UMBRIA - Campionato di Giornalismo

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CAMPIONATO DI GIORNALISMO

MARTEDÌ 10 GENNAIO 2012

Scuola media

Rasetti Castiglione del Lago

Facciamo un tuffo nel passato Studenti-reporter all’Isola Polvese per capire meglio i fatti del ’44 LA RIFLESSIONE

Passo indietro L’importanza della memoria GLI EVENTI storici che abbiamo conosciuto attraverso questa esperienza ci hanno fatto riflettere sul valore della memoria. Essa è indispensabile per crescere, contiene le radici, le tradizioni, nel suo senso più profondo di cose degne di essere trasmesse. Senza memoria non c’è futuro, i fatti ci insegnano che le cose che valgono, i valori, non “scadono” col passare del tempo: il valore della vita umana, della dignità di ogni uomo e donna non debbono «dipendere» da etnie, credi religiosi o possibilità economiche o diversità inventate al momento. La memoria diventa storica non solo quando ci sono fatti da raccontare ma quando gli uomini, sia singolarmente sia come comunità, danno un senso ai fatti e vogliono trarre un insegnamento per non dimenticare e per non ripetere gli stessi abomini, come è stata l’esperienza di internamento e persecuzione degli ebrei o di altre minoranze etniche. Ci sono rimaste impresse le parole di Primo Levi nel libro «Se questo è un uomo» dove dice che «…poiché il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare ; che anche in questo luogo si può sopravvivere, e perciò si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza». Ecco il senso della memoria e delle Giornate della Memoria: un’esperienza viva e attiva che afferma il valore dell’Uomo in tutti gli uomini.

QUEST’ANNO, il terzo giorno di scuola, abbiamo fatto un’esperienza insolita; la nostra professoressa di Lettere ci ha condotto ad Isola Maggiore dove si chiudeva una pagina di storia: l’attribuzione della massima onorificenza dello stato di Israele a don Ottavio Posta, parroco di Isola nel 1944 che, durante la seconda guerra mondiale, fu protagonista di un atto eroico, mettendo a repentaglio la propria vita pur di salvare altri uomini e donne come lui che venivano però indicati come diversi, nemici. Il sacerdote organizzò la fuga degli ebrei internati nell’isola grazie alla collaborazione dei pescatori che, nella notte tra il 20 e il 21 giugno del ’44, traghettarono 15 ebrei a Sant’Arcangelo, dove già stanziavano gli Alleati. Equipaggiati di macchine fotografiche, registratori mp3,ci siamo resi conto che sull’Isola c’era aria di attesa e di festa: le autorità non erano ancora arrivate perché la prima parte della cerimonia si svolgeva a Sant’Arcangelo, luogo in cui erano stati messi in salvo gli ebrei internati nell’ isola Maggiore dal marzo 1944.

PROTAGONISTI Gli studenti della «Rasetti»

Sulla piazzetta c’erano cameraman e giornalisti. La professoressa ci ha indicato un signore elegante che parlava con un giornalista: era Sauro Scarpocchi, autore del libro «Diario di bordo», che avevamo letto in classe per documentarci sui fatti che erano oggetto della nostra uscita. Fa effetto conoscere l’autore di un libro che

hai letto!Non potendolo intervistare ci siamo avvicinati alle persone del luogo che ci hanno accolto e risposto volentieri perché eravamo ragazzi di scuola. Ci hanno colpito le parole di una signora che, rievocando quei giorni, con poche parole e molti sospiri ci ha raccontato che i tedeschi facevano paura, che «a quei tempi non

avevamo niente eppure abbiamo dato quello che potevamo a quei poveretti (gli ebrei) che avevano portato qui». Le sue parole erano così cariche di emozioni che non sembrava fossero passati così tanti anni. Finalmente sono arrivate le autorità: è stato bello vedere sacerdoti e vescovi cristiani insieme a rabbini ebrei, emozionante la lettura della motivazione del riconoscimento di «Giusto tra le Nazioni» l’onore più alto che lo stato di Israele può concedere a persone non ebree. Pure noi abbiamo intervistato un protagonista di quella notte: Agostino Piazzesi, l’unico pescatore ancora vivente che ha rievocato quei momenti: «Noi eravamo esperti del lago eppure avevamo paura che succedesse qualcosa di brutto… mi dispiace che dalla fretta non ho nemmeno potuto salutare quei poveretti… Ragazzi ricordatevi che la guerra è una brutta cosa, la guerra fa paura a tutti». Ringraziamo il vescovo Chiaretti per le parole con le quali ci ha salutato: «Memorizzate tutto quello che avete visto e sentito e ricordatevi che la cosa più bella è fare il bene».

L’INTERVISTA SCARPOCCHI IN“DIARIO DI BORDO”RACCONTA COME VENNERO SALVATI GLI EBREI

Dai libri ai protagonisti che fecero l’impresa

L’INTERVISTA L’isolano Sauro Scarpocchi

I FATTI di Isola Maggiore si inscrivono in un progetto di storia ed educazione alla cittadinanza che si è sviluppato partendo dallo studio della storia del nostro territorio. Negli anni precedenti ci siamo interessati della storia delle nostre pietre: il castello del Leone, il palazzo della Corgna, l’aeroporto Eleuteri. Oltre a sopralluoghi e osservazioni dirette abbiamo letto autori di storia locale: il «Quaderno» di Guido Lana, il libro sul nostro paese di Luciano Festuccia, il bellissimo «Ali sul Trasimeno» nonché le interviste fatte ai «nonni» del Centro sociale anziani, le nostre pietre vive. Pensavamo che Isola Maggiore avesse da raccontare solo storie di pesca e il passaggio di S. Francesco, non credevamo che la guerra fosse passata anche là. In biblioteca comunale ci hanno prestato il

libro di un isolano, Sauro Scarpocchi, che in «Diario di bordo» racconta la sua storia personale, accenna all’internamento e alla messa in salvo degli ebrei nel giugno del 1944. Nell’appendice c’è la lettera di Livia Coen, una signora ebrea salvata, che scrive a monsignor Mario Vianello, vescovo di Perugia in quel periodo, per informarlo e ringraziarlo dell’operato svolto dal sacerdote Posta. Ci siamo resi conto di quanto siano importanti i documenti, anche una lettera può essere fondamentale per non perdere un pezzo di storia, di quanto possano servire anche testi di storia locale per comprendere fenomeni molto complessi che noi troviamo spiegati nei libri di storia di scuola. Per fortuna che anche nei paesi ci sono appassionati di storia che si impegnano perché nulla della memoria vada perso.

LA REDAZIONE LA SEGUENTE pagina è stata realizzata dalla classe III C così composta: Antico Federica, Burchielli Aurora, Burico Lucrezia, Buzhiqi Claudia, Cicero Albachiara,

Cocchi Brenda, Liberatori Matteo, Lumi Damian, Marchesi Giorgia, Martinelli Fabio, Milic Luca, Mussari Stefania, Pandolfo Sara, Petrucci Manuele, Piazza Laura, Sor-

di Silvia, Sperandio Matteo. Insegnante tutor è stata la professoressa di Lettere Anna Maria Ceccanibbi. Il dirigente scoalstico della «Rasetti» è il professor Giuseppe Materia.


CAMPIONATO DI GIORNALISMO

MARTEDÌ 10 GENNAIO 2012

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Scuola media

Pianciani Spoleto

La «Pianciani» sbarca in carcere I detenuti raccontano da cronisti la loro esperienza con libri e formule SPOLETO-MAIANO, Casa di Reclusione, ore 10: è una mattina piovosa; Ernesto guarda fuori della finestra della sua cella, prova ad immaginare cosa avrebbe fatto a quest’ora se fosse stato libero… «Scuola!» grida la voce dell’agente di polizia dalla rotonda. Rumore di chiavi e di cancelli che si aprono e si chiudono. Ernesto dimentica i suoi pensieri e per un attimo abbandona i ritmi monotoni delle sue giornate, a scuola si sente di nuovo libero. Sì perché chi vive nel mondo libero non può capire quanto sia importante la scuola nel carcere. Qui dove non ha più senso lo spazio e il tempo, la scuola aiuta a ritrovare un ritmo.

FRANCESCO: L’autore di «Detenuto in branda»

A FRANCESCO è servita per acquisire sicurezza. Prima si sentiva sempre inferiore agli altri: «ora ho imparato a confrontarmi, ad esprimere le mie idee. A scuola ho capito che è stata l’ignoranza a portarmi qui dentro». Oner ha avuto l’occasione di apprendere la lingua italiana e capire un Paese

nel quale si è trovato catapultato senza conoscerlo. Peter ha imparato a scrivere lettere in cui riesce ad esprimere i suoi stati d’animo, le sue riflessioni, e questo ha migliorato i rapporti con la famiglia. «Prima ero sempre nervoso», dice Oliviero, «ed era normale essere violenti. A scuola ho scoperto la

me «gli insegnati che hanno esperienze di vita molto lontane dalle tue e con cui fuori non avrei mai provato a parlare!». Francesco a scuola dice di sentirsi «ancora un essere umano… gli insegnanti non ti guardano con occhi schifati e questo ti dà la voglia di essere migliore».

parola con cui posso rispettare gli altri, quelli diversi da me». Gaetano a scuola ha conosciuto persone che vengono da tanti paesi diversi che gli hanno insegnato molto: «Prima ero razzista ora non lo sono più». Massimo ha avuto l’opportunità di conoscere persone diverse co-

GIOVANNI si sente «ancora vivo dentro» ed un po’ utile alla società civile perché «con la conoscenza abbatte l’ignoranza» che, come dice Jon, «è l’unica arma per sconfiggere la cultura dell’illegalità». «Sì, — precisa — perché l’illegalità, oltre ad essere una cultura di moda, è una cosa ereditaria; tu nasci bambino in una famiglia in cui domina questa cultura, questo modo di vivere e per te diventa tutto normale. Poi arrivi qui e scopri che ci sono altre culture, altri modi di vivere e di ragionare e ti rendi conto che la tua cultura era sbagliata». Conclude Ernesto: «Per noi che viviamo sempre al buio la scuola è una piccola luce!».

L’INTERVISTA PARLA EDOARDO CARDINALI, ISPETTORE CAPO DELL’ISTITUTO DI SPOLETO

’La scuola qui dentro? Il miglior investimento’

Youssef: «Le stelle oltre le sbarre»

INTERVISTA dei detenuti ad Edoardo Cardinali, Ispettore capo, responsabile scuola. Alcuni agenti di polizia ci dicono che avremmo dovuto pensarci prima ad andare a scuola. Lei cosa ne pensa? «Che è sbagliato, che è solo la reazione all’eccessivo carico di lavoro connesso alla scuola in una situazione in cui si lavora in condizioni già molto difficili». Tra le sue priorità come Ispettore, a che posto metterebbe il nostro diritto allo studio? «In una situazione di organico ottimale la scuola non pesa. Quando però, come a Spoleto, lavori sempre in carenza di personale, senza strutture adeguate, diventa prioritaria la sicurezza. Questo non vuol dire che la scuola passi in secondo piano, altrimenti la cosa più semplice sarebbe stata chiuderla mentre stiamo garantendo il servizio il più possibile».

Le persone fuori pensano che la scuola nel carcere sia uno spreco… «La scuola in carcere oltre ad essere un diritto garantito dalla Costituzione serve alla struttura penitenziaria come abbassamento delle tensioni. Il detenuto impegnato in attività di studio individua obiettivi su cui investire le proprie energie e ciò disinnesca ansia ed aggressività». La scuola ha dato risultati significativi? «Ho visto detenuti entrare con comportamenti aggressivi e attraverso la scuola e la relazione con gli insegnanti cambiare anche nei confronti del personale di polizia. La scuola li ha aiutati a comprendere il significato rieducativo della pena, li ha abituati a relazionarsi, li ha educati al rispetto condiviso delle regole. Sono usciti cittadini migliori e questo è il miglior investimento che si possa fare anche in termini di sicurezza».

LA REDAZIONE La pagina è stata realizzata dagli alunni della scuola media «Pianciani» di Spoleto, attivata all’interno della casa circondariale. Si tratta di: Yankuba, Aurelian,

Oner, Jon, Giovanni, Orlando, Ernesto, Elorjant, Elgan, Altin, Agim, Ciro, Youssef, Walter, Bilbil, Antonio, Haki, Lamjed, Georghe, Alexandru, Dumitru, Benchir. Le in-

segnanti tutor sono: Carmelita Dominici e Nunzia Augugliaro. La dirigente scolastica Manuela Dominici. I disegni dono di Youssef (Le stelle oltre le sbarre) e di Francesco (Detenuto in branda).

IL PUNTO

«Studiare? E’ un nostro diritto» LA COSTITUZIONE, articolo 27, sancisce che le pene devono “tendere alla rieducazione del condannato”. Tuttavia da un nostro sondaggio informale, emerge che il 60 % degli italiani non approva la scuola in carcere, la considera uno spreco di danaro per persone che non meritano nulla. La volontà del legislatore però è diversa a partire da lontano. Se nello Statuto Albertino non era ancora contemplato il diritto all’istruzione negli istituti penitenziari, esso veniva tuttavia garantito da volontari e cappellani. Durante il fascismo, il Regolamento del 1931, previde per i detenuti l’obbligatorietà di corsi d’istruzione elementare tenuti da insegnanti. L’istruzione fu considerata da Mussolini, un mezzo per recuperare i reclusi ai valori dello Stato. Nel 1958 la Legge 503 istituì le Scuole carcerarie elementari per contrastare l’analfabetismo e concorrere alla loro “educazione e redenzione sociale e civile”. Nel 1997, l’O. M. n. 455 della Pubblica Istruzione, affidò ai Centri Territoriali Permanenti, d’intesa con gli Istituti Penitenziari, lo svolgimento di attività didattiche nelle carceri e negli istituti penali minorili. Nel 2000 venne confermato il diritto allo studio in carcere come facente parte del “trattamento rieducativo” del detenuto e nel 2001 la Direttiva ministeriale n. 22 della Pubblica Istruzione, ribadì la necessità di realizzare percorsi individuali di alfabetizzazione destinati a soggetti deboli, tra i quali i detenuti.

