PISTOIA - Campionato di Giornalismo

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CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 11 GENNAIO 2012

Comprensivo

«Fucini» San Marcello

Social network: origine e sviluppo Ripercorriamo le tappe della rivoluzione della comunicazione IL SONDAGGIO

Alunni e genitori a confronto CONFRONTANDO i risultati di un sondaggio effettuato tra gli alunni delle tre classi terze dell’Istituto con quelli dell’analogo sondaggio proposto ai genitori sono emerse alcuni dati inaspettati. Facebook è il social network più conosciuto sia dagli alunni che dai loro genitori: dichiarano di sapere cos’è il 100% degli intervistati. Un dato abbastanza sorprendente è che i ragazzi sono d’accordo con i genitori riguardo al fatto che l’uso dei social network da parte di giovanissimi sia abbastanza scriteriato: lo pensano il 60% dei genitori e ben il 75% dei ragazzi. Il 57% dei genitori ritiene che la possibilità di comunicare tra amici in modo veloce sia il vantaggio maggiore che i social network offrono; sono della stessa opinione i loro figli, al secondo posto la condivisione di idee e immagini. ANCHE sui rischi grandi e piccoli vanno d’accordo: il rischio maggiore è per tutti la possibilità di fare incontri pericolosi; non è sottovalutata da nessuno la possibilità di un eccessivo isolamento. RIGUARDO al tempo che viene dedicato a questo tipo di intrattenimento i dati divergono lievemente: i ragazzi usano i social network più a lungo.

IL SOCIAL NETWORK è un sistema che permette di comunicare on-line con più persone. Si entra a far parte di un social network creando un proprio profilo che si può arricchire con foto, commenti e pensieri personali. La storia dei social network è recentissima. Nel 1997, venne lanciato il sito web Six Degrees; dopo soli tre anni fu chiuso, ma lasciò un’impronta sullo sviluppo di internet. All’inizio le persone non credevano ai social network, dato che internet non era consolidata a sufficenza per poter essere personale e interattiva. FURONO NECESSARI altri tre anni prima che fossero lanciati siti come LinkedIn e MySpace, che videro entrambi la luce nel 2003. Facebook iniziò la sua storia dopo un anno, e all’inizio fu utilizzato soltanto da alcuni studenti di Harvard. Diventò il modo migliore per comunicare con gli altri, anche a grandi distanze e per incontrare nuove e vecchie amicizie.

le molte persone usano i social network, è quasi impossibile senza una ricerca molto acccurata, ma comunque si possono ricavare alcune ipotesi, per esempio: i ragazzi, giovani, pensano che l’uso delle reti sociali sia un momento di svago, divertimento e conoscenze di nuove amicizie, questi sono alcuni dei tanti vantaggi ma come tutte le tecnologie, questo sistema se se ne fa un uso scorretto, può diventare oltre che sgradevole anche pericoloso.

IL GRAFICO I giudizi degli utenti dei social network

Questo rese il mondo molto più piccolo nel corso di una sola notte. Nel 2006 è nato You Tube che ha portato alla conoscenza Twitter. Al momento di questa scoperta Facebook si è diffuso a livello mondiale.

Il fatto di poterci mandare messaggi virtualmente, in passato non era lontanamente immaginato, ed invece oggi è la vera e propria realtà. SPIEGARE la ragione, per la qua-

ALCUNI RAGAZZI usano anche i social network per sentirsi superiori; ma anche per essere uguali a tutti, ed integrarsi nel gruppo degli amici. Gli adulti invece usano questi sistemi per motivi piu ragionevoli come: motivi e discussioni su il lavoro, ritrovare vecchi amici, aggregarsi a gruppi, associazioni sportive , di beneficienza , per organizzare giornate o feste. Quindi i motivi per i quali le persone usano questo nuovo modo di comunicare cambiano secondo l’età.

L’ANALISI DALLE TRUFFE AI CONTENUTI PORNOGRAFICI: ECCO I I PERICOLI CHE SI NASCONDONO IN RETE

Piazze virtuali: tanti vantaggi, altrettanti rischi

LA VIGNETTA Internet è diventato un idolo per tanti

I VANTAGGI dei social network come Facebook, Twitter, Skype, Messanger, utilizzati da moltissimi ragazzi in tutto il mondo, sono numerosi; innanzitutto possiamo divertirci con le numerose applicazioni che si possono trovare praticamente dappertutto come: giochi di ruolo, di animali, di guerra e di logica. Inoltre possiamo venire a conoscenza di notizie di attualità, di gossip e di spettacolo. Un altro aspetto positivo è quello di poter comunicare con amici che non vediamo da tanto tempo attraverso chat, videochiamate ecc. Infine possiamo conoscere nuovi amici. Altrettanti sono i rischi che si corrono utilizzando questi nuovi strumenti di comunicazione: il più frequente è quello di imbattersi in contenuti pornografici o violenti che sono molto numerosi su alcuni social network e infatti compaiono anche

quando non li cerchiamo. Possiamo anche subire delle truffe con concorsi o promozioni falsi che ci attraggono con oggetti che desideriamo; inoltre può accadere di subire delle molestie o di venire in contatto con persone pericolose visto che internet è accessibile a tutti. Talvolta si possono scaricare involontariamente virus che danneggiano il computer. UN GROSSO RISCHIO è quello di diventare dipendenti e perdere la capacità di interagire con le persone a causa dell’eccessiva permanenza su Internet. Man mano che utilizziamo questi social network ci isoliamo e perdiamo contatto con le altre persone e infatti non siamo più in grado di apprezzare le qualità dell’amicizia concreta, fatta di gesti e di divertimento insieme agli amici.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti Filippo Castelli, Chiara Ciampi, Viola Cinotti, Filippo Coppi, Lisa Del Vecchio, Matteo Di Cagno, Dario Ducci, Matteo Ducci, Tommaso Ducci, Sara Gavazzi, Gianluca Io-

ri, Francesco Nesti, Ovidio Nicu, Mattia Nieddu, Giulia Pagliai, Francesca Strufaldi (classe II C, scuola secondaria di I grado «Renato Fucini», Istituto Comprensivo San Marcello Pistoiese).

Il dirigente scolastico è l’ingegner Maria Lucia Querques e l’ insegnante tutor (che ha seguito i ragazzi nella raccolta delle notizie e nella realizzazione del lavoro) è la professoressa Letizia Evangelisti.


CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 11 GENNAIO 2012

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Scuola Media

Montemagno Quarrata

1, 2, 3… e la quarta vien da sé Insolite fontane rinnovano l’arredo urbano della città di Quarrata VORRESTE vedere il gruppo stellare delle Pleiadi accompagnato da giochi di luci bianche e turchesi, leggere nei pensieri della gente di Quarrata, magari stando in una casa trasparente, sedere in uno spazio che inviti alla meditazione e allo stesso tempo vi dia l’impressione di essere in un mondo del passato? Magari vivere queste sensazioni accompagnate dal piacevole rumore dell’acqua che scorre? A Quarrata questo è possibile grazie al nuovo volto che l’Amministrazione Comunale ha deciso di dare alla città. Gli abitanti di Quarrata, in linea con l’idea del Comune di creare spazi artistici fruibili dai cittadini e non solo ammirati dall’esterno, sono stati coinvolti nei vari progetti di realizzazione di alcune fontane che contribuiscono al nuovo arredo urbano. Così la fontana di Corsini in piazza Fabbri ha l’insolita forma di una casa trasparente, con dentro una panchina per sedersi. Tutto è simbolico: dalla forma della casa, che rappresenta il bisogno primordiale dell’uomo, alla trasparenza, che vuole significare l’apertura

dare l’illusione del cielo stellato.

LA VIGNETTA I ragazzi ironizzano sulle abitudini antiche

verso gli altri. Sul vetro delle pareti riporta fedelmente i messaggi spediti dai cittadini su invito dell’artista dentro una cassetta apposita. Alla fontana di piazza Risorgimento hanno contribuito i ragazzi delle elementari, con disegni poi riprodotti nelle formelle in bronzo che incorniciano gli ugelli.

NOVE ZAMPILLI schizzano l’acqua direttamente dal pavimento della piazza, leggermente concavo in quel punto. Ad ogni zampillo corrispondono un faretto bianco e uno turchese, e la posizione ripropone quella delle Pleiadi, mentre la pavimentazione di pietra di Luserna la notte presenta quel tipico brillare della mica, per

E INFINE l’ultima nata, che per la sua collocazione ha suscitato polemiche, in quanto desta scalpore un’opera contemporanea in un sito rinascimentale. «Muri fontane a 3 colori per un esagono» di Daniel Buren nasce dalla collaborazione fra il Comune e il mecenate di arte contemporanea Giuliano Gori, che già si è distinto per aver dotato il parco della villa di Celle di numerose opere d’arte. Il marmo bianco di Carrara per la base esagonale e per le sei pareti, posizionate in modo da ricordare vagamente i celebri monoliti di Stonehenge, e la collinetta sulla cui sommità si trova la fontana contribuiscono alla magica suggestione del luogo. Ci si può sedere sul marmo abbagliante e ammirare, negli spazi tra un muro e l’altro, scorci di paesaggio sul Montalbano o sulla Magia. E se qualcuno pensasse che non si vive di sola arte... c’è anche una fontanella di acqua da bere, in piazza Berlinguer.

