Locus of control e le strategie di coping

dott. Giovanni Zanusso

La relazione tra locus of control e le strategie di coping in un campione di disoccupati

ITCC - Istituto di Terapia Cognitiva e Comportamentale Padova, giugno 2014

TITOLO La relazione tra locus of control e le strategie di coping in un campione di disoccupati.

RIASSUNTO (ABSTRACT) Lo scopo del presente lavoro è, in primo luogo, quello di individuare se esistano differenze negli stili attributivi e nelle strategie di coping tra la popolazione degli occupati e il campione dei disoccupati, in secondo luogo, individuare della correlazioni tra l’orientamento interno-esterno nel locus of control e le strategie di coping.

I risultati individuano una relazione significativa tra mesi di permanenza nello stato di disoccupazione e locus of control esterno. Inoltre il locus of control esterno risulta essere correlato negativamente con le strategie di coping “orientamento al problema” e “attitudine positiva” e positivamente con le “strategie di evitamento”.

INTRODUZIONE ......................................................................................................1 LOCUS OF CONTROL E DISOCCUPAZIONE ......................................................2 STRESS, STRATEGIE DI COPING E DISOCCUPAZIONE ..................................4 OBIETTIVO .............................................................................................................11 METODO .................................................................................................................11 ANALISI DEI DATI E DISCUSSIONE DEI RISULTATI ....................................16 CONCLUSIONI .......................................................................................................21 BIBLIOGRAFIA ......................................................................................................22

1 dott. Giovanni Zanusso (giovanni@zanusso.it)

INTRODUZIONE

La crisi economica di questi ultimi anni non sembra purtroppo dare cenni di miglioramento dal punto di vista dell’occupazione.

Secondo l’Istat (Istituto nazionale di statistica) nel 2013 in Italia la percentuale dei senza lavoro è salita al 12,7%, il livello più alto registrato dal 1977. Una percentuale che, secondo degli economisti, è destinata ad aumentare nel corso dell'anno appena iniziato, che per l'Italia dovrebbe rappresentare l'inizio di una lenta e debole ripresa dopo un biennio di recessione.

Queste tendenze evidenziano l'importanza di un esame approfondito dell'esperienza psicologica della disoccupazione.

La perdita di lavoro è un evento di vita in cui l’impiego retribuito viene abbandonato involontariamente. Negli ultimi decenni sono stati ben documentati gli effetti della disoccupazione sul versante della salute fisica. Ad esempio, la disoccupazione è stata associata a comportamenti negativi per la salute come fumare e bere (Janlert, 1997), ad una diminuzione delle capacità immunitarie cellulari (Cohen, Kemeny, Zegans, Johnson, Kearney, & Stites, 2007), ad un elevato rischio di mortalità (Mustard, Bielecky, Incide, Wilkins, Tjepkema, Amick, Smith & Aronson, 2013) e di suicidio (Classen, Dunn, 2012).

Per quanto riguarda la salute mentale, la disoccupazione è fortemente legata con il disagio psicologico (Gathergood, 2012), ad un basso livello di benessere (Latif, 2010), ad una insoddisfazione per la vita (Carroll, 2007), ad una minor felicità generale e ad una serie di indicatori di disagio mentale come l’ansia, la depressione, la perdita di fiducia e la riduzione dell'autostima (McCrae, R.R. 2003, Winefield, A. 1995, Chiesa R, Pombeni M L. 2007).

Sono stati individuati vari fattori che influenzano il modo in cui le persone reagiscono e fronteggiano la disoccupazione e la perdita del posto di lavoro. Età (Winefield, Tiggemann, 1990), genere e status famigliare (Kulik, 2000) sono variabili demografiche che influenzano la reazione all’evento stressante.

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Inoltre la durata della disoccupazione, le differenti condizioni di difficoltà finanziaria e le aspettative di ricollocamento sono considerate forti mediatori della risposta nella ricerca di un nuovo lavoro e del benessere psicologico in generale. (Classen, Dunn, 2012).

LOCUS OF CONTROL E DISOCCUPAZIONE

Il locus of control (LOC), che si riferisce al modo in cui le persone credono di essere in grado di influenzare la loro vita, sembra giocare un ruolo fondamentale nella gestione delle difficoltà della disoccupazione.

Il LOC è un costrutto basato sul quadro teorico generale di Rotter (1966) riferito all’apprendimento sociale, secondo il quale le persone avrebbero aspettative generalizzate di tipo interno o esterno. I primi tenderebbero ad attribuire i successi e insuccessi personali a fattori collegati alle proprie azioni; i secondi tenderebbero a credere che i rinforzi e le punizioni non siano il risultato delle proprie capacità personali ma siano invece dovuti a fattori esterni non controllabili quali la fortuna o il destino.

