Urbes Marzo

Città fra ricchezza

e povertà fra accesso alla salute e discriminazione sociale.

Come rioganizzare le vite dei cittadini in un epoca difficile.

URBES Magazine N° 1 - 2021

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Magazine quadrimestrale ISBN 9788890963483

Editoriale j~êáç=m~éé~Ö~ääç

In molti si chiedono come si riorganizzerà il mondo quando la pandemia avrà termine. Di certo molti aspetti socio­economici dovranno su­ bire aggiustamenti, anche per evitare nuova­ mente sorprese nel caso di una nuova pandemia.

Il mondo del lavoro, i sistemi sanitari, il welfare, l’ambiente, la ricerca scientifica, le basi ormai ob­ soleti di economie ancora in ritardo rispetto alla globalizzazione, i flussi umani dai Paesi poveri a quelli ricchi, o finora considerati tali. Anche la po­ litica ha subito contraccolpi per i motivi suddetti e per i programmi post­pandemia. Il primo Paese che ha subito un capovolgimento, tra sondaggi e realtà, della politica è stato gli Stati Uniti. E il primo obiettivo del presidente eletto Joe Biden è quello di porre rimedio a quanto fatto finora dal predecessore Donald Trump. Camera e Senato gli assicurano, con la maggioranza democratica, di agire rapidamente. Il mondo, in particolare quello occidentale, osserva con attenzione. Biden pre­ vede di emettere una marea di ordini esecutivi nei suoi primi giorni di mandato, segnalando una brusca rottura con il suo predecessore invertendo o rivedendo le controverse politiche dell’ammini­ strazione Trump sull’immigrazione, il cambia­ mento climatico, il coronavirus e altre questioni urgenti, ha detto il suo nuovo capo dello staff.

Sulla sua scrivania erano già pronti circa una doz­ zina di decreti esecutivi che ha firmato dopo il giuramento del 20 gennaio, seguito da 10 giorni di azioni aggiuntive che ha potuto intraprendere senza dover aspettare che il Congresso agisse. Il tutto per affrontare quattro crisi sovrapposte: la pandemia, il disagio economico causato dal virus, la disuguaglianza razziale e il cambiamento clima­ tico. Biden ha più volte sottolineato un percorso, su cui il suo staff ha lavorato già da prima dell’ele­ zione, “che non solo dovrà invertire i danni più gravi dell’amministrazione Trump, ma anche co­ minciare a far riavanzare il Paese”. Punto di rife­ rimento il presidente Franklin Roosevelt e la sua politica adottata durante la Grande Depressione per ripristinare la fiducia nel governo e nel futuro del Paese. E ciò che farà Biden sarà, a sua volta, riferimento per molti governi ed economie occi­ dentali, e non solo.

Punto per punto, e non in ordine di importanza.

La fine della restrizione di Trump sull’immigra­ zione da Paesi a maggioranza musulmana, il rien­ tro attivo nell’accordo sul clima di Parigi e, riguardo al Covid, la richiesta che le mascherine siano indossate sulla proprietà federale e durante i viaggi interstatali.

Quindi, una moratoria sui pagamenti dei prestiti agli studenti e sulle misure volte a prevenire pi­ gnoramenti e sfratti. Una moratoria sugli sfratti è stata istituita dall’amministrazione Trump lo scorso settembre, dando un rinvio agli affittuari in difficoltà a livello nazionale che sono colpiti dal coronavirus, ma scadeva alla fine di gennaio. Se­ condo la nota, più di 25 milioni di americani ora devono affrontare un possibile sfratto dalle loro case. E una legge di ristoro per i danni da corona­ virus da 1,9 miliardi di dollari. Un piano sull’im­ migrazione dovrebbe fornire un percorso verso la cittadinanza per circa 11 milioni di immigrati che si trovano nel Paese senza status giuridico; previ­ sto anche un percorso più breve verso la cittadi­ nanza per centinaia di migliaia di persone con status temporaneo protetto e beneficiari di De­ ferred Action for Childhood Arrivals che sono state portate negli Stati Uniti da bambini. Proba­ bilmente riguarderebbe anche alcuni lavoratori essenziali in prima linea, come operatori sanitari e ricercatori, molti dei quali (ben 5 milioni) sono immigrati senza garanzie.

Nei piani di Biden, c’è la volontà di espandere i test sui virus e accelerare la riapertura di scuole e aziende le cui operazioni sono state ridotte. Il capo dello staff ha detto che Biden amplierà una disposizione “Buy America” che permette al go­ verno di acquistare beni e servizi a livello nazio­ nale, e agirà per far avanzare “l’equità e il supporto alle comunità di colore”. Inoltre, anche in relazione a future possibili pandemie, amplierà l’accesso all’assistenza sanitaria. In pratica ripar­ tirà l’Obamacare dopo lo stop e gli ostacoli posti da Trump.

Importante anche una nuova organizzazione so­ ciosanitaria delle metropoli, che sono risultate le più fragili e le più esposte rispetto alla pandemia.

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Biden rientra immediatamente nell’accordo sul clima di Parigi del 2015, invertendo la scelta di uscirne effettuata a novembre 2019 dall’ammini­ strazione Trump. L’accordo mira a mantenere l’au­ mento delle temperature medie in tutto il mondo “ben al di sotto” di 2 gradi Celsius, o 3,6 gradi Fa­ hrenheit, e idealmente non più di 1,5 gradi Cel­ sius, o 2,7 gradi Fahrenheit, rispetto ai livelli preindustriali. L’accordo di Parigi impone ai Paesi di fissare i propri obiettivi volontari per la ridu­ zione dei gas a effetto serra come l’anidride car­ bonica e di aumentarli costantemente ogni pochi anni. L’unico requisito vincolante è che le nazioni riferiscano con precisione sui loro sforzi.

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A parte gli Stati Uniti, c’è un’altra riflessione glo­ bale da prendere in considerazione. Qual è l’im­ patto della pandemia sul funzionamento delle istituzioni democratiche? Al riguardo la fonda­ zione Openpolis ha appena condotto e concluso una ricerca intitolata “Rischi e opportu­ nità di una democrazia a distanza”, sottolineando che “l’emergenza sanitaria causata dal Covid­

19 ha imposto agli Stati di tutto il mondo l’ado­ zione di misure straordinarie. Tra queste anche la limitazione di alcuni diritti fondamentali dei citta­ dini. In questo contesto anche l’attività dei parla­ menti ha subìto un significativo ridimensionamento evidenziando una tendenza già in corso da tempo: quella dell’assoluta centra­ lità dei governi nel processo decisionale”. Il 31 gennaio 2020 l’Italia ha dichiarato lo stato di emergenza sulla base di leggi ordinarie (poi pro­ rogato fino al 30 aprile 2021, e poi ancora si ipo­ tizza fino a giugno). In Spagna è stato dichiarato lo stato di allerta sulla base delle disposizioni con­ tenute nella Costituzione. La Francia ha invece adottato lo stato di emergenza sanitaria pubblica in base a una legge apposita del 2020.

In Germania non è mai stato dichiarato uno stato di emergenza a livello nazionale. Sono i singoli länder, infatti, a dover attuare tale tipo di misure.

In Italia, dal 31 gennaio il governo e il Parlamento hanno emanato più di 440 atti e il Parlamento, come in altri Paesi europei, si è organizzato per

garantire la continuità dei lavori insieme alla sicurezza dei suoi rappresentanti. “La scelta delle Camere italiane è stata quella di diminuire la capienza massima delle aule al 55 per cento, per rispondere così al criterio di maggioranza e alla necessaria presenza fisica previste dalla Costituzione. Il voto da remoto è stato proposto anche in Italia all’inizio della pandemia, ma non accettato a causa dell’interpretazione restrittiva dell’articolo 64 della Costituzione”. In Francia, invece, per ogni gruppo parlamentare hanno votato tre deputati. In Germania è stato significativamente abbassato il numero legale richiesto per l’ap­ provazione delle norme. Il Parlamento spagnolo (che ha usato la votazione da remoto in più di 600 oc­ casioni) e quello europeo hanno invece permesso l’uso del voto a distanza spostando i lavori online (il Parlamento europeo l’ha fatto dal 26 marzo), garantendo procedure e accorgimenti per impedire la ma­ nomissione delle votazioni.

Alla luce di questi dati, è evidente che il coronavirus ha senza dubbio messo a dura prova le democrazie occidentali evidenziando le loro carenze strutturali. Il rischio però è quello di uscire da questo periodo con una democrazia indebolita in cui i cittadini sono disposti a rinunciare a qualche tutela in cambio di maggiore sicurezza ed efficienza. Poiché i Parlamenti devono svolgere un fondamentale ruolo a garanzia dei diritti dei cittadini, la tecnologia può dare un apporto fondamentale. Ovviamente le opportunità of­ ferte dai nuovi mezzi di comunicazione presentano anche dei rischi, come quello del furto di dati e in­ formazioni o la manipolazione delle votazioni. Problemi, tuttavia, che con le dovute accortezze possono essere superati. Comunque, anche di questo si dovrà parlare al termine della pandemia, se non già da adesso.

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RUBRICHE EDITORIALE

M. Pappagallo

AGORÀ

A. Lenzi

ZIBALDONE

F. Greenhouse

CITIES SPEAKING

F. Greenhouse

GRUPPO ANCI URBAN HEALTH

C. Clerico

RECENSIONI

F. Policastro

Ex Sindaca Varsavia: Mission Smart Cities Horizon Europe

C. Spinato

CNBBSV PdCM inserisce l'Urbah Health tra le priorità

C. Spinato

G20 a guida italiana

C. Spinato

Le città del quarto d'ora

C. Spinato

Antonio Gaudioso: l'esperienza di SG di Cittadinanzattiva

C. Spinato

Sindaca Argenti: l'istituzione dell'assessorato alla solitudine in un piccolo comune

C. Spinato

OMS e priorità salute

M. Pappagallo

Telemedicina - Digitalizzazione

M. Pappagallo

Dieci anni di politiche sanitarie

M. Pappagallo

FOCUS Cities Changing Diabetes Update; Bari, Bologna, Genova, Torino

F. Serra

Urban Diabetes Declaration

F. Serra

Progetto H2020 ENLIGHTENME

S. Tondelli

INTERVISTE: RETI DI CITTÁ

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Stefano Bonaccini, Presidente CEMR

C. Spinato

Dario Nardella, Presidente Eurocities

C. Spinato

Giuseppe Sala, C40 (Vicepresidente)

C. Spinato

Enzo Bianco, C14+ (Presidente)

C. Spinato

Tiziana Frittelli, Presidente Federsanità

C. Spinato

CdR, Presidente

C. Spinato

C20

F. Serra

C40 Statement

F. Serra

INDICE INDAGINI E STUDI ASVIS

C. Spinato

SOLE24ORE e Indice QdV Sapienza F. Serra Rapporto Sociale CENSIS

K. Vaccaro

OECD Report

C. Spinato

CONVEGNI 1a Phyigital Assemblea ANCI

C. Spinato

Fondazione SportCity: un nuovo concetto di città

C. Spinato

Nasce l'Intergruppo parlamentare "Amici della Maglia Azzurra" Omaggio a Paolo Rossi

R. Pella

ARTICOLI SUBTROPOLIS LA CITTÁ SOTTERANEA

F. Serra

Classifica 10 capitali per la cura di sé

M. Pappagallo

Bologna si candida a ospitare una sede della United Nations University

F. Serra

Forestazione e Molino

M. Benedetti

Energia alternativa

M. Pappagallo

Agricoltura e cambiamenti climatici

M. Pappagallo

Città e cappa di calore

M. Pappagallo

Emissioni

M. Pappagallo

Cosa ci aspetta nel 2021

M. Pappagallo

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AGORà

La città, un bene comune dimenticato Oggi la città é vista come un bene collettivo o co­ mune, in quanto i cittadini residenti negli spazi ur­ bani condividono non solo gli spazi comuni, quali parchi, strade e servizi, ma anche la cultura e la sa­ lute.

E il bene comune richiama tutti i cittadini all’etica e al rispetto delle regole di convivenza civile che ci siamo date, ad un insieme di comportamenti vir­ tuosi fatto di rispetto reciproco, in cui non c’è chi guadagna e chi perde, ma si vince tutti, perché si agisce nell’interesse di tutti e nel rispetto di cia­ scuno, dove l’individuo è parte di un contesto.

Il Bene Comune sono uomini e donne, cittadini che non si preoccupano semplicemente di pagare le tasse, ma costruiscono, sostengono, giorno dopo giorno, la vita della società, della collettività, pun­ tando ad un’economia che cerca di essere mo­ derna, inclusiva e sostenibile, al “servizio al bene comune”.

Se la politica dev’essere veramente al servizio dei cittadini, ne consegue che non può essere sotto­ messa al servizio dell’economia e della finanza e deve diventare espressione dell’insopprimibile bi­ sogno di vivere insieme in unità e coltivare valori comuni, quale la ricerca della salute.

Il bene comune in questo contesto rappresenta un valore guida e un obiettivo da perseguire, chia­ mando tutti a raccolta per consegnare alle future generazioni un sistema salute altrettanto equo e sostenibile, con i sindaci e gli amministratori locali come garanti di una sanità equa e che consideri la salute della collettività come un investimento e non solo come un costo.

In questo bisogna chiamare i cittadini ad agire in prima persona, non solo attraverso comporta­ menti virtuosi ma anche attraverso il passaparola, la sensibilizzazione, e l’impegno a far riflettere su questi temi chi è vicino a noi.

Quest’anno, passato faticosamente e in gran parte con grande senso di responsabilità da parte dei cit­

tadini, ha dato un senso profondo alla parola co­ munità.

Nella fragilità del momento ci siamo accorti di es­ sere profondamente vulnerabili e abbiamo ricer­ cato nel Bene Comune una risposta che ci portasse furi dall’isolamento che i fatti ci costrin­ gevano a vivere.

Abbiamo riscoperto il valore di parole come soli­ darietà e sussidiarietà, di responsabilità indivi­ duale e collettiva, di rispetto delle regole, e davanti a quei comportamenti illogici e irrespon­ sabili che coltivano la “negazione del problema” come strada maestra, la comunità è ritornata ad essere fulcro di interesse collettivo.

Le città pur vuote, ferite e spogliate delle loro atti­ vità quotidiane ci appaiono più umane e inclusive e anche dietro una “mascherina” siamo in grado di riconoscere la sofferenza e la paura ma anche la voglia di ricominciare e la speranza.

Le nostre città stanno imparando che parlare di salute come priorità per i propri cittadini non deve essere slogan e utopia, ma modello per una qualità di vita collettiva e individuale migliore.

Oggi in piena pandemia ed emergenza bisogna chiedersi nei prossimi decenni che aspetto avrà il nostro Pianeta e se tutto questo avrà insegnato qualche cosa di concreto? I governi saranno in grado di rispondere alla crescente domanda di sa­ lute che la pandemia ha evidenziato? Partendo dal presupposto che i margini di azione esistono e che il futuro non è già stato stabilito, occorre avare un approccio integrato per affrontare i pro­ blemi di salute pubblica.

Oggi i problemi più pressanti possono essere compresi e risolti solo se si effettua un’analisi dei determinanti sociali, economici e ambientali dei fattori di rischio che hanno un impatto sulla sa­ lute, se la prevenzione diventa argomento di azione e non di dibattito tra esperti.

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrà costruire una nuova agenda globale partendo da tutti questi presupposti e vorrà essere una organizzazione globale di riferimento per il Bene Comune.

Il rapporto tra salute, qualità della vita e ambiente è ormai tema di centrale interesse per le scienze sociali, ambientali e mediche.

Sappiamo che l’organizzazione della città e, più in generale, dei contesti sociali e ambientali, è in grado di condizionare e modificare i bisogni emergenti, gli stili di vita e le aspetta­ tive dell’individuo che dovrebbero, dunque, avere delle con­ seguenze sulla definizione e sull’orientamento delle politiche pubbliche.

Bisogna investire in nuove professionalità come l’Health City Manager proposto da Health City Institute e da ANCI, perché oggi è evidente che lavorare in silos e non avere cabine di regia a livello nazionale, regionale e nelle nostre città signi­ fica essere fragili e poco attenti al Bene Comune.

La città può offrire grandi opportunità individuali e collettive, ma deve trovare modelli di integrazione tra servizi sanitari, servizi sociali, servizi culturali e ricreativi, stimolando i poli­ tici a lavorare per far sì che il Bene Comune non sia un fat­ tore dimenticato e residuale nelle nostre città.

Il Comitato per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ho l’onore di presiedere, ha per tutti questi motivi deciso di in­ serire nei propri obiettivi strategici la tematica dell’Urban Health, per contribuire a costruire una visione nazionale della salute urbana come Bene Comune.

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Z I B A L Di Frederick Greenhouse

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L DO N E SINERGIE E LA CECITÀ DEI SAGGI In questo ultimo anno molta parte della comuni­ cazione istituzionale è stata basata sulla necessità di trovare le giuste sinergie per affrontare in ma­ niera coesa l’emergenza economica, sociale e cli­ nica determinata dal COVID­19.

Sinergie: l’OMS con i Governi nazionali, l’Europa con i governi locali, il Governo italiano che cerca di trovare le giuste sinergie con i Presidenti delle Regioni e i Sindaci, il Ministro della Salute con gli altri Ministri, il Parlamento con il Governo, i sin­ daci con i cittadini, i clinici tra loro, gli insegnati con gli studenti, i lavoratori con i datori di lavoro, le autorità sanitarie con il Commissario per l’emergenza e poi le imprese, i commercianti, i cittadini, i malati… e via dicendo.

Sinergia è stata una parola abusata e sovrautiliz­ zata, quando invece ognuno ha proposto la pro­ pria “ricetta magica” frutto della propria visione di cosa fare, come fare e quando fare.

In tutto questo l’unica cosa che è mancata vera­ mente è stata la sinergia e la visione di assieme.

Molte volte in situazioni di crisi, la saggezza po­ polare viene in aiuto per farci capire come com­ portamenti individuali rendano l’uomo cieco, poco saggio e presuntuoso.

Questo aspetto é raccontato magistralmente da una favola indiana.

C’erano una volta sei saggi che vivevano insieme in un piccolo villaggio. I sei saggi erano ciechi. Un giorno, un principe straniero che attraversava il paese si fermò con la sua corte davanti alle mura di questo villaggio. Subito, tra gli abitanti del vil‐ laggio, si diffuse la voce che il principe montava un animale straordinario. Si trattava di un ele‐ fante.

In quel paese non esistevano elefanti, e la gente

non aveva idea di come potessero essere fatti quegli animali. I sei saggi volevano vederlo, ma come avrebbero potuto farlo essendo ciechi?

Così decisero di andare a toccare l’animale, in modo da poterlo descrivere. Al loro ritorno, i sei ciechi furono accolti dalla popolazione impaziente di sapere a cosa poteva assomigliare un elefante.

“Bè,” disse il primo “un elefante è come un enorme ventaglio rugoso.” Gli aveva toccato le orecchie. “Assolutamente no,” intervenne il se‐ condo “È come un paio di lunghe ossa.” Gli aveva toccato le zanne. “Ma proprio per niente!” esclamò il terzo “Assomiglia a una grossa corda.”

Gli aveva toccato la proboscide. “Ma cosa state dicendo? Piuttosto, è compatto come un tronco d’albero!”, disse il quarto che gli aveva toccato le zampe. “Non capisco di cosa state parlando…” disse il quinto “Un elefante assomiglia a un muro che respira.” Gli aveva toccato i fianchi. “Non è vero,” gridò il sesto “Un elefante è come una lunga fune.” Gli aveva toccato la coda.

I sei ciechi cominciarono a litigare, ciascuno rifiu‐ tando di ascoltare la descrizione degli altri cinque.

Attirato dalle loro urla, il principe venne a vedere che cosa stava accadendo. “Sire,” disse un vecchio “i sei saggi sono venuti a toccare l’elefante per ca‐ pire com’è fatto e ognuno dice una cosa diversa.

Non si sa a chi credere.” Il principe ascoltò i sei ciechi che descrissero di nuovo l’elefante. Dopo un lungo silenzio, egli dichiarò: “Tutti e sei dicono la verità, ma ognuno di essi ha toccato solo una parte dell’animale, e quindi co‐ nosce solo quella parte di verità. Finché ognuno crede di essere il solo ad avere ragione, nessuno conoscerà la verità intera.”.

Oggi molti si comportano come i sei saggi ciechi, ognuno depositario di una verità ma nessuno della verità assoluta e la salute come bene co­ mune vive questa mancanza di sinergie.

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Analizzare gli aspetti pi della vita dell’individuo Oggi, all’alba del terzo millennio, in tutto il mondo, alla luce di nuove conoscenze sociocul­ turali ­ non solo mediche, di una maggiore aspet­ tativa di vita alla nascita, di politiche mirate di welfare, il concetto di salute si è ampliato coin­ volgendo altri aspetti più globali e importanti della vita dell’individuo. La diffusione del Covid­ 19 ha evidenziato le enormi difficoltà del mondo globalizzato nel prevenire le emergenze derivanti dall’epidemia, la capacità collettiva di un sistema di rispondere rapidamente alla minaccia e miti­ garne gli effetti, trovando sinergie in grado di dare risposte concrete.

Il rapporto “Un mondo a rischio”, redatto dagli esperti del Global Preparedness Monitoring Board, evidenzia come nel periodo 2011­2018 si siano registrate 1.483 epidemie in 172 Paesi del mondo, comprese Ebola, Mers e Zika (solo per ci­ tare quelle più note ai più).

Possono dire i saggi che non erano preparati al­ l’emergenza prodotta dal COVID­19?

Sicuramente no, erano solo ciechi e forse nem­ meno saggi.

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iù globali e importanti .

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CITIES’ SPEAKING

Danzare negli slum di Lagos Quando i sogni dei bambini diventano realtà Lagos è la capitale della Nigeria e, con i suoi 29 milioni di abitanti, è una delle città più popolate al mondo, ma anche dove esistono storie di grande emarginazione sociale.

In questo contesto è inserita Makoko, detta anche la Venezia nera o Venezia d’Africa, è una baracco­ poli situata alla periferia della città, fondata nel 18esimo secolo come villaggio di pescatori, è co­ stituita da strutture poggianti su palafitte e colle­ gate da canali percorsi dagli abitanti con canoe in legno. In ogni casa vivono in media otto persone, originarie principalmente del Togo e del Benin.

L’area, che conta 110.000 abitanti, è uno dei 10 slum più affollati al mondo.

Da uno slum come questo di Makoko esce fuori una storia che ha commosso il mondo.

Il video del piccolo Anthony Mmesoma Madu, 11 anni, allievo della Leap of Dance Academy, men­ tre danza a piedi nudi sulla terra bagnata, sotto la pioggia, dalla baraccopoli ha fatto il giro del mondo. Le immagini sono state condivise da mi­ gliaia di utenti social, mostrate da siti web, tv e media internazionali. Così ­ potere dei social ­ suc­ cede che un’ex ballerina di Lagos, vedendo quel video, decida di pagargli gli studi e aiutare An­ thony a realizzare il suo sogno.

Tutto ha inizio meno di giugno dello scorso anno, quando la scuola di danza, che offre corsi gratuiti in un’area povera della Nigeria, pubblica su Insta­ gram il video di Anthony. «Dietro quei fantastici costumi di scena c’è un sacco di duro lavoro» re­ cita il post. «Con pochissime o nessuna risorsa i nostri bambini si stanno allenando per fare del loro meglio. Vogliamo mostrarvi il loro alto livello di dedizione e impegno». Alla fine una domanda: «Immaginate cosa potremmo fare se avessimo più risorse?».

All’appello ha risposto Fadé Ogunro, ex ballerina, oggi imprenditrice, Ceo e founder di BookingsA­ frica.com. Anche lei, come milioni di persone, ha conosciuto Anthony attraverso quel filmato. Col­ pita dalla sua passione incondizionata per la danza, la donna ha deciso di finanziare gli studi del bambino. «Voglio pagare per la sua istruzione completa in qualsiasi parte del mondo, fino a quando si laureerà all’università» ha scritto su Twitter.

E questo sogno continua anche nei primi giorni del 2021, questa volta grazie al grande étoile Ro­ berto Bolle che ha postato sul suo profilo Insta­ gram il video di una ragazzina, a Lagos, in Nigeria, che danza con una grazia sconfinata, sul fango e sotto la pioggia. Queste le parole di Bolle: «Lascia senza parole e fa riflettere vedere il sorriso e la gioia di danzare di questa bambina. Siamo a Lagos, in Nigeria, nella periferia di una città fra le più povere del mondo. Eppure questa bambina scalza danza già con la grazia di una étoile. E sor­ ride al futuro».

Questi due bambini, che vivono “inghiottiti” dalla metropoli e che inseguono il loro sogno, dimo­ strano quali grandi risorse possono esserci negli slum, basterebbe coltivare i “sogni” dei bambini.

Gli anziani e un artista danno vita a una scultura sociale Elizabeth Turk ha immaginato che gli om­ brelli colorati diffondessero speranza durante la pandemia. Una comunità di pensionati ha detto di sì, ed è diventata la sua tela vivente.

Pomona è una piccola città della California vicino a Los Angeles che, tradizionalmente, é scelta come “buen retiro” da molti pensionati per la qualità di vita che da sempre garantisce questa

città adagiata nella Pomona Valley.

Negli spazi verdi di Mont Sant’Antonio Garden, vicino a Pomona, l’artista Elizabeth Turk ha dato vita a un progetto per realizzare un’opera d’arte unica.

“Cosa dici a te stesso quando affronti le avver­ sità?”, ha chiesto la Turk ai residenti, per trarre ispirazione per un progetto che durante la pan­ demia COVID­19 potesse portare speranza e un sorriso ai residenti. Con lo sfondo di 31 acri di terra utilizzati come tela, ha coinvolto i 500 resi­ denti e i membri del suo personale realizzando un’installazione di arte in movimento intitolata “Project: Look Up”.

“Look Up” è modellato sul suo “Shoreline Pro­ ject”, un’opera commissionata nel 2018 dal La­ guna Art Museum che ha portato 1000 volontari a Laguna Beach, al crepuscolo, attrezzata per l’oc­ casione con ombrelloni illuminati progettati ap­ positamente.

Ispirata dalla resilienza e dall’ottimismo dimo­ strati dai residenti della comunità di pensionati, la Turk voleva creare un’esperienza ottimista si­ mile a “Shoreline” che avrebbe infranto i miti degli anziani indifesi. Questa volta, tuttavia, l’in­ stallazione finanziata da privati, sarebbe stata chiusa al pubblico per motivi di sicurezza. La Turk ha creato un’opera d’arte multimediale, con im­ magini caleidoscopiche riprese da droni, con i partecipanti che, sorridenti, si muovevano nei vasti terreni di Mont Sant’Antonio Garden in un caleidoscopio di colori formato da migliaia di om­ brelli. Una scenografia unica che ha ridato sorriso e speranza in un momento difficile come quello determinato dal COVID­19.

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Così la paura è stata sopraffatta e, in un frizzante giorno di novembre, i partecipanti hanno dato il contributo a questa installazione artistica, cia­ scuno portando un ombrello colorato con i dise­ gni dell’artista a simboleggiare e portare un messaggio di speranza, unità, resilienza, bellezza e felicità, responsabilmente espresso dai pensio­ nati.

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Lo

SPORT di

DOMANI

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Un progetto della Città di Cuneo per incrementare la pratica motoria e sportiva e aumentare il benessere di tutta la comunità di Cristina Clerico, Assessore Cultura, Università, Sport, Pari Opportunità Comune di Cuneo

Nuovi modi di muoversi, di vivere la Città e i suoi spazi in sicurezza: c’è anche questo aspetto nel­ l’eredità, densa di drammi e incognite, di un anno stra­ordinario, deflagrante rispetto alle abitudini che avevano in precedenza permeato il nostro modo di essere. L’impatto violento della pande­ mia ha imposto una rapida acquisizione di prin­ cipi di precauzione che mai avremmo immaginato potessero entrare nella nostra vita; abbiamo im­ parato a conoscere e ad adottare strategie neces­ sarie per garantire la tutela della salute nostra e di chi ci è accanto, attraverso quella assenza di contatto fisico che è il nuovo paradigma cui atte­ nersi in ogni attività. L’effetto è un bisogno di nuovi modi e luoghi in cui continuare ad essere “insieme”, a sentirci comunità, non atomi distinti: in questa ottica, l’attività sportiva, anch’essa ri­ pensata, è una chiave fondamentale per il benes­ sere di tutti, a ogni età e in questo momento più ancora che in passato.

La Città di Cuneo, anche in risposta al vuoto che la pandemia rischia di creare nella vita di una co­ munità, scommette su questi asset (spazi pub­ blici, movimento/stile di vita, sport organizzato e informale), intraprendendo un percorso di piani­ ficazione strategica imperniato sullo sviluppo so­ stenibile, prendendo a riferimento gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU per un nuovo modello di sviluppo in grado di tenere insieme, in modo virtuoso, crescita economica, inclusione, diritti sociali e tutela dell’ambiente. In questo contesto si inserisce il progetto LO SPORT DI DOMANI. At­ traverso il confronto e il coinvolgimento delle re­ altà sportive del territorio, professionistiche e non, degli operatori, degli appassionati e dei citta­ dini in genere, si definirà un Piano Strategico dello Sport (nella sua accezione più ampia, diffusa, ac­ cessibile), per lo sviluppo, il potenziamento, la

connessione in rete delle potenzialità già presenti e di quelle da costruire con uno sguardo al futuro, con particolare attenzione alla maggior inclusione di tutte le fasce di età, alla riduzione delle dise­ guaglianze, in particolare di genere e sociali, al­ l’impatto e alla sostenibilità ambientale.

Risorse naturali e en plen air come il Percorso degli Angeli, insignito della Bandiera Azzurra FIDAL (Cuneo è Città della Corsa e del Cammino) e ora inserito in un’area pedonalizzata e ulterior­ mente in via di rigenerazione, il Parco Fluviale Gesso e Stura che scorre per chilometri alla base dell’altipiano cittadino e lo congiunge con la fra­ zioni circostanti così come con le grandi monta­ gne che costituiscono la corona naturale della città, ed il nuovo Parco Parri, uno dei più grandi cantieri italiani dedicati ad un’area verde volto a trasformare l’Ex Piazza D’Armi in un parco urbano dove potersi immergere nella natura rimanendo in città, entreranno sempre più in rete con l’im­ piantistica sportiva tradizionale, tra cui le molte palestre, lo storico Padiglione dello sport total­ mente ristrutturato nell’ultimo anno e presto di nuovo al servizio della mondo ginnico e del dipar­ timento SUISM dell’Università degli studi di To­ rino, i campi sportivi, il Campo scuola di atletica, oggetto nel 2020 di un completo rifacimento e ammodernamento a servizio in primis delle scuole del territorio, il Palazzetto dello sport, “tempio” del volley cittadino, lo Stadio del Nuoto, struttura d’eccellenza perfettamente inserita nel Complesso Sportivo del Parco della Gioventù e nella cornice del Parco fluviale, su cui l’Ammini­ strazione sta investendo in sostenibilità attraverso la realizzazione di un impianto fotovoltaico, così da ridurre l’impatto ambientale in vista della ria­ pertura.

Prima ancora, la rete che si confida di coltivare

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con il Progetto Lo sport di domani contribuirà ad av­ vicinare associazioni, società e gruppi sportivi del ter­ ritorio a scuole e centri di aggregazione, per creare e aumentare insieme le occasioni di avvicinamento alla pratica motoria e sportiva per tutti.

Il benessere di una comunità discende per buona parte dal modo in cui coloro che ne fanno parte vi­ vono gli spazi pubblici e coltivano le loro passioni: vi­ vere in movimento e sicurezza la città può migliorare entrambi questi aspetti.

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Recensioni

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Francesca Policastro

Un libro semplice e chiaro spiega come mo­ dificare i nostri comportamenti quotidiani e perché, se vogliamo rallentare i cambia­ menti climatici. L’hanno scritto Mario Tozzi e Lorenzo Baglioni: nel Terzo Millennio, la sostenibilità delle attività antropiche è un obbligo morale. Perché ognuno di noi, sot­ tolineano, può fare, e subito, la sua parte per combattere il riscaldamento globale, contrastando “egoismo, ignoranza e mala­ fede” di chi si accoda alle tesi negazioniste che vorrebbero negare i cambiamenti cli­ matici. E la tesi è anche il titolo del libro che insieme hanno scritto (edizioni RaiLibri): Un’ora e mezzo per salvare il mondo perché «abbiamo pochissimo tempo per invertire i processi (innescati dal­ l’uomo) che provocano lo stravolgimento degli equilibri climatici sulla Terra», pochis­ simi anni.

«Il minimo che possiamo fare – scrivono Tozzi e Baglioni – è cambiare il nostro modo di stare al mondo, assumendo un stile di vita sostenibile».

Luciano Floridi, filosofo italiano, professore ordinario di filosofia ed etica dell’informa­ zione all’Università di Oxford, oggi di Bolo­ gna, ha scritto un libro dedicato proprio a questa tematica: si chiama “Il verde e il blu.

Idee ingenue per migliorare la politica”.

Perché si parla proprio di idee ingenue? Si tratta di una sorta di “ritorno ad Itaca”: Ulisse, infatti, ritrova la sua stessa isola, ma è lui ad essere cambiato dopo gli anni passati in viaggio. “Idee ingenue non vuole essere una provocazione” dice Floridi, “ma un ricor‐ dare a tutti noi che alla fine quando hai ca‐ pito tutto, quando si arriva alla fine di un percorso, si perde un po’ di vista la vera so‐

stanza dell’argomento. L’esempio che riporto è quello della caffettiera, che fa il caffè buono alla fine, non all’inizio.”

“Il verde e il blu sono due colori che salve‐ ranno il mondo” dice Floridi, “Il verde racco‐ glie non solo l’ambientalismo biologico ma tutti gli ambienti (urbani, economici, politici).

Il blu, invece, raccoglie tutte le tecnologie di‐ gitali, che vanno dai big data all’IoT, fino alle app o all’intelligenza artificiale. Tutti il digi‐ tale messo al servizio del verde è l’abc di un progetto umano per il Ventunesimo secolo”.

La tesi di fondo è che, in una società matura dell’informazione, come è l’Italia contempo­ ranea, il progetto umano deve essere etico, unire politiche verdi (economia green, circo­ lare e dello share) e politiche blu (economia digitale e dell’informazione) e favorire un modo di vivere insieme centrato sulla qualità delle relazioni e dei processi, anziché sul con­ sumo e sulle cose.

Ma perché proprio oggi possiamo fare que­ sto salto? “Perché oggi abbiamo una po‐ tenza di calcolo straordinaria” sostiene Floridi, “abbiamo le condizioni tecnologiche per fare questo matrimonio tra questi due colori, in modo funzionale ed efficiente. Il verde e il blu non rappresentano la ciliegina, ma la torta”.

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IL FUMO 4.0, libro di Mario Pappagallo, Mon­ dadori Electa Tutte le risposte scientificamente provate alle domande che fumatori tradizionali, non fumatori e medici si pongono. Le sigarette elettroniche e i nuovi prodotti a tabacco ri­ scaldato fanno ormai parte della nostra quo­ tidianità. Dopo il boom del 2014 sono tornate alla ribalta, tra comunità di vapers e dibattiti crescenti sui loro effetti, soprattutto alla luce della cosiddetta crisi americana, du­ rante la quale oltre duemila persone sono morte per aver svapato liquidi contenenti THC. Dubbi, domande e pericoli, soprattutto per i giovani: questi dispositivi rivoluzione­ ranno per sempre il mondo del fumo o sono solo un’evoluzione moderna delle sigarette?

E poi: che rapporto c’è tra il fumo di e­cig e i tumori, e la salute di polmoni, denti, vescica e altri organi? Qual è l’impatto del fumo di e­cig sull’estetica, sul metabolismo, sulla di­ pendenza, sulla psiche? Quali sono le diffe­ renti tecnologie, i vantaggi e gli svantaggi?

Chi sono i fumatori duali? Come si può dav­ vero smettere di fumare secondo i pro­ grammi dei centri antifumo? Quali sono i pericoli della sigaretta tradizionale e della ni­ cotina? A questo e a molto altro ancora ri­ sponde questo libro, che finalmente fa chiarezza sul tema.“Il caso e la necessità.

Covid­19, la (prima?) pandemia del Terzo Millennio” nella collana di CAMMINO ­ Ca­ mera Nazionale degli Avvocati per le Rela­ zioni Familiari e Minorenni Cresce la collana CAMMINI con un volume che, come un “fermo immagine”, descrive lo smarrimento che ha caratterizzato il con­ fronto con la pandemia mondiale di corona­ virus, i nuovi temi e modi di essere comunità oggi, dopo uno sconvolgimento inaspettato che ha disorientato ma anche attivato ri­ sorse.

