La Ballata di Bertoldo - Bozza

Page 1


Le sottilissime astuzie di Bertoldo

Q

di Giulio Cesare Croce Proemio

ui non ti narrerò, benigno lettore, il giudicio di Paris, non il ratto di Elena, non l’incendio di Troia, non il passaggio d’Enea in Italia, non i longhi errori di

Ulisse, non le magiche operazioni di Circe, non la distruzione di Cartagine, non l’esercito di Serse, non le prove di Alessandro, non la fortezza di Pirro, non i trionfi di Mario, non le laute mense di Lucullo, non i magni fatti di Scipione, non le vittorie di Cesare, non la fortuna di Ottaviano, poiché di simil fatti le istorie ne danno a chi legge piena contezza; ma bene t’appresento innanzi un villano brutto e mostruoso sì, ma accorto e astuto, e di sottilissimo ingegno; a tale, che paragonando la bruttezza del corpo con la bellezza dell’animo, si può dire ch’ei sia proprio un sacco di grossa tela, foderato di dentro di seta e oro. Quivi udirai astuzie, motti, sentenze, arguzie, proverbi e stratagemme sottilissime e ingegnose da far trasecolare non che stupire. Leggi dunque, che di ciò trarrai grato e dolce trattenimento, essendo l’opera piacevole e di molta dilettazione.


La Ballata

di Bertoldo

da

Giulio Cesare Croce

raccontata da

David

Conati illustrata da

Gianluca

Passarelli


i Tarocchi della ballata di Bertoldo


C

antami o Diva di quell’uom dal multiforme ingegno che distingueva l’oro dal legno; che distingueva l’acqua dal fuoco a cui la furbizia giovò, non poco. Per niente bello, anzi assai brutto, qui proverò a descriverlo tutto: non era certo alla vista un Adone, aveva la testa come un pallone, due sopracciglia, ispide e irsute occhi sanguigni, guance paffute, fronte rugosa, orecchie a punta, naso adunco e barba bisunta. Sotto la barba, sul gargarozzo, quando parlava mostrava un gozzo. Alto non era, e neppure era grasso, per la statura era simile a un tasso.

pag. 5


Quello faceva di nome Bertoldo, e a prima vista non valeva un soldo. Col suo cervello cosÏ sopraffino, impressionò anche re Alboino. Le imprese sue ora andremo a narrare A chi paziente le saprà ascoltare.

pag. 6



Q il Matto


Q

Le risposte che dava quel Matto

uell’uomo astuto, in sella a un caprone, entrò a palazzo senza soggezione, passando in mezzo alla gente elegante, che lo scrutava con sguardo sprezzante, e andò a sedersi, tranquillo e beato, fianco al monarca per nulla indignato. Il re, credendo di avere a che fare con un buffone o forse un giullare, cominciò a porre domande curiose, a cui Bertoldo sempre rispose, anzi incalzò a sua volta il sovrano, preso dal furbo e sagace villano. Chi tace, se il tacere gli conviene, in bocca, sai dire, che cosa tiene? Il re gli chiese così, all’improvviso, fissando cupo quel suo brutto viso.

pag. 9


L’acqua – rispose l’altro seriamente, che a sua volta incalzò, prontamente: A pensar male fai certo peccato, ma cosa accade poi, tutto sommato? Alboino sorrise a quella parlantina e rispose sicuro: - Sempre si indovina! Man mano che il duello verbale incalzava la folla lì attorno più non fiatava, e il re la sfida accettò seriamente, per dimostrare a tutta la gente, che la sua mente non aveva eguali e che perciò non temeva rivali. Giunto il suo turno gli pose un dilemma, che il montanaro ascoltò con gran flemma. Tu che sei astuto, astuto e loquace, di questo, forse, saresti capace? Con scolapasta sapresti portarmi, acqua perché possa io dissetarmi?-

pag. 10


Certo – rispose Bertoldo sicuro, Basta aspettare che il ghiaccio sia duro. Ghiacciata l’acqua dai buchi non passa, risolto ho il bandolo della matassa? Il re sorpreso annuì soddisfatto, per le risposte che dava quel matto, e gli propose di stare lì a Corte, perché gli avrebbe dato man forte.

pag. 11


M


M

La donna tira assai la carretta

entre Bertoldo era un po’ sbilanciato, da quell’invito che gli era arrivato, ecco arrivare la prima questione che al re chiedeva la sua soluzione.

