ il contentino” agli architetti che “ tanto rompono” perché si facciano comunque i concorsi! Eclatante, infine, è la conclusione del “ Concorso di progettazione di un organismo edilizio per attrezzature di interesse comune in contrada Bonomi” (centro storico - c.d. ex Fulda): detto concorso, bandito e concluso nel 1997 con l’assegnazione e poi l’affidamento dell’incarico al vincitore arch. Marco Vido di Como; progetto definitivo ed esecutivo definitivamente approvati nel 2001, ma con susseguente precipitosa determinazione definitiva della Giunta Comunale di non procedere alla sua esecuzione bensì di destinare l’area a generici giardinetti. Con una simile situazione si è definitivamente concluso un altro importante concorso: quello dell’ampliamento del quartiere fieristico Lario-Fiere a Erba, indetto dalla Società Elmepe – ente a partecipazione Pubblica – nel 1997, concluso con la proclamazione del vincitore al gruppo Castelletti - Romegialli di Erba, e dove, con decisione recente di non realizzare l’opera, si è addirittura aperto un contenzioso con cui l’ente banditore non intende onorare gli impegni previsti nel bando in merito al pagamento dei premi. Questi avvenimenti, che pure non sembrano aver influito sull’andamento positivo dei concorsi, hanno indotto l’Ordine a intervenire con lettere aperte alle Amministrazioni e ai Cittadini con un documento “ sul ruolo dello strumento Concorso di architettura nella programmazione e progettazione della città” . In merito alle conclusioni del monitoraggio si può, favorevolmente, evidenziare che in tutti i casi i concorsi si sono conclusi con una mostra dei progetti presentati: almeno la cultura e la circolazione delle idee sono state servite! Giovanni Cavalleri

Lettera aperta al Comune e ai cittadini Il ruolo dello strumento “Concorso d’architettura” nella programmazione e progettazione urbanistica della città L’Ordine degli Architetti della Provincia di Como proseguendo, accanto ai propri compiti istituzionali, la funzione altrettanto importante di approfondimento e contributo alla definizione delle politiche attuabili dalle istituzioni, intende dare un contributo culturale e specialistico all’interno del dibattito aperto nella nostra città, relativo al concorso sull’ex Area Fulda. Il tema dei concorsi è ormai da anni al centro del lavoro e dell’impegno culturale degli architetti italiani, che intendono attraverso questo strumento promuovere la qualità delle architetture, ma in generale anche del modo di fare e concepire la professione. Questa attenzione è maturata nel convincimento che la partecipazione allargata, su alcuni temi importanti e prioritari per il territorio, sia un valore aggiunto al progetto complessivo della città. L’Ordine è ormai da alcuni anni protagonista a livello regionale e nazionale nel dibattito riguardante il tema dei Concorsi e tra i promotori del “ decalogo nazionale” per i concorsi di architettura, che costituisce l’unico riferimento disciplinare e nel panorama editoriale italiano su questo tema. L’Ordine degli Architetti già con una serie di osservazioni al piano regolatore generale redatto nel 1999 e al Documento d’Inquadramento per i Programmi Integrati d’Intervento (P.I.I.) del 2001, ha proposto un contributo fattivo e propositivo verso la città, i suoi cittadini e amministratori. In questo senso si intende proseguire un confronto costruttivo, per avviare un concreto dibattito


Oggetto

1990 Comune Sistemazione del lungolago di Porlezza 1990 Comunità Montana Concorso per lo sviluppo turistico Triangolo Lariano delle località Pian del Tivano, Pian di Nesso e Le Colme 1990 Comunità Montana Concorso per lo sviluppo turistico Triangolo Lariano delle località S.Primo e Piano Rancio 1990 Comunità Montana Concorso per lo sviluppo turistico Triangolo Lariano delle località Alpe del Vicerè e La Salute 1990 Comune Sistemazione urbanistica di un’area di Carugo di particolare interesse collettivo 1995 Comune Formazione di piazza, parco pubblico, di Brunate parcheggi aperti e sotterranei 1996 Istituto Geriatrico Studio di fattibilità per la realizzazione Cà d’Industria di una struttura protetta per anziani presso Villa Celesia 1996 SPT Società Publica Edilizia residenziale in Via Anzani Trasporti a Como 1997 Comune di Como Nuovo organismo edilizio per attrezzature di interesse comune sull’area ex-Fulda 1997 Comune di Albese con Cassano 1997 Comune di Valmorea 1998 Comune di Cabiate 1998 Comune di Canzo 1998 Comune di Alzate Brianza 1998 Comune di Rovello Porro 1998 1998 1998 1998

Spazi pubblici per il parco Centro di Vita di Albese Sistemazione di Piazza Giovanni da Caversaccio Riqualificazione ambientale del Parco della Libertà e della adiacente piazza Restauro e risanamento conservativo del Palazzo Tentorio Riqualificazione funzionale di Via Diaz

Tipo Partecip. Esito di concorso n. concorso di 1° classificato: gruppo progettazione 7 arch. Marco Castelletti concorso di idee 3 giudizio sospeso ad iscrizioni avvenute

Stato di attuazione

concorso di idee

3

concorso di idee

6

giudizio sospeso ad iscrizioni avvenute giudizio sospeso ad iscrizioni avvenute

è stato riconosciuto un rimborso spese ai partecipanti è stato riconosciuto un rimborso spese ai partecipanti

premi non assegnati riconosciuti n.4 rimborsi spese 1° classificato: gruppo arch. Marco Castelletti 1° classificato: gruppo arch. Venelli & Kramer

incarico affidato, progetto redatto, lavori in esecuzione incarico affidato, progettazione in corso

concorso di progettazione concorso di progettazione concorso di idee

10 33

concorso di idee

59

concorso di idee

75

concorso di idee

24

concorso di idee

progettazione a due fasi concorso di progettazione concorso di progettazione Riqualificazione urbanisticoconcorso di idee ambientale del Cortile Paulasc e Piazza con preselezione Porro a curriculum Comune Riqualificazione urbana e ambientale concorso di Canzo della Piazza antistante la Chiesa di progettazione di S.Stefano Ente Elmepe Ampliamento del quartiere fieristico concorso Lariofier Lariofiere di Erba di progettazione Comune Realizzazione di spazio polifunzionale concorso di Ronago di progettazione Comune Percorso ciclopedonale attrezzato e concorso di Capiago Intimiano spazi pubblici contermini di progettazione

1998 Comune di Binago 1999 Comune di Lurate Caccivio

Ampliamento Scuola Media di Binago concorso di progettazione Riqualificazione urbanistica del concorso comparto di Via Regina Margherita di progettazione

2000 Comune di Novedrate

Riqualificazione urbana della Piazza Umberto I

concorso di progettazione

2000 Comune di Luisago 2001 Ass. Margherita Ripamonti

Riassetto funzionale della Piazza Marconi Comunità alloggi per disabili motori presso il centro Sim-Patia di Valmorea

concorso di progettazione concorso di progettazione

2001 Comune di Mozzate

Recupero ambientale e riqualificazione in chiave ecologica dell’area ex-Piccinelli Piano attuativo a edilizia residenziale dell’area S.Martino Recupero e riuso del complesso di Villa Padulli e riqualificazione del Parco annesso Valorizzazione e riassetto funzionale di un luogo urbano in centro storico: Piazza Verdi e Piazza del Popolo Ristrutturazione e ampliamento della Scuola Materna di Carcano Riqualificazione architettonica del Cimitero di Montesolaro Nuovo edificio scolastico per scuola secondaria di 1° grado

concorso di idee

2001 Comune di Mozzate 2001 Comune di Cabiate 2001 Comune di Como 2001-02 Comune di Albavilla 2002 Comune di Carimate 2002 Comune di Capiago Intimiano

9

1° classificato: gruppo arch. Giorgio Orsini 1° classificato: gruppo arch. Marco Vido

1° classificato: gruppo arch. Marco Castelletti 7 1° classificato: gruppo archh. Katia Accossato / Luigi Trentin 1° classificato: gruppo 4 arch. Marco Castelletti 1° classificato: gruppo arch. Ventura 30 e ass. di Cremona-Piacenza 1° classificato: gruppo 13 arch. Alberto Bracchi 1ª FASE: 25 1° classificato: gruppo arch. Corrado Tagliabue 2ª FASE: 7 1° classificato: gruppo 10 ing.Giovanni Michele Colombo 35 46 40 30 26 38 50 50 26

progettazione a una fase progettazione a due fasi

12

concorso di idee

65

progettazione a una fase concorso di idee

48 9

progettazione a una fase

102

22

1° classificato: gruppo arch. Marco Castelletti 1° classificato: gruppo arch. Venelli & Kramer 1° classificato: gruppo arch. Matteo Romegialli 1° classificato: gruppo arch. Chiara Rovetta di Brescia 1 Premio non assegnato assegnati n.3 riconoscimenti e n. 3 segnalazioni 1° classificato: gruppo arch. Marco Castelletti 1° classificato: gruppo archh. Fabio Bianchi/Antonio Albertini 1° classificato: gruppo arch. Alberto Bertolini, Cristina Carozzi, Alessandra Galli 1° classificato: gruppo arch. Pietro Carmine

incarico affidato, progetto redatto, lavori iniziati nel 2002 è stato riconosciuto un rimborso spese ai partecipanti

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realizzato incarico affidato, progetto esecutivo redatto e approvato, delib. G.M. di non realizzazione dell’opera in data 1/9/2002 incarico affidato, progetto redatto, lavori in esecuzione realizzato realizzato realizzato realizzato incarico affidato, progetto redatto, lavori in appalto

incarico non affidato, rinuncia alla realizzazione progettazione completata, lavori in corso di appalto realizzato con il contributo di parti progettate da altri gruppi premiati realizzato incarico affidato a terzi incarico affidato, progetto preliminare eseguito progettazione completata, lavori in corso di appalto incarico affidato, progettazione completata

1° classificato: gruppo archh. Roberta Fasola/Luca Balestreri 1° classificato: ex-aequo gruppo archh. Marco Castelletti/S.Santambrogio gruppo archh. P.A. Ferrè/C. Rozzoni 1° classificato: gruppo archh. Alberto Bertolini, Cristina Carozzi, Alessandra Galli 1° classificato: gruppo arch. incarico affidato M.Francesca Di Gennaro 1° classificato: gruppo arch. Sara Romanò esame giuria: in corso

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Anno Ente banditore


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sulle idee e i programmi con tutti gli attori interessati allo sviluppo della nostra città. Se è legittimo e doveroso, da parte di chi amministra, decidere sulla città è altrettanto doveroso confrontarsi e discutere sulle scelte fatte o da farsi. L’Ordine è convito che la programmazione e il progetto della città, non possa essere affrontato attraverso la soluzione di singoli problemi o la costruzione di singoli lotti urbani, non relazionati tra loro da una logica, anche sociale ed economica, comune. Il rischio è quello di creare delle “ città separate” all’interno di un’unica realtà urbana. Città che risolvono, forse, anche i problemi della scala di quartiere, ma non quelli dell’intero sistema città. La costruzione di un telaio strutturale di riferimento, dovrà sicuramente essere “ flessibile” ai continui mutamenti della domanda e delle esigenze che giungono dal mercato del lavoro e dal contesto sociale; fissando però delle “ invarianti” , attraverso le quali poter far “ crescere” (in termini qualitativi) la città. Gli strumenti di pianificazione urbanistica oggi a disposizione della città di Como (P.R.G., P.I.I.), hanno bisogno di integrazioni riguardanti le strategie attuative e gestionali, così come sembra mancare oggi un vero progetto di sviluppo futuro. Prendendo ad esempio altre città lombarde e non, vicine a Como dal punto di vista dimensionale e sociale, come Cremona, Seregno, Sesto San Giovanni, Forlì, Piacenza, che hanno già affrontato il tema del “ progetto della nuova città” , emerge sempre come questo debba essere pensato come una processo di sinergie fra tutte le componenti sociali, economiche, politiche. Uno strumento “ attuativo” , ma anche di indirizzo, di idee, importante, per l’apertura “ culturale” , i tempi, la possibilità di scelta, per la crescita della qualità architettonica, è rappresentato dal “ Concorso d’architettura” . Il concorso infatti non definisce solamente un’opera da realizzare. Il concorso è parte di un processo più complesso, attraverso il quale il committente pubblico individua la risposta ad un problema specifico, potendo rapportare il tutto alle esigenze più ampie della città e valutandone la coerenza con la programmazione, la pianificazione urbana del territorio e la gestione dell’opera. Il tema che emerge dal dibattito è quello dell’attuazione dei risultati del concorso e dell’uso dello strumento concorsuale per le potenzialità che esso può esprimere. Infatti non basta certo bandire dei concorsi, bisogna a monte programmare gli obiettivi che si vogliono raggiungere attraverso tali strumenti, vera garanzia del buon esito del concorso. I concorsi, devono essere quindi attuati, il risultato finale deve essere il momento iniziale per alimentare il dibattito culturale sull’architettura e sulla città. Partendo da queste premesse culturali - metodologiche e dalle scelte della pianificazione finora svolta nella città di Como, vogliamo porre sostanzialmente due domande cardine a noi architetti, alla città e ai suoi amministratori: • Quali sono le idee, le linee guida per la pianificazione futura della città? In sostanza in quale direzione si vuole programmare lo sviluppo urbanistico ed economico-produttivo di Como? • Attraverso quali strumenti urbanistici si vuole attuare questo sviluppo? E il concorso d’architettura potrà diventare uno strumento importante, come lo è per molte città italiane ed europee, per incentivare la “ qualità” del costruito della nostra città? Queste domande attendono delle risposte quanto ormai urgenti e pressanti; si apra dunque un confronto, anche critico, ma costruttivo tra tutti i soggetti interessati alla crescita della città. Consiglio dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Como (testo redatto il 22 settembre 2002 e pubblicato sui quotidiani il 28 settembre 2002)

Cremona a cura di Massimo Masotti

Veduta di inizio ‘900 di Porta Venezia (già piazzale Libertà) in cui si vede, in fondo, la palazzina dei Vigili del Fuoco nel primo progetto del Ranzi e prima delle trasformazioni. (tratta da A. Bergonzi, S. Galli (a cura di), Le cartoline raccontano. Cremona nel primo Novecento, Cremona, 1994).

Concorsi di idee? No, grazie Il panorama dei concorsi di idee banditi e realizzati in provincia di Cremona è desolante: più del 50 % dei concorsi è servito solo ad illudere qualche manipolo di coraggiosi (e spesso giovani) architetti e nulla più. Se osserviamo, poi, i dati tabellari riportati a conclusione dell’articolo, si può rilevare come Cremona faccia la parte del leone nel “ cestinamento” dei concorsi: su sei concorsi banditi negli ultimi anni, solo uno ha trovato esecuzione! Di questi sei bandi, quattro sono stati banditi da enti pubblici (Comune, Provincia-Ordine Architetti, IACP ora ALER) e due da privati. L’unico realizzato è di un privato, in particolare la palazzina bar ristorante della Canottieri Bissolati. Si può parlare, quindi, di parziale fallimento o di fiasco quasi totale nelle città più importanti di Cremona, Crema e Soresina. È con un certo imbarazzo che tratto il tema dei concorsi in quanto anche il nostro Ordine, suo malgrado, è coinvolto in questa desolante analisi. L’esito del concorso per la riqualificazione della palazzina degli ex Vigili del Fuoco di Cremona, bandito nel 1996 dall’Ordine degli Architetti insieme alla Provincia di Cremona, è sospeso da più di sei anni in quanto è pendente al Tar di Milano un ricorso contro il giudizio della Commissione Giudicatrice in merito alla designazione del gruppo vincitore. Le soffitte della nostra sede sono colme di scatoloni che contengono, ancora ben impacchettati, tutti i disegni (penso quasi un centinaio) del concorso. Il Consiglio dell’Ordine si è affidato ad un legale per tutelarsi nelle sedi opportune e per garantire la piena regolarità del concorso. Ma i tempi della giustizia ordinaria sono disarmanti. Ogni tentativo di smuovere la pratica è stato vano. Nel frattempo l’immobile oggetto del concorso è stato venduto dalla Provincia al Comune, il quale lo ha già ristrutturato, insediandovi il Comando dei Vigili Urbani. Il caso della caserma degli ex VV.FF. è però un’eccezione. Un discorso diverso va fatto, invece, per i concorsi indetti dal Comune di Cremona: ben due e di primaria importanza. Il primo sull’area delle ex Colonie Padane (di cui non è mai stata fatta l’esposizione degli elaborati), il secondo per piazza Marconi (la cui mostra è stata quanto di più veloce e anonimo ci si potesse attendere). Ebbene, nessuno dei due progetti verrà mai realizzato, anche se sono stati regolarmente assegnati i rispettivi premi ai vincitori. In compenso sono state realizzate opere importanti a livello urbanistico (Piazza Stradivari) senza ricorrere allo strumento del concorso di idee o di progettazione, che ai più sembrava essere la logica conseguenza per la trasformazione di uno spazio storico cremonese.


M. M.

Breve elenco dei concorsi banditi nella provincia di Cremona negli ultimi dieci anni ● Concorso di idee per la sistemazione del Parco delle Colonie Padane Località: Cremona Ente Banditore: Comune di Cremona Anno del Concorso: 1995 Gruppo vincitore: Architetti Paola Morandi, Michela Montagna e Ing. Gianni Morandi Realizzazione: non realizzato ● Concorso di idee sul tema “Progettazione di struttura destinata a bar ristorante self-service con ristrutturazione degli spazi esistenti interni e riqualificazione degli spazi esterni” Località: Cremona Ente Banditore: Canottieri “ Leonida Bissolati” di Cremona Anno del Concorso: 1995 Gruppo Vincitore: Architetti Gianfranco Mondini, Stefania Manzia e Geom. Carlo Laudati Realizzazione: progetto realizzato ● Concorso Europan3 per la riqualificazione dell’area Frazzi Località: Cremona Ente Banditore: Bando europero - ALER (ex IACP) Anno del Concorso: 1995 Gruppo Vincitore: Architetti Nicola Piazza e Gualtiero Ciacci Realizzazione: non realizzato ● Concorso per la riqualificazione dell’area degli ex VV.FF. Località: Cremona Ente Banditore: Ordine Architetti di Cremona e Provincia di Cremona Anno del Concorso: 1996 Gruppo Vincitore: l’attribuzione del progetto vincitore è vincolata al giudizio del TAR di Milano in merito al ricorso del progettista escluso Realizzazione: l’edificio ha cambiato proprietà ed è già stato ristrutturato dal Comune di Cremona ● Concorso per l’adeguamento liturgico dell’area presbiteriale della Cattedrale S. Maria Assunta di Crema Ente Banditore: Diocesi di Crema Anno del Concorso: 1998 Gruppo vincitore: 1° premio non attribuito - 2° premio ex-aequo gruppi “ Diaconia” e “ Vitae Signum” Realizzazione: al momento non realizzato ● Concorso

per la riqualificazione di Piazza Marconi a Cremona Ente Banditore: Comune di Cremona Anno del Concorso: 1998 Gruppo vincitore: gruppo architetto Angelo Bugatti (MI) Realizzazione: non realizzato

Veduta di inizio ‘900 delle prime strutture di ristoro lungo il Po. Nella foto si vede lo chalet della Canottieri Bissolati (tratta da A. Bergonzi, S. Galli (a cura di), Le cartoline raccontano. Cremona nel primo Novecento, Cremona, 1994).

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Le aree oggetto dei due concorsi versano a tutt’oggi, purtroppo, malinconicamente in uno stato di degrado che, per ragioni diametralmente diverse, impedisce di fatto un loro pieno utilizzo da parte dei cremonesi. Su entrambe le aree sono previsti progetti di recupero (naturalmente lontani da quanto emerso dai concorsi di idee). Piazza Marconi, ad esempio, è diventata un vero e proprio tormentone. Il Comune ha affidato, di recente, ad una ditta di Roma un appalto integrato per la costruzione di un autosilo interrato per il parcheggio delle auto. Peccato che siano oramai quasi 20 anni che si fanno scavi nella piazza e si trovano reperti archeologici di tale importanza che obbligano poi a coprire tutto e a lasciare le cose come stanno. Speriamo non sia, ancora una volta, così. Forse bisognava avere un po’ più di coraggio e affrontare una progettazione “ di superficie” che rimettesse in gioco il ruolo di piazza (lo è mai stata?) in rapporto al costruito, in particolare con la forte presenza di Palazzo dell’Arte. Per quanto riguarda il recupero dell’ex Casa di Bianco, anche in questo caso sono state spese tante parole ma nei fatti l’immobile è ancora lì, in attesa di una sua ristrutturazione. Il concorso di idee bandito dalla proprietà è stato accantonato per fare spazio ad un progetto che ha avuto un travagliato percorso: si è parlato di auditorium, di galleria d’arte, di ludoteca e alla fine si farà la solita operazione commerciale-residenziale. Anche qui la città ha perso qualcosa. Non di certo per colpa di chi ha avuto il coraggio di proporre queste novità. L’argomento, come è evidente, potrebbe innescare discussioni a non finire, ma lo scopo di questa ricognizione sui concorsi non è quella di alimentare le polemiche che già riempiono, da molti anni e in modo costante, i giornali locali, ma aprire una riflessione sul futuro dei concorsi, sulla loro effettiva validità, soprattutto in relazione al nostro contesto. Un recente viaggio in Francia mi ha illuminato su aspetti che, fino a questo momento, non avevo valutato nella giusta importanza. Innanzitutto mi sono reso conto che la differenza tra il progettare architettura e il realizzarla concretamente sta principalmente nella volontà della gente, nel modo in cui ama e custodisce le cose comuni, nell’attaccamento alla propria città, non solo come tributo dovuto alla propria storia ma anche come forte volontà di rinnovamento. Una tremenda voglia di avere una bella città in cui stare bene. Le città francesi, anche le più piccole, risentono di questa fierezza urbana. Ed è quello che a noi manca. Ai politici nostrani, naturalmente, le responsabilità nel non saperla correttamente incoraggiare. Ai colleghi architetti (non solo cremonesi, s’intende) non risparmierei qualche osservazione: ho partecipato ai lavori di diverse commissioni giudicatrici e ho visitato quasi tutte le esposizioni degli elaborati dei concorsi banditi per la provincia di Cremona e devo dire che il livello qualitativo dei progetti non sempre è all’altezza, con qualche eccezione, naturalmente. È ancora troppo spesso evidente nei progetti il forte scollamento tra quella che dovrebbe essere l’idea progettuale e la sua fattibilità realizzativa, troppi ancora i progetti in cui vince il senso estetico della progettazione e perde la capacità di capire a pieno ciò che si sta veramente facendo, cioè un progetto di trasformazione di un edificio o di un luogo urbano, qualcosa che resta nel tempo, insomma. Ma senza che, ogni volta, riecheggi nei discorsi il tormentone francese (a proposito, a quando l’approvazione della nostra legge sull’architettura del ministro Urbani?), anche solo guardandosi intorno nel nostro paese, non è così infrequente trovare qualche bel progetto realizzato (non molti, a dire la verità). Ciò significa che a Cremona (ma il discorso è esteso a tutta la provincia) bisogna cambiare radicalmente registro, magari bandendo un concorso di progettazione su un’area strategica e cercando con tutte le forze di realizzarlo. Sarebbe un segnale importante per l’architettura. Una destata speranza che l’architettura, nelle stanze che contano, si scrive ancora con la “ A” maiuscola.


● Concorso di idee per la riqualificazione urbana della piazza Garibaldi e degli spazi adiacenti Ente Banditore: Comune di Soresina Anno del Concorso: 1999 Gruppo vincitore: Arch. Enrico Dodi (MI), Arch. Nicoletta Ancona (MI); collaboratore: Pietro Pozzi (MI) Realizzazione: non realizzato ● Concorso

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ad inviti per la progettazione architettonica del recupero e delle nuove destinazioni d’uso di un fabbricato nel centro storico di Cremona (ex Casa di Bianco) Ente Banditore: Actea S.p.A. Anno del Concorso: 1998 Gruppo vincitore: 1° premio ex-aequo a due progetti: gruppi Gabetti e Isola e studio Migliore. Realizzazione: nel 1999 vengono accantonati i progetti vincitori e il progetto di riqualificazione viene affidato all’arch. Mario Cucinella

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● Concorso

di idee per l’integrazione degli spazi liberi esistenti tra la scuola materna e la scuola elementare e ampliamento della scuola materna Ente Banditore: Comune di Romanengo Anno del Concorso: 1999 Gruppo vincitore: gruppo arch. Silvana De Antoni Realizzazione: incarico affidato all’arch. De Antoni - in fase di realizzazione ● Concorso di idee per la redazione del progetto preliminare per la realizzazione del Palazzetto dello Sport di Offanengo Ente Banditore: Comune di Offanengo Anno del Concorso: 1999 Gruppo vincitore: gruppo arch. Cristina Dossena Realizzazione: incarico affidato all’arch. Dossena - in fase di realizzazione ● Concorso

di progettazione per la realizzazione del nuovo Centro Sociale Ente Banditore: Comune di Agnadello Anno del Concorso: 2000 Gruppo vincitore: gruppo arch. Cesare Masina (PC) Realizzazione: incarico affidato all’arch. Masina - in fase di realizzazione ● Concorso di progettazione per il recupero dell’ex Filanda Meroni Ente Banditore: Comune di Soncino Anno del concorso: 2001 Gruppo vincitore: gruppo arch. Marco Bigozzi di Milano Realizzazione: la designazione del gruppo vincitore è avvenuta nel settembre 2002 ● Concorso di progettazione per la realizzazione del centro sportivo multifunzionale comunale Ente Banditore: Comune di Gerre dé Caprioli Anno del concorso: 2000 Gruppo vincitore: Architetti Gianfranco Mondini, Massimiliano Beltrami, Geom. Carlo Laudati Realizzazione: incarico affidato al gruppo vincitore ● Concorso di idee per la riqualificazione del Parco Tarenzi Ente Banditore: Comune di Sergnano Anno del concorso: 2001 Gruppo vincitore: non assegnato - la commissione giudicatrice non ha trovato la soluzione progettuale che rispondesse alle esigenze dell’Amministrazione Comunale Realizzazione: si sta procedendo alla realizzazione senza tener conto del concorso.