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A ogni latitudine del globo si è scatenato l’inimmaginabile: la pandemia da Covid­19 ha fatto scoprire l’umanità fragile e vulnera­ bile, in un momento storico in cui ­almeno in questa parte del mondo­ riteneva di essere immune da eventi di questo tipo, fiduciosa nello sviluppo delle biotecnologie.

Da qui la necessità di una riflessione pacata,

che riportasse come un “fermo immagine” quanto è successo e che sta succedendo, snodo inimmaginato e inimmaginabile tra passato e futuro.

Cosa poteva sembrare la soluzione migliore, se non consultare diverse prospettive di ana­ lisi: il punto di vista scientifico, quelli giuri­ dico e giudiziario, economico e sociale, bioetico, architettonico e religioso e mole altre, per fornire un quadro d’insieme ma – nello stesso tempo – specifico per vari set­ tori?

Nel testo si spazia tra le varie aree inevitabil­ mente interessate, consultando competenze di eccellenza. Ha dominato l’esigenza di cer­ care un punto di equilibrio tra il bilancia­ mento nella tutela tra libertà personali e salute pubblica; la protezione dei dati perso­ nali e necessità di garantire la prevenzione; la ricerca sempre in fieri della sottile linea che determina il discrimen tra rispetto e abuso.

La collana CAMMINI, percorsi di riflessione e approfondimento, giunta ormai al XI volume, è espressione del lavoro di ricerca di CAM­ MINO ­ Camera Nazionale Avvocati per la

Persona, le Relazioni familiari e i Minorenni, associazione forense specialistica tra le più rappresentative riconosciuta dal CNF. Il titolo del volume è ispirato al saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea, scritto da Jac­ ques Monod che, a distanza di 50 anni dalla sua pubblicazione, risulta di particolare attualità, su tutta una serie di profili anche analogici. A sua volta Monod si era ispirato – per questo titolo – a Democrito: “Tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso e della necessità”.

Scrive Agnese Camilli, curatrice del Volume: “Il nodo è – ora – fronteggiare le fasi di ripresa partendo dalle criticità. […] Ora la sfida è il post, momento altrettanto delicato e complesso: la riorganizzazione, il rafforzamento strutturale sia sanitario che informatico, la riorganizzazione dei processi che non deve ca‐ dere nelle trappole del frazionamento e del campanilismo che troppe criticità ha generato. Sarà fonda‐ mentale la cooperazione e, dunque, l’interdisciplinarietà e, con questa, una sistematica di selezione delle risorse umane che porti ai vertici delle strutture sia sanitarie che di altri settori, professionisti realmente qualificati. In moltissimi settori può essere potenziato lo smart working, grazie a infrastrutture effettiva‐ mente adeguate, con beneficio per le persone, per il lavoro e per l’ambiente. L’augurio è realmente che, come scritto dalla romanziera indiana Arundhati Roy, “The pandemic is a portal, a gateway between one world and the next. We can choose to walk through it, dragging the carcasses of our prejudice and hatred, our avarice, our data banks and dead ideas, our dead rivers and smoky skies behind us. Or we can walk though lightly, with little luggage, ready to imagine another world. And ready to fight for it”. Un dato è certo: peggiore di questa crisi – che certamente ha indotto un vulnus nelle “certezze” dell’umanità del terzo millennio e ha fatto toccare con mano fragilità di sistema significative – può essere, parafrasando l’omelia di Papa Francesco nel giorno della Pentecoste (31 maggio 2020), solo e unicamente il fatto che si possa sprecare questa occasione per migliorarci. Allora sì, il macigno di Sisifo, continuerebbe a rotolare...”.

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La missione del

nostro tempo Horizon Europe e la Mission Climate Neutral and Smart Cities Hanna Beata Gronkiewicz­Waltz ha ricoperto il ruolo di 46esima sindaca di Varsavia tra il 2006 e il 2018, per tre mandati, la prima donna a ricoprire questa carica. Già Presidente della Banca nazionale polacca, la banca centrale della Polonia, tra il 1992 e il 2000, oggi è la Presidente di una delle cinque Missioni del nuovo programma Horizon Europe, per il settennato 2021­27, “Mission Board for Climate Neutral and Smart Cities”.

“L’introduzione di una missione sulle Città è un modo nuovo e radicale per raggiungere la neu‐ tralità climatica ‐ e per farlo più velocemente, entro il 2030. La missione mira a promuovere l’innovazione di sistema lungo la catena del valore degli investimenti urbani, rivolgendosi a più settori, con il supporto di potenti tecnologie digitali. In quanto tale, richiede un cambiamento di regola‐ menti, approcci e strumenti combinati con la vo‐ lontà di andare oltre gli schemi e le abitudini esi‐ stenti. La Missione richiede anche un cambiamento di atteggiamento verso gli aspetti pratici del‐ l’attuazione, ma anche per quanto riguarda le persone e le organizzazioni che lavorano insieme: cittadini, governi locali, governi centrali e regionali insieme a istituzioni europee. Ci aspettiamo che i cittadini, le amministrazioni cittadine e i leader politici mostrino impegno, immaginazione e de‐ terminazione. La trasformazione delle città orien‐ tata al clima va ben oltre l’idea dell’Uomo sulla Luna. Questa è la missione dei nostri tempi!”, ha dichiarato Hanna Gronkiewicz­Waltz, presidente del Mission Board for Climate Neutral and Smart Cities, nella prefazione al Documento finale pre­ sentato alla Commissione Europea, a valle del processo di consultazione pubblica e di sintesi delle proposte pervenute.

100 Climate-Neutral Cities by 2030 - by and for the Citizens Interim Report of the Mission Board for Climate-Neutral and Smart Cities

Le Città intelligenti e climaticamente neutre, in­ sieme a cancro; adattamento ai cambiamenti cli­ matici, comprese le trasformazioni sociali; prodotti alimentari e salute del suolo; salute degli oceani, dei mari e delle acque costiere e interne sono i temi al centro dei cinque Mission Board lanciati dalla Commissione UE per delineare le missioni nell’ambito del prossimo programma quadro eu­ ropeo per la ricerca e l’innovazione, Horizon Eu­ rope. Le Missioni andranno a sostituire le ‘sfide sociali’ di Horizon 2020 e avranno il compito di delineare le priorità di ricerca del programma, un portafoglio di azioni interdisciplinari volte a

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conseguire entro un periodo prestabilito un obiettivo audace, stimolante e misurabile, che abbia un impatto sulla società e sull’elaborazione delle politiche e sia rilevante per una parte signi­ ficativa della popolazione europea e un ampio spettro di cittadini europei.

L’ambizioso programma quadro dell’UE per la ri­ cerca e l’innovazione (2021­2027) mirerà a raffor­

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E perché una Missione sulle città climaticamente neutre? Mitigare il cambiamento climatico su scala globale è una sfida enorme e il tempo per la necessaria trasformazione sociale è breve. Le città coprono circa il 3% della terra sulla Terra, ma producono circa il 72% di tutte le emissioni globali di gas serra. Inoltre, le città stanno crescendo rapidamente; in Europa, si stima che entro il 2050 quasi l’85% degli europei vivrà nelle città.

Pertanto, l’emergenza climatica deve essere affron­ tata dalle città e dai cittadini.

Dopo aver consultato i cittadini di molte città eu­ ropee, il Mission Board ha proposto la seguente progettazione: “100 città climaticamente neutre entro il 2030 ­ da e per i cittadini”. Il suo scopo è sostenere 100 città europee nella loro trasfor­ mazione sistemica verso la neutralità climatica entro il 2030, rendendo queste città hub di inno­ vazione per tutte le città.

La Missione è molto più di un tradizionale pro­ gramma di ricerca e innovazione; è un’impresa

zare le basi scientifiche e tecnologiche dell’UE e lo spazio europeo della ricerca (SER), migliorare la capacità innovativa, la competitività e l’occu­ pazione in Europa, conseguire gli obiettivi prioritari per i cittadini e sostenere un modello socio­eco­ nomico di sviluppo che tenga conto dei valori fondativi dell’Ue. A questi scopi lo stanziamento proposto è stato di 100 miliardi di euro.

impegnativa e ambiziosa per cui le città si impe­ gneranno nella trasformazione, a vantaggio della qualità della vita e della sostenibilità dell’Europa.

Il principale ostacolo alla transizione climatica non è la mancanza di tecnologie intelligenti e ri­ spettose del clima, ma la capacità di implementarle.

L’attuale forma di governance basata su silo, pro­ gettata e sviluppata per le operazioni ei servizi tradizionali delle città, non può guidare un’ambi­ ziosa transizione climatica. Pertanto, è urgente una trasformazione sistemica, accompagnata da un approccio di investimento climatico più stra­ tegico, olistico e a lungo termine, insieme a una nuova governance della città per l’azione per il clima. La trasformazione si baserà su tre principi: (1) un approccio olistico per promuovere l’inno­ vazione e la diffusione, (2) una matrice di gover­ nance integrata e multilivello e (3) una collabora­ zione profonda e continua tra tutte le parti inte­ ressate. Questo modello richiede un forte impegno da parte delle città e della loro leadership politica

per innovare l’amministrazione e coinvolgere tutte le parti interessate, le imprese, il mondo accade­ mico e la società civile. Fondamentale per il suc­ cesso della missione è il coinvolgimento dei cittadini nei loro diversi ruoli di attori politici, utenti, produttori, consumatori o proprietari di edifici e mezzi di trasporto.

Il Mission Board propone di introdurre un Climate City Contract come nuovo meccanismo per fornire il sostegno dell’UE alle città sotto forma di maggiore innovazione, migliore regolamentazione e finan­ ziamento integrato. Sarà firmato dal sindaco a nome del governo locale e delle parti interessate locali, dalla Commissione e dalle autorità nazionali o regionali. Una condizione preliminare per un contratto per la città del clima è che ai cittadini sia assegnato un nuovo ruolo attivo, nuove piatta­ forme per agire e migliori risorse per svolgere il proprio ruolo. Almeno l’1% del finanziamento concesso dall’UE alle città attraverso un contratto per la città del clima dovrebbe essere destinato a sostenere i cittadini e le loro piattaforme per lo sviluppo e l’attuazione delle azioni per il clima.

Le 100 città che firmano i Climate City Contracts svilupperanno e implementeranno un nuovo con­ cetto di innovazione: innovazione di sistema nella

governance, trasporti, energia, costruzione e riciclo, supportata da potenti tecnologie digitali (ovvero innovazione di sistema nell’intera catena del valore degli investimenti urbani). Queste città guideranno lo sfruttamento delle sinergie delle doppie trasformazioni verdi e digitali dell’Europa.

Lavoreranno anche insieme per affrontare sfide comuni e creare economie di scala. Nel processo, fungeranno da hub di innovazione per altre città, il che significa che centinaia di città europee sa­ ranno ispirate, apprenderanno e replicheranno le idee e le soluzioni che emergono dalla Missio­ ne.

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I criteri principali nella scelta delle città saranno l’ambizione, l’impegno, la capacità e il coinvolgi­ mento dei cittadini. Inoltre, l’inclusività sarà un principio generale, tenendo conto di una rappre­ sentanza geografica equilibrata nonché delle diffe­ renze nei livelli di preparazione delle città. Il pro­ cesso di candidatura includerà tre fasi: (a) la co­ creazione della domanda, (b) la co­creazione del contratto Climate City e (c) l’attuazione del con­ tratto. La rendicontazione, il monitoraggio e la valutazione si baseranno sulla metodologia del Patto dei Sindaci, già utilizzata da molte città eu­ ropee. La selezione delle città sarà aperta e tra­ sparente, in cui l’obiettivo di 100 città non deve essere letto come un limite massimo.

La Missione dovrebbe attrarre e selezionare città di tutte le dimensioni, contesti, tipi e livelli di preparazione (vedi figura sotto) purché dimostrino grandi ambizioni. Tutte le città con 50.000 o più abitanti dovrebbero essere le benvenute per can­ didarsi per diventare una Climate Mission City.

Negli Stati membri con cinque o meno città con più di 50.000 cittadini, dovrebbe essere applicata la soglia di 10.000.

Date le molteplici tipologie di città europee e la

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difficoltà di portare a termine la Missione in meno di un decennio, la Missione considera la nozione di “città” applicabile a diversi ambiti: di­ stretto cittadino, quartiere o zona di particolare interesse di una città; città rappresentata da un’unità governativa; conglomerato o area fun­ zionale composta da più città vicine o unità go­ vernative, rappresentate dalle rispettive unità go­ vernative.

Questa pluralità tiene conto della diversità delle città europee in termini di dimensioni, contesto, governance, budget e capacità di mobilitare i fi­ nanziamenti necessari e l’attuale livello di azione per il clima. Garantisce inoltre un processo aperto in cui qualsiasi città con sufficiente ambizione può candidarsi con successo per essere tra le prime 100 città selezionate. Dovrebbe anche otte­ nere la migliore copertura geografica e rappre­ sentanza di tutti i paesi europei, con almeno tre città di ogni stato membro che entrano nella fase di co­creazione della fase di Climate City Contract, e idealmente almeno due città di ogni stato mem­ bro che entrano nell’attuazione la fase del contratto di città del clima.

Il processo di realizzazione della Missione inizierà con un invito aperto a manifestare interesse, in cui le città saranno invitate a diventare neutre dal punto di vista climatico entro il 2030 ed espri­ meranno il loro interesse ad entrare nel processo della Missione. In questa fase alle città sarà chiesto di eseguire un’autovalutazione del proprio livello di preparazione e di dichiararsi a uno dei tre livelli Principiante, Esperto o Avanguardia. La domanda deve essere presentata direttamente dalla persona giuridica che la rappresenti. Il pro­ cesso proseguirà attraverso tre ulteriori fasi di la­ voro per la città e il suo partenariato di missione: • la co­creazione della domanda di missione: dopo un controllo di ammissibilità riuscito di la manifestazione di interesse, le città saranno invitate a preparare la domanda per un contratto di città del clima. Il processo dovrebbe essere eseguito in co­creazione con i cittadini, le autorità locali e le parti interessate pertinenti. Poiché non tutte le città inizieranno con lo stesso livello di preparazione, si prevede che i principianti avranno bisogno di più tempo per entrare nella fase 2 ri­ spetto alle città all’avanguardia. I criteri qui inclu­ dono un chiaro livello di impegno in termini di obiettivi e ambizioni climatiche, impegno dei cittadini e partenariato di missione, risorse umane sufficienti e ambito d’azione europeo. I candidati selezionati saranno invitati a presentare una lettera di intenti per iniziare la fase successiva; • la co­creazione del Climate City Contract, con l’obiettivo di sviluppare un vero e proprio contratto Climate City. Le città riceveranno diversi tipi di sostegno, in particolare per sviluppare la loro strategia. Quest’ultimo sarà valutato insieme a tutti i capitoli del contratto. I criteri in questa fase includono le barriere affrontate; una gover­ nance, struttura, ruoli chiaramente definiti; la strategia di investimento; l’approccio all’innova­ zione; KPI misurabili e vantaggi evidenti per i cittadini.

• l’implementazione del contratto: in questa fase le città implementeranno il Climate City Con­ tract, anche in termini di governance, strategia di investimento e impiego di tecnologie. Sarà fornito sostegno alle città da diverse fonti e sarà richiesto di condividere la loro esperienza con altre città attraverso, ad esempio, tutoraggio, ge­ mellaggio o lavoro di squadra.

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LA SALUTE NELLE CITTÀ TRA LE PRIORITÀ DEL NUOVO MANDATO DEL COMITATO NAZIONALE PER LA BIOSICUREZZA, LE BIOTECNOLOGIE E LE SCIENZE DELLA VITA DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO Lo scorso 28 settembre si è svolta la Plenaria di inaugurazione del nuovo mandato del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, che è stato confermato nella composizione precedente.

All’ordine del giorno le comunicazioni e rifles­ sioni del Presidente, Professor Andrea Lenzi, sui punti programmatici elaborati per il quadriennio 2020­2024 da parte del Comitato: la ripresa delle attività sul tema Banca del DNA e dei rap­ porti con la Cabina di regia “Benessere Italia”; la costituzione di un Gruppo di lavoro sulla Bio­ sicurezza ambientale, nucleare, infettivologica, etc.; la prosecuzione delle attività del Gruppo di coordinamento sulla Bioeconomia; lo sviluppo del Documento nazionale sul Microbioma; la co­ stituzione di Gruppi di lavoro sui temi della Si­ curezza alimentare, delle Biotecnologie avanzate, della Salute dei migranti e, infine, della Salute nelle città e delle malattie trasmis­ sibili e non trasmissibili.

E proprio quest’ultimo Gruppo di lavoro sarà di cruciale rilevanza per portare all’attenzione delle scelte del Governo e delle Istituzioni l’im­ portanza di studiare e monitorare i determinanti di salute contesti urbani, in relazione al perse­ guimento di una migliore qualità di vita e del be­ nessere dei cittadini del nostro Paese.

A livello globale vi è una crescente concentra­ zione di persone in grandi complessi urbani, ormai superiore al 50%, producendo oltre l’80% del PIL globale. In Italia nelle 14 Città Metropo­ litane si concentra il 37% della popolazione, se­ condo un trend crescente e inarrestabile che riflette l’andamento e le stesse caratteristiche delle città europee e mondiali.

La crescita delle città pone una serie di sfide che sono di natura ambientale, sociale, economica, di salute stessa – intesa come bene comune e indivisibile – e rappresentano un “laboratorio” ideale in cui agire per stimolare lo studio e la co­ noscenza dei fattori di rischio per la salute al fine di elaborare un modello di sviluppo che ga­ rantisca un impatto minore sul Pianeta e una vi­ vibilità migliore e più equa nelle nostre città. Le città, se ben pianificate e organizzate, possono quindi rappresentare un catalizzatore per con­ trastare degrado ambientale, disuguaglianze, ri­ schi connessi alle malattie trasmissibili, diffusive e infettive come testimoniato da COVID­19, e non trasmissibili.

Sempre più, il disegno delle infrastrutture citta­ dine e delle dinamiche socio­spaziali dei conte­ sti urbani, in costante dialogo e relazione con i centri periferici, rappresentano un fattore cri­ tico, da analizzare, per la salute individuale e il benessere delle popolazioni. Le città costitui­ scono delle grandi concentrazioni di ricchezza, ma possono comportare, conseguentemente alla loro crescita, anche spopolamento e depau­ peramento delle aree limitrofe, con l’abbandono delle campagne e delle zone montane. Ciò è anche più vero per il nostro Paese, in cui l’as­ setto amministrativo è composto da quasi otto­ mila Comuni, di cui quattordici Città Metropolitane e seimila campanili con meno di cinquemila abitanti. Il 54% del territorio del no­ stro Paese è, d’altro canto, governato dai Co­ muni montani.

Una conformazione e una dinamica, quindi, di cui tener conto nel momento in cui si approccia il tema della salute nelle città, se si vuole che il fenomeno dell’urbanizzazione rappresenti un’op­

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portunità. Le città attraggono talenti e investi­ menti, stimolano lo sviluppo delle infrastrutture e di reti più moderne, la concentrazione di per­ sone favorisce una diffusione più rapida delle co­ noscenze e un tasso di innovazione più elevato, sotto il punto di vista sia tecnologico sia sociale.

Al contrario, bisogna allontanare il rischio rappre­ sentato dall’aumento delle disuguaglianze e del disagio, dalla congestione e dall’inquinamento dovuto a smog e a produzione di rifiuti.

Sarà a partire dalla ricognizione di questi fattori che il Gruppo di lavoro sulla salute nelle città del Comitato lavorerà, proponendo una visione inte­ grata della salute (“health in all policies”) nelle politiche pubbliche, per il raggiungimento di un più elevato livello di salute nelle città in conside­ razione del fatto che molte delle sfide emergenti richiedono collaborazione intersettoriale e multi­ disciplinare.

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Il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Bio­ tecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) è nato presso la Presidenza del Consiglio dei Mi­ nistri nel 1992.

Inizialmente si chiamava “Comitato Scientifico per i rischi derivanti dall’impiego di agenti bio­ logici”, in ottemperanza a quanto disposto dalle direttive europee sull’impiego confinato di mi­ crorganismi geneticamente modificati e sul­ l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati. Successi­ vamente le sue competenze si sono moltiplicate e diversificate e oggi includono le biotecnologie, la biosicurezza, le nanotecnologie, gli OGM, la valutazione della brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche (ad esempio i farmaci). Il Comi­ tato è stato individuato, inoltre, anche quale or­ ganismo scientifico di garanzia per il funzionamento della Banca Dati del DNA, in­ sieme al Garante per la Privacy.

Il CNBBSV è un organismo di supporto del Go­ verno e, in particolar modo, del Presidente del Consiglio dei Ministri, per l’elaborazione di linee d’indirizzo scientifico, produttivo, di sicurezza sociale e di consulenza in ambito nazionale e co­ munitario.

Il Comitato svolge anche un ruolo di coordina­ mento e armonizzazione d’iniziative e attività ministeriali e collabora alla definizione della po­ sizione italiana in campo comunitario e in campo internazionale, in quegli organismi in cui si dibattono problemi di biosicurezza, biotecno­ logie e scienze della vita.

Il CNBBSV svolge la propria attività prevalente­ mente attraverso dei gruppi di lavoro, costituiti per approfondire tematiche particolarmente ri­ levanti e, talvolta, urgenti.

SITO WEB: cnbbsv.palazzochigi.it

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PEOPLE, PLAN

NET, PROSPERITY: IL TRINOMIO DEL G20 A GUIDA ITALIANA

Dal 1° dicembre 2020, l’Italia detiene la Presi­ denza del G20, il foro internazionale che riunisce le principali economie del mondo. Nel 2021 la co­ munità internazionale sarà chiamata a mostrare coraggio e ambizione per vincere le grandi sfide di oggi: dalla pandemia ai cambiamenti climatici, dal sostegno all’innovazione alla lotta contro po­ vertà e disuguaglianze. Il programma della Presi­ denza si articola intorno al trinomio People, Planet, Prosperity. Dobbiamo prenderci cura del pianeta e delle persone, assicurando una forte ripresa economica che sia al contempo inclusiva e sostenibile. La Presidenza culminerà nel Ver­ tice dei Leader G20, che si terrà a Roma il 30 e 31 ottobre. La Presidenza italiana e la Commis­ sione europea ospiteranno inoltre, insieme, il G20 Global Health Summit, che avrà luogo a Roma il 21 maggio, al massimo livello, e ci con­ sentirà di affrontare le principali sfide connesse all’emergenza sanitaria.

Nell’ambito del processo decisionale del G20, l’approfondimento di questioni settoriali di rile­ vanza internazionale è affidato ai cosiddetti Gruppi di Lavoro, composti da esperti che affron­ tano tematiche molteplici nei rispettivi filoni di competenza, portandole all’attenzione dei Go­ verni del G20. Per il 2021 i Gruppi di Lavoro ri­ guardano: istruzione, salute, commercio e investimenti, sviluppo, economia digitale, anticor­ ruzione, lavoro, transizione energetica e sosteni­ bilità climatica, ambiente, cultura, turismo, agricoltura, ricerca e istruzione superiore.

In un’ottica di inclusione e partecipazione allar­ gata il processo decisionale del G20 è stato arric­ chito nel corso degli anni con il coinvolgimento di “attori sociali”, che si riuniscono nei cosiddetti “Engagement Groups”. Gli Engagement Groups si

occupano di molteplici filoni, in particolare i temi dell’imprenditoria, del lavoro, della gioventù, dell’empowerment femminile, delle politiche ur­ bane, dello sviluppo sostenibile e della lotta con­ tro le disuguaglianze. Sono inoltre impegnati nella promozione del lavoro dei think tank e delle uni­ versità, delle scienze sociali e naturali. Questi gruppi conducono i loro lavori in modo indipen­ dente rispetto ai Governi, presentando formal­ mente alla Presidenza le loro raccomandazioni prima del Vertice finale.

Tra i Gruppi, l’Urban 20 (U20) nasce nel 2017, su iniziativa del Sindaco di Buenos Aires, in occa­ sione della Presidenza argentina del G20. Com­ posto da 25 città appartenenti agli Stati del G20, l’obiettivo dell’U20 è di apportare al processo G20 il punto di vista e le priorità delle città. Ogni anno, l’U20 presenta le proprie raccomandazioni ai Lea­ der del G20. L’U20 è coadiuvato da C40 Cities e da United Cities and Local Governments (UCLG).

Roma e Milano saranno co­Presidenti dell’U20 Italia 2021 e ospiteranno il vertice annuale dei sindaci.

Anche Health City Institute è pronto a dare il pro­ prio contributo, coordinando un gruppo di esperti sull’urban health ed elaborando un Documento specifico sulle prospettive di politica pubblica per la promozione della salute nelle, città che sarà sottoposto all’attenzione del Governo italiano in vista dell’evento conclusivo del G20.

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CITTÀ DEI 15 MINUTI, UN MODELLO SOSTENIBILE BASATO SULLA PROSSIMITÀ Del Professore franco‐colombiano Carlos Moreno, docente alla Sorbona di Parigi

Il modello di città dei 15 minuti propone una pia‐ nificazione sostenibile dello spazio urbano basata sul concetto di prossimità, in modo da ridurre gli spostamenti in automobile in ambito cittadino, fa‐ vorendo quelli in bicicletta o a piedi e incremen‐ tando l’utilizzo creativo e sociale degli spazi nei centri delle città.

Il primo a introdurre il concetto di città dei 15 mi­ nuti è stato il professore franco­colombiano Carlos Moreno, docente alla Sorbona di Parigi, propo­ nendo una nuova concezione dell’idea di prossi­ mità all’interno delle città, orientata allo sviluppo sostenibile. Secondo la sua teoria, in contesto ur­ bano, il lavoro, i negozi, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, il benessere, la cultura, lo shopping e il divertimento dovrebbero essere idealmente tutti raggiungibili entro quindici minuti da casa propria, a piedi o in bicicletta.

Ne deriva una visione multidimensionale e poli­ centrica della città, in cui i luoghi e i comporta­ menti diventano alleati e garanti di uno stile di vita più sano e sostenibile.

Da subito la Città di Parigi, durante la campagna elettorale – poi vinta – della Sindaca Anne Hidalgo, ha raccolto la suggestione applicandola a un rivo­ luzionario piano di rigenerazione della capitale francese: “La ville du quart d’heure”.

Tempo e spazio diventano così due fattori tutti da ripensare, applicati su una micro­scala, sul quar­ tiere, sul viale, sulle aree pubbliche comuni, ren­ dendo ogni punto nodale della città un cuore pulsante della comunità che ci vive o lo frequenta.

Popolazioni diverse, bambini, anziani, giovani, po­ tranno sia avere più occasioni di scambio interge­

nerazionale sia frequentare gli stessi luoghi in orari differenti, così da evitare sovraffollamenti e otte­ nere quel distanziamento sociale che ancora stiamo sperimentando in forme estreme.

In questo senso, studiare i comportamenti delle persone, gli effetti sociali ed economici, le loro ca­ pacità di risposta nei diversi momenti della gior­ nata, è il primo passo per proporre un piano sensato e accettato, cui faranno seguito processi di co­progettazione e successive co­gestioni degli spazi. Una conseguenza naturale sarà lo sviluppo di comunità più solidali, più coese, meno indivi­ duali e individualistiche. Aspetti che diventano cruciali nei momenti di crisi e pericolo per la sa­ lute, rendendo le città più resilienti davvero. D’al­ tro canto, in questo ultimo anno abbiamo capito quanta importanza abbia una razionale ed effi­ ciente organizzazione territoriale dei servizi, capil­ lare e diffusa sul territorio: i presidi medici sul territorio, che in molti casi sono stati smantellati e che sono stati l’anello più debole del contagio, i luoghi di ricovero, di salute e tutte le soluzioni che derivano dall’esistenza delle reti di prossimità.

La pandemia ha messo a nudo la forte disugua­ glianza nelle nostre citta e in diverse parti del mondo. Il COVID­19 non ha colpito le persone in egual misura. Ha infatti provocato una maggiore distruzione per le persone meno in grado di difen­ dersi, spesso comunità a basso reddito, anziani isolati, comunita di etnia diversa, non integrate né incluse nel tessuto della città, o persone che vi­ vono in insediamenti informali. Tali fattori erano già, in qualche modo, stati rilevati come determi­ nanti dell’ingiustizia sociale in tema di degrado ambientale e di esposizione all’inquinamento. Se vorremo liberarci dal COVID­19 in modo equo e sostenibile, dalle minacce sottese a questo tipo di

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squilibri e disuguaglianze, questi fattori vanno ana­ lizzati e cambiati. La città dei 15 minuti può rap­ presentare una valida risposta al fenomeno inarrestabile e crescente dell’urbanizzazione.

Un quarto d’ora è l’unità di misura del progetto che, dopo Parigi, ha trovato molti punti di caduta, da Milano a Barcellona, dal piano “twenty minutes neighbourhood” di Melbourne a quartiere “five minutes to everything” di Copenhagen, fino ai centri di media dimensione demografica.

L’organizzazione sociale dei quindici minuti avrà, inoltre, importanti ricadute anche sull’organizza­ zione economica delle città. La prossimità potrà rappresentare un valore aggiunto e una leva per altre innovazioni adatte a ricalcare le agende po­ litiche legate agli obiettivi dell’Agenda 2030.

Qualche segnale c’è già stato: da un lato, i sempre maggiori investimenti in smart working implicano minori movimenti nel cuore della city, con chiu­ sure di attività e ripensamento delle destinazioni immobiliari, dall’altro lato una riscoperta del va­ lore del commercio di prossimità, sia per la redi­ stribuzione degli acquisti in un momento in cui gli spostamenti erano limitati, sia per una nuova so­ lidarietà con le persone che tengono vivo il quar­ tiere, si è rivelata una prospettiva credibile.

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Lo spazio e il tempo rappresentano un binomio che incide sugli stili di vita e di consumo delle per­ sone e condiziona così i modelli economici. Con la rivoluzione digitale i concetti di spazio e tempo erano già stati rivisitati e interpretati secondo i nuovi ambienti di vita: lo spazio è sempre di più la rete, il tempo è quello di connessione. Il corpo delle città deve ancora rappresentare, sempre di più, lo spazio che conserva le relazioni umane, ot­ timizzate da smart grid, efficientamento dell’illu­ minaizone pubblica, open data, etc. È quanto convince anche l’architetto Carlo Ratti, con il suo concetto di senseable city e craftfuture, che il City Lab da lui fondato promuove e studia, trovando importanti conferme, evidenziando nuovi modi di stare insieme e di rispondere all’esigenza di con­ tatto e aggregazione.

Una politica nazionale di sostenibilità e digitalizza­ zione pianificate rientra anche negli obiettivi del PNRR presentato dal nostro Paese. Da tempo esi­ stono progetti sulla carta per rivisitare la città, il PNRR può rappresentare un’occasione unica e ra­

pida per vederli realizzati, anche in considerazione del fatto innegabile che la crisi legata al Covid ha messo in moto energie spontanee dal basso, che riconfigurano abitudini, bisogni e risposte, con evi­ denti conseguenze per il governo delle città.

Per costruire “il futuro che vogliamo”, il processo di ripresa deve portare a un cambiamento signifi­ cativo del modo in cui pensiamo alle nostre so­ cietà e alle nostre città, dobbiamo “build back better”. Un ritorno alla vita di sempre, alla norma­ lità di prima, non costituirebbe solo una monu­ mentale mancanza di consapevolezza e immaginazione, ma fisserebbe le disuguaglianze messe a nudo dalla pandemia e renderebbe ine­ vitabili crisi più devastanti dovute al collasso cli­ matico o ad altri cambiamenti epidemiologici in atto.

ESEMPIO DI APPLICAZIONE DELLA CITTÀ DEI 15 MINUTI FONTE: WWW.MORENO­WEB.NET LA PROPOSTA DI “ VILLE DU QUART D’HEURE” DA PARTE DEL SINDACO DI PA‐ RIGI, ANNE HIDALGO (FONTE: ANNEHIDALGO2020.COM) VISIONE DI UNA VIA DI PARIGI PRIMA E DOPO L’APPLICAZIONE DELLA TEORIA DELLA “CITTÀ DEI 15 MINUTI” (FONTE: ANNEHIDALGO2020.COM)

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Intervista ad Antonio Gaudioso, eletto Presidente di Cittadinanzattiva durante il Congresso del 27 marzo 2021, dopo nove anni di mandato come Segretario Generale dell’Associazione.

Com’è cambiato il ruolo del cittadino in questi ultimi anni?

Dieci anni di profondo cambiamento, da ultimo il COVID‐19: quale lezione trarre?

Il mio è un mandato che come attivista civico dura da 25 anni, un quarto di secolo, solo negli ultimi 9 ho ricoperto la carica di segretario generale. Di­ ciamo che in questi anni è cambiato molto nel senso che è emersa ancora più forte la consape­ volezza del ruolo dei cittadini. In realtà su questo vorrei essere molto franco: non so se maggiore è l’affermazione della cittadinanza attiva o, dall’altra parte, l’affermazione da parte delle istituzioni della necessità di utilizzare i saperi civici perché consapevoli di un gap molto forte di conoscenza.

Probabilmente è una via di mezzo tra le due cose, perché la complessità di questi anni, che è sempre maggiore, dei servizi sanitari così come di tutti i temi di cui ci occupiamo che hanno a che fare con il rapporto tra istituzioni e comunità, ci dice che il coinvolgimento della cittadinanza attiva è oramai imprescindibile. Semplicemente perché se così non accade, le cose poi non funzionano. Non è mai esistito un tasto on/off per cui la decisione pubblica la implementi e poi le cose accadono; c’è la possibilità di limitare o prevenire i danni di una decisione, coinvolgendo proprio i portatori di sa­ peri e di dati, di coloro che hanno a che fare con la vita delle persone, tra i quali Cittadinanzattiva rappresenta uno strumento fondamentale di atti­ vismo civico, forte, capace, autorevole. La capacità di dare un contributo è sicuramente aumentata in questi anni di complessità, così come la capacità di affermarsi, ma al contempo è aumentata anche la consapevolezza della limitatezza di aver in sé tutte le risposte da parte delle istituzioni.

Sicuramente quello che è accaduto è che tutti i nodi sono venuti al pettine, tutte le scelte non fatte negli ultimi 20­25 anni ci sono cascate in testa. Da un lato, tante cose che sembravano im­ possibili si sono realizzate: è il caso della ricetta elettronica, che per anni non si è realizzata in un sistema perpetuo di veti e contro­veti; dopodiché le cose si sono fatte in 48 ore. Questo ci dice, dal punto di vista delle istituzioni, che in un Paese nor­ male il loro ruolo non può essere quello di me­ diare, bensì quello di fare sintesi. Un processo completamente diverso: fare sintesi significa tener conto degli interessi di tutti e fare sì che, poi, pre­ valga l’interesse generale su quello particolare, per quanto sia giustificabile. Senza dubbio noi ab­ biamo assistito per troppi anni al fatto che le no­ stre Istituzioni assumessero il ruolo di mediatori anziché di soggetti con capacità di sintesi. Dall’al­ tro lato, dal punto di vista di Cittadinanzattiva, ha obbligato tutti a ripensarsi: per noi che della vici­ nanza, della prossimità, della capillarità abbiamo fatto nostri elementi distintivi e di forza, ci siamo dovuti ri­organizzare. Abbiamo chiuso dalla sera alla mattina 300 sedi in tutta Italia in cui opera­ vano 30mila volontari – una scelta di necessità, non avendo alternative anche per motivi di sicu­ rezza, in considerazione anche del fatto che molte sedi sono all’interno degli ospedali stessi. E così ti trovi a chiederti “Ok, io chiudo, ma poi le persone che bussavano alla mia porta o mandavano email o avevano bisogno di aiuto, improvvisamente non ne hanno più bisogno?”. Evidentemente no, e per continuare a dare risposte, a bisogni e tutele che si sono scritti in modo diverso, abbiamo dovuto ri­ pensare al nostro modo di essere e alle nostre mo­ dalità: non è stato semplice, ma abbiamo

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intensificato la nostra presenza sui media, ab­ biamo erogato servizi online, abbiamo fatto ri­ corso alla tecnologia inventandoci l’utilizzo delle chatbot con dati e informazioni. E abbiamo sco­ perto, con un test su 15mila casi, che, al primo li­ vello di richiesta di informazione, la chatbot ha risolto l’85% delle richieste! Abbiamo così avuto la possibilità, da un lato, di ampliare il numero dei beneficiari e, dall’altro, di utilizzare le stesse ener­ gie delle persone per fare altro. In una situazione in cui in ogni angolo del Paese mancava tutto, che richiedeva sforzi di ingegno e di risposta urgentis­ simi e inediti, sistemi di tutela mai sperimentati.

Questa vicenda ha fatto sì che ognuno di noi fosse portato a superare i limiti che credeva di avere fino al giorno prima.

E per tutto questo è inaccettabile di pensare di tornare a com’era prima. Il cambio è talmente pro­ fondo che sarà impossibile. E questo non è del tutto un male, perché prima le cose non è che an­ dassero poi così bene.

