Il Nostro Frutto 2018

Rivista a carattere informativo del Collegio Internazionale Leone Dehon

Anno IX – Maggio 2018

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Indice Editoriale Colui che fa sbocciare i fiori

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Benvenuti

Rivista a carattere informativo del Collegio Internazionale Leone Dehon

Anno IX | Maggio 2018

Sílvio José do Nascimento

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Fransiskus Xaverius Marmidi

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Everton dos Santos Carvalho

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Antonius Purwono 5 François Njiman 6 Jakub Bieszczad 6 Yohanes Yuwono 7 Eugénio Ernesto Tárua 7

Responsabile P. Bruno Pilati

Jean Baptiste Nsimi Bekoa

Redazione P. Emmanuel Nanduri P. José Daniel Alves P. Radoslaw Warenda P. Szymon Bendowski P. Tadeu Ernesto Loba P. Zeferino Policarpo

La nostra attività

Cura dei testi P. Bruno Pilati

Comunicare

Indirizzo Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù Via del Casale di S. Pio V, 20 00165 Roma (Italia) Telefono: +39 06 660 560 Fax: +39 06 660 56 326 Internet sup.collegio@dehon.it www.dehon.it #dehonians Stampa Litografia Leberit Via Aurelia, 308 00165 Roma Telefono: +39 06 662 0 695

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Accogliere i migranti

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Nomina episcopale di P. Heiner Wilmer

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Un lago, vino e pane

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175º della nascita di Padre Dehon

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Mission Statement - porta girevole

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Il nuovo sistema di identificazione visuale

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Incontri Corso per Economi

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Incontro Maestri dei Postulanti e dei Novizi

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Colloquio dei Superiori Maggiori

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Sereni nella serietà e seri nella serenità

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Incontro dei Formatori degli Scolastici

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Arrivederci Vincenzo Dalijan 30 José Carlos Briñón 31 Dominic Loc 31

Editoriale

Colui che fa sbocciare i fiori Bruno Pilati Superiore Roma II

Ogni anno è un dono sempre nuovo della misericordia di Dio! In questo anno la chiesa intera sta preparando il Sinodo dei vescovi, con tema ‘I giovani, la fede e il discernimento vocazionale’ e la nostra Congregazione celebra i 175 anni dalla nascita di p. Leone Dehon (14 marzo 1843).

I

n questo anno, rendo grazie per i 40 anni di presbiterato. Non ho mai detto: ‘voglio farmi prete!’ anche se da piccolo, in un classico tema su ‘cosa farai da grande?’ avevo scritto: vorrei fare il falegname o il prete! Avevo davanti un falegname, sulla strada verso la chiesa, e mi dicevo: un bel mestiere! Non si è in pubblico, se sbagli cerchi di rimediare, non c’è da parlare molto! E poi vedevo i giovani sacerdoti cappellani, tutto un altro stile: sei sempre in pubblico, c’è da parlare e se sbagli!! Ad ogni passaggio so che mi

dicevo: perché no?! Mi ricordo che sottolineavo soprattutto l’essere fratello in una comunità. Nel mio discernimento mi son detto: ‘farò il prete alla maniera del falegname, s. Giuseppe!’

Sono diventato presbitero per essere a sostegno della comunione, della crescita, dello sbocciare delle persone. Le grandi emozioni che ho avuto nella mia esistenza presbiterale sono state nella grazia di vedere persone che sbocciavano.Un’azione che avviene non tirando i petali dicendo ‘dai sboccia! Devi diventare!’ ma credendo alla promessa di Colui che fa sbocciare i fiori: ‘ti farò diventare’ – e io mi sono sempre fidato di questo!

Per un tempo, a dir la verità, l’ho inteso così: mi attrezzerà, mi darà le capacità per cui riuscirò ad essere un bravo predicatore, un organizzatore!

Il Signore mi ha fatto ‘diventare’ invitandomi a fidarmi di Lui: seguimi! Io sarò con te! Ti metterò nei posti, nelle situazioni dove quello che tu sei e ami potrà essere valorizzato nel mio disegno!

Il Signore non toglie quelle parti che leggo come limite, no, Lui le fa diventare risorsa: mi mette al posto giusto perché possano servire! Dio ha in mano la storia, la vita, la creazione, è lui che fa una cosa nuova! Mi ricordo che, nell’assemblea organizzata prima della mia ordinazione, c’era una domanda ‘p. Bruno perché ti fai prete?’ e nella liturgia risuonava: ‘ecco faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia!’ Come a dire: non sei tu che ti fai prete, ma è un Altro che viene e ti prende così come sei, ti mette al posto giusto per servire la vita.

Prego per i giovani di oggi, perché si lascino incontrare da Colui che fa sbocciare i fiori, e si serve anche di me per portare a compimento la creazione di ciascuno, prezioso ai suoi occhi. Lui è fedele e sa giungere con piccoli tocchi, come un raggio di sole, con gradualità. Lui pone nel posto giusto per servire meglio la vita, e a volte io rovino tutto perché cerco il posto dove riuscire meglio!

‘Tutto è primavera se tu sai fidarti di Lui!’

Benvenuti C

Sílvio José do Nascimento Provincia di Brasile São Paolo Nascita: 17-11-1982 Professione: 15-01-2005 Presbiterato: 04-12-2010 Licenza in Dogmatica

iao a tutti! Mi chiamo P. Silvio. Vengo dal Brasile e appartengo alla provincia dehoniana di Brasile S. Paolo. Sono nato nel 1982 e ho cominciato la mia vita nella Congregazione dei Sacerdoti del s. Cuore di Gesù nell’anno 2000. Nel 2005 ho fatto la prima professione e ho ricevuto l’ordinazione presbiterale nel 2010. Dopo l’ordinazione, per tre anni e mezzo sono stato come cappellano nella Parrocchia Divino Spirito Santo nella città di Varginha. Mi sono occupato prevalentemente di pastorale giovanile, universitaria e vocazionale.

Dal luglio 2014 sono in Italia. Per tre anni sono stato a Trento presso una comunità della Provincia dehoniana dell’Italia settenrionale.

In questo periodo le mie attività erano esclusivamente pastorale giovanile, vocazionale e scoutismo e anche nelle attività dell’archidiocesi di Trento.

Dall’8 settembre sono a Roma e frequento la Pontificia Università Gregoriana dove studio Teologia Dogmatica, in vista della licenza in questa disciplina.

S

Fransiskus Xaverius Marmidi Provincia di Indonesia Nascita: 10-11-1975 Professione: 01-08-1997 Presbiterato: 19-04-2005 Dottorato in Teologia Biblica

ono Fransiskus Xaverius Marmidi, provengo dalla Provincia Indonesiana. Nel mese di settembre dell’anno scorso sono arrivato a Roma per studiare. È la seconda volta che vivo come studente nel Collegio Internazionale Dehoniano. Ho già studiato nell’Università Gregoriana dal 2009 fino al 2012 per la licenza in Teologia Biblica. Finito il mio studio sono stato mandato dalla nostra Congregazione per un “nuovo ministero” per noi Dehoniani Indonesiani, nel Seminario Maggiore a Medan, North Sumatera. È un seminario inter-diocesano di sei diocesi di Sumatera. Ho vissuto da solo come dehoniano fra i seminaristi e i preti diocesani nella formazione. Non c’è una nostra comunità in questa regione.

I vescovi mi hanno dato la responsabilità di direttore spirituale dell’anno propedeutico e come professore di Bibbia nella Facoltà Teologia dell’Università San Tommaso, in cui studiano i seminaristi diocesani, insieme anche a Francescani Cappuccini e Conventuali.

Durante quasi cinque anni nel Seminario Maggiore, mi domandavo: perché i vescovi hanno voluto noi dehoniani nella formazione dei loro seminaristi? Per me, tutto è missione, sempre posso essere una testimonianza; la mia presenza è una possibilità di condividere la nostra spiritualità e, anzi, mi sono trovato veramente dehoniano.

Ed ora, il mio provinciale mi ha mandato per gli studi di dottorato in Teologia Biblica, e sono iscritto all’Università Urbaniana.

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S

Everton dos Santos Carvalho Provincia di Brasile São Paulo Nascita: 15-01-1973 Professione: 02-02-2001 Presbiterato: 11-03-2006 Dottorato in Diritto Canonico

ono Everton dos Santos Carvalho, brasiliano, 45 anni, nato a Varginha Provincia di Minas Gerais/ Brasil. Sono religioso dehoniano da 17 anni e sacerdote da 12, e questa è la seconda volta che vengo a Roma per motivi di studio. La prima volta è stata negli anni 200920012 per la licenza in diritto canonico, alla Università Lateranense.

Terminata la licenza sono ritornato in Brasile e ho lavorato nella nostra Facoltà di teologia e filosofia a Taubaté, San Paolo, come direttore e professore. Ora sono ritornato a Roma, in agosto, per il programma di dottorato nell’Università Lateranense. Ritornare a Roma è sempre un motivo di gioia e arricchimento personale, perché sei al cuore della Chiesa e le opportunità di crescita sono tante.

Secondo me un dottorato è sempre una grande sfida in vari sensi: personale, intellettuale, organizzativo, disciplinare ecc. Ritornare alla Accademia chiede sempre di radunare nuove forze e di focalizzare l’obiettivo desiderato, per poter rispondere in maniera adeguata alla Congregazione, che mi chiede di fare questa specializzazione, e alla Chiesa della quale tutti noi siamo servitori.

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Antonius Purwono Provincia di Indonesia Nascita: 19-03-1974 Professione: 01-08-1996 Presbiterato: 23-09-2004 Vicesegretario Generale

i chiamo Antonius Purwono. Sono entrato nel seminario minore a Palembang e nell’ultimo anno, ho deciso di diventare dehoniano. Ero interessato ad ‘essere dehoniano’ innanzitutto perché conoscevo la testimonianza di coloro che lavoravano nella mia parrocchia.

