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Marco Sabatti e Porta Bruciata

MARCO SABATTI E PORTA BRUCIATA una storia di luppolo

Se parliamo di luppolo in Italia il birrificio Porta Bruciata è decisamente uno di quelli da tenere in considerazione. Nata da poco più di cinque anni, l’azienda di Marco Sabatti si è immediatamente distinta proprio nel mondo delle “luppolate” con chiara ispirazione al mondo nordamericano. Alla prima apparizione a Birra dell’Anno, dove tra l’altro è stato subito premiato, si pensò alla meteora. L’anno dopo, con nuovi premi, in molti iniziarono a convincersi che era un birrificio da tenere in considerazione. Oggi, benché le referenze si stiano aprendo anche verso la tradizione belga, oltre a una solida base anglosassone apparsa sin dai primissimi anni, è ancora sulle “americane” che Porta Bruciata detta il passo. Qualità, costanza, pochi fronzoli, cura maniacale in produzione e massima attenzione a ogni dettaglio in cantina portano le birre in stile USA a livelli decisamente alti. A mio parere uno dei punti di riferimento per questi stili. Il contrasto tra la sobrietà del birrificio, la timidezza quasi schiva di Marco Sabatti, lontano anni luce dalla figura del birraio hipster che l’assaggio delle sue birre potrebbe suggerire, accentua l’attenzione sui prodotti che invece mostrano un carattere deciso e, vivaddio, un amaro evidente e fresche note di luppoli anziché caramello e sentore di sacchetto di pellet appena aperto. In questa chiacchierata con Marco Sabatti riviviamo un po’ la parabola di Porta Bruciata.

? Marco, da dove arriva questa passione per le birre angloamericane? Come sai sono uno dei pochi birrai che non è stato homebrewer, ho un percorso un po’ diverso rispetto a tanti altri colleghi. L’amore per il luppolo nasce per l’amore verso le birre luppolate che ho amato nella frequentazione, per diversi anni, della California. L’ambiente allora era molto più avanti dell’Italia, le IPA, anche solo una decina di anni fa, erano molto diffuse e non rappresentavano un’eccezione. Non ho fatto viaggi “birrai” in California, mia sorella Chiara vive là, dopo la laurea a Milano fece un PhD a Stanford, dove ha conosciuto il futuro marito e dove lavora tuttora. Una volta c’era lo zio d’America, io ho la sorella e i miei figli avranno la zia d’America! E quando andavo a trovarla ho semplicemente scoperto le birre che si bevevano là. Questo è iniziato nella prima metà degli anni ’90. All’inizio era un modo per bere qualcosa di diverso, poi ho visto che anche in Italia qualcuno si ispirava a quel mondo e mi è nata la curiosità di approfondire e capire meglio quelle birre, per vedere se c’era anche per noi la possibilità di fare qualcosa del genere. Insomma, la fortuna di avere una sorella in California e non, chessò, in Patagonia... Sì, questo è un dato oggettivo, poi conta molto anche il gusto. Sono sempre stato un amante delle birre ad alta fermentazione, luppolate. Quello era un po’ il mio mondo, ecco. Poi, dopo aver visto la realtà italiana, una combinazione di circostanze favorevoli, perché non è che fosse tutto programmato, ci ha portati ad aprire il birrificio. Lorenzo Guarino del birrificio Rurale ci ha convinti che non fosse solo un sogno ma che si poteva concretizzare. Abbiamo fatto un contratto di formazione con il suo birrificio per poter fare qualche ottobre con lui e poi siamo partiti sulle nostre gambe. ? La West Coast è fonte di ispirazione delle vostre ricette e anche la scelta del luppolo guarda soprattutto in quella direzione. Sappiamo che i luppoli, tra viaggio, partite di serie A e serie B (o peggio) perdono qualcosa se non in partenza almeno col tempo: come fate, in Italia, ad avere questa qualità del prodotto così da mantenere, lotto dopo lotto, costanza qualitativa e aromaticità dei luppoli? Questo è un tema sempre attuale. Noi purtroppo non abbiamo ancora dei volumi di acquisto tali che ci permettano di avere la possibilità di andare a scegliere i singoli lotti direttamente dai fornitori. In realtà credo che in ogni caso sarebbe una scelta indirizzata perché per quanto grande possa essere un birrificio artigianale italiano non ha quella capacità economica, il “peso” necessario per imporsi. Noi ovviamente lavoriamo solo su contratti annuali, firmati al raccolto, in questo modo ci assicuriamo la quantità ma anche che il distributore italiano ci dia la possibilità di scegliere tra i lotti, a volte tre, a volte più altre meno, che gli arrivano. Poi la freschezza del prodotto è data dalla corretta conservazione, del distributore prima e nostra poi, trasporto refrigerato, conservazione refrigerata. Occorre trovare un distributore qualificato per le qualità di maggior utilizzo. Abbiamo anche qualche contatto con dei produttori americani però solo per alcune varietà.

