Isvari elisa l'ora senza ombre

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Elisabetta Scotto

L’Ora Senza Ombre

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ormadelibro


Proprietà letteraria riservata © 2014 Ormadelibro Prima edizione, mese di Gennaio 2014 È vietata la riproduzione della presente opera con qualsiasi mezzo senza preventiva autorizzazione dell’Editore. Indirizzo: ormadelibro - Fondazione “Varo Pampana” 67020 Fossa (AQ) - Viale degli Alpini, 11 - Tel. 346 0194713 paulovaro.blogspot.com paulovaro.pampana@gmail.com Le opere edite da Ormadelibro non hanno scopo di lucro ma solo di divulgazione. Nessun collaboratore percepisce compensi in denaro e il ricavato serve alla ristampa delle opere stesse sempre in misura amatoriale e solo per la copertura delle spese. La metà delle opere stampate sono date in omaggio a studi medici, ospedali, ambulatori, mezzi di trasporto, treni, biblioteche e omaggi personali su segnalazione. Tiratura limitata a 60 copie di pregio editoriale. Questa copia è la n. .......... ed è firmata di pugno dall’autore. ................................................................ La foto in copertina è opera di Rama Raghava das. Le foto che riproducono l’autrice sono opere della stessa.


Al mio Amore. Al tuo Amore. All’ Amore di tutti.





Introduzione Si può essere di parte perché, amando, tutto d’ella s’ama. O perché un dì a tuo favore partigianamente parlò. Come pure perché conoscendone gli occhi puri, di purezza vesti ogni cosa faccia sgorgare quel mare limpido cui ti permise di bagnarti. Io sono di parte per queste e altre ragioni: la preminente, quel costante, permanente, permeante amore per la vita, il gioco, la melodia. Lo ammetto: da ricercatore d’un filo logico in ogni cosa, talvolta mi trovo a chiedere: “E dunque?”, non trovando il bandolo dello scritto. Che rileggo volentieri, cullato dalla melodia, dalla metrica musicale, dalla scelta di vocabolo sorprendente; dall’irriverenza con cui parla alla vita, della quale appare padrona in un mondo di servi. E sorrido. L’artista non ha da chiarir (MAI!) di che parla, o scrive, o dipinge. Se le corde dell’anima sono accordate sulla medesima tonalità, esse vibreranno; dov’essi indovinare un cavallo dove il pittore immagina uno scontro a fuoco, l’emozione arriva. Elisa (Isvari, per me), questo fa. Dipinge quadri con le parole e mentre cerchi d’azzeccare il tratto, scopri che il sentir positivo che ti travolge era quanto. Laddove di umani dolori si narra, è della loro sconfitta che rimane il sapore. Si può essere di parte per ragioni nobili, o per piaggeria. Di godere ancora e ancora di una tal bellezza d’animo, fanciullesca attrazione per la vita; di positivo spirito e gioie da far sempre trionfare sugli affanni, io spero. Le motivazioni, lascio ai fortunati che, come me, ne beneficeranno.