LE INTERVISTE UNA DOMANDA AI CITTADINI: «L’AREA DELL’ESAGONO È GIUSTA O SBAGLIATA?»

Opinioni della gente: i quarratini dicono la loro

L’OPERA La fontana di Daniel Buren

ACCESA discussione sulle fontane di Quarrata. Daniel Buren, con «Muri Fontane a 3 colori per un esagono» nel parco della villa La Magia, e aperta da qualche mese ai visitatori, ha riacceso la discussione: è giusto collocare opere d’arte contemporanea in luoghi storici? Ecco le opinioni di alcuni quarratini. «E’ vero che la Magia è rinascimentale – sostiene Chiara, studentessa del classico —, però vi si promuovono anche discipline moderne come le scienze, e la fontana di Buren rappresenta il connubio tra antico e moderno. Anche se mi sembra che i colori non si integrino bene con il paesaggio, la forma esagonale richiama la perfezione del sei, ricorda il megaron greco dove gli antichi si riunivano per ascoltare gli aedi; la trovo bella perché è già di-

ventata un punto di ritrovo, è dunque uno spazio da vivere». «Non discuto la bellezza della fontana — dice Ernesto, abitante di Quarrata —, ma per me non è adatta al parco mediceo: la scelta della collocazione più che per motivi artistici è dovuta al fatto che Buren voleva farsi notare». «CONOSCO le polemiche sulla fontana di Buren — risponde Rosita Testai, professoressa ed ex primo cittadino di Quarrata —, ma io non concordo con i detrattori: per me la fontana è molto bella, l’artista è quotato e crea opere di pregio. E il luogo è adatto per la land art, per cui l’opera e il paesaggio si fondono insieme. È una rivisitazione dell’antica riserva del Barco Mediceo, che mentre prima era dei nobili e basta, ora deve essere della gente che ci va a passeggio, o addirittura a meditare».

LA REDAZIONE ... 3˚ D: E. Barbato elisa; L. Bardi; F. Belluomini; A. Besser; L. Bugiani; F. Chiti; M. Cosmo; E. D’Isep; B. Florenzi; J. Fronteddu B. Gamberi; T. Giacomelli; C. Giusti, F. Laschi; A. Lecceti, L. Mazzanti; D. Nannini; M.

Niccolai; I. A. Pavel; F. Pecorini; I. Petracchi; E. Ponziani, M. Rossomandi, S. Sciatti; A. Scipioni, G. Silano; F. Sommariva. classe 3 L: Y. Amato, F. Astorino, V. Cancedda; I. D. Dragomir; C. Gjeloshi; M. Gonfiantini;

S. Gorgeri; M. Grillini; R. Marsella; S. Noferi; X. Ramovic; F. Rizzo; M. Sardi; V. Sorbello; G. Tesi; I. Vanello, D. Zhang. Docenti: Daniela Gori; Luigi Barontini e Gionata Pucci.

RIFLESSIONI

Opera d’autore Vi diciamo com’è fatta STRISCE verticali larghe 8,7 cm: non c’è dubbio, è un autentico Buren! Ed è sua la firma del progetto per la fontana monumentale nel parco della villa medicea La Magia. «Muri Fontane a 3 colori per un esagono» è stato realizzato con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. La struttura dell’opera è costituita da una base esagonale. Da ogni lato dell’esagono si erge una parete rivestita di marmo di Carrara, che presenta il motivo tipico delle opere di Buren: le strisce verticali bianche, alternate a strisce gialle, rosse o blu. Tra una parete e l’altra, il paesaggio, che si fonde con l’opera, secondo il criterio della Land art. L’opera è concepita infatti in modo da «dialogare» con l’ambiente in cui si trova: non ha lo stesso valore se collocata altrove. In questa ottica l’autore ha già realizzato varie opere in Toscana, tra le quali anche una a Santomato nella villa di Celle. La fontana è stata oggetto di numerose polemiche: è ritenuta una spesa inutile, priva di gusto artistico, da non porsi accanto a una villa medicea, benché la villa ospiti ormai molte opere di arte contemporanea che arricchiscono lo «spirito» del luogo e che non sono destinate a dei musei, ma fanno parte del paesaggio. Al pari di un albero, e non c’è il cartellino con scritto non toccare, perché ci si può sedere come su una roccia o all’ombra di un albero.


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CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012

Istituto Comprensivo

«L. Da Vinci» Pistoia

L’archivio «ghiacciato» Ambiente e sicurezza: Gaia conserva la nostra storia RIFLESSIONI

Salviamo i doni della terra per il futuro CI PIACE immaginare Gaia come un’amica di «penna» con la quale dialogare per comprendere e raccontare la nostra storia di ragazzi. Cara Gaia, ora ti illustriamo una bella immagine. Lungo il delizioso Rio che passa attraverso le Fornaci, il quartiere della nostra scuola, una volta scendevano le donne a lavare i panni, vicino ad una melodiosa cascatella con i mattoncini rossi. Oggi, in primavera non è raro trovare due o tre adolescenti, armati di stivaloni «a coscia» , canna da pesca e vermicelli, intenti a pescare nella concentrazione assoluta. Ultimamente, un bell’airone bianco si abbevera serenamente in quelle acque, sempre lì, vicino a quella cascatella circondata dagli argini in pietra. Abbiamo tante aspettative verso il nostro avvenire, abbiamo fiducia nel progresso della scienza, ma abbiamo anche paura di perdere i preziosi tesori del nostro pianeta blu. Lewis definiva il nostro pianeta come il «pianeta silenzioso», perché aveva smesso di comunicare con gli altri mondi e se ne stava muto ed isolato nel proprio egoismo. Una inutile ed insignificante palla cosmica. Noi non vogliamo che ciò accada, non vogliamo vivere come alieni sulla nostra terra. Cara Gaia, come possiamo mantenere un rapporto armonico con la natura? E vivere in sintonia con essa? Ci piace ricordare il pensiero di San Francesco D’Assisi: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra madre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et erba». Questa è la strada da seguire.

GAIA È IL NOME della terra: essa ha conservato nella sua «pancia» gli eventi accaduti prima di noi. Nell’Antartica terra riposa, strato su strato, la storia geologica del nostro pianeta: solo studiando Gaia e scoprendo il suo valore impariamo a proteggere e rispettare noi stessi. Il corso B dell’Istituto Comprensivo Leonardo Da Vinci ha partecipato al progetto denominato «Ambiente, salute e sicurezza» che si è svolto nell’istituto stesso nel precedente anno scolastico. Ci sono stati tre incontri con i volontari della SPI-CGIL alla presenza di tre esperti. Ognuno di loro ha apportato nuove conoscenze nell’ambito dello stretto rapporto che esiste tra la salute e la sicurezza dell’ambiente, inteso sia come luogo di quotidianità, sia come habitat del genere umano. Gli incontri più interessanti sono stati quelli con Daniele Frosini, giovane ricercatore scientifico nelle basi antartiche. Daniele ha mostrato le strabilianti foto di questo straordinario continente e ha illustrato ai ragazzi come l’uomo possa influire sulle variazioni

saggi apparsi nel corso del tempo. Ed è proprio lì nel ghiaccio antartico, il «libro» più importante da leggere che la terra fa riemergere dalle proprie profondità. Daniele, con i suoi studi, con la sua passione e con il sacrificio che essi richiedono, ha aperto ai ragazzi una finestra sul mondo, che li ha portati in un continente tanto lontano, per comprendere meglio l’ambiente a loro vicino.

LA VIGNETTA La terra non è una proprietà dell’uomo

delle condizioni dell’ambiente.

climatiche

ATTRAVERSO le «carote polari» (carotaggio), lui e i suoi colleghi possono studiare i cambiamenti del clima avvenuti nel corso di molti anni. Le «carote polari» sono dei lunghi tubi di ghiaccio, estratti dal ventre della terra

con appositi macchinari, la cui composizione in strati dà notizie scientifiche sulla storia climatica della terra. Una volta estratte , le «carote» vengono ridotte in lunghezza con opportuni tagli, in modo da poterle studiare meglio. Esaminare le «carote polari» è un po’ come veder scorrere in verticale le immagini di ambienti e pae-

GLI UOMINI vestono l’ambiente in base alle loro necessità e lo trasformano in un territorio a misura, per viverlo nel presente e immaginarlo nel futuro. L’augurio è però che il rapporto tra l’uomo e la natura rimanga sempre armonico. Un rapporto così come lo vedeva un vecchio capo indiano Swamish di Seattle: «Voi dovete insegnare ai vostri figli che il terreno sotto i loro piedi è la cenere degli antenati … insegnate ai vostri figli quello che abbiamo insegnato ai nostri, che la terra è nostra madre, qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra … Questo noi lo sappiamo: la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra».

LE INTERVISTE UNA PROPOSTA «TERAPEUTICA» PER GUARIRE I MALI DELLA TERRA

Il geologo «condotto» e gli 007 del territorio IO SONO Raffaele Lombardi e la mia professione è il geologo, che consiste nel capire come verrà trasformato il territorio. Lavoro a Pistoia. Svolgo questa professione da 30 anni. Il nostro territorio è a rischio?

