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POLITICA

DA PAGINA 31

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AMMINISTRATIVE

CRONACHE ROMANE

L’inedita disfida di Lugo: il ballottaggio Verlicchi-Ranalli Il piddino ha

l’appoggio dei comunisti Il civico annuncia di voler rinunciare allo stipendio

A sinistra Davide Ranalli, a destra Silvano Verlicchi

Mentre in giro per la Bassa Romagna nascono con tempi quanto mai rapidi le nuove giunte comunali dopo il voto che ha incoronato quasi dappertutto i candidati sindaci del Pd, a Lugo si stanno vivendo gli ultimi giorni di una durissima campagna elettorale in vista del ballottaggio dell’8 giugno. Nella città del Pavaglione, infatti, il candidato del Pd Davide Ranalli non è riuscito, con la coalizione fatta da Sel, Idv e una lista civica, a passare al primo turno fermandosi al 48,50 e deve ora battere il candidato Silvano Verlicchi, ex Pci, a capo dell’agguerrita lista civica Per la buona politica, coalizzata con Lugo popolare e Lugo libera. E ovviamente è proprio quest’ultimo che parte da una situazione di grande svantaggio (al primo turno sfiorò il 22 percento dei voti) ad aver fatto gli annunci più sorprendenti. Tra questi quello di voler rinunciare agli eventuali compensi da primo cittadino estendendo il sacrificio ad assessori e consiglieri comunali e promettendo di reinvestire quel denaro per la collettività. Una mossa che gli è consentita dalla pensione che percepisce (Verlicchi ha una lunga carriera alle spalle come dirigente prima sia pubblico e poi privato). Non solo, ha annunciato i nomi della propria eventuale squadra

RAVENNA &DINTORNI 5/6 2014

di governo e comunque dei suoi collaboratori, mostrando quindi di essere supportato da persone provenienti da tutti gli ambiti della società civile lughese. Ranalli dal canto suo per il momento ha ricevuto l’appoggio di Stefano Bonaccini, a Lugo per una serata di campagna elettorale, e incassa l’appoggio, non però incondizionato, della coalizione di comunisti e socialisti che con il loro 4,5 percento sarebbero stati sufficienti a farlo passare al primo turno ma con cui non si era riusciti a trovare un accordo prima delle elezioni. Dunque, pur con qualche difficoltà, il candidato sindaco Valgimigli (assessore provinciale nella giunta di Claudio Casadio in Provincia, peraltro), dichiara che «riteniamo possibile e auspicabile ritrovare un percorso di collaborazione con il centro sinistra, che per il momento, non considerando praticabile l'apparentamento, si limiterà al sostegno del candidato sindaco Davide Ranalli al ballottaggio. Tale sostegno si potrà poi tradurre, nel corso del tempo e verificando la reale disponibilità dei nostri interlocutori su alcune questioni programmatiche che noi riteniamo fondamentali, anche in qualcosa di più, con assunzione di responsabilità di governo».

Quegli arresti rigorosamente bipartisan dopo lunghe indagini sull’appalto del Mose di Andrea Casadio

«All’ex governatore veneto ed ex ministro Galan (Forza Italia) andava uno stipendio di un milione di euro l’anno più altri due milioni una tantum per le autorizzazioni. Al sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (Pd) sono andati 560mila euro per la campagna elettorale». E poi mezzo milione di euro sono finiti al “consigliere politico di Tremonti” Marco Milanese perché facesse arrivare i finanziamenti. Oggi la procura di Venezia ha arrestato 35 individui, suddivisi in maniera rigorosamente bipartisan, uno a sinistra, uno a destra, dopo una lunga indagine sugli appalti del Mose, il sistema di dighe mobili per proteggere la città dall’acqua alta, un’opera del valore di oltre 5 miliardi di euro. Sai che novità: dove c’è il formaggio ci sono i topi. Oltre 100 sono gli indagati. In manette oltre al sindaco Orsoni (Pd), sono finiti l’assessore regionale alle Infrastrutture Chisso (Forza Italia), il consigliere regionale Marchese (Pd), gli imprenditori Morbiolo e Meneguzzo nonché il generale in pensione della Guardia di Finanza Spaziante. Una richiesta di arresto è stata emessa anche nei confronti di Lia Sartori, europarlamentare uscente di Forza Italia. Secondo il gip di Venezia Alberto Scaramuzza, Galan e altri indagati “per anni e anni”, hanno «asservito totalmente l’ufficio pubblico che avrebbe dovuto tutelare, agli interessi del gruppo economico criminale, lucrando una serie impressionate di benefici personali di svariato genere». Certo, sì, tutti innocenti fino al terzo grado di giudizio, per carità. Ma insomma, uno non ha più la forza di commentare queste notizie, che si ripetono sempre uguali. L’inchiesta parte da lontano, da un’indagine sulle mazzette distribuite per i lavori sull’autostrada A4. La Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Venezia, scoprì i fondi neri creati da Piergiorgio Baita, all’epoca dei fatti amministratore delegato della Mantovani, un colosso nel settore edile. Guarda caso, la Mantovani era già finita sotto indagine: si era aggiudicata il secondo contratto di tutto l’Expo 2015, quello più lucroso, per la realizzazione della cosiddetta piastra – cioè l’enorme basamento su cui andranno costruite le altre opere. Aveva vinto con un ribasso mostruoso: aveva offerto 165 milioni, su una base d’asta di 272 milioni, poi la magistratura aveva scoperto che tra le imprese che facevano parte della cordata della Mantovani c’era la Ventura, un’impresa in affari con Cosa Nostra. Ah, per completare i lavori ora la Mantovani chiede 110 milioni in più del previsto, per un totale proprio di… 275 milioni, guarda caso. (Il primo contratto, quello per la bonifica dell’area Expo dai disturbi elettrici se l’era aggiudicato la nostra Cmc, e anche quello era finito sotto indagine.) Adesso, si scopre che la Mantovani, forse e dico forse, ha pagato tangenti per la realizzazione del Mose. «Dalle prime informazioni che ho assunto e da quanto leggo sui mezzi d’informazione insisto nel dichiararmi totalmente estraneo alle accuse che mi sono mosse, accuse che si appalesano del tutto generiche e inverosimili». E Piero Fassino si è affrettato a dichiarare: «Giorgio Orsoni è una persona corretta». Poi venne il magistrato, che diresse il finanziere, che arrestò l’amministratore, che confessò le mazzette, che pagarono il politico, che i vecchi dirigenti nominarono, che alla fine Renzi poi rottamò. Speriamo.

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