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Woodpecker - da F. Bertoni, D. Rava; Filippo Monti architetto

> Da un ricordo personale dell’architetto Paolo Rava «Al corso di progettazione alla Facoltà di Architettura chiamo il maestro Monti. Mi interessava una sua lezione di approfondimento sul suo modo progettuale... A noi studenti e docenti ci ha “tramandato” una semplice frase che a mio parere sintetizza il fare architettura: alla domanda come era nato il progetto della morfologia architettonica e strutturale dell’edificio “Le terrazze”, un tipo edilizio che gioca la sua spazialità con la natura delle alberature, una sorta di case fra gli alberi, dove le terrazze appunto sono l’elemento emergente, lo spazio onirico, l’archetipo della struttura dell’albero, il maestro sentenzia: «Us puteva fe’ sol acsè» (si poteva fare solo in questo modo), sintesi romagnola del fare architettura, dove il legame con la propria terra, la natura del luogo e delle proprie origini ed identità, la cultura del genius loci si sintetizzano in una descrizione semplice di un elemento così complesso. Come solo un maestro può concepire. Un aforisma di un noto architetto racconta: «la città é quello spazio dove un bambino può capire , camminando e osservando cosa potrà fare da grande»... Grazie Filippo del tuo lavoro di Architetto».

Ho intervistato Filippo Monti due volte. La prima avvenne nella villa di via Torino, quando mi accolse insieme a suo figlio Marco nella bellissima promenade d’ingresso costituita dalla lunga scala rampante in curva, che solleva la casa mentre il giardino prosegue al di sotto. Mi sembrò un personaggio che pesasse le parole prima di dirle, silenzioso ma dal grande fascino. La seconda volta avvenne nel corso di una emozionante “visita guidata” a Villa Gargiulo a Castel Raniero nel 2011, alla fine della quale mi portò al cantiere di villa Bassetti.

mezzo dell’uso di cerchio e ellisse, e delle loro reciproche intersezioni, e dei rapporti con la linea retta, alla volta di un dinamismo equilibrato. Quando un grande architetto parla e ti mostra la sua architettura si dovrebbe tacere e ascoltare in silenzio. Ma, per mantenerne alta la memoria e rendere testimonianza del suo eccezionale talento, abbiamo pensato di ricordarne le opere, un bene culturale che la città di Faenza deve rimanere impegnata a tutelare e a far conoscere.

gennaio-febbraio 2016


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