Roberto Mazzuia cantante e scrittore



Prefazione

Una decina d’anni fa, a Firenze, nella stupenda villa cinquecentesca, detta “Villa Vrindavana”, conobbi per la prima volta Elisa Scotto, poetessa. Appurato che amava molto la poesia, le regalai uno dei miei ultimi libri. Con l’occasione mi disse che aveva raccolto in un plico rilegato alcune sue poesie, se potevo leggerle e dirle che cosa ne pensassi. Lo feci. Rimasi letteralmente sbalordito! Di solito si è sempre un po’ prevenuti nel leggere i testi di qualche nuovo poeta, magari improvvisato, e nel dover dare dei giudizi, o meglio, “consigli”, circa la forma con la quale si presentano le loro opere. È importante che il verso prenda una sua bella veste, con la quale comunicare lo stato d’animo del poeta, e che il lettore deve recepire. A volte basta togliere, o mettere una vocale, o una virgola, levare una parola, e la poesia intera ne risulta trasformata, proprio come fa una donna quando, con maestria, con una semplice matita da trucco, trasforma il suo viso in qualcosa di accattivante e di misterioso. La poesia di Elisa era un indistinto incredibile, che sentivo nascere sotto i miei occhi. La profondità delle sue emozioni, che si esprimevano in un lirismo spontaneo, nel canto d’un fiore e nel profumo d’una stagione, avevano un che di misteriosamente ancestrale. l’Io più profondo, con tutte le sue pulsioni, si coniugava con la natura, con tutti i suoi fenomeni. Il sole e la luna, le stelle e l’alba, non erano solo una descrizione pittorica, che fa da contorno ad un paesaggio, pur con tutte le sue suggestioni “umane”, ma erano, tutte queste, scaturite da quel mare profondo in cui si mescolavano con la sua personalità. Erano, e sono, “sangue del suo sangue”. Sbalordito, pensai che avevo scoperto una nuova e grande poetessa, per niente inferiore a quelle che da anni dominano la scena letteraria del nostro Paese. Sembra che nelle sue liriche ci sia, da qualche parte, una voce che canta ed un grande orecchio che ascolta il suo cantare. Mi venne in mente l’attitudine che aveva il grandissimo soprano Maria Callas quando principiava un’aria. Con la testa lievemente piegata e un po’ bassa, emetteva la sua voce udendosi, e udendosi si giudicava, e si perfezionava, per raggiungere le vette dell’espressione. Mirabile. E la musica è, per Elisa, come per me, il destino di un sogno che non ha mai fine, un ritornello che non ha posa, che non dilegua quando si leva l’aurora mattutina. Io mi figuro che i sogni della Poesia non abbiano mai fine, ma che trovino un’isola felice nell’oceano del tempo infinito. Sarà lì, o Elisa, che trascorsa la nostra vicenda umana, ci rincontreremo in compagnia dei nostri Poeti Maggiori, a vivere ancora di un’Eterna Giovinezza. Da Aveja degli Abruzzi, il 7 dicembre 2013.

Paulo Varo (Pampana)



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“Riassunto delle vite” Attrazione e Repulsione; duplici chiodi mai fissi a parar la mente.

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“Inno al Sorriso” Semmai noi annunciassimo un sorriso non così ma diluito e gocciolante perso in un rimorso stordito da un rimpianto sorriso svenuto andante sorriso dai lineamenti scarni pallidi confusi... così semmai noi pensando di declinare l’invito a sorridere che già ci fu posto sui bianchi denti ci stupiremo un attimo nel ragionar che tale luogo necessita prender piede se non sul terreno ma sotto il naso nostro perchè un volto interrotto a metà da una mezzaluna rampante potrebbe trascinar seco un pianeta raggiante così semmai noi annaspassimo un sorriso

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anemico e spaventato prendiam d’esempio lo scorrer dei raggi sulle vite nostre sane. e divine

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ƒ “Adagio Cantabile Allegro di molto” Placidi ritmi possenti nell’andata nel ritorno nel mentre nel ventre.

“Azimut” Anticipo Annaspando Annegando Alacremente in un Anacronistico Antimateriale Allergico Allegorico Avviluppante Falso-Ego.

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ƒ “Duo di arco e frecce” Richiamo di Donna-Femmina di Morte figlia guerriera maestosa piacendo e giacendo arricchire potenza di maschio fa. Pelle di orso dall’insistente profumo d’odore tra rugiada di bianco capello e osmosi di Luna innamorata di Te….

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ƒ “Il Tempo di Dio è il migliore dei tempi” Dimostrazione di Eternità il Tempo per me non esiste Essere Vivente negli universi vagare senza date senza dimensione Persona con mille braccia e mille volti peregrinare senza concetto di Io e Mio

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“Saltarello Presto� Uva nera da vino sole note Mozartiane in serbo un amore di pensiero e un pensiero d’amore Lentamente il tempo allunga la presa su frutti succosi e maturi come fichi appena colti e avidamente morsi.

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ƒ “Sonata Varsavia” T’amo ma non so amare perchè soffro.

“Niun mi tema” Giro mi rigiro in tondo respiro come un valzer donato ma veramente mai amato.

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ƒ “Spietata, Sdegnosa, Sperar non si può” Implume e senza ali foggiare e dimenticare oasi camminando sulla bàttima affinchè il mare porti via le impronte.

