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TECH
Nuovo record di efficienza per le celle tandem in perovskite e silicio
Dall’Australia una nuova cella solare in silicio e rivestita di perovskite con un’efficienza energetica del 27,7%
Continuano a migliorare le prestazioni delle celle solari tandem in silicio e perovskite. Il nuovo record di efficienza è stato registrato da un team di ricercatori dell’Australian National University (ANU) ed è pari al 27,7%. Il passo in avanti è notevole: due anni fa si aggirava intorno al 25% e cinque anni fa era pari al 13,7%. La maggior parte delle celle solari in commercio, esclusivamente in silicio, hanno un’efficienza di circa il 20% ed è ormai abbastanza evidente che la perovskite può offrire un contributo importante in questo senso. Entrambi i materiali, infatti, convertono la luce solare in energia, ma combinati funzionano meglio. Questo perché sono in grado di assorbire delle lunghezze d’onda diverse: il silicio raccoglie principalmente la luce rossa e infrarossa, mentre la perovskite quella verde e blu. Per massimizzarne l’efficienza, i ricercatori hanno impilato delle celle di perovskite semitrasparenti – il cui design è stato modificato – sopra a quelle di silicio. Il team sta ora lavorando per migliorare ulteriormente l’efficienza delle celle solari tandem con l’obiettivo di raggiungere il 30%. Un traguardo che potrebbe consentirne la commercializzazione, stimata al 2023.
Abbiamo rivestito gli strati attivi di perovskite con il bromuro di n-butilammonio, un “ materiale che funziona in modo bidimensionale.
Questo materiale riduce alcuni difetti sulla superficie degli strati attivi di perovskite, quindi migliora le prestazioni delle celle solari
THE DUONG, capo ricercatore dello studio “
Pannelli solari che funzionano di notte
Un team dell’Università della California ha sviluppato delle celle termoradiative che generano energia irradiando calore nell’ambiente circostante
Uno dei maggiori limiti del fotovoltaico è il mancato funzionamento in assenza di luce solare. La ricerca scientifica è quindi da tempo impegnata nello studio di soluzioni che possano consentire di risolvere il problema. Un’innovazione interessante arriva da un team dell’Università della California che ha sviluppato un prototipo di celle solari capaci di produrre energia di notte. Si tratta di celle termoradiative che generano energia irradiando calore nell’ambiente circostante. Viene così sfruttato il principio della termodinamica secondo cui un oggetto caldo rispetto all’ambiente circostante irradia calore come luce infrarossa, mentre una classica cella fotovoltaica, che è più fredda rispetto al sole, assorbe la luce. La celle termoradiative funzionano dunque al contrario rispetto alle normali celle solari, ma con degli ottimi risultati. Stando ai test sono in grado di produrre durante la notte 500 watt di energia per metro quadrato, ovvero una quantità pari a circa un quarto di quella prodotta di giorno da un normale pannello solare. Attualmente la ricerca è ancora in fase prototipale e il team sta cercando di migliorarne l’efficienza, soprattutto dal punto di vista dei materiali. Se il silicio è il materiale più utilizzato nel fotovoltaico tradizionale per la grande capacità di assorbire la luce, i ricercatori stanno vagliando il materiale più adatto per catturare la luce a una lunghezza d’onda estremamente lunga.