Lecco a cura di Carmen Carabús e Giorgio Melesi

Concorsi e utopie I concorsi di architettura (concorsi di idee o di progettazione) costituiscono un tema già molto dibattuto anche sulle pagine di questa pubblicazione (ad esempio solo recentemente i numeri 5/2001 e 12/2001). Ma, al di là delle solite mozioni di intenti che testimoniano l’incrollabile sostegno degli architetti alla diffusione dello strumento concorsuale, questo sembra un tema destinato a circolare sempre più a vuoto nei circuiti professionali e sempre meno ad incidere in concreto nella costruzione reale dell’ambiente e del paesaggio, così come negli strumenti pianificatori che disciplinano e indirizzano l’uso del territorio. Un enorme patrimonio di idee, di ipotesi progettuali e di possibili contributi dialettici è andato irrimediabilmente perso frustrando lo sforzo entusiastico e spesso qualitativamente rilevante di tutti quei progettisti che, al di là dell’eventuale premio ricevuto, non hanno mai avuto il riconoscimento di vedere le proprie proposte sottoposte alla verifica dell’impatto con la realtà o, quanto meno, portate a costituire un elemento di pubblico dibattito e riflessione sulle scelte da operare. Ora, un motivo di ottimismo è costituito dall’imminente riforma urbanistica regionale. La Regione Lombardia ha intenzione di approvare la nuova legge entro la fine dell’anno che, dalla attuale semplice gerarchizzazione di aree edificabili e non, tende a stimolare la amministrazioni comunali a focalizzarsi più sul problema “ ambientale” finalizzato a uno “ sviluppo sostenibile” del territorio privilegiando, dal punto di vista concreto della pianificazione del territorio, al posto delle tradizionali “ zonizzazioni” sostanzialmente soggette a parametri quantitativi, l’attuazione di “ progetti di suolo” basati su elementi di tipo qualitativo. Forse non è più così utopistico pensare che, in tempi ragionevolmente brevi, le migliori proposte elaborate nei vari concorsi possano essere concretamente utilizzate per diventare materiale progettuale per tutti quegli strumenti operativi di settore (quali il piano urbano del traffico, il piano della mobilità, il piano del verde, ecc.) che diventeranno contenuti obbligatori del nuovo Piano regolatore comunale “ strategico” . Per noi architetti è un’altra occasione che si apre per incidere e contare di più o per essere ancora più frustrati? Gerolamo Ferrario Commissione Concorsi


a cura di Antonino Negrini

Un concorso in fase di attuazione Con la presentazione del progetto del “ concorso per il nuovo P.E.E.P. n. 4 di via delle Molazze” , bandito dall’Amministrazione Comunale di Casalpusterlengo, cogliamo l’occasione per aggiungere alcune riflessioni riguardo la nostra esperienza sui concorsi di architettura, esperienza di chi partecipa ai concorsi ritenendoli parte importante del proprio mestiere di architetto. In questi ultimi anni abbiamo partecipato a più di trenta concorsi, confrontandoci con colleghi altrettanto motivati, spesso in contesto internazionale. Abbiamo sempre ritenuto il concorso strumento necessario al dibattito sull’architettura contemporanea e parte rilevante della nostra formazione. Nonostante in Italia ci si sia imbattuti in concorsi che non hanno avuto seguito, a causa di Amministrazioni che spendevano il concorso a soli fini propagandistici, continuiamo a ritenere il concorso uno strumento di trasparenza politica, formalmente e ideologicamente corretto. A questo si può aggiungere che per noi è stato il principale strumento di acquisizione degli incarichi pubblici, altrimenti irraggiungibili con le procedure di assegnazione basate solo sui “ curricula” , così come previsto dalla Legge Merloni. In questo quadro, si inserisce la nostra partecipazione al concorso di Casalpusterlengo che, organizzato dall’Amministrazione Comunale, in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Lodi, già chiariva nelle premesse la volontà di realizzare l’opera e, per questo, abbiamo apprezzato l’impegno dell’Amministrazione Comunale ad onorare il risultato del concorso. Alfonso Ventura Concorso di idee per il nuovo P.E.E.P. 4 di via delle Molazze Casalpusterlengo La sistemazione di un’area vasta, quale quella del concorso, costituisce per Casalpusterlengo un’occasione di portata storica. L’intervento è chiamato a definire il vuoto situato ai margini del perimetro edificato della città di Casalpusterlengo e compreso fra le espansioni residenziali più recenti (Via Molazza, Via Minotti e Via Nenni) e gli interventi a destinazione artigianale-commerciale (Via Labriola), disposto lungo la Strada Mantovana. A nord dell’area di progetto sorgerà una nuova lottizzazione residenziale mentre a sud, oltre la Strada Mantovana, si avverte la presenza di un consistente spazio a destinazione agricola, destinato a rimanere inedificato. In questo scenario di segni deboli e rarefatti, nel quale si riconosce la condizione di “ margine” e di “ sospensione” fra città e campagna, il progetto chiede una sorta di salto di scala e l’adozione di un’idea di contesto in senso allargato, che si estende comprendendo tutta la città di Casalpusterlengo. L’idea del progetto è quella di costruire un grande spazio libero,

luogo centrale, che si assuma il compito di identificare l’intera area, riconoscibile come parte significativa della città, considerando il verde, per dimensione e configurazione, quale strumento primario della costruzione di questo spazio. Il verde centrale potrebbe costituirsi come una piazza in cui il materiale verde si rispecchia, recuperando forma e vita di brani naturali del contesto lombardo, legandosi così alla campagna presente oltre la Strada Mantovana. All’estremità nord del parco si colloca l’edificio che offre la possibilità di accogliere funzioni pubbliche e/o commerciali. Per la residenza, l’idea è di aggregare il nuovo tessuto edificabile allo spazio verde collettivo, attraverso un sistema connettivo di piazze/giardino. Con questa soluzione sarà possibile garantire un costante rapporto con il parco a tutti gli alloggi, indipendentemente dal fatto di trovarsi negli edifici affacciati direttamente sulla spina centrale oppure nelle corti più esterne. Le piazze/giardino potranno essere liberamente organizzabili, di volta in volta, in aree verdi e/o pavimentate e attrezzabili secondo le esigenze dei futuri abitanti. Nella proposta progettuale si prevede l’edificazione di edifici in linea, di quattro piani fuori terra destinati ad appartamenti disposti su unico piano o in duplex e edifici aggregati a schiera, di due piani fuori terra, liberamente organizzabili in linea o a corte, garantendo la possibilità a tutti gli alloggi del piano terra di possedere una quota di area verde privata. La viabilità principale corre ai margini dell’area e s’innesta in un unico punto alla Strada Mantovana, senza interferire con la viabilità di quartiere. L’attenzione rivolta agli aspetti di qualità ambientale, evidenziata dalla prevalenza degli spazi pedonali rispetto a quelli veicolari, ha portato alla definizione di un principio che vede interrompere la continuità del manto stradale in corrispondenza dell’attraversamento pedonale della piazza/giardino che, opportunamente pavimentato con materiali differenti, produce la moderazione della velocità del traffico veicolare. La progettazione avrà come fine fondamentale la realizzazione di un intervento di qualità e tecnicamente valido, nel rispetto del miglior rapporto fra i benefici e i costi globali di costruzione, manutenzione e gestione. La progettazione utilizzerà gli strumenti e le tecniche operative per la valutazione di convenienza economica dell’intervento. L’obiettivo sarà perseguito attraverso un’attenzione per l’impiego di materiali e prodotti di cui siano note le caratteristiche positive in merito a: basso dispendio energetico in fase di produzione, non nocività per gli operatori dei processi produttivi e applicativi, assenza di emissione di sostanze tossiche durante il ciclo di vita, impiego di materie prime rinnovabili o il più possibile di derivazione “ naturale” , ridotta e semplice manutenibilità, rimpiegabilità o riciclabilità del prodotto una volta terminato il ciclo di vita. La scelta dei materiali sarà effettuata con l’obiettivo di ottenere un buon risultato estetico, un ridotto costo di manutenzione ed una buona qualità isolante e di garantire inoltre la massima protezione contro i rumori. Criteri che non sono vincoli, ma nuove opportunità da cogliere per elevare il livello di qualità delle realizzazioni, per rispondere in modo competitivo alla domanda specifica, dato che sempre più la qualità ambientale e urbana è condizione imprescindibile. dalla relazione Alfonso Ventura (capogruppo), Antonio Molinelli, Vittorio Uccelli, Roberto Ventura

Vista del parco urbano.

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Lodi


Milano a cura di Antonio Borghi e Roberto Gamba

Concorso per la ricostruzione della piazza Fontana di Milano

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Giulio Marini e Giacomo Polin stanno ancora lavorando al progetto per la ricostruzione della piazza Fontana di Milano, dopo aver vinto nel 1989 il concorso regionale di idee “ per la ricostruzione di Piazza Fontana” in gruppo con Gino Pollini. Destò grande curiosità quel concorso, cui parteciparono più di ottanta concorrenti e lo stesso progetto primo classificato, apparve sorprendente, quando fu diffuso sulla stampa specializzata e non. Chi non ricorda quelle belle prospettive, realizzate dai progettisti milanesi, con in primo piano il bosco di ciliegi, da far sorgere - come radicale segno di cambiamento - in pieno centro cittadino? In seguito c’è da ritenere che sia dispiaciuto a tutti il non veder attuato quel delicato progetto e il constatare che l’impegno profuso dai vari concorrenti, dagli studiosi e dagli estensori del bando sarebbe andato - ancora una volta - a disperdersi negli archivi del Comune. Ma così non è stato, afferma Polin. Infatti, pur con una proverbiale lentezza - che altresì avvalora la qualità e l’importanza di tale progetto - l’iter burocratico amministrativo dei ricorsi, della stipula delle convenzioni pubblicoprivato è andato avanti e oggi si è prossimi alla presentazione delle domande di concessione edilizia.

Rimangono per la prosecuzione dell’intervento le incognite dovute ad alcune obiezioni avanzate dalla Soprintendenza, riguardo ai volumi da costruire e alle conseguenze che potranno derivare dagli scavi sotto la piazza, dove sono previsti ritrovamenti archeologici dell’antica città romana. Regista Piergiorgio Marabelli, cultore dell’opera e delle proposte urbane di Giuseppe De Finetti, il concorso venne bandito nel 1988, sulla base delle previsioni della variante al P.R.G. del 1985. I vincitori - come previsto - ricevettero nel 1991 incarico per l’estensione di un piano particolareggiato e per il progetto esecutivo. Nello stesso anno avveniva la morte di Pollini. Il perimetro del piano particolareggiato comprende l’attuale area di piazza Fontana, il terreno libero sul lato nord, il Palazzo del Capitano ora sede della Vigilanza Urbana, la piazza Beccaria con il teatro Gerolamo, l’area dell’ex Verziere e il tratto finale di corso Europa; prevede la realizzazione di un edificio porticato di cinque piani fuori terra sul lato nord della piazza, un tempo occupato dall’albergo Commercio e di una nuova piazza pedonale alberata con più di cento prunus da fiore, arricchita dalla storica fontana del Piermarini e da una pavimentazione a disegno geometrico in granito rosa di Baveno e rizzata, materiali tipici degli spazi pubblici milanesi. Il nuovo edificio, lungo circa ottanta metri dall’angolo con via Pattari a quello con piazza Beccaria, è allineato allo stabile porticato di via Arcivescovado ed avrà un’altezza pari a quella dell’Arcivescovado e del Palazzo del Capitano per armonizzarsi con l’edilizia circostante, ospitando nella prima metà, verso via Pattari, un albergo e nell’altra metà commercio e residenza. Il fronte sulla piazza, esposto a sud, avrà, sopra il portico a piano terra, quattro piani interamente loggiati, per schermare Gino Pollini, Giulio Marini e Giacomo Polin, Concorso di idee per la ricostruzione di piazza Fontana, Milano, 1989.


R. G.

Concorsi di architettura: modalità d’uso Il ruolo che oggi ha assunto il Concorso d’architettura, nella realizzazione delle opere pubbliche è quello di creare nuove occasioni di dibattito quale osservatorio delle idee e di una produzione architettonica qualitativamente controllata. In questa direzione si muovono anche alcune aziende produttrici di materiali per l’edilizia, che associano alla ricerca sui materiali stessi, la sperimentazione architettonica. Oggi le amministrazioni pubbliche ritrovano quindi interesse per il “ progetto della qualità” , che ancora fatica a trovare forza fra la committenza privata, orientata troppo, a meno di alcuni casi, verso il massimo profitto. Accanto a questo rinnovato interesse, su cui personalmente ritengo si debba insistere, c’è la presenza di una Legge Quadro sui lavori pubblici e un Regolamento attuativo che producono meccanismi estremamente complessi, che, risultano di difficile interpretazione, spesso vanificano l’assegnazione dell’incarico definitivo con la perdita del progetto, di risorse e di tempo. Tutto questo peggiora grazie alle modifiche della Legge Quadro introdotte dal Decreto Ministeriale del 18 agosto 2002 che danno via libera all’appalto integrato per le opere da 200.000,00 Euro a 10 milioni di Euro, inteso come affidamento d’incarico non solo di progettazione ma anche di esecuzione finale dell’opera. In questo modo i giovani professionisti, non legati al mondo delle imprese di costruzione vengono esclusi da gran parte degli incarichi pubblici, allontanando quel progetto della qualità portato avanti dai concorsi d’architettura. Se quindi la legge è stata di grande stimolo per la ripresa del dibattito culturale, per l’ingresso sulla scena di nuovi progettisti, per la circolazione di nuove idee, risvegliando il mondo dell’architettura da un torpore decennale, dall’altro lato è sempre la stessa legge che segna i limiti. Ritornando a parlare di architettura, oggi la giovane generazione di architetti progettisti, si trova ad affrontare la mancanza di un internazionalismo architettonico accessibile a tutti, un tempo nel bene e nel male assolto dal Movimento Moderno, che vada ben oltre a quei circoli ristretti ai quali partecipano i soliti nomi noti. E i giovani? Ecco che allora noi spesso ci distraiamo inseguendo la modernità e il suo essere internazionale, trasformando la nostra architettura in giochi decostruttivi, minimalismi di maniera o sperimentazioni olandesi. Dall’altro lato, la strada della ricerca e dello sviluppo, che può avvenire attraverso i Concorsi d’architettura, può portare a nuovi linguaggi della modernità, alla nascita di un’identità locale, un regionalismo architettonico in risposta alla solita/solida globalizzazione totale che impone linguaggi comunicativi internazionali. All’internazionalismo architettonico e alla sua rappresentazione uniformata, si deve, quindi, contrapporre una nuova stagione di Concorsi d’architettura in grado di portare ad un rinnovamento culturale profondo, grazie anche all’introduzione di materiali innovativi o desueti, oltre che alla riscoperta delle tradizioni costruttive, per poter finalmente garantire un valore aggiunto ad un progetto di qualità, oggi, anche sostenibile. Il Concorso d’architettura, attraverso la discussione delle idee proposte dai progettisti, dovrebbe perseguire l’obbiettivo finale della realizzazione dell’opera. In relazione a questo sono favorevole ad un Concorso a due fasi, con una prima fase breve, veloce nella procedura, necessaria all’individuazione delle idee valide ed a una seconda, con rimborso spese per gli invitati, dove ulteriori approfondimenti valutano la realizzabilità tecnica, le normative e gli aspetti economici. Una seconda fase in cui il progetto è approfondito come progettazione preliminare, base fondamentale per l’ente banditore per giungere alla fase definitiva e quindi alla realizzazione dell’opera. Una questione a parte è rappresentata dalla definizione della giuria, la cui logica a volte sfugge: inutile sottolineare l’importanza

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il calore solare e per rendere più vibrante e chiaroscurata la facciata, prevista sempre in rosa di Baveno, con la rosea architettura gotica del Duomo sullo sfondo. Se il nuovo edificio e la piazza antistante sono il “ cuore” del Piano, altri interventi non meno significativi sono contenuti nelle previsioni del piano particolareggiato: il restauro, la messa a norma o il riuso del Teatro Gerolamo, costruito appositamente a metà del secolo scorso per ospitare, caso unico in Europa, spettacoli di marionette; la sistemazione della Piazza Beccaria, il riordino e la selezione del traffico veicolare tangente la nuova piazza e l’attestamento di un capolinea tramviario sul lato sud, di fronte alla Banca nazionale dell’Agricoltura; ancora, l’auspicabile restauro, con reintegrazione dell’angolo del corpo di fabbrica su via Larga, mutilato negli anni Cinquanta, del Palazzo del Capitano e il ridisegno del tratto finale di corso Europa, con un incrocio semaforizzato ortogonale per la svolta, sia verso via Larga, sia verso Largo Augusto; la piantumazione dei marciapiedi, opportunamente allargati, dello stesso Corso Europa. Nel 1992 il piano particolareggiato veniva adottato e nel 1994 definitivamente approvato. Tra il 1995 e il 1998 veniva messa a punto la convenzione attuativa prevista dalle norme tecniche del piano, per definire i rapporti tra le proprietà interessate, in merito ai concambi fondiari, al trasferimento, dal demanio comunale ai privati, dei diritti volumetrici di nuova edificazione a destinazione alberghiera, ai parcheggi pertinenziali da realizzare nel sottosuolo e al coordinamento degli interventi edilizi. Erano in campo la Fondazione Cariplo, la Sanitaria Ceschina e il Comune, proprietario di una porzione di terreno. Veniva così bandita l’asta pubblica internazionale, ma l’aggiudicazione di quella porzione alla Società Star Hotel veniva ricusata e la sentenza sospesa, provocando un prolungamento della vicenda di almeno due anni. Nel frattempo la Sanitaria Ceschina acquisiva i diritti della Fondazione Cariplo e affidava a Polin e Marini l’aggiornamento del progetto edilizio della porzione di isolato verso la piazza Beccaria, con il teatro Gerolamo (la cortina edilizia viene ridisegnata, abbandonando la tipologia originaria dei gradoni), mentre la Star Hotel si affidava allo studio Aldo Rossi, per il progetto della parte di isolato, d’angolo con la via Pattari. A Polin e Marini rimaneva il compito di coordinamento del progetto (unificazione del porticato, della linea di gronda, delle finiture di facciata in pietra, intonaco, vetro e rame di copertura). Oggi infine i soggetti attuatori privati hanno la possibilità di procedere alla stesura dei progetti esecutivi per le parti edilizie di rispettiva competenza e alla richiesta delle concessioni, ivi compresa quella relativa alla messa a norma e al restauro del Teatro Gerolamo, cui vengono attribuiti dal piano particolareggiato spazi in ampliamento. Dall’insieme delle tre operazioni il demanio invece ricaverà risorse economiche e insieme risolverà il problema della sistemazione definitiva di questa centralissima area urbana: infatti, una volta costruito il nuovo edificio si realizzerà anche “ la piazza dei cento ciliegi” . Alla luce di ciò, le considerazioni non devono essere necessariamente negative, rispetto all’attuazione del concorso, poiché, nei 13 anni trascorsi, si è proseguito nel lavoro, con poche interruzioni. Rimane da considerare quanto si riveli farraginosa la macchina burocratica e quale sia il rischio per la procedura progettuale, quando la situazione si scontra con una situazione complicata da conflitti tra diverse proprietà.


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P. A. Ferrè, C. Rozzoni, S. Cornegliani, Concorso nuovo Peep, Comune di Settimo Milanese. Veduta prospettica e planivolumetrico.

si apre ulteriormente alla scelta del Progetto di qualità operata attraverso il concorso. Ed ancora, onde rendere più facili gli affidamenti di incarico ai professionisti più giovani, che a volte, pur avendo vinto un concorso, non possiedono i requisiti per l’affidamento posti dagli enti banditori, si potrebbe istituire la figura del tutor, ovvero un progettista esperto, scelto in comune accordo fra committenza e progettista vincitore. Queste sono alcune riflessioni nate partecipando a diversi concorsi d’architettura, selezionando bandi non sempre uniformi, affrontando i temi progettuali e le loro difficoltà, a volte anche vincendo, in attesa di valutare gli sviluppi. Pier Alberto Ferrè

Concorso per il Parco Forlanini

di una giuria completa per la differenziazione e la competenza dei giurati. Una nuova proposta, forse un paradosso che può essere discusso, è la composizione di una giuria che viene eletta dai partecipanti, su una rosa di nomi anonimi fino alla consegna degli elaborati, che mediante votazione con codice eleggono in forma definitiva. Questo dovrebbe dissuadere i progettisti a partecipare a concorsi dove sono presenti affinità culturali e non con i giurati, garantendo una maggiore democraticità nella discussione dei progetti. Di grande importanza è il ruolo che in tutto ciò possono svolgere gli ordini professionali, con il compito di controllo e di visione a garanzia del chiaro svolgimento delle procedure concorsuali, affiancando un osservatorio per la realizzazione delle opere d’architettura. Un’ulteriore proposta per rendere più efficace il concorso d’architettura è l’inserimento nell’elenco professionisti dei nominativi dei partecipanti vincitori e segnalati: in questo modo l’elenco professionisti, altrimenti vincolato alla quantità di realizzazioni,

Il progetto riguarda un’area di 3 milioni di mq e il tema è la riqualificazione e l’ampliamento dell’attuale Parco Forlanini. Il concorso si è svolto in due fasi: una prima di selezione a cui hanno partecipato gruppi di tutta Europa, e una seconda fase di progetto a cui hanno partecipato 10 gruppi selezionati dalla giuria presieduta da Emilio Tadini. I capigruppo dei team selezionati, composti da architetti, paesaggisti e consulenti sono: Stefano Boeri, Angelo Bugatti, Gonçalo Byrne, Joao Luis Carrilho de Graça, Hartzama Henk, Andreas Kipar, Peter Latz, Sergio Pascolo, Jürgen Weidinger, Franco Zagari. Il vincitore è risultato il gruppo guidato da Gonçalo Byrne. Ci sono due aspetti che lasciano perplessi nell’andamento di questo concorso: il primo aspetto, emblematico non solo in questo caso, ma valido per molti concorsi milanesi (vedi per es. la Beic) e italiani, è la sistematica contraddizione tra concretezza e precisione delle richieste del programma e la non rispondenza di tali criteri nelle valutazioni finali della giuria. In questo meccanismo l’esito di molte giurie sembra suggerire in generale che questi concorsi vengono indetti con l’intento, nobile, di creare un’occasione in cui lasciare libera la fantasia e la creatività dei progettisti; ma allora, se il progetto viene valutato per


Cascina Case Nuove

Alcune cascine dell’area del concorso.

Cascina Cavriana

rispetto al risultato finale ma anche evitando che tutte queste difficoltà e contraddizioni siano poi alla base del fin troppo frequente bloccaggio dei progetti nella loro fase attuativa. Il secondo aspetto riguarda l’esito finale del concorso. Da quando il Comune di Milano ha iniziato ad organizzare concorsi di progettazione e ha aperto l’Urban Center, ci sono i presupposti per pensare che anche a Milano la progettazione urbana cominci ad appartenere al bagaglio culturale cittadino e quindi a un dibattito che sia capace di confrontarsi con la realtà. I concorsi sono comunque un contributo per l’evoluzione culturale della città. Sembra ovvio che tutti i progetti prodotti da studi selezionati da una giuria autorevole costituiscano un patrimonio di pensiero che arrichisce la città. Nel caso specifico del Parco Forlanini, salvo la proclamazione del vincitore, il concorso, cioè il lavoro di 10 équipe di progettisti italiani e internazionali, è stato offuscato: gli articoli pubblicati sui principali quotidiani non hanno neppure nominato i 10 progettisti selezionati e tantomeno commentato i progetti dando solamente spazio alla notizia del vincitore come se avesse corso da solo e divulgando sempre la medesima e generica immagine del progetto, che da sola non è però in grado di rendere la complessità compositiva. A peggiorare questa comunicazione la mostra dei progetti di concorso all’Urban Center anziché esporre le tavole originali dei progetti ha presentato compiutamente il progetto vincitore, mentre per gli altri 9 gruppi ha offerto solo due dei sette pannelli A0 che erano stati predisposti, con il risultato di rendere difficilmente confrontabili le proposte progettuali. L’elaborazione di un video tridimensionale da parte di tutti i progettisti non appare nella mostra nonostante l’esistenza in sala di grandi monitor spenti. Ma allora c’e interesse a far sì che questi concorsi diventino occasione di dibattito vero o no? Sembra che l’Amministrazione anziché essere orgogliosa di mostrare il lavoro collettivo che ha permesso di giungere ad una scelta finale preferisca quasi non far sapere nulla. Edoardo Guazzoni Cascina S. Amlbrogio

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Forum

le sue qualità “ artistiche” , a prescindere da aspetti tecnici ed economici, è ben strano che il progetto di concorso sia considerato addirittura, progetto definitivo, secondo la definizione della legge Merloni, “ con un budget di spesa fissato in 47.817.257,93 Euro (piuttosto preciso!), suddivisi in quattro lotti esecutivi, altrettanto precisi, previsti nel 2003, 2004 e 2006. Dal momento che, secondo la Merloni i quadri economici non si possono modificare, il far coincidere su un progetto così ampio ed articolato quadri economici così precisi a proposte progettuali di massima, è di per sé un’operazione improbabile. Ma allora la giuria avrebbe dovuto tenerne conto? C’è una pregiuria tecnica che valuta questi aspetti e fa una scheda. La giuria vera la guarda ma poi discute e decide su altri criteri. Nel caso specifico del Parco Forlanini il progetto vincitore presenta una soluzione per la porta del parco verso la città con un’immagine seducente di un avveniristico e immenso varco al di sotto della doppia cinta ferroviaria che crea da un lato una piazza inclinata e dall’altra un anfiteatro per spettacoli all’aperto. Appunto un’immagine virtuale, un render evocativo una suggestione affascinante come si conviene ad un concorso di idee, ma molto lontano dalla realizzabilità tecnica e dal rispetto del budget, limitato per quello stralcio dal rigoroso piano economico del bando di concorso a 6,8 milioni di Euro. Allora “ concorso di idee”, da cui ci si aspetta una “ visione o progetto definitivo” ? Non è una differenza da poco. Allo stato delle cose per i concorrenti risolvere tale dubbio è ben difficile: si rischia di sbagliare per prudenza o per leggerezza. Però anche l’Amministrazione in questo caso si trova in mano un progetto concepito come progetto illustrativo, evocativo, di massima, ma deve gestirlo secondo le rigorose regole amministrative del progetto definitivo. Anche dal punto di vista professionale per il vincitore, a meno che le regole non si cambino successivamente, non pare equo che il progetto di concorso corrisponda al progetto preliminare e definitivo compensando come prestazioni successive solamente il progetto esecutivo. Sembra necessario e auspicabile ristabilire un po’ le regole per creare una situazione di concorrenza evitando che il rispettare le richieste del bando (che costituiscono vincoli) risulti penalizzante


Sondrio a cura di Claudio Botacchi e Fabio Della Torre

Concorsi di architettura in provincia di Sondrio

Forum

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A distanza di quasi un anno, ritorniamo sul tema “ Concorsi” aggiornando i dati provinciali (vedi tabella) e raccogliendo le valutazioni di alcuni colleghi che, da sempre, ritengono l’esperienza del partecipare e del promuovere l’istituto del concorso di architettura elemento fondante la propria ricerca e possibilità di verifica in progress della propria disciplina. Dalla tabella emerge come fatto particolarmente significativo il frequente e immediato coinvolgimento, dopo l’espletamento del concorso, dei progettisti vincitori nella predisposizione delle fasi progettuali e costruttive delle opere oggetto di bando, superando così la questione sull’utilità o meno del concorso come semplice confronto fra idee. Come ricorda Sergio Fumagalli (architetto, con P. Luconi, L. Luconi, A. Manzoni, G. Sacchi e D. Zappa, recente vincitore dei concorsi relativi al cimitero di Berbenno e al Campus scolastico di Sondrio), il confronto tra differenti idee progettuali permette un risultato certo, spesso propedeutico all’effettiva realizzazione dell’opera, quanto più risultano definiti e precisati in sede di bando gli obbiettivi e le finalità del concorso stesso promosso dall’Ente Banditore. Obbiettivi e finalità che, nella prassi consolidata dal nostro Ordine sulla base di esperienze concorsuali più evolute, possono essere raggiunti solo a partire da attenti lavori di istrut-

Anno

Ente banditore

Oggetto

1993

Comune di Cosio Valtellino

Riqualificazione urb. e arch.

1994

Comune di Sondrio

Riqualificazione urbana Piazzale Bertacchi

1996

Comune di Morbegno

Ampliamento ed. scolastico e riqualif. urbana Ambrosetti

1996

Comune di Sondrio

1996

toria, preparazione e gestione del bando da parte di un architetto, appositamente incaricato dall’Ente banditore nel ruolo di coordinatore, capace di sintetizzare con chiarezza e in forma di domanda architettonica (spaziale, funzionale, economica, costruttiva, ecc.) le aspettative del Committente. Al ruolo del coordinatore si affianca necessariamente quello della giuria che, non solo deve essere tecnicamente qualificata e predichiarata ai concorrenti, ma, come sottolinea Matteo Romegialli (architetto, vincitore di numerosi concorsi e recentemente coordinatore per il Comune di Talamona del bando relativo al nuovo campus scolastico) deve, con la piena fiducia dell’Ente Banditore, saper individuare e promuovere la qualità dell’architettura anche con scelte culturalmente innovative capaci di creare di fatto un valore aggiunto alle scelte amministrative di governo delle trasformazioni territoriali. In questo senso la scelta di ricorrere al concorso per la ricerca della soluzione migliore, nel confronto tra diversi progetti, diventa l’occasione determinante per riconoscere e rilanciare il valore sociale e il ruolo culturale del nostro mestiere. Un’altra considerazione riguarda la questione della scelta di quale procedura concorsuale adottare in relazione alle domande e alle effettive possibilità amministrative per sostenere le conseguenti risposte. Come già evidenziato risulta determinante il ruolo del coordinatore che, operando in collaborazione con l’Amministrazione, può autonomamente proporre strumenti procedurali innovativi, fermo restando il quadro generale dei riferimenti normativi. Da un lato si sottolinea il problema della giusta misura degli obbiettivi di concorso, come dice Aurelio Valenti (architetto, vincitore e segnalato negli ultimi concorsi), cioè la scelta caso per caso della corretta procedura da adottare al fine di coniugare ambizioni ed effettive possibilità di realizzazione, dall’al-

Procedura

Giuria

Elab. grafici richiesti

Importo lavori euro

una fase

3 amministratori

1AO+4A1

una fase

4 amministratori 4 tecnici

2AO

una fase

5 amministratori 4 tecnici

3AO

Nuovo centro polifunzionale Campus scolastico

una fase

5 amministratori 4 tecnici

Fino a 9AO

Comune di Poggiridenti

Riqualificazione area Uffici comunali

una fase

2 amministratori 4 tecnici

7AO

1997

Comune di Sondalo

Riqualificazione area Campeggio Pradella

una fase

4 amministratori 4 tecnici

3A1

258.000 + 3 segnalati

1998

Comune di Villa di Tirano

Realizzazione strutture raccolta rifiuti e parcheggi

una fase

3 tecnici

2 tavole

1998

Comune di Tirano

Riqualificazione urbana Spazi pubblici e aree centrali

una fase

5 tecnici 1 funzionario

2A1

1999

Comune di Samolaco

Costruzione nuovo campus scolastico

una fase

3 funzionari 4 tecnici

4AO

1999

Aler Sondrio

Nuova palazzina residenziale

due fasi

4 amministratori 3 tecnici

1A0+1A0

2000

Comune di Montagna in Valtellina

Realizzazione nuova Piazza Comunale

una fase

1 amministratore 5 tecnici

2A1

207.000

2000

Comune di Berbenno in Valtellina

Ampliamento cimitero

una fase 4 tecnici

1 amministratore

2A1

516.000

2001

Comune di Talamona

Riqualificazione spazi pubblici e ampliamento campus scolastico

due fasi

2 amministratori 5 tecnici

2A1+4A0

1.860.000

2002

Provincia di Sondrio

Riqualificazione campus Scuole nuovo edificio scolastico

due fasi

2A1+4A0

2002

Comune di Valdisotto

Riqualificazione urbana frazione Cepina

una fase

2 amministratori 3 tecnici

2A2

7.800.000

2002

Comune di Grosio

Realizzazione edificio Polifunzionale e parcheggio

una fase

2 amministratori 3 tecnici

2A1

1.900.000

1.550.000

41.316


In conclusione, come afferma Simone Cola, (architetto, Presidente dell’Ordine), si può ritenere il concorso un valido strumento non solo per accrescere il valore specifico e culturale di singole iniziative territoriali, ma, anche e soprattutto, uno degli strumenti più efficaci per formare una committenza capace di promuovere l’architettura nella sua dimensione civile. F. D. T.