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CAMPIONATO DI GIORNALISMO

GIOVEDÌ 12 GENNAIO 2012

Scuola media

San Paolo Perugia

Terra chiama ancora cielo Astronomi di fama mondiale da sempre a corto di finanziamenti PROGRESSI

Il distributore d’acqua: uso consapevole DAL 9 LUGLIO 2011, a Pian di Massiano di Perugia, è stato attivato il primo impianto di erogazione di acqua naturale o addizionata di gas carbonico, proveniente dalla sorgente di Bagnara di Nocera Umbra. Al servizio di tutti i cittadini, questo impianto promuove l’uso consapevole dell’acqua potabile del nostro acquedotto, ottenendo anche la riduzione all’origine di rifiuti (vuoti di plastica o vetro delle bottiglie di acqua commerciale). Si tratta di un esempio concreto di come una cultura evoluta del risparmio, del rispetto per l’ambiente e della risorsa idrica possa contribuire a promuovere una migliore qualità della vita senza compromettere il futuro delle città. È possibile prelevare l’acqua al modico prezzo di cinque centesimi ogni litro e mezzo; l’impianto è aperto dalle 07:00 alle 23:00. È un’opera localizzata in un contesto urbano di facile accesso, grazie alla vicina stazione del minimetrò, che contribuisce a favorire in modo decisivo la mobilità pedonale. Prima di essere resa disponibile, l’acqua è sottoposta a trattamenti che ne esaltano le qualità: stadi multipli di filtrazione meccanica per rimuovere le particelle incorporate lungo il percorso; passaggio su filtro a carboni attivi per eliminare gli odori; esposizione a raggi ultravioletti per garantire la sterilità; infine, passaggio su banco refrigerante per portare l’acqua ad una temperatura inferiore a 10 gradi.

IL 17 MARZO 2011 sono ricorsi i 150 anni dall’Unità d’Italia. Con l’aiuto di Maurizio Caselli, esperto che ci ha fornito molte informazioni e che qui ringraziamo, noi studenti della 3G abbiamo analizzato lo stato dell’astronomia in questo periodo storico. Nonostante le grandi capacità degli astronomi italiani, su tutti Schiaparelli, Tacchini, Donati e Secchi, enormi difficoltà di ricerca si sono presentate dopo l’Unità. Il problema principale era, allora come oggi, la disponibilità finanziaria. Schiaparelli, in una lettera del giugno 1868 all’astronomo Secchi, lamentava: Qui non si può mai ottenere nulla e la causa sono i troppi osservatori che abbiamo, per i quali il Governo spende una notevole somma, senza che perciò in nessuno si possa fare qualche lavoro importante di osservazione. Tacchini metteva invece a confronto i bilanci degli osservatori di Parigi, Greenwich e Pulkova con quelli italiani, concludendo: All’estero un astronomo aggiunto o un assistente può valere quanto l’intero

ASTRONOMIA Vignetta ispirata ad una illustrazione di Franz e Paolo

personale di un solo Osservatorio italiano. Su richiesta del Ministro della pubblica istruzione lo stesso Tacchini nel 1874 compilò una relazione che così descriveva lo stato dell’astronomia nazionale: Finora, per quanto io ne sappia, non fu mai data mano a questo lavoro di riorganizzazione, e così gli os-

servatori restarono impediti di progredire, continuando a mantenere in vigore l’antico sistema. Un tale stato di cose non può più a lungo durare, se si desidera davvero che l’Italia, in fatto di astronomia pratica, si metta al livello delle altre nazioni. La soluzione proposta da Tacchini, di suddivi-

dere gli osservatori in tre grandi gruppi: osservatori di ricerca (Firenze, Milano, Napoli e Palermo), osservatori universitari (Padova, Roma-Campidoglio e Torino), osservatori meteorologici (tutti i rimanenti), sfociò nel decreto del ministro Bonghi, che però non fu mai reso operativo. Fu un peccato, perché la ricerca astronomica italiana era all’avanguardia: nell’aprile 1861 Giovanni Schiaparelli scoprì un nuovo pianetino che battezzò Esperia, nome usato dagli antichi Greci per indicare la penisola Italiana e quindi scelto per celebrare anche nel cielo la raggiunta Unità Nazionale. La Grande Cometa scoperta nel 1858 e le ricerche in campo spettroscopico pongono Donati in rilievo nella storia dell’astronomia. Angelo Secchi e Pietro Tacchini furono pionieri nella spettroscopia stellare e solare. Infine i quattro, riuniti in associazione, diedero vita nel 1872 ad una rivista, le Memorie, prima al mondo nel raccogliere articoli sulle ricerche e sui progressi fatti in Astronomia.

IL PERSONAGGIO GIOVANI AL LAVORO CON AMOR PROPRIO E INIZIATIVA, FUORI DAI LUOGHI COMUNI

Neo-vasai alla riscossa: il caso di Nicola Bruni

GIOVANI REPORTER Giulia e Speranza

PIÙ VOLTE si è detto che il lavoro è faticoso ma necessario. Non tutti sono però d’accordo su quale sia il tipo di lavoro preferibile: ad alcuni interessa guadagnare molto; altri invece cercano un lavoro interessante; altri ancora aspirano ad un impiego statale. C’è chi si adatta e chi non si accontenta mai; ma c’è anche chi durante questo periodo di crisi sforza l’ingegno per guadagnare. È il caso di un giovane archeologo di Spoleto: Nicola Bruni, 24 anni, che nel periodo natalizio ha deciso di riprodurre vasi ceramici con la tecnica degli antichi vasai neolitici, esponendoli poi la vigilia al mercato artigianale di Spoleto, in piazza del Duomo. Nicola è nato a Spoleto da una famiglia di imprenditori, che ha subito appoggiato la sua scelta di studiare archeologia. Ora il ragazzo lavora presso i laboratori di archeologia sperimentale proposti da

Archeoart. Le complesse fasi di replica della fabbricazione di vasi neolitici includono: estrazione della materia prima; frantumazione dell’argilla secca e di alcuni digrassanti (terra rossa, sabbia e gusci di cardium), eseguita con pestelli d’osso o di legno; modellazione della pasta d’argilla; decorazione; essiccazione; esposizione all’aria del contenitore d’argilla; cottura. SEGUONO infine i trattamenti post-cottura: lisciatura e rifinitura delle superfici interne ed esterne. La fornace è realizzata scavando una buca poco profonda; i vasi d’argilla vengono posti lungo il perimetro interno della buca a breve distanza dai carboni. Successivamente i manufatti sono sistemati a diretto contatto con i carboni stessi e cotti lentamente.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli alunni: Altieri Anna, Alunni Eugenio, Aquinardi Francesca, Biscarini Angela, Biti Aberto, Bolloni Alessandro, Calzoni Speranza, Clemente Costanza, Cocco Alida, Delicati Ceci-

lia, Duro Filippo, Flores Anna Giulia, Giorgi Giulia, Hadeg Silvia, Lupattelli Noemi, Migni Deborah, Miscenà Emilia, Parras Marcello, Rapicetta Arianna, Restivo Angelica, Sottani Luisa, Tosetti Matteo, Jin Yi.

Classe III G scuola media San Paolo di Perugia. Dirigente scolastico Ubaldi Antonella. Insegnante tutor Lucrezia Afferrante.


CAMPIONATO DI GIORNALISMO

GIOVEDÌ 12 GENNAIO 2012

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Scuola media

Vallo di Nera Piedipaterno

Ma quale fine del mondo! Gli studenti non credono alle profezie. Però hanno fatto riti scaramantici TRA LE TRAGICHE notizie sulla crisi economica e la profezia Maya sulla fine del mondo, il 2012 inizia proprio bene! Molte volte è stata annunciata la fine del mondo. Ora la data precisa sembra sia il 2012 come è previsto dal calendario dell’antico popolo Maya. La diffusione di questa notizia è avvenuta attraverso i mass-media che, con immagini catastrofiche, hanno creato un forte allarmismo. Sicuramente si tratta di una speculazione commerciale ideata in un’epoca dove non esiste più un equilibrio fra la realtà e la finzione. Esistono però anche studiosi che riescono a tranquillizzarci negando ogni possibile apocalisse. SECONDO NOI non avverrà nessuna fine del mondo tra il 12/12/2012 e il 21/12/2012, perché gli eventi catastrofici, sia quelli naturali come terremoti, alluvioni o epidemie, sia quelle causate dall’uomo come le guerre, nella storia dell’umanità del nostro pia-

pena iniziato è bisestile; i nostri nonni affermano “anno bisesto anno funesto”. Ci mancava anche questo! Ma ancora noi non ci crediamo! Tuttavia il 31 dicembre abbiamo mangiato le lenticchie e l’uva e ci siamo comprati indumenti rigorosamente rossi. Non si sa mai!

PROFETI Gli studenti della Vallo di Nera (Piedipaterno)

neta ce ne sono sempre stati. Sicuramente anche gli uomini del passato si sono spaventati davanti a terremoti, carestie o pestilenze. Ci spaventiamo perché l’uomo, nonostante il progresso in campo scientifico e tecnologico, è impotente di fronte alle catastrofi naturali. Esiste anche la teoria che il

2012 sia l’anno della svolta positiva per l’umanità, l’anno a partire dal quale ci sarà un risveglio spirituale dell’umanità. Noi preferiamo credere che il mondo finirà tra 15.000.000 di anni, quando il sole si spegnerà completamente. È ANCHE VERO che l’anno ap-

CURIOSANDO tra le varie civiltà, abbiamo scoperto che il primo gennaio 2012, non è cosi per tutti. I musulmani stanno vivendo l’anno 1433, gli ebrei il 5772, mentre i popoli di religione copta di Egitto e di Etiopia sono nel 1728. Per i cinesi questo è l’anno 4649. C’è veramente un po’ di confusione: se il mondo finisce per noi che viviamo nel 2012, gli altri popoli che hanno un altro calendario, che fine faranno? Ve lo diciamo noi: la crisi passerà, la vita riprenderà a girare in modo positivo per tutti e il nostro pianeta avrà ancora tanti anni da vivere. Questa è la profezia dei ragazzi della classe seconda della scuola media di Vallo Di Nera e....guai a non crederci!

LA PAROLA AI PROTAGONISTI ECCO I DESIDERI DEI RAGAZZI ASPETTANDO IL FUTURO...

La partita del Milan, i viaggi, Tiziano Ferro E’ UN DATO CERTO che il mondo stia cambiando. Ce ne accorgiamo giorno dopo giorno, però non crediamo che ciò avvenga necessariamente in senso solo negativo. Ogni giorno che nasce,sia illuminato dal sole o bagnato dalla pioggia, può portarci qualcosa di bello. Noi siamo giovani, noi ragazzi abbiamo un futuro da vivere e questo futuro vogliamo che sia pieno di progetti e di speranze. Dobbiamo terminare la scuola media, diplomarci e dare una direzione alla nostra vita.

LA CURVA DI SAN SIRO Esserci: il sogno di tanti ragazzi

SICURAMENTE non ci sarà nessuna fine del mondo ma se davvero così fosse i nostri ultimi desideri sono: festeggiare capodanno a Time Square a

New York (Asia), visitare tutta la Germania (Giorgio), visitare molti Paesi con la mia famiglia (Camilla C.), visitare molte città Europee ( Michela), stare con il Papa per un giorno (Leonardo), andare ad un concerto di Tiziano Ferro (Camilla M.). State a sentire questi altri desideri: vedere una partita del Milan a San Siro (Edoardo), calmare mia sorella di sette anni (Enrico), vivere con la mia famiglia l’ultimo giorno con gioia rendendolo indimenticabile (Giovanni). ED ANCORA: conoscere Cristiano Ronaldo (Lorenzo), andare alla scoperta dei rettili in Messico (Matteo), continuare a stare bene in famiglia (Andrea). Per noi l’ideale sarebbe realizzare questo desiderio come se fosse l’ultimo e continuare a vivere la nostra giovinezza.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della scuola media «Vallo di Nera», classe II: Asia Allegretti, George Biunceanu, Camilla Celesti, Michela Dottori, Leonar-

do Giovannini, Camilla Minciotti, Edoardo Minciotti, Enrico Morganti, Giovanni Procaccini, Lorenzo Pucciotti, Matteo Ribeca, Andrea Rotilio. Gli insegnanti tutor che

hanno coordinato e organizzato il lavoro dei ragazzi sono e i docenti Anna Bonilli e Domenico Milano. La dirigente scolastica dell’Istituto è la professoressa Rosella Tonti.

LA RIFLESSIONE

I nostri vecchi: «Questa è tutta una bufala» IL POPOLO Maya visse nell’America centrale prima della scoperta americana di Cristoforo Colombo. Era un popolo molto evoluto nelle scienze astronomiche ma assai scarso di conoscenze contingenti; non conosceva neppure la ruota. Il loro calendario era di forma circolare e designava cinque ere ben distribuite; tutte terminavano con una calamità naturale. Attualmente ci troviamo nella quinta ed ultima era della loro conoscenza, quella dell’oro che, secondo i calcoli del popolo Maya terminerà proprio il 12/12/2012. Il popolo Maya non fu il solo a predire la fine del mondo per questa data, anche gli ebrei infatti l’hanno predetto. Tante notizie catastrofiche suscitano curiosità e timore ma... la realtà è tutta un’altra cosa! Se vogliamo essere poi pignoli, ricordiamo che anche nel libro dell’apocalisse Giovanni parla della fine del mondo che sicuramente ci sarà, però non si sa quando; niente date, niente allarmismi. Anche i nostri nonni ci tranquillizzano. Abbiamo infatti posto diverse domande anche agli anziani dei nostri paesi circa questa profezia della fine del mondo. E’ risaputo che i nonni hanno molta esperienza perché hanno vissuto più a lungo: hanno visto tante cose anche gravi. Alle nostre domande hanno risposto quasi tutti; solo pochissimi non ne avevano mai sentito parlare ma gli altri, la maggioranza, ci hanno risposto senza mezzi termini che è tutta una montatura. Nessuno può prevedere la fine del mondo, quindi è inutile preoccuparci prima che questo accada.