Il ricordo più bello?

Ce ne sono talmente tanti… il ricordo più bello è legato a tutte le volte che sono andato, in questi anni, nelle nostre sedi. Per dieci anni ogni mese dedicavo un weekend da passare in una delle sedi regionali di Cittadinanzattiva, tra i nostri, in ma­ niera sganciata dagli eventi o, se ce n’erano di pre­ visti, mi fermavo sempre un po’ di più per parlare e confrontarmi. Il ricordo più bello è sempre le­ gato a questa vicinanza, a questo confronto, il rac­ conto e il dialogo sono cose straordinarie. Vedi tante storie di persone che tra di loro sono così di­ verse e per motivi così diversi hanno deciso di de­ dicare un pezzo della loro vita a Cittadinanzattiva.

Questa ricchezza di persone è sicuramente la cosa più bella, la nostra gente.

La rivoluzione più grande?

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Sono tante le cose belle che abbiamo fatto in que­ sti anni, poi si tende sempre a ricordare le ultime conquiste, e quindi mi vengono in mente la batta­ glia per i fondi per l’assistenza domiciliare inseriti nel Decreto Rilancio oppure l’inserimento all’in­ terno del Patto per la Salute, per la prima volta nella storia, di una scheda sulla partecipazione dei cittadini. Forse, però, c’è una ancora una cosa, una cosa piccola ma che ci ricorda sempre quanto

delle cose piccole possano contribuire a cambiare enormemente la vita delle persone e un pezzo di Storia del Paese: il milione e mezzo di euro, inse­ rito nell’ultima legge di bilancio, per portare le mamme con i propri figli al di fuori delle carceri.

In un Paese normale non dovrebbe essere possi­ bile che le mamme con i figli crescano in carcere.

Mi ha colpito molto il fatto che questa vicenda non fosse trattata da anni, come se non fregasse niente a nessuno, ci è voluto tanto tempo per por­ tarla a casa e l’ha fatto un’organizzazione della cit­ tadinanza attiva perché per molti altri non era una cosa importante, invece il rapporto tra investi­ mento e beneficio ottenuto è enorme. Con un mi­ lione e mezzo di euro abbiamo risolto la vita di tante persone e quindi quando accadono cose del genere hai ancora speranza che le cose possano cambiare.

Cosa resta da fare: l’incompiuta più urgente?

L’auspicio più grande?

Direi senza dubbio la modifica dell’art.117 della Costituzione, il rapporto tra Stato e Regioni ri­ spetto al Servizio Sanitario Nazionale. Incompiuta perché nasce da una proposta civica, che ha ag­ gregato tantissimi soggetti, e il beneficio in questo caso è che non si tratta di una riforma ideologica.

Si tratta di chiudere il cerchio di una riforma costi­ tuzionale incompiuta: fin quando nel nostro Paese si continuerà a parlare non di fatti e di esigibilità dei diritti, ma di pezzi di carta, sarà difficile uscirne. Io penso che il ruolo di Cittadinanzattiva è anche questo: non è un tema teorico fra statali­ sti e regionalisti, ma bisogna far sì che le cose fun­ zionino. Quando le Regioni non sono in grado di garantire i diritti, i cittadini non devono essere ostaggio di una sussidiarietà incompetente e lo Stato deve intervenire; viceversa, quando le Re­ gioni fanno bene il loro mestiere, rispettando i li­ velli essenziali di assistenza, lo devono poter fare.

Questa è la vittoria che avrei voluto ottenere, per la quale continuerò comunque a battermi.

Cosa c’è nel tuo futuro? Cosa porterai sempre con te, al servizio dei tuoi prossimi progetti?

Non ci si dimette e non si scade mai da cittadini attivi. Quando lo sei, lo porti sempre con te qua­ lunque cosa farai, per tutta la vita. È un po’ il si­ gnificato che la nostra Organizzazione incarna: investendo sulle capacità civiche e creando le con­

dizioni per farlo, le persone possono essere citta­ dini attivi, anche a tempo determinato, per periodi intermittenti, nel proprio comitato di quartiere o in altri contesti. Continuerò a farlo, a incarnare questo spirito, non dimenticando mai da dove vengo e le tante persone belle che ho avuto la for­ tuna di incontrare e che hanno fatto cose bellis­ sime, anche se di loro non vi è traccia nel racconto pubblico.

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Antonella Argenti Sindaca di Villa del Conte, in provincia di Padova Nata 53 anni fa a Padova, madre di due figlie di 14 e 16 anni.

Formazione scolastica economico‐giuridica con Laurea in Scienze Giuridiche presso la Facoltà di Giuri‐ sprudenza, dipendente Ulss provinciale di Padova da 25 anni. Dedita al mondo dell'Associazionismo e del Volontariato dai tempi dello scoutismo in adolescenza, poi in ambiti sociali e lavorativi. Grande cultrice dello sport come cura e prevenzione, con pratica di agonismo del Nuoto, Triathlon e acquagym con di‐ plomi d’istruttore. Passione e dedizione per l’attività politica fin dai tempi degli studi universitari.

Intervistiamo Antonella Argenti, Sindaca di Villa del Conte, un Comune in Provincia di Padova di 5600 abitanti, che negli ultimi anni registra una costante crescita demografica.

La Sindaca è in lizza per il premio “Miglior Sindaco del Mondo” 2021 (World Mayor Prize), già asse­ gnato alla Sindaca di Ancona Valeria Mancinelli nel 2018, in gara con le Colleghe di Washington o Mexico City, o gli italiani di Milano, Giuseppe Sala, e San Bellino, Aldo d’Achille.

La motivazione principale? Aver dimostrato par­ ticolare sensibilità nei confronti delle solitudini, anche attraverso l’istituzione dell’Assessorato con delega alla solitudine nel proprio Comune. La so­ litudine è una malattia, che affligge sempre più persone, su cui è importante fare luce, specie in conseguenza della pandemia da COVID­19 che, anche tra i giovani, ha visto emergere forti rischi connessi a solitudini digitali. L’assenza della scuola in presenza così come di tutti gli altri momenti di socializzazione e condivisione rappresentano ri­ levanti fattori di rischio, che si stima avranno con­ seguenze a medio­lungo termine nella vita degli adolescenti.

Qual è la relazione che, secondo lei, dovrebbe instaurarsi nel dialogo tra centri di grandi e medie dimensioni, come la sua città capoluogo di Padova, e centri di minore dimensione demo­ grafica?

Di collaborazione e supporto reciproco, in parti­ colare nelle azioni di pubblico interesse che ri­ chiedono precipua conoscenza del territorio, molto più semplice per i centri di minori dimen­ sioni.

Qual é il portato di un piccolo comune da pre­

servare e quali le criticità che avrebbe bisogno fossero risolte, in termini di qualità di vita, sa­ lute, benessere?

Le comunità contenute nei numeri hanno il van­ taggio della conoscenza reciproca diretta o indi­ retta, per storicità delle loro famiglie, che abbatte diffidenza e favorisce rapporti di fiducia. Risulta facile l’organizzazione del volontariato e del sup­ porto alle famiglie e alle persone bisognose, spesso per conoscenza diretta delle situazioni.

Nel territorio come il mio Comune di 5700 per­ sone, invece possono mancare servizi essenziali in loco, come l’ospedale, o ricorrenti mezzi pub­ blici di trasporto o scuole di ogni ordine e grado.

Nel nostro caso però questi servizi sono ben svi­ luppati a pochi km dal nostro paese.

Quali sono, a suo avviso, tre priorità di politica pubblica da privilegiare nell’azione di un Co­ mune per far ripartire, dopo la crisi pandemica, vitalità sociale ed economica dei territori, oltre la vaccinazione naturalmente?

Sicuramente eventi di socialità per tutte le fasce d’età. Indubbiamente il rigoglio economico, met­ tendo in risalto prodotti locali e servizi peculiari e favorendo percorsi fidelizzazione alle nostre at­ tività. Infine, il concreto aiuto economico, fattivo e operativo a privati, esercizi commerciali e im­ prenditori. Alcuni esempi: le tasse locali, l’occu­ pazione gratuita del suolo pubblico, l’abbattimento della burocrazia, servizi gratuiti di consulenza e supporto. Tutti interventi sul podio alla stessa stregua.

Lei, in quanto Sindaco, detiene la delega alla sa­ nità, ma qual è il contributo che l’Assessorato alla Solitudine ha saputo garantire ai suoi citta­

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dini? Da dove nasce questa idea e come si é svi­ luppata?

Innanzitutto vorrei dire che sono onorata di poter dare eco alla delega alla solitudine conferita al mio assessore al Sociale Graziella Vigri il 15 feb­ braio 2020.

La mia formazione e la mia attività lavorativa mi permettono di sviluppare sensibilità e devozione alla salute e salubrità di persone e ambiente.

Ritengo sia un compito di ciascuno favorire un mondo migliore di come lo si è trovato. Poi se si hanno ruoli che implicano attività e scelte per la collettività diventa un dovere impegnare energie e forze per la salute ed il benessere e la preven­ zione ,oltre che per i tradizionali compiti, comun­ que importanti, di un Sindaco.

Ho istituito l’assessorato alla solitudine con un sentimento di vero aiuto, perché ho colto da su­ bito lo smarrimento dei miei cittadini di fronte alla quotidianità automatizzata e burocratizzata.

Mancano inoltre i punti di riferimento che un tempo garantivano le famiglie patriarcali e le fi­ gure importanti del paese. Serviva una voce umana pronta a cogliere il bisogno e indirizzare la persona alla soluzione o al professionista che possono aiutare nella soluzione.

I miei cittadini, soprattutto in pandemia, hanno chiesto molto a questo Assessorato. Dalle richie­ ste più semplici (mascherine, spese, medicine, te­ lefonate...) a momenti di ascolto e di auto nelle faccende familiari, all’aiuto nella ricerca di un la­ voro, di una casa. L’Assessore si presta anche al trasporto a visite o tutto quello che la famiglia è impossibilitata a fare. In pandemia abbiamo as­ solto molti compiti per le persone isolate. Decine

di telefonate al giorno le dedichiamo a chi pro­ blemi di malattia e salute. Ci siamo per chiunque lo ritenesse utile, rispondendo ai nostri cellulari, a disposizione di tutti cittadini.

Questa intuizione mi ha portato alla candidatura mondiale per “The world best mayor 2020­21”, che dono a tutta la mia comunità. Un buon Sin­ daco deve essere prima di tutto un buon Padre (Madre) di famiglia.

10 PRIORITÀ PER L’OM

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S NEL 2021 Dall’accesso rapido ai vaccini contro il Covid­19 alla lotta alla resistenza agli antibiotici, dal con­ trasto a malattie infettive, come malaria ed epa­ tite, agli screening per quelle non trasmissibili, da diabete a tumore.

Sono tra i 10 principali problemi di salute globale che vedranno, nel 2021, l’impegno dell’Organiz­ zazione Mondiale della Sanità (Oms). Unire le forze per prevenire una nuova pandemia è il primo tra gli obiettivi elencati e prevede anche l’istituzione di una Bio Bank, “un sistema concor­ dato a livello globale per condividere campioni di patogeni”.

Una priorità assoluta nel 2021 sarà, ovviamente, “continuare a lavorare per ottenere un accesso equo a vaccini, test e farmaci anti Covid e per ga­ rantire che i sistemi sanitari siano abbastanza forti per fornirli”. Mai come nel 2021, inoltre, “sarà fondamentale preservare l’efficacia degli antibio­ tici” e, a questo scopo, s’incontrerà per la prima volta a gennaio il nuovo Global Leadership Group for Antimicrobial Resistance e sarà migliorato il monitoraggio.

Obiettivo del 2021 sarà poi fornire ai Paesi che ne hanno bisogno i vaccini non ricevuti durante la pandemia, da quello contro la polio a quello con­ tro il morbillo, ma anche proseguire la lotta con­ tro malattie infettive come Hiv e malaria, che ha subìto rallentamenti per via della pandemia.

Senza dimenticare di rilanciare gli sforzi contro le malattie non trasmissibili, assicurando l’accessi­ bilità “a screening e trattamenti per patologie come cancro, diabete e malattie cardiache”.

Nel 2021 l’Oms, inoltre, promuoverà la copertura sanitaria universale, con l’obiettivo di “fornire a tutti i servizi sanitari essenziali necessari a per­ sone di tutte le età”, in particolare donne in gra­ vidanza e neonati. Non senza dimenticare il ruolo centrale del rispetto dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici “per assicurare un pianeta più sano ai bambini”.

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TELEMEDICINA

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Sono passati ormai 8 anni dalla pubblica­ zione, da parte della Commissione Europea, dell’action plan 2012­2020 “eHealth” che sollecitava gli Stati membri ad accelerare l’azione per sfruttare appieno il potenziale del digitale nella sanità. Nella realtà, questo non è ancora un fatto compiuto, almeno in Italia, e si è dovuti arrivare all’epidemia di Covid­19 per tornare a parlare realmente dell’importanza della telemedicina e vedere qualche azione concreta, soprattutto per la gestione delle cronicità. Sarebbe un primo passo avanti importante, ma pensate solo al­ l’utilità in emergenza di valutare a distanza la gravità di una situazione, per esempio da un ospedale di Trapani su un ferito nell’isola di Favignana per decidere che cosa fare e se inviare un elicottero o curare la persona in loco.

GlobalData, la principale società di dati e analisi mondiale, si occuperà nel 2021 di po­ litiche, regolamenti e applicazioni del digitale e della telemedicina nel settore dei disposi­ tivi medici, insieme alla stampa 3D e ai test point­of­care (POCT). Mentre il 2020 volge al termine, Aliyah Farouk, Senior Medical De­ vice Analyst di GlobalData, offre il suo punto di vista su queste tendenze.

“Covid­19 ha creato un’ulteriore necessità di telemedicina poiché il servizio riduce al mi­ nimo le visite cliniche o ospedaliere, ridu­ cendo il rischio di trasmissione e consentendo ai medici di continuare a for­ nire assistenza. In un nostro sondaggio tra gli utenti sanitari, l’83% degli intervistati ritiene che la telemedicina sia diventata un ele­ mento consolidato dell’assistenza sanitaria.

Inoltre, il 76% di questi intervistati ha dichia­ rato che l’utilizzo continuerà a salire dopo che la pandemia si sarà placata. L’accessibi­ lità e la praticità che la tecnologia ha dimo­ strato significa che è pronta per restare”.

Il reclutamento per la stampa 3D nel 2020 ha incluso in particolare aziende con un’esposi­ zione precedentemente limitata alla tecno­ logia. Il database di GlobalData Jobs Tracker ha rivelato che c’è stata una maggiore atti­ vità di assunzione negli spazi ortopedici e dentistici, settori che hanno ovvie esigenze di stampa 3D. Tuttavia, c’è stato anche un maggiore interesse da parte delle società di diagnostica in vitro (IVD), nonché l’interesse delle società di dispositivi respiratori.

Il Covid­19, infine, ha promosso l’impulso a sviluppare nuove piattaforme diagnostiche molecolari a basso costo, adatte per test di massa come POCT. “Secondo il database dei prodotti della pipeline di GlobalData, ci sono oltre 140 POCT in cantiere, con oltre 25 pro­ dotti in processi di approvazione e molti pro­ babilmente vedranno l’approvazione nel 2021”.

Le analisi di GlobalData indicano un settore in espansione e ora consolidato. Il parere degli analisti è che finalmente si fa sul serio e che non si torna più indietro.

“Il sistema sanitario e tutto il mondo della sa­ nità stanno andando verso un nuovo scena­ rio, in cui cambieranno sia le aspettative e i comportamenti dei pazienti, sia le modalità di lavoro e collaborazione degli stessi opera­

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tori del settore. Oltre a una maggiore enfasi nei confronti del ruolo della prevenzione, in generale si assisterà a una revisione di quelli che sono i confini stessi del settore, nell’ot­ tica di abilitare e diffondere nuovi modelli di cura e di sanità, che possano trarre vantag­ gio dal potenziale delle tecnologie, da una maggiore disponibilità di dati su popolazione e malattie, così come una maggiore rilevanza di nuovi ambiti come la genomica e la scienza comportamentale”. È quanto scrive, sul blog di Deloitte Italia, Guido Borsani, Go­ vernment & Public Services Industry Leader di Deloitte, commentando le “LSHC Predic­ tions 2025 – The future unmasked”, che pre­ sentano il punto di vista del network sul futuro di questo settore, a partire dalle ana­ lisi del suo centro studi e dall’esperienza ma­ turata con i clienti.

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“Tra le prediction individuate da Deloitte – prosegue Borsani –, c’è anzitutto la crescente consapevolezza da parte della popolazione dei rischi legati alla salute, con il passaggio da un approccio reattivo ad uno proattivo nei confronti della propria cura e della fruizione di trattamenti e servizi sanitari. In più ci sa­ ranno una crescente necessità di avere un si­ stema sanitario pubblico che sia robusto e resiliente, portando ad una maggiore alloca­ zione di risorse e fondi in questo ambito da parte dei governi, e l’adozione sempre più concreta del paradigma delle 4P nel sistema sanitario, secondo cui la medicina sarà sem­ pre più Predittiva, Preventiva, Personalizzata e Partecipativa. Quest’ultimo è un concetto che Deloitte aveva già introdotto all’interno del report ‘Digital Transformation: shaping the future of European Healthcare’, in cui si

sottolineava il ruolo e il potenziale della tec­ nologia digitale e delle conseguenti trasfor­ mazioni”.

Di certo, oggi, il potenziale della telemedi­ cina è stato messo in luce durante i mesi di pandemia; le visite mediche sono state in parte sostituite da video­chiamate, e­mail, messaggi su tutto il territorio nazionale, tanto che negli ultimi mesi, sono nate 180 at­ tività di telemedicina di cui il 50 per cento erano tele­visite e il 30 per cento tele­con­ sulti. Per esempio, grazie a questa modalità in remoto, per il diabete di tipo 1 sono state recuperate il 44 per cento delle visite perse nei primi mesi dell’emergenza rispetto al 2019. “Sono tanti anni che si parla di digita­ lizzazione e telemedicina, ma solo negli ul­ timi mesi a causa della pandemia se ne è realmente capita l’importanza e le potenzia­ lità. Per la diabetologia c’è stato un notevole incremento dell’utilizzo, soprattutto per mo­ nitorare i dati glicemici dei pazienti da re­ moto direttamente nella cartella clinica informatica, ma qualche difficoltà è stata ri­ scontrata, in particolare per la gestione dei pazienti anziani, generalmente meno avvezzi alla tecnologia, ma che rappresentano una quota importante di persone con diabete e le più a rischio Covid. Bisogna quindi attuare delle strategie che permettano l’accesso a queste tecnologie a tutti, indipendente­ mente dall’età o dal livello di scolarizzazione, e deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale”, dice Agostino Consoli, endocri­ nologo dell’università “G. D’Annunzio” Chieti–Pescara e Presidente della SID (So­ cietà italiana di Diabetologia).

Per unanime riconoscimento scientifico, il controllo in continuo e in remoto dei livelli glicemici dei pazienti è una delle innovazioni più significative dell’ultimo decennio in dia­ betologia. Si tratta di tecnologie sempre più efficaci, affidabili e in continua evoluzione che, consentendo un monitoraggio (costante e a distanza) della glicemia, soprattutto per i pazienti le cui condizioni richiedono ripetute misurazioni nell’arco della giornata, hanno ri­ cadute di grande positività. Il loro fondamen­ tale contributo alla semplificazione gestionale di questa patologia si inserisce pienamente nella sempre più forte afferma­ zione della telemedicina, e le complessità che gli operatori sanitari devono oggi fron­ teggiare con le restrizioni imposte dalla pan­ demia Covid­19 li hanno resi strumenti attualissimi e irrinunciabili anche per il loro contributo alla sicurezza.

Al di là della pandemia, i fenomeni dell’in­ vecchiamento e della denatalità si accompa­ gnano alla crescita della cronicità, che rappresenta anche un problema economico, perché, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la cronicità assorbe dall’82 all’84 per cento delle risorse pubbli­ che. Vanno ridotte disparità e disuguaglianze di accesso alle cure su tutto il territorio na­ zionale, senza distinzione di condizioni indi­ viduali, sociali ed economiche. Condividiamo l’importanza di sviluppare la medicina di prossimità, ovvero vicina a dove si trova il pa­ ziente, va potenziata l’assistenza territoriale per la gestione delle cronicità e la digitalizza­ zione rappresenta un fattore abilitante e prioritario per favorire la comunicazione ospedale­territorio­cittadino. La digitalizza­ zione della sanità può contribuire, quindi,

all’obiettivo di aumentare l’efficacia e l’effi­ cienza del processo di cura, ma anche di for­ nire informazioni che orientino le scelte cliniche, organizzative e gestionali, anche in ottica predittiva, nonché di rappresentare uno strumento utile a fornire maggiori infor­ mazioni al paziente. Tutto ciò è possibile se si investe nella formazione del personale sa­ nitario e nell’incrementare la health literacy dei cittadini, per aumentare la partecipa­ zione attiva della comunità, soprattutto se si sostiene questa evoluzione con un sistema maggiormente focalizzato sulla qualità delle soluzioni e sul valore medico che esse gene­ rano.

Commenta Andrea Lenzi, endocrinologo del­ l’università di Roma La Sapienza (Policlinico Umberto I): ”La pandemia da Covid­19 ha co­ stretto l’Italia, come tutto il mondo, a periodi di quarantena prolungati, limitando anche l’accesso ‘in presenza’ ai servizi sanitari ter­ ritoriali. Tale limitazione ha, d’altra parte, evi­ denziato l’importanza dell’utilizzo di tecnologie per migliorare e rendere più effi­ ciente la gestione di patologie croniche ad elevata prevalenza, tra cui il diabete mellito”.

In particolare, sottolinea Lenzi, “le tecnolo­ gie digitali per il diabete hanno il potenziale di aumentare l’accesso alle cure, ridurre i costi e migliorare i risultati clinici e la qualità della vita del paziente. Vanno superati alcuni ostacoli gestionali così come sono sicura­ mente da risolvere le incertezze legislative circa le responsabilità medico­legali sull’uti­ lizzo di dati potenzialmente consultabili ed interpretabili in tempo reale e 24 ore su 24, ma bisogna lavorare per lo sviluppo di un si­ stema di economia sanitaria che preveda

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rimborsi ad hoc per le prestazioni di tele­vi­ sita, tele­monitoraggio, tele­consulto, ecce­ tera, così come la valutazione della qualità delle prestazioni erogate”.

Altro esempio di quanto accade con la pan­ demia in corso in pazienti affetti da cronicità anche gravi, per esempio quelli con BPCO. I diari dei pazienti rivelano una capacità di stare a casa in modo intelligente, proteggen­ dosi dal rischio di contagio, e di saper chie­ dere aiuto. Dal punto di vista assistenziale, invece, il distanziamento sociale ha accele­ rato l’utilizzo delle tecnologie digitali per ab­ battere le distanze, favorendo l’attivazione di servizi di supporto psicologico da remoto e un maggior ricorso alla telemedicina per vi­ site e monitoraggio. Dai racconti di medici e pazienti è emerso come durante i mesi più critici della pandemia, i servizi di telemedi­ cina abbiano facilitato i consulti e la conti­ nuità di cura per i malati di BPCO, fortemente penalizzati dalla riduzione del­ l’offerta di prestazioni sanitarie.

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Gli intervistati hanno sottolineato l’impor­ tante contributo della medicina digitale per mantenere le relazioni tra pazienti, familiari e professionisti sanitari, seppur ricono­ scendo alcuni limiti: dalla mancanza di ac­ cesso alle tecnologie, alla compromissione cognitivo­uditiva dei malati, in buona parte anziani.

Borsani aggiunge: “Bisognerà tenere conto dell’evoluzione del modo di lavorare degli operatori sanitari, a cui saranno richieste sempre più competenze e skill analitiche, co­

gnitive ed emotive, e sempre meno lo svol­ gimento di task ripetitivi ed amministrativi.

Allo stesso tempo il paziente sarà il centro dei modelli di cura, che verranno disegnati e implementati nella logica di rendere il servi­ zio più accessibile, efficiente e cost­effective e anche le aziende e le organizzazioni sani­ tarie saranno sempre più attente ai temi della sostenibilità, con un crescente inte­ resse, anche nei confronti dei fornitori, ai temi della riduzione delle emissioni di CO2, al riciclo di rifiuti e risorse idriche, e all’uti­ lizzo di materiali sostenibili nel packaging.

Ogni traiettoria di trasformazione non sarà indipendente, saranno coinvolti pazienti, aziende e operatori per scrivere un futuro nuovo per tutto il settore”.

E la dialisi? Causa Covid dal 30 gennaio a Lecco e dintorni è in essere la dialisi a domi­ cilio grazie alla Telemedicina con i pazienti che iniziano, in autogestione al domicilio, il trattamento dialitico peritoneale. Senza pan­ demia non sarebbe mai accaduto.

Quindi, è ormai chiaro e il Covid­19 lo sta di­ mostrando, le nuove tecnologie offrono un possibile strumento verso la Sanità Digitale di cui la telemedicina rappresenta un capo­ saldo per migliorare i percorsi clinici tra ospedale è territorio. Appare dunque neces­ sario e improcrastinabile ripensare a una nuova organizzazione che riequilibri tale rap­ porto. Il sistema sanitario nazionale richiede una riorganizzazione dei percorsi sia per l’avanzare delle tecnologie sia per le criticità emerse durante la pandemia da Covid­19.

Applicando sistemi di telemedicina e più in generale di sanità digitale si può ottenere un

miglioramento dei percorsi di cura control­ lando i pazienti a distanza, riducendo gli ac­ cessi in pronto soccorso, agli ambulatori (incrementando le tele­visite) e i ricoveri (prevenendo le riacutizzazioni).

Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Univer­ sità Cattolica di Roma e consigliere del mini­ stro della Salute Roberto Speranza, è chiaro e al tempo stesso critico: “L’Italia è ferma da 10 anni sull’innovazione digitale in sanità, ve­ niamo sorpassati da Paesi in via di sviluppo.

Ci sono tantissimi italiani positivi al Covid confinati a casa, che nella stragrande mag­ gioranza potevano essere assistiti in maniera digitale. In Germania hanno obbligato per legge questo tipo di strumenti con la teleme­ dicina. L’Italia deve cambiare ma non lo fa, soprattutto nella sua articolazione burocra­ tica. La telemedicina non è neanche nei Lea e questo è un segnale di un forte ritardo nell’innovazione del SSN”. “In Italia non c’è un problema tecnologico, ma di lentezza bu­ rocratica – precisa Ricciardi –. Se guardiamo all’India in tre anni ha fatto un balzo in avanti. In zone remote arrivano operatori con un telefonino e lavorano senza problemi.

C’è stato però un grande impegno del primo ministro e del Governo. Noi, invece, abbiamo l’incapacità di decidere e viviamo la fram­ mentazione sul territorio”.

Secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, 3 medici su 4 ritengono che la telemedicina sia stata decisiva nella fase di emergenza e il 36% con­ tinuerà ad utilizzarla anche dopo.

3 medici su 4 ritengono che la

telemedicina sia stata decisiva nella fase di emergenza e il 36% continuerà ad utilizzarla anche dopo.

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10 anni politiche di

sanitarie...

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Una forte diminuzione delle strutture di ri­ covero tra il 2007 e il 2017, sia pubbliche (­ 22%) che private (­11%), la riduzione complessiva di posti letto ospedalieri (­ 35.797) nello stesso periodo e un continuo calo degli investimenti da parte dello Stato nel Servizio Sanitario nazionale: sono alcuni dati che emergono dallo studio realizzato dalla Fondazione The Bridge sulle politiche sanitarie nazionali e l’impatto sulle Regioni.

del 6% (con un rapporto medici del SSN/1.000 abitanti passato dal 19,1 al 17,6), gli infermieri del 5% (con un rapporto infermieri del SSN/1.000 abitanti passato da 46,9 a 44,3). Una riduzione da addebitarsi principalmente alle misure di contenimento della spesa previste con la Legge 191/2009, sbloccate solo nel 2019, e al cosiddetto “blocco del turnover” definito con la legge n. 296 del 2006.

L’analisi evidenzia come nel nostro Paese si è passati dai 12 posti letto per 1000 abitanti nel 1969 ai 3,5 attuali. Inoltre, il valore del fi­ nanziamento ordinario dello Stato al SSN in rapporto al Pil dal 2010 è in continuo calo, con una percentuale di spesa sanitaria pre­ vista per il 2021 intorno al 6,3%, rispetto al 6,8% del 2014. Un dato allarmante, soprat­ tutto se raffrontato ad altri Paesi Europei come Francia e Germania, dove l’investi­ mento di fondi pubblici destinati alla sanità supera i 2.850 euro pro­capite a fronte dei soli 1.844 euro dell’Italia (fonte Istat 2016).

Rispetto all’Unione Europea, il numero to­ tale dei medici per abitante in Italia è supe­ riore alla media (4,0 rispetto al 3,6 per 1 000 abitanti nel 2017), ma il numero dei medici che esercitano negli ospedali pubblici e il nu­ mero di medici di medicina generale è co­ munque in calo. L’Italia impiega meno infermieri rispetto a quasi tutti i paesi del­ l’Europa occidentale e il loro numero è no­ tevolmente inferiore alla media dell’UE.

“La nostra analisi – afferma Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge – vuole mettere in evidenza come l’applica­ zione di alcune norme e politiche sanitarie a livello nazionale abbiano avuto e hanno tut­ tora un impatto sull’organizzazione regio­ nale. Il concetto di federalismo, che doveva essere caratterizzato dalla solidarietà, si è però trasformato in un sistema a macchia di leopardo, dove 21 Sistemi Sanitari Regionali hanno adottato politiche sanitarie differenti e disomogenee”. “A fronte di ciò – continua –, lo Stato, con alcune sue scelte politiche a livello nazionale, ha esasperato le disparità locali adottando, negli ultimi dieci anni, anche importanti tagli lineari che hanno, tal­ volta, impedito alle Regioni di reagire con ef­ ficienza ed efficacia agli impatti sanitari, come si è visto per la pandemia Covid”.

Anche per quanto riguarda il personale ospe­ daliero, la tendenza è sempre orientata verso una significativa e costante ridu­ zione: dal 2007 al 2019 il personale negli ospedali pubblici è diminuito del 7%, i medici

Altro fattore importante da rilevare è che negli ultimi anni le borse di specializzazione sono risultate inferiori al numero dei laureati chiamati ad accedervi e agli stessi fabbisogni indicati dalle Regioni. Nel 2018, infatti, sono state bandite 6.934 borse a fronte di un fab­ bisogno stabilito dalla Conferenza Stato­Re­ gioni di 8.569. Solo nel 2019, con 8.000 borse con finanziamento statale e 8.776 borse totali, il numero di posti è stato supe­ riore al fabbisogno indicato dalle Regioni (8.523).

Rilevante è anche il fattore del cosiddetto “imbuto formativo” che nel 2018 coinvol­ geva 8.090 medici. Secondo ANAAO, a par­ tire dai dati degli specializzandi e ipotizzando che tra il 2018 e il 2025, dei circa 105.000 medici specialisti attualmente impiegati nella sanità pubblica, ne potrebbero andare in pensione la metà (52.500), per il 2025 si prevede una importante carenza di circa 16.500 specialisti.

Infine, per il Concorso di Medicina Generale del triennio 2020­2023 è stato previsto un totale di borse di studio pari a 1.302, distri­ buite per Regione: un numero che non sem­ bra tenere in conto le problematiche sia del pensionamento sia dell’imbuto formativo.

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cl`rp

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CITIES CHANGING DIABETESupdate Abbiamo

affronta

nuovi problemi

Prof. David Napier, UCL Global CCD summit, Houston 2017

portata e la natura ella sfida richiede lavoro squadra al di sopra della formazione e campo d appartenenza

Global partn ners

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DIABETE: LE CITTà ITALIANE IN PRIMA LINEA NELLA LOTTA CONTRO LA MALATTIA MILANO, ROMA, BARI, BOLOGNA, GENOVA, TORINO HANNO FIRMATO L’URBAN DIABETES DECLARATION, IMPEGNANDOSI A RISPETTARE CINQUE PRINCIPI GUIDA PER RISPONDERE AL DILAGARE DELLA MALATTIA NEI CONTESTI URBANI, IN LINEA CON GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO INTERNAZIONALE CITIES CHANGING DIABETES.

L’annuncio in occasione della XXXVII assem­ blea nazionale Anci, l’associazione dei co­ muni italiani, che con la propria adesione al documento sottolinea l’impegno del nostro Paese verso questo problema di salute glo­ bale.

I sindaci di Milano, Roma, Bari, Bologna, Ge­ nova e Torino hanno firmato l’Urban Diabe­ tes Declaration, un impegno ad accelerare l’azione di prevenzione del diabete tipo 2 e delle sue complicanze nelle loro città, in linea con gli obiettivi del progetto internazionale Cities Changing Diabetes, ponendo così l’Ita­ lia in prima linea nella lotta al diabete ur­ bano. L’annuncio è stato dato lo scorso Novembre in occasione della tavola rotonda sul tema, organizzata in occasione della XXXVII assemblea nazionale Anci­Associa­ zione nazionale comuni italiani, cui ha par­ tecipato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, oltre numerosi rappresentanti delle amministrazioni delle città italiane.

“Oggi, il 65 per cento delle persone con dia­ bete vive nelle aree urbane e questa percen­ tuale supererà il 70 per cento nel 2040. Se da un lato le città sono motore di crescita economica e innovazione, dall’altra sono alla base di disuguaglianze di salute, influen­ zando il modo in cui le persone vivono, man­ giano, si muovono, tutti fattori che hanno un impatto sul rischio di sviluppare il diabete”, ha spiegato Andrea Lenzi Presidente dell’He­ alth City Institute e del Comitato di biosicu­ rezza, biotecnologie e scienze della vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

“Il diabete urbano, con la sua avanzata può diventare causa, se già non lo sia, di pressioni insostenibili a livello umano ed economico non solo sui singoli individui, ma sull’intera comunità e sui sistemi sanitari”, ha aggiunto Agostino Consoli, Presidente eletto della SID­ Società italiana di diabetologia. “È fonda­ mentale che non sia solo il mondo della sanità, ma l’intera società civile e soprattutto chi amministra le nostre città a rendersene conto e ad agire prontamente”, gli ha fatto eco Paolo Di Bartolo, Presidente AMD­Asso­ ciazione medici diabetologi.

L’impegno del nostro Paese nella lotta al dia­ bete urbano è sostanziato dalla sottoscri­ zione del documento da parte del Vicepresidente Vicario di Anci, Roberto Pella, a nome degli 8.000 comuni d’Italia, e dei sin­ daci di alcune delle principali metropoli ita­ liane, Antonio Decaro per Bari, Virginio Merola per Bologna, Marco Bucci per Ge­ nova, Chiara Appendino per Torino e soprat­ tutto Giuseppe Sala per Milano e Virginia Raggi per Roma, città queste ultime che da diversi anni hanno aderito al progetto inter­ nazionale Cities Changing Diabetes, realiz­ zato in partnership tra University College London (UCL) e il danese Steno Diabetes Center con il contributo non condizionato di Novo Nordisk.

Il network internazionale coinvolge istitu­ zioni nazionali, amministrazioni locali, mondo accademico e terzo settore per valu­ tare l’impatto dell’urbanizzazione sulle ma­ lattie croniche non trasmissibili, come diabete e obesità, e promuovere iniziative

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per salvaguardare la salute dei cittadini e prevenire queste malat­tie. Il progetto in Ita­ lia è coordinato dall’Health City Institute in collaborazione con il Ministero della Salute, l’ANCI, l’ISTAT, il network C14+, la Fondazione CENSIS e CORESEARCH. Le città che sottoscrivono l’Urban Diabetes Declaration, oltre alle italiane, le ventisette metropoli del network “Cities Changing Dia­ betes”, si impegnano a rispettare cinque principi guida per rispon­dere alla sfida del diabete urbano: investire nella promozione della salute e del benessere a lungo termine, agire sui determinanti sociali e culturali che sono le cause profonde che determinano le opportunità di una vita sana per i cittadini, integrare la salute in tutte le politiche, coin­ volgere atti­vamente le comunità e creare soluzioni di partenariato con altri settori in modo trasversale.

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“Occorre identificare strategie efficaci per rendere consapevoli governi, regioni, città e cittadini dell’importanza della promozione della salute nei contesti urbani, guardando alla sempre mag­giore urbanizzazione con uno sguardo innovativo, affrontando il carico di onerosità che le malattie croniche com­ portano, immaginando un nuovo modello di welfare urbano che necessariamente inci­ derà sullo sviluppo e sulla sostenibilità delle città. I Sindaci italiani sono oggi primi motori di tale cambiamento e si candidano dunque a coordinare gli sforzi e le azioni tese a que­ sto obiettivo a tutti i livelli”, ha commentato Roberto Pella, Vice Presidente Vicario ANCI

e co­Presidente dell’Intergruppo Parlamen­ tare sulla qualità della vita nelle città.

