Rivista internazionale di grafica
International graphic design magazine
Primavera
Progetto grafico 31 Intorno al corpo Around the body
Spring 2017
Intorno al corpo
Around the body
È P O SSIBIL E PARLARE D I C OMUNICA ZIO N E VIS IVA S ENZA CONSI D E R AR E IL C ORPO COME O GGE T T O E S OG G ETTO DI QU E ST O P ROCESSO ? C A N W E TAL K A B O U T V IS UAL CO MM U N ICAT IO N W ITHO UT CON S ID E R IN G THE BO DY AS O B JE C T A ND SUBJECT O F T HE P ROCESS? L’indagine svolta in questo numero riporta la dimensione somatica del progetto, con tutte le sue diverse implicazioni, al centro dell’attenzione.
Progetto grafico 31
Primavera
The investigation in this issue brings the somatic dimension of design, with all its various implications, back to the center of attention.
Spring 2017
copertina cover Everyone Gets Lighter | All! è una performance che mira a condividere e diffondere un linguaggio corporeo inventato. Le parole, fatte di gesti, creano una «danza» che coinvolge il corpo nelle sue potenzialità comunicative e coreografiche e lo rende strumento di relazione poetico e politico. Il progetto è firmato dal collettivo artistico Kinkaleri che opera fra sperimentazione teatrale, ricerca sul movimento, installazioni visive, materiali sonori e performance. A completamento del progetto, lo studio bruno – Giacomo Covacich e Andrea Codolo – ha sviluppato la font K-Font nella quale è stato digitalizzato l’intero alfabeto corporeo (completo di punteggiatura). A cura di Lupo & Burtscher — Everyone Gets Lighter | All! is a performance that aims to share and spread an invented body language. Created with an alphabet of gestures, the words make up a sort of dance that involves the body’s communicative and choreographic potential. The body becomes a poetic and political opportunity for communication. The artistic collective Kinkaleri, originators of the performance, produces experimental drama, research into movement, visual installations, sound materials and performances. Giacomo Covacich and Andrea Codolo at graphic design studio bruno developed the K-Font through which the entire body alphabet was digitalized (punctuation included). Curated by Lupo & Burtscher
cura redazionale editing lif lectorinfabula – laboratorio per redattori editoriali
pp. 1, 9, 61, 95: Kinkaleri, tRitolo|All, Süden, Villa Romana: Art, Music, & Performance KunstHalle Deutsche Bank, Berlin, 26.08.13. Fotografie di photographies by Jacopo Jenna
distribuzione in libreria distribution (I) Joo info@joodistribuzione.it
direttrice responsabile Silvia Sfligiotti
editor in chief
direzione editoriale editors Davide Fornari, Silvia Sfligiotti comitato di redazione editorial board Emanuela Bonini Lessing, Serena Brovelli, Maria Rosaria Digregorio, Caterina Di Paolo, Claude Marzotto, Jonathan Pierini, Giorgio Ruggeri, Carlo Vinti, Stefano Vittori coordinamento redazionale editorial coordination Serena Brovelli progetto grafico graphic design Lupo & Burtscher impaginazione layout Giulia Semprini, Lupo & Burtscher
traduzioni translations Isobel Butters, Stefano Valenti sede editorial office via Amilcare Ponchielli 3 20129 Milano, Italia contatti email contact redazione_progettografico@aiap.it collaboratori di questo numero contributors in this issue Giovanni Anceschi, Elisa Angella, Andrea Antinori, Chiara Barbieri, Federica Bardelli, Gabriele Colombo, Maria Pia D’Orazi, Carlo De Gaetano, Evening Class, Fictional Collective, Michele Galluzzo, Roberto Gigliotti, Briar Levit, Claude Marzotto, Fanette Mellier, Lucia Miodini, Moniker, Parking Club (Laure Jaffuel + Elise van Mourik), Luciano Perondi, Jonathan Pierini, Erica Preli, Nicoletta Raffo, Tereza Ruller, Maia Sambonet, Azalea Seratoni, Silvia Sfligiotti impianti e stampa prepress and printing CTS Grafica srl via Vito Vincenti 23 – Loc. Cerbara 06012 Città di Castello (PG)
distribuzione per l’estero distribution (other countries) Central Books contactus@centralbooks.com caratteri tipografici typefaces Korpus, Binnenland Times Ten, Stanley Morison Univers, Adrian Frutiger copertina stampata su cover printed on Papermilk 250 g by Cordenons
