Thiene MesePlus
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino n. 34 - dicembre 2025

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Periodico di informazione dell’Alto Vicentino n. 34 - dicembre 2025




La pi rice di iene celebra il secondo Giubileo artistico immersa nei suoi dipinti che rievocano un mondo creaturale arcaico, sospeso tra sogno e memoria. In occasione della mostra a palazzo Sarcinelli a Conegliano, ha ricevuto un tributo speciale per i suoi 50 anni di ininterro a a ività nel mondo dell’arte, onorando così il suo lungo e significativo percorso creativo.


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Un corto ricorda Mattia e il suo prezioso dono

Carrè e Chiuppano si ripensa alla fusione


Pit stop al museo Laverda per la biker star dei social
Anna Bianchini
arla Villani festeggia 50 anni di carriera. Mezzo secolo di pennellate iniziate con il ritratto figurativo di cose e persone, passando per una graduale scomposizione della realtà fino ad arrivare ad uno stile unico, dove il mondo onirico si mescola ai ricordi d’infanzia.
Thienese doc, formata all’Accademia di Belle Arti di Brera, la pittrice dal tratto inconfondibile, celebra il suo secondo Giubileo artistico immersa nei suoi dipinti caratterizzati da quello stile che i critici hanno definito “impressione magica”. Le opere di Carla Villani sono un vero e proprio viaggio visivo che unisce introspezione, ricordi personali e simbolismo, con figure simboliche come la barca e la giostra che raccontano il viaggio della vita. Il tutto legato da un filo che lega il passato al presente, il reale al mondo onirico, il dentro al fuori.
Nata in città nel 1948, dopo la maturità classica frequenta l’accademia di grafica e pubblicità a Milano e per un periodo lavora in uno studio di pubblicità.
“Avrei voluto fare architettura ma mio padre mi avrebbe mandata a Venezia, io invece volevo andare a studiare a Milano, perché lì viveva il mio fidanzato. Ho scelto una scuola creativa e dipingevo sempre. Volevo entrare in Accademia ma ero talmente timida che quando provavo ad avvicinarmi mi veniva la tosse, un’altra volta la febbre, mi ammalavo sempre. Poi un giorno finalmente ho trovato il coraggio per entrare in Accademia a Brera da studente. DI recente invece ci sono tornata come pittrice, per una mostra dedicata a chi si è formato in Accademia”.
È proprio alla prestigiosa scuola che arriva la svolta: lo studio dei grandi maestri del Novecento come Mirò, Kandinsky e Paul Klee aprirono le porte ad una nuova visione della pittura, in grado di trascendere la semplice visione concreta delle cose per diventare un linguaggio intimo, capace di comunicare le emozioni più profonde. Carla Villani, quando ha capito che sarebbe diventata una pittrice?
Lo sono sempre stata, ho sempre disegnato e dipinto. Da adolescente facevo ritratti, nature morte, la mia era arte figurativa. Non avevo ancora chiara quale sarebbe stata il mio codice di scrittura, ma sapevo che avrei comunicato dipingendo. Un giorno in accademia ho visto una pittrice giapponese e un pittore italiano dipingere un’ala

L’artista thienese festeggia quest’anno il mezzo secolo di ininterro a a ività nel mondo dell’arte. I suoi famosi quadri sono un vero e proprio viaggio visivo che unisce introspezione, ricordi personali e simbolismo, con figure simboliche come la barca e la giostra che raccontano il viaggio della vita. “I miei segni nascono dai ricordi di quando ero bambina, prima dell’età della ragione. Ra guro l’incontro tra l’incanto e la gioia”.
trasparente di un angelo. Lei era minuta e delicata, lui un omone con una pennellata forte e grezza. Ma alla fine il risultato era uguale: leggerezza e trasparenza. Lì ho capito cosa significa tirare fuori quello che si ha dentro per convogliare un messaggio. Ho studiato molto ma ho anche seguito il monito di un insegnante: segui solo ciò che ti incanta.
Come è entrata in quel mondo onirico che oggi conosciamo?
Un giorno ho scomposto una natura morta e mi è piaciuto farlo. È stato istintivo, mi sono lasciata andare. Da lì ho cominciato una serie di tentativi di scomposizioni. Non ho trovato subito la mia strada, né il mio codice di scrittura. Ma riconoscevo che il percorso che stavo facendo mi piaceva e mi incuriosiva. A volte non capivo nemmeno bene quello che facevo (sorride). Sono sempre stata molto timida, quasi da
rovinarmi la vita. Al primo inizio in Accademia non riuscivo ad iniziare un soggetto e feci solo un segno. Il professore mi venne vicino e disse “bel segno”. Quella fu la conferma che mi serviva per cominciare nel modo giusto.
La formazione in Accademia è stata fondamentale per lei.
Assolutamente. La formazione rigorosa e ampia dell’Accademia mi ha permesso di arrivare dove sono oggi passando dall’anatomia artistica alla pittura astratta attraverso una miriade di codici di disegno diverso. Quando oggi disegno una cosa apparentemente semplice, in realtà dietro c’è uno studio di anni sia dal punto di vista artistico che di introspezione personale.
Che tecnica usa?
Dipingo acquerelli ma utilizzo anche tecniche miste. Le mie tele sono realizzate con acrilico e malta incise su tela. Dipin-
go anche delle piccole mattonelle, realizzate sulle confezioni di carta delle uova, che lavoro e faccio diventare una base su cui dipingere. Ci sono vari passaggi nelle mie opere, anche nella stesura di un unico quadro.
Nelle sue opere si vede sempre un filo. È una specie di filo conduttore, un codice, o che cosa?
Il filo me lo sono ritrovata per caso. È stata la letteratura di Proust che mi ha dato l’input per l’uso del filo. Nella mia evoluzione pittorica piano piano ho lasciato andare la realtà relegandola ai margini e ho reso quel filo protagonista. Un pittore deve fare quello che sente dentro, quello è il mio codice di scrittura. Negli anni ’90 dipingevo di getto, poi sono evoluta. Molti quadri sono nati come “giochi di equilibrio”, quello è stato uno dei miei passaggi dalla realtà alla scomposizione. Poi sono arrivate le “giostrine del tempo”.
Da dove nascono?
Nascono dallo studio delle civiltà del passato. Vengo sempre attratta dai particolari, li scompongo, li ricreo, li assemblo. Li unisco. E nascono le giostrine del tempo. Ci sono giostrine, totem, principi e principesse, c’è la Basilica Palladiana e San Marco.
Il suo è un mondo sospeso tra arcaico e presente, tra sogno e memoria… I miei segni nascono dai ricordi di quando ero bambina, prima dell’età della ragione. Ra guro l’incontro tra l’incanto e la gioia. Il carretto dell’antica Roma lo dipingo seguendo il ricordo del carretto fatto dai miei fratelli con il meccano. Quella barra che non riesco a fare a meno di dipingere è la gioia di quando muovevo la barra del carretto dei miei fratelli e il carretto andava avanti e indietro. A unire l’incanto e la gioia c’è sempre quel filo. Carrettini, barche, dame, città, uccelli, per me sono sempre giostrine del tempo: il tempo delle civiltà del passato, il tempo del mio passato, della mia infanzia. Le barchette le mettevo nella Roggia da bambina e sono un tu o nel mio passato. Le città per me rappresentano la gioia di quando, da bambina, mi sentivo al centro in un luogo sicuro. Quindi come definirebbe la sua arte? Figurativo dell’astratto. Ho cominciato facendo ritratti, sono passata all’anatomia artistica, nature morte, paesaggi. Ho imparato ad interpretare la realtà studiando i grandi maestri come Gauguin, Modigliani, Morandi, Klee, Picasso. Ho passato un periodo di crisi perchè avevo creato un