Per essere dehoniano, non mi bastava ispirarmi agli altri, io stesso dovevo conoscere, comprendere e vivere la spiritualità dehoniana e i valori in essa contenuti. Finiti gli anni di formazione, sono andato in parrocchia per vivere una esperienza pastorale. Il 23 settembre 2014 sono stato ordinato sacerdote. Il primo anno del mio sacerdozio, ho lavorato come vice parroco nella parrocchia a Bengkulu, nell’isola di Sumatra. Poi sono diventato vice parroco nella parrocchia di Santa Maria Immacolata Belitang. Nel 2009 sono diventato parroco nella parrocchia di San Isidoro, Singkut, Jambi. Dopo 3 anni di servizio ai parrocchiani, sono stato trasferito a Jakarta e il 24 ottobre 2012 sono partito per Toronto, in Canada, per una nuova missione. Dopo il primo semestre, occupato nel corso di lingua inglese al English School of Canada, sono stato nominato Cappellano per la Comunità Cattolica Indonesiana che abita a Toronto e dintorni. Dopo un anno e mezzo, mi sono trasferito a Ottawa per studiare nell’università di San Paolo e, nel maggio 2016, ho ottenuto la licenza in Diritto Canonico.

Sono arrivato in Italia il 13 ottobre 2016. Fino al 14 agosto 2017 sono stato a Napoli per studiare l’italiano, con altri confratelli nella comunità di Marechiaro, un bel posto, come un paradiso. Ora sono a Roma per servire la congregazione nella segreteria generale. Non avevo sogni prima di vivere e lavorare in questo posto. Ecce venio per me è essere sempre pronto per continuare ad imparare dalla vita, dagli altri confratelli nella vita quotidiana. Del resto, dare il meglio ​​ per la congregazione non è solo una scelta, ma un dovere per un dehoniano.

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François Njiman Provincia di Camerun Nascita: 12-10-1971 Professione: 12-08-1998 Presbiterato: 26-01-2006 Licenza in Scienze Sociali

ono François Njiman della provincia del Camerun. Sono nato in un piccolo villaggio nella cantone di Elong Mbo. Sono il secondo figlio di una modesta famiglia cristiana. Sono stato battezzato dai sacerdoti del Sacro Cuore nel 1971. La chiamata del Signore avviene al termine della mia istruzione secondaria. Sono stato attratto dall’impegno e dallo zelo missionario dei sacerdoti del Sacro Cuore a servizio del popolo e per fare conoscere Cristo, a prezzo della loro vita, secondo le testimonianze ricevute dai miei genitori. Accolto tra i sacerdoti del Sacro Cuore, nel mio percorso ho scoperto con gioia la fonte e la forza di impegno che motiva i membri di questa comunità: il Sacro Cuore di Gesù.

Dopo la mia ordinazione, sono stato cappellano dei giovani, vicario in entrambe le parrocchie S. Michele Arcangelo e S. Teresa del Bambino Gesù, nella diocesi di Yaoundé, poi vicario nella parrocchia del Sacro Cuore, nella Diocesi di Leboudi di Obala. Inviato a Nkongsamba a prendere la responsabilità del Santuario del Sacro Cuore e insieme Cappellano dei giovani e dell’infanzia nella grande diocesi di Nkongsamba, ho vissuto questa missione per 5 anni prima di essere inviato alla grande e bella parrocchia di Kouoptamo nel Noun. Circa cinque anni dopo sono stato richiamato al Servizio del Santuario a Nkongsamba, solo per alcuni mesi, prima di una pausa studio, che sto vivendo qui a Roma, iscritto alla Facoltà di Scienze Sociali della università pontificia Gregoriana. Seguo con molto interesse i corsi che mi serviranno per il futuro della pastorale sociale nella mia provincia dehoniana. Colgo l’occasione per dire grazie a tutti coloro che lavorano per questa formazione.

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Jakub Bieszczad Provincia di Polonia Nascita: 06-04-1986 Professione: 23-09-2006 Presbiterato: 19-05-2012 Licenza in Storia e Beni Culturali

ono membro della Provincia dehoniana Polacca. Nato 32 anni fa a Dębica nella Polonia meridionale, sono il primo figlio di una famiglia di 4 figli. Fin dalla fanciullezza m’avvicinavo alla Chiesa, soprattutto quando a 8 anni sono diventato chierichetto. Questo servizio mi ha formato, nei 10 anni seguenti, fino a giungere a proclamare la Parola di Dio come lettore. Nel frattempo ho conosciuto la Congregazione dei Sacerdoti del s. Cuore di Gesù grazie al mio compaesano, padre Jan Strzałka, rettore del seminario di Stadniki. Perciò, finito il liceo e superato l’esame di maturità, ho deciso di diventare un religioso e un prete in questa famiglia religiosa. Per sette anni ho vissuto la formazione e il 19 maggio 2012, dopo la professione perpetua, ho ricevuto l’ordinazione sacerdotale e intrapreso un impegno per instaurare il Regno del Cuore di Gesù nei cuori e nella società. Ho vissuto il ministero presbiterale in due parrocchie della Polonia: a Lublino e a Binczarowa insegnando la catechesi nelle scuole pubbliche e svolgendo una pastorale dei bambini e dei giovani.

Dal 1 luglio 2017 sono un borsista del Centro Studi Dehoniani a Roma e da ottobre ho cominciato il corso di licenza in Storia della Chiesa, nella Pontificia Università Gregoriana.

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Yohanes Yuwono Provincia di Indonesia Nascita: 11-01-1967 Professione: 01-08-1996 Servizi generali Casa Generalizia

ono fratel Yohanes Yuwono, della Provincia Indonesiana, nato il 11 gennaio 1967. Ho fatto la prima professione il 1° agosto 1996.

Ho scelto di diventare Dehoniano perché ho visto la fraternità della comunità dehoniana e la sua testimonianza nella vita quotidiana.

Dopo aver fatto la prima professione sono andato a Yogyakarta.

Ho abitato insieme con gli studenti che studiavano teologia e ho frequentato il corso di organo liturgico. Poi sono andato a Palembang per costruire i tavoli in legno, le sedie, le scrivanie, le porte... Abbiamo gli spazi per farlo, non soltanto per guadagnare i soldi ma anche per educare i giovani per il loro futuro. Nel mio tempo libero ho insegnato ai giovani come suonare l’organo.

Inoltre, ho una passione: quella di fare la meditazione per la salute.

L’ho imparato dalla Signora Merta Ada. Ora, sono capace di aiutare le persone che hanno bisogno di meditazione per la salute. Io ho integrato con gli insegnamenti cristiani. Sono molto contento perché posso collaborare con tutti, anche di diverse religioni: buddisti, induisti, musulmani. L’ho fatto per quasi 11 anni. Poi Il mio superiore provinciale mi ha chiesto di andare a Roma e sono arrivato in Italia nel mese di febbraio 2017 per prendere cura del giardino della Casa Generalizia e vivere nella comunità internazionale, in unità nella diversità, anche per dare testimonianza di vita religiosa dehoniana, cioè nella povertà, semplicità. Chiedo preghiere perché io possa sempre vivere nella pace e nella gioia, come dehoniano.

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Eugénio Ernesto Tárua Provincia di Mozambico Nascita: 26-05-1983 Professione: 08-12-2006 Presbiterato: 04-01-2015 Licenza in Teologia Biblica

i chiamo Eugenio Tárua e vengo dal Mozambico. Sono nato il 26 maggio 1983 e sono l’ultimo figlio dei miei genitori. Sono entrato nella congregazione nell’anno 2002 come aspirante. Ho vissuto l’anno di noviziato a Gurué - Mozambico, che è culminato con la mia prima professione, l’8 dicembre. Dopo gli studi filosofici a Matola - Mozambico, e gli studi teologici presso l’Istituto Teologico di San Giuseppe a Pietermaritzburg – Sud Africa, sono stato ordinato sacerdote il 4 gennaio 2015, a Gurue, in Mozambico.

Durante tutto questo periodo di seminario, ho sentito un forte desiderio di approfondire lo studio della Parola di Dio! Dopo un breve periodo di ministero come coordinatore dell’animazione vocazionale a livello di Provincia e come formatore, la mia richiesta di studiare teologia biblica è stata esaudita! Ed è così che sono approdato a Roma l’8 maggio 2017 e ho iniziato i miei studi presso la Pontificia Università Gregoriana.

Sto familiarizzando con entusiasmo con la nuova impostazione della vita, con la lingua italiana, gli studi biblici, la vita nella Casa Generalizia e la vita a Roma, in generale. Come giovane prete, sono eternamente grato a Dio per avermi scelto come uno dei suoi lavoratori per lavorare nella sua vigna. Prego che continui a sostenermi con la sua grazia insondabile e mi dia abbastanza forza per rimanere a remare coraggiosamente in questo mare di vita tempestoso, così che ogni volta che affronto qualunque tipo di difficoltà possa sempre dire “Tu hai parole di vita eterna!”.

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Jean Baptiste Nsimi Bekoa Provincia di Camerun Nascita: 29-08-1973 Professione: 12-08-2001 Presbiterato: 24-04-2009 Licenza in Teologia Pastorale

ono Jean Baptiste Nsimi Bekoa, della provincia Camerunese, arrivato a Roma nel luglio 2017 per studiare teologia pastorale alla Pontificia Università Lateranense. Sono nato il 29 agosto 1973 a Yaoundé, la capitale della Repubblica del Camerun.

Tutto è iniziato con il desiderio di diventare sacerdote. Ma quando l’ho detto a mia madre, lei ha pensato ad una punizione di Dio, dicendo che non ero la persona indicata per un tale desiderio. Tutti erano scettici conoscendo il mio carattere e i miei stati d’animo.

Mamma con una fiducia folle, diceva che Dio stesso avrebbe organizzato tutti. Per mia mamma, il lavoro era soprattutto la preghiera. A 83 anni, la sua devozione alla Vergine Maria è rimasta intatta. Lei prega per me ogni giorno.

La mia vocazione alla vita religiosa diventa effettiva con l’incontro di padre Antonio Panteghini, nel mio villaggio durante le sue visite ai poveri e agli anziani. Non ero sedotto nel vedere il prete, ma ero profondamente commosso per vedere tanta semplicità e attenzione. Questo approccio nella semplicità ha influenzato positivamente la mia scelta per la congregazione. Non rovineremo l’eredità spirituale di Padre Dehon, mostrando il valore della vita, la dignità umana, e soprattutto una testimonianza di vita umanamente degna nella nostra società. Sono felice di essere dehoniano. Ho fatto questa scelta, seguendo Padre Dehon e con l’aiuto di Cristo, cerco di seguirlo ogni giorno. E anche a Roma dove sono attualmente.