Due donne urlavano per uno specchio, poco prezioso e pure assai vecchio. La prima urlava: - Mi è stato rubato! L’altra insisteva: - Io l’ho comprato! La prima chiedeva giusta sentenza, l’altra affermava la propria innocenza. Il re ignorava che pesci pigliare, e quelle due continuavano a urlare, ordinò allora: - Si faccia a pezzetti! Poi sia diviso in perfetti mucchietti, identici, uguali, uno a ciascuna, così non avrò fatto torto a nessuna -.

pag. 13


La prima rise che la decisione, tutto sommato le andava benone. Dell’altra invece lo sguardo era a lutto, perché lo specchio vedeva distrutto. Notando in quella il gran dispiacere, esercitando il sovrano, il potere, diede l’oggetto alla donna piangente, che ci teneva di più certamente. Ben soddisfatto e senza precipizio, Il re concluse perciò il suo giudizio. L’altro osservava ridendo sornione, tanto che il re domandò spiegazione. Pianto di donna è sempre un inganno, e disperandosi fanno il tuo danno disse il villano sicuro e convinto, di riconoscer di quelle l’istinto.

pag. 14


Il re Alboino per niente d’accordo disse: - Mio caro, io ti ricordo, la donna tira assai la carretta, cresce i figli, cucina e riassetta, noi non sapremmo perciò farne senza, ritengo sia giusta questa sentenza -.

pag. 15


B


B

Siete anche peggio di mille serpenti

ertoldo allora, volendo mostrare, che il re su questo poteva sbagliare mise in giro una voce spergiura, come se fosse notizia sicura, È l’ultima legge che ha fatto oggi il re, che un uomo avrà sette mogli per se -. Questa notizia così originale, senza bisogno di alcun giornale, come una freccia dall’arco scocca, volò veloce di bocca in bocca. In breve tempo sotto il castello, si radunò più di un capannello, composto da almeno duemila gonne, di altrettante arrabbiate donne, che molto agitate urlavano al re: La tua nuova legge giusta non è!

pag. 17


Come hai pensato di legiferare, che un uomo può sette donne sposare? Il re Alboino, del tutto sorpreso, allora tuonò, regalmente offeso: Ma che cos’è questa assurda protesta? Ma che vi passa, ohibò, per la testa? Una tal legge non l’ho mai pensata, sembra una cosa assai poco sensata. Lingue malefiche, danno dei padri, disperazione di tutte le madri, flagello dei figli e dei parenti, siete anche peggio di mille serpenti. Che tale gravissima maldicenza, venga punita da questa sentenza: centoun bastonate qui si prenderà, chi al “tre” al mio cospetto ancora sarà -.

pag. 18


Il re non aveva il due pronunciato, che il suo salone era tutto sgombrato.

pag. 19


V


V

mai quelle avrebbero chiesto giustizia

orrei sapere – sbottò poi il sovrano A chi è venuto un pensiero sì insano. Mio sire qui devi darmi ragione disse Bertoldo con sguardo birbone.

Volevo mostrarti che ti sbagliavi, se delle donne le lodi cantavi. È bastata appena una voce, e quelle femmine ti han messo in croce -. Il re rispose con tono pensoso: Lo riconosco, sei stato ingegnoso, ma se non fosse per la tua malizia, mai quelle avrebbero chiesto giustizia. Quindi, ti avviso, più male non dire, sennò dal boia ti farò punire -.

pag. 21


L’uomo l’aveva appena scampata quand’ecco giungere un’ambasciata. È la regina, ti manda a chiamare, ne sei crucciato? Dovresti esultare? La fama tua cresce qui a dismisura, perché sei ombroso? Di cosa hai paura? Queste ambasciate non son sempre buone disse Bertoldo lasciando il salone. Ed era vero, perché la regina, voleva testarne la parlantina, e quello scherzo che lì aveva ordito, lei riteneva che andasse punito. Quando Bertoldo arrivò nella stanza, con la sua solita furba baldanza, Quella lo fece all’istante sedere, che il viso suo lei voleva vedere.

pag. 22


PartĂŹ cosĂŹ una schermaglia verbale, mentre una serva riempiva un boccale, che poi avrebbe versato giĂš in testa a lui che aveva la lingua assai lesta.

pag. 23


C


C

Quelle che il legno stavano alzando

ome fai a essere sempre sì astuto?Chiese lei in modo assai risoluto, a quel Bertoldo che dentro lo specchio, vedeva ora arrivare un gran secchio.