Esito

Stato di attuazione

Partecipanti n.

3 primi premi ex-equo

15

1° - 2° - 3° + 3 segnalati

13

1° - 2° - 3° + 4 segnalati

Costruito 1°lotto In corso 2° lotto

17

1° - 2° - 3° + 2 segnalati

Costruito 1° lotto

33

1° - 2° - 3°

Incarico assegnato

>5

1° - 2° - 3°

Incarico assegnato

5

1° - 2° - 3°

9

1° - 2° - 3°+3°

16

Sospeso per ricorsi

_

20

2 primi premi ex-aequo

Incarico assegnato a un solo vincitore

18

1° - 2° - 3° + 2 segnalati

In corso 1° e 2° lotto

36

1° - 2° - 3° + 2 segnalati

Incarico assegnato

20

In corso

77

1° - 2° - 3° - 4°

Incarico assegnato

14

1° - 2° due 3° ex aequo

Progetto acquisito

27

1° - 2° - 3°

Incarico assegnato

40

Varese a cura di Enrico Berté e Claudio Castiglioni

Concorso di idee, concorso di progettazione Scorrendo l’elenco dei concorsi svoltisi in questi ultimi anni in Provincia di Varese, non si possono evitare alcune considerazioni sugli orientamenti operati e sulle scelte attuate dalle amministrazioni che si sono affidate allo strumento del concorso. Nella quasi totalità dei casi le amministrazioni hanno privilegiato la formula del concorso di idee; in effetti, questa opzione consente loro, una volta espletata la gara, di scegliere sia in merito alle modalità di prosieguo (gara di affidamento di incarico oppure concorso di progettazione da svolgersi assumendo, a traccia, le risultanze del precedente concorso di idee), sia in merito all’eventuale annullamento di fatto dell’iniziativa. Il concorso di idee ha per finalità l’individuazione di indirizzi di natura strategica anziché strettamente architettonica, obiettivo, quest’ultimo, proprio del concorso di progettazione il cui livello di approfondimento corrisponde, infatti, al progetto preliminare. Al contrario, i programmi posti a base della generalità dei concorsi di idee da noi esaminati, partono da basi programmatiche già sostanzialmente definite e chiedono uno sviluppo architettonico corrispondente allo stesso progetto preliminare. L’impressione che si ricava è che l’ente banditore non sempre è disposto a rimettere le proprie scelte nelle mani della Commissione giudicatrice che, quando si tratti di un concorso di progettazione, può avere titolo per aggiudicare definitivamente l’opera. Ci sembra di notare con una certa frequenza che da parte del politico-amministratore (seppure volontariamente avviatosi sulla via del concorso), esista il timore di vedersi “ costretto” ad abbracciare idee divergenti dalle sue “ inespresse” prefigurazioni; idee che, essendo avulse da un progressivo e rassicurante dibattito tra professionista ed amministratore, hanno il torto di farlo sentire impreparato alla “ gestione politica” delle stesse. Nel 30% dei casi elencati le gare si sono risolte con graduatorie salomoniche (due o più ex-aequo) o senza assegnazione del primo premio. Questo dato potrebbe rivelare la difficoltà decisionale dell’Amministrazione di fronte a scelte che lasciano poco spazio ad edulcorati percorsi politici. Degli undici concorsi svolti in Provincia di Varese nel periodo analizzato (2000-2002), ben dieci erano concorsi di idee ed uno di progettazione in due fasi. Degli undici concorsi, il cui bando è stato approvato dall’Ordine varesino, quattro hanno portato a più progetti selezionati anziché ad un unico vincitore. I dati più sconfortanti emergono dal riepilogo delle iniziative intraprese, successivamente il concorso, dalle varie amministrazioni banditrici: • in un caso è stato affidato un incarico congiunto ai tre vincitori ex-aequo; • in un ulteriore caso l’ente banditore ha affidato l’incarico progettuale al Provveditorato alle Opere Pubbliche competente per territorio; • un’amministrazione comunale, facendo propri i progetti emersi dai due ambiti urbani in cui era organizzato il concorso, ha sviluppato in proprio alcune idee in essi contenute; • un altro comune ha avviato, sugli ambiti oggetto di concorso, varie procedure indipendenti dai risultati concorsuali; • un’amministrazione ha abbandonato il progetto vincitore del concorso ed ha affidato il progetto preliminare ad un diverso progettista; • due amministrazioni comunali non hanno, a tutt’oggi, intrapreso alcun’iniziativa;

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tro risultano determinanti le regole, cioè il contesto legislativo che, come evidenzia Giuseppe Sgrò (architetto, coordinatore della Commissione Concorsi dell’Ordine di Sondrio), registrerà a breve l’ennesima modifica in funzione dell’adozione della nuova legge regionale sui Lavori Pubblici. Di conseguenza dovrà essere ancora più incisivo, visto l’auspicato inserimento di un apposito articolato per i concorsi nel Regolamento della legge quadro regionale, l’impegno dell’Ordine e in particolare della Commissione Concorsi (composta da una decina di colleghi), al fine di promuovere e fornire consulenza alle Amministrazioni e ad altri possibili soggetti Committenti. In particolare tre potrebbero essere gli obbiettivi della Commissione: • 1. l’individuazione delle modalità di coinvolgimento nei concorsi di un numero maggiore di giovani colleghi spesso assenti e non protagonisti di occasioni concrete di vita professionale; • 2 la promozione, rivolta anche a soggetti privati, della scelta del concorso di architettura per la risoluzione di temi disciplinari innovativi (sostenibilità ambientale, scelte territoriali ampie, infrastrutture, ecc.); • 3 l’incentivare, attraverso protocolli d’intesa con i Comuni della nostra provincia, l’esecuzione di un’opera pubblica mediante lo svolgimento di un concorso per ogni mandato Amministrativo (es. 78 Comuni: almeno 50 concorsi ogni 5 anni, quindi quasi un concorso al mese!).


• infine, un solo ente ha affidato l’incarico definitivo ed esecutivo all’architetto vincitore del concorso.

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Particolare riflessione meritano alcune esperienze: in due casi le Amministrazioni banditrici hanno posto in gara, unitariamente, numerosi ambiti urbani da riconfigurare sia nell’arredo urbano, sia nelle opere architettoniche. La difficoltà di individuare un unico vincitore è conseguita dal disomogeneo livello qualitativo che ciascuna proposta avanzava per i vari ambiti. Da queste esperienze si può desumere il suggerimento a gestire in modo disgiunto gli eventuali diversi temi che sono posti contestualmente in gara. Cronaca a parte meritano due concorsi di poco precedenti il periodo esaminato. Un caso corretto è quello del Comune di Carnago che ha affidato e realizzato, in circa tre anni, il concorso e la costruzione (inaugurata recentemente) della palestra comunale. L’esempio contrario che ha determinato il procedimento di diffida dell’Ordine varesino, è relativo al nuovo polo fieristico di Malpensa (opera originariamente stimata in 25 miliardi di vecchie lire). La procedura osteggiata, è consistita in una selezione tra i pro-

getti preliminari predisposti nell’arco di circa quindici giorni, periodo intercorrente tra il ricevimento dell’invito alla partecipazione ed il termine stabilito per la consegna. Il progetto preliminare era corredato dall’impegno, per il vincitore, a consegnare i progetti definitivo ed esecutivo entro i successivi e conseguenti trenta più trenta giorni (ivi compresi i tempi di valutazione ed approvazione delle varie fasi). L’assoluto rispetto della tempistica costituiva pregiudizio al saldo delle spettanze professionali. L’ordine, diffidando il concorso, ha inteso preservare la dignità professionale dei colleghi da una procedura che non trovava riscontri nella normativa vigente. Pur a seguito della convalida di diffida da parte del CNA, alcuni studi professionali (residenti in altre province d’Italia), hanno consegnato i loro elaborati; l’Ordine di Varese ha badato a segnalare l’infrazione ai competenti Ordini territoriali (all’epoca dei fatti gli unici titolati ad assumere provvedimenti). L’opera, pur realizzata e completata, ha attraversato vari problemi le cui origini, presumibilmente, sono state in buona parte determinate dalle inadeguate modalità e dalla ristretta tempistica tecnica del progetto. C. C.

Anno

Ente banditore

Tipo di concorso

Esito

Stato di attuazione

2000

AMSC, Gallarate Complesso sportivo

concorso di idee

un vincitore

incarico al vincitore

2000

Comune di Gallarate - In/Arch Arredo urbano, progetto ambientale

concorso di idee

tre ambiti: tre vincitori

incarichi indipendenti dagli esiti

2000

Comune di Caronno Pertusella Edifici vari, parco pubblico

concorso di idee

un vincitore

nessuno

2001

Comune di Vizzola Ticino Nuovo municipio

concorso di idee

un vincitore

incarico ad altro professionista

2001

Comune di Olgiate Olona Arredo urbano

concorso di idee

tre vincitori

incarico congiunto

2001

Università dell’Insubria Ristrutt. e ampliamento Facoltà di Economia

concorso di idee

quattro prog. ex-aequo

incarico affidato al Provv. Opere Pubbliche

2001

Comune di Carnago Arredo urbano

concorso di idee

due ambiti: un vincitore due ex-aequo

sviluppi successivi a cura dell’Amministrazione

2002

Comune di Gorla Maggiore

concorso in due fasi

nessuna graduatoria di merito

nessuno


Bruno Ravasi al Castello di Pavia Poco conosciuta è l’opera di Bruno Ravasi, e a volte paragonata a quella di Scarpa, Gardella, Albini e BBPR (soprattutto per quanto concerne gli allestimenti museali); egli lavora soprattutto a Varese specializzandosi nell’ambito del restauro e ottenendo riconoscimenti anche per la sua attività pittorica ed artistica in generale, nonché per il design. Il lungo periodo progettuale al Castello Visconteo di Pavia inizia nel 1950 e prosegue per quasi tre decenni determinando un rapporto privilegiato e unitario del progettista con il monumento storico, realizzando i migliori esempi di allestimento non solo a Pavia ma anche a livello nazionale. Oltre alle opere di seguito elencate, Ravasi realizza anche nel 1976 la struttura per quadri nel deposito, il progetto di riforma della portineria sud ed il cancello in ferro dal loggiato al secondo piano. Nota biografica Nasce a Varese nel 1911. Si diploma al Liceo Artistico di Brera a Milano, e, nel 1935, si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano ove si laurea nel 1958. Dal 1938 Giuseppe Pagano lo chiama a collaborare presso il suo studio partecipando alla realizzazione delle sale della I Mostra Leonardesca alla Triennale. Nel dopoguerra opera a Milano con Vermi, Mozzoni e Ghidini. Dal 1949 è nominato responsabile del progetto d’allestimento della I e II rassegna Internazionale di Scultura contemporanea presso i Giardini Estensi di Varese. Nel 1953 inizia la decennale collaborazione presso il Castello Visconteo di Pavia. Muore a Varese nel 1978.

Opere Principali A Varese realizza la chiesa di S. Grato a Bobbiate e segue i lavori di restauro del battistero, delle chiese di San Vittore, di San Martino, di San Giuseppe, di Sant’Antonio alla Motta e di Santo Stefano a Bizzozzero; restaura inoltre il Palazzo Vescovile a Piacenza e avvia studi e rilievi sul complesso delle cappelle del Sacro Monte di Varese. La sua attività progettuale, oltre al restauro, spazia dagli edifici sacri alla residenza, agli edifici ospedalieri, industriali, artigianali, commerciali, sportivi, agli arredamenti, al design. Bibliografia U. Bicchi, Sala dei Mantegazza, Pavia, 1958. A. Peroni, Museo Archeologico. La sala di Casteggio, Pavia, 1963. A. Peroni, La nuova “sala di Casteggio” nel Museo Archeologico del Castello di Pavia, in: “ Musei e Gallerie d’Italia” , anno VIII, n.20, maggio-agosto 1963. S. Colombo, A. Guenzani, Bruno Ravasi, mostra a cura del Gruppo Cavedra, Varese, 1978. A. Peroni, La Pinacoteca Malaspina nel Castello Visconteo. Dal restauro incompiuto al progetto mutilato: l’opera di Bruno Ravasi, in: Pavia. Pinacoteca Malaspina, Milano, 1981. M. Dalai Emiliani, Musei della ricostruzione in Italia, tra disfatta e rivincita delle storia, in: Carlo Scarpa a Castelvecchio, mostra a cura di L. Magagnato, Milano, 1982. AA.VV., “ Museo in Rivista. Notiziario dei Musei Civici di Pavia” n. 1, 1998. AA.VV., Bruno Ravasi, catalogo della mostra, Liceo Artistico A. Frattini, Varese, 2002.

1. Allestimento della sezione del romanico (Sale VII, VIII, X, XI), 1950-54 Il progetto, uno dei migliori esempi di allestimento museografico moderno italiano, mostra particolari affinità con l’esempio dell’allestimento museale al Castello Sforzesco di Milano dei BBPR, realizzato, pochi anni più tardi, nel 1956. Una complessa e raffinata composizione degli spazi e dei percorsi, unitamente ad un innovativo uso dei materiali quali il mattone a vista, il ferro ed il cristallo, determina ambienti che fluiscono uno nell’altro con un marcato dinamismo che alterna sosta e movimento, visione diretta e scorci visivi, espedienti che permettono una lettura completa degli oggetti esposti. Lo spazio delle sale del Castello è scomposto e ricomposto con bassi setti in mattoni a volte appoggiati a terra, a volte sospesi, con giaciture sempre ruotate rispetto alle pareti tra loro ortogonali delle sale; capitelli, colonne, archi, frammenti decorati sono sospesi con supporti metallici alle nuove pareti, a volte in aggetto, a volte in nicchie; quinte che inglobano vetrine e superfici intonacate per l’esposizione dei frammenti, unitamente a portali ricostruiti di antiche chiese, capitelli isolati con basamenti in mattoni o sottili montanti metallici, colonne, paramenti murari, in una successione di ritmi di figure, oggetti, elementi che ripropongono in un interno la stessa complessità e ritmo visivo di una strada urbana.

2. Allestimento della Sala M antegazza (XIV) e Colombina (XIII), 1957-58 Nell’allestimento della Sala Mantegazza che ospita sculture in pietra e lapidi, oltre alla Pietà entro edicola del Mantegazza, ritroviamo le quinte sospese lungo le pareti, che accolgono e incorniciano i reperti, con rotazioni in pianta secondo linee diagonali che determinano tensioni visive e spaziali che Ravasi aveva adottato nell’allestimento delle sale del Romanico; quinte, in quest’occasione, finite con intonaco bianco in luogo dei mattoni, purezza diafana che ben si sposa con il materiale che costituisce gli oggetti esposti. La Sala della Colombina propone un intervento minimale - una vetrina incassata nel muro, una piccola quinta, un esile montante - di grande delicatezza e leggerezza per esibire elementi architettonici in pietra e terracotta del Rinascimento. 3. Allestimento della Sala Casteggio (I del M useo archeologico), 1963 Un raffinato allestimento dedicato all’esposizione di ritrovamenti archeologici ripropone i bassi setti sospesi con giaciture inclinate rispetto alle pareti della Sala dell’allestimento del romanico; in questo esempio rarefatte pareti in intonaco con vetrine in cristallo si alternano a setti rivestiti con doghe in legno a comporre un delicato equilibrio spaziale; al centro della sala una irregolare piattaforma apparentemente sospesa nel vuoto, mostra alcuni elementi ricostruiti della necropoli romana di Clastidium. 4. Progetto della testata nord dell’ala est, 1968-71 I primi studi di progetto risalgono al 1963. Il tema, il completamento della testata nord del Castello Visconteo appare funzionalmente di una disarmante semplicità: aggiungere una rampa di scale, ascensore e servizi; per contro architettonicamente costituisce uno dei temi più difficili ai quali un progettista si trova a lavorare, inserire un corpo nuovo e riconoscibile, evitando mimetismi, ad un monumento antico ineguagliabile per bellezza e dimensioni. Ravasi progetta un intervento misurato, riconoscibile e innovativo componendo alcune lame verticali di cemento a vista (con la sola tessitura dell’impronta dei casseri in legno) ove i volumi vanno assottigliandosi procedendo in altezza. La porzione di testata corrispondente alle sale interne è occupato da un primo volume che contiene ascensore e servizi e da un volume a sbalzo - retto da putrelle in ferro - che ospita le prime rampe della scala sino al primo piano; dal secondo ammezzato la scala scompare nascosta tra ascensore e muro di confine del castello. Un atrio che conduce dal portico alla scala al piano terra costituisce un basso elemento con tetto piano a prato. Le lame, procedendo in altezza sono accostate senza congiungersi, aumentando il senso di leggerezza e determinando stretti ed alti tagli visivi e di luce risolti con serramenti in ferro e cristallo. Il progetto, approvato dal Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti nel 1972, a causa di dissensi inconsistenti, in seno all’Amministrazione Comunale, relativi ad un intervento “moderno” su un manufatto antico, non è mai stato realizzato. 5. Allestimento della Pinacoteca M alaspina, 1974-81 Ravasi risolve l’allestimento con telai modulari in ferro verniciato, con i fondi in materiale sintetico, accostati e composti in successione al centro delle sale, che reggono pannelli per l’esposizione dei dipinti o teche orizzontali, e comprendono il sistema di illuminazione a coronamento, bilanciate da un basamento in lastre di granito prealpino. Il restauro delle sale prevede il risarcimento dell’intonaco, una pavimentazione in cotto ed una leggibilità completa dello spazio interno. L’esigenza di proteggere i dipinti ha portato all’adozione dell’illuminazione artificiale complementare a quella naturale mitigata da veneziane a lamelle applicate ai finestroni; l’umidificazione è ottenuta con apparecchi mobili. 6. Sala del M odello ligneo del Duomo, 1981 (con A. Ferrari) L’esposizione del grande modello ligneo del Duomo di Pavia, realizzato dal Fugazza, prevede la collocazione dell’opera diagonalmente e al centro del salone della torre sud-est, rialzata da terra per mezzo di due cavalletti metallici sui quali sono appoggiate due grandi travi metalliche parallele e longitudinali che sorreggono il modello stesso. Vittorio Prina

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Argomenti

A cura della Redazione


A cura di Roberto Gamba

Mobilità, turismo, cultura: tre luoghi pubblici per Abbiategrasso

Concorsi

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Questo concorso di idee, organizzato da GAP - Gruppo Abbiategrasso progetti - e bandito dalla Ascom (Associazione commercianti) di Abbiategrasso, la cittadina lambita nel milanese dal Naviglio Grande, si è sviluppato su tre temi, in tre aree contigue che racchiudono differenti caratteri-

stiche di mobilità, turismo e cultura: 1. Castelletto di Abbiategrasso, snodo turistico tra i parchi e Milano; 2. La nuova stazione ferroviaria passeggeri e la sua piazza; 3. Il Castello Visconteo come polo culturale.

Per il primo tema, non è stato assegnato il primo premio. Sono stati segnalati: Oliver Tanck (Karlsruhe), Kristin Sandner, Elsa Paradiso, Costanza Sorrenti . Per il tema della stazione ferroviaria ha vinto Guya Bertelli, Paola Pucci, Elio Moschini, Ettore Pasini, Federico Jappelli, Carlo Molteni, Manuela Casalino, Gabriella Di Pascale. Il terzo tema, il Castello Visconteo come polo di cultura, ha visto la vittoria di Giancarlo e Gianluca Iraci di Roma. Si sostiene che nel passato si è sempre assistito ad aprioristiche scelte viabilistiche, architettoniche, di recupero urbano, senza un confronto con popolazione ed esperti sulle destinazioni, sui modi delle

trasformazioni, su ampliamenti o su interventi conservativi. A quale idea di città ci si vuole ispirare? La città delle industrie, della residenza che assorbe il decentramento milanese, la città dei centri commerciali, del turismo, del commercio, della formazione, della cultura, del tempo libero? Alla base di tali scelte ci deve essere il concorso di idee, strumento collaudato per discutere di qualità architettonica e ambientale, che mostri soluzioni possibili e non un’unica imposizione. La giuria comprendeva: Vittorio Ugo, Luca Molinari, Remo Dorigati, Massimo Curzi, Federico Bucci, Gianluca Barone. In totale su 154 iscritti, i progetti presentati sono stati 81.

Presentiamo qui alcuni disegni del progetto vincitore del 2° tema (Guya Bertelli, Paola Pucci, Elio Moschini, Ettore Pasini, Federico Jappelli, Carlo Molteni, Manuela Casalino, Gabriella Di Pascale): viene creata una sequenza di percorsi e spazi pubblici aperti che connettono, in verticale e in orizzontale, il piano di città con la quota –5 metri, in cui trovano

sede le fondazioni del ponte cinquecentesco di Porta Milano, la quota –10 del piano del ferro, così da annullare l’effetto “ tunnel” , che l’interramento dei binari avrebbe potuto produrre. Si sostituiscono inoltre i tradizionali “ stalli” inclinati, per il parcheggio delle autocorriere, che interscambiano con la stazione, con un sistema di attestazione a pettine.

Palestra polivalente e modulare a Comun Nuovo L’Amministrazione comunale di Comun Nuovo, in provincia di Bergamo, ha voluto questo concorso di idee per la realizzazione di una palestra polivalente e modulare, contenente un campo regolamentare da basket/pallavolo, spogliatoi, servizi igienici, deposito mezzi, un punto ristoro e tribune per circa 350 posti a sedere con annessi servizi accessibili per portatori di handicap. L’area di progetto è stata scelta nella zona a nord degli impianti sportivi esistenti e si è mantenuto l’accesso all’area dalla strada provinciale per Stezzano, tramite l’inserimento di una strada carrabile

posta sul lato sud della nuova strada prevista dal Piano Regolatore. La situazione urbanistica dell’area, attualmente interessata dalla presenza di attrezzature di interesse collettivo quali la scuola e i due campi da calcio si apre verso la campagna della pianura in modo indifferenziato e incompiuto, determinando una situazione di dispersione del tessuto urbano e una non piacevole immagine di “ periferia” . Il luogo è caratterizzato da un tessuto edilizio piuttosto rarefatto con edifici a due o tre elevazioni, destinati in prevalenza a residenze.

1° classificato Benvenuto Bonacina, Anna Mangiarotti, Guido Nardi, Fabio Previtali con Chiara Airoldi, Marco Pozzi, Davide Renoldi

a mantenere la copertura sospesa e vibrante. Tale circostanza viene sottolineata anche dal rivestimento in profilati in vetro autoportanti del parallelepipedo, nel quale ha sede il campo da basket-pallavolo. Se sobria può apparire la facciata nord dell’edificio, più articolata e complessa risulta invece la facciata verso sud dove hanno sede le funzioni di supporto dell’attività sportiva, che sono inserite in moduli che tradiscono la maglia ortogonale dello schema strutturale principale, proponendosi con un nuovo allineamento ruotato di quarantacinque gradi rispetto all’originario. Questa scelta formale e tipologica permette di organizzare lo spazio di disimpegno tra le funzioni sportive e quelle di supporto in modo più strutturato e come spazio di socializzazione, per gli eventuali accompagnatori. Per illuminare questi spazi si è scelto di ritmare i moduli inserendo fra di essi delle aperture che assu-

Il progetto nel suo insieme propone un’interpretazione del tema del “ palazzetto dello sport” e perviene alla definizione di un organismo articolato che favorisca anche gli incontri tra le persone. Dal punto di vista formale l’elemento caratterizzante è la copertura in legno lamellare, rivestita in rame pre-ossidato, che rimane come richiamo anche nella visione notturna in quanto gli alloggiamenti ricavati lungo i quattro lati della sua cornice ospitano una illuminazione che mette in evidenza l’orizzontalità dell’edificio. Questa copertura è sostenuta da una struttura puntiforme in acciaio e legno lamellare, leggermente arretrata rispetto al perimetro della costruzione, che contribuisce così


legno diventa legno lamellare e il vetro viene utilizzato in modo nobile attraverso i profilati in vetro autoportanti. Il contesto viene indagato anche sotto il profilo ambientale e urbanistico. Prima fra tutte è la scelta di non interrare il canale che lambisce il perimetro sud dell’edificio e di organizzare proprio in corrispondenza di quest’ultimo un percorso pedonale che lo attraversa in cinque punti così da integrare il nuovo con il preesistente centro sportivo.

2° classificato Paolo Belloni, Elena Brazis

lità architettonica. L’idea è quella di creare un’ampia area a verde e per attrezzature sportive che, sommandosi a quella esistente, costituisca un importante “ Parco per lo Sport” . La disposizione della palestra, nella zona d’angolo dell’area, è stata

Il primo obiettivo del progetto è quello di determinare una situazione di maggiore densità edilizia e conferire all’ingresso del paese una più rappresentativa persona-

alla tipologia della cascina della pianura, scelta però tradotta in un linguaggio architettonico, privo di richiami nostalgici e in grado di esprimere in modo discreto uno spirito dinamico e moderno. La struttura della palestra, ed in particolare della copertura, è stata disegnata per consentire tale utilizzo modulare. I tre moduli, ben caratterizzati anche dall’esterno da tre grandi vetrate a “ cannocchiale” che inquadrano tre scorci visivi verso le montagne, possono essere funzionalmente compartimentati da tendoni a rullo avvolgibili a soffitto.

3° classificato Salvatore Rugino, Giuseppe Leone, Olivia Longo, Sergio Luzio

mento della palestra lungo la nuova strada prevista. Il collegamento pedonale con la nuova palestra avviene tramite una passerella aerea posta alla quota +5,25 del secondo livello dell’edificio mentre, parallelamente alla strada provinciale, una pensilina copre la rampa che conduce a un secondo ingresso posto alla quota +2,75 del primo livello della palestra. La distribuzione dei locali interni alla struttura segue le richieste funzionali del bando e si basa su un’organizzazione degli ambienti lungo tre dei lati dello spazio a tutta altezza del campo da basketpallavolo. Alla quota 0,00 sotto le tribune per il pubblico sono stati progettati gli spogliatoi con i relativi servizi igienici mentre il deposito, i locali per le associazioni sportive, il piccolo ristoro e i servizi per il pubblico e i portatori di handicap sono stati distribuiti al primo e al secondo livello, rispettivamente, alle quote +2,75 e +5,25.

