

SchioMese
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino anno XIV n. 138 - novembre 2025
Piazza Almerico osservata speciale - p.12 ◆ Le piscine fanno il pieno - p.16

Una bretellina ai Cementi per saltare le
sbarre?
Mentre non sembra più di attualità il tema del passaggio a livello di viale dell’Industria, un cittadino avanza una proposta per “aggirare” il problema (nel vero senso della parola).

Padre Bolla, un passo verso la santità - pag.10

Almeno togliamo le auto da piazzetta IV Novembre

Tra le automobili e le piazze, a Schio, c’è una corrispondenza di amorosi sensi di così lunga data, che per raccontarla in modo compiuto servirebbe avviare una apposita rubrica.
ricordare i tre-quattro posti auto ricavati perfino nell’angolo sotto la scalinata della chiesa lato ascensore? Eh sì, noi boomer ne abbiamo viste, cose, che voi umani non potreste immaginarvi.
Supplemento mensile di Lira&Lira
Direttore
Stefano Tomasoni
Redazione
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Dagli anni Cinquanta-Sessanta, da quando cioè le quattroruote hanno iniziato a invadere le città italiane, anche a Schio qualsiasi luogo del centro storico minimamente spazioso è stato usato come parcheggio. Erano i tempi del boom economico, c’erano altre sensibilità urbanistiche e altri bisogni da soddisfare, e quello dei posti auto era tra i primi, il concetto di pedonalizzazione era di là da venire: se c’era un vuoto, andava riempito. Di auto. Così, piazze, piazzette e semplici slarghi diventarono quello che la carta moschicida è appunto per le mosche: una trappola. Quando vedevano arrivare un’automobile emanavano un ammaliante odore di olio motore che veniva subito percepito dai radiatori e dai filtri dell’aria, così che le auto erano attirate nella piazza o nello slargo e una volta dentro zac!, finivano catturate e parcheggiate. Piazza Almerico è stata, e in parte lo è ancora, l’emblema di questa tendenza. Da subito, alla sua apertura, ha funzionato come area di sosta, usata perfino come stazione delle corriere. I giovani oggi non possono immaginare quanto fosse intasata di ferraglia a motore, negli anni Settanta e Ottanta, la piazza che, in una sorta di inconsapevole contrappasso, è stata poi intitolata al primo uomo capace di far volare un dirigibile, mezzo di trasporto eco-friendly ante litteram.
Lo stesso si può dire per piazza Statuto, ovviamente, sulla quale abbiamo già scritto a sufficienza. Ma fino agli anni Ottanta perfino piazza Rossi ha avuto il suo bel parcheggio, piccolo ma compatto, sotto il duomo. Come dimenticare il lungo periodo in cui il monumento al Tessitore era circondato e soffocato dalle automobili? E vogliamo
Rimangono tuttora inossidabili i posti auto davanti all’asilo Rossi, in quello spazio di risulta che si è avuto l’ardire di intitolare a suor Luisa Arlotti e che potrebbe diventare una piccola piazzetta, magari con un busto dedicato alla religiosa al posto dell’attuale targa annegata nel muro di cinta dell’ex asilo, che non vede nessuno. Tutto questo per dire cosa? Che non è da oggi, appunto, che si fa fatica a liberare il centro dalle auto. Semplicemente, non la si ritiene una priorità. Siamo così abituati ad avere le automobili in mezzo ai piedi che non facciamo nemmeno caso alle situazioni sempre più frequenti di parcheggio selvaggio in pieno centro. Così può capitare di trovare una fila di auto in largo Fusinelle davanti all’entrata della galleria Conte, o un auto piazzata a ostruire l’accesso alla galleria in piazzetta IV Novembre. O un’automobile parcheggiata sull’area in saliso del sotto-Duomo, una domenica mattina. Per non dire, perché lo abbiamo già detto varie volte invano, delle auto perennemente in sosta nell’angolo carico/scarico tra piazzetta Garibaldi e piazza Duomo. Siamo stati critici fin dall’inizio in merito alla decisione di riaprire piazza Statuto alle auto dopo i lavori di rifacimento, convinti che si dovesse cogliere l’occasione per provare l’ebbrezza, almeno per un po’ di tempo, di avere una vera piazza liberata dalla funzione di parcheggio. Però non ci siamo stupiti del fatto che alla fine le auto siano tornate, solo un po’ meno numerose di prima. Quello che ora, però, non possiamo evitare è evidenziare che, a nemmeno un anno dalla riapertura, una delle conseguenze previste si è già prodotta: il nuovo selciato in sanpietrini è già compromesso in più punti dalle perdite di olio e altri liquidi che le auto in sosta lasciano in terra.
Stefano Tomasoni
SchioMese
Periodico di informazione dell’Alto Vicentino




Che il problema si sarebbe presentato era chiaro, a suo tempo la stessa amministrazione aveva spiegato che si sarebbe intervenuti con una procedura di pulizia quando si fosse presentato l’inconveniente. A questo punto, a inconveniente presente, va preso atto che serve un intervento di ripulitura annuale, se si vuole preservare il decoro dell’elemento veramente nuovo del progetto. Speriamo che si provveda. Dal canto nostro, rimanendo dell’idea che liberare uno spazio dalla funzione di parcheggio aiuterebbe il centro storico a di-
ventare un po’ più gradevole, attrattivo, moderno e meno banale, ci riproviamo, e facciamo un’altra proposta. Quella di puntare su piazzetta IV Novembre. Attualmente ai lati del monumento ai fratelli Pasini ci sono, in totale, sette posti auto che resistono intoccabili e anacronistici quanto una via intitolata a Cadorna. Sette posti, roba che a toglierli si perderebbe davvero poco in fatto di disponibilità di parcheggio in centro, mentre tanto di guadagnerebbe in “pulizia” ed equilibrio degli spazi urbani.
Con poco sforzo, dunque, si darebbe “aria” al monumento e si creerebbe un buon triangolo pedonale a ridosso del duomo. Dopodiché si dovrebbe completare l’opera tornando a posare una pavimentazione decorosa - in porfido, saliso o altro, com’era del resto in passato - e non una mano di asfalto.
Ce la possiamo fare. Ce la stanno facendo anche a Vicenza, dove si preparano a togliere le auto dal piazzale davanti a un gioiellino come palazzo Chiericati. E se facessimo anche noi, in piccolo, la nostra parte? ◆