Una normale cella solare genera energia assorbendo la luce, generando una tensione e il flusso di “ corrente. In questi nuovi dispositivi, invece, viene emessa luce e la corrente e la tensione vanno nella direzione opposta, ma si genera comunque energia
JEREMY MUNDAY, professore del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Informatica dell’università e autore principale dello studio “
Mobilità elettrica al servizio del turista: le soluzioni più efficaci
Uno studio raccoglie le migliori pratiche nelle regioni transfrontaliere di Italia e Svizzera
Èonline l’Inventario delle migliori pratiche per regione, uno studio sulla situazione attuale della mobilità elettrica e dei relativi impatti sul settore turistico nelle regioni di Alto Adige, Cantone Ticino e provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Lo studio è stato condotto dal progetto MOBSTER, che vede la collaborazione di centri di ricerca, aziende di trasporti e pubbliche amministrazioni situati nei tre territori e riuniti sotto il Programma di Cooperazione Interreg Italia-Svizzera. Con l’inventario delle migliori pratiche per regione, MOBSTER offre alle amministrazioni pubbliche locali e ai pianificatori urbani e regionali esempi virtuosi di infrastrutture di ricarica per auto elettriche ed e-bike, itinerari turistici per i possessori di veicoli elettrici e interessanti offerte dedicate a turisti e strutture ricettive. Lo studio inoltre analizza le politiche a sostegno dell’elettromobilità osservate nelle aree pilota del progetto. Gli utenti del sito possono scaricare gratuitamente il report o navigare tra le 28 migliori pratiche e scoprire gli aspetti tecnici e i business model più incisivi per la diffusione e il rafforzamento della mobilità elettrica. La pubblicazione dell’inventario conclude la prima fase del progetto MOBSTER, quella relativa all’analisi del contesto. In questi mesi i ricercatori di Eurac Research, capofila italiano del progetto, sono impegnati nella realizzazione di un questionario volto a raccogliere informazioni sul fabbisogno di mobilità elettrica di residenti e turisti nelle tre regioni. I risultati saranno pubblicati sul sito progettomobster. eu nei primi mesi del 2021. Entro la fine di quest’anno partiranno anche i lavori di installazione di 43 stazioni di ricarica per auto elettriche e 25 stazioni di ricarica per e-bike, suddivise tra Alto Adige e provincia di Verbania-Cusio-Ossola. Tutto questo contribuirà a offrire una migliore esperienza turistica nel rispetto dell’ambiente.

Mattoni viventi che si autoriproducono grazie ai batteri
Un team di ricercatori del Colorado ha sviluppato un prototipo di mattoni di sabbia, idrogel e cianobatteri in grado di riprodursi, riducendo così l’impatto ambientale del processo produttivo
Dopo i mattoni in grado di autoripararsi grazie ai batteri, arrivano quelli che si riproducono. L’innovazione è stata sviluppata da un team dell’Università del Colorado-Boulder e sicuramente apre la strada a una nuova generazione di materiali da costruzione con funzioni biologiche, i cosiddetti Living Building Materials che vanno verso un’ottica avanzata di sostenibilità ambientale.
L’ATTIVITÀ DEI CIANOBATTERI
I mattoni sono realizzati con una miscela di sabbia, acqua e idrogel all’interno della quale si annidano dei cianobatteri del genere Synechococcus, una comune classe di microbi che cattura l’energia attraverso fotosintesi. Al termine del loro ciclo vitale, i batteri producono dei cristalli di carbonato di calcio attorno alle particelle di sabbia, con un processo simile a quello che vede la formazione delle conchiglie. Il risultato è un materiale che ha una consistenza e soprattutto una forza simile alla malta a base di cemento.
PROCESSO PRODUTTIVO A IMPATTO AMBIENTALE (QUASI) ZERO
L’aspetto interessante dell’innovazione risiede non tanto nel fatto che i mattoni siano “vivi”, ma nella possibilità che si riproducano. Dividendo il mattone a metà e aggiungendo altra sabbia e idrogel, i batteri proliferano formando due mattoni completi. Secondo i ricercatori da un solo mattone se ne possono riprodurre fino a otto nell’arco di tre generazioni. Questa possibilità va vista in termini di sostenibilità ambientale. Come sappiamo, il processo produttivo del calcestruzzo è energivoro, in questo caso invece la produzione dipenderebbe quasi esclusivamente dall’attività batterica. Usiamo i cianobatteri fotosintetici per biomineralizzare l’impalcatura, quindi è davvero un processo verde. “
Sembra un materiale Frankenstein. Ciò che stiamo cercando di creare è qualcosa che rimane vivo WIL SRUBAR, coordinatore del progetto “
Proteggere i sistemi di accumulo di energia a batterie agli ioni di litio
Un’applicazione specifica per la prevenire la fuga termica, proteggendo le batterie dal rischio incendio
Ogni cella che compone la batteria agli ioni di litio è costituita da due elettrodi: un anodo negativo e un catodo positivo. Questi sono tenuti disgiunti per mezzo di un separatore. Componente essenziale è l’elettrolita a conduzione ionica. Questo principio funzionale, sebbene sia efficiente e generalmente sicuro, presenta dei rischi relativi alla progettazione. Le celle della batteria sono caratterizzate dalla presenza di una grande quantità di energia chimica inserita in un piccolo spazio e a una distanza davvero ridotta tra gli elettrodi (lo strato separatore in genere è di ≈ 30 µm). Allo stesso tempo, gli elettrodi utilizzati sono tipicamente combustibili o materiali altamente infiammabili. Per questa ragione, un Sistema di Gestione della Batteria (BMS) non solo controlla e monitora lo stato del caricamento a livello di sistema e della cella ma gestisce anche la temperatura rilevata in fase di caricamento e scaricamento. Questo assicura che le celle rimangano all’interno dell’intervallo operativo definito come sicuro.