La proposta progettuale comprende un edificio polivalente contenente un campo da basket-pallavolo con le relative attrezzature di servizio; un secondo edificio di minori dimensioni, posto a sud della nuova palestra, per gli impianti della centrale termica e un parcheggio di servizio. L’organizzazione e lo sviluppo dell’ipotesi progettuale si fondano sulla necessità di integrare e collegare agli impianti esistenti il nuovo edificio della palestra, progettato in modo da permettere futuri ampliamenti, concepita anche come centro di incontro e socializzazione per l’intera area urbana. A ovest del nuovo edificio sono state indicate due aree destinate a campi da gioco all’aperto che potrebbero eventualmente essere compresi in un nuovo progetto di amplia-

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Concorsi

mono le sembianze di lame di luce e allo stesso tempo rispondono alle esigenze delle normative antincendio, garantendo le vie di fuga. I due accessi alla palestra sono marcati da una pensilina. Per risolvere la questione dell’integrazione e dell’inserimento nel contesto paesistico il progetto è stato interpretato attraverso la rivisitazione dei materiali tradizionali in chiave tecnologica; così il cotto del mattone diventa la lastra da cinque centimetri di rivestimento, il

determinata per costituire la testa e il punto di accesso di questo parco per lo Sport, oltre che per razionalizzare lo sfruttamento dell’area attualmente agricola, ipotizzando un processo di urbanizzazione per fasi. La disposizione dei volumi è stata determinata per ottimizzare l’orientamento della palestra rispetto all’asse eliotermico; per rendere visivamente fruibile il fantastico spettacolo delle Orobie, verso nord. La scelta di realizzare tutti i rivestimenti di facciata in mattoni a vista vuole costituire un richiamo


Legislazione a cura di Walter Fumagalli

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L’installazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per lo sviluppo del paese Lo scorso 14 settembre è entrato in vigore il decreto legislativo 4 settembre 2002 n. 198, che ha lo scopo di accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni dichiarate strategiche per lo sviluppo del Paese ai sensi della legge 21 dicembre 2001 n. 443 (c.d. legge Lunardi). Per raggiungere l’obiettivo è stato delineato un nuovo procedimento amministrativo, destinato a concludersi in tempi rapidi e con un unico provvedimento abilitativo, che sostituisce tutti quelli normalmente necessari (ad esempio la licenza edilizia o il nulla-osta della sovrintendenza per i beni ambientali). L’installazione delle infrastrutture strategiche di telecomunicazioni specificamente indicate dall’articolo 4, infatti, è subordinata al rilascio di un’unica autorizzazione, mentre per gli impianti con potenza in singola antenna uguale o inferiore a 20 Watt è sufficiente presentare Denuncia di Inizio Attività. Ai sensi dell’articolo 5, la domanda di autorizzazione e la D.I.A., con il progetto e tutta la documentazione atta a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità stabiliti dalla legge 22 febbraio 2001 n. 36 relativamente alle emissioni elettromagnetiche delle apparecchiature, devono essere presentate “ all’ente locale” competente e inoltrate, in copia, all’A.R.P.A. (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) o ad analogo organismo indicato dalle singole regioni. Già, ma quale è l’ente locale competente: la Provincia, il Comune, la Città Metropolitana o la Comunità montana? Per rispondere alla domanda l’unica norma cui si potrebbe fare riferimento è quella contenuta nel primo comma dell’articolo 3, secondo cui “ le categorie di infrastrutture di telecomunicazioni, considerate strategiche (…) sono (…) realizzabili esclusivamente sulla base delle procedure definite dal presente decreto, anche in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), della legge 22 febbraio 2001, n. 36” , norma, quest’ultima, che attribuisce alle regioni il compito di disciplinare le modalità di rilascio delle autorizzazioni relative agli impianti che non sono dichiarati strategici. Si deve quindi ritenere che, per le parti “ non derogate” , le norme della legge n. 36/2001 debbano trovare applicazione anche per le infrastrutture dichiarate strategiche. L’articolo 8, quarto comma, della legge n.36/2001, stabilisce in particolare che “ le regioni (…) definiscono le competenze che spettano alle province ed ai comuni” , ragion per cui ogni regione è libera di decidere a quale ente locale, tra la provincia ed il comune, attribuire il compito di rilasciare l’autorizzazione.

E poiché il decreto legislativo n.198/2002 non prevede alcuna deroga a quest’ultima norma, pare plausibile concludere che gli enti locali competenti a rilasciare le autorizzazioni ed a verificare le D.I.A. sono quelli indicati dalle previgenti norme. Naturalmente, questi enti dovranno attenersi alle regole appositamente stabilite dal decreto legislativo, le quali dispongono quanto segue. All’atto del deposito della domanda, l’ente locale deve comunicare al richiedente il nome del responsabile del procedimento e, per il tramite dello sportello locale, deve “ pubblicizzare l’istanza, pur senza diffondere i dati caratteristici dell’impianto” . Non vengono specificati né i modi in cui dar pubblicità della domanda, né quali siano i dati caratteristici dell’impianto da mantenere riservati. Successivamente, l’A.R.P.A. ed il responsabile del procedimento inizieranno a valutare il contenuto della domanda; ma mentre la prima deve solo esprimere, entro venti giorni, un parere tecnico, il secondo ha un compito assai più gravoso. Innanzitutto, deve verificare che il richiedente abbia redatto l’istanza in modo conforme a quanto indicato nel modello allegato al decreto, e che abbia presentato tutta la documentazione richiesta; potendo, in caso contrario, interrompere il procedimento per consentire l’integrazione documentale o il rilascio di dichiarazioni. L’interruzione può essere disposta una sola volta, entro il termine, non perentorio, di quindici giorni dal ricevimento della domanda. Inoltre, nel caso in cui abbia ricevuto più domande, deve stabilire l’ordine cronologico dell’istruzione delle pratiche, dando precedenza alle domande presentate congiuntamente da più operatori. Poi, deve individuare quali soggetti pubblici coinvolgere nell’istruzione della pratica. Non va dimenticato, infatti, che l’autorizzazione di che trattasi è sostitutiva di tutti i titoli abilitativi richiesti per gli altri interventi sul territorio, e dunque, a seconda dei casi, potrebbe essere necessario interessare soggetti pubblici quali la commissione edilizia comunale, i soggetti preposti alla tutela dei vincoli ambientali, monumentali e idrogeologici, quelli preposti alla tutela delle servitù militari, alla tutela della sanità, i vigili del fuoco, eccetera. Infine, il responsabile del procedimento deve inviare loro tutti i documenti in suo possesso, per attenderne le valutazioni. I soggetti pubblici interessati, a loro volta, dovranno compiere una adeguata istruttoria e comunicarne l’esito al responsabile del procedimento. Ma tutto ciò dovrà essere fatto in un periodo di tempo molto breve. Se, infatti, una delle suddette amministrazioni esprimesse un motivato dissenso in ordine alla realizzazione dell’infrastruttura, il responsabile del procedimento dovrebbe


Laddove ne ravvisi le ragioni, poi, il responsabile del procedimento può convocare, entro trenta giorni dal deposito della domanda, una conferenza di servizi che deve pronunciarsi entro trenta giorni dalla prima convocazione, salvo il caso in cui la questione debba essere rimessa al Consiglio dei Ministri a causa del dissenso manifestato da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, del patrimonio storico-artistico o della salute. In ogni modo, l’accoglimento della domanda comporta automaticamente anche la concessione del suolo e del sottosuolo pubblico necessario per effettuare i lavori. Nella seconda ipotesi, invece, la domanda di autorizzazione dovrà essere presentata a tutti i soggetti interessati, e potrà essere esaminata da una conferenza di servizi all’uopo convocata dal soggetto interessato, o dal comune di maggior dimensione demografica, che dovrà decidere entro trenta giorni dalla prima convocazione. Nel caso in cui le opere interessino più regioni, dovrà essere convocata una conferenza di servizi per ciascun ambito regionale. Una volta ottenuta l’autorizzazione secondo le regole testé descritte, gli operatori potranno procedere all’esecuzione dei lavori, con l’obbligo di tenere indenne l’ente locale o l’ente proprietario del terreno dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche interessate, nonché quello di ripristinare a regola d’arte le medesime dopo l’esecuzione dell’intervento. Le opere così realizzate sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria disciplinate dall’articolo 16.7 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (che forse entrerà in vigore il 30 giugno 2003). Infine, occorre segnalare una norma adottata specificamente per ridurre il più possibile gli scavi all’interno del perimetro dei centri abitati. In questa ipotesi, il richiedente deve inoltrare, a pena di irricevibilità della domanda, su sopporto elettronico il progetto al Ministero delle comunicazioni, o a diverso ente da questi delegato, affinché ne venga data pubblicità. Entro trenta giorni dalla presentazione e pubblicizzazione del progetto, altri operatori interessati all’installazione degli impianti possono concordare con il richiedente l’elaborazione di un piano comune onde installare i rispettivi impianti utilizzando un unico scavo. Emanuele Ratto

Ancora un decreto a rischio di incostituzionalità Ormai è una costante: ogni volta che il Governo, delegato dal Parlamento ad emanare un decreto legislativo, regola materie che involgono la tutela della salute dei cittadini, la disciplina del territorio, o la salvaguardia dell’ambiente, non si può fare a meno di chiedersi se la nuova normativa rispetti le competenze attribuite dalla Costituzione alle regioni e i limiti della delega conferita dal Parlamento al Governo. Le risposte che di volta in volta vengono date a queste domande lasciano intuire quale potrà essere il destino delle nuove norme, fermo restando che l’ultima parola in merito dovrà essere pronunciata dalla Corte Costituzionale, se e quando verrà investita dalla questione. In questa rubrica (numero 3/2002 di AL) sono già state espresse perplessità circa la legittimità costituzionale della c.d. “ Legge Lunardi” (la legge 21 dicembre 2001 n. 443); lo stesso si deve fare oggi, con riferimento al decreto le-

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convocare, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda, una conferenza di servizi che dovrebbe pronunciarsi nei trenta giorni successivi alla prima convocazione, informando tempestivamente il Ministero delle comunicazioni. La decisione della conferenza di servizi, assunta a maggioranza dei presenti, è vincolante, tranne nell’ipotesi in cui venga registrato anche in quella sede un dissenso motivato da parte di un ente preposto alla tutela ambientale, del patrimonio storico-artistico o della salute, nel qual caso la decisione è demandata al Consiglio dei Ministri. La mole di lavoro da svolgere per autorizzare l’installazione di una infrastruttura, in definitiva, è ingente: entrano, infatti, in gioco numerosissimi interessi pubblici che le pubbliche amministrazioni devono tutelare con la massima ponderatezza. Ponderatezza che il decreto n. 198/2002 non pare garantire appieno laddove prevede (articolo 6) che le domande di autorizzazione e le denunce di inizio attività, tranne quelle che debbano essere sottoposte all’esame del Consiglio dei Ministri, “ si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, (…) non sia stato comunicato un provvedimento di diniego.” Per raggiungere lo scopo di accelerare la realizzazione delle infrastrutture il Governo ha scelto la via più semplice, assegnando un termine brevissimo entro cui concludere il procedimento (difficilmente rispettabile data la complessità dell’istruttoria innanzi descritta), e garantendo comunque il risultato attraverso la formazione del silenzio assenso sulla domanda di autorizzazione. Ciò è certamente utile per sveltire l’iter delle pratiche e per dare certezza in ordine alla loro definizione, ma comporta il rischio che vengano rilasciate, in forza di silenzio assenso, delle autorizzazioni non sufficientemente istruite. Tale rischio, che comporta il parziale sacrificio di interessi pubblici quali la tutela dell’ambiente o delle bellezze architettoniche, potrebbe essere accettato solo in nome dell’interesse allo sviluppo tecnologico ed economico del Paese. Quello che è difficilmente accettabile, invece, è che il decreto in esame stabilisca che “ gli enti locali possono prevedere termini più brevi” per la conclusione del procedimento: qualora ciò avvenisse, infatti, il rischio poc’anzi paventato diventerebbe una certezza. Il decreto in commento, infine, prevede anche l’ipotesi in cui l’installazione delle infrastrutture di telecomunicazioni presupponga la realizzazione di opere civili o l’effettuazione di scavi e l’occupazione di suolo pubblico. Laddove ciò sia necessario, occorre richiedere una specifica autorizzazione. Per ottenerla, sono previsti due distinti procedimenti, l’uno da seguire nella generalità dei casi, l’altro da seguire nel caso in cui l’esecuzione dei lavori interessi aree di proprietà di più enti, sia pubblici che privati. Nella prima ipotesi, occorre presentare apposita domanda all’ente locale competente o “ alla figura soggettiva pubblica proprietaria delle aree” , che deve pronunciarsi nel termine di novanta giorni dal ricevimento della domanda, ovvero in quello di trenta giorni in caso di attraversamenti di strade o di scavi di lunghezza inferiore a duecento metri, scaduto il quale l’autorizzazione è rilasciata per silenzio assenso. Il decorrere dei suddetti termini può essere interrotto, per una sola volta, entro dieci giorni dal ricevimento della domanda per il rilascio di dichiarazioni o per l’integrazione della documentazione prodotta da parte del richiedente.


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gislativo 4 settembre 2002 n.198, mediante il quale il governo ha inteso dare attuazione alla delega attribuitagli dall’articolo 1.2 della citata legge n. 443/2001. In proposito vengono in rilievo alcuni articoli della Costituzione: • l’articolo 9, ai sensi del quale la Repubblica “ tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” ; • l’articolo 32, il quale stabilisce che “ la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” ; • l’articolo 76, il quale dispone che “ l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di princìpi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti” ; • l’articolo 97, in forza del quale “ i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione” ; • l’articolo 117, il quale stabilisce che spetta alle regioni dettare norme in tema di governo del territorio, tutela della salute e salvaguardia dell’ambiente, mentre in queste materie allo Stato spetta solo il compito di fissare i princìpi fondamentali cui le regioni devono uniformare le proprie norme; • l’articolo 118, in forza del quale “ i Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze” . Alla luce di questi princìpi, già ad una prima lettura del decreto n. 198/2002 appare davvero dubbia la costituzionalità di alcune disposizioni dello stesso (una lettura più approfondita, probabilmente, porterebbe ad estendere i dubbi di incostituzionalità anche ad altre disposizioni, sulle quali lo spazio a disposizione non consente di soffermarsi). L’articolo 3.2 del decreto, anzitutto, dispone che le infrastrutture per impianti radioelettrici qualificate come “ strategiche e di preminente interesse nazionale” , ad esclusione delle torri e dei tralicci relativi alle reti di televisione digitale terrestre, “ sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e sono realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento” . Questa disposizione sembra contraria all’articolo 76 della Costituzione, in quanto i criteri fissati dalla legge-delega non attribuivano al Governo il potere di dettare disposizioni di carattere urbanistico, né tanto meno quello di derogare autoritativamente ed in via generalizzata agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti locali. Ma essa appare in contrasto anche con l’articolo 117 della Costituzione, in quanto fissa una regola relativa al governo del territorio che ben difficilmente può essere considerata come “ principio fondamentale” , e che quindi finisce per invadere la sfera di competenza delle regioni; il che automaticamente implica anche un’ulteriore violazione del già richiamato articolo 76 della Costituzione, giacché la delega conferita dal Parlamento al Governo imponeva espressamente a quest’ultimo di emanare norme “ nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni” . La norma in esame appare in contrasto anche con l’articolo 118 della Costituzione, in quanto introdurre mediante decreto, in via generalizzata e senza alcuna partecipazione dei Comuni, una deroga ai piani regolatori ed ai regolamenti locali, risulta decisamente lesivo dell’autonomia dei Comuni stessi e degli altri enti locali competenti. Ed infine la norma implicherebbe una violazione ancor più radicale della Costituzione, qualora venisse riferita a

tutte indistintamente le infrastrutture per impianti radioelettrici in genere, e non solo a quelle considerate strategiche ai sensi dell’articolo 1.1 della legge-delega: quest’ultima, infatti, ha demandato al Governo il compito di disciplinare solo le infrastrutture e gli impianti specificamente individuati come “ strategici e di preminente interesse nazionale” al termine di un apposito procedimento amministrativo, e quindi il Governo non avrebbe avuto alcun potere di regolamentare anche infrastrutture diverse da quelle così individuate. L’articolo 3.3 del decreto dispone poi che le infrastrutture di telecomunicazioni, le relative opere di scavo e le cosiddette reti dorsali, “ sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria (…) pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia” , la quale fra l’altro prevede la gratuità della relativa concessione edilizia (sostituita dal decreto con una specifica autorizzazione) e la possibilità della realizzazione a scomputo dagli oneri di urbanizzazione. Anche per questa disposizione si propongono i dubbi di illegittimità costituzionale poc’anzi evidenziati in relazione all’articolo 76 ed all’articolo 117 della Costituzione. Da un lato, infatti, la delega conferita al Governo dal Parlamento non comprendeva la ridefinizione del regime contributivo degli atti abilitativi alla realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni qualificate di interesse strategico e di preminente interesse nazionale, né tanto meno l’aggiornamento della disciplina relativa all’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri concessori; dall’altro, come già rilevato, la competenza ad emanare norme in tema di governo del territorio è affidata alle regioni, mentre allo Stato spetta soltanto di fissare i “ princìpi fondamentali” , e sembra davvero difficile qualificare come “ principio fondamentale” una disposizione che estenda a determinate infrastrutture di telecomunicazioni la disciplina delle opere di urbanizzazione. L’articolo 5 regolamenta nel dettaglio il procedimento di rilascio dell’autorizzazione istituita dal decreto legislativo, come unico provvedimento abilitativo necessario per la realizzazione delle infrastrutture di cui si tratta. Anche per questa disposizione appare giustificato prospettare un contrasto con gli articoli 76 e 117 della Costituzione: si tratta infatti di una disciplina che attiene al governo del territorio, alla salvaguardia dell’ambiente ed alla tutela della salute; pertanto, per non invadere la sfera di competenza delle regioni, lo Stato doveva limitarsi a determinare i “ princìpi fondamentali” , e non poteva spingersi oltre, fino a precisare i termini di ogni singola fase del procedimento, e addirittura fino ad approvare i modelli cui dovranno uniformarsi le relative istanze. E d’altro canto, avendo invaso la competenza delle regioni, il Governo ha disatteso l’obbligo di rispettare le “ attribuzioni costituzionali delle regioni” stesse, espressamente impostogli dalla legge-delega. Ma la norma può essere sospettata di incostituzionalità anche per contrasto con l’articolo 97 della Costituzione: la disciplina dettata dall’articolo 5, infatti, sembra delineare un meccanismo procedimentale imperniato su termini talmente ristretti, da compromettere di fatto il buon andamento della pubblica amministrazione. Se questo dovesse poi pregiudicare la tutela della salute dei cittadini e la salvaguardia del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, sarebbe individuabile anche una violazione dell’articolo 32 e dell’articolo 9 della Costituzione. W. F.


Organizzazione professionale a cura di Ilario Boniello

Il progetto definitivo rappresenta la seconda fase di approfondimento dell’attività progettuale (preliminare, definitivo, esecutivo). Esso viene elaborato sulla base delle indicazioni fornite dal progetto preliminare validato e contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle concessioni edilizie, dell’accertamento di conformità urbanistica o di altro atto equivalente. Gli elaborati grafici e descrittivi nonché i calcoli preliminari sono sviluppati ad un livello di definizione tale che nella successiva progettazione esecutiva non si abbiano apprezzabili differenze tecniche e di costo. Documenti di riferimento Il progetto definitivo comprende una relazione descrittiva che fornisce i chiarimenti atti a dimostrare la rispondenza del progetto alle finalità dell’intervento, il rispetto del prescritto livello qualitativo, dei conseguenti costi e dei benefici attesi. In particolare la relazione descrive, con espresso riferimento ai singoli punti della relazione illustrativa del progetto preliminare, i criteri utilizzati per le scelte progettuali, gli aspetti dell’inserimento dell’intervento sul territorio, le caratteristiche prestazionali e descrittive dei materiali prescelti, nonché i criteri di progettazione delle strutture e degli impianti, in particolare per quanto riguarda la sicurezza, la funzionalità e l’economia di gestione. Inoltre riferisce in merito a tutti gli aspetti riguardanti la topografia, la geologia, l’idrologia, il paesaggio, l’ambiente e gli immobili di interesse storico, artistico ed archeologico che sono stati esaminati e risolti in sede di progettazione attraverso lo studio di fattibilità ambientale, nonché attraverso i risultati di apposite indagini e studi specialistici giungendo anche ad indicare le eventuali cave e discariche da utilizzare per la realizzazione dell’intervento con la specificazione dell’avvenuta autorizzazione. Necessariamente indica le soluzioni adottate per il superamento delle barriere architettoniche, riferisce in merito all’idoneità delle reti esterne dei servizi atti a soddisfare le esigenze connesse all’esercizio dell’intervento da realizzare e in merito alla verifica sulle interferenze delle reti aeree e sotterranee con i nuovi manufatti. Se è il caso contiene le motivazioni che hanno indotto il progettista ad apportare variazioni alle indicazioni contenute nel progetto preliminare e riferisce in merito alle eventuali opere di abbellimento artistico o di valorizzazione architettonica. Infine riferisce in merito al tempo necessario per la redazione del progetto esecutivo eventualmente aggiornando quello indicato nel cronoprogramma del progetto preliminare. Il progetto definitivo contiene anche la relazione geotecnica, idrologica e idraulica con lo scopo di definire, alla luce di specifiche indagini, il comportamento mec-

canico del volume di terreno influenzato, direttamente o indirettamente, dalla costruzione del manufatto e che a sua volta influenzerà il comportamento del manufatto stesso. Illustra inoltre i calcoli geotecnici per gli aspetti che si riferiscono al rapporto del manufatto con il terreno. La relazione idrologica e idraulica, in particolare, riguarda lo studio delle acque meteoriche, superficiali e sotterranee. Gli studi devono indicare le fonti dalle quali provengono gli elementi elaborati e i procedimenti usati nella elaborazione per dedurre le grandezze di interesse. Ove la progettazione implichi la soluzione di questioni specialistiche, queste formano oggetto di specifiche relazioni. Le relazioni tecniche specialistiche definiscono le problematiche poste dal progetto e le soluzioni da adottare in sede di progettazione esecutiva. Lo studio di impatto ambientale, ove previsto dalla normativa vigente, è redatto secondo le norme tecniche che disciplinano la materia ed è predisposto contestualmente al progetto definitivo sulla base dei risultati della fase di selezione preliminare dello studio di impatto ambientale, nonché dei dati e delle informazioni raccolte nell’ambito del progetto stesso anche con riferimento alle cave e alle discariche. Lo studio di fattibilità ambientale, tenendo conto delle elaborazioni a base del progetto definitivo, approfondisce e verifica le analisi sviluppate nella fase di redazione del progetto preliminare, nonché analizza e determina le misure atte a ridurre o compensare gli effetti dell’intervento sull’ambiente e sulla salute, ed a riqualificare e migliorare la qualità ambientale e paesaggistica del contesto territoriale avuto riguardo agli esiti delle indagini tecniche, alle caratteristiche dell’ambiente interessato dall’intervento in fase di cantiere e di esercizio, alla natura delle attività e lavorazioni necessarie all’esecuzione dell’intervento, e all’esistenza di vincoli sulle aree interessate. Esso contiene tutte le informazioni necessarie al rilascio delle prescritte autorizzazioni e approvazioni in materia ambientale. Elaborati grafici del progetto definitivo Gli elaborati grafici descrivono le principali caratteristiche dell’intervento da realizzare. Essi sono redatti nelle opportune scale in relazione al tipo di opera o di lavoro da realizzare. Per i lavori e le opere puntuali gli elaborati grafici sono costituiti, salva diversa indicazione del progetto preliminare e oltre a quelli già predisposti con il medesimo progetto, da: • a. stralcio dello strumento urbanistico generale o attuativo con l’esatta indicazione dell’area interessata all’intervento; • b. planimetria d’insieme in scala non inferiore a 1:500, con le indicazioni delle curve di livello dell’area interessata dall’intervento, con equidistanza non superiore a cinquanta centimetri, delle strade, della posizione, sa-

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Progettazione Definitiva


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gome e distacchi delle eventuali costruzioni confinanti e delle eventuali alberature esistenti con la specificazione delle varie essenze; • c. planimetria in scala non inferiore a 1:200, in relazione alla dimensione dell’intervento, corredata da due o più sezioni atte ad illustrare tutti i profili significativi dell’intervento, anche in relazione al terreno, alle strade ed agli edifici circostanti, prima e dopo la realizzazione, nella quale risultino precisati la superficie coperta di tutti i corpi di fabbrica. Tutte le quote altimetriche relative sia al piano di campagna originario sia alla sistemazione del terreno dopo la realizzazione dell’intervento, sono riferite ad un caposaldo fisso. La planimetria riporta la sistemazione degli spazi esterni indicando le recinzioni, le essenze arboree da porre a dimora e le eventuali superfici da destinare a parcheggio; è altresì integrata da una tabella riassuntiva di tutti gli elementi geometrici del progetto: superficie dell’area, volume dell’edificio, superficie coperta totale e dei singoli piani e ogni altro utile elemento; • d. le piante dei vari livelli, nella scala prescritta dai regolamenti edilizi o da normative specifiche e comunque non inferiore a 1:100 con l’indicazione delle destinazioni d’uso, delle quote planimetriche e altimetriche e delle strutture portanti. Le quote altimetriche sono riferite al caposaldo di cui alla lettera c e in tutte le piante sono indicate le linee di sezione di cui alla lettera e; • e. almeno due sezioni, trasversale e longitudinale nella scala prescritta dai regolamenti edilizi o da normative specifiche e comunque non inferiore a 1:100, con la misura delle altezze nette dei singoli piani, dello spessore dei solai e della altezza totale dell’edificio. In tali sezioni è altresì indicato l’andamento del terreno prima e dopo la realizzazione dell’intervento, lungo le sezioni stesse, fino al confine ed alle eventuali strade limitrofe. Tutte le quote altimetriche sono riferite allo stesso caposaldo di cui alla lettera c; • f. tutti i prospetti nella scala prescritta da normative specifiche e comunque non inferiore a 1:100 completi di riferimento alle altezze e ai distacchi degli edifici circostanti, alle quote del terreno e alle sue eventuali modifiche; se l’edificio è adiacente ad altri fabbricati, i disegni dei prospetti comprendono anche quelli schematici delle facciate adiacenti; • g. elaborati grafici nella diversa scala prescritta da normative specifiche e comunque non inferiore a 1:200 atti ad illustrare il progetto strutturale nei suoi aspetti fondamentali, in particolare per quanto riguarda le fondazioni; • h. schemi funzionali e dimensionamento di massima dei singoli impianti, sia interni che esterni; • i. planimetrie e sezioni in scala non inferiore a 1:200, in cui sono riportati i tracciati principali delle reti impiantistiche esterne e la localizzazione delle centrali dei diversi apparati, con l’indicazione del rispetto delle vigenti norme in materia di sicurezza, in modo da poterne determinare il relativo costo. Le prescrizioni, di cui sopra, si riferiscono agli edifici ma possono valere per altre tipologie di lavori e opere puntuali, per quanto possibile e con gli opportuni adattamenti. Per interventi su opere esistenti, gli elaborati indicano, con idonea rappresentazione grafica, le parti conservate, quelle da demolire e quelle nuove.