codice di scrittura ma non avevo ancora scritto nulla di veramente mio. Allora mi sono data una regola: segui solo ciò che ti incanta. Io vedo la magia nelle grandi civiltà del passato e mi sono fatta trascinare da questo. Dal particolare creo il mio disegno. Questo è il figurativo dell’astratto. E la scelta dei colori?
Ho creato e creo dei colori miei. Anche questo deriva da anni di studio e di tentativi. Non lascio nulla al caso, ogni scelta rappresenta un codice del mio linguaggio. Una critica ha definito le tinte che uso “sussurrate, depositate come cipria. Colori che attingono ad una memoria collettiva, che evocano mondi onirici”. Condivido questa a ermazione perché è quello che io voglio rappresentare quando dipingo. Un mondo onirico, il mio mondo, dove gioia e incanto si incontrano. Dove i miei ricordi si fondono con le grandi civiltà del passato in una figura che ha una storia personale. Parlando di codici, c’è qualcosa che la aiuta a trovare l’ispirazione?
Quando voglio iniziare a dipingere mi immergo nella musica. Non musica classica o musica tradizionale, perché quelle sono musiche descrittive che mi distrarrebbero dal viaggio che devo fare dentro me stessa quando dipingo. Per trovare le mie emozioni, per farmi travolgere, per far uscire quello che ho dentro ascolto musica tribale. Mi faccio muovere da un ritmo deciso, mi lascio trasportare. Quando dipingo entro in un’altra dimensione e mi serve musica che mi tolga dalla realtà.
Che cosa ne pensa della definizione “impressione magica”?
La riconosco come descrittiva delle mie opere. Il concetto di incontro tra incanto e gioia è proprio questo: la magia che impressiona dolcemente, in modo intimo, e ci trasporta in un mondo dove sogno e realtà si fondono. ◆
Attualità
IOmar Dal Maso
l pomeriggio del 6 novembre 2025 rimarrà impresso a lungo nella memoria della cittadinanza di Thiene e dell’intero Alto Vicentino. Un violento e drammatico incendio ha devastato il complesso dei Magazzini Munari in viale Europa, nel quartiere della Ca’ Pajella, un nome che finora per 147 anni è stato sinonimo di storia, tradizione e punto di riferimento per intere generazioni. Specialmente nel settore dei giocattoli e degli articoli per la casa. A ulteriore riprova, ai messaggi di vicinanza scaturiti da ogni dove all’indomani, si sono aggiunti gesti simbolici apprezzabili e anche concrete iniziative di solidarietà. Con in prima linea gli stessi bambini, i “sognatori” in un paradiso di giocattoli e desideri tra gli sca ali della rivendita, e anche i colleghi commercianti del mandamento altovicentino.
L’allarme era scattato intorno alle 14, quando le prime lingue di fuoco hanno iniziato a farsi strada dall’esterno all’interno del capannone, con innesco dalla zona di carico e scarico. La rapidità con cui il rogo si è sviluppato è stata impressionante, alimentato dalla quantità di materiale combustibile stipato nei depositi: giocattoli, imballaggi, articoli in plastica e casalinghi. In pochi minuti, le fiamme hanno raggiunto altezze vertiginose, sprigionando la colonna di fumo denso e nero visibile a decine di chilometri di distanza e allertando i residenti in un vasto raggio. Non c’è thienese che non abbia notato gli e etti del rogo, trattato in regime di piena emergenza dai vigili del fuoco giunti sul posto da mezzo Veneto. Grazie alla prontezza del personale e dei proprietari, Giuliano e Remigio Munari, la struttura è stata immediatamente evacuata, e non si è registrato alcun ferito “serio” tra i dipendenti. L’unico motivo di sollievo, forse, in uno scenario di devastazione che ha toccato molti nel profondo.