«Il nostro territorio è a rischio idrogeologico e sismico, perché Pistoia è attraversata da tre fiumi importanti, dai loro affluenti e da molti fossi idrici. Quando esondano, in realtà, non si tratta di grandi alluvioni, quanto di fastidiosi disagi nelle campagne o nella viabilità. Il rischio sismico esiste, in quanto Pistoia ha intorno le montagne e le scosse sono dovute al riassesto della crosta terreste dell’Appennino». C’è una parola d’ordine per la tutela del nostro territorio?

IN CLASSE Gli studenti fanno lezione sui temi dell’ambiente

«Bella domanda! Una parola non c’è. Io però ho una mia idea fin da quando mi sono laureato: ho

sempre pensato alla figura del geologo «condotto» che tutte le mattine prende la sua jeep, insieme alla forestale, va in montagna e per tutto il territorio, controlla il «paziente», relazionando su situazioni di potenziale rischio e intervenendo prima che la cosa si aggravi. E’ un modo per prevenire i disastri». Ci piacerebbe adottare un po’ di natura ...

«Approvo iniziative del genere e bisognerebbe crearne anche una nuova per tutelare, per esempio, pezzi di argine: fotografare, relazionare per evitare che diventino discariche a cielo aperto». Insomma, un po’ come degli 007 a servizio di sua maestà la Natura, in aiuto al geologo «condotto», concludiamo noi contenti! Raffaele ci saluta con la frase «studiate con passione», intanto noi pensiamo alla nuova missione … chissà se tra noi c’è un futuro geologo «condotto».

LA REDAZIONE... HANNO REALIZZATO LA PAGINA gli studenti della classe II B. Ecco i loro nomi: Bacci Ylenia,Cafarella Francesco, Caligaris Enrico, De Meo Luca, Hamri Salaheddine, Lombardi Sara, Mara-

viglia Claudio, Mazzoncini Nicolas, Niccolia Giulia, Oumahia Anas, Pancani Kevin, Paolacci Melania, Puccianti Giorgia, Ricciarelli Matilde, Scartabelli Emanuele, Souid Rachid, Souid Zahra, Zambuto Giuseppe.

La dirigente scolastica è la professoressa Anna Maria Corretti, l’ insegnante-tutor è la professoressa Paola Mei, insieme alla disponibilità di tutti i professori del corso B.


CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012

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Istituto comprensivo

don “Milani” Ponte Buggianese

Una donna su tre è vittima di violenze «1522» è un numero nazionale da chiamare per chiedere aiuto NON SONO tanti a saperlo o a ricordarselo. Ma il 25 novembre è la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne. E’ stata l’Assemblea dell’Onu a istituirla nel 1999, invitando i governi, le organizzazioni internazionali e le ong a organizzare ogni anno incontri ed eventi per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di questo dramma. E’ assurdo che, ancora oggi, le donne siano il capro espiatorio dell’aggressività maschile; molte volte non ci facciamo caso, come se si trattasse di un problema minore, che riguarda solo certi paesi, solo certe classi sociali. Ma non è così. Nonostante i progressi nel campo dell’uguaglianza dei diritti, il rapporto che gli uomini intrattengono con il mondo femminile è molto complesso. SECONDO il Consiglio d’Europa, sono proprio le violenze fisiche e psicologiche che subiscono le donne una delle cause principali di mortalità femminile negli Stati membri. In Italia, secondo gli ultimi dati dell’Istat, una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni, è sta-

mento come “normale”. Uomini che, invece di cercare di capire cosa esattamente non funzioni nella loro vita, accusano le donne e le considerano responsabili dei loro fallimenti.

I NUMERI Donne con residenza in Valdinievole che si sono rivolte al centro negli anni 2008, 2009, 2010 e primo semestre 2011

ta vittima della violenza di un uomo, almeno una volta nella propria vita. Nel 63% dei casi hanno assistito anche i figli. Chi sono allora questi uomini violenti? Grazie a numerosi studi, oggi sappiamo che “l’uomo violento” non è solo un pazzo, un malato, un uomo che proviene necessariamente da un contesto sociale povero o in-

colto. L’uomo violento può essere di buona famiglia e avere una buona istruzione: non conta il lavoro o la posizione sociale che occupa, ma l’incapacità ad accettare l’autonomia femminile. Si tratta di uomini che diventano violenti perché hanno paura di perdere il controllo e il potere sulla donna e che percepiscono il proprio atteggia-

TALVOLTA fino a trasformare la vita delle donne che li circondano — madri, mogli, sorelle o figlie — in un vero incubo, distruggendone l’essere stesso. E’ proprio questo il messaggio di questa giornata: far capire che è molto difficile per una donna che subisce violenze e umiliazioni, parlare di ciò che ha vissuto o che vive quotidianamente, soprattutto se l’autore è un padre o un marito. Ci vuole tempo prima di integrare “questi pezzi di vita” in un racconto coerente. Per poterlo fare c’è bisogno di persone qualificate in grado di ascoltare veramente, senza pregiudizi e senza diffidenza. Nessuno di noi è immune dall’odio, dall’invidia o dalla volontà di dominio, ma la vera autorità non ha bisogno di usare la prevaricazione.

ASSOCIAZIONI L’IMPORTANZA DI UN PUNTO DI RIFERIMENTO SUL TERRITORIO PER DIRE NO

L’attività del centro antiviolenza «Liberetutte» PURTROPPO anche il nostro paese non è immune dalla violenza nei confronti delle donne, un male che si consuma nella maggior parte dei casi all’interno della cerchia delle persone vicine alla vittima, se non addirittura dentro le rispettabili mura domestiche. Ecco perché a Montecatini Terme nel 2003, grazie ad un gruppo di donne consapevoli che questa è una violenza di genere e rappresenta ormai un fenomeno culturale e sociale, è nato il Centro Antiviolenza Liberetutte.

VIOLENZA Per togliere forza alla paura e alla solitudine

UN CENTRO in cui donne di tutte le età, italiane e straniere, vittime di ogni forma di violenza, possono trovare operatrici qualificate in grado di “ascoltare” la richiesta di aiuto, riconoscerla, condividere l’esperienza e rompere l’isolamento che è sicuramente il momento più faticoso, ma costitui-

sce già il passaggio dalla posizione passiva di vittima a un’altra attiva, in cui si riprende a progettare la propria vita. GRAZIE all’apporto di figure specializzate nel diritto penale e civile, queste donne possono intraprendere un percorso legale nei confronti degli autori delle violenze o, in situazioni di grave pericolo, quando ne è compromessa l’incolumità, trovare ospitalità con i loro figli in case rifugio a indirizzo segreto. Fin dalla sua nascita il centro ha iniziato un lavoro con tutti i soggetti territoriali e dopo un lungo e faticoso percorso, oggi ha realizzato una rete locale attiva su tutta la Valdinievole: sono ben 301 le donne, dai diversi profili socio-economici, che sono state accolte dal centro uscendo così dal vicolo cieco della violenza.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata da: Baldecchi Kety, Bernardo Lorenzo, Cippo Maila, Coniglio Alessio, Grazzini Lucrezia, Krawczyk Karol, Lupori Diego, Marmeggi Federico, Menicucci Benedetta, Moroni

Eva, Nigro Viviana, Parenti Sara, Perini Mattia, Rossi Martina, Sensi Elena, Seva Anna, Simoncini Matteo, Sirigu Riccardo, Sorini Riccardo, Zei Samuele dell’istituto comprensivo don «Lorenzo milani» di

Ponte Buggianese, classe III A. La dirigente scolastica è la Dott.ssa Catia Gonnella. Un ringraziamento particolare alla Dott. ssa Baronti, coordinatrice del Centro Antiviolenza Liberetutte di Montecatini.

RIFLESSIONI

Abusi: una possibile definizione SI PUO’ considerare violenza ogni abuso di “potere” che si manifesti principalmente attraverso il sopruso fisico, come pugni, calci, spinte, ma anche psicologico, con una mancanza di rispetto che offende e mortifica la dignità altrui, oppure come forma di controllo sull’autonomia economica. Anche lo stalking può essere considerato un fenomeno di grande attualità: un comportamento ripetuto di sorveglianza, un contatto pressante e minacce che invadono con insistenza la vita di una persona e le tolgono la quiete e l’autonomia. QUESTI diversi tipi di violenza si possono presentare isolatamente, ma spesso sono combinati insieme, in modo che una forma di controllo apre le porte all’altra; ciò accade soprattutto quando conosciamo chi usa violenza e siamo legati a lui da un rapporto affettivo. Molestie quotidiane, silenziose, difficili da individuare, denunciare e arrestare. Raramente sono riferite alle forze dell’ordine per terrore delle rappresaglie, del disonore, ma anche per una certa diffidenza nei confronti della polizia, del sistema legale o, molto più semplicemente, per una pesante disinformazione in merito a quelli che sono i diritti legali in questi casi. E’ nostro dovere invece prenderne coscienza, perché solo operando sulla nostra generazione, sarà possibile abbattere pesanti stereotipi che vedono la donna relegata a un’idea d’inferiorità e promuovere la diffusione della cultura della “non violenza”.