Tra l’altro negli USA lavorano attraverso dei consorzi, delle società che si occupano di vendere per più coltivatori. É praticamente impossibile dire che un luppolo arriva da una specifica fattoria. In Hallertau o nel Tettnang è possibile ma negli Stati Uniti no, si lavora con Yakima Chief. Bisogna affidarsi a dei partners (più che dei semplici fornitori) che cercano di darti il meglio. Successivamente, la sfida è portare nel bicchiere quello che hai nel sacchetto. Non è che se hai la materia prima di alta qualità hai automaticamente la birra perfetta ma si può fare esprimere al meglio quello che hai a disposizione, puoi far “parlare” il bicchiere in un modo o in un altro, hai la responsabilità creativa: birrifici e birraio diversi esprimono, con gli stessi ingredienti, birre significativamente diverse. Questo attraverso le tecniche di dry hopping e altre, piccole e grandi, attenzioni in fase di produzione. Fortunatamente per noi birrai la tecnica è importante tanto quanto la materia prima.

? Le vostre basi non sono ricche di malti caramello, sin dalla ricetta cercate di mettere in evidenza sapori e aromi del luppolo. Gli appassionati apprezzano molto, ma il mercato in generale? Il mercato si è evoluto negli ultimi 4 anni, si è ampliata la platea degli estimatori delle birre amare. E poi noi lavoriamo prevalentemente con i fusti, in questo modo hai già fatto una scrematura, la nostra birra la trovi al pub [e quindi il publican aiuta preparando i clienti…]. Io ho visto un’evoluzione del gusto, cinque anni fa la spalla maltata era necessaria per sostenere (coprire) l’amaro. La maggior parte delle birre luppolate erano… come dire…

? ...dolci! …dolci… sì (ride). Anche alla vista, si vedeva dal colore, più carico, la presenza di caramello.

? A volte anche l’ossidazione aiutava il colore… Sì, e forse il caramello aiutava anche a coprire parte dell’ossidazione (ride di nuovo). Negli ultimi anni comunque i nostri clienti sono cresciuti con noi, è un richiamarsi a quanto successo negli Stati Uniti, anche lì i gusti si sono evoluti col tempo.

? Porta Bruciata, sul fronte delle birre luppolate, ha seguito gli stessi passi della Craft Revolution americana. Molti anni dopo ma in molto meno tempo… Sì forse… Prima però mi è sfuggito di dirti il perché del luppolo: io sono convinto che le IPA in particolare siano l’espressione migliore per apprezzare le birre artigianali. Mi spiego meglio: senza nulla togliere alle Lager, se prendi una Pils industriale fatta davvero bene, e ce ne sono alcune, nel confronto con una artigianale è molto più difficile per quest’ultima svettare e colpire i sensi di chi le beve. Le variabili sono poche e i paletti in produzione molto stringenti.

? In effetti pensando a una Pilsner Urquell in forma, in un locale che la serve come dio comanda… Esatto! Mentre se prendi una IPA industriale te ne accorgi immediatamente dalla mancanza di fragranza del luppolo.

? Infatti, la birra sembra uno sciroppo e non dei migliori. E quindi io lo vedo come lo stile attraverso il quale il mondo artigianale mostra al meglio la differenza con l’industria, il caso in cui è più evidente cosa sia pastorizzato e cosa no. [personalmente ho dei dubbi che sia la pastorizzazione il problema delle IPA industriali, ma me lo tengo per me] Dunque, per riuscire a fare determinate IPA, delle vere IPA, ci vuole il mondo artigianale, non hai alternative. Per cui a chiudere il discorso sì abbiamo conosciuto il mondo americano in tempi non sospetti, ci piace il luppolo e ci piacciono le birre amare, ma volevamo anche fare birre con le quali potessimo esprimere al meglio la nostra filosofia e la nostra artigianalità. ? Torniamo più strettamente ai luppoli: siete partiti con la classiche tripletta “made in USA”, American Pale Ale, American India Pale Ale e Double IPA (La Pallata, Orifiamma, Larkin Street) ma avete aggiunto man mano altre declinazioni di stili: Shantung (White IPA), Under Plato (Brut IPA), Teypana (single hop - Sabro - American IPA), Dusky Bay (Session IPA) e poi Milmaq (Vermont IPA) Sulla NEIPA ci avete messo un po’ di più ma in effetti tu sei West Coast e quelle arrivano dalla East Coast… La NEIPA non è ancora definitiva, doveva nascere qualche ottobre fa e alla fine abbiamo approfittato del lockdown per fare un po’ di prove per la Lighthouses Series, dedicata ai fari del New England: abbiamo fatto 3 NEIPA diverse, in ognuna delle quali abbiamo spinto agli estremi alcuni aspetti per valutare poi il risultato nel prodotto finito e farci un’idea di quale direzione prendere. In una abbiamo usato tantissima avena, in un’altra dry hopping concentrato durante la fermentazione e così via per provare tecniche e valutare i risultati. A settembre uscirà la nostra NEIPA, sintesi di queste prove.