“L’adesione delle città italiane per mezzo di Anci ai principi del programma Cities Chan­ ging Diabetes è per Novo Nordisk un incen­ tivo a continuare a sostenere lo sforzo comune per migliorare la vita delle persone con diabete attraverso la promozione della cultura della prevenzione, l’educa­zione, la difesa e il supporto ai pazienti, il migliora­ mento dell’accesso alle cure e della gestione clinica della malattia”, ha detto Drago Vuina, General Manager & Corporate Vice Presi­ dent Novo Nordisk Italia.

“Questo impegno – ha chiosato Federico Serra, Direttore Cities Changing Diabetes Ita­ lia – è più attuale che mai, tanto è vero che abbiamo deciso che l’Italia promuoverà anche le candidature di Bari, Bologna, Torino e Genova, al programma Cities Changing Dia­ betes; il che significa che il no­stro Paese vuole essere leader a livello mondiale, in­ sieme alla Cina, nell’analisi e nel contrasto al fenomeno del diabete urbano.”

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CITIES CHANGING DIABETES

UN NETWOK GLOBALE PER CONTRASTARE IL DIABETE NELLE CITTÀ

Di Federico Serra, Direttore Italia Cities Changing Diabetes

Il diabete cresce a un ritmo allarmante. Attual­ mente costituisce una delle maggiori minacce per la salute a livello mondiale, che colpisce centinaia di milioni di individui ogni giorno e coinvolge di­ versi milioni di persone all’anno. Tale malattia può avere un costo personale elevatissimo per i sin­ goli individui, esercitando allo stesso tempo pres­ sioni economiche insostenibili sui sistemi sanitari.

Le città sono in prima linea nella lotta contro il diabete. Nelle zone urbane vive più della metà della popolazione mondiale e due terzi delle per­ sone con diabete. Benché le città rappresentino dei motori di crescita economica e d’innovazione, alcuni dei fattori trainanti di tale prosperità pos­ sono anche causare un aumento delle disugua­ glianze sanitarie.

Inoltre, influiscono notevolmente sullo stile di vita, gli spostamenti, lo sport, il lavoro e l’alimentazione, tutti fattori che, messi insieme, determinano l’aumento dei casi di diabete.

Il Progetto Cities Changing Diabetes si è posto l’obiettivo non solo di ridurre le complicanze as­ sociate al diabete, ma anche di prevenire, sin dalle radici, l’insorgenza della malattia. L’ambi­ zione di tutti i partecipanti al progetto è “to bend the curve on diabetes”, frenarne l’aumento e per­ sino cambiarne la traiettoria nel tempo.

Oggi rappresentiamo una partnership di oltre 36 città metropolitane, dove vivono più di 200 mi­ lioni di persone. Molte altre città vorrebbero ade­ rire al Progetto.

Personalmente, come italiano, sono orgoglioso che i Sindaci di Roma, Milano, Bari, Bologna, Ge­ nova e Torino, oltre all’ANCI Nazionale e alle Anci di Lazio, Emilia Romagna, Piemonte, Liguria, Pu­ glia e Lombardia abbiano voluto firmare l’Urban Diabetes Declaration.

Annualmente é redatto un Briefing Book che rac­ coglie la passione e l’energia che alimentano oggi questa partnership.

Insieme alle istituzioni, ai sindaci, agli accademici, ai clinici, agli esperti, alle associazioni pazienti e alle società scientifiche abbiamo costruito una so­ lida base da cui partire.

Per portare il nostro lavoro al livello successivo,

ora dobbiamo impegnarci verso un cambiamento sistematico, per affrontare il diabete mediante una risposta integrata che riguardi tutti gli aspetti della vita in città. A questo scopo, è necessario coinvolgere gli amministratori locali.

Sempre più spesso i sindaci si rendono conto che le loro decisioni a livello locale incidono sulla sa­ lute dei cittadini, dalla progettazione dei sistemi di trasporto e della reperibilità di healthy food alle risposte ad altre questioni importanti, dal cambiamento climatico alle disuguaglianze so­ ciali. Il diabete urbano deve essere affrontato a stretto contatto con coloro che costruiscono e ge­ stiscono le città.

Il lavoro che abbiamo svolto ha fatto emergere una serie di principi guida: concentrarsi sulla pre­ venzione e il benessere oltre che sulla cura della malattia, considerare le dinamiche sociali e cul­ turali che espongono le persone a maggior ri­ schio, creare delle collaborazioni con comunità e partner e soprattutto integrare la salute in tutte le decisioni politiche. Ora è chiaro che questi sono gli approcci sistemici necessari “to bend the curve on diabetes” nelle realtà urbane.

Le città stanno firmando la Urban Diabetes Decla­ ration impegnandosi a utilizzarla per guidare le azioni necessarie a rispondere alla sfida al diabete e mettendo la salute della comunità come prio­ rità nelle loro agende. La nostra speranza è che tutte le città si uniscano a noi.

Facendo insieme il prossimo passo, possiamo espandere il raggio d’azione, in modo da miglio­ rare la vita di milioni di cittadini, sostenere la pro­ duzione economica e sviluppare al meglio la resilienza delle città.

Unitevi a noi nel diffondere questo movimento e intensificare la lotta contro il diabete urbano.

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URBAN DIABETES DECLARATION Un impegno concreto che parte dai Sindaci nella prevenzione, la cura e la lotta al diabete e all’obesità nelle città

La città, attraverso la firma del sindaco, che ade­ risce all’Urban Diabetes Declaration riconosce il bisogno di accelerare l’azione della città per pre­ venire il diabete e le sue complicanze. Esiste un grande potenziale da mettere in atto per miglio­ rare il livello di salute e benessere, combattere le disuguaglianze di salute, ridurre i costi a lungo termine e assicurare produttività e crescita nelle nostre città.

Come città partner del programma Cities Changing Diabetes, la città aderente si impegna a guidare le azioni poste in essere per rispondere alla sfida del diabete secondo i seguenti cinque principi: 1 INVESTIRE NELLA PROMOZIONE DELLA SALUTE E DEL BENESSERE Le città esprimono un grande potenziale nel diventare ambienti promotori di salute. Tale obiettivo richiede un cambio di visione che consideri la prevenzione del diabete, e delle sue complicanze, come un investimento a lungo termine piuttosto che un costo a breve termine. Di conseguenza, dobbiamo attivare come prioritarie politiche e azioni per la pro­ mozione della salute al fine di migliorare il li­ vello di salute e di benessere per tutti.

2. AFFRONTARE I DETERMINANTI SOCIALI E CULTURALI DEL DIABETE E COMBATTERE PER UNA SALUTE EQUA I determinanti sociali e culturali sono cause alla radice della definizione delle opportunità di stili di vita sani per i cittadini. Combattere per una saluta equa è essenziale per garantire opportunità di salute per tutti. Di conse­ guenza, dobbiamo affrontare i determinanti sociali e culturali al fine di rendere la scelta di salute la scelta più semplice.

3. INTEGRARE LA SALUTE IN TUTTE LE POLITICHE La salute è legata alle agende delle altre poli­

tiche pubbliche, incluse quelle sociali, occu­ pazionali, abitative e ambientali. Al fine di mi­ gliorare la salute e il benessere dei cittadini, la salute deve essere integrata nei processi decisionali in maniera trasversale rispetto a tutti gli ambiti e deve essere guidata da obiet­ tivi comuni a tutte le politiche. Di conse­ guenza, dobbiamo coordinare l’azione in maniera trasversale e multidisciplinare al fine di integrare la salute in tutte le politiche.

4. COINVOLGERE E IMPEGNARE LE COMUNITÀ PER ASSICURARE SOLUZIONI PER LA SALUTE SOSTENIBILI Il livello di salute è determinato in massima parte al di fuori il settore della cura sanitaria, in particolare all’interno delle comunità dove le persone conducono la propria vita quoti­ diana. Le azioni per la salute dovrebbero spin­ gersi oltre il livello individuale per includere lo scenario di comunità dove norme sociali pos­ sano dare forma a comportamenti virtuosi. Di conseguenza, dobbiamo coinvolgere e impe­ gnare attivamente le comunità al fine di raf­ forzare la coesione sociale e di guidare azioni per la promozione della salute sostenibili.

5. CREARE SOLUZIONI IN PARTENARIATO CON ALTRI SETTORI IN MODO TRASVERSALE La salute è una responsabilità condivisa.

Creare soluzioni sostenibili richiede che tutti i componenti della società siano consapevoli dell’impatto sulla salute delle loro azioni. Ac­ cordare le competenze e condividere le ri­ sorse e le reti sono prerequisiti per dare vita a soluzioni innovative, efficaci e sostenibili. Di conseguenza, dobbiamo lavorare insieme nel condividere la responsabilità di creare solu­ zioni, dal momento che nessuno da solo può vincere questa sfida.

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Città Italiane che hanno firmato l’Urban Diabetes Dec Le

L’Urban Diabetes Declaration descrive un serie numerosa di health actions, di politiche e collabora­ zioni che le città stanno mettendo in atto per combattere il diabete urbano. “The Urban Diabetes De­ claration” è concepita per partire da tali principi e sostenere gli amministratori locali che si impegnano ad applicare una serie di fondamenta comuni per guidare le azioni da portare avanti.

La Declaration celebra e formalizza l’impegno degli amministratori locali ad adottare una risposta in­ tegrata a livello urbano contro il diabete. È stata messa a punto in collaborazione con molte delle città e organizzazioni già coinvolte nel progetto. Inoltre, si basa su impegni già in atto nelle città, come il Manifesto italiano “Salute nelle città: bene comune”, il documento “The Diabetes Pledge” firmato dal City council di Leicester e dai club sportivi professionistici della città stessa e la “National Cities Changing Diabetes Declaration” in Cina.

I CINQUE PRINCIPI DI INTERVENTO Per coloro che vogliono affrontare le maggiori sfide sanitarie di oggi, stanno emergendo una serie di principi di base grazie all’esperienza acquisita attraverso Cities Changing Diabetes. Ora è chiaro che questi sono gli approcci sistemici necessari “to bend the curve on diabetes”, motivo per cui costitui­ scono la base di questo commitment. Sempre più città stanno adottando tali principi con la firma della Declaration.

Sei città metropolitane italiane, sei ANCI regionali e l’ANCI hanno firmato l’Urban Diabetes Declaration come impegno dei sindaci delle rispettive città, di quelle delle Regioni coinvolte e di tutti Sindaci ita­ liani nella lotta al diabete. Virginia Raggi per Roma, Giuseppe Sala per Milano, Antonio Decaro per Bari, Virginio Merola per Bologna, Marco Bucci per Genova, Chiara Appendino per Torino, Roberto Pella per l’ANCI nazionale, Massimo Guerra per ANCI Lombardia, Riccardo Varone per ANCI Lazio, An­ drea Corsaro per ANCI Piemonte, Marco Bucci per ANCI Liguria, Andrea Gnassi per ANCI Emilia­Ro­ magna e Domenico Vitto per ANCI Puglia hanno preso questo impegno nel migliorare le proprie città e la salute dei propri cittadini.

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claration

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Simona Tondelli, Project leader del Progetto EnlightenME Professoressa Ordinaria di Pianificaizone Urbana e Regionale, Dipartimento di Architettura Università Alma Mater Studiorum di Bologna INTRO EnlightenME è un progetto finanziato nell’ambito del programma UE Horizon 2020, all’interno della sfida sociale “Better health and care, economic growth and sustainable health systems”, a guida tutta italiana, da parte dell’Università Alma Mater di Bologna.

Un effetto importante, pur sottovalutato, del fe­ nomeno dell’urbanizzazione è l’aumento espo­ nenziale dell’esposizione umana alla luce artificiale. Illuminazione esterna, bagliore artifi­ ciale del cielo, illuminazione domestica, schermi che emettono luce, etc.: si tratta di elementi che incidono profondamente all’interno dell’orologio circadiano della persona. Nonostante le evidenze scientifiche sul ruolo patogeno dell’interruzione dei ritmi circadiani nella predisposizione alle ma­ lattie non trasmissibili, che influenzano il sonno, il metabolismo, la funzione immunitaria e molti aspetti del comportamento e dell’umore, le città dell’UE si stanno concentrando principalmente sul miglioramento dell’efficienza dei servizi di il­ luminazione, riducendo i costi e le emissioni, ma non abbastanza sulla considerazione degli impatti dell’illuminazione sulla salute e sul benessere. At­ traverso un “Atlas dell’illuminazione urbana e della salute”, online e aperto, ENLIGHTENme rac­ coglierà e sistematizzerà i dati esistenti e le buone pratiche sull’illuminazione urbana ed eseguirà uno studio accurato sulle correlazioni tra salute, benessere, illuminazione e fattori socio­econo­ mici in 3 città pilota – Amsterdam , Bologna e Tartu, all’interno delle quali sarà selezionato un quartiere target per la sua esposizione alla luce artificiale e per una riflessione sulla prevalenza di disuguaglianze sociali. Attraverso l’istituzione di Lighting Urban Labs all’interno del quartiere indi­

viduato, i cittadini e le parti interessate creeranno insieme misure innovative di piani urbani per l’il­ luminazione e definiranno l’implementazione di un sistema intelligente di illuminazione per esterni e modifiche dell’illuminazione interna in un’area pilota. In quest’ultima area, sarà condotto uno studio basato sulla popolazione anziana, in­ tesa come un gruppo vulnerabile particolarmente incline a soffrire di disallineamento circadiano, il quale consentirà di valutare i rischi dipendenti dall’illuminazione sulle condizioni mentali e di sa­ lute. Le indagini che coinvolgono la popolazione complessiva del quartiere e gli utenti coinvolti consentiranno di valutare gli impatti di illumina­ zione urbana sulla qualità della vita e del benes­ sere. I risultati daranno modo di sviluppare un sistema di supporto decisionale dedicato, linee guida e raccomandazioni sull’impatto dell’illumi­ nazione sulla salute e sul benessere, proponendo politiche, misure, tecnologie e interventi innova­ tivi volti a migliorare la salute e il benessere dei cittadini nelle città.

Il ruolo di Health City Institute Health City Institute sarà parte del progetto, con la responsabilità, in particolare, di organizzare due edizioni di un programma di formazione de­ nominato “Health City Manager” che avranno sede nelle città pilota coinvolte di Bologna, Tartu e Amsterdam, nel terzo e quarto anno di pro­ getto. Il programma di formazione per Health City Manager si baserà su un programma di forma­ zione esistente, sviluppato da HCI, e proporrà atti­ vità di workshop specifici concentrandosi sull’impatto della luce sulla salute e sul benes­ sere, coinvolgendo gli esperti di design in illumi­ nazione, di impatti psico­sociali, di contesti urbani, salute e benessere. I beneficiari del pro­ gramma saranno sia il personale selezionato in ciascuna città pilota sia i partecipanti esterni (pro­

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fessionisti, personale di altri comuni interessati) al fine di offrire un supporto nell’integrazione di iniziative di miglioramento della salute basate sulla comunità, tramite un approccio multisetto­ riale alla salute negli ambienti urbani. In questo modo, i soggetti coinvolti avranno competenze e conoscenze adeguate a porre la salute in cima all’agenda di mandato dei propri responsabili po­ litici e delle principali parti interessate nei sistemi sanitari e sociali delle città, nonché ad accrescere la consapevolezza della rilevanza dei determi­ nanti di salute presso la cittadinanza.

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INTERVISTA A SIMONA TONDELLI 1. Cosa significa essere Project leader di un H2020, vista la sua già molto nutrita esperienza, e che valore assume, anche alla luce dell’anno che abbiamo appena vissuto?

Coordinare un progetto europeo è sempre una sfida. Prima di tutto, occorre sviluppare una stra­ tegia di ricerca innovativa che non solo possa ri­ spondere in modo originale alle domande poste dai bandi della Commissione, ma che soprattutto garantisca la fattibilità e la trasferibilità delle so­ luzioni proposte, assicurandone l’impatto sociale ed economico. In secondo luogo, occorre co­ struire la squadra vincente, in grado di affrontare in modo interdisciplinare a problemi complessi, tenendo insieme innovazione tecnologica, scienze umane e sociali e il sapere che deriva dalla collaborazione con cittadini e stakeholder.

Nel caso specifico di ENLIGHTENme la sfida è stata ancora più complessa perché si tratta di un progetto fortemente interdisciplinare, che, af­ frontando il tema delle politiche urbane per la sa­ lute e il benessere, mette insieme aspetti urbanistici, medici, sociali, tecnologici e che quindi richiede prima di tutto la costruzione di un linguaggio comune, il superamento delle barriere tra settori e discipline che non hanno l’abitudine a collaborare, e quindi richiede un forte sforzo di coordinamento, ma anche una grande volontà di mettersi in gioco da parte di tutti i partner coin­ volti. Il COVID ci ha colpiti proprio nella fase di progettazione: avevamo appena ricevuto i risul­ tati positivi del primo round di selezione, e sta­ vamo predisponendo la versione finale della proposta quando molti di noi (l’Italia per prima) si sono trovati a fronteggiare una situazione senza precedenti. La necessità di conciliare didattica, ri­

cerca e famiglia ha reso sicuramente la defini­ zione del progetto molto faticosa, ma, d’altra parte, la straordinarietà della situazione in cui ci siamo trovati ci ha portato a credere ancora più intensamente nella necessità di lavorare per in­ corporare il tema della salute nelle politiche ur­ bane e di settore a tutti i livelli e quindi ci ha spinto a mettere ancora più convinzione nel no­ stro progetto.

2. Quale scenario ha ispirato la scelta del tema e del titolo?

Il bando della Commissione Europea a cui ab­ biamo partecipato chiedeva di affrontare il tema dell’integrazione delle tematiche relative a salute e benessere nelle politiche urbane, senza speci­ ficare quali patologie o approcci fossero preferi­ bili. L’idea di concentrarci sulla luce è nata dal confronto con il mio collega Valerio Carelli, co­co­ ordinatore del progetto, neurologo all’Università di Bologna.

Scegliere di lavorare esclusivamente sulla luce ar­ tificiale è stata una scommessa, e siamo contenti di averla vinta. Nonostante ci siano evidenze che dimostrano il ruolo patogeno dell’interruzione dei ritmi circadiani che influenzano il sonno, il me­ tabolismo, la funzione immunitaria e molti aspetti del comportamento e dell’umore, gli effetti del­ l’esposizione alla luce artificiale a cui tutti siamo soggetti sono ancora poco studiati. Lavorare su questo aspetto significa poter fornire le ammini­ strazioni comunali di strumenti per migliorare la salute dei propri cittadini e il loro benessere, ma anche la loro sicurezza e qualità della vità. “Illu­ minami” (ENLIGHTENme) a quindi riferimento sia al tema dell’illuminazione che noi studiamo, ma

anche alla necessità di fare luce su questo aspetto su cui ancora c’è poca consapevolezza.

3. Quali le aspettative di EnlightenME, anche alla luce della sua inclusione nel Cluster UE “Urban Health”?

ENLIGHTENme si pone un’ampia gamma di obiet­ tivi, che vanno dall’avanzamento nella ricerca me­ dica (attraverso la sistematizzazione della conoscenza e la valutazione degli effetti della luce artificiale sul ritmo circadiano), al miglioramento delle politiche urbane (tramite la predisposizione di linee guida e sistemi di supporto alle decisioni che possano aiutare i decisori nella scelta tra dif­ ferenti scenari di investimento e differenti azioni, tenendo in considerazione non solo le variabili economiche e ambientali, ma anche l’impatto sulla salute), all’impatto sul mercato dell’illumi­ nazione stimolando la produzione di corpi illumi­ nanti e sistemi integrati di illuminazione che siano attenti alla salute e al benessere degli utenti, a ­ infine­ il coinvolgimento diretto dei cittadini, per sensibilizzarli al tema, ma anche per coinvolgerli attivamente nella definizione delle scelte proget­ tuali e delle politiche urbane.

Insieme agli altri 5 progetti finanziati sullo stesso topic SC1­BHC­29­2020 ‘Innovative actions for improving urban health and wellbeing ­addres­ sing environment, climate and socioeconomic factors’, ENLIGHTENme partecipa al Cluster “Urban Health” costituito dalla Commissione con lo scopo di aumentare la visibilità della ricerca sulla salute urbana, contribuendo alla defini­ zioone di politiche a livello europeo come l’Agenda Urbana dell’UE e facilitando la coopera­ zione internazionale.

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STEFANO BONACCINI Presidente Cemr e Presidente Emilia‐Romagna

www.ccre.org

A gennaio 2020, Stefano Bonaccini è stato rie­ letto presidente del CCRE per un secondo man­ dato di tre anni. I nuovi membri del Comitato politico del CCRE hanno votato a favore del lea­ der regionale italiano e di altri membri della presidenza durante un incontro a Orleans. Bo­ naccini ha promesso di continuare a guidare il CCRE come organizzazione che difende gli inte­ ressi locali mentre affronta le questioni globali: “Camminerò al fianco di tutti voi per un’Europa basata sull’operato delle autorità locali in un mondo che ha sempre più bisogno dell’impegno dei territori per risolvere i grandi problemi che l’umanità deve affrontare.”

Bonaccini è presidente del CCRE da dicembre 2016, mentre è anche presidente della sezione italiana del CCRE (AICCRE). Durante il suo primo mandato, il CCRE ha assunto un ruolo guida nella promozione dei valori europei, in partico­ lare organizzando dialoghi con i cittadini locali che spiegano i vantaggi della politica di coe­ sione.

Il Consiglio dei comuni e delle regioni europee (CCRE) è la più antica e vasta associazione europea di governi locali e regionali. È l’unica organizzazione che riunisce le associazioni nazionali dei governi lo­ cali e regionali di 41 paesi europei e rappresenta, attraverso di loro, tutti i livelli di territorio: locale, intermedio e regionale.

Dalla sua creazione nel 1951, il CCRE promuove la costruzione di un’Europa unita, pacifica e demo­ cratica fondata sull’autogoverno locale, sul rispetto del principio di sussidiarietà e sulla partecipazione dei cittadini. Il suo lavoro è organizzato attorno a due pilastri principali: influenzare la politica e la le­ gislazione europea in tutti i settori che hanno un impatto sui comuni e sulle regioni; fornire un forum per il dibattito tra i governi locali e regionali attra­ verso le loro associazioni rappresentative nazionali.

Il CCRE è anche la sezione europea dell’organizza­ zione mondiale United Cities and Local Gover­ nments (UCLG), attraverso la quale rappresenta il governo locale e regionale europeo sulla scena in­ ternazionale.

Il lavoro del CCRE si concentra su cinque aree te­ matiche che riguardano tutti gli aspetti della vita dei cittadini europei e dei governi locali e regionali che li rappresentano: 1. Governance, democrazia e cittadinanza 2. Ambiente, clima ed energia 3. Impegno e cooperazione internazionale 4. Coesione economica, sociale e territoriale 5. Gestione dei servizi pubblici locali e regionali

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Un anno dopo la sua ri­elezione si celebrano i 70 anni del CCRE. E un anno di pandemia.

“Buon compleanno CEMR!” 500 sindaci e leader locali e regionali di 50 paesi si sono uniti nell’in­ viare i loro migliori auguri al CCRE durante la ce­ lebrazione online del 70° anniversario. All’ordine del giorno discussioni animate, un’esibizione mu­ sicale dal vivo, video animati.

Durante la tavola rotonda “The Talk”, i rappresen­ tanti eletti hanno sottolineato i risultati dei go­ verni locali sin dalla fondazione del CCRE nel 1951 e l’importanza, per le autorità nazionali e dell’UE, di coinvolgere i comuni e le regioni come i livelli di governo più vicini ai cittadini.

Annemarie Jorritsma, membro del Senato olan­ dese ed ex presidente del CCRE, ha sottolineato che i governi locali dovrebbero essere ascoltati come l’unico livello di governance che coinvolge direttamente i cittadini su base giornaliera: “Il li­ vello locale è l’unico luogo in cui le persone in­ contrano cittadini comuni, non solo quelli che rappresentano un interesse o un altro”.

Il sindaco di Poitier, Léonore Moncond’huy, fa parte di una nuova generazione di giovani politici che si sono risvegliati all’emergenza climatica. Ha affermato l’importanza del CCRE per la condivi­ sione della conoscenza e il sostegno al fine di av­ vicinare l’Unione europea ai cittadini.

Moncond’huy vuole misure pratiche per coinvol­ gere i cittadini e i governi locali nei progetti del­ l’UE, in particolare nel programma di ripresa post­pandemia dell’UE di nuova generazione.

“Sto spingendo per un rapporto più diretto tra Eu­ ropa, cittadini e rappresentanti locali”, ha detto.

“Lasciate che i governi locali abbiano una ge­ stione più diretta dei progetti europei, l’anno 2021 è una grande opportunità in questo senso”.

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Christoph Schnaudigel, copresidente del CCRE e presidente della contea di Karlsruhe, ha sottoli­ neato i risultati del passato dei governi locali eu­ ropei, in particolare la riconciliazione franco­tedesca a livello locale e la crescita co­ stante del CCRE dagli anni ‘50. “Il risultato princi­ pale è che abbiamo sviluppato una piattaforma comune in cui possiamo anche difendere i nostri interessi comuni”, ha affermato. “Per i prossimi 70 anni sarà altrettanto importante trovare punti comuni tra le diverse delegazioni e paesi in di­ verse aree”.

Due sindaci delle capitali europee hanno parlato

insieme del cambiamento climatico e del poten­ ziale delle città, dei giovani e dell’innovazione per porre fine a questa grave minaccia. Il passaggio a un’economia sostenibile richiederà non solo cam­ biamenti nel governo e negli affari, ma anche nello stile di vita degli individui. Ma come si può realizzare un tale cambiamento sociale?

Il sindaco di Parigi Anne Hidalgo ha affermato che le città possono svolgere un ruolo di primo piano nell’affrontare le molteplici crisi ­ ambientale, sa­ nitaria, economica e democratica ­ con cui le no­ stre società stanno lottando. “Le città possono intraprendere politiche molto pratiche, ad esem­ pio sulla mobilità, l’edilizia e l’edilizia abitativa o la partecipazione civica”, ha affermato. “Siamo fortunati in Europa ad avere sindaci nelle nostre città quasi tutti impegnati nelle questioni climati­ che”. Hidalgo ha osservato che, nonostante al­ cune polemiche nei media, i parigini hanno ampiamente sostenuto i cambiamenti nello stile di vita come la pedonalizzazione e l’aumento del ciclismo.

Fernando Medina, il sindaco di Lisbona, ha fornito una panoramica delle minacce nel periodo po­ stpandemico. Questi includevano la pressione economica per tornare a una “vita come prima” insostenibile dal punto di vista ambientale, enormi danni economici e sociali e l’ascesa del populismo di destra. “La grande sfida è trasfor­ mare la ripresa in un momento di cambiamento verso un’azione per il clima molto più forte, più inclusione e partecipazione più democratica”, ha affermato. Medina ha osservato che la reazione dell’UE alla pandemia è stata molto più rapida e positiva rispetto alla crisi finanziaria degli anni 2010. Lisbona ha vinto l’ambito premio Capitale verde europea nel 2020, qualcosache Medina ha sostenuto non riguardava solo il riconoscimento delle passate azioni ambientali, ma la costruzione di una coalizione orientata al futuro per l’azione sulla salute e il clima.

L’attivista giovanile polacca per il clima, 21enne, Presidente dello Youth Climate Council presso il Ministero del Clima della Polonia, Katarzyna Smętek, ha affermato che i giovani di oggi sa­ ranno un motore cruciale del cambiamento come generazione energica, cosmopolita e in grado di mobilitare le generazioni più anziane attraverso i loro genitori e nonni. “Le persone dovrebbero lot­ tare insieme per affrontare il cambiamento clima­

tico”, ha detto.

Virginijus Sinkevičius, il 30enne Commissario per l’ambiente, gli oceani e la pesca, ha evidenziato le principali aree di azione per creare società so­ stenibili. Ha sostenuto il passaggio a un’economia circolare senza sprechi, investendo in tecnologie a inquinamento zero e invertendo la perdita di biodiversità. Il Patto per il clima dell’UE è stato concepito proprio per coinvolgere i cittadini, le imprese e i governi locali su questi temi e pro­ muovere la necessaria collaborazione in tutta la società. Era ottimista sulla capacità dei governi lo­ cali di contribuire. “Le città sono sempre hub per innovazioni verdi e nuove tecnologie”, ha detto Sinkevičius. “Sono i luoghi in cui puoi davvero ve­ dere l’evoluzione degli stili di vita.”

“DiverCity”: cogliere l’opportunità della diversità: una sessione dedicata all’importanza di mettere a punto le politiche in modo da trarre il massimo dalla crescente diversità e sbloccare il potenziale di tutti.

Bart Somers, il sindaco di Mechelen in Belgio, ha condiviso la sua esperienza su come ha reso un successo della sua città ora straordinariamente diversificata. Infatti, mentre lo stesso Somers è un Mechelener della quattordicesima generazione, oggi la metà delle persone nate lì sono di origine straniera. Il sindaco ha sottolineato tre aree di in­ tervento cruciali: investire nella polizia e nei ser­ vizi sociali per avere una città sicura e pulita (altrimenti i residenti non si fideranno del go­ verno locale e cercheranno un capro espiatorio); promuovere le pari opportunità e la mobilità so­ ciale; e adottare misure per mescolare social­ mente le persone e combattere la segregazione.

“In molte città europee, viviamo in arcipelaghi di ambienti monoculturali”, ha affermato Somers.

“A Mechelen, cerchiamo di mescolare scuole e club sportivi, in questo modo le persone non sono estranee l’una all’altra”.

Il sindaco di Danzica in Polonia, Aleksandra Dul­ kiewicz, aveva recentemente commemorato il tragico assassinio del suo predecessore Paweł Adamowicz due anni prima. Ha detto che i citta­ dini si erano riuniti dopo la tragedia. Nonostante un clima politico nazionale fortemente polariz­ zato, spesso sfavorevole alle minoranze, Danzica

cercava di essere una città decisamente acco­ gliente. “Ogni singolo giorno cerchiamo di creare passo dopo passo una città in cui l’apertura e la parità di trattamento per tutti facciano parte della vita quotidiana”, ha affermato Dulkiewicz. “Voglio fare di Danzica un luogo in cui ogni persona si senta a casa”.

James Jamieson, consigliere per il Central Bedfor­ dshire e presidente della Local Government As­ sociation (LGA), ha sottolineato che stiamo assistendo a un passaggio a lungo termine verso un governo decentralizzato. Questo perché i citta­ dini tendono a fidarsi maggiormente dei governi locali e i comuni sono stati in grado di mobilitare le comunità locali contro COVID e per la sosteni­ bilità. La tecnologia e il telelavoro consentireb­ bero inoltre a più persone di vivere in comunità più piccole. “Il modello del futuro è una comunità connessa, non un governo centrale dall’alto verso il basso”, ha detto Jamieson.

Eva Maydell, eurodeputata bulgara e presidente del Movimento europeo internazionale, ha sotto­ lineato l’importanza delle tecnologie future e di un approccio favorevole alla tecnologia per rea­ lizzare l’inclusione e la transizione verde. Era par­ ticolarmente ottimista sulla prospettiva di rivitalizzare le aree rurali attraverso la connetti­ vità. “Quando parlo dell’Europa nel 2051, non im­ magino solo le città più grandi”, ha detto Maydell. “È fondamentale pensare ad aiutare le zone rurali a mantenere la loro vitalità”.

Il sindaco di Salonicco, Konstantinos Zervas, ha sottolineato l’importanza cruciale delle città, che rappresentano il 3% della superficie terrestre e il 72% delle emissioni, e l’innovazione per affron­ tare il clima. “Il cambiamento climatico e l’inno­ vazione sono le due mega tendenze globali”, ha affermato. “È essenziale esaminare il modo in cui questi due fattori interagiscono.” Salonicco vuole capitalizzare i suoi 24 secoli di storia, l’attraente posizione costiera e 1 milione di abitanti per di­ ventare un centro regionale non solo per il turi­ smo, ma anche per le università e l’innovazione all’avanguardia.

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DARIO NARDELLA Presidente Eurocities e Sindaco Di Firenze 90

ww.eurocities.eu

Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, rappresen­ terà nei prossimi due anni le principali città euro­ pee, in qualità di Presidente di Eurocities dal 5 novembre 2020. Succede al sindaco di Stoccolma, Anna König Jerlmyr, ed è affiancato dal sindaco di Lipsia, Burkhard Jung, che diventerà il vicepresi­ dente della rete.

Nardella, eletto da delegati di oltre 100 città, vuole lavorare per un ruolo più forte delle città nell’UE. In particolare, ha osservato: “Non ci può essere futuro per l’Europa senza le comunità locali e i governi locali a bordo. La pandemia COVID‐19 ha colpito più duramente le città. Molte persone si trovano in situazioni di lavoro precario, o hanno perso il lavoro, e i nostri servizi sanitari e sociali sono stati estesi ben oltre i limiti”.

Nardella chiede l’accesso diretto delle città ai fi­ nanziamenti dell’UE e maggiore voce in capitolo nella progettazione delle politiche dell’UE. “L’at‐ tuale crisi può essere un’opportunità per aprire la strada a una ripresa sostenibile ed equa, in cui le città devono essere i driver, con un posto al tavolo decisionale”, ha affermato.

In qualità di presidente, Nardella intende guidare Eurocities e le sue città membri per raggiungere obiettivi come l’implementazione delle iniziative del Green Deal europeo e per promuovere la cul­ tura e la coesione sociale nelle città di tutta Eu­ ropa.

“Non vedo l’ora di affrontare queste sfide, insieme alle altre città membri di Eurocities, e sono ono‐ rato di essere stato eletto a questa carica dai miei colleghi sindaci e di avere questa opportunità”, ha concluso.

Eurocities è una rete di 190 città in 39 Paesi, che rappresenta 130 milioni di persone. Attraverso la condivisione delle conoscenze e delle espe­ rienze e attraverso un’attività congiunta e coor­ dinata a livello europeo, Eurocities dà voce alle città e ai loro cittadini in Europa.

Lavora con oltre 145 delle più grandi città euro­ pee e 45 città partner per migliorare la vita di oltre 130 milioni di residenti in 39 paesi. Questa è la parte “città” di “Eurocities”.

Centinaia di città sono impegnate a ridurre a zero le emissioni di carbonio, ad accogliere mi­ granti e rifugiati e a governare attraverso il dia­ logo con i loro residenti e percorsi partecipati di co­progettazione.

Questi governi locali, che sono realmente pre­ senti sul campo con i cittadini e i residenti, sono partner essenziali per trasformare le politiche e le ambizioni dell’UE in realtà. In quanto tali, se­ condo Eurocities, le città devono essere incluse direttamente nel processo decisionale europeo e devono ricevere direttamente i fondi europei.

Questa è la parte “Euro” di “Eurocities”. Quindi Eurocities, l’Europa + le città, significa un futuro migliore per tutti.

Intervenendo al “MED Panel ­ Barcelona +25: Ci­ ties in the Euro­Mediterranean Partnership”, ha voluto sottolineare il ruolo cruciale che le città possono assumere nello sviluppo di una nuova vi­ sione dell’Europa e il ruolo chiave che i Sindaci possono svolgere nel plasmarla, garantito dalla prossimità quotidiana con i bisogni dei cittadini.

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GIUSEPPE SALA Presidente della Global Mayors Covid‐19 Recovery Task Force di C40 e Sindaco di Milano

ww.c40knowledgehub.org

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È stata presentata a luglio 2020 la “C40 Mayors agenda for a green and just recovery”, il pro­ gramma dei sindaci del network C40 cities per una ripresa sostenibile ed equa che delinea i co­ raggiosi passi da intraprendere per superare la crisi generata dalla pandemia Covid­19.

La “C40 Mayors agenda for a green and just reco­ very” prevede che misure specifiche, già in fase di realizzazione in molte città del mondo, diven­ tino la “nuova normalità”, così che si possa allo stesso tempo essere preparati a contenere future pandemie, affrontare le ingiustizie sociali e man­ tenere il riscaldamento globale al di sotto del­ l’obiettivo di 1,5°C previsto dall’Accordo di Parigi.