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CAMPIONATO DI GIORNALISMO

MARTEDÌ 17 GENNAIO 2012

Scuola media

Volumnio Ponte San Giovanni

Morti e macerie: è l’apocalisse Ponte San Giovanni durante la Seconda Guerra Mondiale IL PUNTO

Un quartiere all’avanguardia e multietnico AL CESSATO allarme tutti si ritrovarono dentro una nube immensa e polverosa che nascondeva la cittadina, come una fitta nebbia. Al rialzo dei sopravvissuti, fra cadaveri e macerie c’erano i ricordi sepolti: gli edifici antichi, il ponte, le case, i poveri morti del cimitero. I danni causati dalla guerra erano ingenti e, nel dopoguerra, si convenne sulle necessità di creare un piano urbanistico che regolasse la ricostruzione e lo sviluppo urbano della zona. Così tra il 1945 e il 1946 venne elaborato dal Comune di Perugia un piano regolatore per Ponte San Giovanni, ma negli anni a venire esso si rivelò inadatto per le reali potenzialità della zona. Nel 1962 venne redatto un nuovo piano regolatore comunale generale, che assegnava al Ponte una vasta possibilità di espansione delle attività industriali ed edilizie. Di pari passo allo sviluppo urbanistico, la crescita demografica: dai 3876 abitanti del 1911 ai 4792 del 1936, fino ai circa 22.000 di oggi. Oggi il Ponte è un quartiere multietnico [vedi i nostri cognomi], in cui importanti servizi forniti dallo Stato, dal Comune, dalla parrocchia e dal volontariato funzionano da elementi aggreganti. Una frazione che ha dato i natali all’allenatore Cosmi, all’attore Filippo Timi e all’attuale sindaco di Perugia. Una frazione con bellissimi negozi da cui esci con le borse piene e il portafoglio vuoto. Un luogo in cui, se non ti rapinano, non ti scippano e non ti truffano i camorristi, si vive bene.

L’AEREO SCENDE il corso del Tevere, da nord a sud. E’ una giornata limpida, la campagna è verde. La cinepresa sull’aereo filma campi, boschetti, una fattoria e il suo pagliaio, un ponte stradale, l’ottocentesco ponte della ferrovia. Sullo sfondo una distesa di macerie. Quei brandelli di muro sono quel che rimane di Ponte San Giovanni. In alto, a sinistra sull’inquadratura, il logo dell’Istituto Luce: è l’estate del ‘44. L’antico borgo chiamato un tempo Pon San Gianni era cresciuto accanto alla chiesa di San Bartolomeo e al ponte sul Tevere. Poi, dal 1866, arrivarono le ferrovie, la linea Foligno–Terontola e la Centrale Umbra che allora finiva a Umbertide e si collegava alla Arezzo-Fossato. Dal 1860 era nata a Ponte San Giovanni l’industria dei legnami che forniva traverse per la ferrovia. Furono costruite grandi cantine e le prime distillerie; aumentò la produzione di bachi da seta, di tessuto e l’attività del Molino Popolare. Era nata una fabbrica di sapone nei pressi della stazione. La po-

DISTRUTTA Le macerie della chiesa di San Bartolomeo

polazione era aumentata costantemente. Sul quel piccolo borgo operoso piovvero le bombe della Seconda Guerra mondiale. Tra il 28 ottobre 1943 e il 20 giugno 1944, Ponte San Giovanni subì 33 incursioni aeree, tre delle quali molto distruttive. Gli Alleati cercavano di distrugge-

re il campo di aviazione di Sant’Egidio, il nodo ferroviario, il molino-pastificio, la cui sirena annunciava gli allarmi aerei a tutta la vallata, lo stabilimento De Megni, che produceva materiale bellico, il ponte stradale. Invece furono colpiti edifici simbolo del vecchio borgo: le logge, il ponte vec-

chio (quello basso-medievale, a schiena d’asino), la chiesa parrocchiale. E naturalmente le case, anche nel timore che i tedeschi ci si nascondessero. Gli Alleati non riuscirono a distruggere il ponte stradale, che fu fatto saltare dai tedeschi in ritirata piazzandovi cariche esplosive. Fu colpito il cimitero: la nostra prof. Ragni ricorda di aver sentito narrare da sua nonna che la cappella di famiglia aveva avuto il tetto sfondato e le bare spaccate e cadute rovinosamente sul pavimento, insieme ai resti dei morti. La stazione ferroviaria fu distrutta il 19 dicembre del ’43. Dieci, tra ferrovieri e passeggeri, rimasero uccisi. Interrotta la linea Foligno-Terontola. Inutilizzabile l’intero impianto FCU. Più volte venne colpito l’acquedotto che portava acqua al centro di Perugia. I ponteggiani sfollarono: chi a Brufa, chi a Torgiano, chi più lontano ancora. I morti furono in totale 28. 68 anni dopo, il greto del Tevere restituisce bombe inesplose e gli abitanti del Ponte sfollano, oggi, come allora.

LE TESTIMONIANZE BOMBARDAMENTI, DISTRUZIONE, FAME E DOLORE NEI RACCONTI DI CHI C’ERA

«Suonava l’allarme ed era subito terrore»

BOMBARDATA La vecchia stazione del Ponte

AI TEMPI DELLA GUERRA la vita a Ponte San Giovanni non era affatto semplice. Dall’intervista ai signori Chiovoloni, anziani personaggi del Ponte, siamo riusciti a ricostruire la vita dei ponteggiani di quel periodo. Come avvenivano i bombardamenti? «I bombardamenti erano molto frequenti e miravano principalmente alle vie di comunicazione come ferrovie e ponti ma colpirono le case e il cimitero. Ero presente quando bombardarono la stazione e fu terribile: morti, macerie e sangue dappertutto». E l’allarme? «Per avvisare la popolazione c’era la sirena del vecchio mulino, ma questa non era mai del tutto precisa: a volte suonava un quarto d’ora prima dell’attacco, a volte mezz’ora prima, a volte suonava e gli aerei erano già sopra». Com’era la vita allora? «In quel periodo Ponte San Giovanni era un luogo

in cui si viveva sempre con il terrore addosso. Le condizioni di vita erano disumane: macerie e case pericolanti da ogni parte. Inoltre il cibo era molto scarso: per mangiare esisteva una tessera con cui le autorità del territorio distribuivano i viveri fra i cittadini ma le razioni erano molto misere». Cosa si mangiava? «La dieta era composta principalmente di legumi. Solo per le occasioni si potevano comprare carne e frutta che a quell’epoca erano cibi prelibati. Per tutta la durata della guerra non abbiamo mai assaggiato dolci o altre niccherie». Mancava solo il cibo? «Si era privi di tutto. Erano razionati anche il sapone, le stoffe e il filo per cucire. Così ci si lavava poco e festeggiavano i pidocchi. I vestiti e le scarpe si consumavano e era difficile perfino rattopparli. Erano lisi ma li indossavamo ugualmente perché non avevamo altro».

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata da Martin Angel Berroa Tarazona, Martina Bibi, Maria Alejandra Capponi Costa, Alex Chiovoloni, Nicola Chiovoloni, Leonardo Cingolo, Rodrigo Alan Fernandez, Safoa Gbali, Marina

Gbeuli Bolia Rolande, Aurora Gori, Vittoria Belen Juncos, Sokaina Laadam, Giulia Lolli, Alex Los, Giulia Mazzeo, Marcella Miroslavova Lyubenova, Riccardo Proietti, Romelda Shtara, Laura Stafisso, Emanuel

Tosti, Emanuele Trubbianelli, Matteo Virecci Fana, Jun Jie Zhou. Ha collaborato Filippo Passerini (2 C). I docenti: Maria Daniela Ragni, Simone Piastrelli, Lorenzo Pulcini. La dirigente è Angela Piccionne.


CAMPIONATO DI GIORNALISMO

MARTEDÌ 17 GENNAIO 2012

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Scuola media

Mameli Deruta

A lezione nella ’fabbrica grande’ Un esempio di archeologia industriale: aule al posto dei laboratori IL 15 DICEMBRE 2009, una scossa di terremoto ha lesionato i locali della Scuola rendendola inagibile, il comune e la dirigenza scolastica individuano i locali dalla ex Fabbrica Grande, come possibile nuova sede. Il vice preside Arch. Massimo Boco, accoglie immediatamente la sfida e si mette al lavoro, come lui stesso ci racconta, ‘con entusiasmo e ritmi incessanti’ per apportare le necessarie migliorie alla struttura: razionalizzazione degli spazi, impianti elettrici, pavimentazione e tinteggiatura finendo i lavori in due settimane. Grazie a questa esperienza, noi ragazzi abbiamo appreso la grandezza della sua passata storia, che ora ripercorreremo. Nel 1910 viene fondata la Società Anonima Maioliche Deruta, sulle ceneri della Cooperativa Fabbriche di Deruta costituita nel 1903 da Cesare Boschi. Nel 1920 viene rilevata da un gruppo di imprenditori locali, tra cui Biagio Biagiotti, che ne affiderà la direzione tecnica ed artistica ad Alpinolo Magnini, che risulterà essere lungimirante e innovativo nelle scelte operative, aprendo la maiolica derutese a tematiche figurative ispirate all’arte contemporanea.

I CRONISTI Gli studenti del Mameli, classi III A e III B

L’intento del Biagiotti è quello di istituire un consorzio tra le più importanti fabbriche di ceramiche artistiche e, intorno al 1920 la neonata Cooperativa Fabbriche di Deruta assorbe Società Anonima Combattenti Grazia e le altre piccole fabbriche operanti nella cittadina umbra. Nel 1923 il Biagiotti chiama a lavorare il cerami-

sta faentino Davide Fabbri e poco tempo dopo nel 1925, fonda la «Cima» (Consorzio italiano maioliche atistiche) con laboratori a Deruta, Perugia, Gubbio e Gualdo Tadino. Abbandonato il progetto di realizzare un consorzio nazionale Biagio Biagiotti si dedica alla cura della ceramica derutese e nel 1927 le sue fabbriche, che

hanno ormai sede nell’attuale scuola vengono dotate di forni elettrici ed iniziano una produzione su vasta scala marcata «Derutanova» o «Perugia», producendo anche su committenza della ‘Perugina’. Negli anni Trenta le maioliche di Deruta, la cui modernità si basa più sulla forma che sul decoro, riscuotono un buon successo di vendite in Italia esportando anche all’estero. Rallentata la produzione quasi fino all’azzeramento, negli anni della guerra dai forni della ditta si ritorna alla produzione di maioliche tradizionali, rustiche, copie dall’antico e moderne. Dagli anni ’60 inizia un lento declino che porterà ad un’inevitabile chiusura di quella che tutta la popolazione ormai conosce come «fabbrica grande». Nei primi anni ’80 per prevenire la fatiscenza e lo smantellamento dell’edificio, l’immobile è stato acquistato dall’amministrazione e dalla provincia, che lo avrebbero destinato a divenire sede del centro della ceramica e sede espositiva. Solo con la destinazione ad uso scolastico il piano terra dell’edificio è tornato ad essere di nuovo un centro propulsore della vita della nostra città.

LA STORIA IL PALIO DELLA BROCCA: UNA GARA TRA QUARTIERI CHE RIPORTA A GALLA IL PASSATO

Acqua per salvare l’arte della maiolica

INTERNI Il corridoio della fabbrica scuola

«… LA MAGISTRATURA e consiglio locale nel 1844 risolvette provvedere abbondanti acque potabili, anco perché non iscapitasse l’ arte della maiolica, antico vanto del luogo ed attualmente risorsa della popolazione …» Così, Giuseppe Bianconi in sua descrizione storica di Deruta e del territorio, narrava la circostanza in cui si rese necessaria la costruzione di una nuova condotta per l’acqua potabile e della fontana di Piazza dei Consoli, dopo che, malaugurati terremoti del 1832 avevano reso quasi inservibile il pozzo di ampia grandezza ubicato nei pressi dell’ attuale fontana. Dalle parole del Bianconi si evince, come prima preoccupazione quella di fornire l’acqua alla produzione dalla maiolica che rappresenta la risorsa fondamentale per la popolazione. Partendo da questa memoria

storica, nasce in tempi recenti l’idea di una rievocazione di questo evento: un Palio disputato tra i tre Rioni del paese in cui protagonista sia appunto l’acqua, trasportata con vasi tipici in maiolica. NEL GIORNO del 25 novembre, in ricorrenza di S. Caterina d’Alessandria - la patrona dei ceramisti - e di S. Semplicio - patrono del comune-, i tre Rioni storici della città (Piazza- Valle-Borgo) si sfidano in una competizione popolare suddivisa in vari giochi che portano all’assegnazione del Palio della Brocca. Il rione che si distinguerà per bravura e destrezza riceverà il trofeo/brocca in maiolica, simbolo della disputa e Deruta. Per noi ragazzi è un vero divertimento, ci sentiamo parte integrante del nostro rione, sentiamo moltissimo la sfida e cerchiamo di essere utili in ogni modo possibile.

LA REDAZIONE LA SEGUENTE pagina è stata realizzata dagli studenti dell’Istituto comprensivo «Mameli» con i seguenti ragazzi della classi III A e III B coordinati dalla professoressa

Elena Sciuga: bellini luca, boco celse, bodanzi melissa,brozzi alessio, gentili gioele, hutter lorena beatrice, kuznetosov grigoriy, leandri sara, leka klaudio, margari-

telli giacomo, nicolini giacomo, picoltrini nicolo’, rivecci marco, ronca matteo, simonetti ciro, tarquinio claudio, tomassini aldemiro, vescera nicolo’, zeneli daniela. Il dirigente scolastico è Lucio Raspa

LA RIFLESSIONE

Il ceramista Professione da riscoprire QUEST’ATTIVITÀ ha dato la possibilità a noi ragazzi di incontrare ceramisti di diverse età e confrontarci con loro su questo mestiere antico quanto l’uomo, ma in grave crisi a causa di un mercato estero sempre più inflazionato. Dalle nostre interviste è emerso che gran parte di coloro che operano nel settore, hanno scelto con orgoglio questo mestiere per proseguire una tradizione di famiglia e tutti hanno iniziato anche per gioco, ad operare con la ceramica intorno alla nostra età. I più anziani ci raccontano aneddoti piacevoli, come le grandi amicizie che sono nate e le storie d’amore durate tutta una vita, ma non dimenticano che la vita di fabbrica era difficile, era spesso molto freddo in alcune aree, oppure faceva un caldo asfissiante nei pressi dei forni, nella zona della verniciatura si respirava un’aria malsana e comunque si era controllati a vista dai capireparto che facevano pagare delle ammende se si arrivava in ritardo. E così dicendo gran parte degli intervistati proseguono il discorso sconsigliando noi giovani ad intraprendere una professione così dura, tuttavia, in molti dei loro occhi abbiamo visto l’orgoglio di essere parte di una maestranza così antica ed illustre e questo ci ha fatto riflettere seriamente, su quanto sia importante conoscere la storia della nostra cittadina e sulle possibilità di lavoro anche per noi giovani, magari avendo la forza di rinnovare certi aspetti e riuscendo a coniugare con coraggio tradizione e modernità, rispettando quello che eravamo in virtù di ciò che saremo.