Per i lavori e le opere su scala urbanistico-territoriale, gli elaborati grafici sono costituiti, oltre che da quelli già predisposti con il progetto preliminare, anche da: • a. stralcio dello strumento urbanistico generale o attuativo con l’esatta indicazione dei tracciati dell’intervento. Se sono necessari più stralci è redatto anche un quadro d’insieme in scala non inferiore a 1:25.000; • b. planimetria in scala non inferiore a 1:2.000 con le indicazioni delle curve di livello delle aree interessate dall’intervento, con equidistanza non superiore a un metro, dell’assetto definitivo dell’intervento e delle parti complementari. Se sono necessarie più planimetrie è redatto anche un quadro d’insieme in scala non inferiore a 1:5.000; • c. profili longitudinali in scala non inferiore a 1:200 per le altezze e 1:2.000 per le lunghezze e sezioni trasversali; • d. piante, sezioni e prospetti in scala non inferiore a 1:100 di tutte le opere d’arte, manufatti e opere speciali comunque riconducibili ad opere puntuali. Il progetto definitivo, infine, prevede anche l’effettuazione dei calcoli preliminari delle strutture e degli impianti, la redazione di un disciplinare descrittivo e prestazionale degli elementi tecnici e la stima sommaria dell’intervento. I calcoli preliminari delle strutture e degli impianti devono consentirne il dimensionamento e, per quanto riguarda le reti e le apparecchiature degli impianti, anche la specificazione delle caratteristiche. I calcoli degli impianti devono permettere, altresì, la definizione degli eventuali volumi tecnici necessari. Il disciplinare descrittivo e prestazionale precisa, sulla base delle specifiche tecniche, tutti i contenuti prestazionali tecnici degli elementi previsti nel progetto. Il disciplinare contiene, inoltre, la descrizione, anche sotto il profilo estetico, delle caratteristiche, della forma e delle principali dimensioni dei manufatti, dei materiali e dei componenti previsti. La stima sommaria dell’intervento consiste nel computo metrico estimativo, redatto applicando alle quantità delle lavorazioni i prezzi unitari dedotti dai listini correnti nell’area interessata. Per eventuali voci mancanti il relativo prezzo viene determinato applicando alle quantità di materiali, mano d’opera, noli e trasporti, necessari per la realizzazione delle quantità unitarie di ogni voce, i rispettivi prezzi elementari dedotti da listini ufficiali o dai listini delle locali camere di commercio ovvero, in difetto, dai prezzi correnti di mercato, aggiungendo all’importo così determinato una percentuale per le spese relative alla sicurezza, aggiungendo ulteriormente una percentuale (variabile tra il 13 e il 15 per cento, a seconda della categoria e tipologia dei lavori) per le spese generali e aggiungendo infine una percentuale del 10 per cento per l’utile dell’appaltatore. In relazione alle specifiche caratteristiche dell’intervento il computo metrico estimativo può prevedere le somme da accantonare per eventuali lavorazioni in economia, da prevedere nel contratto d’appalto. Gabriele Nizzi


Strumenti a cura di Manuela Oglialoro e Camillo Onorato

G.U. n. 205 del 3.9.2002 - Serie Generale Determinazione 30 luglio 2002 Criteri che le stazioni appaltanti debbono seguire nei casi di annullamento dell’attestazione di qualificazione o di ridimensionamento delle categorie e/ o classifiche di qualificazione nonché nel caso di applicazione dell’art. 75, comma 1, lettera h), del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Determinazione n. 19/ 2002) Numerose stazioni appaltanti hanno richiesto dei chiarimenti riguardo al comportamento da adottare quando ad una gara per l’affidamento di un appalto o di una concessione di lavori pubblici partecipi un’impresa nei confronti della quale l’Autorità abbia emanato provvedimento di annullamento dell’attestazione di qualificazione (SOA) o di ridimensionamento delle categorie e/o classifiche di qualificazione. L’attestazione SOA è da ritenersi rilasciata in difetto dei necessari presupposti ove l’impresa abbia reso alla SOA false dichiarazioni o abbia presentato alla SOA documenti che non abbiano trovato corrispondenza in atti o attestazioni di pubbliche amministrazioni. Dal provvedimento di annullamento o ridimensionamento dell’attestazione SOA ne consegue l’inserimento nel casellario informatico delle imprese. In sostanza ciò prevede il divieto di partecipazione alle gare per un anno dalla data del provvedimento e di stipulare un nuovo contratto di attestazione prima del decorrere di un anno. Tale determinazione tratta anche di tutti i casi particolari riguardanti tale annullamento. G.U. n. 206 del 3.9.2002 - Serie Generale Determinazione 10 luglio 2002 Provvedimenti in autotutela (Determinazione n. 17/ 2002) È stata sottoposta all’attenzione dell’Autorità la problematica inerente l’eventualità, per la stazione appaltante, qualora la graduatoria sia fondata su atti viziati, di rivedere la graduatoria stessa. Pertanto, nelle gare per l’aggiudicazione dei contratti pubblici vige il principio dell’autotutela decisoria, che prevede il riesame, la rettifica o l’annullamento degli atti invalidi. L’autotutela è subordinata all’obbligo di motivazione, alla presenza di ragioni di pubblico interesse, alla valutazione dell’affidamento delle parti private destinatarie del provvedimento oggetto di riesame, al rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale, all’adeguata istruttoria. Nell’interesse pubblico, l’amministrazione, sulla base di giurisprudenza costante, può revocare d’ufficio o non approvare l’aggiudicazione. In caso di aggiudicazione provvisoria di un contratto, l’amministrazione, in base al principio costituzionale del buon andamento può riaprire la gara al fine di riammettere imprese illegittimamente escluse. G.U. n. 206 del 3.9.2002 - Serie Generale Determinazione 24 luglio 2002 Affidamento di progettazione e direzione lavori di interventi finanziati con fondi comunitari (Determinazione n. 18/ 2002) L’autorità, in esecuzione della legge 11 febbraio 1994 n. 109, ha notato che va diffondendosi tra le stazioni appaltanti la prassi del ricorso ad affidamenti diretti di servizi attinenti all’ingegneria e all’architettura. Tali affidamenti rientrano in programmi di finanziamento che utilizzano fondi comunitari, i quali impongono tempi del procedimento non sempre compatibili con tempi tecnici riguardo alla progettazione esecutiva ed all’appalto delle opere. Pertanto, al fine di non perdere il finanziamento, le stazioni appaltanti commissionano direttamente il progetto esecutivo dei lavori. Tale urgenza quindi, in quanto indotta, non corrisponde ai principi di legalità. Inoltre, la modalità operativa determina il mancato rispetto della libera concorrenza tra gli operatori e può comportare problemi in sede di esame da parte della Commissione europea ai fini della concessione del finanziamento. In relazione a quanto esposto si rileva che l’urgenza rappresentata dalle stazioni appaltanti non può ritenersi giustificativa e si

rende necessario che gli enti finanziatori preposti al settore esercitino un controllo sulla progettazioni degli interventi finanziati con fondi comunitari. G.U. n. 206 del 3.9.2002 - Serie Generale Determinazione 30 luglio 2002 Possibilità di ricorrere a procedure concorsuali anomale difformi da quelle tipologicamente individuate nella legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni (Determinazione n. 22/ 2002) Sono pervenuti all’Autorità numerosi quesiti riguardanti la legittimità di procedure relativamente alla realizzazione di opere pubbliche in deroga alla legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni. In particolare, la stazione appaltante affida all’iniziativa privata il compito di realizzare con capitale privato opere pubbliche o di interesse pubblico, previa la vendita del terreno pubblico all’impresa aggiudicataria. Le spese sono a carico dell’impresa medesima, che resta proprietaria dell’immobile e, pur essendo tale opera destinata al servizio pubblico, l’impresa percepisce un canone di locazione da parte dell’amministrazione conduttrice dell’edificio. Tali modelli non sono riconducibili né allo schema della concessione e gestione né a quello del project financing. Ne consegue che è la stessa normativa pubblicistica in materia quella cui occorre fare riferimento per individuare gli ambiti tipologici entro i quali effettuare la scelta del contratto da utilizzare. La legge Merloni, peraltro, vincola la pubblica amministrazione sia sotto il profilo della scelta contrattuale, ma anche per gli aspetti afferenti alla progettazione, ai requisiti dell’impresa realizzatrice, alla direzione dei lavori ed al collaudo. La determinazione specifica che non è consentito effettuare opere pubbliche secondo procedure in contrasto con la legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni e con la normativa di settore. G.U. n. 206 del 3.9.2002 - Serie Generale Determinazione 30 luglio 2002 Valutazione in contraddittori delle offerte anomale in caso di lavori di importo superiore a 5.000.000 di Euro ma inferiore al controvalore in Euro di 5.000.000 di DSP (Determinazione n. 23/2002) È stata sottoposta all’Autorità la problematica relativa alla applicabilità della valutazione delle offerte anomale in caso di lavori il cui importo sia compreso tra i 5.000.000 di Ecu, riclassificata in 5.000.000 di Euro e quella del controvalore in Euro di 5.000.000 di DSP. G.U. n. 214 del 12.9.2002 - Serie Generale Decreto 1° luglio 2002, n. 197 Regolamento recante determinazione delle rendite catastali e conseguenti trasferimenti erariali ai Comuni Il presente decreto disciplina: • i criteri e le modalità per l’erogazione di trasferimenti erariali aggiuntivi a favore dei Comuni che subiscono minori entrate relative all’imposta comunale sugli immobili (ICI) per effetto dei minori imponibili derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, secondo la procedura prevista dal decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701; • i criteri e le modalità per la riduzione dei trasferimenti erariali nei confronti dei Comuni di cui sopra, qualora tali Comuni accertino introiti superiori almeno al trenta per cento rispetto a quelli conseguiti prima della autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati classificabili nel gruppo catastale D. G.U. n. 38 del 21.9.2002 - 3a Serie speciale Legge Regionale 22 luglio 2002, n. 14 M odifiche alla legge regionale 10 giugno 1996, n. 13 “Norme per il riordino degli enti di edilizia residenziale pubblica ed istituzione delle Aziende lombarde per l’edilizia residenziale (ALER)” La presente legge regionale puntualizza norme e procedure relative al Consiglio di amministrazione. C. O.

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Pubblicistica Ambiente Il collegato verde va in “Gazzetta”: bonifiche ai privati in cambio di aree. La legge introduce una nuova procedura di recupero dei siti inquinati (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 9-14 settembre 2002) La bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale potrà essere effettuata da privati che se ne accolleranno gli oneri in cambio dell’utilizzo delle aree. È entrata in vigore la legge “ Disposizioni in materia ambientale” che introduce un nuovo iter per la riqualificazione. In caso di inerzia da parte del proprietario o del gestore delle aree interessate, il ministro dell’Ambiente potrà bandire una gara pubblica per affidare la bonifica a terzi. Questi ultimi potranno disporre direttamente delle “ ripulite” utilizzandole in concessione o cederle a terzi.

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Primo OK per il Ddl delega al Governo. Estinti i reati sui beni paesaggistici (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 14-19 ottobre 2002) L’Aula di Montecitorio ha licenziato il provvedimento che conferisce al Governo un’ampia delega per il riordino normativo in campo ambientale. Le materie su cui l’esecutivo è chiamato a intervenire e legiferare (attraverso una Commissione di 24 saggi istituita ad hoc presso il Dicastero dell’Ambiente), spaziano dalla gestione dei rifiuti alla tutela delle acque. Il disegno di legge, inoltre, modifica il testo unico sui Beni culturali (Dlgs 490/1999), prevedendo l’estinzione dei reati sui beni vincolati.

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Edilizia Abusivismo, i termini di prescrizione scattano dalla conclusione dell’opera (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 9-14 settembre 2002) Per il calcolo del periodo di prescrizione del reato di costruzione abusiva vale la data di conclusione dell’opera e non quella di rimozione della costruzione illegale. Lo hanno stabilito le sezioni unite penali della Corte di Cassazione. Secondo i giudici, quindi il momento da cui decorre il termine per la prescrizione del reato è quello dell’ultimazione della costruzione. Un principio più favorevole al trasgressore, che riguarda sia le edificazioni effettuate nella fascia di rispetto del demanio marittimo che quelle realizzate in zone sismiche o in assenza di concessione. L’Erp riparte dalle case in affitto. La Lombardia vara un piano da 309 milioni, già avviati esperimenti anche in Emilia e in Piemonte (da “ Edilizia e Territorio” 21-26 ottobre 2002) In tre regioni del Nord, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte, oltre i due terzi dei finanziamenti all’edilizia agevolata sono ormai destinati a contributi a operatori per realizzare case da dare in affitto a canone scontato. Il nuovo programma 20022004 della Lombardia per l’edilizia residenziale pubblica va oltre le tradizionali categorie dell’edilizia “ sovvenzionata” (case popolari) e “ agevolata” (mutui prima casa), e investe circa la metà delle risorse disponibili, 381 milioni di Euro su un totale di 773, per sostenere il mercato dell’affitto. Frenata per l’edilizia senza le proroghe a 36% e Tremonti-bis (da “ Edilizia e Territorio” del 14-19 ottobre 2002) Se il settore delle costruzioni continuerà a crescere anche nel 2003, oppure fermerà la corsa che dura da quattro anni, dipende secondo l’Ance dalla proroga degli sgravi, dal recupero del 36% e l’Iva ridotta e dalla Tremonti - bis. L’Osservatorio congiunturale prevede per il 2002 una crescita “ reale” ancora nettamente superiore a quella del Pil, +2,3% contro +0,6; ma nel 2003 il settore dovrebbe frenare verso una mini-crescita dello 0,6% reale. A meno che, calcola l’Ance, arrivi la proroga degli sgravi: la crescita salirebbe allora al 2,5%. Costruzioni Vincolo di inedificabilità “assoluto” nelle zone limitrofe alle autostrade (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 14-19 ottobre 2002) Il vincolo di inedificabilità nelle zone limitrofe alle autostrade ha carattere assoluto e prescinde dalle caratteristiche dell’opera realizzata. Una costruzione posta ad una distanza inferiore a quella legale, pertanto, non può essere oggetto di sanatoria edilizia quando viene edificata dopo l’imposizione del vincolo, anche se non comporta rischi per la circolazione stradale. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la decisione 4927/2002. L’ordine di demolizione di un manufatto, costruito a distanza inferiore a quella prescritta, inoltre, non richiede una specifica motivazione. Vizi dell’opera, il collaudo non libera la garanzia prestata dall’impresa (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 23-28 settembre 2002) Solo l’accettazione del committente può sollevare l’appaltatore dalla garanzia per i vizi dell’opera edile. Il collaudo eseguito da un tecnico di fiducia invece non “ cancella” le responsabilità dell’impresa. A precisarlo è la seconda sezione civile della Corte di cassazione che ha chiarito le differenze fra collaudo, verifica e accettazione dell’opera. In particolare la Corte ha stabilito che il codice civile considera come sinonimi la verifica dell’opera e il collaudo. Da queste due figure va però distinta l’accettazione dell’opera da parte del committente, che è un’attività successiva. Infrastrutture Lombardia, le priorità per le strade. Niente programma triennale: scelta una indicazione flessibile delle priorità, su scala decennale (da “ Edilizia e Territorio” del 30 settembre-5 ottobre 2002)

Un piano decennale di finanziamenti per ristrutturare la rete viaria “ regionale” vale a dire quelle strade passate di recente dalla competenza dell’Anas a quella delle regioni, ma sotto la gestione diretta delle province, in base al decreto legislativo 112/1998. Lo ha elaborato la Regione Lombardia che ha deciso lo stanziamento di 780 milioni di Euro da qui fino al 2010, tutti fondi provenienti dallo Stato nell’ambito del trasferimento di competenze. Legge obiettivo Telecomunicazioni, procedure veloci per le infrastrutture strategiche (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 23-28 settembre 2002) Decollano le nuove procedure per accelerare la realizzazione di infrastrutture strategiche nel campo delle telecomunicazioni. È stato pubblicato infatti il decreto legislativo attuazione della legge obiettivo. Stretti i tempi di autorizzazione e di realizzazione delle opere. Gli enti locali dovranno infatti decidere entro 90 giorni dalla presentazione delle domande. Altrimenti scatterà il meccanismo del silenzio assenso. Gli interventi dovranno poi essere attuati entro i dodici mesi successivi. Grandi opere, guida alle procedure e ai compiti del general contractor. Le nuove regole previste dal dlgs 190/2002 per gli interventi strategici (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 7-12 ottobre 2002) Procedure di scelta, attività di progettazione, obbligo di prefinanziamento dell’opera, possibilità di affidare a terzi l’esecuzione dei lavori. L’articolo approfondisce la figura del general contractor, chiamato dalla legge obiettivo a interpretare un ruolo da protagonista nella stagione delle grandi opere infrastrutturali annunciata dal Governo. Nonostante il decreto attuativo della legge 443/2001 abbia chiarito ulteriormente il profilo del contraente generale, manca ancora una definizione puntuale dei requisiti organizzativi e finanziari. Urbanistica La riforma urbanistica punta sulla leva fiscale (da “ Il Sole 24 Ore” del 16.10.02) La leva fiscale come strumento di governo del territorio. Nelle linee guida della riforma urbanistica presentate dal Dipartimento dei Lavori pubblici di Forza Italia, insieme ad un regime fiscale semplificato per il settore, vengono codificati i nuovi strumenti delle perequazione e le compensazioni. I responsabile del Dipartimento, Maurizio Lupi, considera il “ fallimentare” bilancio della pianificazione urbanistica fissato dalla Legge 1150 del ’42, concepita per regolare un sistema socio-produttivo sostanzialmente statico” . Un’esigenza condivisa dal ministro per le infrastrutture, Pietro Lunardi: “ C’è da chiedersi come mai in questi sessant’anni non si sia stati capaci di produrre in modo organico uno strumento che recepisse i cambiamenti strutturali, politici e istituzionali” . La riforma, aggiunge Lupi, deve contenere pochi princìpi, lasciando ampio spazio alla legislazione regionale per la definizione della normativa di base. La ripartizione dei poteri, si ispira al principio della sussidiarietà: il Comune è il soggetto primario del governo del territorio, la Regione e le Aree metropolitane cooperano per la pianificazione, mentre lo Stato, attraverso intese con la Conferenza unificata, identifica le linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale e promuove i programmi innovativi. Strumenti I Pit partono da Sicilia e Basilicata. Sarà il 2003 l’anno decisivo per il nuovo strumento. Molte le incognite ancora da sciogliere (da “ Edilizia e Territorio” del 30 settembre-15 ottobre 2002) L’obiettivo è “ integrare” diversi settori di intervento, più enti locali, soggetti pubblici e privati con un’“ idea” di sviluppo di un territorio. I Pit messi in piedi dalle Regioni sono in tutto 141, con un ammontare di risorse pubbliche di oltre 6 miliardi di Euro. Ma il ritardo accumulato è in qualche caso già pesante, e le incognite sul nuovo strumento sono molte. Avanti “adagio” per i patti territoriali. La Corte dei Conti analizza l’andamento: molti ritardi e scostamenti tra risorse e risultati (da “ Edilizia e Territorio” del 30 settembre–5 ottobre 2002) Migliorano i tempi di attuazione ma rimangono ancora numerosissimi i casi di scostamenti tra risorse erogate e risultati conseguiti e fra risultati previsti e quelli effettivamente raggiunti. È questa la fotografia scattata dalla Corte dei Conti nel rapporto 2002 sui patti territoriali. L’indagine parte dai patti di prima generazione (con ordinamento più risalente nel tempo) dove la maggior parte delle previsioni di completamento si attesta intorno a un rinvio, rispetto al termine originariamente previsto, tra 16 e 18 mesi. Riqualificazione urbana Urban Italia, entro il 10 novembre i programmi “stralcio” dei Comuni (da “ Edilizia e Territorio” Norme e Documenti del 23-28 settembre 2002) Arriva finalmente sulla G.U. il decreto del ministero delle Infrastrutture che assegna i finanziamenti per Urban Italia. Come noto, si tratta del “ ripescaggio” dei programmi italiani scartati dalla Commissione europea nell’ambito del programma comunitario Urban II, e in particolare quelli collocati tra la posizione 11 e quella 30. In tutto si tratta di 103 milioni di Euro di finanziamento statale. Il Dm stabilisce che i “ programmi stralcio” , quelli cioè che riadattano gli elaborati originali alle minori risorse pubbliche, vanno inviati al Ministro entro 90 giorni dalla pubblicazione. M. O.


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Lecco A proposito di un concorso Il concorso di progettazione è uno strumento a cui il professionista accede per libera scelta; genera un dibattito che può influenzare le decisioni delle amministrazioni o enti banditori, perciò le proposte progettuali di un concorso d’idee rispecchiano le caratteristiche culturali di una società; e contribuiscono al miglioramento dell’esercizio professionale. È giusto ricordare che nel concorso d’idee, l’idea vincente non si trasforma automaticamente in progettazione esecutiva, in quanto i dati di un bando, sebbene completi e precisi, non riusciranno a dare delle indicazioni che rappresentano la realtà complessa di normative e disponibilità finanziaria degli enti pubblici. L’atteggiamento dell’architetto e della giuria, di fronte al concorso non dovrebbe limitarsi alle esigenze immediate del bando stesso, ma considerare una visione verso il futuro. In un concorso d’idee dovrebbero risaltare le capacità di ricerca, l’esperienza accumulata nel campo della progettazione e la sensibilità propria all’architetto. Il Forum della rivista AL chiedeva di affrontare la tematica dei concorsi attraverso esempi della Provincia. Ci è apparso invece necessario dare un’interpretazione diversa rispetto alle solite “ denunce” dei progetti, presentando un estratto di bando che ci permetta così d’assistere fin dall’inizio al percorso di un concorso. La proposta dell’ente banditore dovrebbe stimolare il professionista ad impiegare tempo ed energie alla partecipazione, sapendo che si vertono promesse da entrambe le parti, si esalta la voglia della creatività e capacità tecnica, si vive un effimero sogno di trasformare la realtà con l’intenzione legittima del miglioramento della qualità della vita. Carmen Carabús Commissione Cultura

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“Vie d’acqua: dal lago alla montagna” “ L’Amministrazione comunale di Lecco nell’ambito del processo di Agenda 21 Locale, accogliendo le proposte espresse dal Forum Civico - Agenda 21, ha avviato una serie di iniziative orientate alla crescita della qualità urbana dove la gestione sostenibile del territorio acquista un’importanza strategica. Nel progetto AGILES (AGire Insieme per LEcco Sostenibile nel 21° secolo) infatti è stato inserito un sotto-progetto riguardante la rinaturalizzazione del lungolago e l’integrazione dello stesso con la città e le montagne circostanti. In questo ambito, si è scelto di utilizzare il concorso di idee quale strumento ideale al fine di acquisire possibili soluzioni progettuali su cui riflettere. In considerazione

delle opere già realizzate e di quelle in corso riguardanti specificatamente il lungolago lecchese, si è individuato come tema conduttore il collegamento dal lungolago all’ambito urbano e alla montagna sfruttando le aste dei torrenti con la valorizzazione, il recupero, la rinaturalizzazione dei torrenti stessi e dei relativi ambienti. Il territorio del Comune di Lecco morfologicamente si può suddividere in tre diverse fasce: zona montuosa, zona pedemontana e zona piana-lacuale, attraversate da una rete idrografica superficiale ben distribuita. In particolare le tre aste principali: torrenti Gerenzone, Caldone, Bione, attraversando le diverse parti del territorio comunale, si prestano ad essere rilette quali elementi di connessione naturale.

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Il complesso impianto urbanistico di Lecco, formato da diversi nuclei storici (alla città di Lecco, comprensiva di Pescarenico dal 1923 al 1928 si unirono Castello sopra Lecco, Rancio di Lecco, Laorca, San Giovanni alla Castagna, Acquate, Germanedo, Maggianico) disseminati nel territorio e uniti ormai da un tessuto “ di saturazione” di più recente formazione, si presta ad una rilettura storica per quanto riguarda il rapporto con la presenza dei corsi d’acqua naturali. La ricchezza di acque rappresenta da sempre uno dei principali fattori che favoriscono gli insediamenti umani e specificatamente anche nella storia di Lecco ha svolto un ruolo importante sia per lo sviluppo delle coltivazioni agricole sia in modo particolare per la fortuna economica derivante dagli insediamenti degli edifici produttivi, industriali legati prevalentemente alla lavorazione della seta, del ferro, del rame. In particolare il torrente Gerenzone e una sua canalizzazione principale detta Fiumicella rappresentano esempi altamente significativi riguardo la plurisecolare vocazione industriale di Lecco, “ Lecco città del ferro” . Il torrente Caldone

e soprattutto il torrente Bione, per vari motivi, tra i quali senz’altro la mancanza di una strada di transito importante come quella per la Valsassina e i loro caratteri morfologici e di portata, risultano meno sfruttati come forza motrice e/o elementi essenziali per le attività produttive (sono sorti comunque alcuni esempi significativi di insediamenti industriali soprattutto lungo il Caldone), infatti hanno costituito in passato prevalentemente delle fonti idriche per il retroterra agricolo del territorio lecchese. Come si può desumere da diverse fonti storiche nel corso dello sviluppo storico-urbanistico di Lecco si è passati da una visione strategica dei corsi d’acqua negli anni a decorrere dalla Rivoluzione industriale fino ad una visione meno cruciale dei fiumi stessi nel periodo post-industriale. In taluni momenti i tre fiumi sono addirittura stati considerati come un impedimento allo sviluppo urbanistico. Il Concorso è bandito al fine di rendere disponibile per la città di Lecco la migliore soluzione possibile per il recupero dei torrenti quali elementi di collegamento dal lungolago all’ambito urbano e alla montagna, tramite la valorizzazione e la rinaturalizzazione dei torrenti stessi e dei relativi ambienti. Il Concorrente dovrà elaborare le proprie soluzioni progettuali finalizzate principalmente ad esaltare la residua naturalità e ad incentivare la percorribilità ciclo-pedonale dal lungolago all’abitato ed infine alla montagna, utilizzando i torrenti Gerenzone, Caldone, Bione, quali elementi fisici predominanti di riferimento. Il “ riutilizzo” di queste risorse naturali dovrà costituire una nuova possibilità di rapportarsi positivamente con i nuclei storici e con gli insediamenti sorti lungo gli stessi, sia da un punto di vista fisico, naturale, storico-culturale, paesaggistico, ma anche funzionale (incentivando ad esempio il riutilizzo di precedenti tracciati pedonali e/o creandone di nuovi, ecc.). Risulta pertanto evidente la necessità di un approfondimento circa le possibilità di difesa della restante naturalità (carattere vegetazionale a margine, acque, elementi naturali tipici di questi corpi idrici, ecc.), di eventuale salvaguardia di testimonianze storiche-culturali (manufatti di pregio storico-architettonico, beni di archeologia indu-

striale, elementi significativi di siti storico-culturali, sedimi storici, ecc.), di tutela e valorizzazione di eventuali beni paesaggistici ed ambientali finalizzate ad una fruizione paesistica diffusa (belvedere panoramici, ecc.). La qualità paesaggistica non costituisce l’unico obiettivo richiesto dal presente Concorso di idee, poiché tutti gli studi e gli interventi previsti devono ricercare soluzioni per favorire la percorribilità ciclo-pedonale, sia a scopo locale che escursionistico-turistico e culturale. In particolare è auspicabile la tutela di tracciati preesistenti e il recupero di eventuali tracciati abbandonati con relativi elementi connessi. Un razionale potenziamento di questi percorsi di “ mobilità sostenibile” equivale a favorire la riduzione della mobilità su mezzi inquinanti, oltre che a migliorare le possibilità di collegamento tra i vari nuclei, i servizi, gli spazi pubblici, gli spazi verdi e tra gli stessi corsi d’acqua: due obiettivi di grande importanza in considerazione della finalità più generale di miglioramento della qualità urbana. La valorizzazione turistica infine rappresenta un altro obiettivo che il Concorrente dovrà considerare nelle proprie ipotesi progettuali. L’accessibilità, la fruibilità, oltre che ovviamente la qualità paesaggistica rappresentano solo alcune delle tematiche da affrontare al fine di ottenere un maggiore richiamo turistico con i possibili benefici anche di carattere economico ad esso connessi. Il Concorrente potrà anche formulare alcuni criteri da rispettare per i possibili interventi di trasformazione dei luoghi oggetto del presente Concorso di idee” . Estratto dal bando del Concorso di idee indetto dal Comune di Lecco nel settembre 2002 Abbiamo deciso di pubblicare questo estratto dal bando per una serie di motivi. Innanzitutto per la validità del tema, di per sé affascinante e stimolante, per l’intenzione decisamente lodevole ed anche per la ritrovata consapevolezza di tre presenze che scorrendo verso valle alternano coscienza e annullamento. I risultati del concorso si avranno nella prossima primavera. Ne riparleremo. ●