Lui le rispose deciso e sicuro: Quando mi bagno prevedo il futuro, e posso di dir se una donna è sincera, se è di animo puro, buona o megera, se lei è bugiarda e cela qualcosa, oppure invece è onesta e virtuosa. La serva pronta a schizzarlo di brutto, lì si fermò e lo lasciò stare asciutto, e nessun altra lo osò più bagnare, temendo ciò che poteva svelare. Perciò la regina molto irritata, che la vendetta vedeva sfumata,

pag. 25


ordinò a tutte di usare un bastone e di picchiarlo di santa ragione. Senza scomporsi il villano gridò: Colei che mi picchia per prima io so, anche se dice che vero non è, oggi ha cercato di uccidere il re. Quelle che il legno stavano alzando, si arrestarono e, dubitando dissero in coro: - Io non sono stata, alcuna pietanza mai ho avvelenata. L’uomo così scampò anche stavolta, ma la questione era ancora irrisolta. E mentre il villano lesto via andava ella alle guardie l’ordine dava: Picchiate con forza e senza pietà, il primo uomo che esce da qua. -

pag. 26


Quindi Bertoldo si salvò la testa, con la sua ennesima furba richiesta: Puoi dir che lascino il capo non pesto, e si accaniscano forte sul resto? Mentre così la regina lasciava, l’ordine a tutte le guardie arrivava. Quello seguito da paggi e donzelle, si avviò guardingo tra le sentinelle, che essendo il capo lo fecero andare e i colpi sugli altri iniziarono a dare. Quando poi i servi tornarono pesti, la grama regina stracciando le vesti - Perdinci! – urlò - Quell’uomo è un demonio! E con le guardie fece un pandemonio.

pag. 27


V


V

La superbia e' figlia dell'ignoranza

edendo che era tornato lì illeso, il re esclamò sincero e sorpreso: Sei giunto sano e con aria di festa, ma il mare laggiù, non era in tempesta?

Chi sa navigare non va alla deriva, e sempre sicuro nel porto già arriva - . Rispose il villano con tono deciso, fissando dritto il sovrano nel viso. Quindi di là è tornato il sereno?Domandò ancora il re nondimeno. Io son partito ma il cielo era nero concluse Bertoldo ed era sincero. Allora il monarca volendo scherzare l’uomo di nuovo riprese a sfidare:

pag. 29


Se l’ignoranza facesse famiglia, sapresti ora tu dir di chi è figlia?Lui soppesò quella domanda tosta per dargli subito giusta risposta. La superbia è figlia dell’ignoranza disse Bertoldo con molta baldanza. Alboino chiese: - Il giorno più lungo? Quando a digiuno la fame raggiungo- . Il duello verbale durò per parecchio e tutta la corte tendeva l’orecchio. Il re lo incalzava con ostinatezza, L’uomo però non mostrava incertezza. La nave affonda quando c’è una falla, ma che cos’è che vien sempre a galla? La verità – rispose il villano, pronto a tener testa al saggio sovrano.

pag. 30


La cosa più bianca? – gli chiese poi il re Saresti capace di dirmi qual è? La cosa più bianca di certo è il giorno, vedi la luce che spande intorno? Dici, più bianco del latte persino? chiese sorpreso, di scatto, Alboino. Ben più del latte e più della neve disse Bertoldo con la voce greve. Il re lo invitò perciò a dimostrarlo, e il fallimento ordinò di frustarlo.

pag. 31


L


L

e il latte non si sarebbe versato

ui non aveva alcuna intenzione, di esser frustato per questa tenzone. Così giù stalla andò lui diretto prese del latte e salì fino al letto.

Il letto dove dormiva Alboino per uno scherzo un po’ birichino. Mise il secchio in mezzo alla stanza, e se ne andò improvvisando una danza, prima però oscurò bene ogni vetro, lasciando il letto nel buio più tetro. Finito il pranzo era solito andare, il re un po’ a letto per riposare. Nel buio pesto non vide quel secchio, inciampò e il latte si sparse parecchio.

pag. 33


Che fa qui il latte? – gridò adirato Voglio sapere chi ce l’ha lasciato! L’uomo affacciandosi allegro e gioviale, rivolse al re un inchino cordiale: Son stato io sire, per dimostrarti che il giorno è più bianco, non adirarti. Se il latte fosse più bianco del giorno, avresti visto il secchio lì intorno, non ci saresti quindi inciampato, e il latte non si sarebbe versato -. Il re sbottò in una grassa risata, Bertoldo ancora l’aveva spuntata.

pag. 34


pag. 35



Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.