Qui sopra due particolari del selciato di piazza Statuto sporcato dalle auto, un veicolo in sosta nell’area in saliso sotto il Duomo e un’auto piazzata proprio davanti a uno degli ingressi di galleria Landshut.
LCopertina
Stefano Tomasoni
a questione del passaggio a livello di viale dell’Industria sembra essere sparita dai radar. Un paio d’anni fa il tema ha tenuto banco per alcuni mesi (sottopasso stradale? sovrappasso ferroviario? altre soluzioni?), perché sembrava diventata concreta la possibilità che arrivassero i finanziamenti per l’elettrificazione della Vicenza-Schio e si dovesse dunque prendere una decisione finale sul modo per superare il benedetto passaggio a livello dei Cementi. Poi i finanziamenti sono evaporati e l’elettrificazione è tornata nel limbo. Noi, all’epoca, avevamo avanzato una soluzione provocatoria: non fare niente. Né sovrappassi né sottopassi, tutti comunque impattanti e costosi, ma cominciare col ridurre i tempi di attesa delle auto alle sbarre, incomprensibili con le tecnologie del 2025. Una provocazione, appunto, ma per ora siamo stati facili profeti. Mentre, dunque, il problema passaggio a livello sembra tornato nel cassetto, ci arriva da un lettore – che preferisce rimanere anonimo - una proposta nuova e alternativa per un intervento nell’area. Non abbiamo gli strumenti per valutarne la possibile fattibilità, ma ci pare interessante quantomeno segnalarla. Hai visto mai?
“Considerata la difficoltà tecnica di un sottopasso stradale come quello di Thiene o di un viadotto per passare oltre i binari – dice il lettore - una possibilità potrebbe essere quella di realizzare un tunnel, della lunghezza di un centinaio di metri, che parta trasversalmente grosso modo all’altezza dell’ex maglificio Sartori, dove ora c’è il nuovo centro medico, e passi sotto i binari della ferrovia all’altezza del vecchio cementificio (la cui demolizione favorirebbe la costruzione del tunnel) per uscire al di là del cementificio stesso, più o meno nei pressi delle piscine, andando a collegarsi con la strada che va al semaforo della Campagnola oppure arrivando fino al Palasport e alla rotonda dello Schio Hotel”.
In sostanza, il concittadino dice: visto che ci sono tutti questi problemi a fare un sottopasso o un sovrappasso (spazi “vitali” che mancano, soldi che non si sa dove prendere, notevole impatto ambientale), perché non si mette in conto di spostare l’intervento a livello dei Cementi, dove non si disturba pressoché nessuno perché l’area è abbandonata?
“In questo modo – prosegue la proposta - si otterrebbero alcuni vantaggi: 1) chi provie-

Una bretellina ai Cementi per saltare le sbarre?
Mentre non sembra più di attualità il tema del passaggio a livello di viale dell’Industria, un cittadino avanza una proposta per “aggirare” il problema (nel vero senso della parola).
ne dalla Maranese ed è diretto in centro a Schio o verso via Vicenza (o viceversa) sarebbe meno soggetto ad attendere la riapertura del passaggio a livello, non avendo più intasato il passaggio dalle auto ferme dentro la rotonda di viale dell’Industria (sarebbe tuttavia opportuno fare in modo che chi arriva alla rotonda si debba arrestare prima di entrarci, per consentire agli altri veicoli di transitare senza bloccare il flusso, come accade ora a ogni passaggio del treno). 2) chi proviene della Maranese diretto verso via S. Croce, Strada Parco e via dell’industria, avrebbe l’alternativa diretta del tunnel, senza dover arrivare alla rotonda e quindi senza essere costretti allo stop per il passaggio del treno, e lo stesso dicasi per il percorso inverso. 3) gli utenti del nuovo centro medico non avrebbero difficoltà a immettersi in via Paraiso, come invece avviene adesso, soprattutto nelle ore di punta, con momenti di reale pericolo di incidenti”.
L’ideatore della proposta riconosce che un tunnel sotto i Cementi, se da un lato risolverebbe il problema dell’impatto ambientale di qualsiasi intervento su viale dell’Industria, dall’altro avrebbe comunque il suo bel costo. Tra l’altro, probabilmente si porrebbe il problema di come procedere in via preliminare con la bonifica del terreno sottostante il cementificio. Ecco allora anche
un’alternativa più “minimal” che prevede due piccoli sottopassi, quelli che nella piantina sono indicati con le lettere A e C. “Servirebbero a due scopi. Il primo è quello di far defluire le auto provenienti dalla Z.I. dirette verso il centro tramite il sottopasso A, senza dover attendere l’apertura del passaggio a livello; il secondo è permettere alle auto provenienti dalla Maranese di bypassare il passaggio a livello, attraverso il sottopasso C. Nell’attesa dell’elettrificazione, se mai avverrà, sarebbero due valvole di sfogo”.
Fin qui l’idea del concittadino. A parte i piccoli sottopassi alternativi, la proposta principale è ovviamente il sottopasso stradale ai Cementi anziché in via dell’Industria. Peraltro, se si potesse abbattere il fatiscente rudere industriale si potrebbe pensare a una più semplice bretellina in superficie, superando più facilmente l’ostacolo legato alla bonifica.
Di fatto, si verrebbe a creare un’alternativa per la viabilità di attraversamento nei lunghi minuti nei quali le sbarre si abbassano per il transito del treno. Certo in quei frangenti si andrebbe a caricare per contro la strada che passa tra piscine e palasport, ma d’altra parte il traffico è come l’acqua: non sparisce l’incanto e se le si chiude un passaggio trova sempre un’altra via da cui defluire. ◆

Attualità
“Le senior housing, per funzionare bene, devono essere inserite nel contesto sociale, culturale e commerciale delle città che le ospitano, quindi non in zone periferiche – osserva Serenella Gramola, che coordina le due case-albergo presenti in città -. È poi determinante che offrano possibilità di scambi e relazioni”.
IMirella Dal Zotto
n seguito all’articolo sul Villino Rossi, che vede come unica prospettiva attuale la sua riconversione in senior housing – una formula abitativa destinata ad anziani autosufficienti - abbiamo voluto fare il punto sulle due case-albergo funzionanti in città, avviate ormai parecchi anni fa da Piergiorgio Riva.
Nel periodo 1975-85 Riva è stato assessore, prima all’urbanistica e poi ai servizi sociali, nonché presidente de “La Casa”. Nel 1983, avvalendosi della consulenza di Nella Berto, fondatrice con mons. Antonio Varotto dell’Opera Immacolata a Thiene, ha promosso a Schio un lungimirante progetto per anziani che prevedeva la conversione della ristrutturata Filanda di Magré in una casa albergo, inaugurata poi nel 1991; in seguito è stata la volta dell’altra casa, denominata “S. Francesco”. Piergiorgio Riva aveva osservato e studiato simili realtà nel nord Europa, dove si era appositamente recato per perfezionare le idee. È a lui, dunque, che dobbiamo queste due strutture ben funzionanti, ma ormai insufficienti a soddisfare una domanda sempre maggiore. Per non parlare delle location per le lungo-degenze, che però riguardano anziani non autosufficienti e sono dunque un altro capitolo.
Marigo:
“Sfida ma anche opportunità”
«Il tema degli anziani è uno dei punti più rilevanti per il futuro della nostra comunità – dice la sindaca Cristina Marigo -. Schio, come la maggioranza delle città ita-
Socializzazione all’aperto alla casa-albergo
“La Filanda” di Magrè
Nel futuro della terza età