C. C.

Parere dell’avvocato Mantini sul contributo afferente alla concessione edilizia Un collega ha chiesto all’Ordine di Milano un chiarimento sulla quantificazione del contributo per il costo di costruzione di un immobile oggetto di demolizione e ricostruzione all’interno della stessa sagoma e con lo stesso volume, ad esclusione dell’interrato dove si sono realizzate un certo numero di autorimesse. L’immobile si trova in zona A ed è affiancato da due edifici ad uso commerciale oggetto di ristrutturazione per i quali si è presentato il computo metrico delle opere al fine del calcolo del costo di costruzione. Per quanto riguarda gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria si è chiesta l’applicazione della Legge Regionale n. 60 del 5/12/77, art. 4 comma 6, al volume reale dell’edificio, dove per volume reale si intende il volume fuori terra, escluso cantine ed autorimesse interrate. Il nostro collega chiedeva se per il calcolo del contributo relativo al costo di costruzione si dovesse presentare il computo metrico dei costi di costruzione dell’edificio residenziale o se si potesse invece chiedere l’applicazione della tabella ministeriale ai sensi del D.M. 10/5/77. Si chiedeva inoltre se per il calcolo delle superfici non residenziali quelle adibite a box e corsello si dovessero conteggiare per intero o con la deduzione del 10% ai sensi della Legge 122/89, oppure deducendo tutte le aree adibite a box e spazi di manovra in quanto aree pertinenziali regolarizzate prima del rilascio della licenza d’uso. Specificando che la pratica sarebbe stata presentata con una denuncia di inizio attività ai sensi della lettera “ a” comma 7 art. 4 della legge regionale 22/99, si richiedeva infine se, trattandosi di una ristrutturazione e quindi non sussistendo l’obbligo della realizzazione dei box ai sensi della legge 122, si potesse comunque detrarre il 10% della superficie dal calcolo della tabella ministeriale. A. B. Di seguito il parere espresso dall’avvocato Mantini (ndr. ricevuto il 27 settembre 2002) Esaminati gli atti e i documenti trasmessi, si rassegnano le seguenti conclusioni. La fattispecie presa in esame per la valutazione concreta del problema del costo di costruzione riguarda la determinazione dello stesso in relazione ad un intervento di ristrutturazione di un immobile sito nella zona A. È innanzitutto doveroso rammentare che la legge n.10 del 1977 ha introdotto il principio della onerosità della concessione edilizia in forza del quale ogni intervento che comporti una trasformazione ur-


banizzazione in relazione alle nuove costruzioni fondati sulle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici, sulle dimensioni dell’intervento e sui limiti e rapporti minimi inderogabili tra spazi privati e pubblici (cd. standard). Il contributo di concessione, nella parte commisurata agli oneri di urbanizzazione non è dovuto nell’ipotesi di ristrutturazione, ossia per interventi sull’esistente sottoposti al regime della concessione, laddove manca un aggravamento dell’insediamento urbanistico, ossia quando rimangono invariati gli indici fondanti il contributo medesimo: la destinazione d’uso, la volumetria e la superficie. L’orientamento della giurisprudenza amministrativa è, sul punto, costante nel ritenere che: “ la concessione edilizia per la ristrutturazione di un preesistente immobile non è soggetta al pagamento degli oneri di urbanizzazione nel caso in cui non si verifichi un’alterazione o variazione degli elementi cui è correlato il carico urbanistico, cioè della superficie, della volumetria e della destinazione d’uso” (T.A.R. Marche Ancona, 25 gennaio 1996, n. 42); e ancora: “ (..) ai fini dell’imposizione degli oneri di urbanizzazione, l’elemento discriminante è costituito dalla sussistenza o meno di un incremento del carico urbanistico in dipendenza della diversa realizzazione dell’intervento edilizio; pertanto, è illegittima la richiesta di pagamento di oneri di urbanizzazione ove non si sia verificata una variazione in aumento del carico urbanistico” (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, 2 novembre 1999, n. 540). In modo ancora più chiaro, il Consiglio di Stato, ha affermato che: “ la concessione per la ricostruzione di un preesistente immobile, senza alterazione o variazione degli elementi cui è correlato il carico urbanistico (superficie, volumetria, destinazione d’uso) non è soggetta al versamento degli oneri urbanizzativi difettando il presupposto giustificativo” (Cons. Stato, sez. V, 8 febbraio 1991, n. 120); e ancora : “ (…) ai fini dell’imposizione degli oneri di urbanizzazione l’elemento discriminante è costituito dalla sussistenza o meno di un incremento del carico urbanistico in dipendenza della diversa realizzazione dell’intervento edilizio; pertanto, è illegittima la richiesta del pagamento di oneri di urbanizzazione ove non si sia verificata una variazione in aumento del carico urbanistico” . Tale orientamento è peraltro implicitamente confermato dalla legge regionale Lombardia n. 60 del 1977 laddove prevede all’art. 4, comma 4 espressamente che: “ per gli interventi di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione (…) gli oneri di urbanizzazione, se dovuti, sono riferiti (…)” . L’inciso “ se dovuti” assume, pertanto, un valore fondamentale in quanto fornisce la precisa indicazione che gli oneri di urbanizza-

zione nelle ipotesi di ristrutturazione edilizia non sono sempre dovuti ma occorre valutare caso per caso le diverse situazioni sulla base dei criteri innanzi indicati. In definitiva, le considerazioni appena evidenziate inducono a ritenere che per l’intervento di ristrutturazione non sia dovuta quella parte di contributo di concessione relativo alle spese di urbanizzazione, ma sia dovuto il solo costo di costruzione determinato seguendo il criterio del computo metrico, quando non vi sia incremento del carico urbanistico. Per quanto concerne, invece, le autorimesse pertinenziali, la l. 122/89 all’art. 9, comma 2 prevede l’autorizzazione gratuita per la esecuzione di parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, realizzati anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato. Anche la legge regionale Lombardia 19 novembre 1999, n. 22 va incontro alla necessità di realizzare nuovi parcheggi nella prospettiva indicata nell’art. 9 della legge statale n. 122/89. Tuttavia la gratuità dell’autorizzazione (o della DIA) è riferita solo alla realizzazione di parcheggi; pertanto, nel caso in cui l’intervento di ristrutturazione fosse contestualmente comprensivo dell’edificio e delle autorimesse pertinenziali, non sarebbe più possibile applicare l’art. 9 della l. n. 122/89, ma sarebbe invece necessario calcolare il costo di costruzione sulla base del computo metrico riguardante tutto l’intervento. Infatti, nell’ipotesi di contestuale realizzazione di parcheggi pertinenziali e di lavori sugli edifici esistenti, si deve ritenere l’intervento come unitario e, quindi, non è possibile scindere lo stesso al fine di utilizzare il miglior regime contributivo previsto dalla legge n. 122/1989. Non v’è dubbio che tale interpretazione, conforme al dato normativo, possa apparire eccessivamente restrittiva e, in alcuni casi discriminatoria, al punto che occorre un chiarimento legislativo. L’unica soluzione praticabile è quella di tenere distinti (anche temporalmente) i due interventi di ristrutturazione e di realizzazione dei parcheggi al fine di poter utilizzare i vantaggi della legge n. 122/89 la cui finalità precipua è proprio quella di favorire la realizzazione dei parcheggi pertinenziali. Rimanendo a disposizione per gli approfondimenti opportuni, porgiamo distinti saluti. avv. prof. Pierluigi Mantini Milano, 17 giugno 2002

Deliberazione della 116ª Seduta di Consiglio del 14.10.2002 Domande di prima iscrizione presentate nei mesi di agosto/settembre/ottobre 2002 (n. 42, di cui n. 27 architetti unicamente l.p. e n. 15 architetti che svolgono altra professione): 13289, Agosti, Emanuela,

18.6.1974, Abbiategrasso; 13309, Alicchio, Stefano, 13.7.1973, Milano; 13295, Anfossi, Paola Maria, 22.3.1939, Rodi; 13307, Auletta, Cosimo Damiano, 26.6.1970, Milano; 13314, Banfi, Gabriele, 20.8.1975, Milano; 13311, Baraldi, Gianmaria, 11.12.1973, Milano; 13280, Besana, M assimiliano, 27.6.1973, Cernusco S/Naviglio; 13300, Bonora, Simona, 12.2.1968, Milano; 13288, Borasi, Beatrice, 3.7.1973, Milano; 13279, Buratti, Gian Luca, 26.6.1972, Premosello Chiovenda; 13313, Cipelletti, Luca, 28.6.1973, Milano; 13304, Colombo, Pamela Carla, 29.2.1968, Busto Arsizio; 13305, Davi’, Davide Alfredo, 8.4.1970, Milano; 13278, Deiosso, Raffaella, 21.6.1973, Carbonia; 13291, Delussu, Giovanni, 6.8.1969, Lanusei; 13306, Fabi, Marica, 16.5.1973, Milano; 13319, Fiordimela, Cristina, 26.6.1968, Roma; 13303, Fraschini, Matteo, 27.5.1976, Milano; 13315, Frigerio, Davide, 19.2.1973, Milano; 13281, Garoni, Elisabetta Carolina, 8.2.1968, Monza; 13294, Genuizzi, Emanuele Geki, 12.10.1967, Milano; 13298, Ghisolfi, Giacomo Ernesto, 17.7.1963, Tortona; 13301, Gobbi, Stefania Elena, 5.4.1972, Pesaro; 13299, Gomarasca, Claudia, 23.12.1969, Milano; 13316, Graziano, Adriano, 20.6.1974, Rho; 13318, Lucarelli, Gustavo Adolfo, 10.10.1960, Cordoba; 13302, Maggiolini, Max Pierre, 22.12.1973, Milano; 13287, Marchello, Alessandro, 6.6.1966, Bolzano; 13285, Marcotti, Tobia Daniele, 25.3.1976, Milano; 13312, Montervino, Matteo, 4.8.1974, Milano; 13308, Montironi, Andrea, 21.5.1974, Monza; 13282, Occoffer, Giorgio, 12.1.1970, M ilano; 13317, Pisoni, Luca, 5.2.1970,Gorgonzola; 13293, Premoli Silva, M ichele Umberto, 23.2.1970, Milano; 13286, Radaelli, Silvana, 16.11.1970, Melzo; 13283, Ramaroli, Ivan Giorgio, 28.1.1974, Milano; 13296, Sacchi, Gabriella Maria Rosa, 27.11.1958, Milano; 13310, Schettini, Giovanni, 15.7.1968, Conversano; 6897, Serra, Marco, 28.5.1964, Milano; 13290, Turolla, Anna Lisa, 26.7.1969, Monza; 13284, Vanossi, Roberto, 20.11.1971, Como; 13297, Zagaria, Marcello, 10.1.1968, Milano; 13292, Zoncada, Tiziana, 19.11.1974, Milano. Reiscrizione all’Albo: Marco Serra. Iscrizioni per trasferimento da altro Albo: Elisabetta Maria Teresa Biffi ed Eugenio Rizzo da Roma; Antonia De Michele da Caserta; Lucilla Magliulo ed Alessandro Spertini da Varese; Emanuela Terzini da Lodi; Domenico Silvio Tortorella da Reggio Calabria. Cancellazioni su richiesta: Valli’ Bassi; Luca Bertini (* ); Maurizio Massei; Claudia Missaglia; Carlo Pitrola. Cancellazioni per trasferimento ad altro Albo: Pierstefano Bellini a Roma (12.9.02); Francesco Gulinello a Forlì-Cesena (1.10.02); Marco Jadicicco-Spignese a Pavia (28.9.02); Francesca Romana Marino a Roma (12.9.02); Elisabetta Parisi Presicce ad Ancona (13.9.02). Inserimento nell’Albo d’Onore (* ) Luca Bertini.

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banistica ed edilizia del territorio è sottoposto al versamento di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione nonché del costo di costruzione. Tale onere contributivo si suddivide dunque in due componenti: la prima, avente caratteristica di imposta sul bene da realizzare, viene calcolata sulla base del costo di costruzione; la seconda, avente natura di tassa per un servizio pubblico reso, è commisurata alle spese che la collettività deve sopportare per le opere di urbanizzazione cui il privato che intende procedere all’edificazione deve concorrere in ragione del beneficio che riceve. Per quanto concerne la prima componente, ossia il costo di costruzione, il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 “ Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” all’ art. 16 comma 10 stabilisce che: “ nel caso di interventi su edifici esistenti il costo di costruzione è determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso di costruire. Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, per gli interventi di ristrutturazione di cui all’art. 3, comma 1, lett. d, i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare che i costi di costruzione ad essi relativi non superino i valori determinati per le nuove costruzioni ai sensi del comma 6” . Tale norma non è ancora vigente, stante la sospensione dell’entrata in vigore del predetto Testo unico, ma è ripetitiva della norma attualmente operante contenuta nell’art. 5 della legge n. 10 del 1977 ad eccezione del secondo periodo del comma 10 del predetto art. 16 del T.U. che prevede una facoltà per i comuni di limitare il valore del costo di costruzione per particolari fattispecie. In buona sostanza, il costo di costruzione deve essere calcolato, secondo la legislazione statale vigente, sulla base del computo metrico delle opere da eseguire. Pertanto, in presenza di interventi edilizi previsti come onerosi (ossia quelli soggetti a concessione edilizia) il costo di costruzione è sempre dovuto. Non si può dire la stessa cosa a proposito degli oneri di urbanizzazione che, nell’ipotesi di ristrutturazione, sono dovuti unicamente se l’intervento determina una variazione del cosiddetto “ carico urbanistico” . L’obbligo di contribuire alle spese di urbanizzazione, trova, infatti, a differenza della quota di contributo commisurato al costo di costruzione, la sua giustificazione nell’oggettivo aumento dei parametri urbanisticamente rilevanti indotto dalla costruzione e dalle funzioni ad essa connesse. Pertanto, ove l’intervento sull’esistente lasci invariato il carico urbanistico, gli oneri non sono dovuti. In tal senso, la legge statale e le leggi regionali individuano specifici criteri per la determinazione degli oneri di ur-


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Rassegna a cura di Manuela Oglialoro

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M ilano La Fiera trasloca, al Portello arriva la Rai. Il Comune: i laboratori della televisione al posto dei vecchi padiglioni. L’opposizione: meglio un parco (dal “ Corriere della Sera” del 10.10.02) Una Fiera si costruisce ed una dovrà essere smantellata. Si liberano terreni in posizione strategica. Molti privati si sono già fatti avanti e l’onorevole Maurizio Lupi ha rilanciato la proposta di destinare almeno una parte di quei padiglioni alla Rai, in cerca di spazi per allargarsi: “ le grandi funzioni urbane hanno sempre permesso la riqualificazione di porzioni di aree dismesse. Questa potrebbe essere la grande occasione per la Rai” . Ma non c’è ancora nulla di scritto: “ Ci siamo impegnati a definire cosa fare entro la fine dell’anno” afferma l’assessore Verga. Progetti Il governo: via libera alla Biblioteca Europea. Roma promette i finanziamenti dei progetti. Pace tra il sindaco e i partiti: travisate le mie parole, ci vedremo più spesso (dal “ Corriere della Sera” del 5.10.02) Via libera alla Beic, la Biblioteca Europea, ma non ci sono (per ora) soldi per la Scala. Per le priorità individuate dall’Amministrazione (Biblioteca e Trasporti) arriveranno soldi: alcuni di questi progetti erano già previsti nella Finanziaria e nella legge obiettivo per le infrastrutture. Ma c’è il problema Scala. La maxiristrutturazione è per ora totalmente pagata dal Comune che contava su un contributo del governo, in modo da poter liberare fondi da destinare ad altri progetti. Da Roma non sono arrivate risposte positive. Zunino ricrea M ontecity-Rogoredo. Al posto delle ex aree industriali Norma Foster disegnerà una “avenue” di negozi esclusivi (da “ Edilizia e Territorio” del 1419.10.02) Un investimento di un miliardo di euro per vincere una delle più interessanti e importanti scommesse urbanistico-immobiliari mai fatte su un’area industriale dismessa italiana. Il comprensorio Rogoredo – Monte-

city, che si estende per circa un milione e 200 mila metri quadrati nel quadrante Sud Est della periferia milanese, a un passo dall’aeroporto di Linate. L’area è oggetto di un piano integrato di intervento e vedrà nascere un quartiere nuovo di zecca, con un calibratissimo mix di funzioni “ private” – soprattutto residenze di pregio e spazi per terziario-uffici e negozi – ma dove non mancherà una componente di matrice pubblica, come una struttura sanitaria, scuole e una chiesa. Il tutto valorizzato da circa 33mila metri quadrati di aree verdi. “M ilano deve diventare più internazionale”. Ballio, nuovo rettore del Politecnico: ”Occorre rivedere la politica dell’accoglienza” (da “ Il Giornale” del 4.10.02) Giulio Ballio, da quindici anni Docente di “ Teoria e progetto delle costruzioni in acciaio” ha già pensato alla squadra di governo che lo accompagnerà nei prossimi quattro anni ai vertici. Ma soprattutto ha meditato sull’attuale ricambio della classe dirigente ambrosiana. Fuga di cervelli o preludio a un declino? Al contrario, osmosi internazionale che ci avvicina agli Usa e all’Europa. “ È una grande sfida succedere a De Maio. Impegnativa. Gli sono stato molto vicino in questi suoi otto anni di rettorato. E ora il confronto è uno stimolo a fare, ad essere sempre più presenti nella città: nella cultura, nella ricerca e nella didattica.“ “ Progetti per Milano? L’internazionalizzazione. Che non significa solo intrattenere relazioni con paesi stranieri come abbiamo già, ma richiamare studenti di aree in via di sviluppo che vengano a studiare qui. Questo schema è stato vincente per l’America e la Germania. Ma è basato sulla politica dell’accoglienza. Su questo ci aspettiamo una forte cooperazione da parte della Regione e del Comune.” “Milano da rilanciare? Ecco i progetti” Le opinioni di architetti, docenti e imprenditori: un impegno forte su obiettivi comuni. Fuksas: costruiamo i grattacieli (dal “ Corriere della Sera” del 13.10.02) Un progetto per sviluppare Milano? Andare oltre Milano, farla diventare una città sovracomunale. Come Londra, come Parigi. Per risolvere traffico, ticket d’ingresso, centro apertochiuso. “ Milano deve essere pensata come uno dei poli di un territorio diffuso, che si estende sino alle Alpi e da Torino a Venezia” afferma il progettista della nuova Fiera, Massimiliano Fuksas. “ Bisogna programmare nuovi luoghi nella città diffusa” . “ Bisogna fondere Milano con le città limitrofe creando una metropoli in grado di risolvere problemi del territorio e darsi un’immagine su altra scala” conferma Italo Rota. “ Bisogna unire Milano con Monza, Sesto e sviluppare dentro questa scala territoriale ed economica i nuovi progetti. Il problema è il localismo: i cittadini faticano a riconoscersi in una realtà più grande. La città policen-

trica c’è già, basta collegare i luoghi. Si eliminerebbero anche le periferie interstiziali” . “Ecco come cambieranno i musei milanesi”. La nuova sovrintendente ai Beni artistici: la Pinacoteca di Brera soffoca, va ampliata (dal “ Corriere della Sera” del 9.10.02) Finanziamenti per la metropolitana, finanziamenti per la Biblioteca europea e per la Scala. L’unico settore rimasto un po’ in disparte nell’infornata di quattrini promessi dal governo per Milano è quello dell’arte. Per il quale tuttavia potrà continuare a far fronte il Comune. Perché la promozione dell’arte a Milano, è già ripartita con significative acquisizioni, con l’apertura di Palazzo Reale come sede espositiva e con l’individuazione di nuove sedi per ospitare le collezioni. Questo è il pensiero di Maria Teresa Fiorio, direttrice delle Civiche raccolte d’arte e, si vocifera, prossima sovrintendente ai Beni Artistici, Storici e Demoantropologici della Lombardia. “ Il recupero di Palazzo Reale è una realtà. E certamente la trasformazione dell’Arengario in Museo d’Arte del Novecento è già un progetto finanziato, da sostenere e che si farà. Ho più dubbi sulla nascita del Museo del presente alla Bovisa, ma è un progetto nato in ambito diverso da quello delle raccolte civiche. La Pinacoteca soffoca e l’ampliamento con Palazzo Citterio è necessario. Brera detiene un’ampia collezione dell’Ottocento da valorizzare e la collezione Jesi va ricollocata.” La Rotonda alla riscoperta degli artisti milanesi del ‘900 (da “ Il Giornale” del 24.9.02) Rinnovata, restaurata e finalmente riaperta, la Rotonda della Besana è restituita a Milano per diventare il “ tempio degli artisti milanesi. Dei nuovi 4.000 metri quadrati di spazio espositivo che si dischiudono con il compimento dei lavori all’edificio settecentesco, infatti una parte sarà dedicata a coloro che hanno operato nel fervido clima culturale della Milano del Novecento e non sempre hanno ottenuto il supporto e il riconoscimento che meritavano” . Con queste parole Flavio Caroli, responsabile scientifico per le attività espositive di Palazzo Reale, ha presentato il progetto da dedicare alla grande tradizione locale, la rassegna “ Maestri a Milano” che la prossima primavera sarà avviata nelle sale dell’antico “ Foppone” . Restauro L’uovo di Colombo del restauro. Due tecnici milanesi hanno messo a punto una formula semplice ed economica per il recupero degli affreschi: acqua e anidride carbonica (da “ Il Giornale” del 28.9.02) Acqua frizzante e un po’ di acetone. Il cocktail è decisamente insolito ma ha il vantaggio di non essere né complicato né costoso. È un toccasana in grado di regalare nuova vita a chilometri quadrati di affreschi sul punto di sgretolarsi. La nuova tecnica porta

la firma di due milanesi. Sandro Baroni e Barbara Segre, è collaudata da anni di sperimentazioni e di successi e, soprattutto, è di una semplicità disarmante. “ È troppo semplice: così semplice, che nessuno ci ha mai pensato prima. È l’uovo di Colombo” racconta Baroni, che ha appena presentato il suo metodo, per la prima volta in Italia, ad un convegno organizzato dall’Assotec sul tema: “ Conservazione delle facciate edili” . In pratica i due restauratori hanno studiato un modo per consolidare i dipinti senza far ricorso a sostanze estranee, come le colle e le resine, utilizzate comunemente. Hanno miscelato acqua demineralizzata e anidride carbonica sotto pressione e le hanno nebulizzate sulla superficie di dipinti che era impossibile toccare senza che si polverizzassero. E alla fine del trattamento sono tornate compatte. Trasporti Metrotranvie, stop del Comune. “Troppi ritardi”: licenziata la ditta incaricata dei cantieri. I lavori affidati a trattativa privata (dal “ Corriere della Sera” del 12.10.02) Il Sindaco commissario ha deciso di risolvere il contratto con l’Ati Mambrini Costruzioni Spa e Cavalieri, cui è affidata la realizzazione delle metrotranvie Nord e Sud. I lavori verranno ora riaffidati a trattativa privata, grazie ai poteri speciali sul traffico. “ I ritardi e le inadempienze dell’impresa erano stati più volte contestati dall’amministrazione - ricorda l’assessore ai trasporti Giorgio Goggi - ma fino ad ora c’era il rischio di metterci troppo tempo per indire una nuova gara d’appalto” . I poteri commissariali consentono invece di semplificare le procedure e accelerare i tempi. E per due metrotranvie in ritardo, ce n’è una che invece dovrebbe accelerare la partenza. È la Testi-Bicocca-Precotto. L’obiettivo è mettere a disposizione dei cittadini la nuova linea per l’inaugurazione della stagione della Scala. Regione La devolution dell’urbanistica col nuovo piano della Regione (da “ Il Giornale“ del 23.9.02) La nuova legge regionale sull’urbanistica è stata presentata nei giorni scorsi dall’Assessore Moneta ai rappresentanti degli enti provinciali, ha finora incassato infatti solamente consensi unanimi. Normativa che adesso, per tre mesi, verrà dibattuta da tutti gli attori coinvolti (la Regione, ma anche Comuni e province) ed entro la fine dell’anno - se non addirittura prima - diventerà legge regionale a tutti gli effetti. Quattro i princìpi guida della nuova legge: sostenibilità delle scelte di pianificazione, contemperando sviluppo del territorio con la sua tutela; sussidiarietà e partecipazione (con la valorizzazione di Province e Comuni); flessibilità (gli strumenti adottati potranno essere piegati alle singole esigenze); attenzione al cittadino (favorendo le libere iniziative e semplificando gli iter burocratici).


a cura di Antonio Borghi Sogno o son desto? Indovina chi costruisce a Sesto Domenica 3 ottobre il magazine de “ Il Sole 24 Ore” “ Ventiquattro” portava in copertina un’immagine festosa: sotto un cielo illuminato dai fuochi d’artificio, tra grattacieli futuristici ed edifici storici che si specchiano in un corso d’acqua, si riconosce il profilo del Duomo di Milano. La folla festeggia un evento straordinario: “ Ieri, 4 ottobre 2022, è stata inaugurata la nuova via Laghetto, a un passo dal Duomo. Una grande festa ha salutato la fine dell’operazione Milano d’acqua. Il progetto di riapertura dei Navigli era stato coraggiosamente varato vent’anni fa per rilanciare la città sulla scena internazionale” . Incuriositi, andiamo nelle pagine interne a leggere l’articolo di Luigi Paini Alla ricerca dell’acqua perduta basato sull’idea che “ Il rilancio della città passa attraverso la riapertura dei suoi canali, la riscoperta della sua ricchezza dimenticata. Sogno, progetto visionario e irrealizzabile o grande scelta strategica? (…) Milano città d’acqua, sotto la scorza granitica del traffico, dei tram, dell’asfalto e del cemento che tutto copre. Milano città umida, di risorgiva, porto aperto alle merci provenienti dai laghi, dalla Svizzera, dal Po e dal mare. (…) La volevano una piccola Parigi, e invece hanno rischiato di ritrovarsi una ‘enorme Cremona’, insieme gigante e provinciale. ‘Pensare grande’ fu la parola d’ordine del Duce, ripetuta agli amministratori e agli urbanisti che si apprestavano a stuprare Milano, ricoprendo le sue vene, le sue arterie, i suoi Navigli. E, nonostante il grido di dolore di Riccardo Bacchelli (‘Sparerò sui primi lavoranti’, fu il barricadiero proposito dello scrittore, che abitava proprio sullo slargo di San Marco, a poche decine di metri dal Corriere della Sera), nessuno

riuscì a fermare pale e badili” . Adriano De Maio, ex Rettore del Politecnico, è ottimista: “ Milano è una città che deve fare il salto di qualità, per riscoprire la sua verità, la sua anima. Ritornerà grandissima, ne sono certo. Sarà uno degli incroci della nuova Europa, come lo sono da sempre Parigi e Londra e come sono tornate ad esserlo, con idee e realizzazioni vincenti, Barcellona, Berlino, Manchester, Lione. Dunque l’idea vincente di Milano non può che essere una sola: riscoprire, in senso letterale, se stessa, liberare tutta l’acqua presente in città, perché questa è non solo fisicamente, ma anche culturalmente, una città d’acqua. Che cosa significa? Vuol dire che, nella sua radice, la metropoli è aperta, disponibile, tollerante, curiosa, portata al dialogo. La città ‘terrigna’ si isola, vuole starsene da sola, lontana da sguardi indiscreti e dalle ‘contaminazioni’. Al contrario, la città d’acqua nasce e vive sui traffici, sul commercio, sull’integrazione, sul rispetto” . Più avanti Paini ci ricorda come, oltre al valore storico, estetico e affettivo, i Navigli fossero per Milano una vera ricchezza economica: “ Questo è stato per secoli un porto di prim’ordine, con merci che arrivavano dalla Svizzera, dalle cave alpine e prealpine, dai laghi e che poi ripartivano, sempre per vie d’acqua, verso le città della Bassa, il Po, l’Adriatico, i remoti paesi d’oltremare. (…) Nessun’altra città interna al bacino del Po - così l’architetto Empio Malara - vantava un sistema portuale così ricco: dal Lago Maggiore arrivavano in città legnami, carbone, calce, pietre, marmi, vino, pesci, formaggi, vitelli, capretti, castagne; dal lago di Como ferro, piombo, rame, legna, carbone, calce, gesso, pesci, sassi e pietre. Nel circuito interno del Naviglio queste merci venivano ordinate, selezionate ed esposte per la vendita o distribuite per vie di terra o per vie d’acqua (…) Non solo riaprire i Navigli in città, ma anche ridare vita al sistema di canali che unisce, passando proprio per il ca-

poluogo lombardo, la Svizzera con l’Adriatico (…) Gli svizzeri sono molto interessati, e anche in Italia qualcosa si sta muovendo” . E conclude Paini citando Frà Bonvesin de la Riva, che così scriveva nel XIII secolo, anch’egli ebbro d’entusiasmo: “ Nessuna città al mondo è così ricca d’acque, non esito a proclamare che questo solo e sì copioso tesoro val più che tutto il vino e l’acqua insieme di certe altre città. Milano ha forma circolare, la sua rotondità è simbolo della perfezione” . E allora, con le immagini di Milano città d’acqua ancora negli occhi, apriamo un altro giornale alla ricerca di qualche notizia che possa confortare questa prospettiva. Mercoledì 23 ottobre, la cronaca di Milano del “ Corriere della Sera” pubblica l’articolo Il Comune: troppi disagi non costruiremo nuove metrotranvie - De Corato: chiediamo scusa per i lavori ancora in corso. Elisabetta Soglio sintetizza così la fasi di questa vicenda: “ La decisione di realizzare due metrotranvie, nelle zone nord e sud della città risale ai tempi della giunta Formentini e lo Stato aveva stanziato quasi 70 miliardi di vecchie lire per i due progetti. L’appalto era stato unico: aveva vinto la ditta Mambrini spa. Appena aperti i cantieri, siamo già nell’era Albertini, erano cominciati i problemi. Ritardi su ritardi, scadenze non rispettate e diffide. In particolare si ingarbuglia la situazione nella zona sud, gravata anche dal cantiere di piazza Maggi e dal cablaggio. All’inizio di settembre, il Comune decide di rescindere il contratto, sfruttando i poteri speciali concessi al Sindacocommissario. I legali sono al lavoro: entro un mese i lavori saranno affidati a un’altra o più imprese” . Procedono invece di gran carriera i lavori nella vicina Sesto San Giovanni. Sulla cronaca di Milano dello stesso giorno Ferdinando Baron faceva un resoconto dei lavori sulle aree dismesse Falck, Breda e Marelli con un articolo

su sette colonne dal titolo Sesto, 850 appartamenti sull’area Falck. “ Dopo la sospensione dei lavori all’ex Marelli perché il progetto è al vaglio della Regione, Sesto riparte dalla Falck. Ieri pomeriggio è stato tracciato la sorte di un pezzo dell’area abbandonata del Vulcano in un incontro tra il sindaco Giorgio Oldrini e il proprietario dei terreni Edoardo Caltagirone. Il gruppo Caltagirone proporrà al Comune un piano integrato di intervento che riguarda complessivamente 125.000 mq di intervento, tra viale Italia e via Trento. Qui, secondo le stime, saranno edificati 57.000 mq e costruiti 850 appartamenti per 2500 abitanti. Un terzo degli alloggi, destinati a 800 nuovi residenti, sarà affittato a prezzi concordati con l’amministrazione comunale. Per negozi e grandi magazzini saranno riservati 8.000 mq. Poi troveranno posto ‘servizi di qualità’ una clinica oculisticoortopedica e, nell’ex mensa di via Trento un asilo, una scuola materna, uno spazio ricreativo per i giovani. L’area sarà circondata da un parco. Nella parte di terreno che fiancheggia l’entrata della tangenziale, vicino al quartiere Pelucca, nascerà un centro sportivo di oltre 10.000 mq con piscine coperte e scoperte, campi da calcio e da tennis (…) Sono aperti i cantieri all’ex stabilimento Concordia Sud: in un’area di 40.000 mq saranno costruiti capannoni per le piccole e medie imprese. Per quanto riguarda il resto della zona Vulcano di viale Italia (in totale circa 500.000 mq), sempre di proprietà del gruppo Caltagirone, sono partiti i lavori per la realizzazione di un centro polifunzionale, con un ipermercato, uffici, un albergo, e un parcheggio da 3000 posti auto. Affidato allo studio dell’architetto Vittorio Gregotti, il progetto prevede inoltre una piazza pedonale su tre livelli, mentre l’insieme delle costruzioni ricorderà una nave. Per gli altri due milioni di metri quadrati dell’ex Falck, che sono stati acquistati due anni fa dal costruttore Giuseppe Pasini, la commissione di esperti, presieduta dall’ex rettore del Politecnico Adriano De Maio, sta elaborando il progetto da presentare al Comune. Sono presenti un centro culturale, un museo, studi televisivi e cinematografici, abitazioni oltre a un grande parco urbano di 650.000 mq” . Altro che Milano d’acqua, la città cresce tramite localizzazione di funzioni e realizzazione di cubature e aree verdi. Gli operatori si contano sulle dita di una mano, usano altrettanti progettisti come occasionali prestatori d’opera e non hanno nemmeno più bisogno della foglia di fico di un concorso di progettazione. Sempre più rari sui giornali gli accenni alla qualità urbana e architettonica dei progetti, garantita dal gran nome di turno, salvo poi indignarsi a posteriori con infinite polemiche su Cadorna, Malpensa, Alba di Milano, Bicocca, e prossimamente i P.R.U. C’è una bella differenza tra i sogni visionari che producono utopie e sono il motore delle trasformazioni, ed il sonno della ragione, in questo caso architettonica, che nella nostra città continua a generare mostruosità urbane.