Aiap via Amilcare Ponchielli 3 20129 Milano tel. (+39) 02 29 52 05 90 aiap@aiap.it www.aiap.it consiglio direttivo national board Cinzia Ferrara Presidente President Carla Palladino Vicepresidente Vice-President Stefano Tonti Segretario generale General Secretary consiglieri directors Gianluca Camillini Roberta Manzotti Monica Nannini Luca Pitoni probiviri panel of arbitrators Elena Camilla Masciadri Presidente President Susanna Vallebona Segretario Secretary Luciano Perondi Roberto Pieracini Aldo Presta revisori dei conti auditors Piergiorgio Capozza Luciano Ferro Paola Lenarduzzi tesoriere treasurer Ino Chisesi segreteria secretariat Elena Panzeri segreteria amministrativa Lucia Leonardi
administrative secretariat
responsabile CDPG (centro di documentazione sul progetto grafico) biblioteca Aiap head of CDPG (graphic design documentation center) Aiap library Lorenzo Grazzani consulente per i progetti speciali special project consultant Maria A. Di Pierro www.memeconsulting.it licenza license Tutto il materiale scritto dai collaboratori è disponibile sotto la licenza Creative Common Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo 4.0. Significa che può essere riprodotto a patto di citare «Progetto grafico», di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. — All material written by the contributors is available under Creative Commons license AttributionNonCommercial-Share Alike 4.0. This means it can be reproduced as long as you mention Progetto grafico, do not use it for commercial purposes and share it with the same license.
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Intorno al corpo A cura di
Edited by
Around the body
Claude Marzotto, Jonathan Pierini, Silvia Sfligiotti
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Intorno al corpo Around the body
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Vis-à-vis. Le facce della grafica Vis-à-vis. Face to face with graphics
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Misurare uomini e donne. Strumenti, teorie e pratiche dell’antropometria Measuring men and women. Instruments, theories and practices in anthropometry
Claude Marzotto, Jonathan Pierini, Silvia Sfligiotti Claude Marzotto, Maia Sambonet
Lucia Miodini
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Corpi digitali. Un campionario di tecniche di produzione Digital bodies. An inventory of production techniques Gabriele Colombo, Federica Bardelli, Carlo De Gaetano
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Ankoku buto. Danza, fotografia e arti visive nell’avanguardia giapponese degli anni Sessanta Ankoku buto. Dance, photography and visual arts in the Japanese Avant-Garde of the Sixties
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Il corpo come segno nella comunicazione dello Stato Islamico The body as a sign in the communication of the Islamic State
Maria Pia D’Orazi
Elisa Angella, Nicoletta Raffo
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Tassonomia del designer Taxonomy of the designer
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Cos’è un designer. Persone, luoghi, processi What is a designer. People, places, processes
Silvia Sfligiotti
Evening Class, Fanette Mellier, Fictional Collective, Moniker, Erica Preli
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Graphic Means. Intervista a Briar Levit Graphic Means. Interview with Briar Levit
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Action to Surface. Ripensare il valore della produzione di superficie in termini di performance Action to Surface. Rethinking the value of surface production in terms of performance Tereza Ruller
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La svolta somatica The somatic turning point
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Per fare una pista da ballo non devi far altro che ballare. Conversazione con Laure Jaffuel To make a dance floor you just need to dance. Conversation with Laure Jaffuel Roberto Gigliotti, Jonathan Pierini
103 Bauhaus quotidiano: un glossario incompleto 109 Il corpo è didattica The body is education
Fuori tema 121 Per Giancarlo Iliprandi
Jonathan Pierini
Giovanni Anceschi
Daily Bauhaus: an incomplete glossary
Chiara Barbieri
Azalea Seratoni
Off Topic
For Giancarlo Iliprandi
Roberto Pieracini, ico-D, Francesco E. Guida, Daniela Piscitelli, Giovanni Anceschi
133 Information illustration: un’analisi dialogica sull’illustrazione sinsemica Information illustration: a dialogic analysis of synsemic illustration Andrea Antinori, Luciano Perondi 139 ggk Milano: «I grafici sono sempre protagonisti?» ggk Milano : “Are graphic designers still lead players?”