FUGA TERMICA: LO SCENARIO PERICOLOSO
Uscire dall’intervallo di sicurezza della temperatura può generare la cosiddetta “fuga termica”. Quando accade, l’energia accumulata nella batteria è immediatamente rilasciata, e in pochi millisecondi la temperatura può raggiungere oltre i 100 gradi. A questo punto, l’elettrolita s’infiamma oppure il gas elettrolitico esplode. Nel corso di una fuga termica, l’elettrolita evapora al crescere della temperatura. Questo causa un innalzamento della pressione all’interno della cella fino a quando i vapori dell’elettrolita non iniziano a fuoriuscire da una valvola di sfiato o da una parete della cella danneggiata da una possibile esplosione. Senza contromisure efficaci, questa situazione genera una miscela esplosiva di gas e aria. A questo punto, basta una fonte di accensione per causare una combustione esplosiva. Inoltre, la fuga termica in un sistema a batterie si può propagare di cella in cella causando un incendio di più grandi dimensioni. Le potenziali cause di una fuga termica possono essere esterne o interne alla cella della batteria. Nel primo caso, fattori estremi esterni, quali per esempio un principio d’incendio, possono causare l’innalzamento della temperatura della batteria oltre il livello di tolleranza. Nel secondo caso, un corto circuito interno può generare un innalzamento pericoloso della temperatura. Quest’ultimo potrebbe essere causato da un danneggiamento meccanico esterno o da un guasto del separatore dovuto all’età o causato dalla formazione di dendrite.
UNA PROTEZIONE COMPLETA PER PREVENIRE LA FUGA TERMICA
I test condotti nello Smart Infrastructure Fire Lab di Siemens ad Altenrhein, in Svizzera, su batterie agli ioni di litio costituite da diverse tipologie di celle (basate su ossido di litio cobalto, ossido di litio manganese, ossido di nichel litio manganese cobalto e fosfato di litio ferro) hanno dimostrato la presenza di segnali indicatori prima che la fuga termica si manifesti concretamente. Un indicatore affidabile è il degasaggio elettrolitico. Quando il gas elettrolitico inizia a svilupparsi significa che la fuga termica è imminente. Tuttavia, c’è ancora abbastanza tempo per azionare automaticamente misure di spegnimento. Questo comporta un duplice approccio: primo, l’introduzione di un agente estinguente in sufficiente concentrazione all’interno del locale che ospita la batteria prima che il separatore all’interno della cella si guasti. Secondo, procedere con lo spegnimento attraverso il sistema di gestione della batteria così da fermare l’estensione della fuga causata dal sovraccarico. Inondare rapidamente la batteria con l’agente estinguente previene la formazione di una grande quantità di miscela elettrolita-ossigeno altamente esplosiva, riducendo così la possibilità di sviluppo di una iniziale fuga termica e inibendo la diffusione del guasto alle celle adiacenti. Questo elimina la possibilità di incendi secondari e, attraverso l’inertizzazione prolungata, il potenziale rischio di un nuovo innesco.