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Informazione

Riletture


Libri, riviste e media a cura della Redazione

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Rassegna

Informazione

Renzo Bassani ABC. Strumenti per la progettazione dell’edificio residenziale Libreria Clup, Milano, 2002 pp. 318, € 15,00 Margherita Petranzan Gae Aulenti Rizzoli/Skira, Ginevra-Milano, 2002 pp. 256, € 24,00 Eugenio Turri La conoscenza del territorio Marsilio, Venezia, 2002 pp. 192, € 9,90 Filiberto Lembo Il comportamento nel tempo degli edifici EPC Libri, Roma, 2002 pp. 268, € 21,00 Ettore Sottsass Scritti Neri Pozza, Roma, 2002 pp. 584, € 33,00 Federico Oliva, Paolo Galuzzi, Piergiorgio Vitillo Progettazione urbanistica. Materiali e riferimenti per la costruzione del piano comunale Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2002 pp. 634, € 59,00 Carlo Lanza Le parcelle degli architetti e degli ingegneri. Manuale per il calcolo degli onorari e per la compilazione delle parcelle Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2002 pp. 178, € 52,00 Raffaella Crespi Personaggi e storie di industrial design Mario Adda, Bari, 2002 pp. 152, € 22,00 Richard Weston La casa del 20° secolo Logos, Modena, 2002 pp. 272, € 39,95 Rosario di Petta L’architettura di Franco Purini tra sogno poetico e discorso scientifico Libria, Melfi, 2002 pp. 142, € 7,50 Silvia dalla Man New York fragile mito Unicopli, Milano, 2002 pp. 140, € 8,00

Tracce di architettura a Barcellona

Decostruzione del paesaggio

Una guida alla bonifica da amianto

La straordinaria complessità storica e culturale che ha riflesso nel vivo corpo della città, come è venuta determinandosi per interazioni continue nel corso dei secoli, ha portato uno dei suoi maggiori interpreti letterari, Manuel Vásquez Montalbán, a declinarne al plurale lo stesso nome. Così è alle Barcellone che un gruppo di giovani architetti coordinati da Guya Bertelli si è avvicinato, cogliendone il valore paradigmatico, per dare inizio a una nuova collana denominata “ Tracce di architettura” . Scopo della collana è appunto di “ indagare i molteplici aspetti delle città contemporanee attraverso sguardi incrociati” con volumi di taglio agile e informato, scritti da specialisti non solo per altri specialisti, ma per il lettore colto desideroso di partecipare al dibattito che sul divenire dei grandi centri si svolge. Il carattere liminare della città di Barcellona, il suo articolato rapporto col Mediterraneo che ne determinò la ricchezza e la decadenza, la vocazione moderna e modernista, le lacerazioni drammatiche e la ritrovata fiducia in un destino di complessità e sviluppo che è sotto gli occhi di ogni visitatore sono così altrettanti temi affrontati: gli autori ne hanno operato una lettura attenta per sezioni che rintraccia il disegno e la stratigrafia, i luoghi dell’esporre e gli spazi aperti, i margini e i nodi infrastrutturali, fino alle indicazioni di un futuro architettonico che si delinea, non senza qualche apprensione, con le torri del nuovo Fòrum 2004. Chiude il volume, ragionando proprio sui mutamenti in corso rispetto al modello “ olimpico” del ’92, un’intervista a Enric Massip-Bosch.

Lo studio della formazione storica del paesaggio e la conoscenza degli elementi che ne formano l’identità sono, per gli autori dell’opera, la premessa ad ogni atto progettuale di pianificazione urbana. Partendo da questi presupposti, il volume sistematizza i risultati di una lunga attività di ricerca promossa dalla Provincia di Varese finanziata con programmi della Comunità Europea. L’Opera si compone di tre parti. La prima è di carattere metodologico ed espone i presupposti teorici dell’analisi, elencando i temi affrontati. La seconda, di carattere descrittivo, delimita il campo di ricerca nel territorio provinciale, ponendolo all’interno della struttura territoriale denominata “ Gallia-Cisalpina” ; nella terza parte, il paesaggio diventa protagonista attraverso le fotografie di Marco Introini. Giulia Bianchi, Roberto Ferrarin e Vittorio Introini, proseguendo un’importante tradizione di studi urbani nata alla fine degli anni ‘60, affrontano la ricerca sul paesaggio inteso come un’unità strutturale che nasce dalla sintesi di elementi naturali e dalla stratificazione dei segni lasciati dagli eventi storico-culturali; l’unitarietà del paesaggio viene decostruita attraverso l’individuazione dei sistemi che la compongono. Il paesaggio cisalpino è analizzato in relazione a cinque diversi sistemi: la viabilità, dall’impianto imperiale alla sua definizione medievale; il sistema degli edifici sacri, dalla proclamazione di Teodosio fino alle realizzazioni settecentesche; la rete di strutture difensive; la tipologia della “ villa” e la sua evoluzione storica; lo sviluppo degli insediamenti produttivi. Agli scritti teorici vengono affiancati repertori con la classificazione dei sistemi analizzati; in tal modo si rende possibile una lettura approfondita del territorio e si evidenziano temi per la sua progettazione.

Sei anni di sperimentazione sul campo della bonifica da amianto costituiscono l’esperienza che gli autori (architetti progettisti e consulenti tecnici, nonché docenti del Politecnico di Milano) riassumono nella seconda edizione di questo manuale operativo. La bonifica da amianto è un problema di ancora viva attualità tecnologica e di intervento, in modo particolare nelle costruzioni. Dipende, infatti, da questo settore una gran parte del pericolo di diffusione di fibre disperse nell’aria, che è ora il principale rischio dopo la cessazione della produzione di manufatti contenenti amianto nella maggior parte dei paesi occidentali. C’è quindi l’esigenza della divulgazione dell’informazione diretta a vari soggetti del settore edilizio: progettisti, tecnici d’impresa, enti di controllo, amministratori di proprietà immobiliari; che possono essere preposti alle decisioni rispetto alla gestione del rischio amianto e alla sua prevenzione. In qualunque lavoro di ristrutturazione, può capitare di doversi imbattere in questo problema, che comporta per la sua risoluzione una procedura sia amministrativa che esecutiva abbastanza complessa e tecnicamente delicata, oltre che dispendiosa. Il volume è una guida alla corretta esecuzione delle diverse fasi di bonifica dall’amianto nel costruito: dalla valutazione del rischio all’intervento in sicurezza, dalle procedure amministrative al riciclaggio dell’asbesto e all’utilizzo di fibre sostitutive. Risulta utile pertanto a ogni progettista che, magari indirettamente, debba seguire l’operato delle imprese specializzate nella bonifica, per avere coscienza dei tempi e della qualità di esecuzione.

Marco Vitale

Roberto Gamba Davide Mazzucchelli

Guya Bertelli Barcellona (a cura di Alessio Conti) Alinea, Firenze, 2002 pp. 240, € 15,00

Giulia Bianchi, Roberto Ferrarin, Vittorio Introini Viabilità e monumento (fotografie di Marco Introini) Nicolini, Gavirate, 2002 pp. 272, distribuito dalla Provincia di Varese

Flaviano Celaschi, Franca Fava La bonifica da amianto in edilizia. Valutazioni e interventi. Procedure. Riciclaggio. Fibre sostitutive Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2002 pp. 270, € 25,82


Costruire la teoria

Stile di Ponti

Le forme della costruzione

La pubblicazione “ do.co.mo.mo. Italia - giornale” è il periodico del DOCOMOMO Italia onlus, a sua volta membro del DOCOMOMO International (international working party for DOcumentation and COnservation of buildings, sites and neghbourhood of the MOdern MOvement), un’associazione internazionale che ha come obiettivo principale quello della conservazione e della salvaguardia degli edifici del XX secolo. Questa iniziativa di notevole impegno, nata in Olanda nel 1988, e determinante in una prospettiva di salvaguardia del notevole patrimonio di “ architetture” che il movimento moderno ci ha lasciato, ha riscosso un grande interesse e oggi l’associazione conta su 36 membri di altrettanti paesi. Il gruppo di lavoro italiano partecipa a tutte le fasi della costituenda associazione, dapprima in veste informale (I conferenza di Eindhoven, 1990), poi, alla sua “ ufficializzazione” nel 1995, con la costituzione dell’Associazione e l’uscita del numero 0 del “ giornale” (luglio 1996). Il “ periodico dell’associazione italiana per la documentazione e la conservazione degli edifici e dei complessi urbani moderni” , è ormai arrivato all’undicesimo numero: diretto da Sergio Poretti, con la grafica di Marco Biuzzi, presenta in ogni numero un tema monografico e contiene numerose rubriche, vere e proprie “ chicche” riguardanti il moderno in architettura: “ Archivi dell’Architettura Moderna Italiana” e “ Le foto dell’Architettura Moderna Italiana” , notizie sugli archivi nazionali di architettura e di fotografie; “ NS (National Selection of Modern Architecture)” schede di (63 fino adesso) architetture italiane “ rilevanti del movimento moderno” per costituire un unico registro internazionale; “ I materiali del moderno” , rassegna di materiali utilizzati del moderno e le tecniche attuali di conservazione e restauro; “ Notizie del moderno” , recensioni delle mostre, libri ed altro; “ Notizie internazionali” , conferenze ed iniziative internazionali.

Nel 1998 il C.N.R. organizza un convegno internazionale intitolato Il progetto di architettura la cui terza sessione, coordinata da Antonio Monestiroli, Giancarlo Motta e Franco Purini, affronta la questione della teoria dell’architettura intesa come strumento di progetto. Giovani rappresentanti di scuole diverse sono invitati a organizzare una sorta di regesto della ricerca teorica svolta dagli architetti italiani nel dopoguerra. Il risultato è un lavoro in cui viene evidenziato il diverso punto di vista della cultura architettonica riguardo al progetto. A un anno di distanza il Dottorato di ricerca di Torino riprende il tema organizzando un ciclo di incontri intitolati: Forme e tecniche della teoria dell’architettura in Italia dal 1945 ad oggi. I giovani partecipanti sono invitati a proporre una lettura di alcuni testi teorici andando “ al di là delle inevitabili ragioni di appartenenza ideale espresse per cercare di compiere un’indagine sulle forme e sulle tecniche delle argomentazioni sostenute” . A partire dalle scelte operate da ognuno dei relatori si cerca di capire quale sia la relazione che intercorre fra testo, immagine e disegno di architettura. Si tratta di indagare le diverse fasi che caratterizzano la formalizzazione dell’opera di un architetto: lo scrivere, il progettare e il costruire. Tre momenti sempre presenti se pensiamo, ad esempio, ai testi dei Maestri in cui non è possibile separare l’attività teorica da quella pratica: l’una spiega l’altra e viceversa. Architettura spazio scritto, raccogliendo oltre agli interventi del seminario anche due brevi saggi dei curatori e uno di Giancarlo Motta e Antonia Pizzigoni, rappresenta il tentativo di compiere una verifica del dibattito teorico di ieri e di oggi. E questo, credo, è certo un grande merito.

La rivista Stile rappresenta per Gio Ponti una significativa soluzione di continuità nella sua lunghissima attività di eclettico artefice di “ Domus” . Nell’agile libro di Massimo Martignoni tale vicenda editoriale è affrontata con precisione attraverso una testimoniante prefazione di Lisa Ponti, un chiaro saggio dell’autore, un consistente corpo di estratti ed un repertorio in cui vengono riportati, numero per numero della rivista, il tema e gli autori degli articoli. Il lavoro è un utile strumento, di valore anche didattico, per avvicinarsi alla rivista, così rappresentativa del personaggio Ponti, del suo caratteristico modo di intendere l’architettura, le arti, la loro comunicazione e divulgazione come insieme organico ed esaustivo che arriva a coincidere con la stessa esperienza, personale e sociale, dell’architetto. “ Stile” , in questo senso, è una rappresentazione completa di tutto ciò: dalle bellissime copertine, alla elaborata grafica, ai progetti pubblicati come in una sorta di corrispondenza personale - come nel caso della famosa Casa sull’altura di Mollino - la presenza di Ponti, non solamente perché scherzosamente malcelata dai numerosi pseudonimi, è costantemente evidente. Come in una sorta di significativo estratto operato a partire dalla contemporaneità, il libro ripropone la rivista e quel clima e, oltre ai brevi scritti, si appoggia in misura determinante anche agli apparati iconografici che riproducono, in maniera pregevole, numerose copertine e pagine della rivista, così da consentirne la lettura diretta. Il libro presenta quindi un tema storico in modi attuali ed accattivanti inaugurando la collana Prontuario, a cura di Enrico Morteo: “ Lontana dalle tentazioni agiografiche e dalla presunta neutralità dell’opera completa, una collana che stimoli i lettori e fornisca strumenti per comprendere e approfondire” .

Attraverso 9 lezioni di architettura, risultato di un discorso sul metodo costruito e approfondito nella lunga attività universitaria e professionale, Antonio Monestiroli si rivolge a coloro che credono nella necessità di definire una teoria della progettazione che abbia caratteri di razionalità. La riflessione parte dall’esperienza classica, unica tendenza basata su princìpi e regole comuni che hanno permesso di stabilire forme architettoniche intellegibili e rappresentative della realtà. Monestiroli confronta le definizioni di architettura più significative, testimonianza della volontà di fondare questa disciplina su un sistema teorico razionale condivisibile. Affronta dunque la questione della costruzione di un metodo che permetta al progetto di essere riconosciuto dalla collettività e ne traccia i passaggi fondamentali: la conoscenza del tema, il riferimento a un luogo, la definizione del tipo edilizio, la questione della costruzione ed il principio del decoro. Il rapporto tra queste ultime tre nozioni, inscindibili nel progetto di architettura, è stato affrontato in modi differenti dai maestri antichi e moderni, con il comune obiettivo di definire le forme architettoniche proprie della costruzione del loro tempo. L’autore sottolinea la necessità di proseguire questa ricerca per portare i sistemi costruttivi a nostra disposizione alla loro espressione esatta e per poter tornare a distinguere, nella nostra architettura, la metopa e il triglifo, la funzione superflua dell’ornamento e la necessità del decoro. Non solo a chi studia, ma anche a chi affronta quotidianamente il mestiere dell’architetto, le lezioni di Antonio Monestiroli trasmettono una speranza, “ che l’architettura riesca a riunificare il suo rapporto con la storia, con la natura, con la tecnica” perché si riproduca quell’antico rapporto, “ per cui nelle sue forme possiamo riconoscere noi stessi.”

Maurizio Carones

Roberta Castiglioni

Igor Maglica

Patrizia Bonifazio, Riccardo Palma (a cura di) Architettura spazio scritto UTET, Torino, 2002 pp. 228, € 20,14

Massimo Martignoni Gio Ponti. Gli anni di Stile 1941-1947 Abitare Segesta, Milano, 2002 pp. 150, € 18,00

Antonio Monestiroli La metopa e il triglifo. Nove lezioni di architettura Laterza, Bari, 2002 pp. 176, € 9,50

do.co.mo.mo. Italia - giornale uscita semestrale www.docomomo.uniroma2.it

Martina Landsberger

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Informazione

Il “giornale” del moderno


Mostre e seminari

Al museo di Sacripanti a Maccagno Figure tra le carte. Maestri del ‘900 nelle Collezioni del Museo Maccagno (Varese), Civico Museo Parisi Valle 29 giugno - 20 ottobre 2002

a cura di Ilario Boniello e Martina Landsberger

Informazione

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Rassegna mostre

Rassegna seminari

Masaccio e le origini del Rinascimento San Giovanni Valdarno, Casa Masaccio 20 settembre - 21 dicembre 2002

Alessandro Viscogliosi Un grande giardino perduto, ovvero Villa Ludovisi nell’area attuale di via Veneto Roma, Facoltà di Architettura Valle Giulia via A. Gramsci 53 14 dicembre 2002

Idea di metropoli Cinisello Balsamo, Villa Ghirlanda via Frova 10 26 ottobre 2002 - 2 febbraio 2003 Le città in/visibili Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 5 novembre 2002 - 9 marzo 2003 kARTell - 150 Items - 150 Artworks Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 30 ottobre 2002 - 5 gennaio 2003 L’opera di Charles e Ray Eames Milano, Palazzo della Triennale viale Alemagna 6 23 settembre 2002 8 gennaio 2003 Techne 02 Milano, Spazio Oberdan viale Vittorio Veneto 2 29 ottobre 2002 - 2 febbraio 2003 Il mondo nuovo. Milano 1890-1915 Milano, Palazzo Reale 10 novembre 2002 28 febbraio 2003 Dialoghi mediterranei Cernobbio, Archivio Cattaneo via Regina 43 9 novembre - 8 dicembre 2002 Paesaggi dell’architettura Cesare Spighi. Il progetto della città della montagna, S. Piero 1888-1925 Cesena, Chiesa di Santo Spirito via Milani 21 novembre - 21 dicembre 2002 Fantadesign: oggetti a sorpresa di Santachiara Bologna, Galleria Otto design&visual art via d’Azeglio 50 fino al 31 gennaio 2003 Le colonne di San Lorenzo. Indagini recenti sul complesso milanese Como, Museo archeologico Paolo Giovio piazza Medaglie d’Oro 1 9 novembre - 8 dicembre 2002

Biografie urbane: nuovi paesaggi della città contemporanea G. Vàsquez Consuegra Venezia, IUAV, Dipartimento di urbanistica 9 dicembre 2002 L’alluminio e l’alta qualità percepita nei componenti d’arredo Milano, Assomet via dei Missaglia 97 • L’uso degli estrusi e dei laminati di Al per i componenti di arredo e la T.P.Q; Fornitori ad elevata verticalizzazione. Nuove “dimensioni” dell’estruso. variabilità delle finiture, ossidazione anodica, coating e lacche 14 gennaio 2003 • L’uso di “castings” e di pressocolati di Al per componenti d’arredo ad alta T.P.Q.; Fornitori “verticalizzati”. Processi di casting “soft” e “hard”. Finiture, ossidazione anodica, coating e lacche 18 febbraio 2003 • I F.a.s.t. tools in leghe di Al per stampare i materiali plastici destinati a componenti di arredo; Fornitori “verticalizzati”; Altri processi di vertice facenti ricorso alle leghe di alluminio per componenti d’arredo 25 marzo 2003 Il recupero di un progetto in crisi Milano, Arum Centro Convegni via Larga 31 11-12 dicembre 2002 Lo sviluppo ecologico della città Como, Collegio delle Imprese edili di Como via Briantea 6 5 dicembre 2002, ore 18 Il progettista degli spazi del sapere. Metodi, tecniche ed esperienze applicative a Verano Brianza Milano, Politecnico di Milano via Durando 10 gennaio - marzo 2003

Il Museo Parisi Valle di Maccagno, sulla sponda lombarda del Lago Maggiore, espone una serie di opere su carta, disegni figurativi di artisti italiani del Novecento appartenenti alla collezione donata dai fondatori del Museo, Giuseppe Parisi e Wanda Valle. L’occasione è utile per apprezzare, in un allestimento semplice, l’indagine formale contenuta nell’immediatezza dello schizzo artistico, anticipatore di figure espresse in opere più complesse: questione che potrebbe rinviare alla pratica dello schizzo in architettura ed ai suoi rapporti con il progetto e le sue differenti forme di rappresentazione. Allo stesso tempo è però evidente come l’aspetto saliente della mostra di Maccagno sia costituito dallo stesso consolidamento dell’attività espositiva del Museo Civico che, dopo la lunga vicenda legata alla costruzione dell’edificio di Maurizio Sacripanti, costituisce la conferma dello sforzo di una piccola amministrazione pubblica a gestire una impegnativa istituzione. In questo senso l’edificio-ponte di Sacripanti rappresenta la stessa istituzione museale, coincidendo con essa e diventandone, in modo non troppo dissimile da ciò

che è capitato ad altri più famosi edifici assurti a simbolo, l’immagine più riconoscibile. L’edificio espone allora innanzitutto se stesso, con il coraggio e la forza visionaria presenti in altri lavori dell’architetto romano, chiamato sul lago da Parisi, nativo di Maccagno e operante artisticamente a Roma. Il progetto di Sacripanti - risalente al 1980 e realizzato in circa venti anni - interpreta con forza il luogo: esso è infatti costruito quale ponte sulla foce del fiume Giona che ha generato il conoide di deiezione sul quale è situato il paese, esemplare formazione geografica che, assieme al conoide di Ascona e Locarno definito dal Maggia, a quelli di Cannero, di Lesa e ad altri, costituiscono un tema territoriale caratteristico degli insediamenti sulle rive del Lago Maggiore. L’edificio afferma dunque nel rapporto con il luogo inteso in termini geografici il suo carattere fondativo e nelle scelte architettoniche la coerenza con l’opera complessiva dell’architetto, rinviando peraltro anch’esso alla forza espressiva dei disegni. Anche in questo caso, nonostante la forza dell’edificio di Maccagno, gli straordinari disegni di Sacripanti costituiscono infatti una delle più efficaci rappresentazioni del suo lavoro che, così come evidenziato anni fa da Franco Purini, portano alle estreme conseguenze il ruolo della “ sezione guida” quale tecnica compositiva. Perché non organizzarne una loro esposizione al Museo di Maccagno? Maurizio Carones


Dalla lettura di Como all’interpretazione tipologica della città Cernobbio (Co), Villa Erba Largo Luchino Visconti 4 4 - 7 luglio 2002 Il convegno dedicato alla figura di Gianfranco Caniggia, svolto a Villa Erba di Cernobbio, ha mostrato la straordinaria capacità di questo studioso di costruire una solida scuola in grado di sopravvivere al suo fondatore, nella costruzione della quale non si può tuttavia tacere il ruolo avuto da S. Muratori. Al di là della fortuna critica o di un’ampia condivisione dei presupposti teorici di questa scuola all’interno del panorama della cultura architettonica italiana, l’omogeneità e insieme la ricchezza di differenze fra le posizioni espresse nelle sessioni tematiche del convegno fanno di questa scuola uno dei più riusciti tentativi di costruzione di una “ scienza del progetto” . L’architettura come scienza ha d’altronde avuto alterne vicende pur mantenendo al centro il problema della trasmissibilità della conoscenza sull’architettura in termini razionali. Fin dall’origine degli studi di analisi urbana e territoriale, e passando poi per l’attività teorica di Aldo Rossi, di Giorgio Grassi, Giancarlo Cataldi, di Agostino Renna, di Giancarlo Motta e Antonia Pizzigoni e di altri studiosi, si è andata via via precisando la possibilità di ragionare in termini teorici attorno ai procedimenti di progetto, intendendo quest’ultimo come il principale strumento di conoscenza e di “ produzione” della conoscenza dell’architettura. Un aspetto caratteristico di questa vicenda è stato il progressivo spostamento dell’oggetto e del campo di studio. Dal problema della messa a punto di strumenti analitici e progettuali che avevano “ l’architettura della città” quale principale oggetto di conoscenza, si è passati, nell’arco di un paio di decenni, allo studio delle implicazioni

progettuali che le stesse tecniche analitiche avevano sviluppato. In altre parole, la presa di coscienza dello scarto esistente tra la ricerca formale supportata sul piano ideologico, si pensi ad esempio alle diverse teorie evolutive della città di Carlo Aymonino o di Aldo Rossi, e la “ produzione di forma” implicita nelle rappresentazioni urbane e nell’applicazione delle tecniche analitiche ha portato uno sbilanciamento degli studi sulle tecniche disciplinari nella costruzione del progetto. Si è presentato cioè, anche in architettura, il definitivo superamento del rapporto antitetico tra “ forma e contenuto” . Questo spostamento del campo di studio ha mantenuto il progetto al centro del discorso, ma ne ha mutato lo statuto di studio scientifico e teorico. Infatti, da uno studio che indagava le “ strutture” delle trasformazioni si è passati ad un altro che esplora “ il carattere scritturale” , la specificità disciplinare del progetto di architettura, la sua natura di strumento teorico. Il progetto come principio di descrizione dei luoghi, della natura, della città e della sua architettura rappresenta uno sfondo condiviso sul quale indagare diversi “ meccanismi del progetto” . Se gli studi urbani pensavano ad una sorta di modellizzazione della città storica o della città contemporanea, gli studi più recenti pensano ad una modellizzazione del progetto, ad una “ descrizione meccanica” del suo funzionamento. In questo nuovo quadro del pensiero teorico contemporaneo, Caniggia e la sua scuola ritrovano così una posizione baricentrica, una sorta di “ infanzia delle macchine” di pensiero, espressa attraverso i propri aspetti essenziali: la compromissione da sempre affermata fra tecniche analitiche e tecniche di progetto, anche se orientate gerarchicamente e ideologicamente sul problema tipologico, il suo essere assieme affermazione teorica e “ macchina per la produzione di figure architettoniche” . Carlo Ravagnati

Percorsi trasversali Next School New Entrances Venezia, Ex Cotonificio Veneziano Dorsoduro 2196 Santa Marta 8 settembre - 4 novembre 2002 Atmosfera quasi irreale per l’allestimento realizzato da Eleonora Mantese e Renato Rizzi all’interno della Sala Esposizioni dello IUAV, dove trovano posto le otto finestre sul mondo della ricerca e del mestiere di altrettanti architettidocenti, invitati da Luciano Semerani, a esporre i loro lavori nell’ambito degli eventi esterni alla 8° mostra di architettura della Biennale di Venezia. Alla ricerca dalle spiccate potenzialità allegoriche di Armando Dal Fabbro, non rende forse giustizia la frammentarietà e la scarsa chiarezza del materiale esposto. Qualità meglio riconoscibili nei lavori di Alberto Cecchetto, attraverso un’architettura che, caricandosi delle tensioni della contemporaneità, si fa comunicazione: l’involucro, ora si smaterializza divenendo diafano schermo di proiezione, ora invece si declina quale elemento scultoreo dalla forte carica materica. Sintesi e chiarezza caratterizzano i quattro progetti, modelli quasi totemici, presentati da Giovanni Marras, che sembrano trovare il giusto accordo tra l’astrazione della ricerca formale ed il radicamento alle caratteristiche del territorio, attraverso una linguistica che reinterpreta le valenze plastiche e spaziali del repertorio moderno. Un repertorio le cui tracce sono leggibili anche nei progetti presentati da Carlo Magnani, che per entità e metodologia d’approccio, alluderebbero alla dimensione scalare propria dell’urbanistica come struttura territoriale e geografica: il progetto avvicinerebbe così la percezione a distanza alla dimensione soggettiva del paesaggio-architettura. Un paesaggio la cui componente infrastrutturale, in sintonia con le attuali problematiche inerenti le reti, riveste un ruolo importante per la ricerca di Aldo Aymonino il quale, attraverso il progetto per la Stazione Tiburtina di Roma, riflette sulle aree di discontinuità urbana e territoriale, peculiari del nostro paesaggio della fluidità veloce e diffusa, indagandone il rapporto con la dimensione spazio-tempo-

rale dell’intervento puntuale di architettura, messo a sistema attraverso una forte connotazione figurativa e strutturale. Ciò si traduce, nei progetti presentati da Gino Malacarne per contesti diversi, in una decisa concentrazione sulle valenze costruttive e morfologiche dell’elemento architettonico: il legame con il tipo diviene compiacimento forse eccessivo di una solipsistica autodeterminazione che contrappone lo storicismo di materiali e forme propri di un mondo della durata e della tradizione, alla mutabilità e alla complessità contemporanee. Di carattere tipologico è anche la riflessione operata da Roberto Sordina, che si fa pretesto per una rielaborazione del paesaggio contemporaneo e delle sue continue sostruzioni: il tipo entra nel progetto dando origine a un manufatto più complesso e diversificato, per la definizione del cui linguaggio si fanno rilevanti le componenti tecnologiche, strutturali e distributive. I lavori di Renato Rizzi, sembrano afferire invece al mondo emozionale delle percezioni tattili e uditive oltre che visive, di una materia primordiale in mutazione: è la dimensione endoscopica delle componenti destrutturate del progetto, nella fase che precede il comporsi, e che pure contiene le possibili declinazioni e le suggestioni del suo farsi architettura: una poetica dunque metastorica, in cui la materia lavorata fonde micro e macro in modo fascinosamente straniante. Sull’eventualità che tutto ciò si traduca in spazi della contemporaneità e in progetti condensatori di questioni, piuttosto che in una reinterpretazione di forme neoegizie, ovvero sulla possibilità che anche queste, all’interno dell’eterogeneità e della apocalittica integrazione del contemporaneo, trovino legittimità nella loro tensione verso valori e significati altri, ebbene questi i quesiti aperti che fanno di questa mostra un’occasione significativa, collocata su quell’orizzonte in dissolvenza eppure così presente, che separa teoria e prassi, accademia e mestiere, la leggibilità del cui confronto resta comunque determinante per la maturazione di una estetica rinnovata in cui le “ zone d’ombra” siano terreno fertile piuttosto che oscurantismo. Giovanni Santamaria

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Informazione

Verso una scienza del progetto


Eliseo Mocchi in Pavia e provincia di Vittorio Prina

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Itinerari

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Le opere di Eliseo Mocchi comprese nell’itinerario sono progettate quasi esclusivamente negli anni Trenta e corrispondono per la maggior parte a committenza pubblica e a tipologie caratteristiche del regime: colonie elioterapiche, Case del fascio, caserme, asili e scuole, case della madre e del bambino, case di ristoro per mondariso, gruppi rionali. Le opere successive al dopoguerra sono costituite in maggioranza da abitazioni in condominio realizzate secondo le regole del “ buon costruire” ma non rivestono particolare interesse architettonico. Ad esclusione di alcuni lavori caratterizzati da un linguaggio vicino al novecentismo, il corpus principale delle opere del Mocchi si contraddistingue per una marcata adesione al razionalismo mediato da caratteri mutuati dal-

l’architettura tradizionale e rurale che stemperano il carattere di alcuni suoi lavori soprattutto nel passaggio dalla fase di progetto alla realizzazione. Numerosi sono anche i riferimenti all’opera di Carlo Alberto Sacchi in Pavia e provincia, con il quale collabora per la realizzazione del Comando federale GIL e della Caserma GG.FF. del 1937-40. Interessante appare la produzione relativa ad architetture effimere non comprese nell’itinerario - costituita da colonie fluviali dislocate in numerosissimi centri della provincia e attestati soprattutto lungo i corsi di Ticino e Po. Le soluzioni studiate prevedono diverse tipologie via via più complesse, tutte smontabili e quindi riutilizzabili ad ogni stagione estiva e realizzate in legno con copertura in fibro cemento.