“Assunzione Elisabettiana” Variazione spettrale come la mente che tira e rilascia concede, toglie. Ultima composizione con preludio in do minore alternando ritmicamente la gioia col dolore.

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“Benedicimus” Si spiano i canti nell’invisibile rosa del tramonto maggiolino si respirano viole e violoncelli che a cadenza emozionata imbrigliano la frettolosità di un pensiero frivolo ma casto indecente ma pudico all’aurora dei mai visti monti lungimiranti occhiate e sguardi fuggevoli stretti in un decoroso impasto relazionale che all’ultimo colore gridano di buio e di ripetuto caduco si odono orchestre e orchestrali maestri che dirigono e platee che si abbeverano di suoni virtuosi e allegri andanti lasciati spandere voluttuosamente nell’aria delicata e sobria di una serata di odorosa primavera: tarde vicissitudini spinte oltre da un legittimo attimo di necessità di Amore.

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ƒ “Recinti” Di cavalli di briglie sciolte di correre liberi nel prato della mente che cornici non ha.

“Ogn’or” Il Vento che voleva parer nube per imbiancar di neve le vette al Desio come nodo mi stringevano a te.

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“Essenza”

Nel rifuggire il labirinto che elabora una vendetta suicida di re di mondi liberi ma oscuri che come piaghe circondano l’intimo divenire nei giorni che verranno; succubi di rinascite e simbiosi calmi d’aspetto e canterini negli angoli delle grotte. S’insinua il Maestro che tacque all’ascolto rimeggiando un coro che oltrepassava le felci e la natura ottombrina che adombra i cuori e le menti irrequiete. Tu dal sol leggero che sapevi abbeverare di lino i germogli miei di sole dissetata mi cinsi mentre orrore al vago mistero, tu facevi. Reo di ombre che lanciano colpe all’ultimo uomo che prega seduto nel silenzio della vicina morte che oltrepassare i tempi, i luoghi e le circostanze può con il semplice ghigno sospinto e sospirato come veicolo di energia. Salvami, chiamami. Ho reciso, finito, annientato debuttato nella musica di un requiem Mozartiano di antica essenza; padrona e schiava di questo inutile lacrimare che permea la terra e le piante e le bestie e l’aria, il cielo, le orecchie e la donna. Divino reclutare soprani e baritoni in un etereo profumo che inonda la nebbia degli atomici e scomposti pensieri atti a redarguire un 22


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essere fallace e primordialmente errato. Confutaste passaggi laddove porte chiuse vi erano e spartiti come gocce al vento mi colpiron la faccia distrutta ma mai udii note piu sublimi che accarezzavano il cuore e l’udito mio lacrimando accordi che scendevano come realizzazioni al tramonto della vita quando i progetti si denigrano in un infrangersi di follie e paure ripetute quando il lanciare uno sguardo oltre è uccidere ogni desiderio limpido ma sfuocato nell’ora del mezzo giorno che implora fiducia e fantasia. Sento le voci della sera che arano i campi e volano come aquile sopra le cime delle menti doloranti e provocate da sittanto errare. Esisti, negli ancestrali amori esisti e io cieca mi salvo abbeverando lo sguardo in un sublime risorgere che trasuda sangue e ricordi ma che dalla fine prende l’inizio per transumare corpi che incidono storie nell’universo per dissolversi poi come ombra nella luce quando l’incanto dello stupore primeggia nella Scrittura e nella perfezione di un opera d’Amore. Giacigli stanchi si perpetrarono nel mare e sulla neve candida di favole mai vissute. Tu doni, Tu togli Tu reprimi, Tu spalanchi, e chiudi; aiutami a capire che cosa dovrei trovare, cambiare, cercare, vedere, amare, rispettare, seguire. Benedetta sia l’illuminazione che domani apparirà gaia nello specchio mio contornata di essenza propiziatoria! 23


ƒ “Io restai priva di Libertà” Labirinti di buio avidamente ghignano conoscendo la beffa che ogni volta affrontiamo nel cercare la via di uscita.

“Zeffiro torna, e ‘l bel tempo rimena” Due dita un soffio nella bocca un liquido pensante...