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CAMPIONATO DI GIORNALISMO

GIOVEDÌ 19 GENNAIO 2012

Scuola media

La Meridiana Bettona

Il passato insegna ed emoziona Gli studenti del «Meridiana» alla scoperta dei luoghi della storia LA RIFLESSIONE

I monumenti raccontano... Eroi e ideali NEL PAESAGGIO incontaminato dei boschi di Bettona, in località Cinque Cerri, si trova un cippo che commemora i partigiani della Brigata Leoni. Il 5 marzo 1944 i tedeschi circondano la zona di Bettona con un centinaio di camion, carichi di soldati. I partigiani capiscono che le loro armi sono insufficienti per resistere con successo ai molti battaglioni tedeschi. Sei di loro si offrono volontari per il primo contatto a fuoco e permettono ai compagni di mettersi in salvo. Resistono valorosamente per molte ore contro le truppe ben armate ed addestrate dei tedeschi. Tutti i partigiani rimangono uccisi tranne Mario Grecchi, un ragazzo appena diciottenne, che, più volte ferito, viene tenuto in vita per essere fucilato, il 17 marzo, con lo scopo di fare impressione sulla cittadinanza. Questo episodio ci ha fatto riflettere sulle persone che si sono sacrificate per il nostro Paese, che hanno sconvolto la loro vita rinunciando ai loro sogni, ad una famiglia, dei figli ed una vita felice, convinti che le loro azioni avrebbero portato alla sconfitta del nemico e con esso del male e della mancanza di libertà. Infatti sul cippo si legge: “Non ideali retorici, ma convinzioni concrete ci univano coscienti che la nostra libera scelta serviva a noi e agli altri come sempre è servita nel mondo, la ribellione contro la violenza e l’assassinio”. Altre volte ci è capitato di passare davanti a questi luoghi, senza considerare il perché di questo monumento.

NOI GIOVANI abbiamo la tendenza a pensare esclusivamente al presente, a vivere bene ora e adesso, senza considerare le possibili conseguenze delle nostre azioni. Spesso ci prefiggiamo un obiettivo da raggiungere, eppure al momento di fare sacrifici, ci arrendiamo. Per esempio ad ogni inizio di anno scolastico facciamo propositi di impegnarci per ottenere risultati apprezzabili, ma poi la volontà è poca. Ma se riflettiamo ci accorgiamo di essere più legati al passato di quanto pensiamo: è il passato che ci dice chi siamo. Infatti comprendiamo la realtà che ci circonda attraverso i documenti storici e le testimonianze giunte fino a noi, insieme ai ricordi più significativi che ognuno interpreta soggettivamente, secondo le esperienze vissute e le emozioni provate. Tutti gli eventi del passato sono serviti a formare il nostro bagaglio culturale, affettivo ed emozionale. Questo non potrà mai essere cancellato: cambieranno modi e mezzi, ma il trascorrere del tempo, in particolare «un certo tempo», contribuirà alla formazione della nostra personalità!

IL MONUMENTO Una lapide in ricordo dei Partigiani

Nessuno può illudersi di partire dal nulla e ignorare la Storia. Fatti ed avvenimenti che sembrano lontani da noi, sono in realtà vicini e collegati da un invisibile legame, la memoria dell’uomo, che, oltre a dare significato alle vicende storiche, porta con sé innumerevoli emozioni. Le nostre città sono piene di testimonianze che ri-

cordano fatti e personaggi storici che meritano interesse e considerazione. Visitando i luoghi della guerra partigiana del nostro territorio abbiamo provato tante emozioni. Siamo passati da un’iniziale curiosità ad un sentimento di viva partecipazione per le vicende studiate. Le parole delle nostre insegnanti che raccontavano gli epi-

sodi di questi “eroi sconosciuti” hanno fatto svanire quel distacco iniziale. Abbiamo provato una grande rabbia quando ci siamo accorti dell’ingiustizia subita da quei giovani, per poi renderci conto che la nostra libertà è frutto del sacrificio di quei ragazzi. Il passato, come il futuro ed il presente, non è solo una semplice data, ma un ricordo che fa scaturire un’ emozione. Ritrovare una vecchia foto, ascoltare un brano musicale di qualche tempo fa, sentire un profumo, sono tutte sensazioni che associamo ad un ricordo e con esso ad un’emozione. Il passato non è solo il tempo che trascorre, ma la comunione tra i ricordi che evoca e i sentimenti che provoca. Tutti gli esseri umani provano emozioni, anche i più duri che non vogliono farsi coinvolgere e si vergognano di emozionarsi. In una canzone Vasco Rossi dice: «Ho fatto un patto con le mie emozioni, le lascio vivere e loro non mi fanno fuori». Il passato è formato da ricordi, ma i ricordi sono soprattutto emozioni.

L’INTERVISTA MAURO BINI E VALERIANO TASCINI CI PARLANO DELL’«ANPI» DI MARSCIANO

«Ragazzi, vi spieghiamo l’eredità partigiana»

EMOZIONI Ascoltiamo i grandi «vecchi»

ABBIAMO incontrato Mauro Bini e Valeriano Tascini del direttivo Associazione Nazionale Partigiani Italiani di Marsciano che ci hanno fatto capire l’importanza dell’Anpi ai giorni nostri. Che cos’è l’Anpi? «È un’associazione nata dopo la seconda guerra mondiale quando i partigiani avevano contribuito, con la Resistenza, alla liberazione dell’Italia dopo il 1943. Da qualche anno si è deciso di permettere anche a chi non ha vissuto quei fatti storici di far parte dell’Anpi, purché abbia principi di libertà e di democrazia». Quante associazioni Anpi sono presenti nel nostro territorio? «In Umbria è una presenza molto diffusa con circa 30-40 circoli importanti». Quanto è impegnativo, per voi, far parte di questa associazione?

«È un impegno spontaneo, ma non è sacrificio, è gioia». Quanti partigiani sono ancora vivi? «Tre partigiani, tra cui una donna molto grintosa. Abbiamo fatto conoscere le azioni dei giovani delle Brigate Leoni e Innamorati che, nei nostri boschi, si difendevano dalle rappresaglie dei tedeschi». Cosa vuol far capire a noi giovani questa Associazione? «L’Anpi vuole ricordare i motivi che hanno spinto i giovani partigiani a combattere per la libertà. Il ricordo vuole scongiurare il riproporsi di questi dolorosi avvenimenti. Nelle scuole cerchiamo di divulgare l’esempio di questi eroi per insegnare a voi giovani quanto è importante e preziosa la libertà di cui godiamo oggi».

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti delle classi III A e IIIB dell’Istituto Comprensivo di Bettona: Paolo, Angelica, Beatrice, Nicolò, Francesco, Celeste, Lorenzo, Mattia, Kevin, Diletta, Sara, Donia,

Francesca, Gian Marco, Laura, Valentina, i Francesco, Davide, Vittorio, Alessia, Francesco, Gentian, Pietro, Clarissa, Ludovica, Ana, Achraf, Rosa, Giacomo, Andrea, Gloria, Michael, Andrea, Dario, Kevin, Ales-

sia, Francesco. Docenti tutor: Cosetta Checcarelli, Ida Paola Faloia. Dirigente scolastico Giovanni Pace.


CAMPIONATO DI GIORNALISMO

GIOVEDÌ 19 GENNAIO 2012

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Scuola media

Mazzini Magione

Mafia e illegalità game over! Le giovani generazioni si ribellano al crimine. Da protagoniste STOP PIZZO, stop ricatti, stop omertà! La vittoria sulla mafia è finalmente un dato di fatto. L’Italia è libera di gridare vittoria sull’enorme polipo, sulla piovra che da secoli tiene in ostaggio la Sicilia, quel meraviglioso paradiso troppe volte trasformato in inferno. Questa notte le forze dell’ordine hanno catturato gli ultimi tre boss mafiosi, facendo irruzione nel covo di Palermo, in pieno centro: via Libertà, che ospitava l’assemblea assassina, facendo, così, piazza pulita di tutte le nefandezze di cui si erano macchiati. Non se la caveranno per mancanza di prove: le prove esistono e sono schiaccianti. Arresti in tutta Italia, al Sud stroncato grande traffico di droga: 40 fermi; al centro 20 per licenze edilizie firmate da funzionari comunali corrotti; al Nord altri 30 per traffico di prostitute. Si contano più di cento criminali tra uomini d’onore, picciotti e semplici cittadini che per anni hanno alimentato Cosa Nostra in silenzio e omertà. I colpe-

MOSTRO La piovra che tutto inghiotte e minaccia

voli, ancora liberi, si arrendono all’evidenza: non sono mai stati uomini d’onore, nonostante si fossero sempre considerati tali, ma solo uomini senza dignità che nutrivano il mostro diffondendo paura e terrore. Ma il merito della grande vittoria non va solo alle forze dell’ordine che hanno agito

questa notte: grandi colpi alla mafia sono stati sferrati anche da Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre che da decine di altri giudici italiani, eroi che hanno sacrificato la vita per proteggere la patria e per permetterle di dormire sonni tranquilli, che hanno contribuito

ad abbattere l’assedio che durava da più di un secolo, liberandola dalle catene che l’hanno intrappolata nell’oscurità senza luce del crimine...ma finalmente luce fu! Una battaglia dura ed estenuante combattuta, però, anche da tutti coloro che sono riusciti a dire no alla corruzione, a chi si è rifiutato di pagare il pizzo, a chi non tollerava più compromessi e illegalità, a chi non voleva più assistere, impotenti, ad attentati e a stragi. Il muro di omertà costruito da Cosa Nostra è stato demolito. D’ora in poi le nuove generazioni conosceranno Cosa Nostra solo nei libri di testo. Cari signori e signore, ragazzi e ragazze, bambini e bambine, uscite in strada alla luce del sole, formate una folla, ringraziate il Signore, onorate i morti: nulla può più fermarvi, perché finché si starà uniti l’ unico, grande, imbattibile “eroe” saremo noi! Noi sappiamo rialzarci quando cadiamo, asciugarci le lacrime quando piangiamo e abbracciarci nella gioia e nel dolore...questo è un momento di gioia.

ESPERIENZA SUL CAMPO A BORDO DELLA NAVE DELLA LEGALITA’: CRONACA DI UNA GIORNATA

Da Napoli a Palermo contro i soprusi

PROTAGONISTI I giovani redattori a bordo della «Legalità»

IL TRIONFO DELLA LEGALITÀ e il valore della memoria: questi i temi del concorso «Il mondo che vorrei» a cui hanno partecipato, nello scorso maggio, alcune classi terze della nostra scuola guidate dal professore di Educazione Artistica, Claudio Nicoli e dalle insegnanti di Lettere, per testimoniare con convinzione il nostro «no» alla mafia. Ogni classe si è impegnata nella realizzazione di lenzuola dipinte affiancate da slogan capaci di arrivare diritti ai cuori. Non dimenticheremo mai la straordinaria esperienza di un lavoro di gruppo che ci ha portato a raggiungere quei risultati che tanto speravamo di ottenere; infatti la nostra scuola, insieme ad altre due in tutta l’ Umbria, vincendo il concorso, si è guadagnata la presenza simbolica sulla “Nave del-

la Legalità”, in un viaggio da Napoli a Palermo, attraverso quattro nostri compagni, che hanno espresso la solidarietà di tutti i giovani umbri alla lotta contro la piovra... «loro c’erano e noi con loro!». UN TRAGUARDO importante per la nostra scuola, a cui miravamo da almeno due anni, che ha reso fieri tutti noi, gli insegnanti e il preside; una tappa in più, dopo l’incontro, avvenuto tre anni fa, di tutti noi studenti con la professoressa Falcone, sorella del giudice vittima della mafia, ucciso con la sua scorta nell’attentato di Capaci. Una bella soddisfazione, ma soprattutto una grande lezione di vita, che lascerà il segno in ciascuno di noi.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dalla redazione del giornalino scolastico la Zzurla: Michela Mariuccini, Sara Cesarini, Beatrice Minelli, Giulia Locchi, Maria Dorillo, Sara Filugelli, Giulia Poggioni, Alessia Fer-

retti, Lorenzo Rossi, Michele Versiglioni, Alice Gargagli, Sara Tortoioli, Marta Fumanti, Marta Mallamace, Matilde Faraghini, Gabriel Magnini, Sophia Mencarelli, Matteo Trottolini, Chiara Ceci, Lorenzo Ba-

lucani, Lorenzo Locco, coordinati dalle professoresse Lorena Beneduce e Elisa Pietropaoli, il dirigente scolastico è Giuseppe Materia.

LA RIFLESSIONE

Viviamo un sogno... Sarà realtà? LA MAFIA, quel mostro imbattibile, cruento, sanguinario, assassino, con il suo giro d’affari ampio e disonesto non esiste più. Niente più spaccio di stupefacenti, ricatti, pizzo, traffico di esseri umani, prostituzione, appalti corrotti. Stop alla criminalità organizzata,stop alle pallottole vaganti, stop al riciclaggio di denaro sporco...finalmente bambini liberi di giocare in strada, ragazzi dal viso pulito, madri e padri fiduciosi nella giustizia e nello Stato. Niente più soldi utilizzati per combattere Cosa Nostra. E oggi giovani provenienti da ogni parte d’Italia hanno riempito la terra di Sicilia per festeggiare la fine della prepotenza mafiosa. Giovani che sorridono e tengono le braccia aperte verso il cielo. Questi giovani manifestano con fermezza la loro gioia per un sogno che si è finalmente realizzato: la testa velenosa della piovra è stata mozzata...e vorremmo che tutto ciò fosse realtà, vorremmo tutti poter leggere un giorno molto vicino il riscatto di tanti uomini perbene che hanno sacrificato se stessi nella lotta contro “Cosa Nostra”. La strada è lunga ma si arriverà in fondo, lenti inesorabili sono i successi dello Stato, non ultimi i cinque ergastoli per i responsabili della morte del piccolo Giuseppe di Matteo, ucciso e sciolto nell’ acido quindici anni fa. Ma importante è anche l’ aiuto di noi giovani, di tutti i giovani non solo siciliani, che non hanno più paura di dire no alla Cupola.