Il regno del Cuore di Gesù nella società è il regno della giustizia, della carità, della misericordia, della pietà per i piccoli, gli umili e quelli che soffrono. Vi chiedo di dedicarvi a tutte queste opere, di incoraggiarle, di aiutarle. Favorite tutte le istituzioni che devono contribuire al regno della giustizia sociale e che devono impedire l’oppressione dei deboli da parte dei potenti.

Leone Dehon

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La nostra vita

Accogliere i migranti Emmanuel Nanduri Distretto di India

“Ero forestiero e mi avete accolto” [Mt 25, 35]. La Casa Generalizia dei Dehoniani continua ad aderire con tutta la Chiesa Cattolica all’invito di Papa Francesco per accogliere i nostri fratelli migranti dalle diverse nazioni e fedi. È un aspetto umano per far sentire la nostra responsabilità umana perché “il servizio fatto all’uomo è un servizio fatto a Dio”.

In quest’anno è tra noi il signor Shahin Bepari che ci fa conoscere meglio con una piccola presentazione.

Il paese d’origine: Mi chiamo ‘Shahin Bepari’ e sono del Bangladesh. Bepari è il cognome di mio papà che si chiama ‘Shofiq Bepari’. Io sono l’unico figlio dei miei genitori. Ora, ho 26 anni e sono qui in Italia da quattro anni. Quando avevo 15 anni (facevo la scuola secondaria) ho smesso di studiare. Ho cominciato a imparare il lavoro del saldatore.

Il paese attuale: Il viaggio verso l’Italia era il primo in aereo. Non sapevo la destinazione, la lingua, la cultura, non conoscevo nessuno e praticamente nulla. Quando sono arrivato in Italia, la polizia

dell’aeroporto m’ha aiutato molto per entrare in una azienda dell’accoglienza che si chiama ‘CARA’. Questa azienda mi ha aiutato per il permesso di soggiorno. E poi, con l’aiuto di un connazionale sono riuscito a trovare un lavoro. Sono arrivato al centro Astalli dove mi sono rinforzato per essere capace di sostenere la mia vita e il mio soggiorno in Italia. Il centro Astalli mi ha aiutato a trovare una residenza temporanea. Grazie a tutte le aziende e il governo statale d’Italia che mi hanno accolto e mi hanno aiutato tanto.

Il soggiorno presso la Casa Generalizia SCJ: Sono arrivato alla casa generalizia dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù il 1 novembre 2018 e sarò qui fino al 18 luglio 2018. Sono molto contento di essere da voi, come uno di voi (di sperimentare una vita fraterna). Mi sono trovato molto bene da voi e mi sento a casa. Grazie a Carlos Enrique e a Bruno, che dialogando con gli operatori del Centro Astalli mi hanno accolto. Grazie a tutti quanti voi per la vostra amicizia in particolare Ricardo, Manuel, Loc e altri. Ho apprezzato la vostra disponibilità quando ero bisognoso, la vostra fraternità quando ero isolato, la vostra solidarietà quando ero straniero. Infatti, non mi avete accolto come uno straniero, ma come un fratello e un amico.

Allah vi benedica.

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Nomima episcopale di P. Heiner Wilmer Com’è stata la chiamata?

L

a mattina di lunedì 5 marzo, stavo a Manchester (Stockport) in visita canonica ai nostri confratelli. La sera precedente mi ero soffermato a parlare ampiamente con i Sacerdoti del Sacro Cuore (Dehoniani) sul giovane Friedrich Engels e sulla miseria degli operai nelle fabbriche tessili di Manchester e anche sui successi del Football Club Manchester United. Dopo aver fatto una buona colazione, avevo finito di preparare anche la piccola omelia per la messa delle ore 9.30 su Naaman il Siro, del 2º Libro dei Re. Volevo fare la predica sul Dio delle sorprese e sul fatto che le cose possono andare in maniera diversa da come la pensa l’uomo.

Sul display del mio cellulare c’era un numero sconosciuto, dalla Germania, con un nome criptico, mezzo italiano, mezzo tedesco: “Signore HeinzGuntr chiede di richiamare”. Volevo lasciar stare, perché non amo richiamare numeri sconosciuti senza un’indicazione ragionevole. Ma poi ho pensato: Telefono adesso rapidamente, e poi la cosa è risolta. Ma poi la cosa è andata in modo del tutto diverso. Col cavolo, risolto!

Dall’altra parte c’era il vescovo ausiliare HeinzGünter Bongartz. Anche se non ci eravamo incontrati prima, subito mi è suonato familiare il suo accento nord tedesco. Dopo una piccola presentazione, è andato diretto al punto: “Caro Padre Wilmer, il Capitolo della Cattedrale di Hildesheim l’ha eletto come nuovo vescovo. Il Santo Padre ci ha fatto il suo nome in una lista di tre nomi. La preghiamo cordialmente di accettare l’elezione.”–“Come? Un momento. Non può essere.

Io sono un religioso. Tre anni fa sono stato eletto Superiore generale della nostra Congregazione.

Ho promesso ai confratelli di dare il mio meglio nei successivi sei anni…” Insomma, qui ci sarebbe ancora molto da dire. Per dirla in breve: gli ho

Ma anche il Santo Padre mi ha sorpreso. Mi ha chiamato al cellulare proprio lui quello stesso mercoledì, soltanto alcune ore dopo. Si è mostrato comprensivo davanti al mio conflitto di coscienza. Ha detto: “Conosco la tua Congregazione. Non ti faccio pressione. Prega il vostro Fondatore Padre Dehon”. detto che avevo bisogno di tempo. Non capivo assolutamente niente di tutto questo. Allora ho lasciato passare il lunedì, e anche il martedì.

Il mercoledì, alle 5 del mattino ho scritto una lettera a Papa Francesco. Nel frattempo ero già a Dublino. Anche qui per la visita canonica. Ho scritto al Papa che ero commosso per la fiducia della diocesi di Hildesheim, ma che non restavo con la coscienza tranquilla a lasciare i miei confratelli durante il mio mandato. E poi gli ho chiesto il suo consiglio paterno. In mattinata ho inoltrato la lettera alla Congregazione dei Vescovi. Mi avevano detto che il cardinale Ouellet l’avrebbe consegnata personalmente al Santo Padre in tre giorni e che potevo contare su una risposta entro cinque o sette giorni.

Ma anche il Santo Padre mi ha sorpreso. Mi ha chiamato al cellulare proprio lui quello stesso mercoledì, soltanto alcune ore dopo. Si è mostrato comprensivo davanti al mio conflitto di coscienza.

Ha detto: “Conosco la tua Congregazione. Non ti

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faccio pressione. Prega il vostro Fondatore Padre Dehon. Vai in cappella. Fai adorazione, che per voi nella Congregazione è così importante e pensa ad alcuni fratelli della tua Congregazione, che ti hanno preceduto in passato con coraggio e senza sgomento”.

Ho fatto questo. Ho capito. In tarda serata ho chiamato il vescovo Bongartz e ho detto di sì.

Dopo le reazioni iniziali di sorpresa, di mancanza di parole e una sensazione di paralisi, adesso sono ottimista. Sì! Mi rallegro di tutto cuore!

Che cosa è importante per me?

Che cosa credo di poter portare in diocesi?

Un orecchio aperto. Questo è il più importante per me. Io voglio sentire, ascoltare, capire, farò delle domande. L’antica tradizione del “Shemah Israel” (Ascolta Israele!) contrassegna la mia vita religiosa sin dall’inizio. È dai miei diciannove anni che vivo nella comunità dei Sacerdoti del Sacro Cuore (Dehoniani). So che da soli si vá veloce, ma insieme si va lontano.

La devozione al Cuore di Gesù occupa un posto centrale per me, insieme all’oblazione a un Dio che si è fatto carne. Perciò è importante per me che ogni persona entri dentro di sé, che sia totalmente sé stessa. L’adorazione quotidiana davanti al Santissimo, il tempo per il silenzio e la contemplazione segnano il mio ritmo, mi proteggono dalla frenesia e dall’attivismo.

Da tre anni abito nella nostra Casa generalizia a Roma, alla quale appartiene anche il Collegio internazionale. La comunità è composta da sessantuno confratelli. Proveniamo da venti nazioni e da quattro continenti. Allo stesso modo, anche il nostro Governo generale ha una composizione internazionale. Da ciò porto con me uno sguardo verso gli stranieri in terra straniera e una grande fiducia negli altri.

E ciò che nel mio tempo romano mi ha segnato in quanto nord tedesco è la “serenità” italiana: una tranquillità serena e una tranquilla serenità.

Adesso arriva un nord tedesco proveniente dal sud. Uno che crede che Dio viene insieme!

Heiner Wilmer

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Un lago, vino e pane

D Pedro Iglesias Curto Segretario Generale

al titolo si potrebbe pensare che questo articolo ci voglia portare in viaggio in Terra Santa, sulle sponde del lago di Galilea, ricordando uno degli incontri di Gesù risorto con i suoi, intorno al vino e al pane. Niente affatto.

Siamo molto più vicini a Roma, in un altro lago: quello di Bolsena. Nei suoi dintorni, lo scorso 28 settembre, i membri della Curia generalizia, il Collegio internazionale e i partecipanti al corso di economi si sono recati per una giornata di svago e condivisione, durante la settimana della programmazione comunitaria dell’anno accademico 2017-2018. Sebbene le differenze tra il lago di Tiberiade e quello di Bolsena siano evidenti, non mancano alcuni dettagli che possono evocarci le acque del racconto evangelico.

Il lago di Bolsena era la nostra méta principale e la visione più attesa. La sua ampiezza fa pensare quasi ad un mare, come quello di Galilea. Non per niente è il lago vulcanico più grande di Europa.

In una visione panoramica, potemmo renderci

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Il lago di Bolsena era la nostra méta principale e la visione più attesa. La sua ampiezza fa pensare quasi ad un mare, come quello di Galilea. Non per niente è il lago vulcanico più grande di Europa. In una visione panoramica, potemmo renderci conto della sua estensione... conto della sua estensione, interrotta solo dalle isole Martana e Bisentina, e dalla presenza di alcune barche sulla riva, non tanto di pescatori ma di operatori turistici, come ricordo di essere stati in una delle destinazioni estive più frequentate del centro d’Italia.

Sul lago si affacciano diversi borghi. In alto, e con una panoramica privilegiata, Montefiascone è stata la prima sosta del nostro viaggio.