Michele Galluzzo
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Intorno al corpo
Around the body
INTORNO AL CORPO Testo di Claude Marzotto, Jonathan Pierini, Silvia Sfligiotti
Il design della comunicazione è percepito oggi come una delle più immateriali tra le discipline del progetto: i suoi artefatti circolano sempre più in forma digitale, la produzione si è nel tempo allontanata dalla dimensione fisica. La digitalizzazione del mestiere è un fatto ormai assodato, e tuttavia il quadro sarebbe incompleto se non si tenesse conto dei diversi segnali (tra cui il più scontato è forse un diffuso ritorno alla stampa artigianale) che indicano una spinta irriducibile e contraria a ritrovare – o a reinventare – una fisicità del fare. Così, per esempio, se da un lato i progettisti sembrano aver «dimenticato» il proprio corpo nel definire le relazioni con il lavoro e con gli altri nel quotidiano, dall’altro si assiste a un aumento dell’attenzione verso le possibilità spaziali e performative della grafica, nell’ambito del progetto di situazione. Da qui l’idea di dedicare un numero di «Progetto grafico» a tutto ciò che nella comunicazione visiva si muove «intorno al corpo», a partire dalla sua espressione più immediata – l’approccio conoscitivo del corpo «dall’esterno», orientato alla rappresentazione –, estendendo poi l’indagine a un’esperienza più «interna» di questo rapporto, nei processi corporei e relazionali che si instaurano quotidianamente nelle pratiche professionali e nella didattica. La prima parte di questo numero raccoglie quindi una serie di contributi che si confrontano con la rappresentazione del corpo: del volto, da sempre elemento catalizzatore in manifesti e copertine (Claude Marzotto e Maia Sambonet); di se stessi, come nel caso dell’auto-rappresentazione del designer (Silvia Sfligiotti); di un individuo ideale, come accade
nelle simulazioni algoritmiche di molte pubblicità (Bardelli, Colombo e De Gaetano); o del nemico, al centro della strategia di comunicazione del sedicente Stato Islamico (Elisa Angella e Nicoletta Raffo). La rappresentazione del corpo è sempre una costruzione, anche quando, come nel caso dell’antropometria analizzata nel saggio storico di Lucia Miodini, l’immagine pretende di restituire una tassonomia obiettiva dell’essere umano. A questa costruzione reagisce la «disintegrazione anatomica» proposta dall’avanguardia giapponese degli anni Sessanta, raccontata qui da Maria Pia D’Orazi, un’esperienza radicale di riscoperta dell’essenza materiale del corpo attraverso la danza e la fotografia. Gli artefatti comunicativi possono essere intesi come protesi attraverso le quali potenziamo i nostri sensi e in cui tentiamo di oggettivare esperienze e punti di vista particolari, per poterli condividere con un pubblico più ampio. Secondo questa prospettiva, la consapevolezza delle condizioni materiali del lavoro e delle loro implicazioni politiche è un requisito indispensabile per una comunicazione efficace. A questo aspetto è dedicata la seconda parte del numero, nella quale abbiamo invitato cinque tra studi, designer e collettivi (Fanette Mellier, Moniker, Erica Preli, Evening Class e Fictional Collective) a esprimere in forma testuale e visiva la loro posizione, confrontandosi con le riflessioni di quattro designer di generazioni diverse. In un’intervista a Briar Levit a proposito del suo documentario Graphic Means, Jonathan Pierini ragiona sull’evoluzione delle tecniche del graphic design e sul loro rapporto con il corpo del designer, per poi spostare l’attenzione, con il contributo di Tereza Ruller, sulla possibilità di mettere il processo al centro del lavoro del progettista, fino a farlo coincidere con il prodotto. Chiude la sezione una riflessione di Giovanni Anceschi sulla centralità del «corpo vivente» e sul rapporto privilegiato tra soma e occhio che unisce arte, design e pratiche di movimento.