“All’inizio della pandemia, i sindaci della rete C40 hanno sentito il bisogno di collaborare ancora di più, per poter apprendere rapidamente gli uni dagli altri e prendere le decisioni più appropriate per affrontare la sfida Covid‐19 – ha spiegato il Sindaco di Milano Giuseppe Sala ‐. È stata quindi creata una visionaria task force di sindaci per ela‐ borare un percorso verso una nuova normalità, a beneficio di tutte le città del mondo. Il futuro delle nostre città è costruito su questa forte visione col‐ lettiva per una ripresa verde e giusta. Oggi – ha aggiunto il Sindaco Sala ‐ presentiamo le azioni concrete che stiamo intraprendendo e continue‐ remo ad adottare per la creazione di posti di la‐ voro e per tutelare i lavoratori essenziali, per garantire maggiore equità e resilienza e per la sa‐ lute e il benessere di tutti i nostri cittadini. Il no‐ stro vuole essere anche un forte appello all’azione da parte dei governi nazionali e di altre istituzioni affinché si muovano nella stessa direzione. Sono fiducioso che l’agenda dei sindaci C40 per una ri‐ presa sostenibile e giusta sarà utile per l’azione individuale di tutti i sindaci C40 nelle loro città e regioni”.

La pandemia COVID­19 ha avuto un pro­ fondo impatto sulle città del mondo. Non è solo una crisi sanitaria globale, ma anche una crisi sociale ed economica, i cui effetti si faranno sentire negli anni a venire. Con il lancio della Global Mayors COVID­19 Reco­ very Task Force, C40 mira ad aiutare le città a ricostruire in un modo che migliori la sa­ lute pubblica, riduca le disuguaglianze e af­ fronti la crisi climatica verso una società più sostenibile, più resiliente e più giusta. Il Sin­ daco di Milano e Vice Presidente C40, Giu­ seppe Sala, presiede la Mayoral Task Force.

Tra le misure sostenute dai sindaci ci sono pro­ grammi per la creazione di posti di lavoro soste­ nibili; maggiori diritti e sostegno per tutti i lavoratori il cui contributo si è rivelato essenziale durante la crisi Covid­19; investimenti in settori green, come l’accesso garantito a servizi pubblici resilienti, in particolare per i più vulnerabili; pro­ grammi di riqualificazione edilizia; investimenti per un trasporto collettivo sicuro e affidabile e nuovi spazi protetti per pedoni e ciclisti.

Riconoscendo che per una ripresa equa e a basso impatto climatico dalla pandemia Covid­19 sarà necessario un impegno globale, il network C40 ci­ ties e i suoi alleati hanno chiesto anche ai governi nazionali di sostenere i loro sforzi. I sindaci di C40 richiedono un impegno per “garantire che tutti i fondi e i pacchetti di stimolo per la ripresa econo‐ mica promuovano una transizione equa e soste‐ nibile”. I sindaci di C40 sono chiari nella loro richiesta di interrompere tutti gli investimenti pubblici nei combustibili fossili: “Le nazioni de‐ vono cogliere questa opportunità per interrom‐ pere con decisione gli investimenti in industrie con elevate emissioni di CO2 e che impiegano combu‐ stibili fossili, aumentando gli investimenti verso un futuro a basse emissioni”.

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È stata presentata a luglio 2020 la “C40 Mayors agenda for a green and just recovery”, il programma dei sindaci del network C40 cities per una ripresa sostenibile ed equa che delinea i coraggiosi passi da intra­ prendere per superare la crisi generata dalla pandemia Covid­19.

La “C40 Mayors agenda for a green and just recovery” prevede che misure specifiche, già in fase di rea­ lizzazione in molte città del mondo, diventino la “nuova normalità”, così che si possa allo stesso tempo essere preparati a contenere future pandemie, affrontare le ingiustizie sociali e mantenere il riscalda­ mento globale al di sotto dell’obiettivo di 1,5°C previsto dall’Accordo di Parigi.

“All’inizio della pandemia, i sindaci della rete C40 hanno sentito il bisogno di collaborare ancora di più, per poter apprendere rapidamente gli uni dagli altri e prendere le decisioni più appropriate per affrontare la sfida Covid‐19 – ha spiegato il Sindaco di Milano Giuseppe Sala ‐. È stata quindi creata una visionaria task force di sindaci per elaborare un percorso verso una nuova normalità, a beneficio di tutte le città del mondo. Il futuro delle nostre città è costruito su questa forte visione collettiva per una ripresa verde e giusta. Oggi – ha aggiunto il Sindaco Sala ‐ presentiamo le azioni concrete che stiamo intraprendendo e continueremo ad adottare per la creazione di posti di lavoro e per tutelare i lavoratori essenziali, per ga‐ rantire maggiore equità e resilienza e per la salute e il benessere di tutti i nostri cittadini. Il nostro vuole essere anche un forte appello all’azione da parte dei governi nazionali e di altre istituzioni affinché si muo‐ vano nella stessa direzione. Sono fiducioso che l’agenda dei sindaci C40 per una ripresa sostenibile e giusta sarà utile per l’azione individuale di tutti i sindaci C40 nelle loro città e regioni”.

Tra le misure sostenute dai sindaci ci sono programmi per la creazione di posti di lavoro sostenibili; mag­ giori diritti e sostegno per tutti i lavoratori il cui contributo si è rivelato essenziale durante la crisi Covid­ 19; investimenti in settori green, come l’accesso garantito a servizi pubblici resilienti, in particolare per i più vulnerabili; programmi di riqualificazione edilizia; investimenti per un trasporto collettivo sicuro e affidabile e nuovi spazi protetti per pedoni e ciclisti.

Riconoscendo che per una ripresa equa e a basso impatto climatico dalla pandemia Covid­19 sarà ne­ cessario un impegno globale, il network C40 cities e i suoi alleati hanno chiesto anche ai governi nazionali di sostenere i loro sforzi. I sindaci di C40 richiedono un impegno per “garantire che tutti i fondi e i pacchetti di stimolo per la ripresa economica promuovano una transizione equa e sostenibile”. I sindaci di C40 sono chiari nella loro richiesta di interrompere tutti gli investimenti pubblici nei combustibili fossili: “Le nazioni devono cogliere questa opportunità per interrompere con decisione gli investimenti in industrie con ele‐ vate emissioni di CO2 e che impiegano combustibili fossili, aumentando gli investimenti verso un futuro a basse emissioni”.

I sindaci di C40 rivolgono un appello ai governi nazionali e locali, alle banche centrali e alle istituzioni finanziarie internazionali affinché si uniscano a loro nel promuovere una ripresa verde ed equa dalla crisi Covid­19. Gli inviti all’azione sono:

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1. L’unico stimolo dovrebbe essere uno stimolo “verde” 2. Impegnarsi per una ripresa equa e inclusiva 3. Proteggere e promuovere il trasporto collettivo 4. Investire nell’energia pulita in via prioritaria 5. Investire in città resilienti, in quanto motori della ripresa 6. Mettere fine a tutti gli investimenti pubblici e le sovvenzioni per i combustibili fossili

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ENZO BIANCO, PRESIDENTE C14+ e CONSIGLIO NAZIONALE ANCI

Health, Wellbeing, Environment & Sport for Cities

L’OSSERVATORIO NAZIONALE PER LA SALUTE, L’AMBIENTE, IL BENESSERE E LO SPORT C14+ è un Osservatorio Nazionale permanente e indipendente sul benessere, l’ambiente, la sa­ lute e lo sport nelle 14 Città metropolitane, nelle Regioni e nelle maggiori città italiane, nato come progetto operativo di Health City Institute dall’interazione con ANCI, l’Associazione Nazio­ nale dei Comuni italiani, al fine del raggiungi­ mento degli scopi costituitivi in relazione ai quattro ambiti indicati.

L’obiettivo di C14+ é aggregare competenze lo­ cali quali il Comune, le Province, le Regioni, le istituzioni governative e parlamentari, le uni­ versità, il mondo dello sport, le aziende socio­ sanitarie, gli istituti di ricerca e altri partner per produrre analisi specifiche del territorio di com­ petenza al fine di consentire ai decisori di atti­ vare soluzioni migliorative per la salute, il benessere, l’ambiente e la promozione della pratica sportiva nei contesti urbani più densa­ mente popolati e antropizzati.

C14+ produrrà eventi e report periodici per atti­ vare il confronto sui temi espressi dai dieci punti del Manifesto “Salute nelle città: bene co­ mune”.

Il fenomeno dell’urbanizzazione è tema vero e reale del nostro Paese. Nel periodo tra il 2015 e il 2030, poco più di 15 anni, noi stiamo assistendo alla crescita di popolazione nel mondo trasferita nelle città per un miliardo e mezzo di persone. In un battito d’occhi, perché 15 anni tali sono, un mi‐ liardo e mezzo di persone si sono trasferite dalle campagne e dai piccoli centri nelle città: i territori che sono diventati urbani in questo periodo hanno una superficie pari a 1,5 milioni di chilome‐ tri quadrati, pari all’estensione di Francia, Germa‐ nia e Spagna messe insieme.

Rispetto a questi fenomeni noi dobbiamo assolu‐ tamente pensare non solo a come programmare la vita della città, ma ripensare le nostre città,

“Tratto dall’intervento tenuto durante il webinar del 22 marzo 2021 – Promuovere le politiche sulla salute nelle città in Piemonte” come ha detto Renzo Piano “Un architetto e un sindaco hanno molte cose in comune. Innanzi‐ tutto, la città. L’architetto ne pensa gli spazi, ma è il sindaco che li riempie”. Lo stesso rapporto tra centro e periferie va assolutamente ripensato.

Il tema del benessere e della salute diventa quindi un tema centrale in questo scenario. Bisogna pen‐ sare alla salute in termini nuovi, a partire dai Sin‐ daci. Da qualche tempo ci stiamo occupando seriamente di queste questioni, proprio con la na‐ scita di C14+, un’iniziativa che vede coinvolta ANCI, il mondo scientifico‐universitario, istituzioni private che seguono queste tematiche da vicino e con impegno e visione. Stiamo accettando una grande sfida, quella di presidiare questo settore in maniera efficace. Innanzitutto, affrontandolo e discutendone secondo un approccio multidimen‐ sionale e multidisciplinare; offrendo poi un sup‐ porto di tipo scientifico e culturale, percorsi formativi come quello dell’health city manager che è stato attivato. Sono tematiche di grande in‐ teresse anche per i più giovani che denotano un’urgenza e una determinazione forte a occupar‐ sene.

In questo senso, il Sindaco è il naturale punto di riferimento di queste politiche. Il fatto che il Sin‐ daco sia la più alta autorità sanitaria del territorio è un compito che deve essere affrontato seria‐ mente, attivando sinergie territoriali che lavorino insieme per fare squadra. Scambiare saperi e an‐ goli di visuale è indispensabile per raggiungere una maggiore qualità di vita nelle nostre città. È la chiave di successo di C14+: una visione nuova, una grande sfida, lo stesso spirito di squadra.

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Tiziana Frittelli, Presidente Federsanità

1. Qual é il valore aggiunto di una rete come Fe‐ dersanità?

Federsanità­ANCI è il soggetto istituzionale che organizza Aziende Sanitarie Locali e Ospeda­ liere e Conferenze dei Sindaci e che agisce come strumento sul piano della rappresentanza per i Comuni per assicurare i percorsi d‘integra­ zione sociosanitaria e socio­assistenziale.

Nata nell’ottobre 1995 come una Federazione di Aziende USL, di Aziende ospedaliere e di Co­ muni con l’intento di contribuire fattivamente al processo di aziendalizzazione e di integra­ zione dei servizi innescato a partire fin dall’ini­ zio degli anni '90, nell'ottobre 2006, durante il primo Congresso Nazionale Federsanità­ANCI, si trasforma in confederazione di federazioni re­ gionali.

La Confederazione è attualmente composta da 17 federazioni regionali ed annovera tra i propri associati 166 Aziende Sanitarie e le relative Conferenze dei Sindaci.

Il dialogo costante ogni giorno sul territorio per far fronte ai bisogni di salute dei cittadini. Attra‐ verso questo confronto quotidiano tra manage‐ ment delle aziende sanitarie e rappresentanti dei Comuni, Federsanità è impegnata (da oltre ven‐ ticinque anni) per favorire politiche che offrano alle Comunità una rete di servizi realmente inte‐ grati senza vuoti assistenziali o scollamenti, che rischiano di vanificare anche il miglior modello sa‐ nitario o il miglior modello sociale. La Pandemia che stiamo vivendo ha amplificato la necessità di aumentare le caratteristiche di flessibilità della rete ospedaliera, affiancandola a strumenti di so‐ stegno alla dimensione sociale, che tengano conto delle situazioni di rischio e vulnerabilità, delle condizioni di genere, reddituali, ambientali.

2.Quali le prossime sfide che attendono Federsa‐ nità?

Tra le nostre priorità vi è senza dubbio la valoriz‐ zazione del ruolo delle Comunità: un sistema a ca‐ rattere comunitario nel quale produrre salute/benessere diventa un obiettivo all’interno di un sistema relazionale che connette le varie di‐ mensioni del benessere stesso: sociale, econo‐ mico, ambientale, oltre che meramente sanitario.

A questo deve corrispondere un modello di poli‐ tica sociosanitaria che si muova, soprattutto, per anticipare i bisogni di salute e prevenga l’insor‐ gere di patologie. Dobbiamo abbandonare il tra‐ dizionale modello “curativo” di erogazione di prestazioni sanitarie e costruire un sistema di as‐ sistenza fortemente orientato ad una nuova con‐ cezione della “presa in carico” dei pazienti basata su prossimità, proattività, personalizzazione, par‐ tecipazione.

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Apostolos Tzitzikostas PRESIDENTE COMITATO DELLE REGIONI DEL­ L’UNIONE EUROPEA

i 20 e i 64 anni abbia un lavoro, almeno il 60% di tutti gli adulti partecipi ad attività di formazione ogni anno e il nu‐ mero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale diminuisca di almeno 15 milioni.

Il Comitato europeo delle regioni (CdR) e l'Organiz­ zazione mondiale della sanità (OMS) hanno siglato un Piano d'azione per migliorare la resilienza dei si­ stemi sanitari regionali e locali attraverso la collabo­ razione nella ricerca e nella definizione delle politiche pertinenti. Il piano d'azione, che si basa su una cooperazione ormai consolidata iniziata nel no­ vembre del 2016, viene anche incontro alla neces­ sità di affrontare alcune tra le sfide più importanti della pandemia tramite un migliore coordinamento tra i diversi livelli di gestione della sanità. Il piano permetterà di valutare congiuntamente l'efficacia sul campo delle politiche sanitarie e aiuterà a pro­ porre possibili soluzioni per rafforzare la capacità dei sistemi sanitari regionali e locali ad affrontare le sfide poste dalla pandemia.

E tuttavia, in una risoluzione adottata lo scorso 4 febbraio alla plenaria del CdR, i leader locali e regionali dell'UE si sono dichiarati preoccupati per l'andamento della distribu‐ zione coordinata dei vaccini nell'Unione e hanno chiesto di definire un quadro operativo europeo per monitorare la dif‐ fusione e la distribuzione dei vaccini regione per regione in maniera coordinata.

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni ha dichia‐ rato: "Il piano d'azione congiunto CdR‐OMS migliorerà la resilienza dei sistemi sanitari nelle nostre regioni e città, oltre che nei piccoli centri. Se dalle sfide che abbiamo do‐ vuto affrontare durante la pandemia si deve trarre un inse‐ gnamento, questo consiste nell'importanza del ruolo svolto dagli enti regionali e locali per la preparazione, la risposta, la gestione e la ripresa dalla crisi ".

In merito all'avvio della campagna di vaccinazione nell'UE, il Presidente del CdR ha poi aggiunto che "la vaccinazione è fondamentale per far ripartire l'economia a livello regio‐ nale e locale. È necessario evitare che gli Stati membri si facciano concorrenza, anche al loro interno, per procurarsi i vaccini. Sarebbe inaccettabile qualsiasi "divario" nella di‐ stribuzione dei vaccini che accentuasse le disparità esistenti tra regioni, città e piccoli centri; è per questo motivo che il CdR chiede un quadro operativo europeo che monitori la di‐ sponibilità e la distribuzione dei vaccini a livello regionale".

Nel dibattito è intervenuto Hans Henri Kluge, direttore re‐ gionale per l'Europa dell'Organizzazione mondiale della sa‐ nità, sottolineando che "in Europa gli enti territoriali sono stati e sono ancora in prima linea nel contrastare la pande‐ mia. Le città sono gli epicentri di questa emergenza, non solo per quel che concerne la trasmissione del virus all'in‐ terno delle comunità o su scala nazionale, ma anche come punti di riferimento per l'assistenza sanitaria, gli sposta‐ menti e le attività commerciali. Le città non solo rappresen‐ tano il livello di governo più vicino ai cittadini, ma sono anche fondamentali per condividere le esperienze e lottare contro la disinformazione, dato che erogano servizi e sono il perno di un futuro sostenibile".

Le regioni e le città sono pronte a fare la loro parte nella co‐ struzione di un'Europa sociale forte che garantisca transi‐ zioni e una ripresa giuste dopo la crisi della pandemia di COVID‐19: i nuovi obiettivi prevedono che entro il 2030 al‐ meno il 78% della popolazione dell'UE di età compresa tra

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni Tzitzikostas ha dichiarato: "L'emergenza sanitaria causata dalla pande‐ mia di COVID sta diventando un'emergenza sociale. Dob‐ biamo utilizzare tutti gli strumenti disponibili per salvaguardare i posti di lavoro, combattere la povertà e pro‐ teggere i più vulnerabili. Il piano d'azione fissa obiettivi am‐ biziosi che possiamo raggiungere solo collaborando a tutti i livelli di governance — europeo, nazionale e locale — e utilizzando appieno i diversi fondi dell'UE per sbloccare gli investimenti sociali. Siamo pronti a essere partner fonda‐ mentali nell'attuazione del piano d'azione per garantire che risponda alle esigenze dei nostri cittadini e garantisca una ripresa equa e inclusiva".

I rappresentanti degli enti regionali e locali dell'UE hanno messo in rilievo il ruolo essenziale dei governi locali e regio‐ nali nella gestione dell'emergenza COVID, un ruolo che sarà fondamentale per favorire un'effettiva ripresa dalla pande‐ mia sul piano sanitario, sociale ed economico. E hanno espresso preoccupazione per il livello di coinvolgimento degli enti regionali e locali, la maggior parte dei quali, come evidenzia una recente consultazione condotta dal CdR e dal CCRE, ha solo scarsa influenza sui piani nazionali per la ri‐ presa e la resilienza.

Il Presidente del CdR ha dichiarato che "la presidenza por‐ toghese dell'UE cade in un momento cruciale. Perdura, in‐ fatti, la pandemia di COVID‐19, che mette a dura prova i servizi pubblici e nuoce all'occupazione e alle economie lo‐ cali. Nei prossimi mesi dobbiamo garantire un'esecuzione efficace del bilancio dell'UE e realizzare un ambizioso piano di ripresa che risponda in modo concreto ai bisogni dei citta‐ dini. Insieme, dobbiamo accrescere la nostra capacità di ri‐ spondere alle crisi in materia di salute pubblica e di produrre e distribuire vaccini sicuri. Le vaccinazioni devono essere condotte simultaneamente in tutta l'UE, attraverso una cooperazione rafforzata tra tutti i livelli di governo in tutti gli Stati membri, le regioni, le città e i piccoli centri. La presidenza portoghese contribuirà inoltre ad avviare la Con‐ ferenza sul futuro dell'Europa; e noi contiamo sul suo con‐ tributo anche per conferire a tale processo, che dovrà rendere più moderno il funzionamento della democrazia e avvicinare l'Europa ai cittadini, una robusta dimensione re‐ gionale e locale" . *** Apostolos Tzitzikostas ha studiato Pubblica amministrazione e Relazioni internazionali alla Georgetown University di Wa‐ shington (USA). Dopo essersi laureato nel 2000, ha fatto le prime esperienze lavorative presso l'ufficio del presidente della commissione Affari esteri del Congresso degli Stati Uniti. Nel 2002 ha conseguito un master in Politica ed eco‐ nomia pubblica europea presso loUniversity College di Lon‐ dra. Una volta completati gli studi, è diventato imprenditore fondando un'azienda nel settore della produzione, della tra‐ sformazione e della standardizzazione dei prodotti lattiero‐ caseari che opera nel rispetto delle norme biologiche.

Nel 2007 è stato eletto al parlamento greco per il partito Nea Demokratia (PPE). Nelle elezioni regionali del 2014 e del 2019 è stato eletto presidente della regione della Ma‐ cedonia centrale. Nel novembre 2019 è stato eletto presi‐ dente dell'Associazione delle regioni greche. È membro del Comitato europeo delle regioni dal 2015, nel luglio 2017 è stato eletto capo della delegazione greca e vi‐ cepresidente del CdR, oggi riveste la carica di Presidente. *** Info su: cor.europa.eu/it

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I sindaci di Roma Virginia Raggi e di Milano Giu­ seppe Sala presiederanno il quarto ciclo Urban 20 cycle che si svolgerà nel 2021. Dopo il passaggio dall'ex presidente della città di Riyadh alle città italiane, le città partecipanti all’U20 continue­ ranno a impegnarsi con il G20 e impegnarsi a col­ laborare con i governi nazionali per affrontare le sfide più urgenti che il nostro mondo sta affron­ tando, comprese le crescenti disuguaglianze, l'emergenza climatica e il recupero dalle crisi de­ rivanti dalla pandemia COVID­19. "È un onore per l'Italia ospitare il vertice U20 e un'opportunità eccezionale", affermano il sindaco di Milano Giuseppe Sala e la sindaca di Roma Vir­ ginia Raggi.

Seguendo le orme di Buenos Aires e Parigi, Tokyo e Riyadh, tutte ex città Chair, le città Chair Urban 20 continueranno a richiedere un partenariato rafforzato tra città e governi nazionali, nonché ambizioni crescenti a livello nazionale. In tal modo, affronteranno questioni chiave come l'azione per il clima, l'inclusione sociale e la cre­ scita economica sostenibile, per ottenere una ri­ presa verde e giusta dalla pandemia COVID­19.

Le città U20 terranno il loro vertice finale a Roma, nel giugno 2021. In quell'occasione l'U20 trasmet­ terà le loro raccomandazioni congiunte al go­ verno italiano in qualità di Presidente del G20, da presentare al Vertice dei leader del G20 ­ attual­ mente in programma a Roma, 30­31 ottobre 2021.

Urban 20 è un'iniziativa di diplomazia urbana che riunisce le città degli Stati membri del G20 in un quadro comune per discutere questioni economi­ che, climatiche e di sviluppo globali. Le città con­ dividono una una posizione comune e formulano raccomandazioni per l'esame della presidenza del G20 e dei capi di Stato e di governo, rafforzando il ruolo delle città come leader economici e poli­ tici globali. L'iniziativa U20 è convocata in modo permanente da C40 Cities e United Cities and Local Governments, sotto la guida di una Chair city che ruota ogni anno. I precedenti cicli U20 erano precedentemente presieduti da Buenos Aires e Parigi (2018), Tokyo (2019) e Riyadh (2020).

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Eric Garcetti Sindaco di Los Angeles, (Presidente C40)

Il 1° gennaio 2021 sono entrati in vigore i nuovi standard di leadership di C40 per il periodo 2021­ 2024. Questi nuovi criteri, obbligatori per l’ade­ sione, sono stati approvati all'unanimità dallo Steering Committee del C40, durante la riunione del comitato del 3 dicembre 2020, e si applicano a tutte le 97 città che compongono il C40, stabi­ lendo un nuovo punto di riferimento globale in tema di ambizione e leadership climatica.

L'impegno delle nostre 97 città ­ che rappresen­ tano 700 milioni di cittadini residenti ­ nel definire gli standard di leadership, dimostra la determina­ zione dei sindaci del mondo ad agire urgente­ mente e necessariamente per affrontare la crisi climatica. In questo momento, senza precedenti nella storia umana, sappiamo che dobbiamo agire senza esitazione per salvare il nostro pia­ neta e creare un futuro più equo, prospero e sano per i nostri figli e nipoti.

Negli anni cruciali a venire, gli standard di leader­ ship definiranno l’impostazione per la strada da seguire nel raggiungere un futuro a zero emissioni di carbonio, costruire coalizioni significative e ampie e fondare un modello globale per le città di tutto il mondo che vogliano seguirne l'esempio.

Questo lavoro si basa sui principi del Global Green New Deal come pietra angolare di una ripresa verde e giusta dalla pandemia COVID­19 e come fondamento degli sforzi globali per affrontare l'emergenza climatica.

Gli standard di leadership C40 2021­2024 sono i seguenti: 1. Pianificare. La città adotta un piano d'azione per il clima resiliente e inclusivo in linea con l'ambizione di ridurre di 1,5°C la temperatura, in base alle previsioni dell'accordo di Parigi, e lo ag­ giorna regolarmente; 2. Consegnare un’eredità. Nel 2024 la città sarà sulla buona strada nell’attuazione del suo piano d'azione per il clima, avendo contribuito a una maggiore resilienza, al raggiungimento di risul­ tati equi e al dimezzamento delle emissioni com­ plessive dei membri C40 entro il 2030; 3. Integrare nella norma. La città utilizza i neces­

sari strumenti finanziari, normativi e di altro tipo a sua disposizione per affrontare la crisi clima­ tica e integra i propri obiettivi climatici nei pro­ cessi decisionali di maggior impatto; 4. Innovare. La città innova e inizia a intrapren­ dere azioni inclusive e resilienti per affrontare le emissioni al di fuori del controllo diretto del go­ verno cittadino, come quelle associate a beni e servizi consumati nella città; 5. Condurre. Il sindaco e la città danno prova di una leadership climatica globale e ispirano altri ad agire a sostegno dell'accordo di Parigi.

Questi standard di leadership guideranno la no­ stra azione collettiva almeno fino al 2024.

Firmatari: Sindaco di Los Angeles, Eric Garcetti (Presidente C40) Sindaco di Accra, Adjei Sowah Sindaco di Bogotá, Claudia López Sindaco di Boston, Martin J. Walsh Capo del governo di Buenos Aires, Horacio Rodríguez Larreta Sindaco facente funzione di Copenaghen, Lars Weiss Sindaco di Dhaka North, Md. Atiqul Islam Segretario generale del Consiglio esecutivo di Dubai, S.E. Abdulla Mohammed Al Basti Sindaco di Durban, Mxolisi Kaunda Governatore di Jakarta, Anies Baswedan Segretario per l'ambiente, Hong Kong, Cina, KS Wong Sindaco di Londra, Sadiq Khan Sindaco di Milano, Giuseppe Sala Sindaco di Seattle, Jenny Durkan Sindaco di Stoccolma, Anna König Jerlmyr Governatore di Tokyo, Yuriko Koike

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INDAGINI E STUDI

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L’Italia

e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile Rapporto ASviS 2020

Il Rapporto 2020, presentato a inizio ottobre 2020, dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Soste‐ nibile (ASviS) analizza lo stato di avanzamento del nostro Paese rispetto all’attuazione dei 17 Obiet‐ tivi dell’Agenda 2030 e illustra un quadro orga‐ nico di proposte, segnalando gli ambiti in cui bisogna intervenire per assicurare la sostenibilità economica, sociale e ambientale del nostro mo‐ dello di sviluppo.

Per l’Italia il percorso verso l’Agenda 2030 del­ l’Onu, che appariva già in salita prima della crisi, diventa ancora più difficile: nel 2020, infatti, si re­ gistrerà un peggioramento per 9 dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs ­ Sustainable deve­ lopment goals). Peggiorano povertà, alimenta­ zione, salute, istruzione, parità di genere, occupazione, innovazione, disuguaglianze, par­ tnership, mentre migliorano i dati relativi all’eco­ nomia circolare, la qualità dell’aria e i reati.

Per questo bisogna intraprendere immediata­ mente il cammino verso una transizione ecologica “giusta”, capace di generare nuova occupazione e sviluppo economico e sociale, utilizzando in modo coerente le risorse Ue e nazionali per rilan­ ciare il Paese in un’ottica di sostenibilità econo­ mica, sociale e ambientale.

Rispetto ai 21 dei 169 Target in cui si articolano gli SDGs che avrebbero dovuto essere raggiunti entro il 2020, la situazione appare del tutto insod­ disfacente: in dodici casi, infatti, il nostro Paese appare lontano dai valori di riferimento, dalla ri­ duzione delle vittime di incidenti stradali al nu­ mero di giovani che non studiano e non lavorano (NEET), dalla definizione da parte delle città di piani per la gestione dei disastri naturali alla di­ fesa della biodiversità.

Grazie al contributo di centinaia di esperti appar­

tenenti dalle oltre 270 organizzazioni aderenti all’ASviS, il Rapporto 2020 fornisce un quadro delle iniziative messe in campo nel mondo, in Eu­ ropa e in Italia a favore dello sviluppo sostenibile, valuta le politiche realizzate negli ultimi 12 mesi e avanza proposte per accelerare il percorso del nostro Paese verso l’attuazione dell’Agenda 2030.

Il Portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini, oggi Ministro del Governo Draghi: “Abbiamo perso 5 anni su 15 per attuare l’Agenda 2030. L’accordo del 2015 non è stato preso abbastanza seria‐ mente dalla classe dirigente, dalla politica e dall’opinione pubblica e così̀ l’Italia mancherà molti dei target fissati al 2020.”.

Il Rapporto ASviS mostra come la pandemia stia determinando in tutto il mondo una battuta d’ar­ resto e un arretramento nel cammino verso l’at­ tuazione dell’Agenda 2030, firmata dai 193 Paesi dell’Onu il 25 settembre 2015, e il raggiungi­ mento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Su­ stainable Development Goals – SDGs). D’altra parte, l’Unione europea ha posto l’Agenda 2030 al centro della propria azione e sta rispondendo alla crisi con un impegno senza precedenti co­ struito intorno al Green Deal, alla lotta alle disu­ guaglianze e all’innovazione.

“Il programma politico della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen a favore dello sviluppo sostenibile ‐ sottolinea il Presi‐ dente dell’ASviS Pierluigi Stefanini ‐ è stato con‐ fermato e anzi rafforzato dopo la crisi scatenata dal COVID‐19. La scelta di orientare il Next Ge‐ neration EU alla transizione ecologica, alla tran‐ sizione digitale e alla lotta alle disuguaglianze e allo stimolo della resilienza economica e sociale è unica nel panorama mondiale e va esatta‐ mente nella direzione auspicata dall’ASviS in oc‐ casione del Festival dello scorso anno. Le

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Comunicazioni della Commissione sulle politiche economiche, sociali e ambientali, richiamate nel Rapporto che pubblichiamo oggi, sono tutte orientate alla sostenibilità, intesa anche come opportunità per l’Europa di assumere un forte ruolo nello scenario competitivo globale. Infatti, il Green Deal è una nuova strategia di crescita economica e sociale, con effetti positivi anche sulla creazione di posti di lavoro all’interno dell’Unione europea”.

Proprio in vista della preparazione del Piano ita­ liano, nel Rapporto l’ASviS indica gli orientamenti per disegnare, monitorare e valutare le azioni da mettere in campo, non solo a valere sui fondi eu­ ropei, e chiede al Governo di:

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• definire le nuove procedure che il Comitato In­ terministeriale per la Programmazione Econo­ mica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS) – la cui partenza è prevista per il primo gennaio 2021 – adotterà per valutare i progetti d’investi­ mento, ivi compresi quelli finanziati dalle ri­ sorse europee, adottando un “controllo di sostenibilità”; • creare un ente pubblico di ricerca per gli studi sul futuro e la programmazione strategica, per effettuare ricerche sulle future evoluzioni dei fenomeni sociali, ambientali ed economici e sulle loro implicazioni per il disegno e l’attua­ zione delle politiche pubbliche; • adeguare la normativa che prevede la rela­ zione sugli indicatori di Benessere Equo e So­ stenibile nell’ambito del ciclo di bilancio, per allinearla agli SDGs utilizzati nel Semestre eu­ ropeo; • affidare all’Ufficio Parlamentare di Bilancio il compito di effettuare valutazioni quantitative sull’impatto sugli SDGs dei principali docu­ menti di programmazione e di bilancio, in linea con l’orientamento del Semestre europeo; • istituire una piattaforma di consultazione per­ manente della società civile per la valutazione «trasversale» dell’impatto dei provvedimenti legislativi sull’Agenda 2030; • proporre una revisione della struttura delle Commissioni parlamentari, resa indispensabile dalla riduzione del numero dei deputati e dei senatori, per favorire un’analisi più integrata dei provvedimenti legislativi riguardanti le di­ verse dimensioni dell’Agenda 2030; • rivedere i contenuti del D.lgs. n. 254/2016 sulla rendicontazione non finanziaria, rendendola obbligatoria per tutte le grandi imprese e pro­

gressivamente anche per le medie, mante­ nendo la volontarietà per le piccole.

“I prossimi mesi saranno cruciali per disegnare e impostare le politiche pubbliche del prossimo triennio” – aggiunge Giovannini. “La domanda di scelte pubbliche e private a favore dello svi‐ luppo sostenibile non è mai stata così forte dato la crisi ha chiarito le profonde interazioni tra di‐ mensioni ambientali, sociali, economiche e isti‐ tuzionali del nostro mondo, cioè i quattro pilastri dell’Agenda 2030. L’Unione europea ha indicato la strada da percorrere e l’Italia può essere pro‐ tagonista di questa trasformazione per coglierne gli enormi vantaggi. L’Italia del 2030 può essere molto migliore di quella che avevamo un anno fa. Per questo non si deve tornare indietro. Vi‐ sione, coraggio, innovazione, persistenza e par‐ tecipazione sono indispensabili per realizzare un’Italia più sostenibile e il patrimonio di cono‐ scenze e impegno civile delle centinaia organiz‐ zazioni aderenti all’ASviS sono a disposizione delle istituzioni nazionali e locali per fare, qui e ora, le scelte migliori possibili, “senza lasciare nessuno indietro”.

I territori e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile Rapporto ASviS 2020 Regioni, province e città metropolitane sono fondamentali per assicurare la sostenibilità dello sviluppo del Paese. Entro il 2030 oltre il 60% delle regioni potrebbe riuscire a ridurre il tasso di mortalità, l’abbandono scolastico e circa il 50% ad aumentare l’uso di energie rinnovabili, in linea con i target dell’Agenda 2030. Non riu­ scirà invece, a meno di un profondo cambia­ mento delle politiche, a raggiungere la parità di genere nell’occupazione, a ridurre le disugua­ glianze di reddito e il consumo di suolo e rag­ giungere l’efficienza idrica.

Il Rapporto ASviS sui Territori 2020 pone l’accento sulla necessità di un coinvolgimento dei diversi territori (regioni, province, città e aree interne) nella trasformazione necessaria per portare il Paese su un sentiero di sviluppo sostenibile. Dal Rapporto, il primo così dettagliato e articolato mai prodotto nel nostro Paese su territori e so­ stenibilità, emerge, da un lato, la varietà di situa­ zioni dei territori italiani rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), ben al di là della clas­ sica divisione tra Nord, Centro e Sud del Paese, dall’altro l’uso crescente dell’Agenda 2030 come

chiave di programmazione delle politiche territo­ riali da parte delle Regioni e delle Città.

Il Rapporto utilizza una duplice modalità di misu­ razione della distanza dagli SDGs ai diversi livelli territoriali, attraverso gli indicatori sintetici per Goal già utilizzati in passato e una nuova serie di indicatori collegati a Target quantitativi. L’analisi aggiornata dei dati nazionali sull’impatto della crisi da Covid­19 sui diversi SDGs mostra risultati impressionanti: sui 12 Goal per i quali si hanno elementi di valutazione sufficienti, c’è un miglio­ ramento in soli tre casi e un peggioramento negli altri nove. D’altra parte, l’analisi sui 22 Target quantitativi al 2030 giunge alla conclusione che l’Italia non è su un percorso di sviluppo sosteni­ bile: ha un andamento promettente in tre casi, positivo in quattro, negativo in dieci e decisa­ mente negativo in quattro.

In estrema sintesi, il quadro che emerge appare caratterizzato dai seguenti elementi: • nelle Regioni e nelle Province autonome, sulla base dei trend storici, oltre il 90% dei territori ha raggiunto o raggiungerà il 25% di superficie agricola utilizzata da coltivazioni biologiche e circa il 70% ridurrà presumibilmente del 25%, rispetto al 2013, il tasso di mortalità per le prin­ cipali cause tra i 30 e i 69 anni; oltre il 60% delle regioni e delle province autonome do­ vrebbe riuscire a ridurre al 10% la quota di uscita precoce dal sistema di istruzione e for­ mazione (18­24 anni) e circa il 50% riuscirà a raggiungere la quota del 32% di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia. Di contro, oltre due terzi delle regioni e delle province autonome si sta allontanando o non si avvicinerà ai Target relativi a: riduzione del 20% della quota di fertilizzanti distribuiti in agricoltura rispetto al 2018 e del 50% del tasso di feriti per incidente stradale rispetto al 2010 (circa il 40% delle aree si allontana dal Target); raggiungimento della parità di genere nel rap­ porto di femminilizzazione del tasso di occupa­ zione (20­64 anni) e di una quota dell’80% nell’efficienza delle reti di distribuzione dell’ac­ qua potabile; riduzione a 4,2 dell’indice di di­ suguaglianza del reddito disponibile; aumento del 26% della quota di posti­km offerti dal tra­ sporto pubblico locale rispetto al 2004; ridu­ zione del 27% della quota di rifiuti urbani prodotti pro­capite rispetto al 2003; raggiungi­ mento di una quota del 10% di aree protette marine; azzeramento entro il 2050 dell’incre­ mento annuo di suolo consumato;

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• per ciò che concerne le Città metropolitane, dove sono presenti circa 22 milioni di persone (oltre il 36% della popolazione residente), emerge una situazione positiva solo per i Tar­ get relativi alla quota di laureati e di persone in possesso di altri titoli terziari (25­39 anni), per il quale il 50% delle Città ha già raggiunto il Target o mostra andamenti adeguati a rag­ giungerlo, e al tasso di occupazione, da cui il nostro Paese è ancora distante, ma che è stato raggiunto o sarà raggiunto (se si conferma l’an­ damento storico) dal 36% di esse. Di contro, una situazione negativa si riscontra per molti Target, tra i quali l’efficienza delle reti di distri­ buzione dell’acqua potabile, le quote di ener­ gia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e di rifiuti urbani prodotti pro­ capite, e il consumo di suolo.