Lo scorso 6 novembre un drammatico incendio ha devastato il complesso commerciale di viale Europa. La comunità thienese, e non solo, ha subito dimostrato solidarietà nei confronti della famiglia Munari e dei suoi dipendenti: dai messaggi social ai disegni dei bambini a ssi all’esterno del negozio.
La risposta all’allarme è stata massiccia e coordinata, arginando non solo il fuoco ma anche i pericoli ulteriori che potevano scaturire. Decine di unità dei pompieri sono confluite a Thiene, non solo dal comando provinciale di Vicenza, ma anche dai distaccamenti di Schio, Lonigo, dai volontari di Recoaro e Thiene, e persino da Padova e Verona per l’impiego di mezzi speciali in dotazione al 115 come l’autoscala e la piattaforma tridimensionale. L’operazione di spegnimento si è rivelata complessa, protraendosi per ore fino a notte inoltrata, a causa della di coltà di raggiungere l’epicentro del rogo e della necessità di smassare l’enorme quantità di materiali incendiati.
Le autorità cittadine locali avevano tempestivamente emesso un’ordinanza precauzionale, invitando la cittadinanza, in particolare nelle zone limitrofe, a tenere le finestre chiuse e disattivare gli impianti di ventilazione e condizionamento, a causa della potenziale tossicità del fumo. L’Arpav è stata chiamata in causa per avviare il monitoraggio ambientale sulla qualità dell’aria e sulla gestione delle acque di
spegnimento contaminate. L’intera area dei Magazzini Munari è stata infine posta sotto sequestro dai Carabinieri, su disposizione della Procura di Vicenza. Le indagini sulle cause esatte del rogo richiedono del tempo, condotte dal Nucleo Investigativo Antincendi dei Vigili del Fuoco, ma sarebbe stata esclusa l’ipotesi dolosa. Al momento della redazione di questo articolo, l’origine del disastro non è stata ancora determinata con certezza ma si indica nell’esplosione di una batteria all’esterno dell’area di carico e scarico la possibile origine primaria del disastro. Un fattore accidentale. Le stime dei danni parlano di cifre considerevoli, quantificabili in almeno 5 milioni di euro. L’edificio, sebbene di realizzazione recente per quella sede, è stato gravemente compromesso, e la quasi totalità della merce andata in fumo rappresenta una perdita economica durissima per chi da decenni rappresenta un pezzo di storia commerciale della città di Thiene. Fondata nel lontano 1877, l’attività degli albori ha accompagnato la crescita di generazioni di persone, passando dai primi negozi nel centro storico (uno dei quali in Piazzetta Montello,
dedicato ai giocattoli) alla moderna sede di viale Europa. Un luogo magico, dove intere famiglie si recano per gli acquisti per la casa e, soprattutto, per i giocattoli, un posto che per molti evocava l’atmosfera accogliente di casa e dove i bambini erano liberi di fantasticare, e magari di battere i piedi e mettere il broncio, qualche volta. La distruzione di una parte così significativa del complesso ha creato un senso di profondo vuoto e dolore in città, pensando anche ai 18 collaboratori, per i quali si prospetta il ricorso alla cassa integrazione.
E proprio i bimbi hanno voluto dedicare dei disegni che, a distanza di parecchi giorni, si sono potuti osservare sulla facciata frontale dell’edificio e sul cancello (chiuso) dell’ingresso restituendo una simbolica parvenza di allegria attraverso i colori, nonostante la desolazione celata oltre la soglia. Con una scritta, “Forza Munari”, e altre frasi su fogli e cartelloni, che ha fatto lucidare gli occhi a chi ha frequentato questo luogo non solo per motivi di lavoro, ma anche da cliente. La comunità di Thiene ha risposto con un’ondata di solidarietà e vicinanza alla famiglia Munari e ai suoi fedeli dipendenti. Messaggi di incoraggiamento, gesti concreti e persino i disegni dei bambini si sono tramutati in un abbraccio col-

lettivo, mentre i proprietari hanno espresso pubblicamente la loro gratitudine per l’a etto ricevuto. L’azienda, forte della sua tradizione ha già manifestato l’intenzione di ripartire e di farsi trovare pronta per il 150° dalla fondazione, sebbene il percorso sia giocoforza lungo e complesso tanto sul piano burocratico che finanziario. L’obiettivo del primo periodo post incendio è intanto “districarsi” tra le carte della
burocrazia e delle assicurazioni, per poi valutare lo stato di ciò che rimane, prima di ricostruire. Con la consapevolezza di avere al proprio fianco non solo il supporto delle aziende fornitrici nazionali e internazionali, ma soprattutto il cuore di una città che considera iMagazzini Munari come un tassello di uno dei suoi giochi in scatola, un puzzle, della propria identità storica e collettiva. ◆

AOmar Dal Maso
volte si è pianto, ma più spesso si è sorriso. In ogni occasione, questo è certo, si è prestato ascolto. E sempre, oltre a un “orecchio”, si è tesa una mano, senza nulla chiedere in cambio. Allo Sportello Donna inaugurato 10 anni fa a Thiene, allo scadere della prima decade di attività è tempo sia di festa che di bilanci su quanto fatto, tanto, e quanto resta quotidianamente da fare, non misurabile. Ascolto attento, aiuto concreto, questi i due capisaldi.
Dal 2015, sono circa 400 le persone che si sono rivolte al centro, che oggi ha sede in Galleria Garibaldi al civico 35. Con un’impennata di richieste nell’ultimo triennio ma, si badi bene, anche grazie alla comunicazione potenziata nel territorio della disponibilità del servizio. Anche se, purtroppo, episodi di violenza di genere rimangono una triste attualità.
Ascoltare, condividere, aiutare, sensibilizzare, sostenere, consigliare e indirizzare sono alcuni tra i verbi più utilizzati nel descrivere le azioni che le operatrici del servizio di sostegno sociale hanno portato a termine e continuano ad o rire. Tali azioni, animate dalla consapevolezza del delicato ruolo ricoperto, confluiscono nell’unico, fondamentale obiettivo di sostegno al prossimo, in particolare alle donne e alle famiglie in di coltà. In molti casi regalando il proprio tempo e le proprie competenze professionali. Un’esperienza che si matura ogni giorno e che da quello successivo si mette a frutto per migliorarlo, in funzione delle famiglie e delle singole donne verso cui questa mano già citata si protende. La consulenza psicologica è orientata su problematiche collegate a depressione, conflittualità di coppia in separazione, ansia, sostegno alla genitorialità, di maltrattamento in famiglia. Essenziale “fare rete”, a partire dai contatti con le istituzioni locali, i medici di base, gli assistenti sociali, sempre in accordo con l’utente, al fine di garantire un supporto multidimensionale. Da settembre 2023, attraverso fondi comunali e donazioni, è stato possibile riattivare il servizio di consulenza legale: da gennaio 2024 a settembre 2025 sono state 22 quelle prestate. L’èquipe di Thiene è formata da professioniste nei rispettivi campi: psicoterapeuta, assistente sociale, educatrice pedagogista, psicologa, avvocata e una specialista amministrativa.