La terza e ultima parte, introdotta da una conversazione di Roberto Gigliotti e Jonathan Pierini con Laure Jaffuel, docente presso lo Studio for Immediate Spaces al Sandberg Instituut, è dedicata alla formazione. Nella didattica, l’esperienza della connessione tra corpo e progetto è spesso alla base di percorsi propedeutici che precedono la specificità delle diverse discipline, e in questo modo informano nuove pratiche e possibili professionalità. Al Bauhaus, cui è dedicato un articolo di Chiara Barbieri, l’attenzione al corpo non si limitava alla presenza delle arti performative nel programma didattico, ma si manifestava anche attraverso esercizi di stretching, principi alimentari e tecniche di respirazione. Gradualmente rimossa dalla formazione dei designer, la fisicità torna oggi protagonista di diversi esperimenti didattici: una panoramica a cura di Azalea Seratoni mette a confronto alcune esperienze contemporanee che rivalutano il ruolo del corpo come strumento di conoscenza del mondo e della pratica di progetto. I contributi raccolti in questo percorso convergono «intorno al corpo» come intorno a un centro di gravità necessario, che lo spazio immateriale del digitale non ha affatto dissolto e che, anzi, sembra oggi richiedere una rinnovata consapevolezza. Indagando la comunicazione visiva in profondità, la prospettiva somatica permette di cogliere un insieme di pratiche e ricerche emergenti da cui riteniamo non si possa prescindere nel guardare agli sviluppi futuri della disciplina.
Una pagina dal libro di Cristina Lastrego e Francesco Testa, La figura dell’uomo, Zanichelli, Bologna, 1976. — A page from the book by Cristina Lastrego and Francesco Testa, La figura dell’uomo, (Bologna: Zanichelli, 1976).
Intorno al corpo
Around the body
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VIS Le facce della grafica
-Ă€Face to face with graphics
VIS. Testo di
Text by Claude Marzotto, Maia Sambonet
Strategie visive e dinamiche di relazione intorno alla rappresentazione del volto.
Visual strategies and relationship dynamics in the representation of the face. 11
MISURARE UOMINI E DONNE. Strumenti, teorie e pratiche dell’antropometria
MEASURING MEN AND WOMEN.