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“Che di veste lo mondo mi deste”

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Oh Padre Oh Madre con leggiadra follia che i savi sorregge in crescita mi educaste con balda guisa; uno di dolce giullare l’altra di forte guerriero Oh Padre Oh Madre Ognun dal venerabil sentimento; sfuggire mi faceste a un normal discorrere di normali genti che delicatezza non hann e mai avuta ebbero Oh Padre Oh Madre grazie per tal pregio insegnatomi; a esser nobil parte del Creato Tutto amando Lo divino Creatore e i Suoi divini Creati Oh Padre Oh Madre nella mi parte unica canzon dalla mi voce si leva per onor proferir alle Persone Vostre; “Che Dio in gloria abbia a Voi!” 25


ƒ “Con spirito assai legato” A digiunar la mente come chioschi di caffè dalla vastità del resoconto.

“La Rosa che non Canto” Estinto Distinto Amore gracile e fragile mesto e desto raccogli fiori dipinti su tele di carne ammorbidisci tramonti diluendoli d’immaginazione Rude muto astuto amore lascia la spina cogli la rosa.

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ƒ “Pria che spunti in ciel l’aurora” Il cielo era obliquo nell’attesa della notte e le radici spingevano in alto per poterti vedere.

“Del mio pensiero tu sei il re” Uom di camicia rossa ho il Tuo odore che m’indossa

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ƒ “Il Canto del Beato” (Bhagavad-Gita) Lui che altolocato è nel Suo destreggiar marino porse la mano dell’arco prolunga al soggiacer del volere Divino riponendo un ode e un riassunto desiderio nelle fauci del fato che onorar struggeva di Protagonista farlo. Siffatto il Canto del Beato grazie a Nara e Narayana che ovunque poggino i Lor di piedi loto opulenza e vittoria potenza e moralità verità e decoro onore e Conoscenza a braccetto camminan tenendosi d’Amore.

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“Legittimamente Gioiosa” Cori stupendamente articolati glorificano l’Assoluto mi rendo voce mi rendo tempesta eco e gratitudine per raggiungere un brivido decorosa gioia virtuosa emozione che aderisce senza filtri o ridondanze alcune.

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“A Kamadenu” La campana prende il ritmo nei rintocchi del battito che giace Un muggito, un profumo che accompagnando vanno il tuo allegro ruminare Sorella Madre Amica Mucca.

“Treccia...” Mani su mani mani su pelle su brividi di pelle dita come treccia unta d’olio treccia nera folta lunga Mani impigliate in decorosi desideri mani su mani come un impasto odoroso voglioso vizioso doloroso ma tenerissimo. 30


ƒ “Distinto fuoco d’istinto” È con un movimento naturale della pioggia che essa inizia a bruciare.

“Introduzione rondò alla burlesca” L’occhio spavaldo di rughe inneggiando osserva la marea di parole che da sotto lo inondano.

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ƒ “Tempo di valzer lentissimo” Miro Ammiro tecnicamente mi stiro allungando il respiro.

“Tempo di valzer lentissimo (due)” Alle origini andando deliziosamente camminando armoniosamente delirando.

“Tempo di valzer lentissimo (tre)” Gli accadimenti sono uno scherzo in do diesis minore

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ƒ “Un esercito di prodi da te guidato” Si leva di giorno la luna che tace e riluce nell’oscuro la Dea che giace.

“Barca di Livorno per Vaikunta” Raccordo accordo equanime sciolta su di uno scoglio veleggiar come strumento d’Amore.

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ƒ “Anartha” C’è la nebbia che copre la nebbia che copre la nebbia che copre l’offerta sincera di un fiore a Krishna.

“Moto Perpetuo (Opera 34)” Muta caddi nel silenzio della sua parola verbosità inghiottita nell’intesa di un ritorno. Muta è l’andata glorioso il ritorno.