Accompagnati da un esperto cicerone locale, in mattinata abbiamo visitato alcuni dei suoi edifici più importanti, come la Cattedrale di Santa Margherita, con la sua splendida cupola, o la robusta chiesa di San Flaviano, di origine medievale, con delicati capitelli e affreschi magnificamente conservati. Camminando per i suoi ripidi vicoli siamo arrivati alla rocca, nella zona più alta della città, uno dei luoghi di rifugio e sollievo più visitati dai Pontefici durante il medioevo, come sarà in seguito Castel Gandolfo, sulla riva di un altro lago: il lago di Albano.

Non è difficile immaginare i tempi in cui la città era uno dei centri più importanti di studio delle lingue classiche. Oppure quando le sue strade erano piene di pellegrini in cammino verso Roma, sulla via Francigena, che qui segna gli ultimi 100 km del viaggio. Tuttavia, non è la sua storia o i suoi monumenti che rendono famoso Montefiascone, ma qualcosa di più quotidiano.

Ed ecco il vino. Perché dice la leggenda che era così buono il vino bianco di questa città che il

coppiere di un Vescovo, cercando i migliori gusti per il suo signore, riconobbe questo gusto con un appassionato: Est! Est! Est! E così è arrivato fino alla nostra tavola in tante domeniche e giorni festivi.

Dopo aver condiviso non solo il vino, ma un buon pasto, ci attendeva la seconda sosta del nostro viaggio: la città che condivide il nome con il lago, cioè, Bolsena. Tra le sue strade medievali spicca la chiesa di santa Cristina, che ricorda questa martire del tempo della persecuzione di Diocleziano, e che venne sepolta sotto la chiesa attuale, come testimonia il cimitero che sorse attorno alla sua tomba. Purtroppo la storia di questa giovane è un vero catalogo di forme di martirio, giacché fu incarcerata, picchiata, attaccata dai serpenti, immersa in una caldaia, affogata nel lago, buttata in una fornace e, infine, colpita da due frecce.

La venerazione di questa santa è stata enorme per secoli e questo attrasse alla sua tomba tanti pellegrini. Tra questi, nel 1263, arrivò quello che è diventato il più famoso, e non tanto per la sua pietà: un sacerdote boemo con grandi dubbi sulla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Ed ecco che appare il pane. Perché qui ebbe luogo il miracolo eucaristico, per cui Bolsena è mondialmente conosciuta. Secondo la storia, mentre questo sacerdote celebrava l’Eucaristia, vide come l’ostia sanguinava, macchiando il corporale e l’altare.

Sebbene le reliquie più importanti siano state trasferite alla sede del Vescovo, in Orvieto, la città di Bolsena conserva ancora alcune pietre con le macchie di quel fatto straordinario. Ma soprattutto ha l’onore di vincolare il suo nome al miracolo che darà origine alla festa del Corpus Domini.

Così, tra storie e leggende, con vino e pane, e la visione sempre presente delle acque tranquille del lago, la giornata è trascorsa serena e arricchente. Una bella occasione per trovarsi insieme, per accogliere i nuovi confratelli che s’incorporavano alla comunità, per prendere aria prima dei lavori quotidiani nello studio, il servizio alla Congregazione o la preparazione nel settore dell’economia. Ma forse dietro tutto questo, tra tanti testimoni di dubbi e di fede lungo i secoli, un’opportunità per cominciare un nuovo percorso, ricordando quell’altro lago lontano dove Gesù, come a noi, disse una volta: “Vieni e seguimi”.

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175º della nascita di Padre Dehon

È Juan José Arnaiz Provincia di Spagna

Se un anniversario di vita non suscita ancor più vita; se una città di origine non riafferma l’identità di una congregazione, vuol dire che qualcosa si è perso lungo le strade di questo mondo.

Una cosa risulta chiara: un professo dehoniano appartiene, per la nuova nascita, a questi luoghi e a tutto quello che evocano.

importante dove si nasce? La risposta in genere è sempre positiva. Di fatto è una corda sensibile. Nell’era della globalizzazione senza confini, sapere dove uno è nato sopravvive alla tendenza di fare di questo dato un elemento irrilevante. Anzi, in questi tempi di crisi (economica, politica, etica, morale, religiosa, sociale…) che colpisce il mondo occidentale, riappare con una forza, a volte troppo poco apprezzata, la voglia di rialzare la testa ripartendo dai territori e dalla gente con cui si vive e lavora. Cioè parlare del luogo d’origine è sempre parlare di identità.

Parlare oggi di origine è mettersi davanti al compito di non perdere l’identità.

Per noi, Congregazione SCJ, che importanza ha oggi ricordare che 175 anni fa nasceva Léon Gustave Dehon? Che importanza ha che questa nascita avvenisse nel villaggio di La Capelle? Le domande crediamo siano pertinenti se prendiamo in mano come è oggi la congregazione. Non si può negare che l’Istituto rimane unito nel vincolo di una stessa professione religiosa. Principio spirituale imprescindibile, ma… sufficiente? La vocazione dehoniana è vissuta in maniere assai diverse nelle parti in cui la congregazione è suddivisa. La spartizione è frutto della normale e progressiva internazionalizzazione che la presenza (in progressiva maturazione religiosa) in nuove zone del mondo porta con sé. A questo principio si aggiunse un cambiamento ecclesiastico-culturale di importantissima portata: quello che le nostre Costituzioni consacrano con il nome di decentramento (cfr. Cst 112-114). Il decentramento non solo ha avuto ripercussione sul governo dell’Istituto e della sua economia, ma anche sulla formazione e conseguentemente sulla ricezione, comprensione e vissuto del carisma; e anche sui progetti apostolici che portiamo avanti.

La vita del fondatore e i luoghi dove si è svolta

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prendono così un valore di referenzialità che, nel contesto presentato, acquisisce un rilievo di primo ordine. Pellegrinare nei “Luoghi dehoniani” senza fare un profondo e voluto “pellegrinaggio carismatico” è ridurre questo sforzo al livello di un turismo borghese e conseguente spreco economico.

Respirare un’aria simile a quella respirata da Dehon; ricevere negli occhi un paesaggio somigliante a quello conosciuto da Dehon; udire i suoni che suonarono in tal modo da diventare soffio dello Spirito, parola articolata in un modo nuovo; in breve il ‘contesto’ in cui si forma il ‘testo’ di un modo di vivere la fede, la vita religiosa dehoniana, e gli impegni al servizio del Regno di Dio è l’unico ‘pretesto’ per affermare la necessità di andare a trovare Dehon, quel materiale che ci resta di lui, a casa sua.

Ma, qual è veramente la sua città di origine?

Risposta molto importante perché parliamo della nostra origine e dunque della nostra identità.

La Capelle e Saint-Quentin si disputano questo posto. La prima ha il sapore del focolare, dunque del calore di un amore che, offerto, diventa ricerca ed elevazione fino a trovare l’amore perfetto, totale, quello del Cuore di Cristo, strada di spiritualità, di sequela e di stile di vita interiore e sociale. Saint-Quentin ha il sapore di saper guardare, ascoltare, e… scommettere

nella costruzione di soluzioni e risposte concrete e lottate. I ‘monumenti dehoniani’ ci chiedono davanti alla porta della Salle St. Joseph quale sia il nostro impegno concreto per l’infanzia nel bisogno; il massiccio edificio della Istitution St. Jean, ci chiede quanto siamo diventati educatori e formatori di una civiltà dell’amore; la solenne Basilique o la modesta parrocchiale di SaintMartin, dove troviamo p. Dehon, ci interrogano sul nostro essere comunità apostolica alla guida di una comunità parrocchiale… le antiche case operaie, i sogni di società nuove e alternative ci ricordano quanto il nostro essere religiosi ci invia al di là delle frontiere della Chiesa (territorio affidato alla guida dei sacerdoti), per portare l’annunzio di novità (vissuta e per questo credibile) che è il Vangelo predicato a operai, imprenditori, politici, comunicatori, e tanti altri.

Se un anniversario di vita non suscita ancor più vita; se una città di origine non riafferma l’identità di una congregazione, vuol dire che qualcosa si è perso lungo le strade di questo mondo.

Una cosa risulta chiara: un professo dehoniano appartiene, per la nuova nascita, a questi luoghi e a tutto quello che evocano. Visitarli è rinascere e rinforzare il proprio essere dehoniano. Piaccia al venerabile Dehon parlare ai loro figli forte e chiaro attraverso questo spazio (che muta) e questo tempo (che passa).

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Comunicare

Mission Statement porta girevole

Radoslaw Warenda Provincia di Polonia

termine. Semplicemente ci aiuta a capire cosa vuol dire essere e lavorare come Dehoniani. Mi pare molto importante che la Mission Statement non sia vista come una cosa impostata dall’alto e che deve essere incorporata dal basso, ma come una opportunità per ogni singolo dehoniano di ravvivare la propria vocazione.

Con il cuore e la mente aperti

S

enz’altro è stato ben accolto e ben diffuso il simbolo della Mission Statement: with open heart and mind. Sia da quelli che hanno la stampa a portata di mano, sia da coloro che fanno cose a mano. Ma sarebbe una grande perdita se noi rimanessimo solo sul livello estetico della grafica. Cosa significa per un dehoniano la Mission Statement? Come può ispirarci?

La chiamerei una porta girevole, cioè un modo con il quale ci presentiamo al mondo e, allo stesso tempo, il modo in cui il nostro “uditorio” ci comprende. Quindi la Mission Statement tenta di descrivere la nostra identità e perciò progetta il nostro futuro. Essa coinvolge in maniera diretta molto più il singolo religioso, che non l’istituzione o la congregazione. Essa è formata da tre elementi di base: le nostre Costituzioni, i valori importanti dei dehoniani di oggi e la spiritualità del Sacro Cuore.

A cosa serve?

Innanzitutto cerca di giustificare quello che siamo e quello che facciamo. Può essere una guida alle decisioni quotidiane e a quelle più importanti che riguardano il nostro ministero, le decisioni a lungo

Non stiamo inventando il mondo da capo, ma ci rendiamo conto del dono. Del dono di p. Dehon e soprattutto del dono dell’amore di Cristo.