FASE 1: RILEVAZIONE ATTRAVERSO IL SISTEMA ASD DI ASPIRAZIONE FUMI
Nella fase 1 una protezione efficace deve offrire non solo una rilevazione antincendio affidabile, ma anche una primaria rilevazione di gas elettrolitici. Questi compiti possono essere svolti dai Sistemi di Aspirazione Fumi (ASD). Utilizzando la tecnologia a doppia lunghezza d’onda, questi sistemi rilevano in modo affidabile incendi elettrici, vapori e
gas elettrolitici, anche in condizioni di alte velocità di aria e basse concentrazioni di gas. I sistemi di aspirazione fumi analizzano e monitorano continuamente campioni d’aria dei locali sensibili alla ricerca di fumo o particelle di gas. I campioni d’aria sono condotti all’interno di una camera di rilevazione brevettata nella quale un’unità specifica verifica la dimensione e la concentrazione delle particelle. Questa è in grado di rilevare anche le più piccole quantità di gas elettrolitici e di combustione.
FASE 2: SPEGNIMENTO TRAMITE GAS INERTE
I sistemi, non appena rilevano un incendio o la presenza di gas elettrolitici, azionano automaticamente il processo di spegnimento. Poiché l’impiego dell’acqua dovrebbe essere evitato per lo spegnimento di impianti elettrici, oltre al fatto che non è pienamente affidabile nel raggiungere incendi nascosti o covanti, le batterie sono investite da un agente estinguente gassoso introdotto tramite appositi ugelli. Il gas interviene sulla concentrazione di ossigeno che alimenta il fuoco, spegnendo così anche gli incendi più piccoli. Ma qual è l’agente estinguente più adatto? Gli agenti chimici non si possono utilizzare in questo ambito applicativo poiché, se sottoposti a condizioni di alto riscaldamento potrebbero generare prodotti pericolosi di decomposizione e richiedono una scarica prolungata per il mantenimento della concentrazione necessaria. Le alternative valide sono tre gas estinguenti naturali: l’Azoto (N 2 ), l’Anidride carbonica (CO 2 ) e l’Argon (Ar). Questi presentano delle caratteristiche differenti. L’Argon è un gas nobile costoso (se paragonato agli altri) usato solo per applicazioni speciali come gli incendi sui metalli. L’anidride carbonica è la più efficace di questi tre agenti naturali, ma è usata principalmente nelle aree inaccessibili perché richiede una concentrazione di spegnimento troppo pericolosa per l’uomo. Per queste ragioni, la soluzione estinguente più adatta nei sistemi di accumulo energetico basati su batterie agli ioni di litio è l’Azoto.

CONCLUSIONI
Le batterie agli ioni di litio presentano rischi d’incendio peculiari. Un’applicazione specifica per la protezione antincendio deve combinare una primaria rilevazione incendio con sistemi di aspirazione fumi altamente performanti e sistemi di spegnimento basati su gas inerti. La scarica immediata dell’agente estinguente previene la formazione di quantità elevate di miscele esplosive elettrolita-ossigeno, riduce la possibilità di sviluppo di un’iniziale fuga termica e ne inibisce la diffusione nelle altre celle adiacenti, evitando potenziali incendi secondari o re-inneschi. Questa soluzione, completa di protezione, rende gestibili i potenziali rischi correlati ai sistemi di accumulo basati sulle batterie agli ioni di litio. Nel dicembre del 2019, la soluzione “ Protection Concept for Stationary LithiumIon Battery Energy Storage Systems ” sviluppata da Siemens è stata la prima (e l’unica finora) a ricevere l’approvazione VdS (VdS numero S619002).