Il servizio thienese dedicato alla promozione del benessere delle ci adine italiane e straniere celebra il suo decimo anniversario: un traguardo che invita alla festa, ma sopra u o a un bilancio significativo sull’impegno profuso da professioniste e volontarie, e sulle sfide future.
A dato alla cooperativa sociale “Con Te” che ha sede a Vicenza, il servizio persegue nell’opera di sostegno al genere femminile e di contrasto a ogni forma di prevaricazione, violenza e intimidazione. Proponendo incontri poi nella fascia in età “teenagers” in accordo con gli istituti scolastici superiori. Nel concreto si articola su più livelli, da quello legale al sanitario, passando per il supporto psicologico e progetti di reinserimento lavorativo. E ancora corsi di formazione, serate culturali e di sensibilizzazione, momenti di socializzazione. Le tante storie dure di vita di cittadine italiane e straniere raccolte in questi anni, di situazioni di disagio vissute da ragazze e donne, costituiscono la ragion d’essere dell’operato di ogni componente che mette del suo per favorire il corretto ed e cace lavoro dello sportello.
“Di strada ne è stata fatta davvero tanta dalla sua attivazione dieci anni fa – si legge nel testo di ‘Con te’ -. Da allora lo
Sportello Donna è cresciuto, divenendo fulcro di innumerevoli iniziative sulle tematiche di genere e o rendo centinaia di consulenze gratuite. Si avvale del prezioso aiuto di una ventina di volontarie, motivate e preparate con formazione specifica.” Per celebrare il traguardo dei 10 anni di vita, insieme all’associazione “Le Amiche di Anna” sono state regalate due serate con ospiti tutte al femminile, anche per far conoscere nel dettaglio i servizi territoriali attivi, “perseverando” a puntare un torcia luminosa a monte e a valle delle violenze di genere, sulle cause e sugli e etti, e le strategie di contrasto da applicare.
Lo Sportello Donna fa parte della Rete Antiviolenza Alto-Vicentino, essenziale per creare un sistema di sostegno continuo ed e cace. Per chiedere aiuto e contattare lo Sportello, è attivo il numero 335.1700671 o la mail sportellodonnathiene@comune. thiene.vi.it. ◆

Anna Bianchini
n ragazzo di 29 anni che perde la vita in mare, una madre che trasforma il dolore in impegno, una vita che continua a vivere.
La storia di Mattia Grotto, 29enne di Zanè morto dopo un malore accusato mentre faceva il bagno a Caorle nel 2021, è protagonista del cortometraggio “Anima Libera”. Un film breve ispirato alla storia personale di Mattia e voluto dalla madre Evelina Cretella per sostenere un progetto importante: realizzare un film sull’importanza del dono degli organi da divulgare nelle scuole.
“Quattro anni fa mio figlio Mattia ha avuto un malore al mare, mentre faceva il bagno –racconta la madre Evelina Cretella – È rimasto 8 minuti sott’acqua e quando l’hanno tirato fuori era passato troppo tempo. Quando è arrivato in ospedale a Venezia i suoi organi erano troppo compromessi. Quando è morto ha donato gli organi, era un suo desiderio”.
“Anima libera” racconta di Mattia: un giovane generoso e pieno di aspirazioni, che creava magliette originali unendo i loghi dello street wear a frasi tipiche venete.
“Quando è morto non tutti i suoi organi erano in condizioni adatte ad essere trapiantanti e donati – continua la mamma – Le valvole sono andate al Bambin Gesù a Roma, poi ha donato tessuti e cornee”.
Oggi altre persone vivono, o hanno migliorato la loro condizione di vita grazie a Mattia e al suo dono.
Ed è proprio la cultura del dono degli organi che Evelina Cretella vuole di ondere, con l’aiuto di Aido, associazione con la quale collabora.


La storia di Ma ia Gro o, scomparso all’età di 29 anni per un malore, sarà raccontata nel cortometraggio “Anima Libera”. Un’opera voluta dalla madre Evelina Cretella che, in collaborazione con Aido, vuole sensibilizzare le persone sull’importanza della donazione di organi e tessuti. Le riprese inizieranno nel 2026, mentre è già a iva la raccolta fondi per la realizzazione del video.
“Mattia è stato cremato e le sue ceneri sono state sparse sul monte Summano – continua Evelina Cretella – Ogni giorno quando apro le finestre mi fermo ad osservare la montagna dove vedo mio figlio. Un giorno ho avuto la sensazione che dovevo fare qualcosa e mi sono avvicinata a Aido che ha progetti per le scuole e per i giovani, per informarli e renderli consapevoli dell’importanza del dono. Mi sono accorta che nel materiale divulgativo che riguarda la donazione degli organi mancava un video. Allora ho deciso di farne uno io, in ricordo e omaggio di Mattia, con una lingua adatta ai ragazzi. Nel fil non si parla mai di morte, ma solo di vita e amore”.
Un progetto importante patrocinato dal comune di Thiene, dalla Fondazione Banca degli Occhi e dalla Banca del Tessuto del Veneto.
Il racconto o re al pubblico una riflessione sul valore dell’esistenza, sulla perdita e sulla possibilità di trasformare il dolore in qualcosa di più grande, qualcosa che sopravvive.
“Questo progetto rappresenta, nella forma artistica e cinematografica, ciò che Aido (Associazione italiana donatori di organi) promuove da sempre nella società civile:
una cultura del Dono consapevole, volontario, libero – spiegano da Aido – Anima Libera racconta una storia ispirata a fatti realmente accaduti, con grande delicatezza, rispetto e profondità. È un racconto che parla alle emozioni, ma anche al senso di responsabilità individuale. Siamo convinti che strumenti come il cinema possano avere un impatto autentico nel sensibilizzare le nuove generazioni e nell’aprire conversazioni importanti all’interno delle famiglie e delle comunità”.
I donatori sono super eroi. Lo pensa Evelina Cretella e non le si può dare torto. “Grazie ai donatori vivono tante persone e altre, grazie a organi che hanno ricevuto in dono, hanno migliorato la loro vita – spiega la mamma di Mattia – Si parla poco dei donatori, è giusto rendere loro omaggio. Il cortometraggio è un ringraziamento a loro”. Prodotto da Onymous Studios con il patrocinio di Aido Nazionale e il sostegno di Aido provinciale di Vicenza, “Anima Libera” vuole trasformare una vicenda intima in un messaggio universale di speranza. Le riprese inizieranno l’anno prossimo. Un crowdfunding è aperto a tutti e chi donerà oltre a ricevere un regalo avrà una menzione nei titoli di coda del cortometraggio. ◆



Omar Dal Maso
na caldaia “fusa” riaccende il dibattito sulla fusione di due Comuni vicentini. Mai sopito del tutto, per la verità, dopo il voto referendario del 2018 nei due paesi. Una consultazione popolare su due fronti che ha sancito come il progetto di unione in un’entità (da denominare Colbregonza) debba attendere di giungere a maturazione. Due comunità vicine (issime?), quelle di Carré e Chiuppano, che quindi mantengono oggi i rispettivi municipi – e “campanili”, nell’accezione profana –. Un imprevisto di natura tecnica, un guasto all’impianto termico di riscaldamento avvenuto nella scuola primaria di Chiuppano, ha favorito una convivenza temporanea degli alunni residenti nei due Comuni, per due settimane. Un “anticipo” di quanto poi di fatto avverrà al passaggio alle medie o secondarie di primo grado se si preferisce, vista la presenza di un’unica sede intercomunale che sorge proprio al confine tra i due comuni dell’Alto Vicentino. Anche delle elementari unificate se ne parla da tempo in verità, da quasi mezzo secolo, visto che il primo progetto abbozzato risale alla metà degli anni ‘70.
Siamo all’interno dell’Istituto Comprensivo “Rezzara”, che riunisce le scuole ex elementari di Carrè, Chiuppano e anche Zanè, oltre ai due plessi “medi”. L’ospitalità, dal 20 al 31 ottobre e dunque in pieno autunno con i primi rigori del freddo in arrivo, è stata o erta nell’edificio della scuola intitolato al poeta Giovanni Pascoli (a Carrè). Accoglienza speciale rivolta a bambini e bambine che si sono caricati zaini e cartelle in spalla per recarsi altrove. Cinque le classi che hanno “traslocato”, condividendo gli spazi comuni, 84 gli scolari interessati. Il mini esodo a “km mezzo” non ha riguardato solo i piccoli, poi, ma anche i grandi, gli insegnanti.