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CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 25 GENNAIO 2012

Istituto Comprensivo

«E. Fermi» Casalguidi

Con i giochi a spasso nel tempo I passatempi dei nostri nonni. Niente tecnologia e molta fantasia LE INTERVISTE

Lo svago non ha età A ognuno il suo DIMMI quanti anni hai e come ti diverti. Le interviste che abbiamo svolto tra gli abitanti di Casalguidi hanno dimostrato come il divertimento cambia con l’età. I bambini dai 6 ai 10 anni amano guardare la tv, ma soprattutto passare il tempo con gli amici all’aperto. Pensano che il paese abbia tutto quello che serve loro per divertirsi. I ragazzi tra gli 11 ai 13 anni amano passare il tempo con i giochi elettronici ed anche all’aperto con gli amici. Vorrebbero più spazi verdi pubblici, ma anche un centro per soli ragazzi dove ritrovarsi insieme e giocare, dotato di attrezzature per più piccoli (come altalene, scivoli, costruzioni) e per più grandi (come biliardini, giochi da tavolo, ping pong). I ragazzi tra 14 e 17 anni amano stare al PC e uscire con gli amici. Per loro sarebbe importante che Casalguidi avesse un cinema. I giovani del nostro paese pensano inoltre che i giochi che facevano i loro genitori erano molto divertenti. Gli adulti tra 20 e 40 anni amano mangiare, fare sport e stare in famiglia. Le persone tra i 40 e i 60 amano correre, leggere e viaggiare. Gli adulti tra 60 e 80 amano giocare a carte e a tombola. Molti adulti vorrebbero che ci fossero discoteche per loro. Gli adulti in generale pensano che i ragazzi si divertano spesso in maniera eccessiva e sarebbe necessario, per far sì che si frenino un po’, dei luoghi di aggregazione e doposcuola per tutti.

I NOSTRI nonni, da piccoli, facevano dei giochi ben diversi da quelli di oggi. Dalle nostre indagini è venuto fuori che anche i giochi di un tempo erano molto divertenti, ce ne erano di vari tipi, uno si chiamava «A dai». Si svolgeva così: si disegnava un cerchio per terra distante più o meno 2 metri dal muro da cui si lanciavano delle monetine. Dentro al cerchio ce ne erano altre. Centrando il cerchio vincevi tutte le monetine che erano al suo interno. Un altro era «La trottola», per fare questo gioco occorreva una trottola, un bastoncino con legato all’estremità un filo che serviva per fare girare la trottola. Il primo che la faceva fermare perdeva. Un altro signore ci ha raccontato che lui si divertiva col gioco del «Ferro di cavallo»: si piantava al suolo un chiodo e poi si lanciava un ferro di cavallo e il primo che faceva centro vinceva. Poi a raccontarci un gioco molto interessante è stata una signora perché questo gioco lo praticavano soprattutto le ragazze: «La povera cieca».

sto lungo. Sistemato il filo in modo che collegasse i due barattoli i giocatori si ponevano ad una certa di distanza fra loro e alternativamente uno pronunciava delle parole nel barattolo e l’altro percepiva il messaggio del compagno di divertimenti.

IN STRADA I ragazzi giocano a «campana»

UNA FEMMINA si dirigeva al centro di un cerchio formato da altre ragazze. Una di queste porgeva la mano alla povera cieca dopo che ella aveva recitato la seguente filastrocca: «la povera cieca caduta nel fosso, morire non posso, tiratemi su!». Dopodiché la cieca doveva cercare di indovinare di chi era la mano che la stava sorreg-

gendo. Un signore di età avanzata alle nostre domande ha risposto dicendo: «Al mio tempo facevamo un gioco tanto divertente che in chiunque lo provava suscitava una grande felicità! Il nome del gioco era «Il telefono». Le cose che occorrevano dunque erano: 2 barattoli di latta vuoti e bucati sul fondo ed un pezzo di spago piutto-

INFINE un’anziana signora ci ha illustrato il gioco con cui si divertiva da piccola, si chiamava «L’anello». Per praticare questo gioco era necessario possedere un filo e un anello, quest’ultimo andava fatto passare attraverso il filo che ogni partecipante doveva tenere ben stretto tra le mani. Un giocatore si metteva al centro del cerchio formato dagli altri che si passavano l’anello fra le mani senza farsi vedere. Se il giocatore al centro indovinava chi aveva in mano l’anello si scambiava il ruolo con quest’ultimo. Per noi ragazzi sicuramente sono più divertenti «play station» e «x box», comunque i giochi di una volta non erano così brutti e facevano sì che ci si ritrovasse tutti insieme.

INCHIESTA MANCANO LUOGHI DI INCONTRO: I GIOVANI NON SANNO DOVE PASSARE I POMERIGGI

Divertimento? A Casalguidi solo a settembre

AL PARCO Gli studenti disegnano i giochi all’aperto

CASALGUIDI è un grazioso paesino che offre ai suoi abitanti molti dei servizi necessari, molti.. ma non tutti. Infatti, in paese mancano i luoghi per potersi divertire. Fa eccezione, naturalmente, il mese di Settembre quando finalmente arriva la fiera tanto aspettata da grandi e piccini. Questa grande festa dura sei giorni ed è conosciuta dalle persone di tutta la provincia. Le giostre vengono montate nel vecchio campo sportivo, giungono quelle più belle da tutta la Toscana: ci sono la giostra a catene, il tagadà, le macchinine a scontro, il bruco mela, gli elastici e molto altro per divertirsi in libertà. Inoltre, nella Piazza Vittorio Veneto, vengono allestiti alcuni stand per l’acquisto di prodotti artigianali di ogni genere. Nel grande piazzale delle scuola media invece riscopriamo le nostre radici contadine: vengono esposti trattori, macchine, animali e nella palestra

espongono i loro oggetti preziosi numerosi artigiani della zona. L’ultimo giorno della fiera, a mezzanotte, arrivano i fuochi d’artificio per la chiusura della festa. La fiera per noi del paese è particolarmente bella, forse anche perché è l’unica festa che viviamo durante l’anno. OGGI ci rendiamo conto che il divertimento per i più giovani scarseggia, mancano locali adatti ai ragazzi e ancor più un centro commerciale che racchiuda negozi, pizzerie al taglio, ristoranti, pub, discoteche e bowling, pattinaggio sul ghiaccio o a rotelle, sale giochi, piscine al chiuso per l’inverno e una grande multisala. Anche se il nostro non è un paese grande i giovani sono davvero tanti e comunque il divertimento non ha età, ecco perché un progetto che possa accontentare tutta la popolazione sarebbe davvero necessario.

LA REDAZIONE 2˚A: A. Alduini, M. Ballerini, J. Bardelli, G. Biagini, C. Biagioni, R. Callegaris, R. Cenci, S. Crosetta, E. Di Paola, M. Fabbri, A. Fonti, A. Giovannetti, A. Giovannetti, P. Kanjanakomon, H. Kheiry, G. Magnaricotte, F. Manella, A. Masci, S.

Mazzi, S. Pittelli, M. Quaranta, C. Rafanelli, G. Rafanelli, K. Rrukaj, M. Scianna, F. Torselli. C. 2˚B: S. Agostini, M. Bruni, D. Bugiani, M. Bugiani, A. Collaro, F. Frosini, L. Frosini, E. Gocaj, G. Guri, A. Marangoni, M. Mezzani, G. Micillo, I. Mi-

litello, A. Moschi, G. Pacini, A. Pellegrini, F. Penta, B. Pierucci, A. Tanteri, K. Tesi, L. Tortelli, C. Trinci, F. Tucci, C. Vannelli, M. Vuolo, A. Zadrima, C. Zadrima. Dirigente: Stefania Corsini. Tutor: Ilaria Gargini; Elisabetta Celotto


CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 25 GENNAIO 2012

9

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Istituto Comprensivo

«Ferrucci» Larciano

Guarire con dolci terapie ‘bestiali’ Ora anche in Italia la pratica della Pet Therapy: curare con l’aiuto degli animali I RAGAZZI amano gli animali e nel loro desiderio di averli vicini si nasconde talvolta la necessità di avere aiuto, sicurezza, compagnia e l’instaurarsi di un legame profondo del tutto simile a quello tra amici. «Comunemente il significato del termine Pet Therapy indica i benefici salutari che l’uomo riceve dall’interazione e relazione con l’animale — dice la dottoressa Cristina Bertani, esperta in Etologia degli animali d’affezione — in realtà questa definizione è troppo generica: la Pet Therapy è un atto sanitario a tutti gli effetti, non alternativo, ma coadiuvante le terapie convenzionali in modo da aumentarne l’efficacia. I risultati ottenuti derivano dall’instaurarsi di una relazione tra l’uomo e l’animale dove l’animale è il diverso in grado di suscitare in noi simpatia ed empatia». I BAMBINI e gli anziani sono i soggetti che meglio rispondono alla Pet Therapy, perché la loro comunicazione è spontanea e basata su uno scambio gratuito di tipo emotivo-affettivo. Questa terapia viene praticata nelle scuole, nelle

pre più spesso dell’azione co-terapeutica dell’animale.