Senz’altro il carisma dehoniano non è stato inventato, ma plasmato grazie a un’esperienza dell’amore di Dio. Questa è la spinta più forte per poter testimoniare, condividere con gli altri. È proprio questo incontro con il Signore che ci libera dalle paure e indica lo stile di pensare ed agire con il cuore e la mente aperti. Ecco lo stile dehoniano e la nostra visione: vedere la realtà with open heart and mind.

Lo slogan della nostra visione è impiantato forte nelle due grandi passioni della vita di Dehon: la verità e l’amore.

La nostra visione non ha scadenza; fa da ponte tra gli eventi storici che ci hanno plasmati e il futuro nella media e lunga prospettiva. Ecco chi cerchiamo di essere!

La missione condivisa

Nella missione della Mission Statement cerchiamo di spiegare le ragioni per le quali esistiamo. In modo semplice qui troviamo la risposta alla domanda molto essenziale: cosa fare? Come realizzare in pratica la nostra visione? Come viene letto da dehoniano il Vangelo che cerchiamo

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di mettere in pratica? Il concetto di missione è essenziale e deve essere pienamente in linea con la visione che vogliamo raggiungere.

Sono stati indicati alcuni campi importanti per realizzare la vocazione dehoniana: l’educazione, l’impegno sociale, la missione, la spiritualità e i media. Così ci sono non solo i singoli posti come scuola o parrocchia, ma i campi nei quali siamo presenti con speciale attenzione ai più bisognosi.

Non solo il nostro “lavoro” è la nostra missione, ma anche la vita in comunità nutrita dall’Adorazione eucaristica è una missione.

In pratica!

Due sono le direzioni nelle quali possiamo utilizzare la Mission Statement: condivisione e confronto. Vale la pena esporre sia il testo sia lo slogan negli ambienti dehoniani, perché circondarsi di elementi visibili aiuta a interiorizzare l’idea e a farla conoscere agli altri. Ma non bastano gli elementi esterni. Quello che rende la Mission Statement efficace è il confronto nei diversi livelli della vita dehoniana: dal personale a quello amministrativo. Perché non proporre di fare il quotidiano esame di coscienza sulla base della Mission Statement? Ponendoci domande tipo: come ho testimoniato l’amore di Dio? In quali occasioni ho aperto il mio cuore? Qual è il mio coinvolgimento nella missione? L’Eucaristia ha ispirato la mia giornata?

Vorrei invitarvi alla creatività, ad approfondire ciò che ci unisce nelle nostre diversità. La Mission Statement dehoniana è una cosa viva che può ispirarci di nuovo. Se desideri approfondire il tema visita il sito dedicato alla Mission Statement: www.openheartandmind.org

La nostra visione: Amare con cuore e con mente aperti Siamo testimoni dell’amore trasformante di Dio nelle anime e nella società. Diffondiamo nel mondo l’amore di Dio con il cuore e con la mente aperti.

La nostra missione: Adveniat Regnum Tuum – Venga il tuo regno Esistiamo specialmente per le persone più bisognose e per i giovani. La nostra Congregazione si concentra sull’educazione, l’impegno sociale, le missioni, la spiritualità e i media per annunciare il regno di Dio. Viviamo in comunità, siamo ispirati dall’Adorazione Eucaristica quotidiana, e in un mondo frammentato crediamo che l’unità è possibile.

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Il nuovo sistema di identificazione visuale

C

’è un’immagine che suscita sempre una forte impressione durante le presentazioni sulla comunicazione che faccio ogni tanto. È l’immagine di tutte le attuali testate dei siti web dehoniani. Ma cos’è esattamente che suscita questa forte impressione? La varietà e l’incoerenza. Infatti è difficile dire che si tratta della stessa congregazione...

Nei cambiamenti della comunicazione siamo passati alla fase in cui bisogna sistematizzare il simbolismo dehoniano per poter informare meglio, per essere visibili in modo compatto e alla fine per parlare unanimemente. È proprio il nostro “sint unum” in pratica. Il primo passo già è stato fatto dal Superiore Generale prendendo la decisione che il nome comune popolare della Congregazione sia “dehonians”, con le opportune variazioni linguistiche.

Cosa significa per noi?

In modo ufficiale la Congregazione si presenta con lo stemma e i suoi timbri che testimoniano l’identità storica espressa nel linguaggio araldico e i più importanti valori della congregazione.

Mai nella storia dei Dehoniani è stato stabilito un simbolo ufficiale della Congregazione.

I meandri dello stemma

Per non partire con il piede sbagliato, abbiamo cominciato con una ricerca e sistematizzazio-

ne dei simboli già esistenti. Dovevamo entrare nei dettagli ponendoci le domande: la ferita nel Cuore deve essere sulla parte destra o sinistra? Le iniziali sullo scudo dello stemma è “MA” o “AM”? E cosa significherebbe: “Maria” o “Ave Maria”?

Nel viaggio del mondo affascinante dell’araldica avevamo una guida sicura da parte di specialisti: il prof. don Józef Marecki e lo Studio Otwarte – agenzia di branding di Cracovia –, ovviamente oltre alle nostre forze interne del Centro Studi e dell’Archivio generale. Il risultato della collaborazione sarà lo stemma ufficiale della congregazione. Il progetto viene completato con un blasone, che contiene una descrizione e spiegazione dello stemma.

La nostra croce

Inventata nella scuola di Stegen (Germania) da uno dei nostri alunni e poi elaborata con i professori per poter essere un simbolo per la festa che i giovani stavano per preparare, la croce dehoniana è un forte e riconoscibile segno dehoniano. Nata nel 1979, oggi genera tante emozioni e ricordi e soprattutto nella sua forma semplice e chiara porta un messaggio importante per i dehoniani. Sarebbe impossibile contare quante versioni della croce dehoniana sono state prodotte. In alcune provincie, come Chile, Germania e Spagna, la croce dehoniana ha una chiara politica d’uso, a volte descritta nel Brandbook professionale o protetta dalla legge locale.

Vogliamo che la croce dehoniana diventi un simbolo per la nostra comunicazione. E stiamo lavorando affinché tutto questo sia fatto nel modo più professionale possibile. Perché non solo la croce fa parte del sistema dell’identificazione visuale, ma anche la coloristica e lo stile dei caratteri. A breve presenteremo come proposta a tutta la congregazione il Brandbook in forma digitale con gli esempi dell’implementazione, cosiddetto Key visual. Spero che sia ben accolto.

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Incontri

Corso per Economi Il Governo Generale ha promosso, tramite l’Economo Generale, un Corso per Economi della Congregazione. il corso si è svolto dal 1 gennaio all’11 maggio 2018, nella Casa Generalizia. Al corso hanno partecipato 16 confratelli dehoniani provenienti da diverse Entità più 2 sacerdoti mozambicani della diocesi di Beira.

L’Economo Generale, P. Luca Zottoli, risponde ad alcune domande su questo corso. Di seguito presentiamo alcune testimonianze di alcuni confratelli che hanno usufruito di questo Corso.

Quali sono le motivazioni che hanno spinto il Governo Generale a organizzare un corso per economi?

Un frutto del Capitolo Generale è stato quello di ribadire l’importanza della formazione a diversi livelli all’interno delle aree specifiche di competenza nella vita della Congregazione. Una di queste aree è certamente l’area economica, che chiede una capacità non solo relazionale e gestionale ma anche tecnica e contabile. Poiché l’economia è il termometro della vita spirituale di una Congregazione nel corso del sessennio si è pensato opportuno organizzare un corso per economi. L’economia non è certamente la parte più importante nella vita di una Congregazione ma tuttavia, poiché tutto ha un versante economico, è una cartina di tornasole della capacità di mettere in pratica il Vangelo senza proclamarlo.

Com’è stato organizzato il corso?

Il corso è stato pensato in modo complessivo, per quanto la materia sia in realtà talmente articolata che un solo anno non può certamente essere giudicato sufficiente. La dimensione centrale è sempre quella della dinamica comunitaria e pertanto il primo obiettivo è stato quello di radunare insieme, prima possibile, i 20 confratelli individuati per l’incarico. La prima parte è stata occupata da un corso di italiano che ha permesso ai confratelli di imparare un primo linguaggio comune e apprendere una nuova

lingua. La seconda parte è stata occupata dal tentativo di imparare un secondo linguaggio comune, quello dei numeri, attraverso lo studio di come si redige un bilancio, di come si scrive e si presenta un progetto, di come funziona la vita della Congregazione. Saper leggere i numeri è fondamentale in quanto i numeri sono onesti, sinceri, non mentono mai, quando lo fanno in qualche modo te lo dicono loro stessi. Tutto sta nel saperli leggere.

Quali benefici questo corso può portare per il futuro della Congregazione?

Un beneficio che porta con sé un corso di questo tipo è certamente l’opportunità di conoscere altri confratelli e altre culture, far conoscere la propria cultura e condividere esperienze e competenze. Certamente un gruppo di amici è nato e ha messo le radici perché in futuro ci si possa aiutare e collaborare in modo simpatico e costruttivo. Un secondo beneficio consiste nel fatto di avere persone formate in Congregazione ad amministrare i beni in modo evangelico e professionale. Se Gesù ricorda ai discepoli che devono andare nel mondo come “agnelli in mezzo ai lupi” e devono stare attenti ai “lupi travestiti da agnelli” questo corso vorrebbe aiutare i futuri economi a capire che è importante essere “agnelli travestiti da lupi”. La Chiesa e la Congregazione ha bisogno di persone semplici come le colombe ma astute come serpenti poiché i figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce.

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Le due sfide che si pongono di fronte alla Congregazione oggi sono ugualmente importanti e chiedono di essere armonizzate insieme. Una prima sfida è rappresentata dalla necessità di reperire fondi al di fuori della Congregazione, in quanto i paesi storicamente missionari e generosi iniziano a trovarsi sempre di più in difficoltà compromettendo il sostegno e l’aiuto a paesi meno ricchi e meno abbienti. Una seconda sfida è rappresentata dalla necessità di ridurre i costi attraverso una maggiore opera di autosostentamento col proprio lavoro e una migliore gestione delle risorse umane della Congregazione. Formazione e ascolto di Dio che parla possono aiutare la Congregazione a dare risposte creative a queste sfide.