La chiusura temporanea della primaria “Rezzara” di Chiuppano, a causa della ro ura della caldaia, e il necessario trasloco alle elementari “Pascoli” di Carré, ha riacceso il diba ito sulla fusione dei due comuni vicentini. Una riflessione che arriva a distanza di 7 anni dal referendum popolare del 2018.
Il tutto è stato favorito dai buoni rapporti di vicinato tra le due realtà amministrative, oltre che da motivi di necessità, non potendo certo azzardare nel corso dei lavori di ripristino. Tutto secondo buon senso, fino al ritorno alla normalità. Per le famiglie di Chiuppano, il disagio è stato tutto sommato minimo, quantificabile in appena 500 metri di strada in più rispetto alla sede originaria. Gli orari delle lezioni, il servizio di pre-scuola e doposcuola, il servizio di mensa, poi, sono rimasti invariati. A collaborare in questo “patto”, i due sindaci, Valentina Maculan e Andrea Segalla. “Quando il collega mi ha contattata per capire come far fronte a questa emergenza – spiega la prima cittadina di Carrè -, data la collaborazione tra le amministrazioni, ci è parso naturale aprire le porte avendo aule a su cienza per accogliere tutti. Grazie ad alcuni volontari, che ringrazio, si è organizzato nel fine settimana il trasloco di banchi e sedie per allestire le classi. Le due settimane sono trascorse senza intoppi nell’entusiasmo generale da parte dei bambini, contenti di incontrare nuovi amici”. Anzi, a qualcuno fra loro è pure dispiaciuto fare il percorso inverso. Mentre ai “piani alti” si ragiona su denatalità e calo di iscrizioni a scuola. “Fortunatamente la primaria di Carrè – parla Segalla ora – dispone di spazi a su cien-
za: la struttura era stata progettata per un bacino di studenti più ampio del solo paese, in un’area a vocazione scolastica dove sorgono anche la scuola secondaria e la palestra intercomunali. Pensare a una sola primaria è un ragionamento che portiamo avanti”.
Altri temi collegati di cui si dibatte toccano asilo nido e centro diurno per anziani ad esempio, progetti condivisi dalle “due C” e che potrebbero venire ospitati proprio a Chiuppano in parte dei locali della scuola primaria. Idee, in corso di valutazione sulla fattibilità.
A e chi ne prende spunto per riparlare di fusione cosa si risponde?
“Mai dire mai”, dicono in coro i due sindaci. “Intanto la collaborazione continua con convinzione e determinazione”. Oltre ad alcuni servizi tecnici stipulati in gestione associata, è in programma con l’anno nuovo un incontro a Venezia con il futuro designato Assessore regionale alle Politiche di riordino del territorio. Questo, “per capire margini ed opportunità per il rilancio di un nuovo iter referendario finalizzato alla fusione, resosi necessaria per fronte a carenza di personale, limiti di bilancio, impoverimento dei servizi”. I due sindaci fanno poi sapere che ogni tappa sarà oggetto di condivisione con la cittadinanza in appositi incontri pubblici.◆

Anna Bianchini
hi pensa che la moto sia un a are da uomini si sbaglia di grosso. Basta guardare Francesca d’Alonzo, conosciuta anche come “The velvet snake”, 37enne friulana che a Breganze, nella sala Alda Merini, ha raccontato la sua vita in sella alle due ruote.
Da 4 anni è Ambassador Yamaha e nel suo taccuino di viaggi ha Friuli-India, Afghanistan, Iran e tanti paesi a est dell’Italia. Laureata in giurisprudenza e psicologia, quattro anni fa ha lasciato la certezza di un lavoro sicuro e ha deciso di girare il mondo in sella a una moto.
“La mia vita era la danza – racconta – Andavo in moto come passeggera con il mio fidanzato fino a che un giorno lui, stanco di avermi come passeggera, mi ha dato la chiave di una moto e mi ha detto “adesso impari”. Praticamente da quel momento non sono più scesa”.
Francesca d’Alonzo ha fatto anche gare, ma la competitività e la concentrazione sul circuito non solo quello che preferisce delle due ruote. Francesca d’Alonzo ama i viaggi che arricchiscono, che fanno conoscere, che portano cultura. E quando viaggia condivide i suoi appunti di viaggio, i suoi racconti e le immagini sui social. È la biker più seguita.
“Da quattro anni guardo il mondo attraverso la visiera del casco – racconta – Mi piace viaggiare in oriente perché amo conoscere quelle culture anche se a volte mi sono sentita in pericolo. In Iran e Afghanistan non è facile essere una donna ed essere motociclista, anche se ho incontrato un gruppo di enduriste in Iran che non mi sarei mai aspettata. E i loro uomini le aiutavano a seguire la loro passione”. Viaggi che, come lei stessa racconta, le hanno permesso di conoscere paesi in lenta ma inesorabile evoluzioni. Paesi che non corrono lo sprint della modernizzazione, ma hanno cominciato una maratona che non si fermerà.
Nata a Palmanova, cresciuta a Udine, oggi Francesca d’Alonzo, quando non è in viaggio, vive a Cervignano del Friuli. E davanti




Francesca d’Alonzo, motociclista 37enne friulana divenuta ambassador Yamaha, ha fa o tappa a Breganze per raccontare la sua storia, l’amore per le due ruote e i viaggi in terre lontane. Prima di incontrare il pubblico, tra cui spiccava la leggenda Franco Picco, ha visitato il museo Moto Laverda di cui è rimasta profondamente ammirata.
ad una numerosa platea in sala Alda Merini a Breganze si è raccontata, dopo aver visitato il museo Moto Laverda e averlo profondamente apprezzato.
Simbolo di libertà e di empowerment femminile, Francesca d’Alonzo della moto all’inizio aveva un po’ paura: “Pensavo di non avere la forza di sostenere una moto, avevo paura di cadere e farmi male. Piano piano ho preso confidenza. Ho imparato a cadere per sentirmi più sicura. Il posto più di cile dove guidare è la sabbia. Sulla sabbia mi sono fatta male”.
Ma la paura non l’ha mai fermata. “Una volta ero in Vietnam e dovevo attraversa la strada. Ero da sola e c’era un tra co incredibile. Una signora anziana mi ha vista impaurita e mi ha preso la mano accompagnandomi dall’altra parte. In quel momento ho pensato che avrei voluto essere io quella donna che mi accompagnava al di là delle mie paure”.