Il fattore di mediazione del LOC è stato studiato in una vasta gamma di situazioni che richiedono capacità di fronteggiamento. Per esempio è stato individuato che un locus on control esterno è associato con il mantenimento di comportamenti non salutari come il tabagismo, la poca attività fisica e un’alimentazione poco sana. Sempre il LOC esterno è stato associato a rischio di problemi comportamentali durante l’adolescenza (Liu, Kurita, Uchiyama, Okawa, Liu, & Ma, 2000). Inoltre è stato rilevato che il locus esterno è correlato con un più alto livello di stress (Roddenberry & Renk,2010), un maggior senso d’impotenza di fronte al dolore (Härkäpää, Järvikoski & Vakkari, 1996), un peggioramento delle capacità di adattamento successivamente ad un evento critico (Kilmann, Laval, & Wanlass, 1978) e un minor livello di benessere soggettivo (Karatas & Tagay, 2012). Dall’altra parte il locus of control interno è stato correlato con numerose modalità di fronteggiamento (coping) positivo ed un maggior livello di ottimismo (S Guarnera, RL Williams 1986).

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Per quanto riguarda gli aspetti occupazionali, molte ricerche evidenziano come il locus of control abbia un ruolo cruciale nel successo lavorativo. In vari lavori sono state trovate correlazioni significative con la soddisfazione lavorativa (Mahajan N., Kaur J. 2012, Basak & Ghosh, 2011, Bond, F.W. & Bunce, D. 2003), la motivazione al lavoro (Ng, Sorensen, & Eby, 2006), ed anche ad una migliore capacità di gestione del rapporta casa-lavoro (Hsu, 2011). In relazione alla disoccupazione sono state trovate forti connessioni con il LOC esterno. Le persone disoccupate con un LOC ad orientamento interno avrebbero livelli d’ansia e depressione più bassi e un maggiore livello di autostima e di soddisfazione per la vita (Cvetanovski & Jex, 1994).

Inoltre, secondo alcuni studi, i disoccupati con locus interno sarebbero più ottimisti rispetto al futuro lavorativo, cercherebbero e troverebbero una nuova occupazione più velocemente mentre quelli con LOC esterno troverebbero un nuovo lavoro più lentamente e con un livello salariale inferiore (Caliendo M, Cobb-Clark D. & Uhlendorff A. 2010).

STRESS, STRATEGIE DI COPING E DISOCCUPAZIONE

Che cosa è lo stress Lo stress è una risposta biologica e psicologica che si sperimenta incontrando una minaccia alla quale sentiamo di non avere le risorse sufficienti per affrontarla.

Uno “stressor” è uno stimolo (o una minaccia) che è causa di stress, come ad esempio, un esame, una separazione, la morte di una persona cara, un trasloco, la perdita del posto di lavoro.

Una fonte di stress improvvisa e intensa produce generalmente: - Aumento della frequenza cardiaca; - Aumento della respirazione (i polmoni si dilatano); - Diminuzione attività digestiva (non si sente la fame); - Aumento di glucosio liberato dal fegato per creare energia;

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In primo luogo il nostro corpo giudica una situazione e decide se sia o meno stressante.

Tale decisione viene presa sulla base di input sensoriali, attraverso l’elaborazione dell’informazione (vale a dire le cose che vediamo e sentiamo nella situazione) e anche in base ai ricordi immagazzinati (cioè quello che è successo l'ultima volta che eravamo in una situazione simile).

Le due facce dello stress Lo stress può essere positivo o negativo, a seconda del livello di risposta ai fattori di stress che incontriamo.

Lo stress negativo (o di-stress) è lo stress che è fuori dal nostro controllo.

Tuttavia, quando siamo esposti solo a stress lieve o moderato, siamo in grado di sperimentare il lato buono dello stress, che include il miglioramento della creatività, l’efficienza nei processi d’apprendimento, l’aumento delle performance lavorative, ecc.

Modello cognitivo-transazionale di Lazarus.

Secondo Lazarus e Folkman (1984), lo stress è un processo bidirezionale, che prevede da un lato i fattori di stress provenienti dall'ambiente e dall’altro la risposta dell’individuo sottoposto a questi fattori.

Sempre secondo l’autore una persona compie una valutazione cognitiva della situazione problematica in due fasi. Nella fase di valutazione primaria, un individuo tende a porre domande del tipo: "Che cosa significa questa situazione?", "Come mi può influenzare?" accompagnate da risposte tipiche a queste domande che sono : "Questo non è importante", "Questo è buono", "Questo è stressante".