ci sono le “senior housing”
A Schio sono presenti due case-albergo per anziani autosufficienti, ma in futuro servirà trovare nuove strutture e nuove formule per rispondere all’invecchiamento della popolazione. La soluzione più attuale è quella delle “senior housing”.
liane, sta invecchiando e questa non è soltanto una sfida sociale e sanitaria: può essere anche un’opportunità per valorizzare un patrimonio di esperienze, conoscenze e relazioni che appartiene a tutti noi. L’invecchiamento è un tema complesso, che richiede una regia pubblica forte, una visione sul medio-lungo periodo e una rete di attori: Comune, Ulss, terzo settore, famiglie, mondo economico e naturalmente gli anziani stessi. Come amministrazione vogliamo agire su due piani complementari: da un lato stiamo costruendo l’Osservatorio sulla terza età, luogo stabile di ascolto, analisi e co-progettazione, che sarà anche la sede in cui esplorare e definire modelli abitativi come le senior housing; dall’altro lato, stiamo lavorando in maniera attiva e determinata dentro le sedi istituzionali sovracomunali, per ottenere le risorse necessarie e assicurare i livelli essenziali di assistenza”.
I numeri delle due case albergo
Per conoscere nei dettagli la realtà attuale ci siamo rivolti a Serenella Gramola, assistente sociale che coordina le due case-al-
bergo funzionanti in città, unitamente ai due centri ricreativi fondamentali per il buon funzionamento delle stesse e al centro diurno “El Tinelo”.
“La Filanda – precisa la dott.ssa Gramoladispone di 34 alloggi, è stata ampliata nel 2001, ospita 36 anziani e ci sono due coppie di coniugi; l’età media è di 82 anni. Nei suoi spazi è attivo ‘El Tinelo’, per autosufficienti residenti a Schio, che accoglie fino a 20 utenti. ‘San Francesco’, aperta nel 2002, offre 30 appartamenti e l’ età media dei residenti è di 85 anni e mezzo; in entrambe le case è più alta la presenza di donne che, come si sa, vivono di più. Le richieste di ingresso da circa un anno sono molto in ripresa, ma le strutture hanno una scarsa mobilità interna, perché accolgono persone che di solito sono in buone condizioni; abbiamo raggiunto permanenze di oltre 20 anni. In Filanda sono presenti oggi alcuni ospiti appena sopra la soglia dei 65 anni: presumibilmente, e glielo auguriamo, rimarranno per molto tempo”.
Le rette sono diversificate tra le due strut-
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Attualità
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ture, perché in parte sono differenti i costi delle utenze: “La Filanda” è un po’ più economica e va dai 550 ai 700 euro al mese, “San Francesco” dai 680 ai 900, a seconda delle misure degli alloggi.
“Strutture inserite nel contesto delle città”
Facile immaginare che, visto l’invecchiamento crescente della popolazione, in futuro non potrà che aumentare la necessità di ulteriori case per anziani autosufficienti. A questo proposito, peraltro, Gramola richiama l’attenzione su alcuni aspetti importanti. “Le senior housing, per funzionare bene, devono essere inserite nel contesto sociale, culturale e commerciale delle città che le ospitano, quindi non in zone periferiche – osserva -. È poi determinante che offrano possibilità di scambi e relazioni. La società sta cambiando velocemente, e con essa la terza età: sono in arrivo anziani digitali, amanti del turismo, appassionati di cultu-
ra più che in passato, però più soli, con pochi figli, magari lontani nel mondo. Sono peculiarità di cui tener conto. Servirà fare un salto culturale per capire appieno l’opportunità di vivere in abitazioni più ridotte, ma che possono garantire un miglior utilizzo delle proprie energie per mantenere autonomia e libertà”.
Certo è che le senior housing sono e saranno risorse per un domani che è già oggi. E pensare anche a delle case albergo temporanee, in grado di accogliere senior magari rimasti soli, per periodi più o meno lunghi?
“Sia alla Filanda che a San Francesco non c’è una dotazione standard che permette facilmente l’ospitalità momentanea – spiega Serenella Gramola -. Per questo tipo di servizio sarebbe necessario organizzare spazi di tipo alberghiero, con la presenza fondamentale di aree comuni e attività di animazione”.
Una cosa certa è che per dare risposte efficaci a un tema così importante, sarà necessario sviluppare una collaborazione tra pubblico e privato.
“Sinergie positive sono senz’altro auspicabili, perché le risorse del pubblico sono sempre più ridotte – conferma Gramola -. Biso -
VISTO DAL CASTELLO / 28

gna evitare, però, che la terza età del futuro sia vista soltanto come massa di “clienti” per azioni commerciali o speculative: la cultura del sociale a Schio è esempio da decenni di buone pratiche e di attenzione ai più deboli, di lungimiranza nelle ‘alleanze’ tra i vari protagonisti del settore. Sono criteri che vanno difesi e inseriti in nuovi progetti di collaborazione per offrire risposte eque e moderne alle sfide del futuro. Continuiamo a sentirci dire che abbiamo di fronte l’inverno demografico, ma bisogna cominciare a costruire concrete soluzioni che ci proteggano dal gelo”. ◆
Ho sognato i vigili a piedi e sulle pedane tonde
Ho sognato che qua da noi a dirigere il traffico c’erano i vigili urbani sulle loro belle pedane tonde. Che ogni tanto fischiavano a quelli che correvano troppo o che tagliavano la strada alle biciclette. A chi non si fermava, tiravano giù il numero. I maranza non erano ancora stati inventati e si viveva in un mondo felice. I vigili non stavano solo sulle loro pedane, ma andavano anche in giro per la città a piedi: controllavano tutto, anche se la gente buttava le cicche par terra: con buona maniera, no da villanassi, gliele facevano tor su e buttare nei cestini. Spiegavano che vedere par terra tutto un cicamento, era brutto anche per noialtri che dovevamo viverci in mezzo. Le madri dicevano ai bambini anche piccoli: “Par cosa xe che no vè su in Tajara a zugare?” Si chiamava Tajara la parte più alta della collina del Castello dove tanti anni fa c’era un tiglio, ma così grande, che il posto aveva preso il nome dalla pianta. Mio padre che era del ‘907 si ricordava di averla vista, quando era giovane.
Finito di giocare, i bambini tutti in fila indiana, ordinati e ben vestiti, tornavano a casa. Non c’era pericolo né al Castello, né in Valletta e infatti ogni tanto i vigili andavano anche là a tèndare che qualcuno non facesse il sèmo (perché i sèmi c’erano anche una volta, sia nella realtà che nei sogni). Questi qua però se vedevano lì poco distante un vigile o un caramba o se solo pensavano che avrebbe potuto arrivare da un momento all’altro, magari non avevano il coraggio di fare bravassade. E se uno nonostante tutto continuava a fare il sèmo, qualcuno avrebbe potuto dire: “Alora desso vao a ciamare la guardia”. Nel sogno la guardia arrivava de paca in bicicletta e giustamente portava nella prigione di via Baratto il colpevole.
E così si viveva in un mondo finalmente liberato dai sèmi, grazie alle nostre brave guardie, alle quali gli automobilisti continuavano a portare panettoni e bottiglie, come se fosse sempre Natale. Ma la realtà è diversa dal sogno, anzi si potrebbe dire che, camminando per Schio, vigili se ne vedono pochi, per non dire neanche un. Mi vedevo
smarrito in giro per Schio con un panettone in mano: “A chi lo porto desso sto chi?” Mi ha quindi molto consolato il fatto che la nostra Sindaca Marigo abbia messo tra i suoi obiettivi quello di garantire la presenza di qualche vigile almeno nel centro storico. E infatti sembra che Schio non sia più il posto nel quale si può passeggiare tranquillamente anche di notte e le bottigliate che si sono dati in testa alcuni giovanotti in via Baratto verso le 22 del 24 ottobre scorso ne sarebbero la conferma (vedasi Giornale di Vicenza del 28 ottobre). E sembra che queste risse tra ragazzini non siano fatti così rari anche nel nostro centro storico, come potremmo ritenere noi legati all’idea romantica di “Schio isola felice”. E allora nell’impossibilità, per ragioni anagrafiche, di fronteggiare personalmente queste bande, non ci resta che affidarci (speranzosi) alle forze dell’ordine. Non vorrei infatti una volta o l’altra, passando per la qui vicina via Baratto, prendermi incolpevolmente una bottigliata in testa o che la prendesse qualche mio ignaro concittadino. ◆
Mariano Castello
Il gioco delle bocce alla casa-albergo “San Francesco”