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ƒ “Due tanghi per due pianoforti” Mi dirigo di piano suonando nell’umido bosco di rigoli dimora e brillanti autunnali foglie spinte e armoniosamente depositate tra i sassi come dighe a ventaglio chiuso dallo scorrere musicale dell’acqua ottobrina che spazio non lascia nel suo incessante apparire

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ƒ “Nelle ali dell’Aquila stanca” Un dì che sera sembra imbrigliato di mirto e di vento di mosto scosse da estive correnti docili accoglienti brezze danzano e al ritmo di tango sfregiano nuvole nell’orgoglio delle loro forme canute

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ƒ “Rivolgete a Lui lo sguardo e Voi ridete” Localizzando Il Supremo Cellula nella cellula Goccia nella goccia Libertà nella libertà

“Come un ape solitaria” Il Seme che assiste rubicondo sul ciglio che temerario s’inarca per un sorriso far posto

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“M’apparì tutt’Amor” Son nell’autunno reco cicatrici contemplo Vecchiaia vicina come un lago fermo ghiacciato perplesso.

“Frivola Allegrezza” I fiori del susino sono già caduti bellissimi, delicati durati sette giorni alla mia vista Adesso solo piccoli petali bianchi sparsi ovunque Quanto poco allegrezza duri nel corso delle stagioni... 38


“Samsara”

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da una flebile foschia mista a selvaggio fango Se arresa è necessaria per rimpiazzare un cuor che audacia venga nei sotterranei e soporiferi meandri dei tracciati percorsi favoriti dai guardiani silenziosi ad ogni passo silenzioso e scalpitanti a ogni ruzzolante declino Perchè masse di gioia nel suo intento divenir fossero magiche corde o strade fiorite mirate e inseguite in lucidi e festosi dì di poetiche danze lasciate fluire mestamente tra luoghi divini e sconosciuti L’ingegnere della vita e della morte che segmento non fu che al sorger del sole quando i pilastri della mente ondeggian come onde salate lasciate libere di gonfiarsi nella semplicità di un perfetto uragano. 39


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“Usignolo sventurato” Come luna lieve nuova sul tramonto in ritardo col giorno lo sguardo la notte percorre e vivacemente nel vivere muore per rinascere a nord dell’universo.

“Capriccio spagnolo” La Rosa che voleva esser Pino e il Pino esser Giglio e il Giglio Gelsomino… ma la Violetta aveva inteso il tutto, e si beava del Suo esser Violetta…

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ƒ ”Tra i dolci palpiti dipinger l’Amor” Ecco ottobre Vi presento. Dalle damascate forme ottocenteschi colori plasmati a festa nella robusta selva che accoglier vuole aristocraticamente vuole odori sapori languori caldi e riservati che i sensi tutti con magia ristora. Ecco il mio Amore Vi presento Universale profumato Amore.

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ƒ “Vieni alla selva bruna c’arride il ciel” Bellezza lacustre di bosco e spinetta fuse nel giocoso gioco di un universo ogni attimo mancante da scoprire ad ogni adesso come bimbo di nuovi occhi e perduti ricordi… L’universo è pieno di silenzio il silenzio è pieno di musica la musica è fatta di una nota per volta.

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Ć’ “In braccio a mille fugheâ€? Io son la Poesia che si diverte a verseggiare lungo i confini della Vita camminando compongo laddove membra stanche si adagiano per apatia Io son la Poesia che tutto risveglia echeggiando nella mente ponte di congiunzione mi faccio tra distacco e amore tra divino e terreno

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“Cinque minuetti in sette trii” Un gioco di dama e messeri in universo gira attorno a regina che la corona posare non può…

“Bel contento già gode quest’alma” Nota su nota un amore si crea su spartito voluto si fissa come pittore tono su tono in tela dipinge e poeta dona emozione tra emozione…

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ƒ “Allegro mosso moderato e vivace” Come polena innanzi alle frange mi scontro di forze nella vita come mare che accavalla tempeste a calde bonacce.

“Meditando...” L’ora senza ombre: al risveglio e alla temporanea sepoltura un tripudio di virtù un inno all’introspezione.

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Poesie di Elisabetta Scotto (Isvari Priya dd) (detta Elisa) Via F. de Sanctis n.1 57100 Livorno Via Borgo San Jacopo n.140 57126 Livorno Tel 347 6496150 email: isvaripriya@libero.it blog: http://isvari.iobloggo.com/ FB: https://www.facebook.com/isvaripriya



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