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CAMPIONATO DI GIORNALISMO

MARTEDÌ 24 GENNAIO 2012

Scuola media

Beato Simone Cascia

Ecco sua maestà lo zafferano L’«oro giallo» è un prodotto che ha un forte impatto sul territorio IL PUNTO

La storia Una giornata in archivio LA NOSTRA avventura alla scoperta dello zafferano è iniziata all’archivio storico del Comune di Cascia, dove sono custoditi diversi manoscritti che testimoniano come tra il XIV e il XVI secolo Cascia fosse un centro importantissimo nella produzione e nel commercio della preziosa spezia. E’ probabile che l’economia del libero Comune di Cascia traesse notevoli guadagni dal commercio della spezia, tanto che nella XII rubrica dello Statuto del 1384 vengono elencate le sanzioni da pagare in caso di danneggiamento delle coltivazioni. Un’altra testimonianza importante è del XVI secolo: Cascia fa ormai parte dello Stato Pontificio e intorno al 1540 riceve la visita del funzionario apostolico Cipriano Piccolpasso il quale scrive nella sua relazione al pontefice Pio IV che i casciani traggono molto guadagno dal commercio dello «zafforame». La relazione di Piccolpasso è però uno degli ultimi documenti in cui si parla di zafferano a Cascia; infatti senza un preciso motivo questa spezia non viene più menzionata in nessun documento ed in nessun testo. La più accreditata delle ipotesi è quella che riguarda l’utilizzo dello zafferano come correttore di sapori per quei prodotti che tendevano a deteriorarsi facilmente. E’ probabile che con l’arrivo dalle Americhe di nuovi alimenti a più lunga conservazione si modificò il modo di mangiare della gente e non vi fu più una grande richiesta di zafferano.

CASCIA è una piccola cittadina abitata soprattutto da agricoltori, commercianti e artigiani, non ci sono industrie, ma ciò non significa che non abbia delle ricchezze. Conosciuta come la città di Santa Rita vanta dunque una ricca tradizione spirituale, storica, artistica ed anche gastronomica; infatti da undici anni è la protagonista di un importantissimo evento interamente dedicato allo zafferano. Anche nell’anno appena trascorso, dal 29 ottobre al 1 novembre si è svolta la «Mostra Mercato dello Zaffarame di Cascia» che in questa XI edizione ha fatto registrare un boom di visitatori: le stime parlano di circa 3500 persone giunte a Cascia per assaporare la preziosa spezia. La produzione di zafferano a Cascia è antichissima, vi sono infatti testimonianze già nel XIV secolo, ma l’idea di promuovere questa spezia risale alla fine degli anni ’90 con la ripresa della produzione da parte di alcune aziende agricole che poi hanno dato vita all’ Associazione «Zafferano di Cascia - Zafferano purissimo dell’Umbria», proprio per di-

REPORTER IN ERBA Gli studenti delle classi I A e I B

fendere la tipicità di questo prodotto. Lo zafferano ha bisogno di molto tempo in ogni fase della sua produzione e richiede un grande lavoro manuale: per ottenere un grammo di zafferano occorrono circa 200 fiori, ecco perchè il suo prezzo è come quello dell’oro!

Vi chiederete sicuramente come facciamo ad avere tutte queste informazioni sullo zafferano! Semplice.. anche noi ci siamo tuffati in questo mondo! Siamo andati tutti a studiare, a raccogliere e a mangiare lo zafferano grazie alla disponibilità di alcune persone che ci hanno permesso di fare que-

sta esperienza: il dottor Porena che ci ha accolto all’Archivio Storico del Comune aiutandoci a ricostruire la storia dello zafferano di Cascia attraverso antichissimi manoscritti e le signore Silvana e Geltrude che nella loro azienda agricola ci hanno mostrato ed insegnato tutte le fasi della lavorazione di questo fiore. Abbiamo così avuto l’opportunità di realizzare un lavoro che è stato esposto alla Mostra-Mercato in uno stand completamente gestito da noi ragazzi della prima media di Cascia. Inoltre insieme alle nostre mamme abbiamo preparato dolci allo zafferano che abbiamo offerto ai visitatori. Grazie a questa esperienza abbiamo capito quanto sia importante la produzione dello zafferano per la nostra cittadina e con certezza possiamo dire che lo zafferano è una grande ricchezza che affascina non solo noi abitanti, ma anche i turisti. Per questo motivo noi ragazzi ci impegneremo perchè questa tradizione non si perda nel tempo e cercheremo di garantire a questo fiore il successo che ha oggi.

L’INTERVISTA LA STORIA DI SILVANA E GELTRUDE: COLTIVATRICI PER PASSIONE

«E’ una magia, il fiore cambia colore... » AD OTTOBRE abbiamo fatto un’uscita didattica a Civita di Cascia per avere delle notizie sullo zafferano. Ci hanno accolto nella loro azienda agricola Silvana e Geltrude che, molto cordialmente, ci hanno dato informazioni su questo prezioso fiore ed hanno soddisfatto la nostra curiosità permettendoci di realizzare l’intervista. Signora Silvana, come e quando le è nata la passione per lo zafferano?

«Nel 1999 è partita un’iniziativa della Provincia per reintrodurre la coltivazione di prodotti di nicchia, quali lo zafferano. Con l’aiuto del Comune e grazie alla condivisione di idee e di sogni con il dottor Porena che in archivio aveva trovato antichi documenti riguardanti lo zafferano, ho aderito al progetto». ORO GIALLO Lo zafferano: storia e business

Perchè le piace coltivare lo zafferano?

«Lo zafferano è un innamorato che dà appunta-

mento nelle fredde mattine d’ottobre; trovare il campo pieno di fiori è una gioia immensa ed è bello chinarsi a raccoglierli. Oggi non conosciamo più il senso del chinarsi sulla terra, ma è questo un gesto di grande umiltà che porta ricchezza. Lo zafferano poi è una magia: cambia il suo colore se immerso nell’acqua e il suo fiore contrasta con il paesaggio invernale in cui fiorisce». E’ impegnativo coltivare lo zafferano?

«Non è complicato, ma richiede tenacia e fatica fisica durante la semina, nelle calde giornate d’agosto, e durante la raccolta con tempi molto serrati per non deteriorarne il fiore». Avrebbe mai immaginato da bambina di diventare coltivatrice di zafferano?

«No. Sono nata e cresciuta a Roma. Avevo altri progetti, ma ho sempre avuto un amore profondo e un grande rispetto per la terra. Non ho rimpianti».

LA REDAZIONE Angelini Jacopo, Aramini Nicolas, Bigotti Giulio, Colasanti Emma, Del Marro Agnese, Demofonti Alessandro, Di Crescenzio Kristina, Di Porzio Alessia, Flammini Elisa, Giacomini Azzurra, Islami Destan, Na-

varro Leon Kevin, Pascucci Armando, Pettaccio Giulia, Rasi Laura, Recchi Gioele, Serban Janut Gabriel, Soni Pintu, Benedetti Francesca, Cherubini Martina, Chiaretti Fabrizio, Del Marro Andrea, Di Curzio Mat-

teo, Di Pasquale Lucrezia, Giulivi Elias, Kadrii Ilzana, Loretucci Manuel, Marrazzo Sara, Miarelli Rita, Moretti Natalia, Piconi Moreno, Santini Serena, Sciattella Alessio, Simoni Valerio, Veliji Arb.


CAMPIONATO DI GIORNALISMO

MARTEDÌ 24 GENNAIO 2012

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Scuola media

Vera Amelia

1944: quella bomba sul cuore Amelia ricorda ancora la tragica giornata di sangue e distruzione IL GIORNO 25 gennaio tutti gli anni ad Amelia, nella nostra piccola città, si ricorda l’anniversario del bombardamento che è avvenuto proprio in questo giorno del 1944 durante la seconda guerra mondiale. Sembrava una giornata come le altre, ogni tanto si sentivano gli aerei passare, il popolo amerino si era ormai abituato, generalmente non avveniva niente di grave. I bambini erano andati normalmente a scuola. Qualcuno di loro quel giorno era assente e più tardi scoprì che era stata una fortuna. A metà mattinata, verso le ore 10.00, dopo il passaggio a bassa quota di alcuni aerei caccia B29 delle truppe anglo-americane, si udì un boato assordante, tutti uscirono dalle loro case per vedere cosa fosse accaduto. ARRIVATI sul posto si trovarono davanti una scena agghiacciante. La chiesa di Santa Elisabetta e l’annessa scuola femminile delle maestre Pie Venerini, erano state bombardate; la chiesa quasi scomparsa, macerie ovunque, persone urlanti e ferite, genitori in lacri-

TESTIMONIANZE

«Il rombo degli aerei... Poi la morte» I REPORTER Un po’ giornalisti un po’ appassionati di storia

me che cercavano le loro bambine tra le rovine e tanta polvere. Il bilancio della tragedia fu di diciassette morti: dodici alunne, che non avendo ascoltato l’ordine delle suore di recarsi nella legnaia si erano dirette all’esterno, prese dal panico, proprio nell’attimo in cui la bomba era caduta nell’atrio della scuola, la direttrice Jole Orsini a cui oggi è dedicata la scuola primaria successivamente costruita, un operaio e tre suore. Ma perché gli alleati avevano sganciato la bomba? Era stato un tragico errore: quel giorno i solda-

ti americani avevano intenzione di bombardare il ponte “Grande” che fungeva da collegamento con i paesini circostanti e soprattutto era posto sulla strada per Orvieto, importante tramite per il trasporto delle armi dei tedeschi che si stavano ritirando verso il nord della penisola. E invece la bomba letale era andata a colpire nel cuore due edifici simbolo della città. Ancora oggi i testimoni viventi raccontano a noi giovani con sgomento che quando sentono il rumore di un aereo hanno paura e si

commuovono ripensando all’attimo in cui hanno perso le persone a loro care. Domani come tutti gli anni, la rievocazione del bombardamento avverrà con una fiaccolata pubblica preceduta dal suono di una sirena e da una celebrazione liturgica nella chiesa di Santa Lucia, ricostruita sulle rovine dell’edificio precedente. Per noi è molto importante che venga ricordato questo avvenimento per non dimenticare una tragedia che rimarrà scritta per sempre nella storia della nostra città e nei cuori dei suoi abitanti.

LA STORIA GLI STUDENTI VISITANO I LUOGHI DELLA MEMORIA E RIFLETTONO...

Nei campi di sterminio per non dimenticare IL 27 GENNAIO 1945, gli americani e i sovietici liberarono gli ebrei rinchiusi nel campo di concentramento di Auschwitz; quest’anno si celebra il 67˚ anniversario di questo evento, in questi giorni molti paesi europei ricordano tutte le persone innocenti, morte a causa della persecuzione inflitta da Hitler. I campi di concentramento non ghettizzavano solo gli ebrei, ma anche gli zingari, le persone di colore, gli omosessuali, i disabili. Questi campi si trovavano in varie zone d’Europa; in Italia, Mussolini fece realizzare dei campi di lavoro, ma esisteva anche un campo di smistamento-sterminio a Trieste. LA LAPIDE In onore dei caduti della guerra

I RAGAZZI della 3˚B sono andati, in occasione dei 150 anni dall’unità d’Italia,nella prima capitale: Torino. In questa magnifica città han-

no potuto visitare la mole Antonelliana,edificata inizialmente come luogo di culto per gli ebrei (il governo Cavour sanciva la libertà di religione). Hanno visto anche la “Torre Littoria”da cui Mussolini ha fatto il discorso sulla discriminazione ebrea: un passo indietro sul rispetto dei diritti umani. IL RICORDO dello sterminio scuote le nostre coscienze perché ci rendiamo conto di essere quello che siamo per quello che siamo stati. Questo è l’obiettivo dello studio della storia. Ma il ricordo da solo non può bastare se non capiamo che la memoria non è soltanto ciò che è accaduto, ma anche ciò che accade oggi: sapete perché? Perché la storia siamo noi.

LA REDAZIONE LA SEGUENTE PAGINA è stata realizzata dagli studenti della scuola media «Augusto Vera» di Amelia. Hanno partecipato alla stesura dei pezzi i ragazzi delle classi III B e III D coordinati dall’insegnante tu-

tor Carla Egizi. La scuola è diretta dalla preside Graziella Cacafave. La scuola ha partecipato a tutte le edizioni del campionato di giornalismo. Le foto sono state prodotte dagli studenti. Un grup-

po di loro ha visitato, durante un viaggio didattico, la prima capitale d’Italia, Torino, alla ricerca di alcuni monumenti simbolo della loro inchiesta.

GRAZIE al concorso regionale «Le Pietre della Memoria», ci siamo messi a contatto diretto con la memoria di testimoni che in prima persona hanno vissuto le tragiche esperienze delle Guerre e del bombardamento alle scuole Pie Venerini della nostra città. Abbiamo quindi intervistato alcuni nostri nonni che ci hanno riportato indietro nel tempo facendoci rivivere le loro emozioni. Cosa ricorda del giorno del bombardamento di Amelia? «Tornai dal lavoro la mattina presto. Vivevo nel palazzo di fronte alla scuola elementare delle Maestre Pie Venerini. D’improvviso sentii come un tuono e mi svegliai. Affacciandomi dalla finestra mi accorsi che la chiesa di S.Lucia era crollata e, insieme a lei, anche la scuola elementare. Ero preoccupato, poiché lì dentro c’era anche la figlia di mia sorella. Corsi giù in piazza. Cercai tra le macerie e la trovai ferita e di corsa la portai in ospedale. L’impressione fu terribile. Il ricordo indelebile». (Arsenio Mucca) «Ritornavo dalla scuola di Croce d’Alvo dove insegnavo nel fiore dei miei 20 anni. All’improvviso il rombo degli aerei, uscii in strada e li vidi carichi di bombe. Non feci in tempo a rientrare che le sganciarono; la terra tremava sotto i piedi e risuonarono boati e grida. Mia madre mi venne incontro e ci dirigemmo verso casa. La chiesa di S.Lucia non c’era più, così come la scuola». (Maria Luisa Chieruzzi)

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CAMPIONATO DI GIORNALISMO

GIOVEDÌ 26 GENNAIO 2012

Scuola media

Storelli Gualdo Gualdo Tadino Tadino

Daria, manager della ceramica La Rubboli fu tra le prime donne imprenditrici e ‘maestra del terzo fuoco’ IL CERVELLO

Cinzia: la scienziata anticancro IL 15 GENNAIO il Comune ha assegnato alla sua concittadina, Cinzia Allegrucci, il premio «Beato Angelo» come prestigioso riconoscimento al suo lavoro svolto nell’ambito della ricerca scientifica. Cinzia è nata a Gualdo Tadino e si è laureata a Perugia in chimica e tecnologie farmaceutiche. Dopo il dottorato di ricerca, ha lavorato in Spagna, in Svezia e negli USA. Nel 2007 è entrata a far parte dell’Istituto di genetica dell’Università di Nottingham, in Inghilterra, dove nel 2009 ha avuto l’incarico di docente presso la facoltà di medicina e scienze della salute. Allegrucci, specializzata in biologia cellulare e genetica molecolare, insieme al suo team di ricercatori, ha scoperto una modalità di trasformazione delle cellule cancerogene maligne in benigne, bloccandone la diffusione nell’organismo. Questa importante intuizione dà una speranza di vita ai malati di cancro. L’approccio rivoluzionario funziona utilizzando proteine estratte dalla salamandra. Nel 100% dei test, eseguiti sugli animali, l’iniezione di queste proteine blocca lo sviluppo del tumore e il suo diffondersi. Questa ricerca porterà a nuovi trattamenti anticancro con tecniche di riprogrammazione cellulare. Esprimiamo con orgoglio tutto l’apprezzamento e la gratitudine a questa giovane ricercatrice gualdese che, a soli 42 anni, ha già lasciato un’impronta significativa ed è esempio di determinazione, intraprendenza e capacità di raggiungimento degli obiettivi.