Attualità
Di recente una delegazione di padri salesiani dell’Ecuador ha fatto tappa a Schio per conoscere la città natale del loro confratello padre Luigi Bolla.
UElia Cucovaz
na delegazione di padri salesiani dell’Ecuador ha fatto tappa a Schio per conoscere la città natale del loro confratello padre Luigi Bolla: “uno dei più grandi missionari della nostra Congregazione di tutti i tempi”, come lo definì nel 2013, alla notizia della sua morte, il rettor maggiore Chávez Villanueva, IX successore di don Bosco.
Dopo la vocazione ricevuta in giovane età proprio nell’oratorio salesiano di Schio, padre Bolla visse da missionario in Sud America per 60 anni, di cui 40 totalmente immerso nel territorio amazzonico e nei modi di vita degli Achuar, gruppo etnico ancora “incontattato”, presso il quale divenne noto come Yankuam Jintia: “Stella che illumina il cammino”.
I padri ecuadoregni erano giunti in Italia per assistere, a Roma, alla cerimonia di canonizzazione di Santa Maria Troncatti, suora salesiana a sua volta missionaria in quel paese. La loro visita a Schio, tuttavia, non è stata una divagazione: anche per padre Bolla, infatti, è in corso dal 2021, presso l’arcidiocesi di Lima, la causa di beatificazione. E tale processo ha registrato un passo formale importante, come spiega Carlo Bolla, assistente salesiano della Casa di Schio e cugino di secondo grado di padre Bolla.
«Si è chiusa la cosiddetta “fase diocesana”, ossia la raccolta di documenti e testimonianze circa l’opera e le virtù del “Servo di

I padri salesiani arrivati dall’Ecuador a Schio in queste settimane, qui nella cappella dell’oratorio “don Bosco” insieme con i sacerdoti scledensi. Sotto, padre Luigi Bolla

Padre Bolla, un passo verso la santità
La causa di beatificazione del padre salesiano Luigi Bolla ha registrato un passo formale importante: si è chiusa la raccolta di documenti e testimonianze circa l’opera e le virtù del “Servo di Dio”. Ora il materiale viene vagliato dal Dicastero per le Cause dei Santi.
Dio”. Per quanto riguarda Padre Bolla, si parla di un corpus ingentissimo e non comune».
La fase successiva è la cosiddetta “fase romana”, in cui il materiale viene vagliato dal Dicastero per le Cause dei Santi. E se tale collegio riconosce l’eroica virtù del Servo di Dio, esso diventa Venerabile, raggiungendo così il primo passo del cammino che porta alla beatificazione e poi alla santità. È comprensibile quindi una certa emozione nella famiglia salesiana, a Schio come in Perù, e anche in tutte le persone che hanno conosciuto padre Bolla intravedendo nel suo operato qualcosa di più della semplice bontà e umanità.
«Naturalmente quello che ci interessa non sono gli appellativi - spiega Carlo Bolla -, bensì il fatto che questa nuova fase porterà a un’analisi organica e minuziosa della vita e delle opere di padre Luigi, la cui originalissima testimonianza di fede non è stata da tutti compresa e accettata».
Padre Bolla infatti, dopo aver spiegato il suo progetto e ottenuto il permesso dal vescovo locale, nel 1971 si trasferì in quello che allora era considerato territorio “selvaggio”. Chiese ospitalità in un villaggio indigeno e da allora visse con loro, nelle stesse capanne, cacciando, pescando e lavorando i campi, mangiando il loro cibo, imparandone la lingua e le usanze. Per primo ha dato forma scritta al linguaggio Achuar, ne ha stilato la grammatica, ha descritto le loro tradizioni, i miti e i sistemi di vita.
«Tuttavia - spiega l’assistente salesianopur nel rispetto e amore per quel popolo, non dimenticò mai la sua missione: tradusse il Vangelo in lingua Achuar, celebrava la messa di villaggio in villaggio con gli ornamenti e i costumi locali, su altari coperti di foglie di banano, insegnava a riconoscere Dio nei loro miti e il senso della fratellanza in un territorio spesso insanguinato da guerre tribali. E solo dopo molti anni ammise al battesimo i primi indigeni, per essere sicuro che ne avessero compreso pienamente il senso. Oggi - continua Bolla - si possono vedere i frutti di quelle scelte che a suo tempo erano considerate da qualcuno troppo radicali: la maggioranza della popolazione Achuar si è convertita al cattolicesimo e studia la propria lingua e cultura, insieme allo spagnolo, grazie ai libri scritti da Bolla: ha abbandonato le lotte fratricide e si è riunita in un popolo riconosciuto ufficialmente, un popolo di cui Yankuam è considerato “padre”, imparando a difendere il proprio territorio dallo sfruttamento indiscriminato».
Tutto questo ora sarà passato al vaglio del Vaticano e in molti attendono il responso. Carlo Bolla si lascia andare ad un’ultima considerazione: “Se mai questo processo raggiungesse la sua fase finale, la capanna edificata nel villaggio di Kuyuntza per accogliere le spoglie mortali di padre Luigi, in un’urna di pietra a forma di canoa, sarà il santuario più strano di tutta la cristianità». ◆
Schio, si continua a sognare: giallorossi imbattuti e ambiziosi su tutti
i fronti!
Prosegue inesorabilmente la marcia del Calcio Schio, giunto ieri pomeriggio al quindicesimo risultato utile consecutivo in tutte le competizioni: nella piovosa domenica appena trascorsa la squadra di Pozza ha pareggiato in casa della capolista Villafranchese, dimostrando un gran carattere con la rete del pareggio


dopo essere andati in svantaggio in avvio di ripresa. Fracaro e Borgo i protagonisti della rete del pareggio scledense, che consente ai giallorossi di mantenere il secondo posto nel girone con due lunghezze dalla vetta. La squadra, come detto, non ha mai perso in stagione: in settimana è arrivato anche un buon successo per 3-2 nella gara d’andata delle semifinali di coppa con l’Oppeano, in vista della decisiva sfida di ritorno in programma il 3 dicembre. Ogni partita sarà come una finale, ma la consapevolezza dei propri valori aiuterà il gruppo ad affrontarle nel migliore dei modi, con coraggio e determinazione!
Gianottica è una realtà storica del territorio che unisce la conoscenza nel settore dell’occhialeria tramandata dal padre al dinamismo dei figli che attualmente gestiscono l’attività. Grazie alla ricerca continua di nuovi prodotti e alla diversificazione dei servizi, Gianottica è diventata un punto di riferimento nel vicentino e nelle province limitrofe per chi cerca competenza e soluzioni efficaci ai propri problemi di vista. L’impegno di Gianottica non si limita però alla sola realtà del negozio ma sostiene anche svariate realtà sportive
della zona, tra cui l’associazione Calcio Schio. Questa partnership nasce dalla volontà comune di valorizzare la comunità locale e sostenere il territorio. La collaborazione si basa su valori condivisi quali impegno, passione e attenzione alle persone. Grazie a questo rapporto, Gianottica diventa parte integrante della vita sportiva e sociale di Schio. La collaborazione con Calcio Schio rappresenta così un esempio concreto di come le realtà locali possano crescere insieme, rafforzando il senso di appartenenza e creando valore per tutta la comunità.
Attualità
PStefano Tomasoni
are che ultimamente piazza Almerico sia diventata una “osservata speciale”, dal punto di vista del decoro pubblico. Della cosa non si può che rallegrarsi. In effetti, negli ultimi anni la piazza più brutta di Schio (nessuno si adonti per questa definizione, che ci sembra inoppugnabile) ha perso una discreta quantità di punti sotto il profilo dell’ordine e del rispetto delle regole.
Il caso che ha fatto più parlare, nelle ultime settimane, è stato quello delle merci che un paio di esercizi commerciali erano soliti tenere esposte occupando parte dei portici prospicienti le vetrine. Nello specifico al centro dell’attenzione sono finiti il negozio di ortofrutta su via Rompato, che esponeva cassette di frutta e verdura 24 ore al giorno, e quello di prodotti per la casa all’interno del “recinto” della piazza, che era solito tenere all’esterno bancali di carta igienica in mezzo al passeggio. Comune e polizia locale non avevano strumenti per intervenire perché i portici dei condomini sono di fatto spazi privati “a uso pubblico”, dunque prima di poter fare alcunché serviva una delibera delle rispettive assemblee di condominio che decidessero di intervenire a ripristino del decoro dei portici stessi. Le delibere – a quanto pare – ora sono arrivate, e di fatto sia le cassette di frutta e verdura che i bancali di rotoloni sono rientrati nei ranghi.
Ora, in un mondo ideale, sarebbe bello che i residenti dei condomini gettassero il cuore oltre l’ostacolo e pensassero a fare qualcosa anche per le pavimentazioni e per le colonne dei loro palazzi, che, dopo sessant’anni, versano inevitabilmente in condizioni penose. Purtroppo, la legge dice che questo tipo di manutenzione spetta a loro, ai condomìni, proprio perché i portici rientrano nella proprietà del caseggiato. Ci sembra francamente ingiusto, perché a usurare pavimentazione e colonne, oltre al tempo, sono i passi di generazioni di scledensi e l’uso improprio fatto per decenni delle colonne dei portici. Ma tant’è, così dicono le norme. Se si riuscisse a trovare una forma di collaborazione tra pubblico e privato, sotto forma di contributo comunale alla copertura delle spese, o qualcosa del genere, forse diventerebbe più facile portare a casa il risultato.