Dopo aver risposto a queste domande, nella seconda parte della valutazione cognitiva è fondamentale classificare se lo stressor o la situazione rappresenta una minaccia, una sfida o un danno.

La valutazione primaria è influenzata dallo stato emotivo e dallo stile attributivo.

Nella valutazione secondaria il soggetto valuta le sue possibilità di fare fronte allo stressor. Pronunciando frasi come: "Posso farlo se faccio del mio meglio", "Cercherò di capire se le mie probabilità di successo sono alte o no", "Se questo fallisce, posso sempre provare un altro metodo" indica di aver utilizzato valutazioni secondarie

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positive. Al contrario affermazioni come: "Io non posso farlo, so di fallire", "io non posso farlo perché nessuno crede che ci riuscirò" e "Io non cercherò perché le mie probabilità sono basse", indica una valutazione secondaria negativa.

La valutazione secondaria è influenzata da fattori personali quali: esperienze precedenti, motivazioni e senso di auto-efficacia.

Le differenze individuali nella gestione dello stress In letteratura sono presenti molte ricerche che si concentrano sulle differenze individuali nella risposta allo stress Personalità di Tipo A e Tipo B Friedman e Rosenman (1959) suddividono le persone secondo due tipi fondamentali di comportamento o di personalità: di tipo A e di tipo B. Secondo questi ricercatori, una persona con una personalità di tipo A sarebbe competitiva, cercherebbe riconoscimento, vuole raggiungere gli obiettivi e, quindi, tenderebbe a correre appresso ai compiti affidatigli. Egli è tipicamente attivo e vigile sia mentalmente che fisicamente.

La persona di tipo B è l'esatto opposto del tipo A. Avrebbe apparente mancanza di motivazione, urgenza, spirito competitivo e anche ambizione o desiderio. La persona con una personalità di tipo B è descritta come calma, rilassata e non competitiva.

Nel 1974, Friedman e Rosenman

hanno condotto uno studio longitudinale per

dimostrare la loro teoria. Lo studio ha coinvolto 3200 partecipanti di sesso maschile che sono stati invitati a rispondere ad alcuni questionari. Sulla base delle loro risposte, sono stati classificati in due gruppi: tipo A e tipo B. I partecipanti sono stati poi inclusi nella seconda parte dello studio e otto anni dopo, gli fu chiesto come avevano trascorso questi ultimo periodo. I risultati hanno mostrato che 257 di tutti i partecipanti avevano sofferto di malattie cardiache coronariche, un gruppo di malattie in cui lo stress è la causa più comune.

Il fatto allarmante è che il 70% dei 257 partecipanti aveva una personalità di Tipo A. Ciò significa che le persone che sono state classificate come Tipo B rispondono allo stress meglio di quelli di Tipo A.

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Hardiness La ricerca ha dimostrato che alcune persone sono più resistenti allo stress e meglio in grado di far fronte ad esso rispetto ad altri. Questo è in parte dovuto al fatto che alcune persone hanno una serie di caratteristiche di personalità che li proteggono dagli effetti dello stress. Gli psicologi chiamano tutto questo “personalità stress-resistente” (Hardy).

Una ricercatrice nel campo dell’ “hardiness” è la psicologa Susan Kobasa. Alla fine del 1970 ha svolto uno studio su un gruppo di dirigenti che si trovavano sotto forte stress, mentre la loro azienda, la Bell Telephone Company negli USA, era in fase di ristrutturazione radicale. Al termine dello studio, quando i dati sono stati analizzati, ha scoperto che alcuni tratti di personalità proteggevano sia dirigenti che responsabili dallo stress e dagli effetti sulla salute (Kobasa, S. C.1979).

Questi tratti di personalità resistenti allo stress sono: 1. Impegno (Commitment): Quando ci si impegna per qualcosa tendiamo ad essere motivati e a mettere in atto uno sforzo maggiore. Questo ci può aiutare a trovare piacevolezza e senso alla nostra vita.

2. Controllo (Control): ci sono fondamentalmente due tipi di controllo, interni ed esterni, e questi possono acuire o ridurre una situazione stressante.

3. Sfida (Challenge): consiste su come noi percepiamo gli eventi che si verificano nella nostra vita; vedendo cioè le nostre difficoltà come una sfida piuttosto che come una minaccia e accettando che l'unica cosa nella vita che rimane costante è il cambiamento.