Negli ultimi quattro anni, in sella alla sua Téneré 700, Francesca d’Alonzo ha percorso oltre 120mila chilometri attraversando l’Iran, l’Iraq, il Pakistan e l’Afghanistan. Il suo primo viaggio in Georgia.
“I social sono stati una scelta per raccontarmi – spiega – Sono un vantaggio per mi permettono di mostrarmi in tempo reale e spiegare che cosa sto vivendo”.
Con i suoi racconti di viaggio sui social lancia un invito alle donne a seguire le proprie passioni. E se all’inizio non conosceva le parti della moto, adesso riesce anche a fare piccole riparazioni e sa cosa le serve per migliorare le sue prestazioni.
Come simbolo di libertà ed emancipazione femminile, Francesca d’Alonzo lo scorso maggio è stata ospite del TEDx a Bologna, interamente dedicato alle donne.
“La serata dedicata a The velvet snake, Francesca d’Alonzo è stata interessante – ha spiegato l’assessore alla cultura Riccardo Panozzo – La moto-viaggiatrice ha a ascinato il pubblico con i suoi racconti e con le immagini del viaggio in Afghanistan. Numerosi gli interventi del pubblico, tra cui era presente anche “la leggenda” Franco Picco, campione motociclistico con all’attivo 29 partecipazioni alla Parigi Dakar e due vittoria nel Rally dei Faraoni”. ◆

Attualità
Il nuovo indirizzo dell’Istituto tecnico economico e tecnologico, che sarà attivo dal 2026, è la risposta ideale per gli studenti che desiderano unire competenze manageriali ed economiche avanzate con la passione per lo sport, preparandoli alle professioni emergenti del settore e imparando a vivere il mondo sportivo con un’ottica imprenditoriale, a partire da marketing e comunicazione fino alla gestione di imprese sportive. Il tutto, abbinato al puro sport. Saranno infatti potenziate e ampliate anche le discipline sportive e gli studenti, grazie alla collaborazione con realtà sportive già attive nel territorio, avranno la possibilità di praticare golf, arrampicata, scherma, canoa, tennis e padel. Un’o erta unica nel contesto scolastico.
In parallelo, materie chiave come marketing, finanza, economia politica e diritto saranno declinate sul settore sportivo, preparando i futuri diplomati alla gestione professionale di società, club e attività collegate sia allo sport dilettantistico che professionistico.
Il percorso formativo sarà ulteriormente arricchito da incontri diretti con professionisti del settore, tra cui manager, procuratori e responsabili di comunicazione, o rendo agli studenti testimonianze reali e un contatto immediato con il mondo del lavoro.

L’Itet punta sulla formazione in ambito sportivo e arricchisce la sua o erta formativa introducendo, a partire dal prossimo anno scolastico, un nuovo e innovativo indirizzo: Amministrazione, finanza e marketing sportivo.
Il diploma finale in Afm garantirà l’accesso a tutte le facoltà universitarie, aprendo al contempo le porte a ruoli altamente richiesti: da consulente e gestore di società sportive a esperto in marketing e comunicazione, fino a organizzatore di eventi.
Un indirizzo innovativo che conferma il Ceccato come scuola all’avanguardia, attenta ai cambiamenti del mercato e del mondo del lavoro e vicina alle eccellenze del territorio. ◆ [A.B.]
Continua l’a enzione del Comune di iene verso il verde pubblico. In occasione della Giornata nazionale degli alberi, si è svolta una piccola cerimonia ai Giardini del Bosco che ha visto la partecipazione dei giovanissimi studenti.
Due ginko biloba sono stati piantati a Thiene dagli alunni delle scuole elementari Talin ai Giardini del Bosco in occasione della Giornata nazionale degli alberi, istituita per promuovere la tutela della natura e sottolineare l’importanza degli alberi e dell’ambiente.
Un momento di condivisione e formazione importante per i giovanissimi studenti, entusiasti di essere protagonisti della messa a dimora delle nuove piante.
I ginko biloba sono stati piantati vicino al trenino, in uno spazio scelto ad hoc per il loro sviluppo.
Alla presenza del sindaco Giampi Michelu-
si, dell’assessore all’ecologia Nazareno Zavagnin, della consigliera delegata all’istruzione Nicoletta Panozzo e del consigliere
Carlo Gecchelin, i bambini hanno intonato una canzone dedicata agli alberi.
“È stato bellissimo condividere questo momento con i giovani studenti – spiegano gli amministratori –. Hanno dimostrato di essere consapevoli dell’importanza del loro gesto. È stato emozionante e al tempo stesso commovente vedere alcuni di loro che, pur essendo piccini, hanno voluto a tutti i costi prendere il badile, che erano più grandi di loro”.
Nei Giardini del Bosco di Thiene si trova

anche un albero dove vengono celebrati tutti i bambini nati nell’anno in corso, oltre alla scultura realizzata da un artista su di un tronco di un albero morto. Voluta dall’assessore Zavagnin come simbolo della vita che non finisce, dopo che l’albero è stato tagliato l’amministratore ha a dato a un artista il compito di intagliare un volto nel tronco. ◆ [A.B.]


