ALLA DONNA è sempre stato riconosciuto un ruolo secondario rispetto all’uomo nel lavoro, nella storia, nella letteratura, nell’arte e nella cultura in genere. A causa della mentalità dell’epoca passata, non è stato facile al gentil sesso mostrare il proprio valore. Ora, nel III millennio, finalmente, si ammette il merito del suo operato e non c’è luogo dove non emergano o non siano emerse grandi personalità femminili. Noi alunni, mentre facevamo una ricerca per un concorso, che aveva come protagonista la donna nel nostro territorio, ne abbiamo scoperte due che ci sono parse particolarmente interessanti: Daria Rubboli e Cinzia Allegrucci. Daria Rubboli, caso quasi unico di imprenditrice di fine Ottocento in Umbria ed immagine della donna lavoratrice in un periodo in cui il lavoro femminile era sommerso e socialmente invisibile, ci ha colpito per le sue doti artistiche e per sua energia. Daria nasce nel 1852, nel momen-

REPORTER Gli studenti della Storelli sulle orme delle grandi donne

to più intenso della costruzione dello Stato italiano. Quando gli Italiani festeggiano Roma capitale d’Italia, incontra a Fabriano, suo luogo nativo, Paolo Rubboli, che sposa e con il quale ha tre figli. Paolo la coinvolge nel suo lavoro di ceramista e la fa partecipe dei suoi segreti nell’arte della ma-

iolica a lustro. Insieme danno vita ad un’impresa di ceramica a Gualdo Tadino, dove si trasferiscono nel 1878. Dopo la morte del marito, avvenuta improvvisamente nel 1890, l’ unica preoccupazione di Daria è la crescita dei figli e dell’opificio. Inizia così l’ attività dell’imprenditrice donna in un

momento storico che vedeva la figura femminile sottomessa e relegata alle pareti domestiche. Al tempo della Grande Guerra viene costruita la ditta Daria Rubboli e figli con il suo nome scritto per esteso come riconoscimento al suo importante ruolo imprenditoriale. Daria muore nel dicembre del 1929. I suoi concittadini vollero che nei manifesti fosse scritto: «Daria Rubboli, maestra del terzo fuoco». La famiglia Rubboli le deve tutto e così la nostra città perché ha permesso la sopravvivenza di tecniche straordinarie nella decorazione a riverbero che hanno cambiato il destino ceramico di un paese. Il segreto del colore iridato dei Rubboli è stato tramandato da madre a figli e nipoti; ora è custodito da Maurizio Tittarelli Rubboli, pronipote di Daria, il quale ci ha detto che è in corso di allestimento il museo Fondazione Rubboli e che alcune opere della sua famiglia sono esposte al Louvre a testimonianza della ceramica iridata italiana.

L’INTERVISTA IL PROFESSOR MAURIZIO TITTARELLI RUBBOLI CI PARLA DELLA BISNONNA

«Per anni tenne nascosta la sua identità» PER CONOSCERE meglio la figura di Daria abbiamo incontrato il pronipote, il professor Maurizio Tittarelli Rubboli. Attraverso i suoi racconti, ci siamo «immersi» nella storia umana e professionale di questa donna eccezionale. Ecco alcuni passi della nostra intervista. «Chi è Daria Rubboli»?

«Daria è uno di quei piccoli, ma grandissimi personaggi che rimangono un po’ nell’ombra, come quelle figure nei quadri del Seicento che fanno sempre da sottofondo ai più grandi. E’, però, un personaggio importantissimo per Gualdo Tadino perché ha portato avanti la tradizione della ceramica iridata». ATTESTATO Il diploma della Rubboli

Quando iniziò il ruolo di imprenditrice della sua bisnonna?

«Dopo la morte del marito; però conservò quasi nascosta la sua identità, anche quando, nel 1899, vinse un premio importantissimo, la medaglia d’oro per la ceramica iridata all’Esposizione di Perugia. Nella pergamena del suo diploma c’è scritto il nome Dario con aggiunto un segnettino a penna. Evidentemente la Commissione, resasi conto che il vincitore era una donna, aveva trasformato il nome in Daria». Come mai non si firmava mai con il suo nome per esteso?

«Quelli di Daria erano momenti difficili per una donna, non c’era nessun sentore di emancipazione. All’inizio della sua attività, aveva tenuto l’ identità nascosta perché essere donna nel suo periodo poteva risultare scomodo per portare avanti un’imprenditoria».

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli alunni delle classi prime e seconde: Cossa Alessandra (I A), Chiocci Melissa, Mariotti Luca, Minelli Gabriele, Passeri Matteo, Santinelli Alessandro ( I B), Diallo Bilghissou,

Rudnytska Violeta, Scassellati Michele, Siliberto Giulia, Toteri Marco (I F), Cencetti Asia, Cioccoloni Leonardo, Fortini Giulia, Frillici Beatrice, Ibrahim Angelo, Llulla Elion, Mancini Gabriele, Ricci Sara, Rondo-

ni Nicola, Sborzacchi Sara, Zeni Antonio (II A), Ascani Anna, Marcacci Alisia (II B), coordinati dalle professoresse Ascani Nadia, Guerra Rosanna, Mariani Giuliana. La dirigente scolastica è Maria Marinangeli.


CAMPIONATO DI GIORNALISMO

GIOVEDÌ 26 GENNAIO 2012

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Scuola media

Trabalza Bevagna

L’ uomo? Un eterno «viator» Il viaggio è una componente fondamentale del nostro Dna FIN DAGLI ALBORI l’umanità ha solcato ogni via di comunicazione esistente per diversi motivi. Anche l’arte si è impossessata del viaggio, divenuto metafora dell’esistenza e della curiosità umane. Il simbolo più amato e ripreso dai poeti di tutte le epoche è senz’altro Ulisse, che viaggiava per una maledizione che lo spingeva lontano dalla sua terra ed ebbe così l’occasione di vivere molte esperienze avventurose e conoscere tante persone. Nel Medioevo non erano soltanto i pellegrini a rischiare la vita per giungere in terre lontane e acquistare la salvezza dell’anima; Marco Polo, ad esempio, compì un tragitto lunghissimo fino ad arrivare in Cina e quindi scoprire una civiltà prospera ed affascinante con cui stringere relazioni commerciali. Nell’età moderna il viaggio si connotò di un forte significato economico: infatti la “scoperta” dell’America da parte di Cristoforo Colombo portò all’Europa molti vantaggi economici, grazie alle

li che, come Goethe, valicavano le Alpi lasciando le loro fredde terre alla scoperta delle bellezze storico-artistico-naturalistiche dell’Italia. Erano viaggi dal sapore romantico e dai ritmi molto lenti che permettevano a chi li compiva di “respirare” i luoghi che visitava.

Si’ VIAGGIARE Ora va di moda il «mordi e fuggi»

numerose risorse che il Paese custodiva, ma causò anche allo sterminio di intere popolazioni indigene. QUESTA MENTALITÀ aggressiva si sviluppò nei secoli fino a giungere alla spartizione di interi continenti da parte degli Stati

colonialisti. Fortunatamente c’era anche chi viaggiava spinto da nobili impulsi: esploratori, naturalisti, antropologi inaugurarono tragitti inesplorati in nome della scienza. Anche la cultura forniva un’importante motivazione: nel XIX secolo si intensificarono i grand tour da parte di intellettua-

OGGI INVECE si viaggia diversamente: le nostre vite affannate permettono esperienze alla “mordi e fuggi”, rapide e un po’ superficiali, che lasciano un mare di scatti fotografici ma, forse, poche emozioni profonde e durevoli. Però, nonostante questo, l’uomo continua a viaggiare per aprire la mente e conoscere modi di vivere, realtà e persone diverse e poter così riflettere su pregiudizi e stereotipi errati. Infatti, solo attraverso l’esperienza diretta di ciò che si ritiene lontano da sè, si può apprezzare la diversità etnica come patrimonio comune a tutta l’umanità. Viaggiare rende più tolleranti e maturi perché accresce l’autonomia e la libertà intellettuale.

L’ESPERIENZA GLI STUDENTI IN TRASFERTA A VERBANIA PER UN’ESIBIZIONE CANORA

Musica senza confini e a mente aperta

ENSAMBLE L’esultanza per la vittoria a Verbania

L’ENSAMBLE di musica medievale di Bevagna è da tempo una realtà prestigiosa. Nato nel 1992 dall’idea del professore e musicista Filippo Salemmi, è composto da un affiatato gruppo di alunni della scuola del nostro Istituto, accomunati dalla stessa passione: la musica e il canto. Le nostre esibizioni, dirette dallo stesso maestro Filippo, sono sempre accolte da consensi e riconoscimenti significativi perché offrono uno spettacolo appassionante che riporta indietro nel tempo fino al Medioevo. L’anno scorso abbiamo partecipato al concorso nazionale «Insieme per suonare, cantare, danzare 2011», a Verbania, vincendo la competizione. Tutte le esperienze che abbiamo avuto modo di fare in tante città d’Italia ci hanno offerto la possibilità di conoscere luoghi e persone diverse e di vivere momenti indimenticabili insieme ai nostri amici. Abbiamo posto alcune domande al maestro Salemmi.

Che soddisfazione le ha fatto, vincere a Verbania l’anno scorso? E’ stato veramente un bel successo e una grande soddisfazione per la scuola, per i ragazzi e anche per me, come direttore. Abbiamo ottenuto il primo premio con un punteggio di 100/100 e una borsa di studio. E’ un importante riconoscimento per il grande lavoro fatto in questi anni e una spinta a proseguire su questa strada. E questo anno? Spero che si potrà realizzare un’esperienza a Santiago de Compostela, dove terremo un concerto nell’auditorium dell’Università ed eseguiremo, in particolare, alcuni brani estratti dal «Llivre Vermell», un testo musicale di origine spagnola contenente brani medievali che fanno riferimenti specifici al pellegrinaggio a Santiago. Sono certo che potrà essere una bella esperienza per tutti. Cosa può dare la musica all’umanità in generale e soprattutto ai giovani? Può, in un certo senso, far viaggiare, aprendo le menti?

LA REDAZIONE QUESTA PAGINA è stata realizzata dagli alunni delle classi III A e III B della scuola secondaria di primo grado di Bevagna, coordinati dalla professoressa Antonella

Rossiello, che ha poi indirizzato il lavoro degli studenti. Il dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo «Ugo Marini», è la dottoressa Mirella Palmucci.

La scuola media Trabalza ha partecipato a tutte le edizioni del campionato di giornalismo. A corredo dell’inchiesta ha prodotto una foto e una vignetta realizzata dai ragazzi.

IL PUNTO

Vademecum per vacanze risparmiose RISPARMIARE è la parola d’ordine in questo angosciante tempo di crisi, in cui si devono evitare spese inutili e perciò le scelte si fanno più attente. Secondo noi viaggiare è un’ottima esperienza formativa per i giovani. I genitori dovrebbero considerare il viaggio come uno strumento che potrà servire ai figli quando si troveranno alla ricerca di un lavoro. Per questo motivo è importante sfruttare le opportunità che offre oggi la scuola, come le vacanzestudio, il progetto Leonardo, che prevede stages gratuiti all’estero, gli scambi culturali e così via. Infine, ci sono comportamenti da seguire per evitare salassi: per prima cosa documentatevi bene sulla vostra destinazione, progettando un itinerario di visita prima di partire: internet offre un mare di informazioni, dalle più semplici a quelle più approfondite. Per rendere significativa l’esperienza, inserite nella lista un museo, come pure edifici di valore storico-artistico. Non è necessario che viaggiate in top class: oggi si può risparmiare molto con voli “low cost” e strutture come ostelli o bed&breakfast sono di solito confortevoli. Una volta lì, trovate il tempo per fermarvi a respirare l’atmosfera: seduti su una panchina, concentratevi ed osservate le persone, il loro modo di muoversi e di relazionarsi, per cogliere informazioni interessanti. Soprattutto, sforzatevi di parlare il più possibile per esercitare la lingua: è l’esercizio migliore!

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CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 31 GENNAIO 2012

Scuola media

Antonietti Bastia Bastia

Occhio al prepotente del web Il fenomeno è in aumento e adesso compare anche il cyberbullo «ATTENTI ONLINE»

Un sito utile per non cadere nelle trappole QUANDO in classe abbiamo aperto i depliant blu della Regione Umbria, ci è sembrato veramente di non essere più soli con i nostri problemi di internauti, cioè di naviganti di Internet. Nella nostra classe le tecnologie sono state sempre delle risorse a portata di mano, perché siamo una Cl@sse2.0, cioè una classe che utilizza quotidianamente le tecnologie per l’apprendimento. Mentre però a scuola abbiamo accanto i nostri professori, che fanno di tutto per evitarci qualsiasi disavventura nel web, a casa ci troviamo spesso da soli ad affrontare questa «giungla» incantevole, ma anche pericolosa. La nostra regione, perciò, insieme all’Ufficio scolastico regionale, ci ha messo a disposizione un ambiente virtuale chiamato «Attenti Online» dove possiamo trovare tantissimi consigli su come utilizzare senza pericoli Internet. Il sito ci è piaciuto molto perché è semplice, chiaro e allegro, anche se affronta argomenti seri e complessi. Ci sono vari link: uno ci aiuta a comprendere meglio tutti quei termini che ogni giorno incontriamo nel web, uno ci aiuta a navigare in modo consapevole, un altro ci spiega cos’è la privacy ed infine ce n’è uno anche dedicato ai nostri genitori. Oltre a ciò ci sono tante altre notizie interessanti, che subito siamo andati a leggere, come «Il web a dieta» e «Noi non abbocchiamo!». Di cosa trattano? Venite anche voi a scoprirlo su www.attentionline. it !