Biografia Eliseo Mocchi nasce a Pavia nel 1906. Si laurea in ingegneria nel 1930 al Politecnico di Milano e si iscrive anche alla Facoltà di Architettura, senza conseguire però il diploma di laurea, ove conosce Belgiojoso e Forti. Apre subito uno studio professionale in Pavia collaborando con Astori e Aschieri. Alla fine degli anni Trenta viene inviato dal governo a Mentone quale tecnico per studiare soluzioni per la realizzazione di una colonia italiana. Partecipa a concorsi e si classifica al primo posto al concorso per case coloniche e al secondo posto al concorso per il Piano Regolatore di Vigevano del 1934. Nel dopoguerra si occupa dei problemi relativi alla ricostruzio-

ne e al rinnovamento urbano, diventa consigliere comunale negli anni Cinquanta e tecnico per la zona di Pavia della Banca d’Italia. Muore a Pavia nel 1996. Numerose sono le sue realizzazioni in Pavia, soprattutto nel dopoguerra, non comprese nell’itinerario: l’Istituto Maria Ausiliatrice, la Casa parrocchiale della Sacra Famiglia, il progetto di restauro del chiostro di Canepanova, il complesso sportivo “ Casa sul Fiume” , gli edifici Ina Casa per lavoratori Saiti, Vigorelli e Cattaneo, numerosi edifici per abitazione in via Calchi, via Ludovico il Moro, corso Marconi, via Olevano, piazza della M inerva, viale XI febbraio, via Digione, piazza E. Filiberto, viale Gorizia.


1. Scuole elementari, 1932 Casteggio via Amedeo di Savoia (con Carlo Emilio Aschieri)

3. Casa del fascio (ora Biblioteca Comunale), 1935 Cava Manara piazza Vittorio Emanuele

5. Progetto di Casa della madre e del bambino, 1936 Pavia via Orfanotrofio, via Miani, via Boezio, piazza Botta

2. Progetto di concorso per la Casa del fascio, 1934 Voghera via Ricotti (2° premio ex-aequo)

4. Campo Fiera dei cavalli, 1935 Pavia viale Necchi, viale Sardegna (parzialmente demolito)

6. Progetto di Caserma per i giovani fascisti, 1936 Pavia, viale Lungoticino Visconti, via Porta Calcinara, viale Oberdan

7. Progetto di Colonia elioterapica, 1936 1ª versione Pavia 8. Progetto di Colonia elioterapica, 1936 2ª versione Pavia 9. Progetto di tre Asili per l’infanzia, 1936-37 Pavia

1. La scuola a pianta curvilinea presenta due testate sporgenti dal perimetro, in forma di grandi aule con semicilindri vetrati sul fronte retrostante; al centro è posto l’androne d’ingresso con doppio vano scala. Lungo il fronte principale concavo è posta una pensilina, retta da esili pilastri, che determina un profilo convesso. La distribuzione è realizzata con corridoi centrali; sul fronte principale affacciano gli uffici e i servizi, mentre sul retro affacciano le aule. L’edificio realizzato probabilmente in un tempo successivo e recentemente ampliato, rispetto al progetto originale mantiene solo l’andamento curvilineo, presentando una versione semplificata priva del fascino.

2. Il volume meno profondo, con basamento in evidenza, atrio d’ingresso, portici in continuità con il contiguo edificio scolastico e torre littoria con coronamento cilindrico, determina con il corpo maggiore destinato ad auditorium con galleria, una tipologia ad “ L” con piccola corte interna. Il linguaggio adottato nel prospetto principale è di matrice piacentiniana e maggiormente monumentale, al contrario di quello destinato ai corpi minori verso la corte interna più affine al razionalismo, con cornici, finestre a cerchio e semicilindro vetrato corrispondente al vano scala.

3. Il volume cubico presenta a quota inferiore bucature regolari con un episodio più alto al centro del prospetto principale con portale d’ingresso e balcone in ceppo; una finestra a nastro verticale sul fianco individua il vano scala. Al primo piano sono collocati gli uffici, al piano terra l’anagrafe e l’alloggio del custode, al piano seminterrato (maggiormente esteso) troviamo la palestra con vetrate verso valle, il cui tetto costituisce il terrazzo che permette l’affaccio dalla piazza superiore.

4. Il disegno planimetrico dell’area tra viali Gorizia e Sardegna, è composto con simmetria speculare rispetto al complesso limitrofo del Macello Pubblico, completandone la zona d’ingresso su v.le Sardegna a formare un emiciclo e ponendosi in continuità con la sistemazione di quella parte di città che inizia con l’attuale piazza E. Filiberto. Una palazzina d’ingresso prospiciente v.le Necchi, che supera il dislivello di quota tra il viale e la Fiera, prevede un edificio a due corpi (a uno e due piani) con grande terrazzo, che aggetta dal corpo di fabbrica, e loggia centrale. Il campo Fiera è composto da due lunghi corpi paralleli per il ricovero dei cavalli, con copertura a falde, e da due pensiline porticate per l’esposizione. Un corpo ad un piano conclude l’intervento verso sud.

5. Simile al progetto del 1935, la casa situata in un isolato del centro storico, è costituita da un prisma regolare allungato, a tre piani con una testata semicilindrica, dotato di un alto seminterrato (l’alloggio del custode, lavanderia, cucina, magazzini, ecc.); al piano principale si trova l’ingresso, lungo l’asse trasversale, con grande loggia sporgente e scalinata, i refettori, le sale divezzi e lattanti - distribuiti da un corridoio centrale - il grande salone vetrato semicircolare, il nucleo centrale destinato a consultorio, uffici, spogliatoi e i locali destinati al comitato di patronato. L’ultimo livello, arretrato dal perimetro e circondato dal terrazzo, presenta sul fronte principale una grande pergola continua costituita dalla struttura in vista.

7. La colonia, assimilabile ai migliori lavori di Busiri Vici o Montanari, presenta in planimetria un disegno antropomorfo; compensa la differenza di quota mostrando un piano (segnato da nastri vetrati) sul prospetto principale e due, con grandi vetrate e rampe inclinate, su quello posteriore. Le due ali ospitano le camerate, mentre l’elemento centrale presenta sul retro un emiciclo concavo con portico e uno convesso, con grande portale e finestre circolari, sul fronte principale.

8. Il progetto - uno schietto esempio di razionalismo - è costituito da un volume orizzontale con grande atrio aperto verso l’esterno e con parete posteriore bucata da una teoria di oculi, e da una testata determinata da un corpo più alto con gli ingressi degli uffici, il vano scala ed un piccolo arengo semicircolare. 6. Il progetto, mostrato in forma di modello a Mussolini in visita, presenta una pianta ad “ L” irregolare a seguire l’andamento del lotto. L’angolo tra il v.le Lungoticino e la via secondaria è segnato da un alto volume che costituisce la torre littoria e nastro verticale in vetrocemento. L’edificio è composto da corpi a due piani, con finestra a nastro orizzontale e con portico interno lungo il lato est. A fianco della torre un portale immette all’interno dell’isolato; al piano terra si trovano uffici e mensa, al primo piano le camerate e gli uffici distribuiti da un corridoio centrale.

9. I progetti (edifici ad un piano) sono accomunati da una cifra stilistica razionalista e da una corretta semplicità compositiva. Il primo mostra il corpo principale con copertura a falde, grandi vetrate e loggia d’ingresso; il secondo, a tipologia ad “ L” , con atrio porticato d’ingresso asimmetrico; il terzo propone una composizione più complessa, con l’ingresso costituito da una piccola corte aperta definita sul quarto lato da un portico con pilastri a lama.

Itinerari

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10. Scuole elementari, 1936-38 Torre d’Arese via Romana (con G. Forti)

12. Progetto di Palazzo Benassi, 1937-39 Pavia viale Necchi, piazza Cairoli (ora piazza E. Filiberto)

11. Posto di ristoro per Mondariso, 1937-38 Mortara corso G. Mazzini, piazza G. Marconi

13. Sede del Comando federale G.I.L. e Caserma GG.FF. (ora Collegio universitario Cardano), 1937-40 Pavia viale Resistenza (con Carlo Alberto Sacchi)

14. Casa del fascio (ora Ufficio del Registro), Sede della G.I.L., 1937-41 Mortara piazza Trieste

13. La nuova sede della GIL e della Caserma dei giovani fascisti con pianta ad “ L” viene edificata in continuità con la Casa del balilla e forma, con quest’ultima, una corte aperta verso il retrostante cortile per le adunate. Il corpo parallelo al viale ha un basamento in mattoni a vista di un piano e mezzo con bucature regolari (in una prima soluzione previste ad oculi) ed un alto volume che segna l’ingresso con due sottili corpi in mattoni che racchiudono la porzione centrale rivestita in pietra; la soluzione ricorda l’ingresso della sede della GIL di Mortara dello stesso Mocchi. L’angolo della “ L” è costituito dall’alto volume corrispondente all’ingresso con atrio e con vano scala della caserma, interamente rivestito in pietra (una precedente soluzione prevede un portale ad arco interamente vetrato con balcone). Il comando GIL prevede stanze in successione servite da un corridoio interno, mentre la caserma è dotata di grandi camerate passanti. Una prima soluzione di progetto prevede un piccolo campo sportivo circondato da basse tribune nell’area confinante con gli orti borromaici.

14. Il complesso presenta analogie con il progetto di Casa del balilla (C. A. Sacchi a Pavia) - l’arco d’ingresso o la palestra con finestre circolari - e con la contigua sede della G.I.L. (Sacchi con Mocchi). L’incarico consiste nella redazione del progetto relativo alla Casa del fascio; in seguito l’edificio è prolungato, determinando una pianta ad “ S” , con la sede della G.I.L. Mocchi redige un progetto quasi identico in pianta al definitivo, ma con una torre meno alta e con un portico che risolve il passaggio dal salone alla corte interna. Il progetto definitivo, con tipologia ad “ L” e torre arengo sull’angolo, presenta l’atrio d’ingresso, illuminato da una parete in vetrocemento, a fianco della torre e uffici del volume che si affaccia sulla piazza; il salone con balconata occupa il volume sulla via laterale, caratterizzato da finestre circolari sui due fronti, uno dei quali, verso corte, ha bucature vetrate che si aprono verso un profondo loggiato. La torre è realizzata in mattoni a vista con una serie di finestre basse ed allungate sul fronte laterale ed un balcone sul fronte principale. Anche l’edificio della G.I.L. consiste in una tipologia ad “ L” ed è costituito dal prolungamento del volume del salone, con un analogo grande spazio interno con galleria superiore adibito a palestra, a formare un corpo unitario anch’esso ritmato da finestre circolari. Il secondo lato della “ L” è caratterizzato dall’atrio d’ingresso che corrisponde ad un grande androne a tutt’altezza con arco, scalinata e fronte rivestito in lastre di pietra. La parete in vetrocemento della Casa del fascio è stata sostituita da una vetrata, mentre la sede della G.I.L è stata trasformata in residenze.

Itinerari

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10. La soluzione planimetrica risolve l’angolo di un isolato con due corpi ruotati e collegati da un basso elemento dalla pianta curvilinea. Il volume principale ad “ L” destinato ad aule, con grandi vetrate raggruppate da una veletta sporgente che ingloba anche l’atrio d’ingresso laterale, e ad alloggio insegnanti su due piani è collegato da un sottile corpo con ulteriore ingresso all’elemento curvo destinato a refettorio con cucina; il volume curvo è collegato al secondo volume, aula destinata a palestra o refettorio, con grande vetrata continua a tutt’altezza che si affaccia verso lo spazio interno. Solo il volume delle aule è stato realizzato.

11. Il progetto prevede l’ampliamento di un piano, e di un piccolo corpo ad un livello, di un edificio esistente. “ Con la demolizione dei tavolati interni si ricava un ampio locale ad uso refettorio, mentre la cucina (con relativo acquaio e la dispensa) viene costruita ex novo in continuazione ed a nord dell’edificio ma in arretrato rispetto al filo della parete di ponente. Con ciò e l’opportuna copertura dello spazio di arretramento, si viene a formare una pensilina da sotto la quale (all’aperto, ma al coperto) le mondine di passaggio possono ritirare direttamente le bibite od altro senza intralciare comunque altri reparti” (dalla relazione di progetto). L’edificio viene ampliato nel 1939 da C. Perelli.

12. Il progetto è caratterizzato da due soluzioni. La prima è composta da due palazzine gemelle unificate da un basamento comune rivestito in pietra che ingloba un corpo basso centrale destinato ad ingresso e locale custode; i due volumi, in mattoni a vista con marcapiani, presentano un episodio centrale con bucature e balconi ed un coronamento in forma di terrazzo con grande pergola che si affaccia verso la piazza. Gli appartamenti sono serviti da un vano scala a pianta quadrata che sporge dal fronte retrostante; una spina centrale con corridoio e servizi distribuisce i locali disposti a pettine. Un’ulteriore ipotesi prevede la costruzione di quattro edifici accorpati a due a due ad occupare anche il lotto nel quale verrà edificato palazzo Sordi, sempre del Mocchi. La seconda soluzione presenta una prima variante pensata come volume unico con grandi logge centrali, pergola continua con terrazzo a coronamento e due volumi svuotati costituiti da logge terrazzo sovrapposte ai lati alle due estremità del prospetto principale; una seconda variante propone un edificio unitario, curvilineo in pianta, con negozi al piano terra, ultimo piano con logge poco profonde e balconi ad angolo ai lati del fronte principale; due vani scala sporgenti dal fronte posteriore occupano i balconi ai lati e distribuiscono ciascuno due appartamenti per piano.


15. Progetto del Gruppo rionale fascista “P. Cesati”, 1938 Pavia via Volta, via Franchi Maggi 16. Progetto di Palazzo Castelli, 1938 Pavia piazza Cairoli (ora piazza E. Filiberto)

17. Asilo Gazzaniga, 1938-39 Pavia via Lanfranco 18. Asilo Bevilacqua, 1938-39 Pavia via Romana 19. Palazzo Sordi, 1938-39 Pavia piazza E. Filiberto

20. Municipio e progetto di sistemazione della nuova piazza, 1938-40 Sannazzaro de Burgondi piazza Palestro (con Ugo Cecchi) 21. Progetto di Gruppo rionale fascista “L. Magni”, 1938-42 Pavia via Volta

22. Complesso Industriale tessile Saiti, 1939-47 Pavia via Vigentina 23. Nuove scuole e asilo infantile, 1948-50 San Martino Siccomario via Trieste 24. Condominio S. Andrea, 1962-63 Pavia via Cavallotti

15. L’angolo tra due vie del centro storico è risolto con un edificio curvilineo con grande atrio e vano scala - contraddistinto in facciata da un volume ad un piano leggermente aggettante con portale centrale - e locali in serie distribuiti da un corridoio che si affaccia verso l’interno del lotto.

16. La proposta è individuabile nel lotto in seguito occupato dal palazzo Castelli progettato negli stessi anni da C. A. Sacchi; lo si deduce dalla pianta a “ C” asimmetrica e dal passaggio centrale, che attraversa l’edificio a prolungamento di una via interna al lotto. Una prima soluzione, che si rifà al Portaluppi milanese, presenta un grande portale centrale ad arco, ai due lati episodi con logge raggruppate e alle estremità balconi ad angolo. La seconda soluzione, di maggior fascino, prevede un episodio centrale, che corrisponde al portale di passaggio della via, costituito da quattro monumentali setti paralleli che tagliano trasversalmente e a tutt’altezza l’edificio; un loggiato continuo costituisce il coronamento. I vani scala sono posti agli angoli interni della “ C” segnati da una finestra a nastro verticale; il piano terra è destinato a negozi mentre ogni piano presenta sei appartamenti con logge continue, che si affacciano all’interno del lotto e corrispondono ad una sorta di ballatoio di distribuzione e all’atrio d’ingresso delle abitazioni.

17. Il progetto, simile a quello per l’asilo Bevilacqua, un volume stretto contenente le aule, con piccola appendice laterale, ha una testata a due piani con ingresso segnato da un portale esterno e dotato, su due lati, di una scala esterna che prosegue con un basso volume destinato ai servizi. Nel 1962 è ampliato dallo stesso Mocchi.

18. Il corpo semplice ad un piano, con copertura a due falde delle aule, ha la testata costituita da un volume a due piani (uffici) con ingresso laterale segnato da un portale composito con pilastri a lame e da una grande finestra circolare, e con scala esterna coperta da una pensilina che segue l’inclinazione della scala stessa. L’edificio è stato ampliato dallo stesso Mocchi.

20. Il progetto, configurato con una tipologia ad “ L” , delimita i due lati della piazza: al piano terra sono posti portici continui; un volume è attraversato da una via con un portale a fianco del quale si erge l’alta torre arengario che presenta lo stretto fronte su piazza dotato di balcone e rivestito con lastre in bassorilievo in marmo. Il secondo corpo, non realizzato, presenta un ballatoio continuo al primo piano che si affaccia sulla piazza. L’edificio realizzato si pone quale elemento di mediazione tra la piazza e il nuovo centro costituito da un isolato centrale (circoscritto da vie) con due volumi ad altezze differenti composti ad “ L” con portici verso l’interno, e da una pensilina che delimita gli altri due lati dell’isolato. Il progetto si configura quindi come ridefinizione di un’intera parte di città.

22. Realizzato soltanto nel dopoguerra, il complesso contiene due palazzine collegate da un portico che segna l’ingresso e una teoria di capannoni, caratterizzati da ampie vetrate e dalla copertura a volta ribassata, composta da portali a travi curve in c.a., che determinano sul fronte una linea ondulata continua. Al centro emerge un alto volume con ciminiera e torre dell’acqua.

23. Il progetto riprende con lievi modifiche quello del ‘38. L’edificio a due piani con tipologia a “ C” asimmetrica, presenta accessi laterali distinti tra scuola e asilo, segnati da logge affiancate ai due vani scala; il corridoio principale e il refettorio s’affacciano sulla piccola corte aperta in posizione centrale. La costruzione modificata, è attualmente adibita a residenza. 21. Un edificio esistente a due piani viene ampliato con un corpo ad aula unica, collocato all’interno di una corte; una stretta torrearengario, in mattoni con vetrata continua sul fronte verso strada e scala a chiocciola interna, segnala il nuovo intervento.

19. Il progetto prevede una tipologia a “ C” aperta verso la piazza, con negozi al piano terra e portico d’ingresso centrale con vani scala, segnati da nastri vetrati verticali, ed episodi con successione di finestre raggruppate da balconi continui che si affacciano verso la piazza. Il corpo centrale è stato in seguito sopralzato di un piano.

24. L’edificio è composto da due corpi a “ T” : il primo parallelo alla via, il secondo posto all’interno del lotto. La presenza delle fondamenta di una chiesa romanica determina la soluzione del portale d’ingresso, che attraversa il primo corpo e prosegue svuotando la testata del secondo che si propone come una sorta di passeggiata archeologica.

Itinerari

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A cura di Carlo Lanza (Commissione Tariffe dell’Ordine di Milano)

Variazione Indice Istat per l'adeguamento dei compensi 1) Tariffa Urbanistica. Circolare Minist. n° 6679 1.12.1969 Base dell'indice - novembre 1969:100 Anno

Gennaio Febbraio

1999

1360 1370 1358,71 1361,22 1363,73 1368,75 1371,26 1371,26 1373,78 1373,78 1390 1400 1410 1387,59 1393,87 1397,63 1398,89 1402,66 1407,68 1410,19 1410,19 1430 1440 1430,28 1435,31 1436,56 1441,59 1445,35 1446,61 1447,86 1447,86 1460 1470 1480 1462,93 1467,96 1471,72 1475,49 1478 1480,51 1481,77 1484,28

2000 2001 2002

Marzo

Aprile

Maggio

2) Tariffa P.P.A. (in vigore dal novembre 1978)

48

Anno

Gennaio Febbraio

1999

470 470,23 471,10 480 480,23 482,40

2000 2001

Indici e tassi

2002

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 1380 1377,54 1380,05 1385,08 1386,33 1420 1412,70 1416,47 1422,75 1424,01 1450 1449,12 1452,89 1455,4 1456,65 1490 1486,79 1490,56

novembre 1978: base 100 Giugno

Luglio

dicembre 1978:100,72

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

471,97

473,71 474,58 474,58 475,45 475,45 476,75 477,62 479,36 479,79 490 483,70 484,14 485,44 487,18 488,05 488,05 488,92 490,22 492,40 492,83 500 495,00 496,74 497,18 498,91 500,22 500,65 501,09 501,09 501,52 502,83 503,70 504,13 510 506,30 508,04 509,35 510,65 511,52 512,39 512,82 513,69 514,56 515,86

3.1) Legge 10/91 (Tariffa Ordine Milano)

anno 1995: base 100

Anno

Gennaio Febbraio

Giugno

2001 2002

109,30 109,69 111,80 112,18

Marzo

Aprile

Maggio

Luglio

giugno 1996: 104,2

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

109,78 110,17 110,46 110,55 110,65 110,65 110,74 111,03 111,22 111,32 112,47 112,76 112,95 113,14 113,24 113,43 113,62 113,91

3.2) Legge 10/91 (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) anno 2000: base 100 Pratiche catastali (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno

Gennaio Febbraio

2001 2002

100,44 100,79 102,73 103,08

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Gennaio Febbraio

2001 2002

105,26 105,63 107,67 108,04

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

100,88 101,23 101,49 101,58 101,67 101,67 101,76 102,02 102,20 102,29 103,35 103,61 103,79 103,96 104,05 104,23 104,4 104,67

4) Collaudi statici (Tariffa Consulta Regionale Lombarda) Anno

dicembre 2000: 113,4

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

anno 1999: base 100

gennaio 1999: 108,2

Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

105,73 106,09 106,37 106,46 106,56 106,56 106,65 106,93 107,11 107,20 108,31 108,59 108,78 108,96 109,05 109,24 109,42 109,7

5) Tariffa Antincendio (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno

gennaio 2001: 110,5

2001 2002 103,07 105,42

6) Tariffa Dlgs 626/94 (Tariffa CNA) Indice da applicare per l’anno

anno 2001: base 100

anno 1995: base 100

1996 1997 1998 105,55 108,33 110,08

1999 2000 2001 2002 111,52 113,89 117,39 120,07

7) Tariffa pratiche catastali (Tariffa Ordine Milano) Indice da applicare per l’anno

1998 1999 2000 101,81 103,04 105,51

novembre 1995: 110,6

anno 1997: base 100

febbraio 1997: 105,2

2001 2002 108,65 111,12

Interessi per ritardato pagamento Con riferimento all'art. 9 della Tariffa professionale legge 2.03.49 n° 143, ripubblichiamo l'elenco, a partire dal 1993, dei Provvedimenti della Banca d'Italia che fissano i tassi ufficiali di sconto annuali per i singoli periodi ai quali devono essere ragguagliati gli interessi dovuti ai professionisti a norma del succitato articolo 9 della Tariffa

Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv. Provv.

della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d'Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U. della Banca d’Italia (G.U.

14.4.1999 n° 86) dal 14.4.1999 10.11.1999 n° 264) dal 10.11.1999 8.2.2000 n° 31) dal 9.2.2000 3.5.2000 n° 101) dal 4.5.2000 14.6.2000 n° 137) dal 15.6.2000 5.9.2000 n° 207) dal 6.9.2000 10.10.2000 n° 237) dal 11.10.2000 15.5.2001 n° 111) dal 15.5.2001 3.9.2001 n° 204) dal 5.9.2001 18.9.2001 n° 217) dal 19.9.2001 14.11.2001 n° 265) dal 14.11.2001

Per valori precedenti, consultare il sito internet o richiederli alla segreteria dell’Ordine.

2,5% 3% 3,25% 3,75% 4,25% 4,50% 4,75% 4,5% 4,25% 3,75% 3,25%

Nota L’adeguamento dei compensi per le tariffe 1) e 2) si applica ogni volta che la variazione dell’indice, rispetto a quello di base, supera il 10% . Le percentuali devono essere tonde di 10 in 10 (come evidenziato) G.U. n° 163 del 13.07.1996 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, re-lativo al mese di giugno 1996 che si pubblica ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n° 392, sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani 1) Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1979 è risultato pari a 114,7 (centoquattordicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1980 è risultato pari a 138,4 (centotrentottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1981 è risultato pari a 166,9 (centosessantaseivirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1982, è risultato pari a 192,3 (centonovantaduevirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1983 è risultato pari a 222,9 (duecentoventiduevirgolanove). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1984 è risultato pari a 247,8 (duecentoquarantasettevirgolaotto). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1985 è risultato pari a 269,4 (duecentosessantanovevirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1986 è risultato pari a 286,3 (duecentottantaseivirgolatre). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1987 è risultato pari a 298,1 (duecentonovantottovirgolauno). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1988 è risultatopari a 312,7 (trecentododicivirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1989 è risultato pari a 334,5 (trecentotrentaquattrovirgolacinque). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1990 è risultato pari a 353,2 (trecentocinquantatrevirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1991 è risultato pari a 377,7 (trecentosettantasettevirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1992 è risultato pari a 398,4 (trecentonovantottovirgolaquattro). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1993 è risultato pari a 415,2 (quattrocentoquindicivirgoladue). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1994 è risultato pari a 430,7 (quattrocentotrentavirgolasette). Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1995 è risultato pari a 455,8 (quattrocentocinquantacinquevirgolaotto). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abita-zione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al 1984, non si applica; pertanto, la variazione percentuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1995, agli effetti predetti, risulta pari a più 310,1. Fatto uguale a 100 l’indice del mese di giugno 1978, l’indice del mese di giugno 1996 è risultato pari a 473,7 (quattrocentosettantatrevirgolasette). Ai sensi dell’art. 1 della legge 25 luglio 1984, n° 377, per gli immobili adibiti ad uso di abitazione, l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 24 della legge n° 392/1978, relativo al1984, non si applica; pertanto, la variazione per-centuale dell’indice dal giugno 1978 al giugno 1996, agli effetti predetti, risulta pari a più 326,2. 2) La variazione percentuale dell’indice del mese di maggio 1996 rispetto a maggio 1995 risulta pari a più 4,3 (quattrovirgolatre). La variazione percentuale dell’indice del mese di giugno 1996 rispetto a giugno1995 risulta pari a più 3,9 (trevirgolanove).

Applicazione Legge 415/ 98 Agli effetti dell’applicazione della Legge 415/98 si segnala che il valore attuale di 200.000 Euro corrisponde a Lit. 394.466.400.


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