— English text on p. 30
Instruments, theories and practices in anthropometry
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Negli ultimi decenni del XIX secolo e nei primi anni del Novecento si delinea una storia della rappresentazione del corpo umano come campo di indagine di cui la fotografia segnaletica e l’antropometria giudiziaria costituiscono un capitolo fondamentale. di compilazione e di classificazione dei documenti. Sostituisce, quindi, all’antica terminologia dei connotati una serie di dati descrittivi e di misurazioni «prese tutte con metodo scientifico, uniforme ed esattissimo». 2
Testo di Lucia Miodini
Dopo l’abolizione del marchio impresso sul viso o sulle mani dei criminali, ancora in uso in Francia negli anni Trenta dell’Ottocento, la fotografia, al suo apparire, sembrò una soluzione alle difficoltà dell’identificazione. L’aspetto fisiognomico, però, era soggetto a mutamenti nel tempo e secondo le varie contingenze della vita; inoltre erano frequenti camuffamenti e travestimenti che rendevano dubbia l’identificazione del soggetto. I metodi di riconoscimento e classificazione degli individui, segnatamente l’antropometria giudiziaria e la fotografia segnaletica nascono dunque, con lo scopo di determinare uno strumento scientifico di controllo, misurazione e catalogazione e, al contempo, avviare un processo di razionalizzazione dello stato civile e di controllo della mobilità. Un notevole impulso all’avvio di questa nuova fase della storia dell’identificazione personale fu impresso da alcuni fenomeni legati all’industrializzazione: lo spostamento di ingenti porzioni di popolazione dalle campagne e dai centri rurali verso le città, l’aumento esponenziale della densità di popolazione urbana, l’irrompere dell’anonimato nella vita quotidiana, il collasso del tradizionale sistema di riconoscimento. 1 Il funzionario della Prefettura di polizia di Parigi Alphonse Bertillon (1853 - 1914), al quale si deve l’introduzione dell’identificazione antropometrica, si prefigge due scopi: perfezionare la misurazione e la descrizione dell’individuo e trovare un metodo pratico
Misurare uomini e donne
Measuring men and women
L’antropometria giudiziaria, che si fonda sulla constatazione che l’ossatura umana tende a non modificarsi dopo i venti anni e che ogni persona ha uno scheletro diverso dall’altro, è basata su una complessa misurazione delle varie parti del corpo (arti, cranio, dita, piedi, naso, orecchie: i cosiddetti caratteri antropometrici) e ne stabilisce le proporzioni. Il riferimento alle teorie di Lambert Adolphe Quételet (1796 - 1874), note a Bertillon, è evidente. All’astronomo e statistico belga, creatore della moderna metodologia statistica, si deve la formazione dell’antropometria come disciplina autonoma. Quételet sviluppa in modo sistematico, avvalendosi di un vasto materiale di osservazione, la concezione dell’homme moyen, una misura ideale, tenendo tuttavia ancora conto delle teorie sulle proporzioni del corpo umano e dei canoni dell’arte classica e rinascimentale. 3 Una parte del corpo umano è assunta a modulo e unità di misura nei canoni estetici dell’arte classica e nella trattatistica rinascimentale, dagli studi antropometrici di Leonardo da Vinci (1452 - 1519) ai trattati di Leon Battista Alberti (1404 - 1472) e di Albrecht Dürer (1471 - 1528). 4 Quételet guarda al passato, tuttavia è nella statistica che cerca la verità sulla conoscenza dell’uomo-unità di misura.
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Corpi digitali Digital bodies UN CAMPIONARIO DI TECNICHE DI PRODUZIONE AN INVENTORY OF PRODUCTION TECHNIQUES
Testo di
Text by Gabriele Colombo, Federica Bardelli, Carlo De Gaetano
Il corpo sintetico di Tupac (mancato nel 1996) sul palco del Coachella Music Festival 2012 è di un realismo impressionante. La performance è naturale, di forte impatto emotivo nonostante non ci sia alcun artista reale, ma solo un simulacro. Il limite tra realtà e rappresentazione sembra svanito: è la Precessione dei simulacri di Jean Baudrillard (1981), la mappa del mondo in scala 1:1 di Jorge Luis Borges vivida a tal punto che il pallido territorio rappresentato non è più visibile.
The synthetic body of Tupac (who died in 1996) on stage at the Coachella Music Festival 2012 is impressively realistic. The performance seems natural, the impact powerfully strong yet there is no real artist, only a digital replica. The division between reality and representation seems to have vanished: it is Jean Baudrillard’s Precession of Simulacra (1981), or the world map on a scale 1:1 by Jorge Luis Borges, vivid to the point that the pale territory represented is no longer visible.