SOLO IERI il bullo umiliava e intimidiva i nostri coetanei nei corridoi delle scuole e tutti ormai lo conoscevano e sapevano come affrontarlo. Pochi però sanno che oggi il bullismo ha subito una vera e propria trasformazione.Le nuove tecnologie ci hanno regalato un diverso modo di partecipare e di socializzare, tanto che siamo chiamati «nativi digitali» proprio perché le padroneggiamo come una lingua madre. Siamo anche definiti «generazione sempre connessa» perché stiamo di continuo davanti ad un pc, usiamo cellulari o smartphone. Così ci è sfuggito che l’evolversi delle tecnologie nascondeva dietro la sua facciata un lato oscuro: il cyberbullismo, il bullismo informatico. Cyberbullo è chi si nasconde nelle comunità virtuali, nelle chat, nei forum, nella posta elettronica e naturalmente nei cellulari. Mette su YouTube video imbarazzanti, bombarda la vittima con sms volgari e minacciosi, invia e-mail con insulti e usa i social network per offende-

CYBERBULLISMO La violenza adesso corre anche su internet

re. Il cyberbullismo è molto più crudele del bullismo: ci colpisce nella nostra intimità e ci fa sentire impotenti perché non sappiamo come difenderci. Il cyberbullo si cela, infatti, dietro l’anonimato e colpisce all’improvviso, così la sua azione diventa ancora più terribile per chi la subisce. Analiz-

zando questo fenomeno, abbiamo scoperto che molti di noi avevano già subito cyber-prepotenze, ma si erano tenuto nascosto tutto dentro. I RISULTATI della ricerca Eu Kids Online su 25.000 ragazzi in 25 paesi europei, hanno evidenzia-

to che il 41% di loro aveva subito un atto di cyberbullismo e il 12% ne aveva tratto un danno reale. Nella 12˚ Indagine nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza di Telefono Azzurro ed Eurispes (2011) è poi emerso che1/5 dei ragazzi intervistati erano stati calunniati con informazioni false sul proprio conto e il 15,4% aveva ricevuto messaggi, foto o video offensivi e umilianti. Come abbiamo poi verificato dalla nostra esperienza, il 22,3% delle vittime non parla con nessuno, il 29,2% si confida con un amico che, però non sa dare consigli utili, e solo il 10,1% sceglie di parlare con un genitore. Quindi dobbiamo stare attenti quando cyber-comunichiamo e, se siamo cyber-aggrediti, non dobbiamo tenerci tutto dentro, ma parlarne con una persona fidata perché anche un cyberbullo può essere trovato, affrontato e denunciato: chi domina gli altri sarà pure forte, ma solo chi ha il coraggio di combattere e non mollare è potente

L’INTERVISTA PARLANO I VERTICI DELLA FORINICOM, AZIENDA CHE OPERA NELLE TELECOMUNICAZIONI

«La Polizia postale sulle orme del colpevole»

ESPERTO Il dottor Marinangeli della Forinicom

INTERNET fa ormai parte della nostra vita, ma, come la ragnatela di un ragno, è allo stesso tempo affascinante e pericoloso. Abbiamo chiesto così al dottor Piermarini, direttore della Forinicom, azienda umbra che opera nel settore delle telecomunicazioni, di aiutarci a non «cadere nella rete» dei cyberbulli. «Il web è una platea illimitata di spettatori che danno gloria al bullo e ridono della vittima. Non dovete uniformarvi ad essere lo spettatore che avvalla un comportamento sbagliato, perché così lo rendete più forte e più importante!», ci ha raccomandato Piermarini. Come è possibile scovare il cyberbullo? Il dottor Marinangeli, responsabile dell’area Web ci ha risposto che, quando ci connettiamo, lascia-

mo molte tracce, per esempio Facebook registra tutto ciò che facciamo e crea un profilo di ognuno di noi. «Ogni utente ha un IP che lo identifica e permette di tracciare tutte le sue attività. Chi prende i nostri dati e li diffonde senza permesso commette un reato, così come fa chi scarica film o musica. La Polizia Postale allora per mezzo di aziende come la nostra, che hanno l’obbligo di salvare i dati dei propri clienti, risale al colpevole». Il dottor Piermarini ci ha anche detto che dobbiamo, però, imparare a difenderci da soli:«Non dovete fornire i vostri dati personali, né rispondere a messaggi anonimi, né dare confidenza a persone sconosciute e, soprattutto, chiedete sempre aiuto agli adulti. L’importante — ha concluso — è fare scelte consapevoli e usare in modo responsabile e critico le nuove tecnologie».

LA REDAZIONE LA SEGUENTE PAGINA è stata realizzata dai ragazzi della III G: Apostolico Leonardo, Aristei Francesco, Aristei Ylenia, Bevilacqua Marco, Bocciolini Valeria, Bonacci Erika, Busciantella Federico, Butu Tedy,

Canestri Nicola, Cerqueto Rita, Comotti Riccardo, Durante Riccardo, Frunza Sabina, Galoppini Alberto, Granocchia Lucia, Lombardi Martina, Manuali Filippo, Menerella Mara, Morra Damiano, Parrini Auro-

ra,Quarta Agnese, Rosati Gabriele, Roscini matteo, Rossi Nicholas, Sbraletta Gaia, Tizi Nicolò, Tomassini Aurora. Insegnante tutor Margherita Ventura; il preside è Lucio Raspa.


CAMPIONATO GIORNALISMO

MARTEDÌ 31 GENNAIO 2012

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Scuola media

Fra’ Ludovico Pietralunga

Ecco la «cittadella energetica» L’Istituto si è trasformato in un’isola ecologica rispettosa dell’ambiente NOI ALUNNI della classe II B della scuola di Pietralunga, abbiamo deciso di parlarvi del nostro paese e di illustrarvi le sue fonti di energia alternative. Abbiamo intervistato gli esperti del settore e il sindaco Ceci, raccogliendo informazioni e materiale per conoscere i progetti in merito, attuati e futuri. Il sindaco ci ha informati di come per rispettare «Il patto di solidarietà» tra Comuni sia necessario ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020 e diminuire progressivamente, partendo proprio dal riscaldamento degli edifici comunali, l’utilizzo dei derivati del petrolio, come il gasolio, fonte energetica non rinnovabile e sempre più costosa. Nasce in questa ottica il progetto dell’impianto fotovoltaico “la Cittadella energetica” per cui sono stati impiantati 384 pannelli fotovoltaici sul tetto della scuola e della palestra. Già sapevamo che la nostra scuola è ben esposta ai raggi solari, ora possiamo dire che questo ci aiuta a risparmiare. Infatti il pannello fotovoltaico

ALTERNATIVO Il Fra’ Ludovico si alimenta con il fotovoltaico

converte l’energia solare in energia elettrica, dando un cospicuo risparmio e producendo più energia di quella utilizzata. I 280 pannelli sulla palestra sono montati su delle strutture triangolari che garantiscono un orientamento ottimale. Per i 104 sul tetto della scuola sono stati usati profilati.

Ogni pannello è composto da: silicio, vetro, metalli e componenti elettrici. Circa il 95% del peso del pannello è composto da materiali “nobili” cioè riciclabili. Anche se di fatto la produttività dei pannelli ha una durata di almeno venti anni e sono composti da materiali non dannosi per l’ambiente.

Il sindaco ci ha poi detto che il comune di Pietralunga è l’unico in Umbria a far parte dell’associazione «Borghi autentici» e che esistono anche altri accordi tra vari Comuni grazie a cui, entro la fine dell’anno, potranno essere presentati altri progetti per ricevere finanziamenti dall’Unione Europea con ulteriori applicazioni delle energie alternative. Inoltre, entro aprile, partirà la raccolta differenziata porta a porta e siamo tutti invitati a prendervi parte attiva nell’aver cura di separare i nostri rifiuti. Perciò anche noi ragazzi potremo avere un ruolo nella riuscita del progetto. Dobbiamo tutti dare il nostro contributo e produrre meno rifiuti, riempiendo le bottiglie di plastica e vetro al nostro nuovo distributore d’acqua inaugurato a Dicembre. Tutti questi sono degli esempi di come tutelare il nostro territorio, perché, oltre alle parole che vengono dette o scritte, quello che conta veramente sono anche i piccoli gesti e la sensibilità nei confronti del pianeta che abitiamo

PROGETTO PROBIO STUDENTI AL LAVORO PER PRODUZIONI A «CHILOMETRO ZERO»

La scuola? Un orto da coltivare e mangiare

GENUINE Marmellate ricavate dalla frutta dell’orto didattico

DALLE RISORSE dell’energia «naturale» ai prodotti della terra: la nostra scuola offre un esempio di produzione nostrale, davvero a km 0! Dal 2010, è attivo il progetto di un orto biologico, nato dalla creatività degli alunni della I media e della IV elementare, intervistati da noi.Tutto iniziò dalla curiosità per l’agricoltura manifestata dagli alunni, affascinati dall’arte dei nostri nonni nel maneggiare attrezzi e coltivare la terra. Le insegnanti diedero così vita al progetto «la scuola un orto da coltivare» con l’ausilio del Comune e della Comunità Montana. I bambini cominciarono a dedicarsi al lavoro; muniti di attrezzi e stivali «con la testa sotto al sole e le mani sulla terra» preparararono il terreno, piantando i primi semi. Mese dopo mese l’orto si arricchiva di ortaggi e diventava sempre più rigoglioso. Divenne un’abitudine: quasi tutti i giorni

andavano a prendersi cura delle loro piantine occupandosene sempre più con determinazione. Il lavoro fu duro e impegnativo, ma la soddisfazione di vedere quei piccoli semi diventare piante fu grandissima. LA GIOIA più grande fu quando venne il momento di raccogliere i primi frutti che finirono dritti sui nostri piatti, cucinati dalle cuoche della mensa. Infine vennero allestite, con gran successo, delle bancarelle durante le feste paesane (festa del Tartufo e della Patata). Dopo due anni, i ragazzi ricordano entusiasti: «Abbiamo imparato a seminare, zappare, raccogliere, ma, soprattutto, ad avere pazienza: è stata una bellissima esperienza che ci ha insegnato come da un piccolo seme cresca una grande pianta!».

LA REDAZIONE La pagina è stata realizzata dalla classe II B: Angeloni Daniele, Anghel Corina Ionela, Arnone Leonardo, Bei Nicolas, Casamento Sara, Clementi Lorenzo, Dimovic David, Cèline Duranti, El Kalil Adil, Girelli

Michele, Granci Alexandro, Kamil Souhail, Khouioudi Imed, Marconi M. Letizia, Marsili Gionata, Ortali Costanza, Pierini Francesco, Troina Naima Dora, Vignati Viola. Hanno contribuito la classe I B della scuo-

la media e IV B della scuola primaria, coordinati della professoressa Angela Albizi. L’istituto comprensivo è diretto da Gabriella Bartocci.

SOSTENIBILITA’

Dal sole al bosco: energia pulita I DUE TERZI del territorio del Comune di Pietralunga sono ricoperti da boschi, che noi possiamo sfruttare e da tanto ci riscaldano nei freddi inverni: un esteso patrimonio boschivo di 3.900 ettari. Grazie a queste risorse naturali, con il progetto pilota della «Filiera legno- energia», è arrivata l’alternativa energetica per il riscaldamento della nostra scuola. Dal 2007 è infatti in funzione l’impianto della centrale termica a biomasse, che riscalda la scuola e la palestra e che abbiamo visitato con il geometra Ruggeri e l’ex sindaco Sborzacchi. La centrale termica è stata realizzata nella parte retrostante gli edifici del complesso scolastico. La caldaia è come una grande stufa, alimentata però con il cippato, cioè scarti di legname e ramaglie, ridotti in scaglie di lunghezza da 2-7 cm, che arrivano al vano caldaia, da un deposito di stoccaggio (silo), attraverso un sistema di coclee (viti senza fine). Con legna e cippato l’energia è pulita, mentre con il gasolio, all’anno venivano emessi 60.000 kg di CO2 in più: ora, con il cippato, l’inquinamento è dimezzato e si calcola all’anno un risparmio di oltre 20 mila euro. Dunque il costo sostenuto per l’impianto si è praticamente. Questo intervento è stato molto gradito dalla popolazione di Pietralunga, sia per il fatto che il cippato è un combustibile eco-sostenibile e locale, sia perché è molto economico.

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CAMPIONATO DI GIORNALISMO

GIOVEDÌ 2 FEBBRAIO 2012

Scuola media

De Gasperi Norcia Norcia

I più piccoli sorridono ancora Il difficile rapporto tra giovani e società. Benvenuti a Bimbolandia... LA RIFLESSIONE

«Vorrei tornare a essere spensierato» MI RIVOLGO alla tua culla. Vorrei tornare il bambino di una volta, spensierato e senza pesi sulla coscienza, trascorrendo le giornate alla luce del sole e in armonia con la natura. Io, legale di grande esperienza e lustro, ho appena vinto una causa molto complessa e delicata. Ed eccomi da Te per staccare la spina dalla vita frenetica e stressante, ed entrare così in un luogo ove la fantasia è l’unico caso da studiare. Qui, nel mio cuore, ritrovo la parte più vera e giusta di me, scansando quella parte faziosa ed artefatta che il canovaccio della società m’impone di recitare. Solo con Te riesco ad esprimermi incurante di codici, procedure e tanto meno di sentenze senza appello: per Te il sorriso è legge e «il sorriso è uguale per tutti». Mi manca la tua visione dolce e colorata del mondo, sempre emozionante e giocosa. I grandi invece si prendono troppo sul serio, vedono in bianco e nero ogni cosa. «Colpevole!» che brutta parola … vorrei non doverla adoperare mai. Eppure ogni volta che la sento pronunciare in quella fredda aula provo una forte stretta al cuore, come se un senso d’intima innocenza morisse un po’ alla volta, la mia parte migliore. E mi duole vederti così, tutto raggomitolato dalla paura: so che ti sto sacrificando per un’insulsa carriera ed imploro il mea culpa perché ti costringo, processo dopo processo, a subire il peggio della natura umana. Sarai mai in grado di perdonarmi? Stavolta ho come l’impressione di averti inflitto il colpo di grazia.