REFERTO








REFERTO IN 24 ORE




Attualità
SOmar Dal Maso
chierate una di fronte all’altra al calcio d’inizio di una partita, poi una a fianco all’altra dirigendosi in ospedale. Due atlete, una vicentina (vive a Caldogno) di 23 anni e l’altra emiliana di 35, entrambe animate da una passione per il calcio a 5, si sono ritrovate protagoniste di una storia che va ben oltre il (mini)rettangolo di gioco del futsal di Sarcedo, dove si sono incontrate.
La loro rivalità sportiva è stata infatti superata da un infortunio in campo che ha svelato un legame inaspettato, intriso di sportività e, soprattutto, di grande umanità. L’episodio si è consumato durante una partita di serie C femminile tra Dream Five Dueville e Reggio Emilia, sul parquet del palasport “Dall’Orto”. Nel secondo tempo, un contrasto di gioco ha determinato un epilogo sfortunato: la giocatrice ospite Alice Codeluppi ha patito uno scontro con una compagna - di ruolo portiere -, sbattendo poi il mento sulla base del palo. Il risultato? Un taglio vistoso e sanguinante che ha reso necessarie cure immediate.
I primi soccorsi sono arrivati prontamente da una figura inattesa: una mamma-tifosa della squadra di casa, anche lei infermiera, scesa dagli spalti per applicare una medicazione tampone. Poi, il piccolo “colpo di scena” è arrivato pochi minuti dopo. Stava per lasciare l’impianto l’attaccante del Dream Five, Alessia Brodesco, uscita dal campo in anticipo per prepararsi al suo imminente turno di lavoro notturno. Lei, nota anche



Dall’arena del futsal al pronto soccorso: la storia delle atlete Alessia Brodesco e Alice Codeluppi - la prima vicentina e infermiera all’ospedale Alto Vicentino, la seconda emiliana in trasferta per la partita - unite da un infortunio, dal calcio a 5 e da un gesto di (stra)ordinaria umanità.
sui social come ex studentessa di infermieristica testimonial per l’Ulss 7, è stata informata dell’accaduto.
Dopo aver valutato l’infortunio, l’avversaria non ha esitato: ha smesso i panni della giocatrice “nemica”, tendendo una mano amica. Alessia si è infatti o erta di accompagnare Alice all’ospedale di Santorso, dove lei stessa avrebbe dovuto prendere servizio di lì a poco. La giocatrice di casa si è così trasformata in una vera e propria “taxi-infermiera”, caricando in auto l’infortunata da Sarcedo per condurla fino al pronto soccorso. E sapete di cosa hanno parlato nel tragitto? “
Della passione che abbiamo in comune –spiega Alessia – e del campionato, mi ha chiesto da quanto gioco a calcio e io lo stesso. Abbiamo parlato di quanto spesso capita di farsi male, ed è rimasta un po’ colpita per il mio lavoro, sul come faccio a gestire sport e turni da infermiera. Ho spiegato che non è fatto facile farli combaciare ma che coltivo due passioni grandi che devo far coesistere: quella per il calcio e quella per il mio lavoro”.
Ne è venuto fuori un inedito “terzo tempo”, in ospedale, dopo i due della partita, non conclusi da entrambe. Una volta giunte a destinazione le due atlete hanno immortalato il momento scattando una fotografia, subito condivisa con le rispettive compagne di squadra in chat. Poi, il destino le ha volute ancora insieme: la giovane in-
fermiera di Caldogno ha infatti assistito il medico di turno durante la sutura al mento della 35enne.
La trasferta in Veneto di Alice, madre di una bimba di 7 anni, si è prolungata più del previsto, ma almeno si è conclusa con un lieto fine, suggellato da sorrisi e ringraziamenti alle dimissioni.
Intanto nell’impianto di Sarcedo la partita si era conclusa, con vittoria della squadra ospite e una foto a fine gara tutte insieme. Uniche assenti, ahiloro, ma giustificatissime, proprio Alessia e Alice. La pratica sportiva ha recitato un ruolo, per la 23enne che gioca con la squadra squadra a Sarcedo e si allena a Dueville, nella sua scelta di vita professionale? “Certo, vedendo quanto spesso succedono incidenti sportivi ben molto più gravi. È stata proprio questa una delle cose che mi ha spinta a fare infermieristica, il trovarmi davanti a traumi gravi o meno e imparare a sapere cosa è giusto fare per prestare il primo soccorso in maniera corretta. Non a caso il mio sogno è diventato lavorare in pronto soccorso, proprio dove sono ora e dove sto muovendo un passo alla volta. Quello che è successo quel sabato è solo una briciola di quello che viviamo nel nostro contesto lavorativo e il gesto che ho fatto è stato spontaneo. Noi infermieri – conclude Alessia - tocchiamo tante vite ogni giorno: in divisa o senza prestare aiuto in momenti del genere sarebbe venuto spontaneo a qualsiasi altro mio collega.” ◆

Omar Dal Maso
razie di essere stato invadente, come ti avevo accusato allora, sbagliando io”.
Questa è la potente apertura di una lettera toccante, scritta dal padre di un giovane calciatore all’allenatore del figlio, a distanza di oltre cinque anni dall’unica stagione sportiva che i due hanno condiviso. Il contesto è quello di una società calcistica nella zona di Thiene, in una squadra giovanile composta da ragazzi di 15/16 anni. Il “punto di rottura”, ricomposto solo nel 2025, avviene per caso un sabato sera al Bosco dei Preti. Pochi mesi prima dello scoppio della pandemia, l’allenatore vicentino, che chiameremo Antonio (nome di fantasia), incrocia uno dei suoi attaccanti, un elemento di spicco della squadra, insieme ad altri adolescenti seduti su una panchina in centro a Thiene. Avvicinandosi, Antonio percepisce il forte odore di marijuana e nota uno spinello passare di mano. Un attimo di imbarazzo, un “ciao mister” da parte del ragazzo. L’allenatore risponde al saluto, si ferma, lancia uno sguardo che vale più di mille parole, e tira dritto.
Il giorno dopo, domenica, la squadra gioca uno scontro al vertice per il campionato giovanile. Marco – anche qui il nome è inventato –, rimane per tutti i 90 minuti in panchina, tra la sorpresa generale di dirigenti, compagni e familiari. Il match si perde. La reazione? Un “apriti cielo” tra borbottii e sguardi a lati, insomma musi lunghi e polemiche a iosa. Tra tutti, il papà del “panchinaro” si fa avanti, chiedendo spiegazioni a muso duro. La stagione si conclude anticipatamente per il Covid, e a fine anno il giovane cambierà società sportiva.
A oltre cinque anni da quel giorno, il ravvedimento arriva, contenuto in una lettera fatta recapitare al mister da un amico comune ai due adulti. Incredulo di fronte a un testo del genere, dopo aver archiviato da tempo – e, ci confida, con amarezza – quel capitolo di vita sportiva.


