Il desiderio di fuggire
in
e e L di crescere , m oz O
da D. Pennac, Diario di scuola, Feltrinelli
Esteriormente, pur non essendo agitato, ero un bambino vivace che amava giocare. Bravissimo alle biglie, imbattibile a palla prigioniera, campione del mondo nelle battaglie di cuscini, amavo giocare. Piuttosto chiacchierone e ridanciano, diciamo pure burlone, mi facevo degli amici a tutti i livelli della classe. Più che qualunque cosa, alcuni insegnanti mi rimproveravano questa allegria. Oltre che negato, a scuola secondo loro ero anche insolente. Il minimo della buona educazione, per un somaro, è essere discreto. In realtà, il gioco mi salvava dall’amarezza che provavo non appena provavo la vergogna di non fare mai quello che era giusto! E il desiderio di fuggire… Ho provato presto il desiderio di fuggire. Dove? Non è chiaro. Diciamo fuggire da me stesso. Devo probabilmente a questa voglia di fuggire gli strani ideogrammi che precedettero la mia grafia. Invece di formare le lettere dell’alfabeto, disegnavo omini che scappavano sui margini e lì creavano delle bande. Eppure all’inizio mi applicavo, rifinivo le lettere meglio che potevo, ma pian piano le lettere si trasformavano in quegli esseri allegri e saltellanti che se ne andavano a folleggiare altrove, ideogrammi della mia sete di vivere. Ancora oggi uso questi omini quando firmo le copie dei miei libri. È la banda della mia infanzia, cui sono fedele.
Daniel Pennac da bambino fu un pessimo allievo, ma grazie al suo amore per la lettura e la scrittura si laureò in Lettere all’università di Nizza. In età adulta, è diventato un famoso scrittore francese e ha ricevuto molti premi letterari.
Comprendo Sottolinea, con un colore, il motivo che genera nell’autore il desiderio di fuggire e, con un altro colore, ciò che nasce da questo desiderio. Come definisce l’autore gli omini che disegna? Perché? Prova a spiegarlo con parole tue.
181