Self-Efficacy Albert Bandura ha coniato il termine "auto-efficacia" per descrivere le credenze interne della gente circa la loro capacità di avere un impatto sugli eventi che riguardano la loro vita. Nel contesto dello stress, l’auto-efficacia descrive le vostre convinzioni circa la capacità di gestire situazioni stressanti. Una grande quantità di ricerche hanno dimostrato che chi possiede alti livelli di auto-efficacia tende a diminuire l’effetto potenzialmente negativo degli eventi stressanti, aumentando il loro senso di controllo

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delle situazioni che incontrano. La percezione di avere la situazione sotto controllo costituisce un importante cuscinetto contro gli effetti negativi dello stress.

Quando le persone sentono di non avere la situazione sotto controllo, iniziano a sentirsi stressati, anche se effettivamente hanno il controllo, ma semplicemente non lo sanno (Bandura, A. 1977, 1997).

Le strategie di coping Secondo gli psicologi Richard Lazarus e Folkman Susan con il termine coping ci si riferisce agli sforzi cognitivi e comportamentali dell’individuo, mirati alla gestione di situazioni stressanti, che comportano percezioni di minaccia, perdita e sfida (Lazarus & Folkman, 1984).

E’ importante notare, che il significato attribuito all’evento stress è di vitale importanza per la “scelta” delle strategie di coping che saranno messe in atto.

Il rapporto tra coping ed eventi stressanti è di natura tipicamente processuale. Sembra che ogni individuo processi cognitivamente la situazione stimolo, valutandone il potenziale significato, la propria capacità di affrontarlo, il senso di controllo della situazione e, infine, le eventuali conseguenze supposte.

Nel corso degli anni, gli psicologi e i ricercatori hanno identificato svariate strategie di coping. A causa di questo, le classificazioni delle strategie di coping variano da autore ad autore (Skinner, Edge, Altman & Sherwood 2003, Connor-Smit & Flachsbart 2007, Carver & Connor-Smith 2010).

Tipicamente sono state individuate tre macro categorie (Endler & Parker 1990): Il coping centrato sul problema (Problem-focused coping) è definibile come una strategia di fronteggiamento comportamentale e rientrano in questa tipologia, per esempio, la ricerca di aiuto e l’agire direttamente in una situazione difficile. Si concentra nel definire il problema, la pianificazione, la ricerca di soluzioni di alternative, il pesare i costi e benefici di vari scenari e soprattutto l’azione. Con il coping centrato sul problema si cerca di esercitare un controllo e trovare una soluzione (Lazarus & Folkman, 1984) ed è utilizzato, prevalentemente, in situazioni in cui l’individuo valuta le condizioni problematiche come modificabili.

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Il coping centrato sul problema sembrerebbe essere quindi una strategia più efficace nella gestione di situazioni stressanti in qualche modo modificabili (come ad esempio i conflitti relazionali) o nella diminuzione degl’effetti negativi verso la propria salute e benessere (Folkman & Moskowitz, 2004).

Lazarus and Folkman (1984) hanno poi definito Il coping centrato sull’emozione (Emotion-focused coping) come un processo cognitivo che consiste, per esempio, nel pensiero positivo e nell’espressione dell’emozioni il cui obiettivo è quello di tollerare le situazioni stressanti.

Tale processo è prevalentemente una strategia di riduzione dello stress che pare rilevarsi utile per quelle situazioni in cui non c’è nulla da fare nei confronti dello stressor ed è spesso utilizzata in quelle situazioni in cui le persone non possono modificare le condizioni ambientali. Tale tipologia di coping è centrata sulla persona e pone il proprio focus d’attenzione sulle risposte emotive, sulla preoccupazione per se stessi e sulle reazioni sviluppate a livello di fantasia. Il coping centrato sull’emozione sembrerebbe essere efficace in quelle situazioni dove gli stressor non sono modificabili (Lazarus & Folkman 1984).

Nella misura in cui migliorerebbe il livello di confort piuttosto che ridurre lo stress di per sé sembrerebbe essere una strategia meno efficace per fronteggiare lo stress rispetto al coping centrato sul problema. In generale, il coping centrato sull’emozione sembrerebbe essere in relazione negativa con la salute dell’individuo e il suo benessere (Penley et al., 2002).

Alcuni ricercatori hanno individuato una terza strategia di coping, il coping centrato sull’evitamento (avoidance-focused coping), con il quale le persone tentano semplicemente di schivare il problema sperando magari che il tempo lo risolva autonomamente (Endler & Parker, 1990, 1994). Più in generale il coping centrato sull’evitamento, che alcuni indicano essere un sottotipo di coping centrato sull’emozione, sembrerebbe funzionare discretamente in quelle situazioni poco controllabili. Alcuni esempi sono: distrarsi guardando la TV o leggendo un libro, cercando attività di svago o di tipo sociale, fino al uso di droghe o alcolici.