Si penserebbe al digitale come al luogo e al tempo dove lo iato tra originale e copia abbia raggiunto il suo massimo. Sotto uno sguardo più attento, questa dicotomia appare sfumata ed instabile. Il corpo umano e la sua rappresentazione visuale sono il territorio perfetto dove compiere una ricognizione del movimento tra rappresentazione e simulazione nell’era digitale. Applicazioni dettagliate per l’alterazione del viso, risultati dall’estetica scintillante e corpi inorganici; emerge un’immagine distopica e inquietante del corpo progettato nell’era digitale.
One would think of digital as the time and place where the break in continuity between original and copy has reached its peak. Under closer inspection, this dichotomy appears vague and unstable. The human body and its visual representation are the perfect place for an analysis of the movement between representation and simulation in the digital age. Detailed applications for altering the face, glittering aesthetic results and inorganic bodies; a dystopian and disturbing picture emerges of the body designed in the digital age.
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Intorno al corpo
Around the body
Tupac, Coachella Music Festival, 2012. Fotografia di David Hwang — Tupac, Coachella Music Festival, 2012. Photography by David Hwang
Il corpo alterato La panoramica della produzione digitale del corpo inizia con gli strumenti per l’alterazione automatica del viso. Per immaginare se stessi da uno smartphone esistono applicazioni che rispondono a diverse esigenze: produrre una copia di sé più bella, più vecchia, più grassa. Quando il processo di alterazione fallisce, l’algoritmo mostra la sua debolezza, riconoscendo visi là dove non ce ne sono. E il gioco dell’immaginazione diventa mostruoso e inquietante. The altered body An overview of digitally produced bodies begins with the tools for automatic facial alteration. Applications available on a smartphone allow you to imagine yourself in a variety of different ways: an enhanced copy of yourself, older, fatter. When the alteration process does not function, the algorithm shows its weakness, recognizing faces even where there are none. And the imagination game becomes monstrous and disturbing.
美颜相机. Selfie-editor per cancellare inestetismi, levigare la pelle, illuminare e ingrandire gli occhi, ridurre le occhiaie. — 美颜相机. Selfie-editor to erase blemishes, smooth skin, brighten and enlarge the eyes, reduce dark circles. Meitu (China) Limited Oldify. Simulazioni iperrealistiche di invecchiamento, anche animate (sbadigli, colpi di tosse, sospiri). — Oldify. Hyper-realistic simulations of aging, including animation (yawns, coughs, sighs). Fatify. Simulazioni iperrealistiche dell’ingrassare: è possibile scegliere il peso desiderato e animare la faccia aggiungendo sudorazione eccessiva e altri effetti. — Fatify. Hyper-realistic simulations of fattening: you can choose the weight and animate the face by adding excessive sweating and other effects. © Apptly Chat multimediale: la funzione Face Swap permette di scambiare i volti di qualcuno o con qualcosa per mezzo di un algoritmo di riconoscimento facciale. — Multimedia chat: the Face Swap function allows you to swap faces with someone or something through a facial recognition algorithm. © Snapchat, Snap Inc., 2011
Corpi digitali
Digital bodies
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Adobe Fuse CC, 2016. Tratto da un tutorial Adobe: apri la libreria di teste e seleziona la testa desiderata; premi il tasto shift e clicca sulla testa per assemblare in automatico torso, braccia e gambe appropriate. <helpx.adobe.com/creative-cloud/how-to/create-3d-character-adobefuse.html> consultato il 30 settembre 2016. â&#x20AC;&#x201D; Adobe Fuse CC, 2016. Taken from an Adobe tutorial: click the Head library and find the head labeled Male Scan A. Hold down shift and click his head to automatically assemble the appropriate torso, arms, and legs on the canvas. <helpx.adobe.com/creative-cloud/how-to/create-3d-character-adobefuse.html> visited September 30, 2016. Undercurrents. Albert Omoss, 2016.
