GABRIELE RABAIOTTI Assessore alle Politiche Sociali e Abitative Comune di Milano “Il nostro mondo poggia sulle spalle dell’altro. Su bambini al lavoro, su piantagioni e su materie prime pagate a costo spicciolo: spalle di sconosciuti reggono il nostro peso, obeso in sproporzione di ricchezze. L’ho visto. Sulle salite lunghe molti giorni verso i campi base delle alte quote, uomini e donne e anche ragazzi portano nelle gerle intrecciateil nostro peso” (E. De Luca, Sulla traccia di Nives) In un paese colpito e messo in ginocchio dalla pandemia, Milano si è trovata sconvolta e ribaltata. Una città vivace, dinamica, in rapida trasforma-
zione, che da poco aveva riscoperto la forza della notorietà internazionale puntando sull’attrattività della cultura, degli eventi e quindi del turismo e del settore ricettivo, si trova costretta a rallentare, ad abbassare il volume, a spegnersi. Come se il suo cuore, rappresentato dal terziario avanzato e nell’indotto dei servizi alla produzione (e agli stessi servizi) improvvisamente viene arrestato, contro la sua natura, in un magico momento di ascesa. Il policentrismo del terziario e i nuovi grattacieli, simbolo ed icone del cambiamento, si svuotano così come le piazze e le strade più note e famose. Nel distanziamento e nella restrizione domiciliare si assiste ad una trasformazione improvvisa che in poco tempo ci consegna una città
capovolta: svuotata nel suo cuore pulsante e ripopolata nelle sue parti tradizionalmente più fragili. Una città che recupera energia nel tessuto minuto, nello spazio della residenza e dell’abitare (in particolare nei quartieri che si sono sviluppati oltre la circonvallazione della linea di filobus 90/91), che recupera il reticolo minore del commercio di vicinato e che prende forza grazie alle reti di prossimità, mentre il centro storico e gli spazi pubblici di tendenza perdono la popolazione intermittente dei city-users, dei turisti, delle popolazioni metropolitane che si riversano con periodicità variabili sul centro urbano (per lavoro, per i servizi, per lo shopping e gli acquisti). La città che il Covid porta in scena è abitata da una popolazione semplice, ordinaria e poco conosciuta anche perché è fatta di persone che non fanno notizia. Sono persone che la grande Milano ha collocato in una posizione funzionale ma non regolare; senza contratti di lavoro o con formule di ingaggio precarie, senza contratti di affitto ma comunque ospitati e residenti. Persone che sono sempre riuscite ad arrangiarsi, a recuperare un reddito e una casa, magari in condivisione. L’indotto di una serie di importanti attività produttive e di servizi è cresciuto e ha alimentato anche modelli informali e spazi di vita ‘grigi’, non regolari, sottotraccia. Chi abita questa parte ‘altra’ che è mescolata e si confonde con la città a noi più familiare, non è solito riferirsi ai servizi pubblici e tende a non farsi troppo conoscere dalle istituzioni pubbliche. La pandemia ha indebolito anche que-
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Milano Cities Changing Diabetes