Piazza Almerico osservata speciale (ma si può fare di più)
Da qualche settimana sembra che “piazza del bao” stia ricevendo maggiori attenzioni, da parte dell’amministrazione e della polizia locale, dal punto di vista del decoro urbano. Bene, ma a questo punto vale la pena non lasciare le cose a metà…
In attesa che qualcosa si muova anche per i portici, a voler continuare sulla strada di un lento ripristino del decoro urbano, ci sarebbe da provvedere a eliminare un altro spettacolo poco edificante che da tempo contribuisce al disordine complessivo della piazza, ovvero l’ammasso di biciclette all’angolo tra via Rompato e via Capitano Sella, all’altezza delle “vecchie poste”. Qui, come si vede nella foto, succede che la rastrelliera per le biciclette, che pure esiste, rimane pressoché inutilizzata e che le biciclette sono buttate là nella più totale anarchia. È evidente che incatenare la due ruote alle “ringhierine” di metallo è più sicuro che farlo a una rastrelliera, ma non ci sembra un motivo sufficiente per lasciar deturpare la piazza.
Una soluzione rapida ci sarebbe, basterebbe togliere le “ringhierine” di metallo: non avendo più dove agganciare le bici, è probabile che i proprietari userebbero la rastrelliera o porterebbero la bicicletta da un’altra parte.
La soluzione più “legaiola”, invece, passa per un aggiornamento delle normative in
vigore. Il “Regolamento di polizia locale e codice civico” non parla in modo chiaro dei parcheggi selvaggi di biciclette, però qual cosina dice. All’articolo 7 (“Divieto di occupare il suolo”), dice, ad esempio, che “è proibita qualunque alterazione od occupazione, anche occasionale, con qualsiasi oggetto di aree pubbliche o private aperte al pubblico transito”.
E all’articolo 52 (“Deposito di cicli, carrozzelle, carriole”) dice che “è vietato depositare cicli, ciclomotori, carrozzelle, carriole e altri veicoli sotto i portici, nei sottopassaggi, a ridosso delle vetrine o degli accessi ai locali, nonché in altri luoghi dove possano arrecare intralcio”. Forse l’articolo 7 sarebbe già sufficiente a intervenire contro gli ammassi di biciclette, ma se non lo fosse basterebbe aggiustare il tiro e diventare più specifici. In attesa di una non semplice correzione al Regolamento, però, magari si potrebbe pensare a un’ordinanza comunale.
Visto che si è cominciato a pensare al decoro della piazza, sarebbe buona cosa non lasciare le cose a metà. ◆

Economia
Èin atto, dal punto di vista sociale ed economico, una doppia tendenza che rischia di rivelarsi micidiale nel giro di pochi anni: un’azienda su due, anche nell’Alto Vicentino come un po’ ovunque, non riesce a trovare i profili professionali di cui ha bisogno. E intanto la demografia continua a piangere e a veder diminuire i nuovi nati e i giovani. Che futuro si prospetta per il mondo produttivo del territorio, di fronte a questo scenario? Per cercare di far sì che la risposta a questa domanda non sia puramente pessimistica, è nato il progetto “Faber Lab Altovicentino”, un’alleanza pubblico-privata che ha lo scopo di creare una scuola-laboratorio intensiva pera formare, in pochi mesi, figure tecniche realmente pronte a inserirsi nel lavoro, definite sulla base delle concrete esigenze espresse dalle aziende del territorio. Un’idea a prima vista ambiziosa, non resta che augurarsi che funzioni. Il progetto si richiama alla positiva esperienza dell’Innovation Farm operativo già da parecchi anni in Emilia Romagna e prende le mosse da un pool di soggetti in stretta collaborazione: da un lato l’ente pubblico, ovvero il Comune di Schio, dall’altro il mondo economico rappresentato dal Distretto Scienza Tecnologia e dai raggruppamenti locali delle associazioni di categoria (Cna Veneto Ovest, Confartigianato

Ci prova il Faber Lab
Per rispondere alla difficoltà delle aziende di trovare profili professionali in linea con le esigenze produttive, è stata avviata un’alleanza pubblicoprivato che punta a formare figure tecniche pronte a inserirsi nel lavoro.
Imprese Vicenza, Confindustria Vicenza, Confprofessioni, Confcommercio, Confimi Apindustria), con la collaborazione di un “braccio operativo” costituito dall’agenzia per il lavoro Manpower e dall’ITS Academy Meccatronico Veneto con le sue competenze formative.
“L’Alto Vicentino è il secondo distretto industriale del Veneto e uno dei motori produttivi più dinamici del paese, ma un distretto rimane tale se è capace di rinnovarsi, di attrarre talenti e di offrire alle imprese le competenze di cui hanno bisogno
Lo Schiocco
Bivaccopark
Questo deghèjo di rifiuti è lo spettacolo nel quale non è raro imbattersi negli angoli più appartati del parcheggio sotto il supermercato Famila di via XX settembre, come risultato di bivacchi seral-notturni, soprattutto nei fine settimana. Trovare una soluzione al problema non è facile. Installare una cancellata in fondo alla discesa, a chiusura automatica dopo un certo orario, non sembrerebbe risolutivo, visto che comunque ci sono residenti che hanno posti auto all’interno e avrebbero diritto a un telecomando per entrare e uscire, momenti che i bivacchisti potrebbero sfruttare per fare altrettanto. Non resta che puntare sui controlli da parte della polizia locale o rivolgersi a qualche istituto di vigilanza privato. L’alternativa è istituzionalizzare il deghejo: si apre un “punto bivacchi” in-