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Sottolinea Enrico Giovannini, portavoce del­ l’ASviS oggi Ministro del Governo Draghi: “Il lavoro dell’ASviS fa emergere disuguaglianze, punti di forza e debolezza, ma soprattutto rivela, grazie all’analisi dei diversi territori, un’Italia at‐ tiva, resiliente e impegnata a realizzare il cam‐ biamento, con risultati che in molti casi appaiono in grado di ridurre le distanze tra le di‐ verse aree del Paese”.

Il Rapporto, disponibile sul sito web dell’Alleanza, è stato presentato il 15 dicembre 2020, in conco­ mitanza con il 50esimo anniversario della nascita delle Regioni, istituite nel 1970.

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QUALITÀ DI LA CLASSIFICA DELL

Le indagini de “La Sapien I risultati de La Sapienza Tempo di bilanci per le città italiane alla luce degli effetti della pandemia COVID­19. La classifica annuale elaborata ItaliaOggi e Uni­ versità La Sapienza di Roma, in collabora­ zione con Cattolica Assicurazioni, giunta alla ventiduesima edizione riflette anche l’effetto COVID­19. Quest’anno sul podio Porde­ none, Trento e Vicenza. Si evidenzia un pro­ blema nelle città meridionali.

Le province più colpite dalla prima ondata della pandemia sembrano subire gli effetti della pandemia sulla qualità di vita e rece­ dono in classifica generale rispetto all’anno precedente. Bergamo, che nella prima on­ data di marzo fu una delle città più colpite, scende dal 26esimo posto del 2019 al 40esimo dell’analisi 2020, mentre altre città che hanno dovuto fronteggiare in maniera importante la pandemia come Lodi che in­ dietreggia di 37 posizioni, Milano di 16, Pia­ cenza di 41, Cremona di 46. Un risultato che riflette la fragilità della qualità di vita perce­ pita a causa di COVID­19, mostrando come le città più colpite siano state le più vulnera­ bili.

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Nella classifica Pordenone sale al top della classifica sulla qualità della vita, seguita da Trento invertendo le posizioni dell’anno pre­ cedente, con un podio tutto spostato nel nord est, con Vicenza quinta (era 14ª) e Pa­ dova quarta (11ª). Nelle prime 20 città, dieci sono nel nord est del Paese. Non vi é alcuna città meridionale, evidenziando come biso­ gna lavorare molto al sud per migliorare la qualità di vita delle città.

I VITA 2020: LE CITTÀ ITALIANE

nza” e “Il Sole24Ore”

Le Marche con Ascoli Piceno quinta, Mace­ rata undicesima e Fermo diciannovesima, ot­ tiene un risultato significativo. Ascoli Piceno partendo dalla 37ª posizione grazie ai risul­ tati conseguiti nella dimensione della sicu­ rezza sociale, dove è risultato prima e ai reati e alla sicurezza, dove è risultata terza, mostra una crescita notevole.

Ma è stato il COVID­19 l’elemento fonda­ mentale e la metodologia utilizzata dai ricer­ catori de La Sapienza ha colto gli effetti della pandemia sia gli effetti diretti e indiretti. La ricerca ha monitorato con attenzione l’im­ patto della diffusione del COVID­19 e gli ef­ fetti del lockdown, utilizzando nuovi indicatori che hanno elaborato i dati Istat/ISS relativi al numero dei decessi nei primi otto mesi dell’anno per ogni singolo comune. Il dato aggregato a livello provinciale ha per­ messo di calcolare la variazione percentuale tra i primi otto mesi del 2020 e la media dei cinque anni precedenti.

L’indagine inoltre fa risaltare come le grandi metropoli non riescono ad avere risultati po­ sitivi. Milano, certamente ferita dal COVID­ 19, peggiora la sua situazione di classifica passando dalla ventinovesima alla quaranta­ cinquesima posizione, mentre Roma si atte­ sta al cinquantesimo posto ma in netto miglioramento rispetto al 2019, quando oc­ cupava la settantanovesima piazza. Male To­ rino (dal 49esimo al 64esimo posto), mentre Napoli addirittura occupa la posizione 103.

Risultati che evidenziano come la qualità di vita nelle grandi aree metropolitane viene giudicata insufficiente.

In un anno veramente difficile per il turismo

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settore di analisi, troviamo Siena al primo posto, che si conferma ai vertici, seguita da Rimini e Aosta, mentre Crotone è fanalino di coda, evidenziando una questione meridio­ nale sulla qualità di vita. I dati evidenziano che la qualità della vita del sessanta per cento circa delle persone che vivono al Me­

rito tra i parametri l’indice dei casi Covid ri­ levati ogni mille abitanti, per testimoniare come la diffusione dei contagi ha esercitato una pressione differente sui sistemi sanitari, sulle vite e sulla quotidianità delle persone.

La classifica generale premia Bologna, al primo posto, che traina un po’ tutte le pro­ vince dell’Emilia Romagna, di cui ben cinque su nove s’incontrano tra le prime venti.

A essere penalizzato è soprattutto il Nord, dove si registra la diffusione più elevata del virus in rapporto alla popolazione residente.

Le province lombarde hanno segno negativo, in peggioramento rispetto allo scorso anno, ad eccezione di Sondrio e Mantova. Colpita anche Milano ­ vincitrice sia nel 2018 sia nel 2019 ­ che perde 11 posizioni, dove cui pesa il crollo del Pil pro capite in base alle stime 2020, ma anche il nuovo indicatore sullo spa­ zio abitativo medio a disposizione (con una media di 51 mq per famiglia).

ridione è al di sotto di livelli accettabili, quindi hanno una qualità della vita conside­ rata decisamente non sufficiente. È possibile visualizzare i dati completi del Rapporto su: https://static.italiaoggi.it/content_upload/d oc/2020/11/202011121444484615/Qvd202 0.pdf I risultati de Il Sole24Ore

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Dall’ultima settimana di febbraio gli italiani sono stati investiti da un calvario di informa­ zioni su contagi, decessi, affetti spezzati, re­ lazioni sociali sospese, mobilità inceppata, attività economiche a rischio, posti di lavoro bruciati. Tra lockdown e quarantene come si misura la qualità della vita? La 31esima inda­ gine del Sole 24 Ore sul benessere nei terri­ tori parte proprio da questo interrogativo.

L’obiettivo dell’indagine – che analizza 90 in­ dicatori, per la maggior parte (circa 60) ag­ giornati al 2020 in base agli ultimi dati disponibili – è raccontare come la pandemia da coronavirus ha impattato in modo diffe­ rente sui territori. Per misurare l’emergenza sanitaria in corso, innanzitutto, è stato inse­

Dal consueto check­up annuale sullo stato di “salute” dei territori italiani emerge un altro trend: la crisi penalizza le aree metropolitane più turistiche, come Venezia (33ª, in calo di 24 posizioni), Roma (32ª, ­14), Firenze (27ª, ­12) oppure Napoli (92ª, ­11). E della man­ canza di turisti risentono anche le località di mare: peggiorano le province di Puglia e Sar­ degna (fatta eccezione per Cagliari e Foggia), Rimini (36ª, perde 19 posizioni rispetto allo scorso anno), Salerno, Siracusa e Ragusa. In controtendenza solo la Liguria, tutta in mi­ glioramento, dove addirittura Genova (19ª) celebra la riapertura dopo il crollo del ponte Morandi recuperando 26 posizioni. Resi­ stono, invece, le province dell’arco alpino (a partire da Bolzano e Trento: salde sul podio, al 2° e 3° posto), ma gli effetti della seconda ondata di contagi, partita a ottobre 2020, e le restrizioni alla stagione invernale non sono ancora misurabili.

L’analisi dei dati territoriali 2020 presenti nella Qualità della vita permette di rilevare i divari esistenti nel paese sul fronte dell’evo­ luzione digitale, che ha registrato una spinta senza precedenti e rappresentato un’àncora di salvezza per tanti settori, diventando un asset sempre più importante per il futuro. La geografia dell’Italia digitale, però, non è per niente scontata. E l’arrivo del virus non ha trovato tutti pronti allo stesso modo. Tra i primati si rileva Firenze, premiata dall’indice di trasformazione digitale elaborato dal Forum Pa, mentre Viterbo è in testa per il nu­

mero di Spid erogate ogni mille abitanti, Monza per la quota di enti pubblici che si af­ fidano alla piattaforma unica Pago Pa e, in­ fine, Milano per l’incidenza di imprese che fanno e­commerce sul totale. La distanza tra le prime e le ultime in queste dieci pagelle fa emergere i gap da colmare.

A emergere è la crisi economica e sociale, per ora tenuta a bada da ammortizzatori, contributi e ristori statali: il Reddito di citta­ dinanza, per esempio, aumenta nelle grandi metropoli e al Sud. A Milano, dove gli assegni sono poco meno di 13 ogni 1.000 abitanti, tra dicembre 2019 e agosto 2020 ne sono stati emessi il 40,3% in più. A Napoli e Pa­ lermo si tocca quota 49 e 51,5 contributi ogni 1,000 abitanti, in salita del 36% e del 33,2 per cento. Alcune aree hanno incre­ mentato la spesa sociale per rispondere a bi­ sogni come l’assistenza domiciliare e il trasporto di anziani e disabili. Lo rilevano i primi dati comunicati alla banca dati Siope (anche se bisognerà aspettare i bilanci con­ suntivi): Bologna registra un aumento pro ca­ pite del 53,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Il dinamismo imprenditoriale, poi, caratte­ rizza alcuni territori più inclini a cogliere le opportunità anche nella pandemia. In parti­ colare, a Lecco (+30,77%), Prato (+29,69%), Brindisi (+26,61%), e Matera (+26,23%) sono aumentate le imprese che fanno e­com­ merce, mentre il boom di start up si registra a Imperia (+200%) , Viterbo (+66,67%), Arezzo (+54,55%) e Siena (+50%). È ancora forse troppo presto, invece, per

tracciare un quadro affidabile delle attività più colpite dal Covid­19, alcune delle quali sono tuttora chiuse o fortemente limitate e molte delle quali hanno percepito ristori eco­ nomici dallo Stato: dalle librerie ai ristoranti (anche mobili), passando per bar e palestre.

I dati raccontano cosa sta cambiando, ma i bilanci sull’impatto della pandemia sono an­ cora prematuri. Per il momento sembra che la crisi stia colpendo soprattutto i territori che tradizionalmente occupano la parte più alta della graduatoria ma senza riuscire a tra­ scinarli sul fondo. Come se quello che sta succedendo non riuscisse a schiacciare tutto il resto, i livelli di benessere acquisiti e le op­ portunità che i territori offrono ai cittadini. Il Sud, infatti, resta fermo nella parte bassa della classifica, con i sui problemi di sempre.

Quest’anno, per la prima volta, tutti i 90 in­ dicatori, cioè i dati alla base dei punteggi at­ tribuiti dalla redazione, e i trend relativi ai 25 parametri utilizzati per raccontare l’effetto del Covid sui territori saranno accessibili e scaricabili online in una pagina GitHub del Sole 24 Ore, e riutilizzabili dalla comunità di cittadini, ricercatori, media e decisori. Si tratta di dati raccolti da fonti istituzionali o forniti alla redazione da realtà certificate. In un momento come questo, porre i dati al centro delle decisioni può essere utile per orientare le scelte, non solo in ambito sani­ tario. È possibile visualizzare i dati completi del Rapporto su: https://lab24.ilsole24ore.com/indice­della­ salute/

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IL RAPPORTO CENSIS: IL SISTEMA-ITALIA? UNA RUOTA QUADRATA CHE NON GIRA L’ANALISI ANNUALE DELLA FONDAZIONE CENSI NELL’ANNO DELLA PAURA NERA: L’EPIDEMIA HA SQUARCIATO IL VELO SULLE VULNERABILITÀ STRUTTURALI DEL NOSTRO PAESE di Ketty Vaccaro, Direttore Welfare Fondazione CENSIS Giunto alla 54a edizione, il Rapporto Censis, presentato il 4 Dicembre dello scorso anno nella sede del CNEL, interpreta i più signifi­ cativi fenomeni socio­economici del Paese nella fase di eccezionale incertezza che stiamo vivendo. In particolare nella seconda parte “La società italiana al 2020” sono af­ frontati i temi di maggiore interesse emersi nel sistema­Italia nell’”anno della paura nera”, poi approfonditi nei capitoli settoriali.

L’immagine che sintetizza in modo lapidario la situazione del paese è quella della “ruota quadrata che non gira”. Il sistema­Italia avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti. Nell’anno terribile della pandemia il nostro modello individua­ lista è stato nei fatti il più grande alleato del virus, che si è inserito prepotentemente in un contesto caratterizzato da problemi so­ ciali atavici, connuove conseguenze delle no­ stre difficoltà storiche, dalla rissosità della politica e ai conflitti interistituzionali. Se, da una parte, queste difficoltà sono state offu­ scate dalla paura e dalla situazione di al­ larme, dall’altra, proprio l’impatto della epidemia ha finito per squarciare il velo, mettendo a nudo tutte le debolezze del no­ stro sistema, che per di più rischiano di es­ sere enfatizzate dall’emergenza.

La narrazione della esperienza che gli italiani hanno vissuto in questo anno è profonda­ mente segnata da questa esperienza inedita.

Anche qui, grazie ad una immagine, il Censis ha dato conto delle vite a sovranità limitata degli italiani, che hanno fatto una scelta precisa: “meglio sudditi che morti”. A fronte

di una maggioranza pari al 73,4% di italiani che indica nella paura dell’ignoto e nell’ansia conseguente il sentimento più diffuso, a pre­ valere è una tensione verso la securizzazione che ha prodotto una relazionalità amputata e un crollo verticale della socialità. Lo Stato diventa così il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo: • il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, lasciando al Governo le decisioni su quando e come uscire di casa, su cosa è autorizzato e cosa non lo è, sulle persone che si possono incontrare, sulle li­ mitazioni alla mobilità personale; • il 38,5% è pronto a rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, accettando limiti al diritto di sciopero, alla li­ bertà di opinione e di iscriversi a sindacati e associazioni. È una popolazione spaventata e dolente, in­ decisa tra risentimento e speranza, su cui davvero appare prevalere il sentimento della paura che si registra anche nei confronti dell’Altro: • il 77,1% chiede pene severe per chi non in­ dossa le mascherine di protezione delle vie respiratorie, non rispetta il distanziamento sociale o i divieti di assembramento; • il 76,9% è convinto che chi ha sbagliato nel­ l’emergenza, che siano politici, dirigenti della sanità o altri, deve pagare per gli errori com­ messi; • il 56,6% chiede addirittura il carcere per i contagiati che non rispettano rigorosamente le regole della quarantena ed il 31,2% non vuole che vengano curati (o vuole che ven­ gano curati solo dopo, in coda agli altri) co­

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loro che, a causa dei loro comportamenti ir­ responsabili, si sono ammalati; • per il 49,3% dei giovani è giusto che gli an­ ziani vengano assistiti solo dopo di loro.

Tra antichi risentimenti e nuove inquietudini e malcontenti, persino una misura indicibile per la società italiana come la pena di morte torna nella sfera del praticabile: a sorpresa, quasi la metà degli italiani (il 43,7%) è favo­ revole alla sua introduzione nel nostro ordi­ namento (e il dato sale al 44,7% tra i giovani).

Anche le prospettive sul futuro prossimo non sono particolarmente positive. Non andrà tutto bene: il 44,8% degli italiani è convinto che usciremo peggiori dalla pande­ mia (solo il 20,5% crede che questa espe­ rienza ci renderà migliori).

D’altra parte, uno dei suoi esiti più proble­ matici è proprio l’ampia frattura, forse mai così evidente, tra i garantiti e i non garantiti.

Per l’85,8% degli italiani la crisi sanitaria ha confermato che la vera divisione sociale è tra chi ha la sicurezza del posto di lavoro e del reddito e chi no.

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Su tutti, i garantiti assoluti, i 3,2 milioni di di­ pendenti pubblici. A cui si aggiungono i 16 milioni di percettori di una pensione, una larga parte dei quali ha fornito un aiuto eco­ nomico a figli e nipoti in difficoltà: un «silver welfare» informale.

Dall’altra parte, le sabbie mobili del settore privato: vive con insicurezza il proprio posto di lavoro il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese, per i quali la discesa agli inferi della disoccupazione non è un evento remoto,

contro un più contenuto 28,6% degli addetti delle grandi aziende. C’è quindi la falange dei più vulnerabili: i dipendenti del settore pri­ vato a tempo determinato e le partite Iva. C’è poi l’universo degli scomparsi, quello dei lavoretti nei servizi e del lavoro nero, stima­ bile in circa 5 milioni di persone che hanno finito per inabissarsi senza fare rumore.

Ma c’è anche un nuovo gruppo di vulnerati inattesi: gli imprenditori dei settori schian­ tati, i commercianti, gli artigiani, i professio­ nisti rimasti senza incassi e fatturati. Nel magmatico mondo del lavoro autonomo, solo il 23% ha continuato a percepire gli stessi redditi familiari di prima del Covid­19.

Se il grado di protezione del lavoro e dei red­ diti è la chiave per la salvezza, allora quasi il 40% degli italiani oggi afferma che, dopo l’epidemia, avviare un’impresa, aprire un ne­ gozio o uno studio professionale è un az­ zardo e ‒ nel Pese dell’autoimprenditorialità ‒ solo il 13% lo considera ancora una oppor­ tunità.

L’impatto devastante ha attivato politiche emergenziali di sostegno producendo una bonus economy fatti dai mille volti dei sus­ sidi ad personam: a ottobre i sussidi erogati dall’Inps coinvolgevano una platea di oltre 14 milioni di beneficiari, con una spesa su­ periore a 26 miliardi di euro. È come se a un quarto della popolazione italiana fossero stati trasferiti in media quasi 2.000 euro a testa. La valutazione positiva dei bonus è molto alta tra i giovani (83,9%), più che tra gli anziani (65,7%). Per questi ultimi è un meccanismo che può generare dipendenza

(25,1%) e rischia di mandare fuori controllo il debito pubblico (18,1%). E soprattutto solo una minoranza (17,6%) dei titolari di impresa ritiene che le misure di sostegno saranno sufficienti a contrastare le conseguenze eco­ nomiche dell’emergenza.

Nel clima imperante di paura si è assistito all’aumento del cash cautelativo delle fami­ glie. Nel secondo trimestre il Pil è franato del 18% in termini reali rispetto all’anno scorso, i consumi delle famiglie del 19,2%, gli inve­ stimenti del 22,9%, l’export del 31,5%. Poi il rimbalzo congiunturale nel terzo trimestre ha attutito il colpo. Ma rispetto al dicembre 2019, nel giugno 2020 la liquidità delle fami­ glie (contante e depositi a vista) ha registrato un incremento di 41,6 miliardi di euro (+3,9% in sei mesi) e ora supera i 1.000 miliardi. La corsa alla liquidità è evidente nel parallelo crollo delle risorse riversate in azioni (­63,1 miliardi nello stesso periodo, ­6,8%), obbli­ gazioni (­11,2 miliardi, ­4,6%), fondi comuni (­23,1 miliardi, ­5%). La liquidità pesava per il 32,9% del portafoglio finanziario degli ita­ liani nel giugno 2019 ed è arrivata al 34,5% nel giugno 2020. Il 66% degli italiani si tiene pronto a nuove emergenze adottando com­ portamenti cautelativi: mettere i soldi da parte ed evitare di contrarre debiti. Anche perché il 75,4% giudica insufficienti o tardivi gli aiuti dello Stato.

Alcune categorie hanno pagato un prezzo particolarmente alto. Prima di tutto le donne e i giovani, ma anche lavoratori autonomi ed in particolare alcune categorie di liberi pro­ fessionisti: • nel terzo trimestre del 2020, rispetto al­

l’anno scorso, sono già 457.000 i posti di la­ voro persi da giovani e donne, il 76% del to­ tale dell’occupazione andata in fumo (605.000 posti di lavoro); • inoltre, nel secondo trimestre dell’anno i gio­ vani di 15­34 anni risultavano particolar­ mente colpiti in alcuni settori: alberghi e ristorazione (sono più della metà dei 246.000 occupati in meno nel settore ri­ spetto allo stesso periodo dell’anno prece­ dente), industria in senso stretto (­80.000), attività immobiliari, professionali e servizi alle imprese (­80.000), commercio (­56.000); • anche rispetto alla possibilità di resistere alla perdita del lavoro donne e giovani rappre­ sentano di segmenti più svantaggiato. Al se­ condo trimestre 2020, il tasso di occupazione, che per gli uomini raggiungeva il 66,6%, presentava un divario di oltre 18 punti a sfavore delle donne. Nella classe di età 15­34 anni solo 32 donne su 100 risul­ tano occupate o in cerca di una occupazione.

Per le donne di 25­49 anni il tasso di occupa­ zione è del 71,9% tra quelle senza figli, solo del 53,4% tra quelle con figli in età pre­sco­ lare.

Ma problematico si è rivelato anche il fronte delle libere professioni: poco meno di 4 mi­ lioni di lavoratori indipendenti hanno avuto accesso all’indennità di 600 euro. 1,4 milioni di commercianti, 1,2 milioni di artigiani e circa 300.000 coltivatori diretti e altre figure impegnate nelle attività agricole rappresen­ tano tre quarti del totale dei beneficiari (circa 3 milioni) che hanno potuto ottenere una compensazione della perdita di reddito nel corso dell’emergenza. La spesa comples­

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siva per queste categorie si aggira intorno a 1,7 miliardi di euro, poco meno del 74% del totale di 2,3 miliardi. Nelle libere professioni e nell’area degli iscritti alla gestione separata dell’Inps – un totale di circa 2,5 milioni di li­ beri professionisti e collaboratori – un mi­ lione è risultato beneficiario dell’indennità di 600 euro. Vi hanno avuto accesso 38 iscritti alle Casse su 100 e il 42% degli iscritti alla ge­ stione separata dell’Inps. Queste cifre danno conto dell’area del disagio che ha colpito le libere professioni. Dei professionisti con Cassa hanno avuto accesso al Reddito di ul­ tima istanza il 60% dei geometri, il 59% degli architetti e ingegneri, il 57% degli avvocati, il 56% dei veterinari, il 55% degli psicologi, il 40% dei consulenti del lavoro e il 38% dei commercialisti.

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Tra gli effetti economici della pandemia, la stragrande maggioranza degli italiani (90,2%) segnala poi il peggioramento delle situa­ zioni di maggiore vulnerabilità ed anche un aumento delle diseguaglianze sociali, in un paese in cui sono una ristrettissima mino­ ranza coloro che dichiarano un reddito che supera i 300.000 euro l’anno (40.949 gli ita­ liani, pari a allo 0,1% del totale dei dichia­ ranti, con una media di 606.210 euro pro capite), mentre sono 1.496.000 le persone con una ricchezza che supera il milione di dollari (circa 840.000 euro), pari al 3% degli italiani adulti, ma possiedono il 34% della ric­ chezza del Paese.

Il meccanismo fortemente penalizzante, in cui nuove vulnerabilità s’innestano su quelle strutturali, è stato particolarmente

evidente proprio nel settore cruciale della sanità.

Dopo gli anni d’inesorabili tagli alla spesa che hanno inevitabilmente reso più fragile il si­ stema, non solo a livello strutturale ma anche sul fronte della disponibilità del per­ sonale, la pressione subita dai servizi è stata enorme, ma il nostro sistema sanitario ha reagito con forza alla minaccia sconosciuta e non prevista della epidemia da Corononavi­ rus, rilevando prima di tutto la straordinaria capacità ed abnegazione delle sue risorse umane ma anche modalità di adattamento organizzativo celeri ed inimmaginate, come quelle legate all’ampliamento straordinario delle terapie intensive. Sotto la spinta dram­ matica del susseguirsi di nuovi contagiati in gravi condizioni, infatti, a maggio i posti letto di terapia intensiva erano passati dagli 8,7 per 100.000 abitanti della fase precedente al Covid­19 a 15,3.

Tuttavia, mentre la riorganizzazione in am­ bito ospedaliero, che ha riguardato non solo le terapie intensive ma anche la predisposi­ zione di strutture e percorsi dedicati ai malati di Coronavirus, è stata veloce e trasversale alle regioni, ben diversa è stata la situazione sul fronte dell’assistenza territoriale, in cui si è pagato il prezzo dei gravi ritardi e delle forti differenze regionali nello sviluppo della me­ dicina del territorio e dei servizi per la croni­ cità. Una rete di servizi territoriali rodata e funzionante ha garantito, nelle zone in cui era presente, una maggiore capacità di mo­ nitoraggio e cura ai pazienti Covid a domici­ lio, contribuendo in modo determinante alla

riduzione del drammatico sovraffollamento degli ospedali e dei reparti ad alta intensità di cura.

Anche nell’attivazione delle risposte imme­ diate all’emergenza sanitaria è emersa dun­ que una capacità differenziata di attivazione degli interventi e delle innovazioni necessa­ rie, che ha penalizzato in misura maggiore proprio l’ambito dei servizi territoriali.

Le diversità consolidate della sanità regiona­ lizzata hanno determinato situazioni forte­ mente differenziate anche sul fronte della capacità di continuare a garantire cura ed as­ sistenza agli “altri” malati, acuendo le diffe­ renze nell’accesso ai servizi ed alle opportunità di salute già ampiamente speri­ mentate dagli italiani. Una straordinaria op­ portunità di rilancio del sistema sanitario sta nella inedita disponibilità di risorse che non può essere sprecata, a fronte di una consa­ pevolezza ancor più profonda del valore di un sistema sanitario pubblico e ad accesso universale.

Emblematica è poi la questione cruciale della scuola, in cui le sperequazioni e l’esclusione sono risultate evidenti. In questa scuola degli esclusi, solo l’11,2% degli oltre 2.800 dirigenti scolastici intervistati dal Censis ha confermato di essere riuscito a coinvolgere nella didattica tutti gli studenti. Nel 18% degli istituti ad aprile mancava all’appello più del 10% degli studenti. Il 53,6% dei presidi sostiene che con la didattica a distanza non si riesce a coinvolgere pienamente gli stu­ denti con bisogni educativi speciali. Il 37,4% teme di non poter realizzare progetti per il

contrasto alla povertà educativa e per la pre­ venzione della dispersione scolastica. Tra gli oltre 800.000 studenti non italiani, i soggetti più a rischio sono le prime generazioni (circa il 47% del totale), che incontrano maggiori difficoltà per ragioni linguistiche e culturali.

C’è poi una tipologia di studenti per i quali la socialità che si instaura nelle aule scolastiche è insostituibile: gli alunni con disabilità (circa 270.000 persone solo nelle scuole statali) o con disturbi specifici dell’apprendimento (circa 276.000).

Nella analisi del Censis, infine, emergono al­ cune potenzialità, qualcosa che probabil­ mente resterà dopo lo stato d’eccezione, soprattutto con riferimento alle reti che ci hanno sostenuto.

La rete che più di tutte ha conosciuto una ri­ voluzione dei comportamenti individuali è stata internet. Secondo un’indagine del Cen­ sis, l’87% dei cittadini ha dichiarato di avere utilizzato nell’emergenza la connessione in­ ternet fissa a casa e che è stata sufficiente.

Meno del 10% ha lamentato una mancanza di banda adeguata. Gli upgrade a connes­ sioni più performanti sono stati limitati (7,4%). In oltre la metà dei casi è stata utiliz­ zata anche la connessione dati del telefono cellulare. Più del 70% dei cittadini ha dichia­ rato di possedere le competenze di base ne­ cessarie per svolgere tutte le attività online.

Però appare chiara una criticità: la genera­ zione più anziana è quella che per un terzo (il 32,6%) si autoesclude completamente dal mondo digitale.

Grazie alla rete però si sono mantenute una

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fitta rete di relazioni da remoto. Si può stimare che quasi 43 milioni di per­ sone maggiorenni (tra queste, almeno 3 milioni di novizi) siano rimaste in contatto con i loro amici e parenti grazie ai sistemi di videochiamata che uti­ lizzano internet. Il lockdown ha generato nuovi utenti e ha rafforzato l’uso della rete da parte dei soggetti già esperti. E’ vero però che almeno un quarto della popolazione a un certo punto è andata in sofferenza. Anche un terzo dei più giovani, dopo un iniziale entusiasmo nell’uso dei sistemi di comuni­ cazione digitale, si è stancato di fare e ricevere videochiamate.

A fronte della crisi dei centri storici, profondamenti colpiti dagli effetti del lockdown, seconde case e turismo di prossimità hanno conosciuto un pe­ riodo di significativa rivalutazione.

Nei mesi di luglio e agosto il volume complessivo del traffico passeggeri dei primi 20 scali aeroportuali del Paese ha registrato una diminuzione pari a circa il 69% rispetto allo stesso periodo del 2019. Il calo è stato del 44,4% per i voli nazionali e del 79,7% per i voli internazionali. La riscoperta delle seconde case è un altro elemento da rilevare. Secondo una indagine del Censis, il 24% degli italiani dispone di almeno un’altra abitazione collocata in un Comune diverso da quello di residenza. La quota di famiglie che hanno accesso a una seconda casa si attesta al 18% tra i nuclei di livello medio­basso e supera il 40% nelle famiglie di livello economico medio­alto. Il 34% delle famiglie di­ chiara di averne fatto nel 2020 un utilizzo maggiore che nel passato. La prin­ cipale motivazione è il maggiore senso di sicurezza (36%), poi la rinuncia forzata alle vacanze all’estero, una motivazione più diffusa tra i ceti medio­ alti (26%), e all’opposto l’esigenza di ridurre le spese non essenziali in una congiuntura difficile (il 22% nella fascia di reddito medio­basso).

Infine, nella valutazione delle prospettive future rimane da considerare l’opi­ nione degli italiani sulle istituzioni europee, che hanno assunto un ruolo centrale nella gestione della crisi sanitaria. Cosa prevarrà in questo caso, l’idea di una Europa casa comune o lo spettro del vincolo esterno? Solo il 28% degli italiani nutre fiducia nelle istituzioni comunitarie, a fronte di una media Ue del 43%: siamo ultimi nella graduatoria europea. La percezione delle istituzioni comunitarie nell’immaginario collettivo degli italiani resta però positiva per il 31%, è negativa per il 29%. Tuttavia, il 58% degli italiani si dice insoddisfatto delle misure adottate a livello comunitario per contrastare la crisi del Covid­19 (una percentuale superiore alla media Ue: 44%).

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Il 58% degli italiani si dice insoddisfatto delle misure dottate a livello comunitario per contrastare la crisi del Covid-19 (una percentuale superiore alla media Ue: 44%).

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Regions and Cities

at a Glance 2020 Focus Italia Il Rapporto annuale dell’OCSE fornisce una valu‐ tazione completa di come le regioni e le città dei Paesi membri stiano progredendo su aspetti le‐ gati allo sviluppo economico, alla salute, al benes‐ sere e all’ambiente. Alla luce della crisi sanitaria causata dalla pandemia COVID‐19, il rapporto analizza i fattori alla base della resilienza sociale, economica e ambientale.

Gli indicatori utilizzati sono: resilienza sociale nelle Regioni; disparità economiche regionali e anda­ mento della produttività; benessere nelle Regioni; transizione industriale nelle regioni; transizione verso l’energia pulita nelle regioni; caratteristiche, crescita e sostenibilità delle aree metropolitane.

La Lombardia e il Lazio hanno le maggiori poten­ zialità per il lavoro a distanza. La quota di posti di lavoro suscettibili di lavoro a distanza nelle regioni italiane varia da oltre il 35% in Lazio e Lombardia a meno del 25% in Basilicata. Tale differenza di­ pende dalle attività e compiti richiesti dalle diverse

occupazioni all’interno di ciascuna regione, i quali sono effettuabili in remoto in misura diversa. Il la­ voro a distanza richiede che gran parte della po­ polazione abbia accesso a connessioni Internet veloci ed efficienti. Tuttavia, queste ultime non sono uniformemente disponibili nel territorio ita­ liano. Con oltre il 75% degli edifici collegati alla rete, Liguria, Puglia, Lazio e Campania mostrano la più alta disponibilità di fibra ottica nelle grandi regioni in Italia.

L’invecchiamento della popolazione caratterizza maggiormente le province lontane dalle aree me­ tropolitane, soprattutto nell’Italia centrale. Il tasso di dipendenza degli anziani è aumentato in tutto il territorio italiano durante gli ultimi venti anni. Le province lontane dalle aree metropolitane mo­ strano il più alto tasso di dipendenza degli anziani (38%). In oltre il 30% delle province, ci sono tre o più anziani ogni cinque persone in età lavorativa nel 2019.

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I letti ospedalieri pro capite sono diminuiti dal 2000 praticamente in tutte le regioni e sono ora al di sotto della media OCSE. Diversamente dal­ l’inizio del millennio, I posti letto ospedalieri nel 2018 si attestano su li­ velli più bassi rispetto alla media OCSE. Le disparità regionali nella disponibilità di letti ospedalieri sono relativamente basse. L’Emilia Ro­ magna, la regione con più alta disponibilità, pre­ senta nel 2018 circa un letto ospedaliero in più per ogni 1000 abitanti rispetto alla Calabria, la regione con più bassa disponibilità.

I divari economici regionali sono leggermente au­ mentati dal 2000, in parte a causa della stagna­ zione delle Regioni meno sviluppate. Le differenze tra le regioni italiane in termini di PIL pro capite sono leggermente aumentate negli ultimi diciotto anni. Un generale declino delle regioni relativa­ mente meno sviluppate è alla base di tale au­ mento. Le disparità regionali tra le province rimangono al di sopra della mediana dei paesi OCSE, essendo il PIL pro capite nella provincia di Bolzano quasi tre volte il PIL pro capite della Cala­ bria. Con una crescita della produttività dello 0,3% annuo nel periodo 2000­18, Bolzano è la regione con il più alto livello di produttività nel 2018, men­ tre il Lazio, già regione di frontiera in termini di produttività in Italia, ha sperimentato un declino della produttività pressoché costante nel periodo considerato. Dalla crisi economica del 2008, le

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province lontane dalle aree metropolitane hanno aumentato il divario di produttività con le province metropolitane, mentre le province vicine a un’area metropolitana hanno leggermente ridotto il diva­ rio di produttività, sebbene con una tendenza in­ versa nel periodo più recente.

L’Italia mostra forti disparità regionali nella mag­ gior parte delle dimensioni del benessere, soprat­ tutto per quanto riguarda occupazione e senso della comunità. L’Italia presenta forti disparità di benessere regionali nella maggior parte delle di­ mensioni considerate. Le disparità regionali più marcate riguardano i tassi di disoccupazione e il reddito familiare. Con riferimento agli indicatori relativi al mercato del lavoro (tasso di occupazione e di disoccupazione), la Calabria si colloca nel 5% delle regioni OCSE con condizioni più sfavorevoli, mentre la provincia autonoma di Bolzano si col­ loca nel 25% di regioni a più alto benessere. Ri­ spetto ad altre regioni OCSE, la maggior parte delle regioni italiane ha migliorato la propria clas­ sifica relativa in termini di aspettativa di vita du­ rante le ultime due decadi e si trova ora nel 20% più longevo delle regioni OCSE, ad eccezione di Campania, Sicilia e Valle d’Aosta. Le regioni italiane con i più alti livelli di benessere si collocano al di sopra della media del 20% delle regioni OCSE in 4 indicatori di benessere su 13, in particolare in ter­ mini sicurezza e aspettativa di vita.

Tra il 2000 e il 2017, tutte le regioni italiane hanno registrato un calo della quota di occupazione ma­ nifatturiera. Con una riduzione di 8 punti percen­ tuali nella quota di occupazione nel manifatturiero (­2% annuo), il Piemonte ha registrato il calo mag­ giore. Tuttavia, in Piemonte la manifattura rappre­ senta ancora il 20% dell’occupazione totale.