C’è qualcosa di “INNOVA” nella climatizzazione residenziale
Dai ventilconvettori ai sistemi aria acqua ad anello, stiamo per assistere a una nuova generazione di soluzioni per l’abitazione. Ce ne parla Marco Grisot, Responsabile strategie prodotti e mercati di Innova
a cura di VANESSA MARTINA
Con la maggiore diffusione di edifici con involucro dal buon isolamento e soluzioni impiantistiche con pompe di calore, la distribuzione impiantistica nell’ambito residenziale si è notevolmente modificata, anche se non sembra ancora arrivata a un momento di maturazione. Per comprendere se l’evoluzione tecnologica ci riservi ancora delle sorprese abbiamo sentito Marco Grisot, Responsabile strategie prodotti e mercati di Innova che da anni lavora per mettere a punto prodotti particolarmente sofisticati in aziende italiane che si sono contraddistinte nel campo della climatizzazione. “Oggi – spiega Grisot – il mondo del residenziale si sta evolvendo: molti professionisti hanno capito che in questo contesto il ventilconvettore è un elemento che verrà utilizzato sempre di più, così come le pompe di calore a sostituzione delle caldaie”. Ovviamente nel residenziale anche l’occhio vuole la sua parte, ma non si tratta solo di gusto estetico, come spiega Grisot: “I ventilconvettori si stanno guadagnando uno spazio nel residenziale ed è chiaro che dietro a un necessario e auspicabile ‘ritocco’ estetico ci deve essere un grande lavoro di sviluppo tecnologico: non si tratta di rimpicciolire gli elementi del prodotto al fine di renderli ‘più piccoli e sottili’, ma di riprogettarli per fare in modo che funzionino anche con delle dimensioni diverse e che siano silenziosi”. Un approccio di sviluppo tecnologico che va fatto su tutti i prodotti, dunque, fino al complesso della ventilazione meccanica controllata (VMC): “Il vero salto di qualità è passare dal prodotto al sistema, fare in modo cioè di non offrire solo un unico prodotto, ma una selezione completa tale da poter studiare un sistema che meglio si possa adattare a una particolare tipologia di edificio”.
C&C: Quando parla di residenziale si riferisce anche ai condomini con più appartamenti?
M.G.: Sì. Quello che stiamo vivendo adesso, anche in termini di completezza di offerta, si rivolge a vari settori, dalle nuove abitazioni, MARCO GRISOT, Responsabile strategie prodotti e mercati Innova

siano essi appartamenti e/o case singole, o da riqualificare – che è il mercato più importante fino al condominio con una soluzione centralizzata. In questo senso stiamo portando avanti delle soluzioni molto interessanti, originali e replicabili.
Dal vostro punto di vista cosa può essere migliorato nell’impiantistica residenziale?
Proviamo a immaginare la motocondensante delle pompe di calore aria/acqua che in quasi tutte le case si trova all’esterno. Non è di certo un elemento esteticamente bello da vedere. Come azienda stiamo sviluppando soluzioni in cui anche questa unità, necessaria nelle pompe di calore, sia integrata nel muro perimetrale o che abbia una sua forma integrata nell’edificio. Sono questi gli aspetti per i quali si possono trovare delle soluzioni ideali, cercando sem pre a livello tecnico di dirigere il flusso dell’aria in modo adeguato (e non verso la finestra del vicino). Col flusso d’aria, ovviamente, si trasmette anche del rumore, un aspetto importante se si pensa al
residenziale: per riprogettare delle macchine – come abbiamo fatto noi per il ventilconvettore – bisogna trovare un giusto equilibrio con gli investimenti, o il rischio è quello di realizzare un elemento, sì silenzioso, ma troppo costoso.
A proposito di ventilconvettore, sempre più utilizzato nel residenziale, come può essere integrato il comfort? Quali sono le strategie che state adottando?
Ci sono vari aspetti. Il primo è che i nuovi edifici hanno un involucro sempre più performante, quindi il carico termico diminuisce. Se l’edificio risulta essere troppo performante, sistema radiante, per effetto dell’inerzia termica, non riesce a soddisfare il giusto comfort. Per esempio, durante la mezza stagione l’impianto radiante non riesce a seguire bene le temperature che vorremmo in casa proprio a causa dell’inerzia termica: il ventilconvettore è più reattivo e riesce a seguire meglio il carico, e siccome il carico è molto basso, la velocità del ventilatore sarà molto ridotta, e dunque molto silenzioso; in più è un unico terminale che funge da riscaldamento e raffreddamento con un impianto molto semplice.