PET THERAPY Un cane disegnato dai ragazzi della scuola

comunità di recupero per portatori di handicap fisici e psichici, nelle carceri, negli ospedali e nelle case di cura; una recente disposizione regionale autorizza, in alcuni casi, la possibilità di far visita agli ammalati in compagnia del cane di famiglia. Buoni risultati si sono ottenuti anche con i bambini adottati e con

gli anziani che soffrono di depressione e solitudine. Il rapporto affettivo che si stabilisce tra persona ed animale aiuta tutti coloro che, per motivi diversi, tendono a chiudersi in se stessi e a rimanere isolati. L’autismo, i disturbi comportamentali, le sindromi depressive e le disabilità, sono le patologie per cui oggi ci si avvale sem-

LA PET THERAPY, nata attorno agli anni ‘60 negli USA, solo recentemente si é diffusa anche in Italia: la sua efficacia sembra derivare dal fatto che, come una medicina alternativa, mira a curare la persona malata e non tanto la malattia. Ovviamente l’animale va considerato, in quanto co-terapeuta, un soggetto importante: va selezionato accuratamente, accudito adeguatamente e il suo inserimento nel contesto terapeutico va controllato nel tempo da una équipe esperta. Esistono due forme di Pet Therapy: - la A.A.T. (Terapia assistita con gli animali) rivolta a persone con problemi fisici e psichici, da affiancare ad altre cure, che prevede la scelta dell’animale adatto in base allo scopo da raggiungere e il sostegno di un team specializzato; -la A.A.A. (Attività assistite con gli animali) mirate a migliorare la qualità di vita di persone con disagio sociale.

INTERVISTA ALLA PSICOLOGA EQUIPE DI PROFESSIONISTI COLLABORANO A UN PIANO DI RIABILITAZIONE

Come gli animali aiutano persone con problemi LA PET THERAPY, che è il frutto di una equipe di professionisti che collaborano ad un progetto di riabilitazione, può aiutare in vario modo le persone con problemi: la passeggiata col cane diventa uno strumento per migliorare la coordinazione degli arti inferiori, lanciare la pallina diventa un esercizio di coordinazione occhio-mano, dargli un biscotto diventa un esercizio di manualità fine di coordinamento, in questi casi il cane, debitamente addestrato, viene utilizzato come co-terapeuta. Ne parliamo con la psicologa Noemi Sembranti. Ma quali sono i veri destinatari della Pet Therapy?

CHE AFFETTO Un cane e il suo amico che deve guarire

«La Pet Theraphy può essere usata con persone di ogni età e, sempre più spesso, viene utilizzata in patologie come l’Alzheimer, l’autismo, la disabilità o problemi di tipo comportamentale. E’ importante sottolineare che da malattie gravi quali

l’autismo e l’alzheimer non si guarisce, ma, attraverso la P.T. si può migliorare la qualità della vita della persona malata». Nelle nostre scuole sarebbe utile sviluppare un progetto di Pet Therapy?

«Sicuramente sì. Ci sono già molte esperienze fatte all’interno delle scuole pubbliche dove viene utilizzata la P. T. a scopo educativo per fronteggiare i disagi degli allievi con deficit motori, visivi ed intellettivi, per garantire loro un equilibrato ed armonico sviluppo psico-affettivo, favorire un maggior contatto di socializzazione tra alunni normodotati e bambini con disabilità varie e migliorare la qualità della vita all’interno della scuola . Ma credo che questa terapia sarebbe utile anche ai ragazzi normodotati per favorire una migliore espressione delle emozioni positive, della competenza relazionale, per aumentare l’autostima e incrementare le abilità cognitive».

LA REDAZIONE Ha realizzato la pagina il Consiglio comunale dei Ragazzi dell’Istituto formato da: Michelotti Anna, Princi Lorenzo,Innocenti Simone, Lavecchia Giuseppe, Dika Bernard, Moscato Loris, Baioli Lisa, Del Rosso Niccolò, Rinaldi Alessia, Lucchesi Francesca, Simoni Alessandro, Maccioni Christian,

Cardinale Claudio, Falasca Francesca, Mercugliano Daniele, Fagni Naomi, Petta Fabrizio, Tesi Giulia, Castani Giada, Michelotti Alberto, Sgambato Raul. Il dirigente scolastico è il dottor Andrea Faini, gli insegnanti tutor sono il prof. Niccolai Alvaro e la

prof.Venturini Letizia con la collaborazione della prof. Mori. Un ringraziamento particolare alla psicologa dott.Sembranti Noemi, al veterinario dott. Federico e alla dott. Cristina Bertani.

INTERVISTA

La parola al veterinario Bernardini QUALI animali sono più adatti alla Pet Therapy, dottor Federico Bernardini?

«Gli animali comunemente utilizzati per la Pet Therapy sono i cani e i gatti ma possono essere anche cavalli, asini, capre, conigli, criceti, cavie peruviane, pappagalli cioè animali facilmente addomesticabili». Ha esperienza di Pet Therapy?

«Ho praticato un corso di ippoterapia svolgendo il servizio militare come ufficiale del corpo veterinario dell’esercito. I bambini erano affetti da patologie genetiche o acquisite, alcuni erano paraplegici, altri con sindrome di Down, altri ancora autistici. Venivano accompagnati dai genitori tutti i martedì pomeriggi, iniziando con la pulizia del cavallo. Ogni bambino aveva un assistente, ogni cavallo un palafreniere, poi c’era una psicologa ed infine io. Dopo quattro settimane tutti i bambini sono riusciti a salire in groppa ai cavalli che si muovevano con molta delicatezza». Si potrebbe diffondere nelle scuole?

«Sarebbe un segnale di grande civiltà introdurre la Pet Therapy nella scuola dell’obbligo, ma sempre con l’aiuto delle diverse figure professionali di riferimento ( psicologo , veterinario, insegnante di sostegno, addestratore...) Tutto ciò mi induce a concludere che il progetto non sia di facile attuazione, ma ci sono già esperienze di questo genere. Mai dire mai».


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12 CAMPIONATO GIORNALISMO

SABATO 4 FEBBRAIO 2012

Istituto Comprensivo

«M. Luther King» Bottegone

Piene le teste, vuote le tasche La sfida di noi ragazzi per un futuro migliore. Partiamo dalla quotidianità RIFLESSIONI

Questo Natale meno cose più calore IL NATALE appena passato è stato, per la maggior parte di noi, diverso dagli altri che ricordiamo. Ci sono stati meno pacchetti sotto l’albero e, quei pochi sono stati regali utili, quasi necessari. Giuseppe, un nostro compagno di classe, ha invitato a Natale, la famiglia di un suo cugino, licenziato il 20 dicembre ed ha regalato al figlio di questi, dei giochi che lui ormai non usa più e di averglieli messi sotto l’albero. Alcune mamme hanno preparato il pranzo di Natale per le famiglie che, essendo in difficoltà, non avevano i soldi per il pranzo e non avevano nemmeno il coraggio di andare a fare la fila alla mensa della Caritas. La nonna di Giovanni che ha vissuto il Natale del dopo-guerra, ha raccontato che quello appena trascorso le ha fatto ricordare il «calore e la solidarietà» di quei tempi: tutti facevamo la nostra parte e ciascuno dava e aiutava con quello che aveva e che sapeva fare; racconta ancora nonna Anna che c’era l’attenzione per gli ultimi e la «necessità» di curare con amore, giorno per giorno, le persone malate. Il Natale appena trascorso, è stato per tutti un tempo di ripensamento dal momento che la crisi da noi vissuta non è solo economica, ma culturale, sociale e morale. Siamo convinti che, se è stato diverso il Natale 2011, è stato sicuramente pieno di «calore umano». Allora ci chiediamo spontaneamente: «Ci dicono che se non consumiamo, non si riprende l’economia italiana! E se il consumo fosse meno stupido, più essenziale, più legato al necessario? E magari condiviso con chi ha niente da mettere in tavola?». E ancora: «Se si smettesse di fare pubblicità alle cose inutili e costose? Sappiamo tutti che i bisogni possono essere indotti, allora perché non essere più essenziali anche nell’offerta dei prodotti da consumare?».

L’ARGOMENTO di cui tutti noi sentiamo parlare in questo periodo è quello della crisi economica. Molti genitori sono senza lavoro o precari, con impegni finanziari presi in precedenza, come mutui o prestiti da restituire, per aver acquistato una macchina, una casa o altro quando il lavoro e quindi uno stipendio era garantito. La crisi che noi vediamo alla televisione è la crisi dello «spread» che, del resto, noi ragazzi non comprendiamo. La crisi che viviamo è quella delle proteste in piazza, dei capannoni chiusi in Sant’Agostino, dei tanti negozi falliti, quella… che abbiamo notato e «toccato con mano» nel periodo natalizio sotto l’albero. È comprensibile che il nuovo governo, proprio come un genitore responsabile, chieda sacrifici ai cittadini, con riforme «pesanti ed eque». Ciò che non comprendiamo è che ci siano cittadini che si sottraggono a tali sacrifici. «Ciascuno — dice il Presidente Giorgio Napolitano — deve fare la sua parte in base alle proprie possibilità, senza privilegi per nessuno».