Parallelamente alle tendenze dell’occupazione, il valore aggiunto (GVA) nel manifatturiero è dimi­ nuito in tutte le regioni italiane, con cali maggiori nelle regioni in cui la produzione ha un peso rela­ tivamente inferiore nell’economia regionale (Lazio, Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta).

Puglia, Lombardia, Sicilia, Abruzzo e Veneto pro­ ducono il 52% dell’elettricità italiana. Sette regioni italiane fanno ancora uso di carbone per la produ­ zione di elettricità. Nel 2017, Abruzzo e Lombardia hanno prodotto rispettivamente l’80% e il 30% della loro energia elettrica utilizzando fonti rinno­ vabili. Al contrario, Puglia e Lazio, che insieme rap­

Le aree edificate sono aumentate più rapida­ mente della popolazione nelle aree metropolitane del nord­est italiano. La superficie edificata pro ca­ pite è aumentata nelle aree urbane funzionali in Italia dal 2000, in particolare a Venezia e Padova, che sono anche le uniche aree metropolitane ita­ liane con livelli di superficie edificata pro capite superiori alla media OCSE delle aree metropoli­ tane. Milano è l’area metropolitana più ricca d’Ita­ lia e dal 2000 ha aumentato il divario di PIL pro capite con le altre aree metropolitane italiane, ed é anche tra il 26% più ricca delle aree metropoli­ tane OCSE con più di 500mila abitanti.

Qui il Rapporto completo e i dati navigabili: www.oecd.org/cfe/oecd­regions­and­cities­at­a­ glance­26173212.htm

presentano il 20% dell’elettricità in Italia, produ­ cevano ancora, rispettivamente, il 50% e il 25% della loro elettricità utilizzando il carbone. L’effi­ cienza della generazione di elettricità in termini di emissioni di CO2 è molto diseguale nelle regioni italiane. Nel 2017, la Puglia da sola rappresentava il 14% delle emissioni di CO2 dell’Italia dalla pro­ duzione di elettricità, mentre generava il 9% del­ l’elettricità del Paese.

Rispetto alla media OCSE, l’Italia ha una maggiore concentrazione di popolazione nelle città di pic­ cole e medie dimensioni. In Italia il 56% della po­ polazione vive in città con più di 50.000 abitanti e nelle rispettive aree di pendolarismo (aree urbane funzionali, FUA). Tale quota è inferiore di 19 punti percentuali rispetto alla media OCSE. La quota di popolazione nelle aree metropolitane oltre mezzo milione di abitanti è del 35%, contro il 60% del­ l’area OCSE.

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XXXVII ASSEMB

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BLEA NAZIONALE ANCI

L’Italia al passo dei

Sindaci

Dal 17 al 19 novembre 2020 si è tenuto, per la prima volta in modalità phygital, l’evento Assemblea Nazionale ANCI, giunto alla sua 37esima edizione. Un’edizione di successo, con numeri senza precedenti, resi possibili da una programmazione inedita, realizzata con determinazione e impegno.

L’appuntamento annuale più prestigioso dell’Associazione coinvolge sindaci, ammini­ stratori e rappresentanti del mondo politico, istituzionale e imprenditoriale: un focus di dialogo tra i principali attori del mondo delle imprese e delle istituzioni, per un confronto costruttivo sui principali temi d’interesse per gli enti locali. Si articola in tre giorni di lavori in sala plenaria durante i quali sindaci, rap­ presentanti del Governo, delle Istituzioni e del mondo dell’imprenditoria, dialogano su tutti i temi cari agli enti locali. In parallelo ai lavori della plenaria le aziende hanno la pos­ sibilità di organizzare seminari, workshop ed eventi di formazione dedicati alle temati­ che di interesse per la PA. La stretta collaborazione tra mondo delle istituzioni e mondo produttivo, emersa con forza durante l’emergenza coronavirus, ha di­ mostrato come questa connessione debba rimanere costante anche in futuro e debba fondarsi da un lato su un tessuto forte e ro­ busto di scambi reali e concreti, dall’altro sulla ricerca continua di soluzioni innovative che facciano fronte al futuro che ci aspetta. È proprio dai territori che si deve ripartire per affrontare gli impatti della pandemia e rispondere alle sfide di un’Italia da rico­ struire. In questo momento più che mai, si avverte il “bisogno di esserci”, da parte di Sindaci e Amministratori locali d’Italia, e di far sentire la voce dei territori e delle comu­ nità, affinché nessuno rimanga indietro.

Anche Health City Institute ha organizzato un side event in occasione dell’Assemblea ANCI, dedicato alla “Salute nelle città bene co­ mune”, cogliendo l’occasione per dare diffu­ sione alla Lettera Aperta che, dal 2017, ogni anno rivolge ai Sindaci e alle Istituzioni ita­ liane “perché le città italiane siano sosteni­ bili, verdi e salutari”.

La pandemia globale ha rivelato le fragilità a livello mondiale del modello attuale di pro­ duzione e consumo, fondato in prevalenza su globalizzazione, poco accorta gestione delle risorse naturali, delocalizzazione delle pro­ duzioni, disconnessione frequente con i ter­ ritori e le comunità per la realizzazione di obiettivi a corto raggio. Ha messo in luce un approccio allo sviluppo che trova fonda­ mento nell’idea di una crescita illimitata a detrimento della qualità della vita e del ca­ pitale naturale e sociale delle comunità, in un quadro di crescente impatto ambientale.

Le città consumano oltre il 75% delle risorse naturali, producono oltre il 50% di rifiuti glo­ bali ed emettono tra il 60 e l’80% di gas a ef­ fetto serra.

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In occasione della XXXVII Assemblea nazionale ANCI perché le citta italiane siano sostenibili, verdi e salutari Ai Ai Ai Ai Ai

Signori Membri del Governo Senatori e ai Deputati del Parlamento Signori Presidenti di Regione e Province Signori Sindaci dei Comuni Rettori delle Universita italiane e ai Presidenti dei centri di ricerca nazionali

Entro il 2050 quasi due terzi della popolazione mondiale vivranno nelle citta , secondo la stima contenuta nel World Urbanization Prospects dell’OMS. Oggi sappiamo che le citta occupano solo il 2% della superficie terrestre del Pianeta, ma che ospitano gia piu della meta della popolazione mondiale e generano oltre l’80% di tutta la produzione economica.

Una sfida impegnativa e di alto profilo per governi, decisori politici, sindaci, accademici ed esperti finalizzata alla sostenibilita sociale, ambientale ed economica delle citta del futuro.

Un’opportunita unica per riconnettere ambiente, economia e societa che riguardera anche il nostro Paese, chiamato a rendere le proprie citta modelli di sviluppo sostenibile e di promozione della salute pubblica, centri nodali di bioeconomia circolare.

La pandemia globale ha rivelato le fragilita a livello mondiale del modello attuale di produzione e consumo, fondato in prevalenza su globalizzazione, poco accorta gestione delle risorse naturali, delocalizzazione delle produzioni, disconnessione frequente con i territori e le comunita per la realizzazione di obiettivi a corto raggio, mettendo in luce un approccio allo sviluppo che trova fondamento nell’idea di una crescita illimitata a detrimento della qualita della vita e del capitale naturale e sociale delle comunita in un quadro di crescente impatto ambientale1. Le citta consumano oltre il 75% delle risorse naturali, producono oltre il 50% di rifiuti globali ed emettono tra il 60 e l’80% di gas a effetto serra.

Bisogna quindi ripensare al sistema e alle logiche tramite cui oggi le citta sono gestite, per assicurare un futuro migliore a tutti noi e alle generazioni future.

Bisogna porre al centro il benessere della collettivita perseguendo un modello di citta circolare per le citta italiane.

Come richiama il Documento sulla Strategia Nazionale per la Bioeconomia approvato nel 2019 e recentemente trasformato in Action Plan per l’Italia, “la bioeconomia e uno dei pilastri dell’economia italiana, con il 13% del fatturato e dell’occupazione nazionale, e il nostro Paese vanta una lunga esperienza di rigenerazione delle risorse dei territori attraverso un’agricoltura di qualita e a basso impatto, che valorizza il capitale relazionale delle comunita , attraverso virtuose collaborazioni e partnership tra soggetti del mondo pubblico, privato, della societa civile per la realizzazione di progetti in grado di rigenerare i territori e il suolo degradati. Con un fatturato annuo di 330 miliardi di euro e 2 milioni di dipendenti, la bioeconomia sostenibile italiana e la terza in Europa”.

Alla luce di questi dati, la bioeconomia circolare delle citta puo rappresentare lo strumento fondante di un nuovo percorso di ripartenza post COVID-19 e di crescita sostenibile, resiliente e coerente con gli obiettivi del Green Deal.

1http://cnbbsv.palazzochigi.it/media/2019/bioeconomiacircolare_ripresapaese_cnbbsv-flg.pdf

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Allo stesso tempo, Sindaci e Amministratori locali hanno acquisito maggiore consapevo­ lezza del ruolo che possono svolgere in tema di organizzazione dei bisogni, prevenzione e promozione di politiche pubbliche per la sa­ lute. Da Genova a Bari, da Torino a Roma, da Bologna a Milano, le testimonianze di Sindaci e Assessori del periodo più duro e inatteso così come delle misure messe in atto hanno rappresentato prove concrete della capacità di reazione e resilienza delle città metropoli­ tane alle sfide poste dall’urban health.

L’evento ha altresì ospitato la testimonianza delle esperienze di consolidati network inter­ nazionali, come CCD e C40, e la discussione sull’opportunità di plasmare figure professio­ nali in grado di governare la complessità. In­ fine, raccogliendo le esperienze e le narrazioni, ha voluto indagare quali possano essere nuovi modelli gestionali e organizzativi della salute nei contesti urbani, in grado di rapportarsi nella dinamica orizzontale delle relazione con il cittadino e la popolazione e di confrontarsi in maniera sinergica e interope­ rativa con i diversi livelli di governo della sa­ lute.

Successivamente, il 10 e 15 dicembre si sono tenuti due webinar dedicati alla salute nelle città, con il coinvolgimento delle ANCI regio­ nali di Lazio e Lombardia, per approfondire più da vicino le realtà dei Comuni coinvolti nelle reti metropolitane di Roma e Milano, città partner Cities Changing Diabetes, in­ sieme a tutti i Comuni della Regione. Le Asso­ ciazioni regionali si sono impegnate, a conclusione dei lavori, a sottoscrivere l’Urban Diabetes Manifesto come segno tangibile dell’attenzione verso la crescente domanda di salute e della responsabilità nei confronti dei cittadini e delle comunità che rappresentano.

Bisogna quindi ripensare al sistema e alle lo­ giche tramite cui oggi le città sono gestite, per assicurare un futuro migliore a noi e alle ge­ nerazioni future, ponendo al centro il benes­ sere della collettività e perseguendo un modello di città circolare per le città italiane.

Le città, infatti, indipendentemente dalla loro dimensione, non sono solo al centro della transizione energetica, ma possono esserne il motore, attraverso la digitalizzazione, la ri­ qualificazione urbana e la realizzazione di im­ pianti di energia elettrica da fonti rinnovabili, promuovendo la loro integrazione nel territo­ rio a beneficio di tutta la collettività.

Innovazione, ricerca, collaborazione, solida­ rietà, consapevolezza ambientale e impegno politico devono guidare il cambiamento nelle nostre città rendendole sostenibili, verdi e sa­ lutari, autentiche città circolari.

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Fondazione SportCity: taglio del nastro per ilnuovo progetto il

Realizzata per l’occasione una ricerca dall’Istituto Piepoli: degli intervistati svolgerà in futuro attività sportiva all’aperto

70%

Si è svolta lo scorso 9 febbraio 2021, in modalità web­conference in ottemperanza agli attuali pro­ tocolli anti Covid­19, la presentazione della Fon­ dazione SportCity, una realtà che nasce con l’intento di promuovere, diffondere, supportare la cultura sportiva in Italia, lavorando sulla forma­ zione, sulla divulgazione scientifica, sulla ricerca e offrendo le sue competenze a servizio di pub­ bliche amministrazioni, enti e realtà private. Alla presenza di ospiti d’eccezione del panorama spor­ tivo, politico e istituzionale italiano sono stati in­ trodotti, dal Presidente Fabio Pagliara, temi, percorsi, modalità di attivazione, protagonisti di un percorso che ha l’ambizione di diventare punto di riferimento per la ricerca e la progetta­ zione in ambito sportivo, sociale, urbano e d’in­ novazione per le città italiane.

Fondazione SportCity è infatti un hub indipen­ dente, apartitico e no profit, in grado di trovare risposte all’urgente necessità di studiare percorsi sportivi impattanti rispetto al benessere nelle città e alla qualità di vita dei cittadini, nonché di progettare interventi di rigenerazione urbana sportiva, capaci di valorizzare elementi quali tec­ nologia e sostenibilità, due grandi alleati dello sport di domani. Le attività della Fondazione ri­ volte alle istituzioni riguarderanno quindi esempi di sviluppo di partnership e alleanze per lo sport e per le città, ricerca di soluzioni mirate al benes­ sere dei cittadini e alle politiche sociali attraverso lo sport, la creazione di network fra le città per lo sviluppo dello sport in ambito urbano, piani di va­ lorizzazione dei luoghi dello sport anche in ottica di rigenerazione urbana. Una realtà costituita da un gruppo di professionisti che si sono distinti nel proprio campo di appartenenza e che lavorano a titolo puramente personale e pro bono per fare proposte attuali, pratiche e d’impatto che per­ mettano di individuare le priorità sulle quali agire

in tema di sport nelle città.

Un lavoro, quello dedicato alla costruzione di città a misura di sport, tanto più urgente quanto più supportato dalle esigenze emerse, nel contesto pandemico, da parte degli italiani. Una ricerca dell’Istituto Piepoli, realizzata per l’occasione dal Vicepresidente Livio Gigliuto, rivela che, senza ri­ levanti scostamenti a livello geografico e anagra­ fico, il 70% degli intervistati svolgerà in futuro attività sportiva e motoria prevalentemente al­ l’aperto. Un fenomeno diffuso omogeneamente su tutto il territorio nazionale, quindi, da nord a sud, dai 18 agli over 55, già emerso con l’inizio della pandemia, quando il 47% del campione in­ tervistato ha dichiarato di aver continuato a svol­ gere attività fisica e il 32% di essi lo ha fatto all’aria aperta.

“Le SportCity, da oggi, non sono più un’idea, un sogno da visionari, una serie di slogan da adat‐ tare all’approccio anarchico delle Città al tema della salute e dello sport urbano” ha dichiarato Fabio Pagliara, presidente della Fondazione Spor­ tCity “la nascita di un comitato promotore che porterà alla costituzione di una Fondazione Spor‐ tCity è un segnale al mondo dello sport e delle Isti‐ tuzioni, come ai decisori politici locali: la promozione dell’attività fisica e gli interventi di trasformazione urbana non possono vivere di buona volontà e improvvisazione, ma si deve la‐ vorare a interventi organici e strutturati, conce‐ pendo lo sport come strumento concreto di politiche trasversali per il benessere dei cittadini.

Piazze, parchi, lungomare e spazio urbano sono una tela alla quale dare colore e vita. La tavolozza ideale saremo noi con la nostra Fondazione, pro‐ muovendo iniziative, suggerendo soluzioni e stru‐ menti per raggiungerle. La sfida delle Città (e dei cittadini) felici è appena cominciata”.

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“L’esperienza e il contributo di ciascuno di noi sono esaltati con il battesimo di Fondazione Spor‐ tCity” ha sottolineato Roberto Pella, Vicepresi­ dente Vicario Anci e Presidente dell’intergruppo parlamentare Qualità di vita nelle città “un’idea che, tuttavia, prende le mosse da lontano, da tanti ragionamenti e confronti che abbiamo con‐ diviso insieme. Sono felice, come delegato sport di ANCI, che i Comuni potranno beneficiare sia della progettazione sia della realizzazione di tante opere e idee al servizio di una visione complessiva di sport di cittadinanza.”

“Oggi c’è un grande tema di attualità, non solo le‐ gato alla pandemia.” ha dichiarato in un suo video contributo Giovanni Malagò, Presidente del CONI “Si tratta delle difficoltà sociali, presenti in tutto il territorio urbano, non solo nelle perife‐ rie. Bisogna ripensare l’utilizzo degli spazi, atti‐ vare una dinamica d’interventi che veda la collaborazione fra i comuni e figure competenti nel settore: investire sullo sport in rapporto alla crescita sociale. Non parlo solo d’impiantistica, ma di organizzazione del sistema sportivo a tutti i livelli. Penso che oggi ci sia un grande spazio in questo senso e il CONI è felice di sostenere la na‐ scita di una realtà che può portare, in questo, grande contributo”.

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Soddisfatto di questo nuovo inizio anche Luca Pancalli, Presidente Comitato Italiano Paralim­ pico, che ha dichiarato: “Guardo alla Fondazione come alla scesa in campo di un altro giocatore che porterà valore aggiunto in quell’ideale rettan‐ golo di gioco in cui si muovono tanti uomini e donne, organizzazioni sportive, che lavorano quo‐ tidianamente per promuovere lo sport, ritenuto correttamente un importante pezzo delle politiche pubbliche per far crescere il paese. Credo ferma‐ mente che lo sport sia uno straordinario stru‐

mento per investire non solo sul capitale umano di questo paese, ma anche per favorire l’inclu‐ sione, l’integrazione, la crescita culturale, socia‐ lizzazione, un movimento virtuoso che aiuti anche le comunità territoriali a crescere”.

Vito Cozzoli, Presidente Sport e Salute, nel por­ tare il suo saluto ha ricordato che “Viviamo una fase storica di incredibili cambiamenti, il Covid 19 ha accelerato una transizione in atto, anche nel mondo sportivo e dobbiamo essere in grado di governare il cambiamento, progettando uno sport a servizio delle persone e delle comunità. La pandemia non ha cambiato la voglia di fare sport, di curare la salute, di vivere l’aggregazione. Le aree urbane, i parchi, si sono trasformati nel na‐ turale teatro di attività motoria e sportiva, anche attraverso la promozione della comunicazione di‐ gitale. Come Sport e Salute non siamo stati a guardare questo cambiamento, ma abbiamo la‐ vorato a un nuovo modo di fruire per lo sport gli spazi pubblici urbani: ben gestiti, regolamentati, aperti, inclusivi. Lo sport deve essere un valore ag‐ giunto nel bilancio di sostenibilità del Paese e nello sviluppo delle nostre città”.

“La salute nelle città è uno dei goal, o degli scopi fondamentali, perseguiti sia dal governo europeo sia dall’OMS, in favore dei cittadini e di tutti i si‐ stemi‐Paese. La sportivizzazione delle città è fon‐ damentale per garantire a tutti i cittadini l’accesso all’attività fisica e per dare vita a un si‐ stema salute esito dell’interazione di tre pilastri di governo del contesto urbano: quello della sa‐ nità locale, quello del Comune, quello dello sport.”, così Andrea Lenzi, Presidente dell’Health City Institute e presidente del CNBBSV della Pre­ sidenza del Consiglio dei Ministri.

Nell’augurare il meglio ai lavori della Fondazione,

Giuseppe Pierro, Capo Dipartimento Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha ricordato l’importanza rivestita dall’investi­ mento sportivo per il sociale: “Oggi più che mai è importante immaginare una città a mi‐ sura di sport, pensare alla promozione della “felicità interna lorda” dei cittadini, al loro be‐ nessere. Valorizzare gli impianti sportivi è un impegno primario del Dipartimento. Abbiamo iniziato un percorso con Sport e Periferie che metta sempre più in relazione sport e sociale e ora, con il Recovery Plan, vediamo impor‐ tanti interventi previsti per l’impiantistica. Il lavoro della Fondazione potrà essere, anche in questo, uno spunto importante”.

Ospiti dell’appuntamento anche Mauro Ber­ ruto (ex CT della Nazionale di Volley e libero pensatore dello sport), Margherita Granbassi (ex atleta e conduttrice), Gianmarco Tamberi (atleta) e Silvia Salis (ex atleta), che hanno portato il loro sostegno e augurio per i lavori della Fondazione.

Il brand Luanvi sarà il partner tecnico di Fon­ dazione SportCity: “Per noi è un piacere sup‐ portare la Fondazione SportCity grazie al brand sportivo Luanvi” ha dichiarato il Co­ Founder Federico Veneroni “Appena ci è stato presentato il progetto abbiamo da subito ap‐ prezzato il grande valore sociale sul quale si basa l’intera iniziativa. Lo sport è un veicolo di unione ed aggregazione, supportare la Fonda‐ zione è per noi portare avanti in modo con‐ creto e reali questi temi”.

L’evento, che si è svolto con la moderazione del giornalista Jacopo Volpi, è visibile al link: https://youtu.be/eaQ3PtCZePM.

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Nasce l’Intergruppo parlamentare “Amici della Maglia Azzurra”

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Iin seno a questa XVIII Legislatura, che ha l’obiettivo di promuovere l’ideale della Maglia Azzurra come simbolo dei valori olimpici, sportivi e culturali dell’Italia. L’Ufficio di Presidenza sarà composto da un membro per ogni gruppo politico e aperta è l’adesione da parte di Colleghi.

Specie a seguito della brusca e prolungata interruzione dell’attività sportiva da parte dei nostri Atleti e dell’an­ nullamento o posticipo degli eventi di gara nazionali e internazionali a causa della pandemia da COVID­19, credo sia fondamentale tutelare e rilanciare, attraverso le nostre attività, i valori veicolati dall’Azzurro del nostro Paese nel mondo. Un’opportunità in più per valorizzare, anche dal punto di vista istituzionale, lo sport come strumento di coesione sociale e di trasmissione dei valori alla base della nostra Repubblica.

Siamo entrati nell’anno olimpico che porterà i nostri Azzurri a Tokyo, a difendere e onorare i colori e valori della Maglia Azzurra alle Olimpiadi e Paralimpiadi, così come in molte altre competizioni europee e internazionali, al­ cune ospitate anche dal nostro Paese, come gli Europei under20 di Rieti di Atletica Leggera o i Mondiali di sci di Cortina d’Ampezzo.

In quest’ottica è intenzione dell’Intergruppo parlamentare promuovere una serie di attività istituzionali per so­ stenere i nostri atleti e i valori della maglia azzurra, avviando le giuste sinergie con il CONI, il CIP, il Governo e il Dipartimento dello Sport, Sport e Salute SpA, insieme a tutto il mondo dello sport italiano.

Sono certo che il nostro Intergruppo potrà svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere i valori nazionali dello sport e della pratica sportiva e nel sostenere gli Atleti e le Squadre italiane che rappresenteranno il nostro Paese nei contesti agonistici nazionali e internazionali nei mesi che verranno.

In ricordo di Paolo Rossi

10 dicembre 2020 “Con la scomparsa di Paolo Rossi l’Italia piange di un grande campione e uno dei simboli della maglia azzurra che ci ha reso italiani orgogliosi” Aveva 64 anni ed era uno dei calciatori italiani più famosi di sempre, campione del mondo, miglior marcatore dei Mondiali del 1982 e Pallone d’Oro nello stesso anno.

“La scomparsa di Paolo Rossi colpisce e rattrista non solo il mondo del calcio e dello sport italiano, ma tutta l’Italia” è quanto afferma l’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo parlamentare Amici della Maglia Azzurra, esprimendo il cordo­ glio personale e di tutto l’Intergruppo nell’ap­ prendere la notizia della morte del grande campione.

“Paolo Rossi non è stato solo l’eroe delle magiche giornate del Mondiale di Spagna ’82, diventando il simbolo di quella nazionale e di un momento epico dello sport italiano, ma anche l’alfiere della maglia azzurra a livello internazionale, rappre­ sentando i valori dello sport, della competitività e della cultura italiana nel mondo.”

“In quei giorni tutta l’Italia si sentiva fiera dei suc­ cessi della propria nazionale. I goal di Paolo Rossi hanno inorgoglito tutto il Paese, alimentando il senso di appartenenza e la consa­ pevolezza di un’Italia che aveva ­ e ha, voglia di vincere e primeggiare nel mondo.”

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ARTICOLI

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SUBTROPOLIS, LA METROPOLI SOTTERANEA

Sotto Kansas City il recupero di una miniera dà vita a un progetto urbanistico unico, creando il complesso economico sotterraneo più grande del mondo Trovare un posto economico in cui vivere è già ab­ bastanza difficile, ma spesso trovare un ufficio economico può essere ancora più difficile.

Può sembrare una mossa drastica e visionaria quella di recuperare spazi scavando una massiccia formazione calcarea per creare un’area ufficio conveniente e confortevole in cui le persone pos­ sano lavorare, ma cosa succede se nelle vicinanze c’è già una bella, grande miniera abbandonata?

Questa è la storia di come l’ex miniera di calcare di Bethany Falls è diventata il complesso indu­ striale sotterraneo più grande del mondo in uso oggi.

Nel 1964, l’uomo d’affari Lamar Hunt si concentrò su SubTropolis, che è, avete indovinato, un’enorme metropoli sotterranea: un parco indu­ striale costruito in un vasto ex sito minerario sotto la superficie di Kansas City nel Missouri.

Come riportato da CNN Business, il progetto è nato quando le attività minerarie sono cessate dopo gli anni ‘40, lasciando dietro di sé uno spa­ zio vasto, vuoto e praticamente inutilizzabile. La società immobiliare Hunt Midwest ebbe invece l’idea brillante di trasformare il sito minerario in un complesso di uffici industriali, iniziando un progetto urbanistico che è arrivato a svilupparsi in maniera unica nel suo genere. Alcuni aspetti hanno reso il sito attraente, ma la ragione princi­ pale per scegliere questa posizione è che la mi­ niera è accessibile, il che significa che il traffico può entrare e uscire dalla SubTropolis senza far uso di ascensori minerari.

SubTropolis si trova a soli 45 metri di profondità, pochi per una miniera, e si estende su una super­ ficie di 4,5 kmq, attraverso una folta griglia di tun­ nel per una lunghezza totale di 12 km, alcuni asfaltati altri coperti da binari ferroviari. All’in­ terno lavorano 1600 persone a una temperatura costante e naturale di 20°C. A soli 20 euro al metro quadro si può affittare uno spazio.

Il volto originario della miniera non viene a essere mimetizzato, ma in parte esaltato, per cui le enormi colonne di pietra calcarea offrono uno spettacolo certamente peculiare.

SubTropolis è una vera città sotterranea. Secondo Bloomberg, 1.600 persone lavorano a SubTropo­ lis, dal 2015. Molti scelgono la posizione a causa dell’affitto relativamente basso e del clima co­ stante.

Il servizio postale e una struttura di archiviazione dati ha basato il proprio ufficio nell’ex miniera, così come migliaia di rotoli di pellicola conservati nel labirinto sotterraneo per evitare che si degra­

dino. Immagini classiche di film come Il mago di Oz e Via col vento sono entrambe conservate in SubTropolis. La National Archives and Records As­ sociation conserva anche i registri fiscali e i docu­ menti del tribunale federale presso la struttura.

Lo stoccaggio è uno degli utilizzi più diffusi dello spazio nel labirinto di calcare. Ad esempio, il ser­ vizio postale non gestisce un ufficio nei sotterra­ nei della miniera, ma ha affittato uno spazio di quasi 50.000 metri quadrati per lo stoccaggio.

Allo stesso modo, altre aziende immagazzinano merci e documenti.

Uno degli aspetti più interessanti di SubTropolis, tuttavia, è che è aperto al pubblico. Chiunque può entrare da un ingresso della miniera e uscire da un altro: grazie a un sistema di ventilazione par­ ticolarmente innovativo i gas di scarico delle auto non hanno un impatto sull’ecosistema interno.

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Classifica delle capitali del mondo per la cura di se Se il 2020 ci ha insegnato qualcosa, è l’importanza di prenderci del tempo per noi stessi. Il benessere e la cura di sé sono in cima alla lista di tutti in que­ sto momento dopo le sfide che hanno affrontato quest’anno. Il 2021 sarà l’anno della cura di sé, con molti di noi che dedicheranno tempo a noi stessi e al nostro benessere personale. Ma quale capitale del mondo sta aprendo la strada alla cura di sé e al relax per il nuovo anno.

Il nuovo studio condotto dagli esperti di consumi di money.co.uk rivela dove si trovano le migliori capitali mondiali per la cura di sé, classificando musei, ristoranti, spa, resort benessere e molti altri. Il Self­Care Capitals Report prende 25 delle capitali più popolate del mondo e le classifica su quattordici diversi fattori di auto­cura per deter­ minare quale cura di più per il benessere e la cura di sé. Utilizzando un sistema di classificazione ponderato, lo studio ha quindi assegnato un pun­ teggio a ciascuna capitale nell’indice, rivelando le migliori capitali per la cura di sé in tutto il mondo.

Esaminati i 715 musei di Mosca, verificato lo spa­ zio aperto di Parigi con 267 parchi e visitate le 704 spa di Londra.

Le dieci principali capitali della cura di sé:

Le prime dieci capitali per la cura di sé sono state rivelate, con Parigi che è stata incoronata capitale mondiale della cura di sé e Londra e Mosca al se­ condo e terzo posto.

Lo studio rivela anche che: • Parigi è in cima alla scala del numero di spa con 936 tra cui scegliere • Parigi è al primo posto per numero di parchi con 267, con Londra seconda • Pechino è stata incoronata la migliore città per resort con oltre 9.631 • Stoccolma è la città migliore per lo yoga e il pi­ lates con 101 studi disponibili in tutta la capi­ tale svedese • Seoul si è rivelata la migliore città per il relax grazie ai ristoranti con 35.086 opzioni di risto­ razione • Londra è la capitale più costosa per la cura di sé con un costo stimato di quasi 5 mila euro a persona per l’anno • Parigi occupa il secondo posto per la spesa per l’auto­cura, con un costo stimato per il 2021 di 4.465 euro a persona • Bangkok è risultata la città più conveniente, con un costo annuale stimato di appena 2.210 euro a persona.

1. Parigi ­ 104,5 2. Londra ­ 100 3. Mosca ­ 86.5 4. Singapore ­ 86 5. Roma ­ 85.5 6. Berlino ­ 81.5 7. Praga ­ 76.5 8. Madrid ­ 75.5 9. Bangkok ­ 73.5 10. Hong Kong ­ 72.5

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BOLOGNA UNITED NATIONS UNIVERSITY

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Ospitato al Tecnopolo Bolognese, il nuovo Istituto sarebbe l’unico nel sud dell’Europa; la proposta prevede un focus sull’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale per studiare in che modo il cambiamento climatico modifica gli habitat umani Il presidente Stefano Bonaccini ha chiesto al mi­ nistro Di Maio di farsi interprete presso l’Onu della candidatura di Bologna per un istituto dell’Università delle Nazioni Unite (UNU) dedi­ cato ai cambiamenti dell’Human Habitat con rife­ rimento all’area del Mediterraneo, con la disponibilità dell’Università di Bologna­Alma Mater e il sostegno del Centro per la Conserva­ zione del Patrimonio Sostenibile (SHeC) dell’Uni­ versità per Stranieri di Perugia e della Rete delle Cattedre Unesco del Mediterraneo.

L’Università di Bologna sarà in prima fila nel par­ tecipare come partner all’iniziativa lanciata dalla Regione Emilia­Romagna per candidare l’Italia ad ospitare a Bologna un nuovo Istituto della United Nations University (UNU), l’ateneo delle Nazioni Unite. Il progetto andrebbe ad inserirsi nel ricco ecosistema del Tecnopolo bolognese, che già ospiterà la nuova sede del Data center del Centro meteo europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF), la sede dell’Agenzia Italia Meteo e il supercomputer europeo Leo­ nardo.

La proposta per il nuovo istituto bolognese della UNU prevede un focus sull’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale per studiare in che modo il cambiamento climatico modifica gli ha­ bitat umani. In particolare, è prevista un’atten­ zione specifica per i complessi problemi e le trasformazioni sociali, economiche e culturali che si stanno verificando come conseguenza di una serie di fattori tra cui l’urbanizzazione, le migra­ zioni internazionali e interne, le sfide e le oppor­ tunità sociali ed economiche generate dall’innovazione tecnologica. Dinamiche com­ plesse, che corrispondono a molti degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sosteni­ bile, e che assumono un interesse particolare se riferite all’area del Mediterraneo, in cui l’Italia è centrale: un sistema ambientale unico a livello globale, per le sue caratteristiche geografiche, il suo ambiente naturale, le sue società e le sue cul­ ture.

La United Nations University è nata nel 1973 con una sede centrale a Tokyo, in Giappone, ma è pre­ sente con diversi istituti tematici in tutto il mondo. L’obiettivo della sua azione è contribuire, attraverso la ricerca e l’istruzione, agli sforzi per risolvere i principali problemi globali e supportare così lo sviluppo e il benessere del genere umano.

Nello svolgimento di questa missione, l’UNU col­ labora con le principali università e istituti di ri­ cerca negli stati membri dell’ONU, creando connessioni tra la comunità accademica interna­ zionale e il sistema delle Nazioni Unite.

Quello di Bologna sarebbe l’unico Istituto della United Nations University nel sud dell’Europa. La Regione Emilia­Romagna ha chiesto al Governo italiano di farsi interprete presso l’ONU di questa candidatura, rispetto alla quale l’Università di Bo­ logna ha offerto la propria disponibilità alla colla­ borazione.

Assieme alla sede dell’UNU, il Tecnopolo di Bolo­ gna si candida inoltre per ospitare attività con­ nesse alla grande iniziativa europea Destination Earth: una piattaforma che integrerà repliche di­ gitali di vari aspetti del sistema Terra, come le pre­ visioni meteorologiche e i cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare e idrica, la circolazione oceanica globale e la biogeochimica degli oceani, e altro ancora.

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Il ruolo degli alberi nella rigenerazione urbana : alcuni punti di vista (e tanto lavoro…) al femminile Marco Benedetti CINSA – Consorzio Interuniversitario Nazionale per le Scienze Ambientali

Se la vera ricchezza di un tessuto urbano sono le relazioni e non il cemento, a maggior ragione la sfida che le città si trovano ad af­ frontare per ritrovare il proprio percorso di rigenerazione post­pandemico deve passare da una massiccia presenza di “infrastrutture verdi”, in grado di favorire e custodire le tanto preziose relazioni di un ecosistema ur­ bano.

Il “Cosa & Come fare” per fornire beni e ser­ vizi in tal senso, grazie ad una sapiente inte­ grazione e progettazione di foreste urbane, è oggetto del recente numero di RETICULA, prestigiosa rivista scientifica dell’ISPRA (Isti­ tuto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), intitolata “La forestazione per la connettività ecologica e la resilienza terri‐ toriale ai cambiamenti climatici”.

Nella monografia (https://www.ispram­ biente .gov.it/it/pubblicazioni/periodici­tec­ nici/reticula/reticula­n­25­2020­numero­mo nografico) sono numerosi e aggiornati gli sti­ moli per tutti gli Amministratori locali che vo­ gliano migliorare la sostenibilità e la resilienza delle loro città, fra questi una inte­ ressante clusterizzazione dei 7798 comuni italiani in 6 tipologie fatta dalla “Strategia Nazionale del Verde Urbano”. Obiettivo è creare gruppi di comuni tendenzialmente omogenei per esigenze in termini di inter­ venti, così da fornire efficaci linee guida per le singole municipalità ed i loro uffici tecnici.

E se non dovesse bastare la lettura degli 11 articoli selezionati dalla rivista, URBES pro­ pone la narrazione di alcune donne, comple­ tamente differenti tra di loro per vissuto umano, culturale e professionale, ma pro­ fondamente legate dalla capacità di ispirare e lavorare, con forte coerenza, un concreto

cambiamento sulle realtà urbane: Lisa Di Marco, Rosanna Figna, Milena Fraccari, in ri­ goroso e democratico ordine alfabetico…

Lasciamo a loro la parola.

«Vorrei un tuo parere su questo progetto… », racconta Lisa Di Marco, architetto fioren­ tino. «A fine 2019 la telefonata di un’amica e poi una e‐mail in cui potevo rispondere a braccio ad una serie di quesiti sulla progetta‐ zione, non di una casa o altro ma… di un bosco!». Una decina di punti e la citazione di alcune buone pratiche e tempo qualche giorno per la seconda telefonata «Ci piace quello che hai proposto Lisa, potresti redi­ gere il master plan del progetto di un bosco?».

Beh! Non capita tutti i giorni di ricevere un incarico del genere, privati e pubbliche am­ ministrazioni chiedono un giardino o uno spazio verde attrezzato, ma un bosco…

Nella mia vita non so quanti boschi potrò progettare, ma almeno per uno potrò aver dato con piacere il mio contributo creativo e intellettuale insieme a tanti altri ricercatori ed esperti.

Un bosco di circa 13 ettari a qualche chilo­ metro da Parma e a pochi minuti in bici da Collecchio, incastonato nella pianura emi­ liana a ridosso delle colline che portano in Li­ guria, con i colori ed i profumi della Riviera che si mischiano al profumo del grano e della farina prodotta a pochi metri.

