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avventuroso lupo di mare

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La macchia nera

La macchia nera

In un anno imprecisato del XVIII secolo

Mio padre era il padrone della locanda chiamata

Ammiraglio Benbow e una sera, ricordo come fosse ieri, arrivò un vecchio marinaio dal viso abbronzato nel nostro albergo. Avanzò strascicando il passo verso l’ingresso.

Era un uomo alto e robusto, con una guancia attraversata da una cicatrice. Aveva con sé una cassetta chiusa a chiave e intonava un’antica canzone:

Quindici uomini sulla cassa del morto io–oh–oh e una bottiglia di rum!

Ordinò una bottiglia di rum e disse:

– Questa baia mi piace e la posizione della vostra locanda è ottima. Avete molti clienti?

Mio padre rispose che purtroppo i clienti erano davvero pochi. Lui fu soddisfatto dell’informazione e rispose:

– Allora questo posto fa per me. Mi bastano rum, uova e pancetta.

Gettò sul bancone tre o quattro monete d’oro.

– Mi direte quando ve ne dovrò dare ancora. D’ora in poi chiamatemi Capitano.

Il nostro ospite era un uomo silenzioso. Si aggirava tutto il giorno lungo la baia con un cannocchiale di ottone sotto braccio e, quando tornava, ci chiedeva se per caso fosse passato qualche marinaio per la strada. Poi si sedeva accanto al fuoco a bere il suo rum.

Un giorno mi prese in disparte e mi sussurrò:

– Ascoltami con attenzione, ragazzino. Devi tenere gli occhi ben aperti e avvisarmi nel caso arrivasse un marinaio con una gamba sola. In cambio, al principio di ogni mese, ti darò quattro penny d’argento.

Da quel momento, il misterioso uomo senza una gamba popolò i miei incubi notturni: sognavo che mi inseguiva saltellando e che era una mostruosa creatura dalle mille diaboliche espressioni.

Con quelle orribili fantasie, pagavo a caro prezzo i quattro penny mensili.

Certe sere il Capitano beveva più del solito. Allora cantava quell’antica canzone marinara e pretendeva che gli altri avventori sedessero al suo tavolo e cantassero insieme a lui. Tutti invece erano spaventati da quell’uomo feroce e prepotente, dai suoi racconti di storie terrificanti di impiccagioni e di torture inflitte dai pirati ai prigionieri. Doveva aver vissuto tra la gente più perversa a cui Dio avesse concesso di navigare sui mari, e il linguaggio con cui raccontava le sue orrende storie faceva inorridire la buona gente di campagna che frequentava la locanda. Mio padre temeva che avrebbe fatto fuggire tutti i clienti, ma c’erano pure dei giovanotti che ammiravano e ascoltavano volentieri quell’avventuroso lupo di mare.

Il Capitano si trattenne per alcuni mesi finché il denaro che ci aveva dato in anticipo si esaurì. Mio padre tentò invano di chiedergliene dell’altro, ma lui lo guardò furiosamente e soffiò dalle narici come se ruggisse, così da costringerlo a lasciare la stanza.

Non riceveva mai posta, non si comprava mai nuovi vestiti e rappezzava quelli vecchi da solo. Nessuno vide mai aperta la cassetta che custodiva gelosamente nella sua camera.

Un brutto giorno, mio padre si ammalò e fu costretto a letto: iniziò così il declino che lo avrebbe portato nella tomba. Il dottor Livesey veniva spesso a visitarlo, poi consumava una cena preparata da mia madre. Una volta andò a fumare la pipa seduto a un tavolo della locanda; la sua figura spiccava fra quelle dei rozzi campagnoli e, con il suo aspetto pulito e curato, la parrucca candida, i modi gentili, faceva un certo contrasto con quella del pirata.

Anche quella sera il Capitano era ubriaco di rum e sedeva in un angolo come un sudicio, bieco spaventapasseri.

Ad un tratto, intonò la sua canzone:

Quindici uomini sulla cassa del morto io–ho–ho e una bottiglia di rum!

Il bere e il demonio hanno pensato al resto io–ho–ho e una bottiglia di rum!

Il dottor Livesey stava parlando con un anziano giardiniere e sollevò seccato lo sguardo, quindi il Capitano alzò il tono di voce e batté il pugno sul tavolo per intimare il silenzio.

– Vi riferite forse a me, signore? – chiese il dottor Livesey.

Il Capitano rispose con una bestemmia, ma il dottore non si mostrò intimorito e ribatté:

– Se continuerete a bere rum, il mondo sarà molto presto liberato da un lurido furfante.

Il Capitano si infuriò. Si levò in piedi e minacciò il dottore con un coltello da marinaio. Ma Livesey mantenne la calma e, con un tono appena un po’ più alto del normale, disse con fermezza:

– Se non mettete subito via quel coltello, vi assicuro che vi farò impiccare. Sono un medico, ma anche un magistrato. Se riceverò anche una sola piccola lagnanza contro di voi, vi farò cacciare dal paese.

Da quella sera, il Capitano si comportò bene, finché un giorno…

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