Endler e Parker (1994) sostengono che l’evitamento differirebbe dal coping centrato sull’emozione per quanto riguarda il contenuto: il primo allontanerebbe i problemi 9 dott. Giovanni Zanusso (giovanni@zanusso.it)

cercando distrazioni e

passatempi sociali, il secondo cercherebbe di regolare le

emozioni negative collegate.

Il coping centrato sull’evitamento sembra essere una strategia poco utile di risposta allo stress in quanto non risolverebbe il problema o quantomeno non andrebbe alla radice del problema stesso.

In questa linea alcuni studi hanno dimostrato che questo tipo di strategia spesso porta ad un aumento della tensione, ad un peggioramento della salute e del benessere nelle situazioni stressanti (Aldwin, Revenson, 1987& Ben-Zur, 2009).

Coping, disoccupazione e ricerca di un nuovo lavoro.

La ricerca attiva del lavoro è una modalità di coping centrata sul problema che è particolarmente critica per i disoccupati che sono alla ricerca di un nuovo lavoro. Una meta-analisi ci indica che la ricerca attiva è un importante e un positivo predittore di riassunzione (Kanfer et al., 2001). A prima vista, si potrebbe supporre che l'attività di ricerca del lavoro sia associata ad un miglior benessere psicologico durante la disoccupazione in quanto cercando lavoro ci si sente come se si stesse facendo qualcosa di propositivo per ottenere un nuovo lavoro. Eppure, alcune ricerche suggeriscono che se l’attività di ricerca è troppo intensa rischia di essere accompagnata da una diminuzione della salute psicologica; la ricerca del lavoro è spesso un processo scoraggiante, pieno di rifiuti e d’incertezza. in particolare per quelle persone che perseverano nella ricerca senza successo. (McKee-Ryan F et al 2005, Warr et al. 1988).

Altre modalità di coping centrate sul problema (ad esempio rivedere le proprie competenze lavorative, lavorare sul proprio assetto finanziario, partecipare a corsi di formazione) e coping centrato sulle emozioni (ad esempio cercare supporto sociale o ricordarsi che perdere il lavoro non è la fine del mondo) sembrerebbero possano aiutare a ridurre la sensazione di stress percepito a seguito della perdita del lavoro.

Alcune ricerche, però, hanno fatto emergere che il rapporto tra strategie di coping e benessere è piuttosto complesso e articolato. Ad esempio, il ridotto benessere di un individuo può far aumentare una risposta di coping. D’altro canto, si dovrebbe trovare

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un rapporto positivo tra comportamento di coping attivo e miglioramento del benessere nel tempo. (Cooper, Dewe, & O’Driscoll, 2001).

In alter parole, un basso livello di benessere potrebbe stimolare l’individuo a mettere in atto strategie di coping, come anche farlo restare in una situazione di stallo quando non si sentisse di essere sufficientemente capace di affrontare la situazione. Inoltre la relazione tra coping e benessere potrebbe dipendere dagli obiettivi stessi del coping (Prussia, Fugate, & Kinicki, 2001).

In linea generale è possibile sostenere l’idea originale di Lazarus e Folkman secondo i quali le strategie di coping attivo sono positivamente correlate con lo stato di benessere psicologico.

OBIETTIVO

L’obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare il grado di controllo percepito (locus of control) di un campione di disoccupati rispetto al proprio successo o insuccesso lavorativo ed identificare le strategie di coping utilizzate in condizioni di forte stress.

In secondo luogo si andrà a verificare se esistano delle differenze significative all’interno del campione di riferimento rispetto ai campioni normativi degli strumenti utilizzati sui costrutti sopra menzionati (locus of control e strategie di coping).

Inoltre individuare se esistano delle relazioni tra locus interno\esterno e strategie di coping nel campione di riferimento.

METODO

L’indagine si è svota tra autunno del 2013 e la primavera 2014 nelle province di Treviso, Padova e Vicenza, all’interno di percorsi di formazione finalizzati alla riqualificazione professionale ed al reinserimento lavorativo.

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Sono stati coinvolti vari enti di formazione quali: Enac (Ente Nazionale Canossiano Verona), Forèma (Confindustria - Padova), Koinos (Consorzio per lo sviluppo cooperativo) e In-Principio (Cisl - Treviso).

I soggetti hanno partecipato volontariamente alla ricerca dopo essere stati informati della finalità e garantito loro l’anonimato.