Lo studio dell’area dal punto di vista storico, amministrativo, naturale ha consentito di ar­ monizzare il progetto nella realtà locale, con i suoi vincoli, ma anche occasioni da sfrut­ tare: 9,8 ettari di bosco, 2,5 ettari di piop­

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peto, altro spazio dedicati ad aree di servizio, radure per dipendenti e ospiti della Commit­ tenza (Agugiaro & Figna Molini S.p.a.), le scuole del territorio, associazioni e cittadini.

Obiettivo, valorizzare il territorio circostante e creare un corridoio ecologico, dal parco flu­ viale del Taro, all’interno dell’area agricola con tracce della centuriazione romana, fra Collecchio e Parma. Il “Bosco del Molino” è il nome scelto: un ecosistema strettamente connesso al tessuto urbano emiliano che crescerà con tutti coloro che vorranno con­ tribuire alla sua valorizzazione e conserva­ zione.

Questa esperienza che ci si augura veder re­ plicata in Italia da realtà pubbliche e private, parte da lontano e segue gli indirizzi interna­ zionali contenuti nel Piano Strategico delle Nazioni Unite per le foreste 2030 (PSNUF 2030), adottato nel 2017 e declinato nel con­ testo italiano con il Testo Unico delle foreste e delle filiere forestali (Dlgs 34/2018­ TUFF) che con i suoi decreti attuativi consentirà di valorizzare all’interno della pianificazione ur­ banistica locale l’infrastruttura verde e i ser­ vizi ecosostenibili che i nostri Amministratori sono chiamati a garantire ai propri Cittadini.

Alcune esperienze virtuose sono già presenti sul territorio italiano, segno che la sensibilità ambientale e la valorizzazione paesaggistica del territorio stanno creando nuovo impulso alla progettazione pubblica e privata, grazie ad una pianificazione urbanistica (Piano Ur­ banistico Generale­ PUG), infrastrutture verdi e piani di Sviluppo Rurale (PSR), siner­

giche fra loro, capaci di alimentare politiche territoriali e investimenti legati all’ambiente e al mantenimento di ecosistemi necessari per il miglioramento della qualità della vita.

Ma chi c’era dall’altra parte del telefono con Lisa, quella serata di fine novembre 2019?

Rosanna Figna, discendente di una storica famiglia di mugnai. «Dedicare alla natura un’area di proprietà privata, facendo un patto con la terra che non verrà cementifi‐ cata per secoli: oltre al valore dell’opera in sé, vi è l’inizio di un percorso che si vuole in‐ dicare come esempio ai propri clienti, forni‐ tori, dipendenti e, perché no, agli amministratori locali e regionali della res‐ pubblica», esordisce Rosanna mentre, tanto per cambiare, stivali calzati e sacco in mano sta ripulendo dalla plastica gettata dalle au­ tomobili, i fossi a bordo strada dei terreni dove sta nascendo il Bosco del Molino.

Essere molto attenti al consumo di suolo, de­ dicare nuovi spazi al verde, progettare i cen­ tri urbani recuperando e riqualificando i vecchi volumi abitativi e dedicando aree ai boschi, ai parchi, agli spazi attrezzati e ricrea­ tivi, è un obbligo morale e una opportunità politica che le nostre Amministrazioni do­ vrebbero seguire, specialmente dopo la bu­ limia costruttiva che ogni comune, piccolo o grande, ha subito in questi anni. L’attenzione non deve andare solo a nuovi quartieri e nuove periferie, ma verso ciò che respiriamo e a ciò che vediamo mentre camminiamo

per le nostre vie e le nostre piazze… alcuni dei pensieri in ordine sparso che Rosanna consegna ai lettori di URBES. «Ci piacerebbe che il Bosco del Molino fosse d’esempio ed d’ispirazione, per la visione fi‐ duciosa verso un futuro che chiede un cam‐ biamento sostenibile, per un ideale di bellezza che unisce salute e consapevolezza di essere tutti parte di ciò che abbiamo avuto in dono da milioni di anni ‐ esorta Rosanna ‐ unire l’Etica all’Estetica è un messaggio forte che si può lasciare in eredità ad un paese, ad una città, ad una comunità che si è chiamati a gestire. Un bosco, un parco, uno spazio verde, un viale alberato lasciano una testi‐ monianza senza dubbio positiva e persi‐ stente del proprio operato. La bellezza ha un significato importante in questo caso perché è unita alla salvaguardia del Pianeta» e i sac­ chi riempiti di bottigliette di plastica sono già tre…

La forestazione a ridosso di Collecchio è le­ gata anche all’attività didattica (una radura al suo centro sarà aula a cielo aperto di quasi 3.000 mq), perché mai come in questi mesi di pandemia si è parlato tanto di ambiente senza averne però rispettato le regole ed i valori per decenni. Ognuno di noi come ri­ corda Julia “Butterfly” Hill (ospite virtuale del Bosco lo scorso autunno) può fare la diffe­ renza, ognuno di noi può dare un senso con­ creto alla sostenibilità ed al risparmio di risorse. L’educazione ambientale è priorità per ogni Comune, lo sviluppo di programmi di conoscenza e di scienza devono essere for­

temente collegati al proprio territorio e co­ munità. «I molini Agugiaro & Figna hanno iniziato un percorso con molte azioni, cer‐ cando di eliminare la plastica (non solo dai fossi ma anche dal packagin), utilizzando energia ottenuta da fonti rinnovabili, ed ora ha intrapreso questo intervento di foresta‐ zione con quasi 15.000 tra alberi ed arbusti, perché il futuro del Pianeta ha bisogno di consapevolezza che la bellezza che ci è stata donata è un tesoro da custodire, curare e do‐ nare», e alla fine i sacchi di plastica riempiti lungo un fronte di 600 metri saranno 6, uno ogni 100 metri di fosso.

Per passare dall’Italia ad un piccolo centro rurale del Ghana settentrionale, ci affidiamo al sorriso luminoso di Milena Fraccari, una dimensione internazionale come attivista ambientale in seno a varie realtà, tra cui il ruolo di portavoce di Julia Hill.

«In questo piccolo villaggio africano hanno scelto di piantare alberi per ridare speranza alla comunità e un’educazione ai giovani. In un contesto semi­desertico in cui la defore­ stazione dell’area ha causato perdita di la­ voro e povertà, un gruppo di attivisti ha chiesto un microfondo alla fondazione statu­ nitense per cui lavoro (The Pollination Pro­ ject) per riuscire ad avviare un progetto di riforestazione unito ad un programma di educazione ambientale».

Può un albero salvare una comunità?

La risposta è sì. In Europa come in Africa.

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Il progetto ha coinvolto l’intero villaggio, risvegliando l’entusiasmo degli adulti e la gioia dei bambini, ha annullato differenze e ha permesso al villaggio di intraprendere un percorso di rinnovazione e speranza.

Tutto partendo da un bosco accanto ad una scuola.

Viviamo un’era in cui ci hanno abituato a pensare in modo globale; oggi tutto è globale, compresi i pro­ blemi. Il cambiamento climatico, l’inquinamento, la deforestazione, le disuguaglianze. Ci sentiamo coinvolti e, allo stesso tempo, restiamo lontani dal prendere parte attiva alle soluzioni. «Ciò che ho notato però la­ vorando con progetti individuali o di piccole comunità, è l’esistenza di una visione diversa, incentrata a partecipare ai problemi cosiddetti “globali” in una dimensione locale, con interventi che giovino al terri­ torio e ai singoli cittadini», ricorda Milena.

Scegliere di piantare un albero non è mai un gesto banale, ma una visione consapevole del presente e un investimento per il futuro, non solo da un punto di vista ambientale, ma anche sociale, culturale ed eco­ nomico. La scelta di dar vita ad un bosco, che sia vicino ad una scuola in Africa o a dei mulini in Italia, è una prova di straordinaria lungimiranza e amore per il proprio territorio e la propria comunità.

Non è semplice.

Gli alberi sono essere viventi in grado di interagire e reagire al contesto nel quale sono inseriti e di comu­ nicare tra di loro. La scienza l’ha provato e Julia Butterfly Hill ne è stata testimone diretta. Servono dunque progetti di qualità come il CINSA e le sue Università hanno saputo fare in giro per il mondo, progetti in grado di ricreare l’ecosistema più adatto che tenga conto dei diversi modi di fruizione per permettere agli alberi di essere rispettati e curati e alle persone di interagire e riceverne i vantaggi.

Coltivare e investire in ambiente, sostenibilità ed educazione ambientale permette di andare oltre i confini prettamente legati al rispetto della natura e contribuisce alla crescita di cittadini più attenti e consapevoli del proprio territorio e pronti a rispettarlo.

Così che ogni Amministratore chiamato a delle scelte abbia sempre presenti le parole di Julia Hill: «Siamo gli antenati del futuro. Quale vogliamo che sia la nostra eredità?».

Un futuro ricco di progetti importanti e utili.

Progetto da pro‐jectus, qualcosa che si “getta avanti”: la lungimiranza di una visione che non appartiene solo a chi riesce a descriverla, ma anche a chi la realizzerà e utilizzerà, come un seme che si getta, fiduciosi che germinerà e darà vita.

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Energia alternativa

Anche al fine di ridurre le emissioni di carbo­ nio, l’Unione europea ha istituito il pro­ gramma quadro Horizon 2020 (2014­2020), il più grande progetto di ricerca e innovazione dell’UE che esamina i sistemi energetici intel­ ligenti per un futuro di energia sostenibile e rinnovabile. Interessato all’energia sostenibile, HeatingForce.co.uk ha analizzato i dati sui si­ stemi energetici intelligenti nell’ambito del programma Horizon 2020 per scoprire i paesi che ricevono più finanziamenti per i loro pro­ getti.

Il paese che ha ricevuto il maggior finanzia­ mento dal programma Horizon 2020 del­ l’Unione Europea, con un’enorme somma di € 160.148.586, è la Spagna (41,41% del finan­ ziamento totale)! La Spagna vanta 15 progetti di ricerca e innovazione che rappresentano quasi il 25% dei 58 progetti totali inclusi nei dati. Il progetto più prolifico, pari a quasi il 20% (31.874.538 euro) dei finanziamenti spa­ gnoli, appartiene a SmartEnCity, concentran­ dosi su energia termica, raffreddamento, elettricità e gas. Lo scopo del suo finanzia­ mento IA (Innovation Action) è dimostrare la sua idea e il suo concetto al mercato.

Con il 17,22% dei finanziamenti, l’Italia è al se­ condo posto ricevendo 66.592.870 euro. In totale, l’Italia coordina 11 progetti cioè quasi il 19% dei 58 progetti totali analizzati. REWAR­ DHeat (specializzato nel settore dell’energia termica) ha ricevuto il 28,57% dei fondi totali del paese. Il progetto ha ricevuto € 19.023.298 come fondo IA per dimostrare la sua fattibilità al mercato.

Al terzo posto si trova la Francia, che ha otte­ nuto il 12,36% del finanziamento totale, pari a 47.779.515 euro. I cinque progetti della Francia rappresentano l’8,5% di tutti i 58 pro­ getti analizzati e il suo progetto principale ap­ partiene a SMARTER TOGETHER, accumulando un enorme 62,37% (€ 29,801,762 per il suo schema di finanzia­ mento IA) del finanziamento totale del paese nell’ambito del programma Horizon 2020 dell’UE. L’obiettivo del progetto è scoprire so­ luzioni intelligenti e inclusive per una vita mi­ gliore nei distretti urbani ed è in corso da

quasi cinque anni. È interessante notare che il sito Heatin­ gForce.co.uk può rivelare che il Regno Unito ha ricevuto il 7,5% del finanziamento, che equivale all’incredibile cifra di 28.998.672 €.

Sebbene il Regno Unito abbia ufficialmente lasciato l’Unione Europea, l’accordo Brexit ha assicurato un accordo per continuare il pro­ gramma quadro Horizon 2020 ei suoi sei pro­ getti contano per il 10% dei progetti totali di Horizon. Il suo più grande progetto THER­ MOSS, con uno schema di finanziamento IA, ha portato il 30,33% (€ 8.796.474) del finan­ ziamento del paese, concentrandosi in sistemi di riscaldamento e raffreddamento che ope­ rano all’interno di infrastrutture di edifici e reti/distretti (sistema energetico complesso).

Al quinto posto c’è la Finlandia con il 4,93% (19.083.828 €) dei finanziamenti del pro­ gramma quadro Orizzonte 2020. Dei due pro­ getti di ricerca e innovazione della Finlandia, STORY ha portato l’80,45% dei finanziamenti del paese ­ un enorme € 15.353.840 rispetto all’altro progetto finlandese Spine, che ha ac­ quisito € 3.729.988 (19,55%). Spine è stato fi­ nanziato come programma RIA (Research and Innovation Action) che indaga sulla fattibilità di nuove soluzioni sostenibili.

Il paese che ha ricevuto meno finanziamenti dal programma quadro Horizon 2020 dell’UE è l’Irlanda con lo 0,52% (€ 1.999.849) del fi­ nanziamento totale assegnato, in netto con­ trasto con il 41,41% della Spagna. Ciò è in gran parte dovuto al fatto che l’Irlanda ha co­ ordinato un solo progetto, E2District, che ha ricevuto € 1.999.849.

L’Austria è il secondo paese meno finanziato all’interno del programma Horizon poiché i suoi due progetti hanno ricevuto solo € 4.725.175, pari all’1,22% di tutti i finanzia­ menti. HotMaps ha ricevuto il 63,42% dei fi­ nanziamenti per la ricerca e l’innovazione del paese per il suo programma RIA nei settori dell’energia di riscaldamento e raffredda­ mento.

Secondo uno studio di SaveOnEnergy. com/

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uk/, l’Austria è stata considerata il terzo paese più interessato a salvare il pianeta, quindi la sua bassa classifica dei finanziamenti non riflette il desiderio di sostenibilità della sua popolazione.

Successivamente, Israele si classifica come il terzo paese meno finanziato dal programma dell’UE: il paese ha ricevuto l’1,59% (6.139.296 €) del finanziamento di Horizon per il suo unico progetto. È interessante notare che TOPAs è l’unico progetto all’interno del programma quadro Horizon 2020 non coordinato da un paese dell’Europa occidentale o settentrionale. Con uno schema di finanziamento IA, l’obiettivo del progetto ha esaminato l’uso singolare del controllo della tem­ peratura all’interno di diverse aree di un edificio.

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Agricolt e cambiamenti climatici

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tura L’industria agricola è fortemente dipendente dall’acqua ed è quindi la più colpita dai rischi idrici. Si tratta però anche di una delle indu­ strie che ha sempre fatto un consumo enorme di questa preziosa risorsa, e persino di una di quelle che ha contribuito, negli anni, ad inquinarla.

Secondo l’OCSE, in futuro (non troppo lon­ tano!) l’agricoltura dovrà affrontare rischi idrici crescenti. Dovrà superarli pensando fin da ora ad un modello di industria sostenibile, dove la migliore gestione dell’acqua non potrà più essere relegata a mero slogan dei grandi brand.

Negli ultimi anni, le regioni agricole di tutto il mondo sono state soggette a vincoli idrici estesi e crescenti. Le gravi siccità in Cile e negli Stati Uniti hanno influenzato la produ­ zione agricola mentre hanno ridotto le ri­ serve di acque superficiali e sotterranee.

Uno scenario non certo occasionale, te­ nendo conto delle previsioni degli esperti che ritengono questi e altri eventi meteoro­ logici estremi, come inondazioni o tempeste tropicali, non più fenomeni eccezionali ma eventi continui. Le previsioni relative agli im­ patti generati dal cambiamento climatico sti­ mano un aumento delle fluttuazioni delle precipitazioni e delle risorse idriche superfi­ ciali, riducendo al contempo i manti nevosi e i ghiacciai e influenzando il fabbisogno idrico delle colture.

L’aumento del fabbisogno d’acqua da parte di una popolazione urbana sempre più densa, inoltre, aggiunta alla domanda di acqua da parte di altre industrie (energia, manifattura, per esempio), aggiungono ulte­ riori criticità al comparto agricolo.

Come se tutto ciò non fosse abbastanza, la qualità dell’acqua rischia di deteriorarsi in molte regioni, non solo a causa della crescita delle attività e degli agenti inquinanti, ma

anche per via dell’aumento della salinizza­ zione dell’acqua stessa, causata soprattutto dall’innalzamento del livello del mare (evi­ dente conseguenza dei cambiamenti clima­ tici).

Il tema è affrontato in un ampio articolo su Linkedin del progetto editoriale di Nicoletta Boldrini, Tech4Future. L’impatto sull’agricol­ tura di tutti questi fenomeni rischia di mi­ nare seriamente la produttività delle colture irrigate e alimentate dalla pioggia e delle atti­ vità di allevamento, in particolare in alcuni paesi e regioni. Questi cambiamenti potreb­ bero arrivare ad influenzare i mercati, il com­ mercio e persino generare impatti spiacevoli dal un punto di vista della sicurezza alimen­ tare. Una valutazione dell’OCSE sui futuri hotspot del rischio idrico prevede che, senza ulteriori azioni, la Cina nordorientale, l’India nordoccidentale e gli Stati Uniti sudocciden­ tali saranno tra le regioni più gravemente colpite, con ripercussioni interne e globali.

Il paradosso: l’agricoltura ha bisogno di acqua ma continua ad utilizzarne troppa Come accennato, secondo l’OCSE il pro­ blema è aggravato dal paradosso che, pro­ prio il settore agricolo, che più di altri ha bisogno di acqua, è uno dei settori principali per consumo e inquinamento delle risorse idriche in molte regioni.

L’agricoltura rimane il più grande utilizzatore di acqua a livello globale, una tendenza in­ coraggiata dal fatto che gli agricoltori nella maggior parte dei paesi non pagano l’intero costo dell’acqua che utilizzano. L’irrigazione agricola rappresenta il 70% dell’utilizzo di acqua nel mondo e oltre il 40% in molti paesi OCSE. Il pompaggio intensivo delle acque sotterranee per l’irrigazione esaurisce le falde acquifere e può portare a fenomeni ambientali ad impatto negativo, con riper­ cussioni significative su produzione ed eco­ nomia.

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Inoltre, l’agricoltura rimane una delle principali fonti d’inquina­ mento dell’acqua; il deflusso di fertilizzanti agricoli, l’uso di pesti­ cidi e gli effluenti del bestiame contribuiscono tutti all’inquinamento dei corsi d’acqua e delle acque sotterranee.

Tecnologia e interventi politico­governativi per affrontare i pro­ blemi idrici Secondo l’OCSE sarà importante che i responsabili politici si con­ centrino sugli sforzi che aumentano l’efficienza complessiva del­ l’uso dell’acqua da parte del settore agricolo, riducendo l’impatto del settore sulle risorse di acqua dolce e migliorando la sua resi­ lienza ai rischi idrici.

Scrive Tech4Future: “Tante belle intenzioni che rischiano però di rimanere, come troppe volte abbiamo visto, sulla ‘carta delle in­ tenzioni’, lasciando che nel frattempo la situazione peggiori anzi­ ché migliorare. Che fare allora? L’importanza di ridurre il consumo di acqua è fondamentale, soprattutto perché si stima che l’agri­ coltura rappresenti oltre il 70% del consumo idrico globale. Con la domanda di cibo in aumento, si prevede che l’uso di acqua au­ menterà di un ulteriore 15% per soddisfare questa domanda. In attesa che sul fronte politico­governativo si faccia veramente qualcosa di concreto che vada oltre gli ‘aiutini a pioggia’, alcune delle imprese agricole più grandi a livello internazionale hanno iniziato ad investire in soluzioni tecnologiche avanzate nell’ambito dell’agricoltura di precisione, dell’IoT e dell’analisi dei dati (spesso con tecniche di intelligenza artificiale)”.

“Le tecnologie, i dispositivi e le piattaforme emergenti ci consen‐ tono di raccogliere e sfruttare quantità di dati senza precedenti provenienti da più fonti: modelli storici delle precipitazioni, imma‐ gini aeree, record di resa, sensori sul campo, ecc. In cambio, i dati aggregati possono essere elaborati e combinati insieme per fare simulazioni e previsioni accurate (dalla domanda di mercato al meteo) per aiutarci a prendere decisioni ‘intelligenti’ basate sulle previsioni più accurate a cui abbiamo mai avuto accesso”, scrive Raviv Itzhaky in un recente articolo pubblicato sul sito del World Economic Forum.

Gli ambiti di applicazione delle tecnologie per un migliore e più efficiente utilizzo di una preziosa risorsa come l’acqua sono mol­ teplici ma per iniziare, ne bastano due: 1) pianificazione e distri­ buzione ottimale dell’irrigazione; 2) rilevamento di malfunzionamenti o perdite nei sistemi di irrigazione.

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Si stima che l’utilizzo di acqua nel settore agricoltura rappresenti oltre il 70% del consumo idrico globale.

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Cittàdi cappa calore

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Nelle aree urbane, il fenomeno della cappa di calore (isola di calore) porta a temperature più elevate di quelle delle aree non edificate.

Ma poiché le città sono altamente eteroge­ nee al loro interno, sia in termini di contesto fisico urbano sia in relazione alle caratteristi­ che degli abitanti, non tutte le parti delle aree urbane sono ugualmente vulnerabili alle ondate di calore. Diventa fondamentale quindi identificare le zone più vulnerabili allo stress da calore per poter attuare interventi mirati a livello locale, destinati a migliorare la capacità di affrontare l’impatto delle on­ date di calore sulla salute dei cittadini.

L’articolo “The heat­health nexus in the urban context: A systematic literature review exploring the socio­economic vulnerabilities and built environment characteristics”, pub­ blicato sulla rivista Urban Climate e condotto dalla Fondazione CMCC in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari Venezia, ha ana­ lizzato la letteratura scientifica esistente sul tema per identificare quali siano i fattori fon­ damentali nella relazione tra calore e salute in un contesto di ambiente urbano edificato.

L’analisi ha selezionato quaranta articoli dalla vasta letteratura sul tema, estratti da due note banche dati della letteratura scienti­ fica (Scopus e PubMed).

Attraverso il concetto di “enhanced ex po sure” (esposizione rinforzata), lo studio rileva come diversi aspetti dell’ambiente fisico pos­ sano aggravare (o mitigare) gli impatti dei cambiamenti climatici in aree cittadine di­ verse, anche all’interno della medesima città. “L’esposizione della popolazione è si­ curamente legata all’esposizione fisica del quartiere al calore: lo spazio costruito all’in­ terno dell’area urbana incamera energia so­ lare durante la giornata e la rilascia nel corso della notte, facendo sì che le aree cittadine si riscaldino e restino calde molto più delle aree verdi circostanti anche durante la notte,

e lo facciano in misura più o meno grave in base alla loro forma e progettazione ­ af­ ferma Margaretha Breil, urbanista e ricerca­ trice alla CMCC ­. Ma non possiamo tenere conto solo dell’esposizione fisica: accanto a questo fenomeno, noto come ‘isola di ca­ lore’, ci sono altre condizioni che possono rendere un contesto più difficile da vivere, e persino più mortale”.

Come emerge dallo studio, sono le situazioni di svantaggio sociale ad aggravare maggior­ mente l’esposizione al rischio di calore. Ri­ cerche citate nel lavoro rilevano come la mortalità associata alle ondate di calore sia risultata più elevata laddove ci siano alti li­ velli di criminalità e bassa coesione sociale. È invece risultata minore per le comunità ca­ ratterizzate da legami familiari estesi che permettano una cura reciproca anziché for­ zare all’isolamento.

“La qualità della vita in città non è determi­ nata solo dalla forma dello spazio urbano, ma anche dalla sua accessibilità. Con l’acces­ sibilità ad uno spazio verde, la vita migliora.

E questo vale sia durante una pandemia, come stiamo constatando tutti in questo pe­ riodo, sia durante un’ondata di calore – ag­ giunge la spiega Breil ­. Se però l’area verde è territorio di criminalità, o impattata da un eccessivo traffico, è come se non esistesse: chi ha paura di uscire o non trova gusto nel­ l’uscire resta a casa, e lì, i più vulnerabili, di caldo possono anche morire”.

Come evidenziano gli autori, la compren­ sione di questi aspetti e la loro aggregazione in indici di vulnerabilità al calore può essere cruciale per identificare e implementare mi­ sure che riguardino l’infrastruttura fisica delle città attraverso una pianificazione ad hoc degli spazi e per intraprendere decisioni di governance urbana.

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Emissioni Meno 6,4% di emissioni di anidride carbonica pari a 2,3 miliardi di tonnellate.

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Dopo essere aumentate costantemente per decenni, le emissioni globali di anidride car­ bonica sono diminuite del 6,4%, pari a 2,3 miliardi di tonnellate, nel 2020, perché la pandemia di Covid­19 ha intaccato le attività economiche e sociali in tutto il mondo, se­ condo i nuovi dati sulle emissioni giornaliere di combustibili fossili.

Il calo è significativo ­ circa il doppio delle emissioni anno del Giappone ­ ma inferiore a quanto molti ricercatori sul clima si aspet­ tassero, data l’entità della pandemia, e non dovrebbe durare quando il virus sarà messo sotto controllo.

Gli Stati Uniti hanno contribuito maggior­ mente al calo globale, con una diminuzione di quasi il 13% delle emissioni, dovuta prin­ cipalmente a un forte declino del trasporto di veicoli iniziato con i lockdown a marzo e continuato con l’escalation della pandemia alla fine dell’anno. A livello globale, il settore energetico più colpito è stato quello del­ l’aviazione, dove le emissioni sono diminuite del 48% rispetto al totale del 2019.

I ricercatori hanno pubblicato i dati sulle emissioni per la prima metà del 2020 a otto­ bre, ma ha fornito un set completo su Na­ ture questa settimana. “Il calo delle emissioni è però inferiore a quello che ci aspettavamo”, afferma Zhu Liu, scienziato del sistema terrestre presso l’Università Tsin­ ghua di Pechino che co­guida il programma internazionale Carbon Monitor che ha for­ nito i dati. Il team di Liu è uno dei due che ha sviluppato metodi indipendenti per monito­ rare le emissioni giornaliere di carbonio a li­ vello nazionale e globale durante la pandemia. L’altro team, che è parte del Glo­ bal Carbon Project, ha pubblicato dati sepa­ rati e parziali sulle emissioni giornaliere a dicembre che sono coerenti con l’analisi del team di Liu. Entrambi hanno estratto infor­ mazioni da varie fonti, tra cui rapporti ener­ getici e meteorologici, osservazioni satellitari e dati sul traffico raccolti dai sistemi di navi­ gazione dei veicoli in diverse centinaia di città in tutto il mondo.

La pandemia ha fornito un riferimento unico per la sfida sui cambiamenti climatici che at­ tende le Nazioni impegnate in questa lotta.

Il Programma delle Nazioni Unite per l’am­ biente stima che il mondo dovrebbe ridurre le emissioni di carbonio del 7,6% all’anno per il prossimo decennio per evitare che il pia­ neta si riscaldi di oltre 1,5 ºC al di sopra dei livelli preindustriali, obiettivo fissato nell’ac­ cordo di Parigi sul clima del 2015. Riduzioni di questa portata sarebbero persino supe­ riori al calo delle emissioni del 2020. Il calo del 6,4% si è verificato solo perché molte parti del mondo si sono bloccate forzata­ mente a causa del Covid­19. Senza un’azione collettiva sostanziale per ridurre le emissioni, il 2020 registrerà poco più di un blip nel re­ cord globale di carbonio, afferma David Wa­ skow, che dirige il programma internazionale sul clima presso il World Resources Institute, un think tank ambientale a Washington DC. “L’esperienza storica ci porterebbe ad aspet­ tarci che torneremo alle emissioni prece­ denti la pandemia, il che significa che dobbiamo fare altro per ridurre le emis­ sioni”.I dati del team di Liu mostrano forti di­ screpanze nel modo in cui la pandemia ha alterato l’attività economica in vari Paesi. Al­ l’inizio dell’anno, la Cina ha subito le mag­ giori riduzioni in quanto ha bloccato le sue città e industrie per domare la diffusione ini­ ziale del coronavirus. Ma dopo che il Paese ha portato l’epidemia sotto controllo, la sua economia e la produzione industriale si sono rapidamente riprese: i totali del 2020 supe­ rano persino i risultati del 2019. Gli Stati Uniti hanno visto le loro emissioni scendere di quasi 650 milioni di tonnellate e hanno rappresentato più di un quarto della ridu­ zione globale delle emissioni di CO2. Quindi l’India, con una riduzione di quasi 200 milioni di tonnellate.

Liu afferma che il suo team sta ora esami­ nando le tendenze orarie delle emissioni per i trasporti e la produzione di elettricità negli Stati Uniti e in Europa, nonché per alcune città del Giappone e della Cina. Finora, i ri­ cercatori hanno identificato cambiamenti nel consumo di energia associati a un massiccio aumento del telelavoro: il traffico nelle ore di punta è in calo e il consumo di elettricità è diffuso durante il giorno, senza picchi mas­ sicci al mattino e alla sera quando le persone si svegliano e tornano a casa dal lavoro. “In questo momento, i giorni feriali assomigliano più ai fine settimana nel 2019”, afferma Liu.

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Cosa ci aspetta nel 2021

Che cosa ci aspetta nel 2021? Non guarderemo l’oroscopo, ma l’analisi fatta sull’ultimo numero di Nature.

dere anni, ma gli esperti pensano che alcune nuove informazioni verranno alla luce entro la fine dell’anno.

Ritorno climatico

Vaccini e pandemia

Il 2021 sembra un anno cruciale per la lotta al cambiamento climatico. Il presidente eletto degli Stati Uniti Joe Biden ha chiarito che si muoverà per ripristinare la leadership del Paese al ri­ guardo, anche ricongiungendosi all’accordo di Pa­ rigi sul clima per combattere il riscaldamento globale. (Il presidente Donald Trump ha tirato fuori gli Stati Uniti dall’accordo e la nazione ha uf­ ficialmente lasciato il giorno dopo le elezioni del 2020). Un momento chiave per i negoziati sul clima arriverà alla conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si è tenuta a Glasgow (Regno Unito) a novembre. I Paesi faranno un nuovo ciclo di im­ pegni sui tagli alle emissioni di gas serra, il primo da quando hanno firmato l’accordo di Parigi nel 2015. L’Unione europea e la Cina hanno piani am­ biziosi per diventare carbon neutral entro il 2050­ 60; gli scienziati sono in attesa di vedere se Biden fisserà obiettivi simili per gli Stati Uniti.

Il 2020 ha visto l’implementazione dei primi vac­ cini autorizzati per l’uso contro covid­19. L’effica­ cia di diversi nuovi vaccini diventerà più chiara all’inizio del 2021. Di particolare interesse sa­ ranno i risultati degli studi clinici di fase III sulle immunizzazioni sviluppati dalle case farmaceuti­ che statunitensi Novavax e Johnson & Johnson.

Questi jab saranno probabilmente più facili da di­ stribuire rispetto ai vaccini a base di RNA prodotti da Pfizer­BioNTech e Moderna, che hanno già re­ stituito risultati di fase III ma devono essere con­ servati a temperature molto basse.

Mentre Nature andava in stampa, il vaccino Pfizer aveva già un’autorizzazione di emergenza da FDA, agenzia inglese e da EMA per l’uso in alcuni Paesi.

Alla fine dello scorso anno, Novavax ha lanciato due grandi studi sul suo vaccino virale­spike­pro­ tein nel Regno Unito e negli Stati Uniti, che riferi­ ranno all’inizio del 2021. L’azienda potrebbe produrre fino a due miliardi di dosi di vaccino al­ l’anno. Johnson & Johnson sta testando una ver­ sione a dose singola del suo vaccino; al contrario, quelli di Pfizer e Moderna ne richiedono due. Nel frattempo, autorizzati altri vaccini: Moderna e Astrazeneca­Oxford.

Gli 007 del COVID Una task force istituita dall’Organizzazione Mon­ diale della Sanità si dirigerà in Cina nel gennaio 2021 per cercare di identificare la fonte della pan­ demia di COVID­19. Il gruppo, che comprende epidemiologi, virologi e ricercatori di salute pub­ blica e animale, inizierà la loro ricerca a Wuhan, la città cinese dove le infezioni da coronavirus SARS­CoV­2 sono state identificate per la prima volta nel 2019. Le fasi iniziali del progetto saranno la carne e gli animali venduti al mercato di Hua­ nan ­ visitati da molte delle prime persone che hanno riferito di avere COVID­19 ­ e tracceranno i loro viaggi attraverso la Cina e attraverso i con­ fini. Scoprire le origini del virus potrebbe richie­

Unità ad accesso aperto Tutti gli occhi saranno puntati sull’editoria scien­ tifica nel 2021 mentre si concretizza un progetto di accesso aperto di due anni organizzato da al­ cuni dei più grandi finanziatori di ricerca del mondo. Più di 20 organizzazioni, tra cui Wellcome a Londra, la Bill & Melinda Gates Foundation di Seattle, Washington e il finanziatore nazionale olandese NWO, inizieranno da gennaio a stabilire

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che i documenti accademici pubblicati dal lavoro che finanziano devono essere immediatamente liberi di leggere. L’iniziativa, denominata Plan S, potrebbe significare la fine degli abbonamenti alle riviste e consentire a chiunque di leggere la letteratura scientifica. Il piano S ha già spinto di­ versi titoli, tra cui Nature, a offrire per la prima volta la pubblicazione ad accesso aperto.

successo, sarà la prima esplorazione del pianeta rosso da parte del Paese e l’unica volta che una sonda che trasporta un orbiter, un lander e un rover potrebbe arrivare su Marte. Anche le sonde provenienti dagli Emirati Arabi Uniti e dagli Stati Uniti dovrebbero arrivare sul pianeta rosso più o meno nello stesso periodo.

Rinnovamento delle cellule staminali

Ottobre 2021 vedrà il tanto atteso lancio del James Webb Space Telescope ­ che il suo svilup­ patore, la NASA, definisce il “telescopio spaziale più grande, potente e complesso mai costruito”.

Il Webb da 8,8 miliardi di dollari cercherà di ripe­ tere il successo del telescopio Hubble, che ha ri­ voluzionato l’astronomia quando è stato lanciato nel 1990 e da allora ha fatto più di 1,3 milioni di osservazioni. Webb coprirà più lunghezze d’onda di Hubble, permettendo agli scienziati di scrutare più a fondo nell’Universo.

Gli scienziati delle cellule staminali attendono con impazienza linee guida aggiornate dalla Società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali (ISSCR). L’ISSCR. Le linee guida in vigore risalgono a quattro anni fa. Il rinnovamento, che includerà indicazioni sugli studi sulle “strutture embrionali” umane coltivate da cellule staminali in vitro, po­ trebbe allungare la “regola dei 14 giorni”, che im­ pone che i ricercatori non possano lavorare con un embrione umano prodotto in vitro per più di due settimane dopo la fecondazione ed è san­ cito dalla legge in molti Paesi. L’estensione del li­ mite potrebbe consentire agli scienziati di capire meglio perché così tante gravidanze precoci fini­ scono in aborto spontaneo.

Tempo di crisi per il farmaco contro l’Alzheimer I regolatori degli Stati Uniti dovrebbero decidere se il primo farmaco segnalato per rallentare la progressione del morbo di Alzheimer può essere utilizzato come trattamento. Il farmaco, aducanu­ mab, prodotto dalla società farmaceutica Biogen, è un anticorpo che si lega a una proteina cere­ brale chiamata amiloide, che la maggior parte degli scienziati pensa possa essere il principale fattore scatenante della malattia. La prova che il farmaco funziona è mista. Due studi clinici di fase III hanno offerto risultati contrastanti e un comi­ tato consultivo indipendente convocato dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti per valutare l’efficacia del farmaco afferma che i dati non supportano il suo uso. Gli unici farmaci per l’Alzheimer approvati finora trattano sintomi co­ gnitivi come la perdita di memoria, piuttosto che la progressione della malattia.

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Obiettivo Marte L’ambiziosa agenda cinese per la scienza spaziale continua nel 2021. Una sonda cinese destinata a Marte dovrebbe toccarsi laggiù a febbraio. La mis­ sione Tianwen­1 sarà alla ricerca di acqua e segni di vita utilizzando 13 strumenti, tra cui teleca­ mere, radar e analizzatori di particelle. In caso di

Lancio del telescopio tanto atteso

Effetto “Increspatura” I radioastronomi potrebbero essere sul punto di dimostrare un nuovo modo di rilevare le onde gravitazionali sfruttando le stelle di neutroni pul­ santi come fari. Cronometrando con precisione i segnali di queste pulsar, team in Europa, Nord America e Australia cercano di rilevare increspa­ ture a lunghezza d’onda lunga prodotte da coppie di maxi buchi neri mentre orbitano l’una attorno all’altra al centro di galassie distanti.

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