Ritenete che il ventilconvettore possa avere una riscoperta nel residenziale?
Questa non è una supposizione, sono dei dati di fatto che stiamo riscontrando da vari costruttori edili che prima realizzavano case molto performanti: utilizzando un impianto radiante si sono trovati ad avere delle lamentele dai loro clienti, proprio perché non avevano un comfort ideale. Quando sono passati alle prime soluzioni con i ventilconvettori, hanno trovato una risposta perfetta. All’inizio sicuramente l’utente è scettico, perché si propone qualcosa di cui non si ha molta conoscenza, pensa subito al fan coil degli uffici e degli ospedali, rumorosi, con tanta portata d’aria, ma non è questo il caso. Gli utenti che hanno optato per il ventilconvet tore hanno invece avuto un feedback molto positivo sull’utilizzo. Un secondo aspetto è legato alle condizioni climatiche: il ventilconvettore può essere molto interessante, anche in quelle nazioni dove oggi la tecnologia della pompa di calore si è diffusa molto di più rispetto che in Italia e, per effetto dei cambiamenti climatici, il raffreddamento è diventata una necessità. Quindi l’abbinamento di una pompa di calore con i ventilconvettori permette di avere un impianto molto efficiente e semplice per soddisfare il riscaldamento ed il raffreddamento.
Per quanto riguarda la riqualificazione di condomini, quali soluzioni state adottando?
In funzione dell’applicazione casa-condominio, nuova o da riqualificare, e in funzione del fabbisogno energetico, vi è una specifica soluzione. In generale, le attuali proposte presenti sul mercato, sono delle soluzioni ottime a livello energetico per la riqualificazione, ma poco praticabili. Ad esempio, si può pensare di inserire in un condominio una pompa di calore aria-acqua, e quindi passare l’appartamento dal centralizzato all’autonomo. Ma dove può essere inserita quella pompa di calore, e soprattutto dove mettere un accumulo per ACS dentro un appartamento da 60/70 mq? Ecco, questo ha fatto sì che lo sviluppo o la penetrazione di quella tecnologia in quel segmento sia molto limitata oggi.
Voi cosa avete sviluppato?
Partiamo dal concetto che la maggior parte dei condomini hanno un impianto centralizzato: caldaia, colonne di distribuzione/montanti che vanno ad alimentare i vari appartamenti con dei radiatori, quindi colonne che sono in alta temperatura (60-70 °C con grandi dispersioni) ed è soprattutto un impianto che lavora solo in riscaldamento.
WEB SERVER BUTLER. Sistema per gestire da rete locale e da remoto un intero sistema di climatizzazione; si compone di una scheda “web server” integrata su un microcomputer che collega le pompe di calore, i fan coil e la ventilazione meccanica controllata – dotati di controllo elettronici – a una normale rete LAN o wireless. L’intero impianto può essere gestito anche da smartphone o tablet impostando fasce orarie, scenari di funzionamento etc...


FILOMURO INCASSO, il fan coil da parete alta a scomparsa totale. Dettaglio
In questo senso abbiamo sviluppato una soluzione che prevede l’utilizzo di micro pompe di calore di tipo acqua aria, in modo tale da poter sostituire un impianto centralizzato con un impianto waterloop. Il waterloop heat pump è un approccio impiantistico anglosassone presente da molto tempo ed utilizzato soprattutto negli impianti del settore terziario.
Qual è il vantaggio?
È trasformare tutto il sistema di distribuzione dell’impianto ad anello, un impianto che lavora tra i 20 e i 30 °C, quindi non vi è la dispersione termica di prima, ed è già una fetta importantissima del consumo energetico di un edificio esistente. A questo punto, questi terminali acqua-aria si possono utilizzare non solo per il riscaldamento, ma anche per il raffreddamento: di fatto riesco a riqualificare l’impianto generando della potenza – stanza per stanza – andando a parzializzare, fino alla singola stanza, quella che è la potenza che si deve generare, e questo permette di avere dei grossi benefici.
Perché oggi è possibile proporre questa soluzione?