Si potrà uscire dalla crisi solo se ci saranno: regole uguali per tutti, principi morali e stile di vita più «essenziale». Cambiando lo stile di vita, si torna ad essere tutti responsabili dei soldi e dell’ uso che di essi si fa, proprio come i nostri nonni ci raccontano.

LA VIGNETTA Gli oggetti pubblicizzati ci riempiono le teste

IN OGNI FAMIGLIA i genitori fanno delle rinunce e le chiedono a ciascun figlio, in base alla loro età, per esempio ai più piccoli un giocattolo in meno ed ai più grandi la comprensione di non chiedere il superfluo. Ieri abbiamo fatto un’ indagine tra di noi e abbiamo scoperto che ognuno in media ha 38 oggetti inutili nella sua came-

retta. Noi per primi quindi dobbiamo avere il coraggio di «cambiare» e non seguire la moda; comprare ad esempio un paio di scarpe solo se le vecchie non ci stanno più o sono consumate. Certo è difficile tutto ciò visto che viviamo in una società consumistica, in cui la pubblicità per le cose inutili la fa da «padrona».

ECCO LA SFIDA di noi ragazzi: rivedere i nostri comportamenti ed accontentarci del necessario! Questo ci consentirebbe di non sprecare e di utilizzare il superfluo per chi non ha niente. I poveri accanto a noi, infatti, ci chiamano ad uscire dal nostro egoismo, dal nostro io, dai nostri Facebook e Twitter e ci invitano a vivere la realtà del «noi» e quindi della condivisione, a riconquistare quei valori umani che tante distrazioni quotidiane ci han fatto smarrire. «Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa che è la tragedia di non voler lottare per superarla». (Einstein)

RACCONTI LE TESTIMONIANZE DAL PASSATO DEI NOSTRI CARI: UN AIUTO IMPORTANTE PER IL FUTURO

A «pane e cooperazione» come i nostri nonni

IL GRUPPO Gli studenti si mettono al lavoro insieme

A PROPOSITO del cambiamento di stile di vita, abbiamo chiesto ai nostri nonni e bisnonni come hanno affrontato e superato i tanti momenti critici avuti nella loro vita. A quel tempo, non essendoci molto denaro nelle famiglie, la gente si aiutava moltissimo, per questo tante persone sono cresciute a «pane e cooperazione». Nonna Corilla ci ha detto che molte persone donavano a chi aveva bisogno o prestavano ciò che non usavano più (abiti, scarpe, giocattoli, etc.) e aggiunge che personalmente ha prestato il suo abito da sposa alla figlia di una sua amica. Nonno Marcello ci ha raccontato che c’era una famiglia del vicinato con problemi economici che, spontaneamente, veniva aiutata dai vicini nei limiti del possibile e a rotazione. Nei lavori dei campi il contadino aiutava il vicino e a sua volta era aiutato, per esempio

nella battitura del grano, nella frangitura delle olive o nella pigiatura dell’uva. Cristi, il nostro compagno di classe, arrivato dalla Romania, ci dice che nel suo paese, gli abitanti sono molto solidali tra loro e conservano lo stile di vita di cui ci hanno parlato i nostri nonni. Nonna Piera ci ha detto che a Iolo, dove lei abitava, si consideravano tutti una «grande famiglia» e si aiutavano reciprocamente, come succedeva in tutti i paesi. QUESTI ESEMPI ci fanno riflettere su come è cambiata la modalità di essere solidali: oggi, rispetto al passato, in Italia aiutiamo gli altri attraverso le maratone della solidarietà. Da queste testimonianze abbiamo capito che solo «insieme», con l’ascolto, la conoscenza ed il dialogo, possiamo superare qualunque difficoltà.

LA REDAZIONE ISTITUTO comprensivo Martin Luther King. Classe II A, scuola media, Studenti: Alijaj Lorena, Andreotti Francesca, Bani Leonardo, Becheri Alessia, Bellucci Alessia, Bonechi Edoardo, Castronuovo Tho-

mas, Fattori Andrea, Ferri Lapo, Frosini Gioia, Emiljan Gjeka, Gori Allegra, Matteini Federica Miano Elisa, Mussato Giovanni, Niccolai Irene, Pascali Federico, Pechtu Cristi, Perricone Giuseppe, Sandroni

Giovanni, Speciale Nicole. Docenti: professoressa Raffaela Gentile, professoressa Rossella Cristallo, professoressa Luisetta Bartolini. Dirigente: Patrizia Annalisa Tesi.


CAMPIONATO GIORNALISMO 13

SABATO 4 FEBBRAIO 2012

Istituto Comprensivo

«Pasquini» Massa e Cozzile

Entro i confini del mondo nessun esilio Dalla mobilità alla scelta di stabilizzarsi nel territorio di immigrazione ESIGENZE di studio, avventure professionali e rapporti di lavoro portano l’uomo a spostarsi dal proprio paese d’origine e a viaggiare per il mondo, libero di circolare fra paesi diversi, come sancisce l’art.13 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Il diritto alla mobilità non è però riconosciuto a tutti e allo stesso modo. Molte persone partono spinte da disparità sociali, dalla mancanza di prospettive nell’ambito del lavoro, da squilibri demografici, guerre, persecuzioni etniche, politiche e religiose, dal terrorismo e arrivano con la speranza di una vita dignitosa. Ma talvolta le frontiere respingono: l’insicurezza, l’ignoranza, il pregiudizio generano nelle popolazioni che ricevono paura verso i migranti e i governi fanno leggi restrittive nei loro confronti. Così i trattati dell’Unione europea garantiscono ai loro cittadini di circolare in libertà, sicurezza e giustizia, ma frenano lo stesso diritto agli extracomunitari. “ENTRO i confini del mondo non vi può essere esilio” afferma-

ni; e l’esempio di Ismail, ragazzo di origini albanese, ha dimostrato la verità di questa affermazione. Ismail vive in Italia da quattordici anni, qui si è laureato,conosce perfettamente la lingua, ha un lavoro fisso: ma non quello che avrebbe voluto fare, perché non ha ancora la cittadinanza italiana a tre anni dalla richiesta. E non ce l’ha la sua bambina, sottoposta in questura alle foto segnaletiche appena nata.

A LAVORO I ragazzi dell’istituto “Pasquini” preparano un disegno

va Seneca nel I secolo d.C, e questa saggezza antica è oggi più che mai attuale. Perché questo esilio nella terra di destinazione esiste: esiste nella discriminazione che troppe volte prende il posto della cultura dell’accoglienza, nelle file e nelle carte della burocrazia che ostacolano il percorso all’integrazione, nei diritti non riconosciuti

o riconosciuti solo in parte. “Non c’è libertà senza diritti, è scritto nella nostra Costituzione. Oggi il 18% di bambini nelle scuole è figlio di stranieri. Aiutiamoli a inventarsi un futuro e a sognare insieme a voi” ha detto l’assessore all’Istruzione del comune di Firenze davanti a circa 8000 studenti al XV Meeting dei diritti uma-

«CHI NASCE in questo paese deve essere fratello d’Italia, dobbiamo riconoscere che chi nasce qui è cittadino italiano» ha detto il governatore Rossi dal palco del Mandela, facendo suo l’appello del presidente Napolitano. Oggi il quadro dell’immigrazione in Italia ci presenta cittadini stranieri stabilizzati e residenti, tanti figli di seconda generazione: convivono, studiano, lavorano insieme agli italiani e con loro contribuiscono allo sviluppo economico e sociale dello stato, ma non con gli stessi diritti. Il principio dell’uguaglianza fra persone è in parte disatteso.

INTERVISTA CITTADINANZA: SI TRATTA DI UN DIRITTO DI SANGUE O DI UN DIRITTO DI SUOLO?

«L’Italia sono anch’io»: una scelta di civiltà PER MOLTI stranieri in Italia il conseguimento della cittadinanza è un vero problema. Le condizioni, i modi e i tempi per averla sono spesso sconosciuti, le richieste trovano intoppi burocratici e solo pochi stranieri residenti sono cittadini. Si diventa cittadini italiani per discendenza (un bambino nato da genitori italiani in Italia o in un altro paese) e non per nascita sul territorio, grazie ad un matrimonio con un cittadino italiano, per adozione o per naturalizzazione, cioè per meriti specifici. Su questo tema l’assessore alla Pubblica Istruzione del comune di Massa e Cozzile Claudio Barbi ha risposto ad un gruppo di alunni. TANTE BANDIERE Un disegno per esprimere il diritto di cittadinanza

Cosa spinge uno stato a scegliere fra ius sanguinis e ius soli?

«La scelta è legata ai flussi migratori del passato. Il diritto di suolo è stato riconosciuto in Francia, Usa,

Argentina, Brasile, nelle terre di colonizzazione o a forte immigrazione, allo scopo di allargare la cittadinanza ai figli degli immigrati; lo ius sanguinis mantiene un retaggio di cittadinanza con la terra di origine e tutela i diritti dei discendenti degli emigrati. Per questo l’Italia dell’emigrazione ha adottato il diritto di sangue». Il comune di Massa e Cozzile ha accolto iniziative a favore degli stranieri?