stallando un distributore automatico di bevande e snack e un bidone della spazzatura, si organizza un dj set di musica underground ogni sabato e si inserisce il tutto nel cartellone degli eventi culturali. [S.T.]
– commenta la sindaca Cristina Marigo -. Faber Lab Altovicentino è un progetto innovativo che ha le carte in regola per rispondere a tutte queste istanze”. Il primo percorso di formazione partirà a febbraio e sarà dedicato alla figura dell’operatore CNC, attraverso un mix unico di ore tra formazione tecnica, pratica su macchinari reali, sviluppo delle soft skills e orientamento professionale. Una formula che, alla conclusione, permetterà alle imprese di accogliere personale già formato, riducendo tempi, costi e incertezza.
“Il Faber Lab offre una soluzione strutturale, non episodica, che nasce dall’ascolto delle imprese e dalla capacità di trasformare un bisogno in un progetto condiviso – osserva Silvia Marta, presidente del Raggruppamento Alto Vicentino di Confindustria Vicenza -. Un’opportunità che le imprese stanno accogliendo con interesse”.
L’elemento più innovativo del progetto è l’assunzione immediata. I candidati selezionati vengono infatti assunti a tempo indeterminato da Manpower fin dal primo giorno di corso. Le lezioni si svolgeranno al Faber Box di Schio, dove docenti dell’ITS Meccatronico Veneto, formatori di Manpower Academy e tecnici aziendali condurranno un percorso di 240 ore. Terminato il percorso, è previsto che i nuovi tecnici vengano inseriti nelle imprese dell’Alto Vicentino aderenti con un contratto di somministrazione di 12 mesi, affiancati da un tutor aziendale.
I risultati del progetto andranno monitorati nel tempo, confidando che siano in linea con le aspettative. ◆

Attualità
Le piscine fanno il pieno

A Schio trovare posto a un corso di nuoto, soprattutto nei giorni e nelle fasce orarie più richieste, è diventata una piccola impresa. Le piscine sono sempre piene, in particolare nei corsi per bambini e nei fine settimana. Con il presidente di Schio Nuoto, Cristiano Eberle, facciamo il punto sull’operatività dell’impianto.
ACamilla Mantella
Schio trovare posto a un corso di nuoto, soprattutto nei giorni e nelle fasce orarie più richieste, è diventata una piccola impresa. Le piscine sono sempre piene, in particolare nei corsi per bambini e nei fine settimana, e i genitori fanno a gara per accaparrarsi gli ultimi posti disponibili. Da qui la curiosità di capire come stanno andando le piscine comunali e se questo boom di iscrizioni possa avere qualche legame con la chiusura dell’impianto natatorio di Malo, che ha recentemente abbassato le saracinesche per gravi inadempienze del gestore.
La gestione delle piscine di Schio è affidata alla Schio Nuoto, società che opera in concessione con il Comune e che ha come socio di riferimento Marcello Cestaro del gruppo Famila.
A guidarla è Cristiano Eberle, presidente da oltre dieci anni. Con lui facciamo il punto su bilanci, attività e prospettive. La chiusura dell’impianto di Malo ha avuto effetti sulle piscine di Schio?
«Sì, ma in realtà soprattutto per quanto riguarda il nuoto libero. Abbiamo deciso di ampliare l’orario di apertura, includendo anche la domenica mattina, anche per accogliere chi si è trovato senza una struttura di riferimento.
Sul fronte dei corsi e delle attività fitness l’impatto è stato minore, perché spesso operiamo già a capienza piena. Stiamo comunque lavorando per ottimizzare l’uso degli spazi in modo modulare, così da ampliare progressivamente l’offerta dove possibile».
Qual è la “mission” con cui lavora Schio Nuoto? «Il nostro progetto si fonda su quattro assi portanti. Il primo è la consapevolezza che stiamo gestendo un servizio pubblico: non è un servizio essenziale, ma ha un ruolo importante per la qualità della vita della comunità e va amministrato con responsabilità. Il secondo è la gestione aziendale ispirata a criteri manageriali, con un equilibrio tra efficienza economica e accessibilità sociale: le tariffe sono concordate con il Comune, ma la gestione è improntata a solidità e trasparenza. Il terzo pilastro è la qualità del servizio, che passa attraverso la professionalità dei circa settanta collaboratori, tra dipendenti e lavoratori sportivi, costantemente formati. Infine, la ricerca continua della soddisfazione dell’utenza: non ci limitiamo a offrire corsi e attrezzature, ma vogliamo che ogni spazio sia vissuto e valorizzato. La piscina esterna, ad esempio, è diventata negli anni un luogo polivalente, dove durante l’estate ospitiamo eventi, serate e spettacoli».
Guardiamo ai conti: come si è chiuso il bilancio dell’ultimo anno?
Il bilancio 2024 si è chiuso in perfetto equilibrio economico-finanziario. Nel 2025, nonostante l’estate sia stata più piovosa della precedente, abbiamo superato le 60 mila presenze. È un risultato che attribuisco interamente alle persone che lavorano con noi: il direttore Manuel Borga, il vice Luca Volpato e tutti i collaboratori. Sono loro il vero cuore dell’impianto».
Oltre al nuoto libero, quali sono i corsi in acqua più richiesti?
«I corsi di Hydrobike, Acqua GAG e Acqua Gym sono quelli che registrano i numeri maggiori. La nostra forza è la competenza del personale: istruttori giovani e preparati, che sanno trasmettere entusiasmo e professionalità».
C’è anche una palestra interna. Qual è la logica della sua presenza all’interno dell’impianto? «L’integrazione tra piscina e palestra è un altro punto di forza del nostro impianto. Nell’ultimo periodo abbiamo potenziato in particolare i corsi di pilates con l’uso dei reformer. La nostra è un’offerta polifunzionale, che permette a ciascuno di costruire un percorso personalizzato di benessere e allenamento. L’ambiente raccolto e accogliente della palestra favorisce la continuità, e la sinergia con la piscina consente un approccio sportivo completo».
E per quanto riguarda le attività per i bambini? I posti nei corsi di nuoto vanno esauriti in pochissimo tempo, sembra un fenomeno sociale… «Direi che le attività per i piccoli sono uno dei cuori pulsanti della nostra comunità sportiva. Il percorso inizia già durante la gravidanza, con i corsi per gestanti,
e può proseguire fino all’età adulta: alcuni dei ragazzi che oggi fanno da assistenti bagnanti nella piscina esterna hanno cominciato da neonati ai corsi di acquaticità. La scuola nuoto è il principale canale di ingresso all’impianto. I bambini arrivano accompagnati dai genitori, poi crescono, frequentano in autonomia, e qualcuno diventa istruttore o atleta agonista. È un ciclo virtuoso che crea appartenenza e valori posi-
tivi: un ambiente sano dove si impara non solo a nuotare, ma anche a stare insieme.» Quali sono i prossimi obiettivi?
«Il nostro obiettivo, oggi, è consolidare le attività avviate con la nuova stagione. Stiamo ottimizzando spazi, orari e proposte per mantenere sempre alto il livello qualitativo e la sostenibilità organizzativa. Cerchiamo di fare sempre meglio: questo è il principio che guida ogni scelta». ◆
I corsi per bambini? Esauriti a tempo di record
I corsi di nuoto per bambini a Schio vanno sold out in tempo record: basta attardarsi qualche giorno dopo l’apertura delle iscrizioni per non trovare più posto, soprattutto per le lezioni del sabato mattina. “A settembre non sono riuscito a iscrivere mio figlio, è la prima volta che mi succede”, racconta un papà che quest’anno è arrivato troppo tardi all’appello.
Il fenomeno racconta da un lato l’interesse crescente verso l’apprendimento del nuoto fin da piccoli, considerato una competenza fondamentale oltre che uno sport completo, dall’altro il cambio
dell’organizzazione quotidiana delle famiglie rispetto a un tempo. Con entrambi i genitori impegnati a tempo pieno, infatti, i pomeriggi in settimana diventano impossibili da gestire a meno di non chiedere aiuto a nonni, familiari o baby sitter e il sabato resta per molti l’unica finestra disponibile. Possibili soluzioni? Probabilmente l’ampliamento degli orari dei corsi nel weekend o, ancora meglio, una maggiore collaborazione con le scuole per favorire l’attività in acqua durante l’anno scolastico nelle ore curricolari o durante i doposcuola.