? Quali altre “sorprese” ci aspet tano per il prossimo futuro? Stiamo studiando alcune nuove qualità di luppolo, poco conosciute per ora,

ma ancora non abbiamo prodotto nulla. Sono varietà alsaziane, insomma qualcosa di diverso dal nostro solito che ci intrigava. Non solo le nuove varietà di luppoli aromatici dell’Hallertau, che poi oramai non sono una novità, come Melon, Ariana e così via, ma anche in altre parti d’Europa si trovano luppoli molto molto interessanti. Abbiamo individuato questi luppoli alsaziani con i quali, penso verso fine settembre, produrremo un’American IPA.

? Uhm… una European IPA?! In effetti poi ci sarà il problema di come classificarla. Questo non è un esercizio fine a sé stesso: ci piace sperimentare nuove varietà, provarne le potenzialità per inserire in produzione nuove birre e non solo nord americani. Nella Brut IPA abbiamo usato Hallertau Blanc e Melon, abbinati a Galaxy che però prese il sopravvento e nessuno o quasi riconosceva i due luppoli europei. Abbiamo imparato a usarlo col contagocce… Perché se lo vuoi come coprotagonista è così, altrimenti si fa una single hop… Noi cerchiamo di dosare i luppoli per avere birre con profili aromatici complessi e piacevoli, con combinazioni di luppoli diversi, soprattutto luppoli nordamericani. Cerchiamo un equilibrio non dico perfetto ma piacevole. L’unica birra che produciamo mono luppolo è la Teipana, dove usiamo tuttora solo Sabro, una varietà che ha un ventaglio di aromi diversi e ampio che a nostro avviso danno una complessità che solitamente si ottiene usando più tipologie. Altre novità… da settembre, cominceremo a confezionare lattine (la riempitrice l’avevamo ordinata poco prima del lockdown) e poi ad integrare una piccola tap room nel nostro capannone. Davanti alla scelta se puntare sulla bottiglia o sulla lattina non abbiamo avuto dubbi e abbiamo scelto quest’ultima, vista la tipologia di birre su cui puntiamo di più e per il nostro modo di lavorare. Oggi confezioniamo tutte le birre “americane” in isobarico. Ricordo che il passaggio della Pallata da rifermentata a isobarica, con i clienti che si lamentavano, perché non era più la stessa birra. Era più buona, eh!

? E lo confermo: più decisa, più secca, più amara, quasi chirurgica ma facile da bere e ancora più piacevole di quando era rifermentata. E alla fine l’hanno accettata con entusiasmo, però qualche reticenza all’inizio ci fu. É anche [la birra rifermentata] un prodotto più fragile, perché la rifermentazione allunga un po’ la vita del prodotto ma il vantaggio aromatico per noi è imprescindibile. E quindi la scelta delle lattine segue questa filosofia. Abbiamo fatto qualche prova con dei sistemi di mobile canning [macchine riempitrici di lattine che si affittano a giornata, a domicilio] per capire le problematiche ed essere il più pronti possibile quando a settembre Gai ci consegnerà la macchina. Insomma, confidiamo nei valori molto bassi [di pick up di ossigeno] che ci ha garantito Gai ma anche in chi sta già usando quella macchina, in particolare Marco Valeriani di Alder che ce l’ha caldeggiata. L’importante comunque è arrivare in fase di confezionamento con la minor quantità di ossigeno possibile [quindi lavorando in modo certosino in tutte le fasi di produzione]. Il mercato oggi è maturo per le lattine, i primi hanno dovuto affrontare molte reticenze iniziali. Quindi da un lato potremmo sembrare in ritardo ma dall’altro ci troveremo di fronte a un mercato più attento e pronto per le lattine.

? Posto che come me non hai esperienza nel campo, cosa consigli ad un homebrewer che si avvicina alla produzione di birre luppolate, nordamericane in particolare? L’argomento è piuttosto vasto e complicato, in birrificio abbiamo strumenti che ci agevolano, comunque bisogna

far tesoro delle esperienze, anche di quelle negative. Per quanto riguarda le varietà di luppolo non è detto che un luppolo stratosferico dia una birra stratosferica ma a volte l’unione di diverse qualità porta a un profilo aromatico complesso e piacevole anziché “bomba” ma monocorde. Quindi sarebbe meglio partire con piccole quantità e poi man mano andare a trovare le giuste dosi per raggiungere i risultati attesi. Importante anche la scelta della base maltata, più semplice è, più si evidenzierà il luppolo. Un’altra norma per noi è che non esistono i luppoli da amaro e quelli da aroma: noi cerchiamo il filo conduttore dal luppolo sia in amaro sia in aroma, per cui se utilizziamo un luppolo da amaro lo utilizziamo anche per il profilo aromatico o quanto meno ne cerchiamo uno compatibile. Insomma, gli amari possono essere diversi tra di loro, noi cerchiamo lo stesso amaro. E soprattutto restare umili e non dimenticare che è un hobby, quindi deve essere soprattutto un divertimento. E poi appunto per me non avvezzo “ai pentoloni” non saprei cosa aggiungere, ma sui luppoli mi pare di avere dato qualche spunto.

Che dire… grazie della chiacchierata e a presto! ★

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