Luca Zottoli

M Tadeu Ernesto Loba Provincia di Mozambico

i chiamo Tadeu Ernesto Loba e sono nato il 31 dicembre 1981. I miei genitori sono deceduti. Vengo dal Mozambico, nel distretto di Angonia, provincia di Tete. Mi sono aggiunto alla congregazione dei sacerdoti dehoniani nel 2001 nel seminario propedeutico dove ho iniziato a vivere una nuova realtà formativa di maggiore conoscenza intellettuale e dello stile di vita religioso. E’ stato importante per me integrarmi nella vita comunitaria, rafforzare l’esperienza spirituale, comprendere meglio l’altro, umanamente e spiritualmente. Ho fatto il noviziato e poi la mia prima professione il 6 gennaio 2006. Sono stato ordinato sacerdote il 22 dicembre 2013. Ho scelto come motto 1Giovanni 4,8 “Chi non ama non conosce Dio, perché Dio è amore.”

Dopo la mia ordinazione sacerdotale, ho conseguito la laurea in Management e Amministrazione Educativa. In questo momento ho dovuto interrompere il master in Management e Business Administration (MBA), a causa della necessità della provincia del Mozambico di inviare un candidato a frequentare il corso degli economi a Roma, dove ora mi trovo. E’ la prima volta che arrivo in Italia, a Roma; mi trovo in una nuova cultura, con persone diverse e abitudini varie.

Vivere nella casa generalizia mi ha permesso di ritrovarmi con molti confratelli provenienti da diversi angoli del mondo, in cui è presente la congregazione, e stringere nuove amicizie. Mi è stata data la possibilità di conoscere altri sistemi di insegnamento, di apprendimento e di lavoro. Lo scambio di vita a livello di comunità e il completamento del corso mi hanno aiutato ad abbracciare nuovi valori e prospettive.

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B Bernardo Supainho Diocese di Beira - Mozambico

ernardo Supainho, sacerdote diocesano, appartengo all’arcidiocesi di Beira-Mozambico. Nato il 16 luglio 1977, ho ricevuto l’ordinazione a presbitero il 21 novembre 2010. Dopo un’esperienza pastorale nell’arcidiocesi (come vice direttore di Pax Radio; parroco di santa Maria e in seguito di Lamego; Segretario del Consiglio presbiterale; formatore ed economo del Seminario Propedeutico Buon Pastore-Beira; direttore spirituale della carità diocesana di Beira), in agosto 2017 sono venuto a Roma per il corso in economia, organizzato dalla congregazione religiosa dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù. Durante il corso di Economo, ho condiviso la mia esperienza sacerdotale nella comunità dehoniana: è una bella esperienza ecclesiastica ed internazionale. Mi sono sentito fratello tra fratelli. Ho imparato che i gradi del sacerdozio (diaconato, presbiterato ed episcopato) sono sostituiti dal linguaggio comunitario: “fratelli”, cioè siamo tutti confratelli. Imparo la contabilità per “gestire meglio i beni della comunità e in beneficio dei confratelli”; “essere gestore e non padrone”. Quindi, un economo non è altro che “un bonus pater familias del diritto romano e deve considerarsi parte del tutto e non un tecnico straniero o neutro “ (P. Juan A. Ecker).

S José Daniel Alves Provincia di Brasile-Recife

ono padre José Daniel Lima Alves, appartengo alla provincia BRE-Recife.

Sono nato il 7 ottobre 1980 a Águas de Lindóia, São Paulo. Sono entrato in seminario nel 2001, ho fatto la prima professione dei voti religiosi il 15 ​​ gennaio 2005 e sono stato ordinato sacerdote il 17 settembre 2013. Ho lavorato come vicario parrocchiale, insegnante, economo e amministratore. In questi impegni nella provincia e nel ministero parrocchiale, mi sono reso conto della necessità di agire con competenza nell’amministrazione, non solo in campo scientifico, con lo studio di contabilità all’università, ma anche con la conoscenza che viene dalla spiritualità cristiana e dehoniana. In questo contesto sono stato inviato a frequentare questo corso per gli economi, con la prospettiva di ampliare le conoscenze, già ottenute nei corsi e nell’esperienza in Brasile. Ho potuto conoscere la specificità dell’amministrazione dei beni nella Congregazione e le linee guida per la gestione economica dell’Entità, condividere le conoscenze con i confratelli di altre Entità e culture per diventare più preparato nel fornire un servizio di qualità alla Congregazione.

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Szymon Bendowski Regione delle Filippine

i chiamo Szymon Bendowski e sono polacco. Sono venuto a Roma per fare il corso di economia come delegato delle Filippine dove sono presente da otto anni. Sono nato a Śmigiel, una piccola cittadina, il 31 agosto 1974. Ho un fratello e tre sorelle che mi aiutano molto nella mia vocazione. All’età di 21 anni sono entrato nella Congregazione dei Padri Dehoniani con il desiderio di servire in missione. Il 21 settembre 1997 ho emesso la prima professione. Ho studiato in seguito filosofia e teologia nel nostro seminario a Stadniki e il 21 giugno 2003 sono stato ordinato sacerdote. Per due anni ho lavorato a Lublin, una grande parrocchia, la Parrocchia del Buon Pastore. Nel 2005 sono andato negli Stati Uniti per prepararmi al ministero di missionario in Asia. Dopo un anno di corso, ho intrapreso un servizio missionario in India. Quando sono cambiate le regole per il rilascio dei visti e sono apparse difficoltà nell’ottenerli, sono stato costretto a tornare brevemente in Polonia per aiutare nella formazione dei diaconi. Già l’anno successivo, sono tornato in Asia, questa volta nelle Filippine, dove sto vivendo il mio servizio fino ad oggi.

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Incontro Maestri dei Postulanti e dei Novizi

Zeferino Policarpo Provincia di Portogallo

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’Incontro Maestri dei Postulanti e dei Novizi si è svolto presso la Casa Generalizia dal 23 al 27 ottobre 2017. Questa iniziativa faceva parte del Programma del Governo Generale. Hanno partecipato all’Incontro 27 confratelli: 16 erano maestri dei postulanti e 11 maestri dei novizi.

Tutti i postulati e i noviziati della Congregazione hanno partecipato all’incontro inviando il loro rappresentante. L’Incontro ha conosciuto diverse fasi di preparazione: la prima fase ha preso la forma di un questionario inviato a tutte le Entità, con l’obiettivo di capire, in modo generale, come funziona ogni postulato e noviziato, individuare alcune difficoltà e raccogliere le proposte per l’Incontro. La vasta informazione, raccolta dalle risposte, in una seconda fase, è stata organizzata

elaborando l’Instrumentum laboris dell’Incontro, che ha preso in considerazione anche gli orientamenti del XXIII Capitolo Generale, il Programma del Governo Generale e alcuni temi specifici della Ratio Formationis Generalis e la Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, recentemente pubblicata dalla Congregazione del Clero. Questo Instrumentum Laboris è stato inviato con tre mesi di anticipo a tutti i partecipanti all’Incontro, in modo che potessero studiare i diversi punti e quindi prepararsi adeguatamente all’Incontro.

La dinamica seguita nell’Incontro: lavoro di gruppo (per aree geo-culturali e per tappe formative), assemblea e discussione sul tema, ha permesso una diversificata e approfondita riflessione su questioni fondamentali per la formazione dei candidati della Congregazione: iter formativo, internazionalità e interculturalità, formazione dehoniana, accompagnamento personalizzato, uso dei media nella formazione e pastorale vocazionale. La sinergia con esperti, invitati a presentare alcuni temi della formazione, ha contribuito ad aprire nuove prospettive.

Abbiamo avuto la presenza del Prof. don Giuseppe Mariano Roggia che ci ha parlato delle sfide attuali della formazione dei postulanti e dei novizi. I confratelli P. Radolslaw Warenda, P. José Carlos Brinon, P. Luca Zottoli e P. Stefan Tertünte ci hanno presentato gli strumenti essenziali per formare a una “cultura dehoniana”.

E’ la prima volta nella storia della Congregazione che si è tenuta una riunione congiunta per i maestri dei postulanti e dei novizi e la valutazione è stata molto positiva. Infatti, oltre ai momenti di conoscenza reciproca, fraternità, condivisione, riflessione, comunione e preghiera, che questo tipo di incontri sempre offre, è stato possibile anche riflettere su alcune linee guida comuni per la formazione dei postulanti e novizi in tutta

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La dinamica seguita nell’Incontro: lavoro di gruppo, assemblea e discussione sul tema, ha permesso una diversificata e approfondita riflessione su questioni fondamentali per la formazione dei candidati della Congregazione: iter formativo, internazionalità e interculturalità, formazione dehoniana, accompagnamento personalizzato, uso dei media nella formazione e pastorale vocazionale.

la Congregazione. Questo non vuol dire rendere uniforme la formazione, perché ogni area geoculturale e ogni Entità ha la sua specificità e ritmi che devono essere rispettati, ma significa che c’è una base di contenuti, procedure e attenzioni che viene accettata da tutti e che tutti cercano di mettere in pratica nel lavoro formativo.

Dalle riflessioni emerse nell’Incontro, è stato possibile preparare un documento-sintesi con proposte, azioni e realizzazioni, approvate dal Governo Generale. Possiamo dire che questo documento, inviato poi alle Entità e ai formatori, può servire come riferimento attuale per la formazione dei postulanti e dei novizi della Congregazione. Perché questo incontro produca i suoi frutti concreti, è necessario il contributo dei vari intervenuti (Governo Generale, aree geoculturali, Entità e maestri) per implementare la riflessione prodotta in questi cinque giorni di intenso lavoro.

Per fare la verifica della attuazione delle proposte, azioni e realizzazioni e intraprendere nuovi passi per accompagnare i tempi che stiamo vivendo, i maestri dei postulanti e dei novizi hanno proposto che si dia continuità a questo tipo di incontri, a livello di aree geo-culturali (almeno ogni 3 anni) e a livello generale (un incontro per sessennio).

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Colloquio dei Superiori Maggiori

N Carlos Enrique Superiore Generale

egli ultimi anni le amministrazioni generali della Congregazione hanno promosso diversi tipi di incontri secondo alcuni ambiti di rilevanza per l’oggi e per il futuro della Congregazione: incontri di formatori, di economi, di educatori, di vescovi dehoniani, ecc., che ci aiutano a riconoscere e a rispondere alle diverse sfide attuali e a concretizzare le azioni previste nel programma del governo generale.

Una delle iniziative prese da questo governo generale è stata quella di convocare un incontro “in-formativo” con i superiori maggiori, in particolare con coloro che si trovano a essere nel primo periodo del loro governo.