C’ERA UNA VOLTA un piccolo paese nel lontano mondo di Bimbolandia …questo posto era abitato da soli bambini fino ai dodici anni, dopo di che essi intraprendevano un lungo, tortuoso viaggio verso mete sconosciute. I disegni della loro realtà si disponevano a formare fantastici castelli per aria ed erano costruiti con immagini colorate che piovevano dal cielo … questo mondo era separato dagli ignoti orizzonti con un impetuoso fiume: il fiume stellare che, nella lieve e silente notte del suo corso, menava ad un mare di sogno carichi di stelle. Un giorno un bambino di nome Puk, nell’atto di rincorrere il suo adorato aquilone, caduto al di là del fiume, scoprì un ponticello di fiori e spine sostenuto da una fitta trama d’edera rampicante …dopo aver raggiunto di corsa il misterioso passaggio, lo superò e da dietro un grande tronco di quercia scoprì degli individui in apparenza pacifici: essi erano somiglianti a loro, soltanto un po’ più alti, robusti, con strane pieghe sui visi ed erano alle prese con astruse attività manuali e razionali, tutti abbigliati in maniera conformista. Puk rimase a bocca aperta di fron-

AL LAVORO La classe II A della media «Alcide de Gasperi»

te allo spettacolo di quel paese: ogni singola casa aveva la sua cassetta della posta verniciata, a pochi passi dalla porta, le ringhiere di ogni balcone sporgevano allineate l’una all’altra, i giardini erano curati e l’erba appariva perfettamente tagliata; vi erano delle botteghe e delle taverne; c’erano poi dei parchi privi di giochi, con ele-

ganti panchine dove sedevano uomini dai capelli bigi che confabulavano delle questioni più disparate; gli alberi e le siepi apparivano a forma quadrata, rettangolare o a sfera. Insomma era un’antropizzata dimensione dove la disciplina regnava sovrana e dove tutto, proprio tutto, era concepito secondo una stringente logica. Puk ritor-

nò indietro e raccontò la sua straordinaria avventura ai compagni. I bambini andarono subito a far amicizia, ma non si aspettavano di incontrare persone dalle menti dure e prese dalla loro operosità. Appena giunti, furono accolti in fretta e furia nell’ordinato ed efficiente Stato di Adultilandia. Qui, si trovarono impegnati a studiare sodo e ad apprendere i mestieri perché, come i grandi solevano dire, «la cosa più importante nella vita è il lavoro e la disciplina». Essi infatti sembravano interessati solo ai numeri, alle vocali e alle consonanti. Durante la ricreazione i nuovi venuti, non riuscendo più a sorridere in quell’alienante società ruba allegria, si riunirono tutti insieme e all’unisono deplorarono: «Che brutto stare così! E’ troppo noioso e complicato». Nottetempo uscirono di soppiatto dalle loro camerette, tutte uguali, e si misero in marcia … appena messo piede nel loro mondo scordarono il ponte: avrebbero voluto restare fanciulli con l’unico pensiero di vivere il presente nella loro beata innocenza, tuttavia in fondo sapevano che, un domani, perfino loro sarebbero diventati grandi.

APPELLO... DI CUORE PROTEGGERE L’ARMONIOSO SORRISO DELL’INNOCENZA. ANCHE DA ADULTI

«Non dimenticate il bimbo che c’è in voi»

PROTAGONISTI La classe II B

IL CUORE dell’essere umano è un intimo pianeta dove germogliano erbe buone o cattive perché esistono semi in noi che dormono in attesa di svegliarsi un giorno: da questi può nascere un affetto come una rosa o un’ortica come un’offesa …quindi, per conservarlo nella morale, bisogna sradicare dall’animo le radici del male. Ciascun bambino coltiva nel suo cantuccio un giardino verde speranza cosparso di emozioni e fantasie, colorate orefiori che emanano il loro mielato profumo nell’atmosfera attraversata da un arcobaleno che porta serenità. Ma lo sguardo sul mondo, come su un disegno astratto da interpretare, muta nello spazio e nel tempo, perché il cambiamento prima di essere fuori è dentro di noi. Nella vita è questione di disciplina, nelle piccole come nelle grandi cose e la fervida curiosità del bambino prende la disciplina con in-

genua adesione: così, da essere umano smanioso di crescere qual è, va in cerca di risposte sempre nuove alienandosi tra pene ed errori in nome della realizzazione personale da raggiungere … finché un giorno, cammino dopo cammino, meta dopo meta, ritrova pace e felicità proprio nel posto più vicino dove non osava più cercare: nel suo cuore di bambino. E quando ormai adulto, a distanza di tanto tempo, s’imbatte per caso nel bambino che è stato un tempo, quasi non lo riconosce più, è come se avesse perso il contatto con la parte più pura, semplice e vera di sé è come se quegli occhioni e quelle parole piene di tenerezza venissero da un altro mondo. Perciò non lo si metta a tacere giammai in nome della maturità: non dimenticate, per favore, il bimbo che c’è in voi, anzi proteggete l’armonioso sorriso dell’innocenza sua fin in fondo.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della scuola media «Alcide de Gasperi» di Norcia, Classe II A: Liberatori Claudia, Regoli Leonardo, Veneri Andrea; Classe II

B: Civitenga Camilla, Mattioli Michela; Testa Michela; Classe II C: Cerasari Francesca, Di Giovanbattista Mirko, Giannangeli Susanna, Giudici Daniele, Leoncilli Gior-

gia, Marcelloni Alessio. Dirigente scolastico Rosella Tonti. Insegnante tutor Massimo Parbono. La scuola ha partecipato a tutte le edizioni del Campionato.


CAMPIONATO DI GIORNALISMO

GIOVEDÌ 2 FEBBRAIO 2012

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Scuola media

«Gentile da Foligno»

Paralimpiadi, lo sport è di tutti Dal basket in carrozzina al tiro con l’arco: ecco quali scegliere ESISTONO molte disabilità che vanno dal non poter vedere, al non poter parlare, al non poter camminare e le persone che hanno queste disabilità si pongono molto spesso un piccolo problema, che noi non ci poniamo: «il problema dello sport». Penseremmo così che non esistono sport per disabili, ma in realtà ci sono tantissimi sport che vanno dal calcio per i non vedenti, al basket per coloro che non possono camminare, al tiro con l’arco per i non vedenti e molti altri: ne esistono quasi mille! Noi ragazzi delle classi di terza C e terza D della sezione media dell’Istituto Comprensivo «Gentile da Foligno» abbiamo effettuato un’uscita didattica a proposito degli sport per disabili e abbiamo provato ad «essere disabili per una mattina». Tutto questo è avvenuto a Terni in occasione della «Sesta giornata paralimpica». Le Paralimpiadi sono delle Olimpiadi per coloro che hanno delle disabilità. La parola «Paralimpico» deriva dal greco e unisce il prefisso “Para” (che significa “parallelo”) con il termine “Olimpico” (le “Olimpiadi”), quindi sono una manifestazione sportiva

me punto di riferimento un tappetino che consente l’orientamento.

L’ESEMPIO Il campione paralimpico Oscar Pistorius

parallela alle Olimpiadi. “Paralimpici” è stato il termine ufficiale per i Giochi dal 1988. Bellissimo, vero! Ma ritorniamo alla nostra uscita. ABBIAMO provato per primo il torball, un gioco che prevede l’impiego di un pallone al cui interno sono presenti dei campanelli in

modo che il suono — e quindi la traiettoria del pallone — sia percepito e intuita dai giocatori. Il campo di gioco è diviso in due metà da tre cordicelle tese dotate di campanellini. I giocatori (che possono essere non vedenti assoluti o ipovedenti) sono dotati di una benda oculare che impedisce completamente la vista ed hanno co-

LO SCOPO è tirare con le mani la palla verso la porta avversaria per segnare i goal, facendola passare sotto le cordicelle che dividono il campo. Se il pallone tocca le cordicelle si compie un fallo con la conseguente uscita momentanea di chi ha effettuato il tiro per la durata dell’azione successiva (punizione a tempo fermo) in modo da scontare la penalità; ogni tre falli si assegna un rigore agli avversari (punizione di squadra a tempo fermo con un solo giocatore per squadra in campo). La partita dura dieci minuti effettivi di gioco ed è divisa in due tempi, le punizioni si eseguono a tempo fermo. È vincitrice la squadra che totalizza il maggior numero di reti. Successivamente abbiamo provato il tiro con l’arco, anche per non vedenti, e sempre noi abbiamo visto il campione italiano di tiro con l’arco. Inoltre c’erano il basket per coloro che non possono camminare, il calcio per coloro che hanno diverse disabilità, l’arrampicata sportiva e le bocce. E’ stata un’esperienza bellissima, che non dimenticherò mai.

LA RIFLESSIONE I NOSTRI COMMENTI SULLA MANIFESTAZIONE CHE SI E’ SVOLTA A TERNI

Ecco cosa pensiamo dei giochi paralimpici «PARTECIPANDO a questa giornata, ho potuto assistere e praticare anche io di persona alcuni sport insieme a dei ragazzi diversamente abili. Ho notato che, nonostante qualche limite fisico, tutti si divertivano e giocavano pieni d’entusiasmo. Mi sono sentita bene accolta. Secondo me, se credi in qualcosa, arrivi sempre al traguardo, anche se a metà strada ti capita un ‘imprevisto’». «Partecipando a questa manifestazione ho capito che se io dovessi diventare una persona disabile, questo per me rappresenterebbe un grande problema. Invece, durante la dimostrazione di tutti queste attività sportive, ho visto delle persone veramente coraggiose… » «La cosa che mi è piaciuta di più è stata provare degli sport di cui non conoscevo neanche l’esistenza! Ho visto dei giocatori di basket in carrozzina che sono molto più bravi di quelli senza!»

«E’ stata un’esperienza che mi ha toccato molto, perché ho assistito a delle gare tra persone con seri problemi fisici e psichici. Eppure, erano lì… a fronteggiarsi, a sfidarsi, a caricarsi a vicenda, ad entusiasmarsi proprio come noi! Lottavano con una grinta inaspettata e sorprendente, si muovevano su sedie a rotelle come se fossero le loro gambe!Sembravano ‘grandi’, con quelle loro braccia potenti, eppure fragili a causa della loro condizione… ». «Da questa esperienza ho capito che queste persone non avranno alcune capacità fisiche, ma sicuramente hanno più tenacia e determinazione di qualsiasi altro essere umano!». «E’ stata un’esperienza diversa, che mi ha resa ‘cieca’ per qualche momento in modo che io imparassi a vedere il mondo con occhi diversi».

«E’ stato incredibile vedere risplendere sui loro volti serenità e gioia di vivere. Sono stati un grande esempio e dovrebbero esserlo per coloro che si arrendono di fronte alle prime difficoltà». «Per me chi ha delle disabilità ha una grande forza per andare avanti, dimostrando grande passione per qualcosa che si può seguire con il cuore, anche se non con le gambe. Sono più forti di noi». «Spesso mi arrendo di fronte all’ostacolo più semplice e mi faccio compatire al primo malessere!La forza di volontà di queste persone mi ha fatto pensare a quanto spesso sono egoista, a quanto tenda a mollare davanti al minimo sacrificio o alla prima difficoltà. Mi hanno dato un grande insegnamento: nella vita la volontà e la gioia di vivere ti fanno riuscire in tutto».

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli alunni: Irene Amirante, Sofia Cambiotti, Lorenzo Dionigi (3˚C); Dimitri Agostinelli, Tobia Alunni Tullini, Kevin Ambrogioni, Donatella Antinori, Giada Bocchini, Aurori Carilli, Maria

Cristina Casini, Maria Ceccarelli, Francesca Donati, Ehigiator Itohan Uvonne, Leonardo Fancelli, Ilaria Governatori Leonardi, Chiara Infussi, Angela Leli, Massimo Luccioli, Giada Ortolani, Paola Persico, Sofia Ramin,

Gloria Ricci, Valentina Ricci, Nico Scafuto (3˚D); Francesca Naima Bartocci (3˚E). Le insegnanti tutor: Patrizia Stefanetti, Barbara Palcani, Giulia Di Sandro, Graziella Tacchi, Paola Grisanti, Stefania Giacomucci. Il dirigente scolastico Giuseppa Zuccarini.

SIAMO TUTTI UGUALI

«La diversità? Non dovrebbe esistere... » LA DIVERSITÀ… quella che tutti criticano, tutti apprezzano, quella cosa che, dopotutto, ci accomuna. Siamo tutti uguali, con la stessa conformazione. Democraticamente siamo tutti uguali, con gli stessi diritti. A parole tra individui di sesso femminile e sesso maschile non c’è differenza, tra neri, gialli, bianchi… ugualmente non c’è differenza. Nella nostra società, ci sono i “normali” e i “disabili”, i “diversi”. I “Normali” hanno creato strutture ed oggetti speciali per i “Diversi”, che a volte sono state molto di aiuto, ma a volte, invece li hanno danneggiati, emarginandoli. E perché sarebbero loro i «Diversi»? Anche noi siamo diversi da loro, e loro, quindi a ragione, potrebbero chiamare noi «diversi». È sempre stato un ragionamento sbagliato questo della diversità, che ha portato tante ingiustizie. Io conosco tante persone «diverse», per il comportamento, per la forma del corpo, l’intelligenza… Queste persone sono emarginate, a volte purtroppo prese in giro. Conosco una ragazza che viene presa in giro. E rimane sempre più silenziosa e sola. Tutti vorremmo parlarci, stare insieme a lei, ma alla fine si segue la “moda”. Io non prendo in giro le persone diverse, ma purtroppo seguo i miei amici, e parlo e gioco con loro, mentre lei ci guarda a tratti, aspettando di raccontare della sua vita, di poterci anche indicare il suo punto di vista, di farci notare cose che noi non abbiamo avuto il tempo di osservare, per inseguire il flusso, quella moda che rovina la vita alle persone diverse e normali… a tutti, ma che nessuno abbandona.

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