I questionari sono stati somministrati in gruppi con numerosità tra i 5 e 15 soggetti corrispondenti ai gruppi classe di formazione durante le attività di orientamento al lavoro.

Campione Alla ricerca hanno partecipato, 101 soggetti di età compresa tra 21 e 57 anni. (media =38,97 , dev.std = 9,66 ).

Figura 1

La maggior parte dei partecipanti erano donne (63 %) con una scolarizzazione prevalentemente di diploma di scuola superiore (55%).

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Figura 2

Per quanto riguarda lo stato civile gli intervistati si dividono perlopiĂš tra sposati (42 %) e single (36 %).

Figura 3

In relazione allo stato occupazionale, il campione si suddivide in:

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- Inoccupati (2 soggetti): persone che non hanno mai lavorato ma che sono in cerca di lavoro.

- Disoccupati (54 soggetti): persone che hanno perso il lavoro e che sono in cerca di una nuova occupazione.

- In mobilitĂ (43 soggetti): persone licenziate che ricevono un indennizzo per un periodo limitato.

- In Cig o Cigs (2 soggetti): persone ancora in carico ad una azienda ma che momentaneamente non sono in attivitĂ per motivi di crisi aziendale.

Figura 4

Il periodo di disoccupazione varia da 0 mesi (per i due inoccupati) a 54 mesi con una media del campone di 14,57 mesi (dev std 10,35).

Figura 5

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Strumenti LOC-L Per la misurazione delle aspettative di controllo in ambito lavorativo si è utilizzato il questionario Locus of control lavorativo “Loc-L” (Argentero P., Vidotto G. 1994).

Il questionario Loc-L si compone di 31 item concernenti le opinioni verso il lavoro.

Queste sono misurate attraverso il grado di accordo con le affermazioni riportate (item di esempio: “il lavoro temporaneo è un ripiego”). Le risposte sono indicate su una scala di tipo Likert a 5 punti dove: 1=per nulla, 2=poco, 3= abbastanza, 4=molto, 5=moltissimo.

Dei 31 item 17 sono nel versante del locus of control interno (es: i risultati di un lavoro dipendono soprattutto da chi lo svolge), mentre 14 sono rivolto verso l’esterno (es: nella maggior parte dei lavori è necessario avere molta fortuna per eccellere).

Il punteggio totale si ottiene sommando le risposte date agl’item “esterni” (p) con le risposte date agl’item “interni” invertiti (6 - p). Quindi il questionario misurerà il grado “esterno” del locus of control.

I dati normativi sono stati ottenuti dagli autori in tre contesti differenti: - 124 operatori sanitari.

- 50 istruttori subacquei.

- 142 candidati per un’assunzione aziendale.

COPE-NVI Il Coping Orientation to Problems Experienced (Sica C. et al 2008), nella sua nuova versione italiana, è un questionario che si promette di indagare le strategie di coping utilizzate per fronteggiare dei problemi generici (eventi difficili o stressanti).

Il questionario è composto di 60 item in cui si chiede al soggetto di “indicare che cosa generalmente fa e che cosa generalmente sente quando fa esperienza di eventi o situazioni stressanti” attraverso una scala likert a 4 punti dove 1 = Di solito non lo faccio, 2 = Lo faccio qualche volta, 3 = Lo faccio con una certa frequenza, 4 = Lo faccio quasi sempre.

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Il questionario raggruppa le risposte in 5 grandi fattori dimensionali corrispondenti alle seguenti 5 scale: - Sostegno sociale: scala che si riferisce alla tendenza di cercare comprensione, informazioni e sfogo emotivo, cioè cercare sostegno nel prossimo. (es: Parlo con qualcuno di come mi sento) - Strategie di evitamento: scala molto articolata che si riferisce a quei comportamenti che vanno dalla negazione del problema e cioè far finta che non esista, all’uso di sostanze, quali droghe o alcol per attenuare lo stato di malessere dovuto allo stress, fino a strategie di distacco comportamentale e mentale come il distrarsi, sognare ad occhi aperti o guardare la TV (es: Tendo a fantasticare per distrarmi, oppure Bevo alcool o prendo droghe o farmaci per pensarci di meno).

- Attitudine positiva: scala che si riferisce alle modalità di accettazione e reinterpretazione positiva del problema oltre che di crescita positiva umana. (es Cerco qualcosa di positivo in ciò che sta accadendo) - Orientamento al problema: scala che comprende tutte quelle strategie volte alla pianificazione e risoluzione del problema in modo attivo. (es: Rifletto intensamente su quali mosse fare) - Orientamento trascendente: scala che si riferisce alla ricerca di aiuto o conforto facendo ricorso alla religione o preghiera (es: Tento di trovare conforto nella mia religione)

ANALISI DEI DATI E DISCUSSIONE DEI RISULTATI

L’analisi statistica è stata effettuata attraverso il pacchetto SPSS versione 22.