«Con una delibera del 29/12/2011 il nostro comune ha aderito alla campagna “L’Italia sono anch’io” con il duplice scopo di dare la cittadinanza a coloro che nascono sul territorio italiano da genitori stranieri e la possibilità di partecipare in maniera diretta alle elezioni amministrative agli stranieri che risiedono in Italia da più di cinque anni. Si raccolgono firme entro febbraio per portare in Parlamento questa proposta».

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti dell’Istituto comprensivo “B.Pasquini”: 3˚D Lisa Battaglini , Gaia Bellettini, Marco Bonomini, Ludovica Di Pietro, Sara Fattorini, Dumitrian Filote, Joana Gafton, Elena Garganti, Matteo Gatto, Elisa Ghilardi, Giulio Giusti, Silvia Gjoshi, MarJan Idrizi, Margherita Lavieri, Lucrezia Lollini, Eleonora

Macchi, Ilaria Marchetti, Matteo Meucci, Jacopo Moretti, Allegra Pucci, Emanuele Sordi, Mattia Stefanelli; 3˚E Elisa Baroncelli, Biancasofia Cardelli, Jacopo Cialdoni, Giovanni Delorenzo, Raya Dzhukeva, Daniele Giambrone, Stela Kola, Alessandro Lavorini, Giacomo Maccioni, Laura Mariotti, Alessandra Masotti, Javie-

ra Michelini, Michela Michelozzi, Blerina Myftari, Gemma Orsi, Jessica Pellegrini, Teresa Pieraccini, Raoul Pievani, Chiara Ruggi, Samuele Ruotolo, Alessia Zampelli. Il dirigente scolastico: prof.Giuseppe Arnese. Docenti tutor: Cinzia Melosi, Iliana Parenti, Stefania Susini.

RIFLESSIONI

Il mondo non è di nessuno, è per tutti “LA CITTADINANZA è un segno di appartenenza al paese che permette all’uomo di avere un’identità, una patria”. “Io mi ritengo fortunato perché grazie alla cittadinanza mi sento parte dello stato italiano dove vivo e studio. Chi ha ottenuto la cittadinanza fin dalla nascita spesso non le dà la giusta importanza come tante persone che lottano per ottenerla e che a volte la meritano più di molti italiani”. “Nelle nostre classi ci sono compagni stranieri che si sono bene integrati e si sentono italiani. Mi chiedo perché non permettere a chi vive e lavora ormai da anni nel nostro Paese e contribuisce quindi alla sua crescita di sentirsi partecipe, ascoltato e rappresentato”. “Non è un controsenso che l’Italia abbia reso possibile il voto all’estero a persone che, pur essendo cittadini italiani, da anni non vivono qui o addirittura non hanno mai toccato il suolo italiano e lo neghi a stranieri stabilmente e onestamente inseriti nel nostro territorio?” “Chi ha lasciato la propria terra finisce con l’essere straniero sia nel paese d’origine perché ormai vive in un altro sia in quello dove è andato ad abitare di cui conosce bene la storia, la politica e la cultura, ma non ha la cittadinanza.” “Sono favorevole alla cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia che fanno qui il loro percorso formativo, imparano la lingua e vivono le nostre tradizioni : devono essere considerati ragazzi come noi senza discriminazioni”.

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12 CAMPIONATO GIORNALISMO

MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012

Istituto Comprensivo

“Raffaello“ PISTOIA

In campo con Massimiliano Banci La funzione riabilitativa dello sport rispetto alla disabilità LE PARALIMPIADI

Atleti toscani verso Londra 2012

IL GRUPPO Sportivo dell’Unità Spinale Firenze Onlus è affiliato al Comitato Italiano Paralimpico, poiché la pratica sportiva a livello agonistico di atleti con disabilità trova il massimo riconoscimento nei Giochi Paralimpici, una realtà relativamente recente. I Giochi di Stoke Mandeville furono organizzati nel 1948 dal medico Ludwig Guttmann, per coloro che avevano riportato danni alla colonna vertebrale sui fronti della II Guerra Mondiale. L’iniziativa prendeva il nome dalla cittadina inglese che iniziò ad ospitare annualmente le gare. LA NECESSITÀ di coinvolgere nello sport giovani con disabilità si fece più pressante negli Stati Uniti in seguito alla guerra del Vietnam. Grazie all’impegno del medico Antonio Maglio, si svolse nel 1960 a Roma la IX edizione dei Giochi di Stoke Mandeville, posteriormente riconosciuti come Giochi Paralimpici Estivi. Le prime Paralimpiadi Invernali si tennero in Svezia nel 1976. I giochi sono abbinati sistematicamente alle Olimpiadi dal 2001. Alle competizioni di Londra 2012 faranno seguito le Paralimpiadi, che avranno luogo nelle stesse strutture delle gare olimpiche e che avranno per mascotte il personaggio di Mandeville, in onore all’iniziativa di Guttmann. L’unità Spinale Firenze Onlus ha iniziato da due anni il percorso di allenamento, proiettando gli atleti Fabrizio Caselli (canottaggio) e Marco Innocenti (tennis) verso le qualificazioni per Londra 2012.

UN INCIDENTE stradale. E’ così che la vita del pistoiese Massimiliano Banci è cambiata. Nel 2005 è finito fuori strada con l’auto, riportando una lesione midollare che lo costringe sulla carrozzina. Un incubo reale il risveglio in ospedale tra il dolore e il torpore; cresce la rabbia e arriva la consapevolezza, che non significa rassegnazione. Durante la riabilitazione, gli operatori del Gruppo Sportivo dell’Unità Spinale Firenze Onlus, attivo dal 2003 all’interno dell’Azienda Ospedaliera di Careggi, gli propongono di praticare sport. Pare uno scherzo amaro, una sfida impossibile che Massimiliano accetta. Oggi, a sette anni di distanza, è diventato Presidente del Consiglio Direttivo del Gruppo Sportivo Unità Spinale, pratica tennis in carrozzina a livello agonistico, allenandosi in campo tre ore a settimana presso il circolo del T.C. di Pistoia con l’istruttore Andrea Cagliari e due ore in palestra con la preparatrice atletica Alice Girasoli; in gennaio ha partecipato ai tornei ITF ad Adelaide, Melbourne e Sidney in

GIOCO Massimiliano Banci con l’istruttore Andrea Cagliari durante l’allenamento presso il T.C. di Pistoia

Australia. «Lo sport è stato fondamentale nel percorso riabilitativo — sostiene Banci — perché mi ha aiutato a riconquistare la libertà di progettare la vita». Massimiliano ha imparato a montare e smontare la carrozzina in un minuto, lavora, promuove e segue le attività dell’Unità Spinale, guida l’auto e

viaggia in aereo. «CHIUNQUE si avvicina ad uno sport a livello agonistico — osserva Ludovica Del Carlo, studentessa dell’ICS Raffaello e allieva del corso di agonistica presso il T.C. di Pistoia — sa cosa significa vincere la fatica, spingersi sempre

più avanti, far fronte alle insicurezze. In uno sport come il tennis, individuale, l’avversario al di là della rete non è un nemico bensì qualcuno che come te cerca di superare l’ansia dell’incontro e le frustrazioni. Lo sport è un percorso sano verso la crescita fisica e mentale. Chiunque conosca Massimiliano, chi come me ha avuto l’onore di giocarci insieme lo guarda con ammirazione. Su un campo da tennis le diversità si annullano, il sudore e l’impegno ‘omologano’ tutto. Entrare in campo con Massimiliano significa lasciare fuori sentimenti come l’indulgenza. Mi ha corretta quando all’inizio cercavo di facilitargli i colpi, tirandogli piano la palla». Ognuno di noi nello sport come nella vita adatta strategie più o meno efficaci per superare le difficoltà; Massimiliano attraverso il tennis è riuscito a ridefinire se stesso. Lo sport è questo: non smettere mai di impegnarsi per migliorare e superare qualsiasi ostacolo. La volontà e la determinazione hanno consentito a Massimiliano di vincere la sua ‘partita’.