Attualità

MStefano Tomasoni
irella Dal Zotto torna in libreria, e lo fa portando a compimento la trilogia che aveva in mente da anni, dedicata a quelli che lei definisce i “compagni di una vita”, ovvero i suoi alunni. Perché, per chi non lo sapesse, oltre che giornalista e firma storica di questo mensile, Mirella è stata fino a due anni fa una maestra di scuola primaria, le buone vecchie elementari. Lo è stata, ma si dovrebbe dire che lo è ancora, dato che quella di insegnare ai bambini è una missione che resta
Aggiustate quel gabinetto

Sotto a “WC fuori servizio”, e questo che si trova vicino al Parco Robinson lo è da tempo immemore, sta scritto “Ci scusiamo per il disagio”. No, no, no, scuse non accettate: siamo a disagio sia perché c’è chi danneggia, sia perché c’è chi non sistema. L’impossibilità di accedere è in second’ordine: il disagio civico viene prima di quello fisico. [M.D.Z.]
I bambini, gli adulti, la vita
Mirella Dal Zotto è in libreria con “Dopo, nella vita”, ultimo tassello di una trilogia dedicata ai “compagni di una vita”, i suoi alunni.
dentro anche quando si smette di svolgerla. Per chi la interpreta così, diventa una forma di amore allargato che si dona. Consapevoli, come scrive Mirella, che “i bambini sono cittadini del mondo e il mondo dev’essere di tutti i bambini”. Si diceva della trilogia. L’esordio era stato con “Prima, sorridi!”, una sorta di diario (spesso divertente, perché i bambini lo sono) sulla vita di una maestra in una classe prima. Poi era arrivato “Secondo te”, centrato sulle piccole grandi riflessioni che escono dalle testoline dei più piccoli e che spesso aiutano gli adulti a mettere in nuova luce i grandi temi della vita. Adesso il cerchio si chiude con “Dopo, nella vita”, dove l’autrice racconta le storie di tanti bambini non sempre facili, “provenienti da varie parti del mondo, che mi hanno portato il mondo in una stanza”.
Bambini diventati adulti e che adesso hanno cinquant’anni, o quaranta, o trenta, o venti. Insomma, sono tutti cresciuti e hanno indirizzato la loro vita, o lo stanno facendo. In questo nuovo lavoro Mirella incontra tutti questi ex bambini in occasione di cinque immaginarie “rimpatriate” che diventano altrettanti capitoli: cinque occasioni conviviali da trascorrere con gli ex alunni di cinque classi quin-
Urge intervenire su quel marciapiede/parcheggio
Davvero pessime le condizioni in cui versa da anni il marciapiede/parcheggio in via Marconi davanti all’ufficio Aci (in effetti non si sa come definirlo: ha uno zoccoletto sopra il livello della strada ed è in porfido, perciò sembrerebbe un marciapiede; però la segnaletica lo indica come posteggio e come tale è da sempre utilizzato).
In particolare, dal tombino malmesso di sinistra sembrerebbe poter uscire da un momento all’altro Michael Jackson in veste zombie come nel video “Thriller” (e già ci pare di sentire la musica e la risata grassa finale). Lo sgarrupamento del marciapiede/parcheggio, peraltro, prosegue anche sulla destra e arriva fino al semaforo nelle stesse condizioni.
A dirla tutta, anche le colonne del condominio non se la stanno passando bene,
te condotte in tempi diversi (per la precisione nel 1987, nel ’90, nel ’97, nel ‘2002 e nel 2008), per raccontare persone oggi di età diverse, appunto dai ventenni ai cinquantenni. E il libro scorre tra i dialoghi intavolati in questi incontri e i frequenti flashback in cui l’autrice ricorda le donne e gli uomini che ha davanti quando erano, appunto, bambini intenti a crescere e a imparare.
Verso la fine, l’autrice condensa tutto in una riflessione che, descrivendo quegli adulti e i bambini che furono, in realtà ci descrive un po’ tutti: “Questi incontri sono stati illuminanti su una fascia d’età su cui non si focalizza molto l’attenzione: quella dei giovani e meno giovani che lavorano e, nella nostra società che vive di fretta, quasi non hanno tempo di pensare ad altro. Sono consapevoli che la vita è sabbia tra le dita, ma spesso non sanno come trattenerla, non ce la fanno a osservarla in tutta la sua dorata bellezza”.
Mirella sembra dire che “da grandi” succedono tante cose, non sempre volute, non sempre belle. L’importante è fare riserva della visione del mondo che si aveva da bambini e dell’aria pulita che si respirava, per usare entrambe – la visione e l’aria –dopo, appunto, nella vita. ◆

con quelle crepe e quegli scrostamenti alla base, ma per fortuna sono lastre di marmo applicate sull’anima di cemento della vera colonna, quindi è solo un problema di estetica.
Colonne a parte, comunque, sarebbe davvero il caso di dare una sistemata una buona volta a quel disastrato marciapiede/parcheggio, è uno spettacolo inguardabile in pieno centro, a due passi dal municipio. [S.T.]
Igrandi classici vanno affidati a teste e mani esperte, per questo il “Riccardo III” di Shakespeare, che ha inaugurato al Civico la stagione di Schio Grande Teatro in prima regionale (l’apertura in musica era stata affidata al bel concerto dell’Orchestra Giovanile Regionale Filarmonia Veneta diretta da Giovanni Costantini, con la partecipazione della grande pianista Maya Oganyan) aveva tutte le premesse di riuscita: il ruolo del protagonista affidato a Vinicio Marchioni e la regia al consumato Antonio Latella, due nomi che da soli sono una garanzia. In effetti, Marchioni ha spaziato mirabilmente tra diversi stati emotivi: ha saputo essere mellifluo e seduttivo, nevrotico, disperato, rabbioso. Sempre vestito di bianco, a dimostrare un male che fa parte della vita, non deforme ma forte e aitante, l’attore è stato un Riccardo III diverso, alquanto contemporaneo, in grado di giocare con il potere, l’ambizione, la violenza. Stretta attualità, insomma.
La battaglia più importante l’ha combattuta però con le donne, e non ne è uscito vincitore: questo è stato evidentemente

Tanto pubblico all’Astra per “Io e Gianlu”, con Marta Zoboli e Gianluca De Angelis, cabarettisti noti soprattutto per le loro partecipazioni a Zelig dove, parlando di sesso in modo improbabile nel corso di bizzarri speed date, si sono ritagliati una bella fetta di spettatori che li seguono fedelmente; attualmente, sul Nove, hanno una trasmissione tutta loro. A Schio sono arrivati grazie a Scoppiospetta-