Per quanto riguarda i risultati ottenuti nel questionario LOC-L, i soggetto hanno risposto con un punteggio mediamente più alto, quindi con una attribuzione tendenzialmente più esterna, rispetto ai campioni analizzati dagli autori del test.

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Tabella 1

Campione in esame Media Ds LOC - L 89,87 12,4

Operatori sanitari Media 87,47

Ds 11,49

Istruttori subacquei Media Ds 82,56 11,53

Candidati ad un’assunzione Media Ds 77,09 11,67

Mentre, per quanto riguarda i risultati al questionario COPE-NVI, si troverebbero differenze significative solamente nella scala “Orientamento trascendente” che risulta ottenere punteggi mediamente più bassi.

Tabella 2

COPE - NVI

Sostegno Sociale Strategie di Evitamento Attitutdine Positiva Orientamento al Problema Orientamento Trascendente

Campione in esame Media Ds 26,99 6,72 24,19 5,60 31,74 4,64 32,69 5,75 20,63 3,83

Campione normativo Media Ds 27,70 8,40 23,50 5,10 30,90 6,00 32,00 6,70 22,70 5,60

Sign. ,291 ,220 ,071 ,229 ,000

Confrontando le risposte date ai questionari risultano delle differenze significative per quanto riguarda il genere (maschile \ femminile) sia nel Loc-L che nella scala Sostegno sociale del COPE-NVI. Tabella 3

Genere Loc-L Sostengo sociale Strategie di evitamento Attitudine positiva Orientamento al problema Orientamento trascendente

Maschi Media Ds 86,24 12,53 24,65 5,44 24,95 5,23 31,59 5,23 32,65 5,33 20,38 3,29

Femmine Media Ds 91,97 11,92 28,34 7,05 23,75 5,80 31,83 4,31 32,72 6,02 20,78 4,13

Sign. .025 .007 .303 .809 .953 .613

Altro dato significativo è stato individuato dividendo il campione in due gruppi, rispettivamente con disoccupazione maggiore e inferiore ai 12 mesi, e confrontandone le medie di risposta ai questionari. Il gruppo dei soggetti con disoccupazione maggiore

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di 12 mesi risulta avere un lucus of control significativamente piĂš esterno rispetto al gruppo con mesi di disoccupazione inferiore ai 12.

Tabella 4

Mesi di disoccupazione Loc-L Sostengo sociale Strategie di evitamento Attitudine positiva Orientamento al problema Orientamento trascendente

>= 12 Media Ds 93,28 12,88 26,09 6,26 23,55 5,92 31,40 4,79 32,08 5,94 20,98 3,75

< 12 Media Ds 86,10 10,75 27,98 7,12 24,90 5,18 32,13 4,49 33,38 5,51 20,25 3,92

Sign. .003 .160 .228 .433 .259 .341

Analizzando il coefficiente di correlazione tra il punteggio delle scale e i mesi di disoccupazione dichiarati e possibile individuare un dato, anche se debolmente, significativo (r = 0,202, p < 0,05).

Tabella 5

Mesi di disoccupazione Correlazione

,202*

Sign. (due c.)

,043

Correlazione

-,067

Sign. (due c.)

,505

Correlazione

-,139

Sign. (due c.)

,166

Correlazione

-,077

Sign. (due c.)

,441

Correlazione

-,124

Sign. (due c.)

,217

Correlazione

,133

Sign. (due c.)

,184

Loc-L

Sostengo sociale

Strategie di evitamento

Attitudine positiva

Orientamento al problema

Orientamento trascendente

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Coerentemente con la letteratura (Caliendo M. Cobb-Clark D. Uhlendorff A. 2010) si potrebbe pensare che sia proprio il locus of control esterno ad influire sul mantenimento dello stato di disoccupazione. Detto in altre parole, il locus of control esterno sarebbe la causa e non l’effetto del perdurare della disoccupazione.

Ma per poter arrivare a questa conclusione si dovrebbe, almeno, poter conoscere l’orientamento del locus of control del campione prima dell’evento della disoccupazione.

Sono state inoltre esaminate le correlazioni tra le scale del COPE-NVI e il Loc-L attraverso il coefficiente di correlazione di Pearson.