L’INIZIATIVA GLI STUDENTI DELL’ICS RAFFAELLO ALLA GIORNATA DELLE ATTIVITÀ PARALIMPICHE

I ragazzi: «Siamo tutti molto abili nello sport»

ATTIVITÀ Piazza del Duomo per la VI Giornata Paralimpica

IL 13 OTTOBRE 2011 Pistoia ha ospitato la VI Giornata Nazionale dello Sport Paralimpico, organizzata dal Comitato Italiano Paralimpico con il patrocinio del Comune e il contributo di Enel Cuore Onlus. Piazza Duomo è stata trasformata in un minivillaggio olimpico da oltre 20 Associazioni e Gruppi Sportivi con pedane, campi da gioco e gazebo destinati ad accogliere le diverse discipline: tennis, tennis da tavolo, hockey, scherma, basket, calcio a 5, atletica, golf, torball, judo, danza, da far sperimentare ai 2000 studenti delle scuole pistoiesi intervenuti per l’occasione, tra questi le classi III A, D ed E dell’ICS Raffaello. Gli alunni hanno avuto l’opportunità di conoscere e provare gli sport con i relativi ausili: per esempio, per il tennis sono necessarie carrozzine diverse da quelle «da passeggio» e si può ribattere la palla anche dopo il secon-

do rimbalzo. SECONDO L’ISTAT, ogni anno 2000 persone riportano disabilità in incidenti stradali e, se i volontari dei Gruppi Sportivi affiancano sempre più spesso i pazienti nel percorso riabilitativo, risulta che un milione di persone con disabilità, tra i 6 e i 40 anni, non pratica attività sportive. «Lo sport è gioco e fonte di divertimento: dà corpo al diritto alla felicità, intesa come benessere psico-fisico e piacere di stare insieme agli altri», recita la Carta Etica dello Sport della Regione Toscana. Il diritto alla pratica sportiva deve essere garantito a tutti, in primis alle persone con disabilità, per le quali lo sport è fonte privilegiata di inclusione e ariete ineguagliabile contro le «barriere sociali», spinta ad uscire di casa, a vivere.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti della Scuola Sec. di I Grado Raffaello di Pistoia: L. Morandini, A. Scuffi, F. Sgrilli, A. Stanica, G. Tondini, M. Tredici, 3ª A; L. del Carlo, 3ª C; A. Buccola, S. Di Stefano, L. Pec-

chioli, 3ª D; A. Affricano, S. Andreotti, A. Barbiconi, N. Bechi, D. Biagini, A. Bianchini, L. Borgognoni, A. Buralli, D. D’Accico, G. Gallastroni, F. Giacomelli, M. Lombardo, S. Neri, V. Suci, A. Ziani, 3ª E. Il Dirigente Sco-

lastico è la dott.ssa Franca Baglioni, i docenti tutor Stefania Cabitza, Michela Cantagalli, Annalisa Ceccarelli, Franca Croccia, Nada Nardi, Maria Chiara Pagliai, Silvia Piva.


CAMPIONATO GIORNALISMO 13

MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO 2012

Sc. Sec. I grado

“F. Berni”

LAMPORECCHIO

La febbre del sabato sera… Come si divertivano i giovani negli anni ’60 in un paese della Valdinievole LA SORRIDENTE Lamporecchio degli anni Sessanta pullulava di giovani uomini e donne che attendevano con ansia il fine settimana per andare a divertirsi, allora nelle strade si poteva sentire l’odore della febbre del sabato sera… Dopo una faticosa giornata i ragazzi lasciavano i loro abiti da lavoro e si preparavano a lanciarsi nelle più sfrenate danze. L’abbigliamento era molto curato, non si indossavano jeans strappati o troppo stretti, ma abiti eleganti, gli uomini giacca e cravatta mentre le donne gonne o abiti molto femminili. I soldi in tasca erano pochi, magari guadagnati con qualche lavoretto extra nella fabbrica di scarpe o durante la vendemmia a settembre oppure con la vendita al pellaio delle pelli di coniglio essiccate. INFATTI. molti giovani non avevano i mezzi propri e due sale da ballo più importanti offrivano un servizio di trasporto che consentiva a tutti di raggiungere il luogo di divertimento, questo accadeva soprattutto per le ragazze quasi

concedersi una serata danzante, e allora anche i muri della sala sudavano insieme agli sfrenati ballerini che si esibivano in spericolati boogie-boogie o movimentati twist, mentre le donzelle aspettavano trepidanti con i genitori accanto che un ragazzo chiedessero loro un giro di danza.

IL PAESE DI UNA VOLTA La via Martiri del Padule

sempre accompagnate dalla mamma. I giovani, che avevano raggiunto almeno 18 anni si ritrovavano al bar per un veloce caffè e poi in gruppi di 4 o 5 si recavano con le prime motorette a ballare. I più fortunati disponevano anche di un auto magari la 1100 o la giardinetta del babbo, che veniva con-

cessa solo in via eccezionale. Naturalmente gli orario di apertura della sala era quasi subito dopo cena, di solito apriva alle 21 e chiudeva non più tardi delle 24. La serata regina era il sabato, ma il pienone si verifica soltanto per le feste comandate, infatti a Natale, a Capodanno e a Carnevale tutti, proprio tutti, erano in grado di

I PRINCIPALI luoghi di ritrovo per gli allora giovani erano la Taverna, situata al di sotto dell’attuale edicola di “Barincia” dove i ragazzi si sfidavano a passi di danza, mentre d’estate andava forte “La Perla” dove oggi troviamo la ben più nota omonima pizzeria. Chi non poteva raggiungere il centro si accontentava di quello che offrivano le frazione di Lamporecchio. A San Baronto la vita cominciava con la bella stagione quando all’Indicatore si ballava le canzoni di San Remo. A Mastromarco si ballava alla “Ballera” ideata e gestita dalla famiglia di Arnolfo Vescovi, in Cerbaia si ballavano tre canzoni con 100 lire nel juke-box, al circolo di Fagiolino ma solo durante le feste.

AMARCORD IL RICORDO DI QUELLO CHE E’ STATO LOCALE TRENDY DEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA

La Perla del Bosco: la regina delle discoteche

DANZE DI IERI Due giovani in “Taverna”

NEGLI ANNI Sessanta i ragazzi e le ragazze erano soliti trascorrere la domenica sera nella pista da ballo più famosa della Valdinievole: La Perla del Bosco di Lamporecchio. Era un luogo di ritrovo per i giovani ragazzi che cercavano il “vero” amore, le ragazze si sedevano al tavolino accanto alla mamma, aspettando e sperando che un giovane venisse a invitarle per ballare. La Perla, che prima faceva parte del Parco Rospigliosi, aveva una pista da ballo di forma ellittica con una capienza di circa 100-200 persone, intorno erano disposti tutti i tavolini con le sedie e in un angolo un chioschetto dove si ordinava da bere; poi naturalmente in fondo alla pista il palco dove suonava il Quintetto Gaio insieme al cantante di turno. Si ballava oltre al twist anche il liscio e il rock and roll; durante la serata le luci illuminavano le

chiome dei pini creando un’atmosfera romantica e piacevole. Si può dire che la sala da ballo della Perla del Bosco sia stata una delle antenate delle moderne discoteche, andava fortissimo anche se si ballava solo la domenica sera dalle nove a mezzanotte. IL PROPRIETARIO del locale era Lido Ancillotti, chiamato “Schiocchino”. Alla Perla i più vicini arrivavano a piedi, invece gli altri venivano portati dai genitori oppure da un servizio taxi gestito dallo stesso Schiocchino, da Marino Niccolai “Passerino” e da Antonio Leone. La sala da ballo si usava nel periodo estivo, in quello invernale si andava a divertirsi nella Taverna, un luogo non più all’aperto ma al riparo del freddo invernale, gestito per molti anni da Fernando Gori e la sua famiglia.

LA REDAZIONE LA PAGINA è stata realizzata dagli studenti: A. Bonfanti, V. Venturini, V. Pierozzi, M. Ancillotti, G. Cortesi, E. Meacci, C. Salegna, G. Ginanni, M. Bonfanti, G. Mei, L. Aelenei, M. Sostegni, G. Pagnini, A. Bettini,

M. Mazzeo, V. Biagini, I. Neri, F. Meoni, L. Magnani, G. Giannoni, A. Ancillotti, A. Belcredi, A. Cinelli, M. Occipiti, G. Fattori, F. Vai, M. Pierucci, L. Nardi, I. Tafa, M. Pastacaldi, A. Pieri, F. Mancini, A. Morena, N. Gi-

raldi. Il dirigente scolastico è la professoressa Daniela Mancini; l’insegnante tutor è la professoressa Monia Leone con la collaborazione della prof. Angela Vescovi.

RIFLESSIONI

Ieri e oggi come cambia il divertimento LO STEREOTIPO del ragazzino del 2000 è quello di una persona che ha pochi limiti per quanto riguarda il divertimento e le uscite, infatti, eccetto gli impegni scolastici ed eventualmente sportivi, noi non dobbiamo aiutare la famiglia impegnandoci in lavoretti extra. Siamo molto più liberi di un tempo, usciamo quasi tutti i pomeriggi e ogni sabato sera e abbiamo pochi limiti sull’orario di rientro. Ci incontriamo di solito a mangiare un gelato o un pezzo di pizza e a parlare ai giardini pubblici. Molti di noi tredicenni che non frequentiamo ancora la “Taverna04” ci ritroviamo in pizzeria o davanti ai videogiochi. Ma la differenza vera e propria con i nostri nonni sta nell’opportunità economica che è notevolmente cambiata negli ultimi cinquant’anni. Infatti il periodo catastrofico del secondo conflitto e poi il boom economico hanno valorizzato le cose che noi riteniamo normali, ma che per i nostri nonni erano motivo di grande felicità, come per esempio mangiare una pizza oppure andare a ballare. I nostri genitori sono molto generosi, con facilità ci regalano qualche euro e quindi con i soldi in tasca tutto è più facile, anche l’abbigliamento è diventato un bene comune mentre ieri era motivo di lusso e di vanto. Oggi in tutto questo però c’è un risvolto negativo ed è la tecnologia; l’utile telefonino diventa spesso una “rottura” perché i genitori non ci lasciano in pace, in continuazione ci chiamano per chiedere cosa facciamo e con chi siamo… Certo a pensarci bene con i tempi che corrono hanno tutte le ragioni!

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