Si è sottolineato che non si tratta di un incontro “formativo”, ma preferibilmente di un incontro “in-formativo”, cioè di un incontro nel quale si riconosce che ognuno ha la sua esperienza; esperienza che emerge e viene portata a

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Il servizio del superiore per il bene di tutte le comunità è quello di favorire la risoluzione dei conflitti e aiutare ogni comunità a vivere la nostra particolare vocazione del Sint Unum.

conoscenza di tutti, in modo che la condivisione reciproca faccia sì che fra i superiori si costituisca una sorta di “scuola di governo”.

Per la metodologia di lavoro data a questo tipo di incontro, che parte da un criterio costruttivo e induttivo, si è pensato di mettere il nome di “Colloquio”: incontrarsi insieme per parlare sui diversi temi importanti per il governo delle proprie entità e creare al tempo stesso un rapporto più stretto con il governo generale.

L’incontro è stato strutturato sulla base dell’Istruzione “Faciem tuam, Domine, requiram”, il servizio dell’autorità e l’obbedienza, con le indicazioni descritte nel numero 13 del documento, in cui si stabiliscono alcune priorità nel servizio dell’autorità.

Partendo da queste indicazioni, la prima parte dell’incontro è stata incentrata sulla dimensione spirituale dell’autorità. Questa dimensione dovrà sempre essere il punto di partenza di tutti coloro che sono stati chiamati a svolgere questo servizio particolare: essere un collaboratore dello Spirito, che vuole farsi presente in ogni membro della fraternità e rinnovare il progetto carismatico dell’istituto.

In collegamento con questa dimensione spirituale, viene poi sviluppata la dimensione carismatica del servizio dell’autorità. In questo ambito si è trattato di approfondire e cercare nelle nostre fonti spirituali dehoniane gli aspetti che ci aiutano a vivere questo servizio. Un momento molto simpatico è stata l’elaborazione del decalogo

dehoniano per il servizio dell’ascolto come mezzo privilegiato per accompagnare il cammino di vita delle persone affidate ai superiori.

A metà del Colloquio abbiamo vissuto un pellegrinaggio alla Basilica di Loreto: momento molto significativo perché ci ha ricordato la circostanza storica della vita del nostro fondatore, p. Leone Dehon, con le sue tre visite a questo santuario mariano. Indubbiamente è stata una bella occasione di preghiera e di condivisione fraterna.

La seconda settimana è iniziata sottolineando l’importanza di occuparsi dell’aspetto umano e delle relazioni umane per rendere più fecondo il servizio di governo. È stato ricordato che è molto opportuno avere presente che prima di richiamare la pratica dell’obbedienza, deve essere praticata la carità. Il servizio del superiore per il bene di tutte le comunità è quello di favorire la risoluzione dei conflitti e aiutare ogni comunità a vivere la nostra particolare vocazione del Sint Unum. Si è ribadito che l’autorità ha sempre la responsabilità di infondere coraggio e speranza ai fratelli in difficoltà.

Come quarta dimensione è emerso il tema della comunione ecclesiale. L’autorità è chiamata ad avere vivo il “sentire cum Ecclesia”. La vita religiosa appartiene alla Chiesa, la ama e la serve.

I dehoniani sono chiamati a vivere la comunione in tutte le sue dimensioni, specialmente la comunione ecclesiale.

Un momento particolare di questo incontro è stata la partecipazione all’udienza generale con Papa Francesco ascoltando la sua catechesi sull’eucarestia: “La Messa è il memoriale del Mistero pasquale di Cristo”.

Sul finire della seconda settimana, sono stati approfonditi diversi aspetti tecnici che aiutano nell’ottimizzazione e a rendere più efficace il servizio dell’autorità: aspetti giuridici, economici, comunicativi, gestione del tempo, leadership, visita canonica, ecc.

Ringraziamo tutti i superiori che hanno partecipato al Colloquio, e tutti quelli che hanno contribuito e lavorato alla programmazione ed elaborazione di questo incontro, soprattutto i membri della Casa generalizia, e rimaniamo aperti per continuare in questo cammino di crescita nella condivisione per i futuri superiori delle diverse entità.

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Sereni nella serietà e seri nella serenità

I Rinaldo Paganelli Italia Setentrionale

La periferia è un’espressione cara a papa Francesco, e i vescovi Dehoniani, per la gran parte presenti nelle periferie della Chiesa, hanno incontrato, nella parrocchia dell’Ascensione al Quarticciolo, la fede fresca e concreta di una comunità capace di un’accoglienza calorosa.

vescovi dehoniani si sono riuniti a Roma, dal 18 al 23 gennaio 2018, per riflettere sul tema: “Le sfide dell’evangelizzazione: dal Vaticano II alle Evangelii Gaudium e Laudato si’”. La maggior parte di loro aveva partecipato all’incontro realizzato nel 2013, sempre a Roma.

L’incontro è stato caratterizzato da qualificati interventi che hanno segnato tre mattinate. Si è iniziato ascoltando opportune riflessioni del superiore generale p. Heiner Wilmer SCJ, che ha presentato “Le sfide dell’evangelizzazione in un’epoca di cambiamenti. Contributi della spiritualità dehoniana”. La Chiesa e la Congregazione sono sollecitate ad un confronto con l’oggi segnato da alcuni passaggi: La sfida soteriologica della nostra fede, cioè il compito di fare di nuovo la salvezza di Dio; La sfida escatologica della nostra predicazione, che impegna a mostrare che Dio ci salva e ci promette una nuova vita dopo la morte; La sfida apologetica per superare la distanza tra la cultura contemporanea e la nostra religione, argomentando della nostra fede usando anche la ragione. Infine è apparsa per la prima volta la proposta dell’anno del “Cuore ferito”: annunciato il 14 marzo, nel 175° anniversario della nascita di p. Dehon.

In una seconda giornata ha affrontato “ L’evangelizzazione alla luce del Vaticano II”. Ha offerto un contributo qualificato la teologa Serena Noceti, docente di teologia sistematica, socia fondatrice del Coordinamento Teologhe Italiane, e vicepresidente dell’Associazione Teologica Italiana. A suo dire stiamo assistendo a una quarta fase di recezione del Vaticano II, azione dettata da papa Francesco con Evangelii Gaudium, dove si incoraggia e orienta il popolo di Dio alla riforma.

La categoria di popolo di Dio è stata recuperata pienamente ed è diventata premessa di percorsi importanti, capaci di superare il modello gregoriano e tridentino. In una chiesa divenuta mondiale, culturalmente policentrica, non è più possibile perpetuare un’immagine

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ecclesiocentrica. Un contributo importante in questa spinta di rinnovamento può essere offerto dal recupero della “chiesa in missione”, sintetizzata dalla felice espressione: “chiesa in uscita”. L’uscire non è un semplice andare incontro a qualcosa, ma un uscire dal codice del sacro, dalle sicurezze della legge e della norma, dalla fortezza della contrapposizione.

Il rapporto evangelizzazione e chiesa è segnato da tre rilevanti novità: viene chiesta una evangelizzazione inculturata; antielitaria, povera e dei poveri, e capace di valorizzare il “sensus fidei” del popolo di Dio. Sempre su una lunghezza d’onda del nuovo, P. Joseph Famerée SCJ, professore alla facoltà di teologia dell’Università Cattolica di Luvai-la Neuve (Belgio), ha affrontato il tema dell’”Eccleisologia in un mondo pluralista”.

Preciso, anche in questo caso, il richiamo alla missione. Questo servizio appassionato del Regno, è in consonanza immediata con una dimensione del carisma dehoniano: Adveniat Regnum tuum, segna il compito di instaurare il Regno del Sacro Cuore nelle anime e nelle società.

L’esigenza missionaria è inseparabile dall’esigenza ecumenica di un dialogo tra cristiani di confessioni diverse. L’insistenza di p. Dehon sul Sint unum per i suoi religiosi spinge ad essere cercatori di unità e profeti della riconciliazione, dapprima tra i cristiani, ma deve valorizzare anche tutte le diversità legittime, perché non opposte ma costitutive dell’unità.

La questione migratoria, poi, sollecita una riflessione antropologica e teologica. Per il dehoniano questa attenzione rinvia alla dimensione riparatrice e alla disponibilità ai segni dei tempi.

Infine un’idea stimolante per i vescovi. Sulla base di una teologia plenaria della Chiesa locale, sarebbe necessario pensare di più in una comunione “orizzontale” più intensiva, al di là di una relazione “verticale” tra ogni vescovo preso individualmente e il papa.

Ricche sono state le suggestioni offerte da alcuni vescovi, particolarmente riguardo a La salvaguardia del creato nella pastorale, Le sfide pastorali nel mondo del lavoro, La relazione della Chiesa con l´Islam, La spiritualità missionaria, L´evangelizzazione dei giovani, Confessione della fede e impegno sociale, La sfida delle migrazioni, L´ecumenismo e il dialogo inter-religioso ecc.

Nel panorama dell’incontro due momenti sono risultati caratterizzanti: il pellegrinaggio a Loreto e la celebrazione della messa alla parrocchia del Quarticciolo nella periferia di Roma. I vescovi hanno voluto e desiderato questo pellegrinaggio perché a Loreto p. Dehon, che si era recato per tre volte, ha avuto l’intuizione di fondare la Congregazione. La periferia è un’espressione cara a papa Francesco, e i vescovi Dehoniani, per la gran parte presenti nelle periferie della Chiesa, hanno incontrato, nella parrocchia dell’Ascensione al Quarticciolo, la fede fresca e concreta di una comunità capace di un’accoglienza calorosa.

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Incontro dei Formatori degli Scolastici

D Léopold Mfouakouet Consigliere Generale

al 16 al 20 aprile 2018 si è svolto alla Casa generalizia l’Incontro dei Formatori degli Scolastici Dehoniani, a cui hanno partecipato 19 persone. Si tratta di un evento importante perché la formazione costituisce la priorità delle priorità della Congregazione, in un anno per di più dedicato all’attenzione ai giovani, quali sono anche i nostri formandi. Questa importanza va di vari passo con le difficoltà da affrontare. Grazie all’impostazione sul tema delle “sfide attuali della formazione” con il professore don Giuseppe Mariano Roggia (salesiano), i formatori hanno soprattutto lavorato in gruppi linguistici e/o geo-culturali, per approfondire le questioni di discernimento, di formazione nella gradualità, all’identità e alla cultura dehoniane,

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all’internazionalità e all’interculturalità, alla missione, all’utilizzo di mezzi di comunicazione sociale, a un’affettività sana, e dell’importanza di formare i giovani in vista della formazione permanente.