Le inter-correlazioni tra le 5 scale del COPE-NVI, risultano essere coerenti con quelle individuate dagli autori del test (Sica C. et al 2008). La correlazione positiva più evidente è quella tra “orientamento al problema” e “attitudine positiva” (r = 0,402, p < 0,01). Inoltre si riscontra una correlazione con minor significatività tra “orientamento al problema” e “sostegno sociale” (r = 0,221, p < 0,05) e negativa tra “orientamento al problema” e “strategie di evitamento” (r = - 0,231, p < 0,05).

Le correlazioni ottenute tra il punteggio ottenuto al questionario Loc-L e le scale del COPE-NVI confermano ciò che è già stato evidenziato in letteratura. (Anderson, CR 1977, Lazarus, R. S., & Folkman, S. 1984).

La scala Loc-L risulta correlare negativamente in maniera significativa sia con “l’attitudine positiva” (r = - 0,273, p < 0,01) che con “l’orientamento al problema” (r = 0,270, p < 0,01). In misura minore ottiene una correlazione positiva con la scala “strategie di evitamento”. (r = 0,209, p < 0,05).

Secondo questi risultati chi ha un locus of control interno utilizzerebbe strategie di coping prevalentemente “orientate al problema” ed “all’attitudine positiva” a differenza di chi ha un locus of control esterno che prediligerebbe “strategie di evitamento”.

19 dott. Giovanni Zanusso (giovanni@zanusso.it)

Tabella 6

Sostengo sociale

Loc-L Loc-L

Correlazione

1

Sign. (due c.)

Strategie di evitamento ,209*

-,273**

-,270**

-,066

,234

,036

,006

,006

,514

1

,014

,122

,221*

-,124

,890

,225

,026

,216

-,003

*

,161

,975

,020

,108

1

**

,031

,000

,757

1

-,049

-,119

Sign. (due c.)

,234

Correlazione

*

,014

Sign. (due c.)

,036

,890

Correlazione

**

,122

-,003

Sign. (due c.)

,006

,225

,975

Orientamento Correlazione al problema Sign. (due c.)

**

*

*

Strategie di evitamento Attitudine positiva

Orientamento Correlazione trascendente Sign. (due c.)

,209 -,273 -,270

Orientamento Orientamento al problema trascendente

-,119

Correlazione

Sostengo sociale

Attitudine positiva

,221

1

-,231

,402

**

-,231 ,402

,628

,006

,026

,020

,000

-,066

-,124

,161

,031

-,049

,514

,216

,108

,757

,628

1

Note: * La correlazione è significativa a livello 0,05 (a due code). ** La correlazione è significativa a livello 0,01 (a due code).

CONCLUSIONI

Gli obiettivi di questo lavoro sono stati quelli di esaminare la relazione tra il locus of control e le strategie di coping in un campione di disoccupati e individuarne le caratteristiche distintive in relazione alla disoccupazione.

I risultati sono in linea con quelli ottenuti da ricerche precedenti, pur in un contesto completamente diverso.

Il locus of control esterno risulta essere positivamente correlato con le strategie di evitamento mentre nel versante opposto il locus of control interno è positivamente correlato coll’orientamento al problema e l’attitudine positiva.

Le media dei punteggi ottenuti al questionario COPE-NVI non differenziano significativamente rispetto al campione normativo, tranne che per l’orientamento trascendente.

20 dott. Giovanni Zanusso (giovanni@zanusso.it)

Differenze significative si riscontrano invece, nelle risposte date al questionario Loc-L. Il campione di disoccupati risulta avere un orientamento maggiormente esterno rispetto i campioni normativi.

Quest’ultimo risultato fa emergere alcune riflessioni per successivi studi sul come gli stili attributivi, in particolare il locus of control, possano giocare un ruolo cruciale di mantenimento dello stato di disoccupazione e come possano aumentare il rischio di mettere in atto comportamenti disadattivi con conseguenze negative sia sul versante fisico che psicologico.

Il presente studio va a confermare la sempre più pressante necessità di intervento psicologico nell’ambito del disagio conseguente alla perdita dell’occupazione lavorativa.

Strumenti adeguati di assessment e protocolli di intervento nel counseling lavorativo\occupazionale possono diventare di fondamentale importanza per ridurre il periodo di disoccupazione involontaria e prevenire la messa in atto di comportamenti a rischio e, nei casi più estremi, autolesivi.

Lo studio prevede inoltre un successivo follow up a 6 mesi per individuare chi nel campione avrà trovato lavoro. Questo permetterà di arricchire ulteriormente la relazione tra le variabili dei test e la dimensione della disoccupazione.

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