Si può proporre questa soluzione perché questi terminali, che hanno al loro interno un circuito frigorifero con un compressore, sono comunque terminali che hanno un’elevata silenziosità. Parliamo di soluzioni che derivano dall’esperienza che ha fatto Innova con il climatizzatore senza l’unità esterna, dove ha sviluppato una soluzione ideale per il residenziale, con una silenziosità che è uguale a quella di uno split. In Inghilterra abbiamo delle catene alberghiere che stanno facendo proprio una riqualificazione in questo senso, utilizzando delle soluzioni ad aria “aria-aria”; invece, utilizzando la stessa macchina, ma con il condensatore ad acqua, risulta avere tutte quelle caratteristiche di silenziosità e di modu lazione di potenza della soluzione ad aria, perciò è adattabile e utilizzabile nel residenziale. Si ottiene un ottimo comfort interno: oltre al riscaldamento si ha anche il raffreddamento, migliorando l’efficienza energetica.
Quali sono le dimensioni del vostro prodotto?
Innanzitutto, è l’unico prodotto esistente sul mercato a oggi di console ad acqua con il compressore inverter, e non on-off. Que sto ne enfatizza la silenziosità. Ma oltre alla silenziosità, il fatto di generare la potenza necessaria proprio dell’ambiente, evita pendolamenti sulla temperatura dell’aria, che invece può avere un compressore tradizionale on-off. Le potenze si possono gene rare dai 4/500 watt, fino ai 3 kW in modo continuo e modulante proprio per effetto del compressore inverter, e soprattutto in varie soluzioni installative. Su quest’ultimo un’evoluzione che faremo sarà quella di realizzare prodotti di potenza ridotta. Infatti, abbiamo fatto un’analisi su quelle che sono le tipologie di radia tori utilizzati e quindi di potenza erogata, e abbiamo capito che dobbiamo fare delle macchine con potenze anche più ridotte – basta anche 1 kW di potenza massima erogata – permettendoci di avere altre soluzioni vicine alle dimensioni dei ventilconvettori di Innova oggi.
Per il nuovo condominio che tipo di soluzioni proponete?
Il mercato condominiale è una situazione particolare, ovvero, bisogna guardare alle proposte di un impianto corretto a livello energetico e di fabbisogno, ma bisogna anche analizzare la clientela verso cui un costruttore si rivolge. Ci sono varie soluzioni che possono essere proposte con i sistemi di VMC evoluti. Dal momento che il carico energetico degli edifici condominiali – che hanno per la maggior parte degli appartamenti dalle dimensioni molto ridotte – deve rispondere a un sistema di VMC, tanto vale utilizzare la stessa distribuzione per il riscaldamento e il raffreddamento, in altre parole il mondo degli aggregati compatti. Anche in questo caso abbiamo sviluppato una soluzione molto interessante, di aggregato compatto, seguendo però delle logiche legate anche all’aspetto rea lizzativo. Molti aggregati compatti che esistono sul mercato fanno anche la produzione dell’ACS, quindi ci troviamo ad avere una macchina a basamento di solito che ne vincola la posizione in funzione del layout dell’appartamento. Occorre guardare al comfort e a tutto ciò che riguarda l’investi mento; quindi abbiamo sviluppato una macchina da controsoffitto, con un compressore inverter orizzontale, molto sottile, che fa il rinnovo e purificazione dell’aria con il recupero del calore, il riscaldamento, il raffreddamento, la deumidificazione dell’aria: una macchina più semplice e affidabile e, soprattutto, una macchina che può essere manutenuta da quella che è l’attuale filiera presente oggi in termini di preparazione tecnica nei centri di assistenza, avere dunque un unico interlocutore per tutti gli elementi presenti in casa. Ma non solo, parliamo anche di dispositivi con gestione remota, in modo tale da poter avere un service evoluto, affidabile e rapido. Infatti, la gestione remota ci permette di controllare come lavora la macchina, intervenire senza andare in situ, e quindi risol vere tante cose più velocemente a costi più bassi. In sostanza un corretto equilibrio anche in termini di investimento.