Uno dei punti più discussi è stato la questione della collaborazione internazionale e dell’interculturalità. Corrisponde peraltro alle azioni più scelte dalle Entità nel Programma dell’amministrazione generale, cioè: “sviluppare la formazione all’internazionalità e all’interculturalità, creando e rafforzando gli scolasticati, mediante lo scambio di studenti” (cfr. terza mozione del XXIII Capitolo Generale); poi l’appello all’apprendimento delle lingue. Ci sembra essere il modo più adeguato di essere presenti in un mondo sempre più globalizzato ma che non solo suscita il racchiudersi dei gruppi culturali su sé stessi, ma dà anche una certa attualità alla formazione al Sint Unum che ci caratterizza.

Si è ritenuto importante valorizzare l’internazionalità soprattutto nel contesto della stessa area geo-culturale; sviluppare l’internazionalità nel senso di ricevere e anche di mandare i giovani in altri contesti culturali; rafforzare il ruolo di coordinamento del Governo Generale nello scambio di studenti e formatori, precisando meglio gli obiettivi della internazionalità; approfondire la riflessione sull’internazionalità negli incontri dei Superiori Maggiori delle aree geografiche, valutando e migliorando le iniziative.

Quanto al formare alla missione (altra tematica connessa a quella dell’internazionalità…), c’è stato un dibattito molto ricco riguardo alla dichiarazione di disponibilità missionaria. Alcune Entità seguivano già questa procedura, anche prima degli orientamenti del XXIII Capitolo Generale. Altre non vedono la necessità di istituirla. In ogni caso è stato sottolineato che la disponibilità missionaria scaturisce dal discernimento formativo e dal dialogo con il direttore spirituale e mira ad aiutare il Governo Generale ad avere persone disponibili per intervenire in determinate situazioni o per aprire nuove presenze missionarie.

Fra i punti di insistenza dell’incontro, c’è l’importanza di formare un nuovo modello umano che nasca da una sintesi tra gli aspetti più autentici della santità della tradizione cristiana e quelli più nobili propri dell’uomo nel mondo odierno.

Questo modello formativo deve riferirsi all’inter-

Si è ritenuto importante valorizzare l’internazionalità soprattutto nel contesto della stessa area geo-culturale; sviluppare l’internazionalità nel senso di ricevere e anche di mandare i giovani in altri contesti culturali; rafforzare il ruolo di coordinamento del Governo Generale nello scambio di studenti e formatori...

relazione e quindi all’essenzialità della comunità compresa come spazio più indicato per la maturità umana e la maturità della fede. Perciò, sarà decisivo il moltiplicare nelle case di formazione i momenti di condivisione, di convivialità e di vita fraterna.

Scopo della formazione sarà di raggiungere il profondo del cuore, i sentimenti per risvegliare il senso di appartenenza alla Congregazione e il senso d’identità. Infatti, l’identità e l’appartenenza sono la spina dorsale della struttura della persona e della stessa crescita. Disponiamo di alcuni strumenti che possono aiutare al raggiungimento di questo scopo, cioè creare una cultura dehoniana.

Per esempio, oltre alla necessità di adattare i Sussidi per la formazione dehoniana alla nuova Ratio Formationis Generalis e di tradurli, si è sottolineata l’importanza di sfruttarli meglio di quanto si è fatto finora. Inoltre, le case di formazione possono coinvolgere con più frequenza il Centro Studi Dehoniani nella formazione dei candidati, riprendendo esperienze molto positive che sono già state svolte in alcune Entità.

Con questo incontro, ci sembra che siano state poste tante pietre miliari capaci di tracciare una strada favorevole, dal punto di vista della formazione, ad un futuro per la Congregazione.

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Arrivederci

Vincenzo Dalijan Provincia di Indonesia

S

pesso un sorriso costa! Non tutti hanno la facilità di sorridere. E non si può parlare di sé o presentarsi agli altri con leggerezza. Nella maggioranza delle situazioni della vita avviene il contrario dell’essere serviti, omaggiati o salutati.

Io mi sento una persona comune; comunque, nelle parole degli altri e dei miei confratelli, io sono una persona dal sorriso facile e che si dà da fare. “Conosco qualcuno che appare sempre con un sorriso radioso, un volto con un sorriso aperto”; è questa l’opinione degli altri.

Grazie a Dio, voi mi avete dato motivi per sorridere facilmente. Io stavo da solo a Roma, sentivo la paura, soprattutto per quanto riguardava la lingua, la cultura, il cibo e altre cose nella Casa generalizia SCJ, che è composta da confratelli venuti da diversi paesi del mondo.

Voglio ringraziare la Provincia dehoniana di Indonesia per avermi affidato la missione di coinvolgermi nella comunità internazionale dei dehoniani a Roma, in Italia. Sento di non aver fatto molto durante la mia missione a Roma. Mi presento come uno che cerca di vivere l’essere dehoniano con cuore e con un sorriso; più di questo non ho.

I miei compiti giornalieri scorrevano così, anche se non mi è mai mancato lavoro da fare. Mi sento molto felice di avere realizzato tante cose anche a

sostegno dei confratelli. Proprio perché sono stato a Roma, conosco tanti confratelli dehoniani in tutto il mondo. Io non sottovaluto ciò che dovevo fare: lavorare in giardino, andare in aeroporto per prendere o portare un confratello o un ospite, a volte cucinare e tanti altri compiti che ho svolto. È tutto questo che ha fatto di me una persona felice. Ero sempre disponibile per qualsiasi urgenza sia di giorno che di notte. Sentivo che svolgere un compito che mi è stato affidato dalla comunità internazionale SCJ era qualcosa di nobile.

La Casa generalizia SCJ a Roma è la casa di tutta la Congregazione, di tutti i confratelli: di quelli che vivono a Roma, impegnati con il servizio alla Congregazione oppure con lo studio all’università, ma anche di quelli che la visitano per pochi giorni. Perciò ogni provincia deve essere consapevole delle necessità della Congregazione e cominciare a pensare come aiutare la Casa generalizia, mandando alternativamente dei confratelli a Roma in modo da alleviare il carico di lavoro della sede centrale degli SCJ. Detto in altro modo, la Casa generalizia SCJ a Roma non appartiene soltanto ai dehoniani del Portogallo, della Spagna, di Indonesia, di Italia, di Germania o di altri paesi; essa è proprietà di tutta la Congregazione. Allora si deve cominciare a pensare ad alternare i confratelli che svolgono la loro missione a Roma. Personalmente mi sento fortunato per essere stato inviato a lavorare nella Casa generalizia SCJ a Roma, perché mi sono arricchito in diversi modi, vivendo in comunità, e ho conosciuto molti confratelli dehoniani di tutte le parti del mondo. Ho potuto anche fare l’esperienza di lavorare per un tempo a Beira, in Mozambico (Africa).

Il 31 gennaio 2018 è stato il mio ultimo giorno a Roma. Vorrei ringraziare il Padre Generale e tutti i suoi consiglieri, e anche p. Bruno, superiore della comunità, e tutti i miei confratelli. Grazie infinite poi al superiore provinciale dei dehoniani in Indonesia, che mi ha mandato a Roma per svolgere la missione che ho compiuto. Perciò, ai miei confratelli dico: “Arrivederci e auguri: ci sosteniamo a vicenda nella preghiera. Dio volendo, ci troveremo ancora”.

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C José Carlos Briñón Provincia di Spagna

iao cari amici e lettori della rivista “il nostro frutto”.

Mi chiamo Jose Carlos Briñón. Lavoravo da tempo nella Regione del Venezuela fin a quando sono stato chiamato, nel settembre 2011 dal Governo generale precedente, per lavorare presso la Curia generale in due compiti assai interessanti (e diversi tra di loro): La Procura generale presso la Santa Sede e la Postulazione generale per le Cause dei Santi. Come Procuratore il mio compito erano i rapporti fra la nostra Congregazione e la Santa Sede. E come Postulatore generale, portavo avanti le diverse cause di beatificazione e canonizzazione dei nostri cari confratelli: Beato Giovani Maria della Croce, Venerabile P. Dehon, P. Andrea Prèvot (il grande maestro dei novizi di tanti dei primi dehoniani), P. Martino Capelli (ucciso dai nazisti nel 1944), P. Bernardo Aquilino Longo e Mons. Joseph Wittebols (uccisi nel 1964 dai Simba, nel Congo). Oltre a queste cause, ne ho portate avanti altre tre (due sacerdoti diocesani e una madre di famiglia).

Avere avuto la possibilità di conoscere più da vicino questi nostri confratelli modelli è stata una esperienza veramente meravigliosa. Così come è stato meraviglioso condividere la vita nella comunità della Casa generalizia con tanti confratelli di tanti diversi paesi.

Ora ritorno in Spagna, per mettermi al servizio della Provincia dehoniana spagnola.

S Dominic Loc Distretto di Vietname

ono contento di essere venuto a Roma per continuare i miei studi. All’inizio però mi preoccupavo per ciò che sarebbe stato nuovo per me, la lingua, la cultura e anche le condizioni atmosferiche.

Sono stato qui più di due anni per la Licenza in Spiritualità alla Gregoriana. Porto ricordi bellissimi, ma anche difficili da descrivere, come l’emozione di entrare nella basilica di San Pietro. Non potrò mai dimenticare anche il momento in cui ho salutato il Papa di persona.

Lo studio non sempre è stato facile, o perché non riuscivo come volevo, o perché era un sacrificio andare a scuola con il freddo d’inverno. E il cibo? In Italia si mangia bene, ma mi mancavano molto i cibi Vietnamiti: il Kimchi, il Phở o… un po’ di carne di cane! Perciò ho gradito volentieri gli incontri tra vietnamiti: si cucinava, si condivideva delle storie e canzoni, si celebrava le nostre feste, specialmente Tết.

Ci sarebbero molte altre storie da raccontare, ma mi fermo qui. Ci sono delle cose che si possono imparare solo qui, a Roma e in questa comunità. Chi ha messo piede in questa città non dimenticherà mai i ricordi speciali che si sono incisi nel suo cuore.