Riccardo III fa partire bene la stagione
Ottima prova di un versatile Vinicio Marchioni nel classico di Shakespeare, che ha inaugurato al Civico la stagione teatrale.
uno degli intenti principali del regista, che ha puntato molto sul secondo tempo dello spettacolo, più libero dalla Storia rispetto al primo. Notevole la soluzione degli abiti di epoche diverse e lo sparo finale, a sottolineare lo stretto legame tra passato e presente, i corsi e ricorsi. Un neo? Sì, a nostro avviso: anche se la disperazione si grida, anche se si è disposti a dare il regno per un cavallo, le urla a volte ostacolano la comprensione dell’intera battuta e disturbano la riflessione. ◆ [M.D.Z.]
La comicità surreale di “Io e Gianlu”
coli di Max Capraro, sempre attento a portare in città il pop più in auge (a metà ottobre anche Raoul Cremona, improbabile e maldestro mago, aveva riempito il teatro). Sono bravi, Marta e Gianluca: raccontano le loro storie con una comicità surreale e irresistibile, farcendola di una grande quantità di brevi sketch basati sull’equivoco. Tra i due, la protagonista è lei, Marta Zoboli, un incrocio tra Olivia e Clarabella, con la sagacia di Mafalda; si sa trasformare, si sa muovere goffamente o elegantemente con versatilità, tiene il timone e guida il suo Gianluca, valida spalla in grado di rac-
Coralità Scledense ha chiuso... in gloria
Si è recentemente conclusa, nella Chiesa di Sant’Antonio Abate, la stagione organizzata da Coralità Scledense che, anno dopo anno, riesce a portare in città proposte musicali innovative e di alto livello. Il concerto finale è stato interamente dedicato ad autentiche eccellenze del territorio: il Coro Polifonico di Giavenale, i Cantori di Santomio, Paralleli Ensemble e Corte dei Musici, tutti diretti con competenza, eleganza e passione dal maestro Pierdino Tisato. “Luminoso Barocco”, questo il titolo dato a una grande esibizione dal vivo, molto applaudita dal numeroso pubblico presen-
te (la chiesa era gremita), si è interamente incentrata sul Gloria in Re Maggiore di Antonio Vivaldi e sulla cantata n°140 di Bach: i coristi sono stati accompagnati da una trentina di musicisti e sono stati alquanto apprezzati anche i quattro solisti, in particolare la soprano Andrea Lia Rigotti, a cui è stato affidato il bis finale.
C’è un forte legame, indubbiamente, tra questi cori e il pubblico che li segue con stima e attenzione da anni. I gruppi hanno ottenuto, nel corso del tempo, ambìti e meritati riconoscimenti: affidare a loro l’ultimo concerto è stata un’ottima scelta. ◆ [M.D.Z.]
cattare le battute come palline da tennis. Scrivevamo, presentando la stagione “work in progress” di Scoppio, che si sarebbero potute aggiungere ulteriori date rispetto a quelle già annunciate… e in effetti l’organizzatore bellunese proporrà altri quattro spettacoli, oltre a quelli già in cartellone: sabato 7 marzo Paolo Ruffini sarà “Il babysitter”; giovedì 2 aprile Aldo Cazzullo e Angelo Branduardi presenteranno il loro “Francesco”; giovedì 16 aprile ci saranno I Panpers con la loro “Terapia di coppia” e domenica 19 aprile sarà la volta di Francesco Cicchella con “Tante belle cose”. ◆ [M.D.Z.]

Cultura e spettacoli

Il compositore scledense Giovanni Bonato ci regala “Singing Into Space”, un nuovo CD di brani musicali concepiti spazialmente per cori maschili, abbinati a composizioni di Giovanni Gabrieli (15531612), sorprendentemente innovativo per i suoi tempi.
Bonato, cittadino onorario per i suoi meriti musicali, si è formato al conservatorio “G. Verdi” di Milano ed è attualmente docente al “Pollini” di Padova. Con i suoi brani di musica cameristica, sinfonica, ma soprattutto corale, ha ottenuto ambiti riconoscimenti in ambito nazionale e internazionale; fra gli interpreti, solo per citarne un paio, Mario Brunello e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Per “Singing Into Space”, presentato anche da RAI Radio3 Suite a fine ottobre, Bonato si è affidato al coro nazionale maschile estone diretto da Mikk Uleoja, che ha saputo indubbiamente aumentare il fascino dei sei brani dell’autore scledense e dei quattro di Gabrieli. I due compositori, entrambi veneti, hanno sempre concepito la musica
Un nuovo viaggio musicale per Giovanni Bonato
Il compositore scledense ha visto pubblicato un nuovo CD di brani musicali, dal titolo “Singing Into Space”.
come suono nello spazio e Gabrieli ha utilizzato già alla fine del ‘500 i cori spaziati, facendoli cantare nelle navate opposte della Basilica di San Marco. Ascoltando i pezzi dei due compositori, che nel CD si alternano, si evidenziano sospensioni senza tempo, che in Bonato risultano più naturalistiche e trasportano l’ascoltatore in un
mondo magico e ancestrale, onirico. Solo un artista di grande sensibilità, con una tecnica consumata, riesce a produrre brani così evocativi, affidandosi in primis allo strumento per eccellenza: la voce umana. “Singing Into Space” è un viaggio nel misticismo e nel Creato, da ascoltare a occhi chiusi, lasciandosi trasportare. ◆ [M.D.Z.]
Ex Gregori, la situazione peggiora
Giusto sei anni fa, era dicembre 2019, avevamo raccolto la segnalazione di un lettore che evidenziava lo stato di degrado dell’ex stabilimento Gregori, in via S.Pio X. La facciata che dà sulla strada mostrava ampie zone di scrostamento e di mattoni a vista, crepe diffuse, fatiscenza generalizzata, che lasciava intuire altrettanto deperimento all’interno.
Una foto di questi giorni fa vedere che nel frattempo la situazione è inevitabilmente peggiorata, con un raddoppio della superficie scrostata, vetri rotti e ammaloramento diffuso. Il dubbio che avevamo espresso sei anni fa diventa più pressante: non c’è il rischio di qualche crollo strutturale importante, con possibili conseguenze fin verso la strada e l’area che confina con l’edificio? La domanda successiva, dunque,

diventa: c’è qualcuno che sta monitorando la situazione dal punto di vista della sicurezza? [S.T.]
Per inviare lettere e contributi a SchioMese, scrivere a: schiothienemese@gmail.com Si prega di inviare i testi soltanto via posta elettronica e di contenere la lunghezza: testi troppo lunghi non potranno essere pubblicati a prescindere dai contenuti.
In città mancano due circonvallazioni
La nostra convivenza con il traffico è un po’ problematica. Le auto sono un mezzo di trasporto comodo ma il loro considerevole numero e il loro consistente ingombro riducono non poco gli spazi liberi e la bellezza del paesaggio urbano. Inoltre con i loro gas di scarico contribuiscono ad aumentare l’inquinamento atmosferico. L’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato in Italia 48.600 le morti premature per in-
quinamento atmosferico nel 2022 contro quelle per incidenti stradali di 3.030 nel 2024 fonte ISTAT.
La nostra Pianura Padana è la più inquinata d’Europa e l’Italia è in infrazione per inquinamento dalla UE. Nella nostra città mancano due circonvallazioni previste dal P.R.G. approvato nel lontano 1978. In particolare senza la circonvallazione “Destra Leogra” il traffico di
attraversamento passa per il centro. In città abbiamo una centralina dell’Arpav che rileva l’inquinamento, ma è posta in via Vecellio, un po’ lontana dal centro, e ha registrato nel 2022 ben 21 sforamenti del limite del particolato P.M.10, che è considerato cancerogeno dalla O.M.S.
In realtà è il centro della città ad essere più inquinato, come da rilievo fatto nel 1988 con i licheni e l’Università di Pisa. Francesco Piazza Detto