Il genitore di un calciatore scoperto a fumare uno spinello, e per questo escluso da una partita importante per il campionato giovanile, dopo 5 anni di silenzio scrive all’allenatore del figlio. “Ti ringrazio per avergli insegnato ad assumersi la responsabilità delle sue scelte sbagliate”.
“In quei giorni ero accecato di rabbia - scrive quel papà che ben ricordava l’allenatore - ti avrei strozzato! Credevo avessi fatto un torto irreparabile a mio figlio, invece gli hai fatto un favore grande” si legge nella missiva. “Ti chiedo scusa, e lo faccio solo ora che mio figlio è maturato e, grazie al calcio che lo aiuta a mantenersi gli studi universitari, ha trovato il coraggio di dirmi cosa successe davvero quella volta.”
I due, negli anni successivi, si erano incrociati ancora. Mai nemmeno un saluto. “Mi rendo conto solo ora di quanto sono stato piccolo, dimenticando il mio ruolo di genitore e di esempio, per sostituirlo con quello di tifoso orgoglioso, padre protettivo e ossessionato dal vedere eccellere il proprio figlio. Tutto ciò che ho imparato a contestare negli altri papà esagitati incontrati poi sui campi di calcio.”
E ancora, “ti chiedo scusa e ti dico grazie, per aver punito Marco educandolo a un valore importante, rinunciando tu per primo a un giocatore potenzialmente decisivo in quella partita per un principio giusto. Hai fatto bene. Dopo quel periodo di sbandamento, anche per le frequentazioni sbagliate, Marco si è messo in testa che diventare atleti significa fare scelte diverse, rinunciare a certe condotte pericolose e dannose per la salute. Se oggi è un buon calciatore che segue il suo desiderio
di bambino, e questo mi rende fiero di lui, lo deve anche a te.”
A suo tempo, mister Antonio – ancora oggi attivo sui campi, ma desideroso di mantenere l’anonimato – rispose semplicemente al padre “orgoglioso” che Marco non si era preparato adeguatamente a quella partita, meritando quindi la panchina. Non una parola di più. Non tradì mai la fiducia di quel ragazzino spavaldo e dai piedi buoni. A modo suo, però, gli diede uno di quei “ce oni simbolici” che non lasciano segno all’esterno, ma che smuovono l’anima. Il ragazzo, all’epoca, si era giustificato dicendo di aver incontrato l’allenatore a Thiene, e che quest’ultimo se l’era presa a male nel vederlo in giro anziché a casa a riposare, fattore scatenante l’ira del genitore.
Il quale aveva apostrofato il tecnico, definendolo un “ficcanaso” e invitandolo a non interferire mai più con la sfera privata del giovane. Oggi, invece, la verità è emersa, evidenziando un gesto che racchiude una valenza più profonda di un gol segnato, di una partita vinta o di un campionato conquistato.
La lettera si conclude con l’a ermazione che vale più di ogni trofeo: “Spero ti faccia piacere sapere che, tra tutti gli allenatori che ha avuto, cita sempre te come il mister che gli ha trasmesso di più.”◆


“Ciao Mamma - In viaggio dentro la vita di una figlia” è il titolo del libro che Roberta Manzardo presenterà a Thiene nel corso del pomeriggio letterario organizzato dall’associazione ArThi mercoledì 10 dicembre alle 17 nella sede della ConfCommercio cittadina. In questo volume, l’autrice guida i lettori attraverso un viaggio
Ex imprenditrice con un’esperienza come assessora al sociale del Comune di iene, Manzardo ha dato alle stampe un toccante memoir che esplora temi universali come la perdita e il lu o, la ricerca di un senso nella so erenza e l’importanza delle relazioni umane.
intimo e profondo nella sua vita, esplorando l’influenza duratura dei suoi genitori e le lezioni di generosità e sacrificio che le hanno trasmesso. Con una prosa sincera e riflessiva, l’autrice condivide le sue esperienze di infanzia e il valore della condivisione insegnatole dalla madre. La narrazione si addentra nei momenti più di cili della vita di Roberta, tra cui la diagnosi di una grave malattia durante l’infanzia e le esperienze di solitudine in ospedale. Attraverso queste sfide, Roberta scopre la resilienza e la forza interiore, qualità che la guidano anche durante la pandemia di Covid, quando vecchie paure ria orano. Roberta racconta la sua evoluzione personale e professionale, dalla decisione di occuparsi di volontariato, all’impegno nel mondo della
sanità, alla creazione di un poliambulatorio gestito con una dose di sana umanità. Con una sensibilità autentica, l’autrice riflette sull’amore incondizionato degli animali e sul loro ruolo prezioso nella sua vita. A ronta con delicatezza temi complessi come la terza età, la perdita del lavoro intesa come smarrimento del proprio ruolo nella società, e il valore dell’amicizia. “Ciao Mamma” non nasce dalla penna di una scrittrice, ma dal cuore di una figlia: è un tributo alla forza delle donne, alla solidarietà e alla capacità di trovare speranza e significato anche nei momenti più bui. Un libro che invita a riflettere sulla dignità della vita e della morte, e sull’importanza di non smettere mai di volare, anche quando la vita ci mette alla prova. ◆
La Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo Arte Contemporanea, aperta all’interno dell’edificio religioso di via De Muri, ospita fino al 31 gennaio le mostre “Tu o si fa più grigio, più dorato e freddo” di Anna Glantz, e “A nità - Essere visti” di Pieter Hugo.
La personale di Anna Glantz riunisce una selezione di dipinti realizzati appositamente per gli spazi della Fondazione, riflesso della sua ricerca più recente focalizzata sulla genesi della forma, ovvero ciò che precede la rappresentazione. L’artista americana è interessata a esplorare attraverso la pittura la tensione tra mondo interiore e mondo esteriore, tra figurazione e astrazione. Glantz prende le distanze dagli schemi della pittura figurativa per costruire una nuova logica pittorica, in cui le forme emergono attraverso vibrazioni e modulazioni cromatiche, piuttosto che tramite linee e geometrie.
Pieter Hugo espone alla Fondazione Bonollo una galleria di ritratti fotografici di
persone incontrate negli anni, in diversi contesti geografici e sociali. La mostra rivela l’approccio del fotografo sudafricano, interessato a indagare la verità e le possibilità del medium fotografico. Ritratti a figura intera o a mezzo busto, spesso nudi, i suoi soggetti guardano fisso l’osservatore, diventando protagonisti di una scena che prende le distanze da tutto ciò che è accaduto prima o accadrà dopo. I volti e i corpi delle persone incontrate da Hugo raccontano la loro identità al di fuori di stereotipi o categorie.
Orari mostre: giovedì 14-19, venerdì e sabato 10.30-12.30 e 14-19; da domenica a mercoledi solo su prenotazione. Ingresso libero. ◆