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Intorno al corpo
Around the body
Ankoku butō DANZA, FOTOGRAFIA E ARTI V I S I V E N E L L’ AVA N G U A R D I A GIAPPONESE DEGLI ANNI S E S S A N TA DANCE, PHOTOGRAPHY AND V I S U A L A R T S I N T H E J A PA N E S E AVA N T- G A R D E O F T H E S I X T I E S — English text on p. 43
Testo di Maria Pia D’Orazi
All’inizio degli anni Sessanta un danzatore sperimentale di nome Tatsumi Hijikata rivoluziona la scena teatrale con un progetto di «disintegrazione anatomica» che vuole riscrivere la Storia costruendo l’immagine di un corpo nuovo. Attorno a lui si muove un’intera generazione di artisti. E il corpo non è più un oggetto da raccontare, ma un soggetto che racconta se stesso e la sua memoria.
Ankoku butö
Uno scorcio di campagna deserta e una staccionata di legno alta in primo piano contro un cielo nuvoloso che sfuma bianco in lontananza. Sopra il recinto, un uomo: una figura piccola rannicchiata in un angolo, avvolta da un kimono leggero di cotone chiaro, con la testa protesa in avanti a guardare l’orizzonte. Tatsumi Hijikata in uno scatto di Eikoh Hosoe. Il luogo è Tashiro, un villaggio di contadini nella prefettura di Akita, prima tappa di un pellegrinaggio in automobile che comincia nel 1965 e prosegue a singhiozzo nei tre anni successivi, da Tokyo in direzione Töhoku, sulla costa nord occidentale dell’isola di Honshü, la più grande dell’arcipelago Giappone. Hijikata da queste parti è nato e cresciuto fino a quando, poco più che ventenne, si avventura nella capitale per diventare un danzatore sperimentale. Hosoe è un giovane fotografo che nell’entroterra settentrionale è arrivato con la madre e il fratello piccolo quando di anni ne aveva undici, lasciandosi alla spalle bombardamenti a tappeto sulla città di Tokyo. Per entrambi il Nord è un luogo della memoria. E sul filo della memoria nasce una monumentale sperimentazione.
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the material the instrument was made of and what it revealed. He came to realize that the very idea of representation should be abolished. When he started to wonder what that body of his was that refused to move following the same rules as for everyone else, Hijikata rediscovered gestures, experienced and observed that were registered in the muscles, ready to come to light once again.
The finished work appeared in 1968 under the title “Kamaitachi”. An extravagant tragicomedy: theater photos of a Japanese dancer and genius (Tatsumi Hijikata). The photo of Hijikata perched on the fence was the basis for the exhibition poster by Tadanori Yokoo. Yokoo colored the picture of Hosoe brightly, used ideograms, added two Japanese flags and a big red sun in the background. Hijikata immersed his hands in gold ink and stamped each poster with the imprint of his palms. Then he danced in the gallery at the opening. 4 The same poster was used that year for the poster of the buto performance by Hijikata: Nikutai no HanRan (The revolt of the flesh). An iconoclastic fury against the West inspired by Antonin Artaud’s Heliogabalus and built on works by Bacon, Schiele, Bellmer – all European authors who “reconfigured” the human body. In the end it raised a question about the Japanese identity typical of a culture in revolt against the forced westernization that began the late nineteenth century. This was already visible in the posters by Yokoo: whereas Japanese postwar graphic design used international canons and deliberately avoided traditional cultural elements, Yokoo recovered an anarchic, erotic and irrational pre-modern language, thereby creating a new visual grammar. And posters played a fundamental role for the buto artists and those of the avant-garde theater movement (angura). They were like “the first move in a chess game” with the audience. Sumptuous objects of art, “screen-printed by hand on complete printing sheets (about 76 × 100 cm) using sixteen or more colors”5 mostly made for free, often not even finished in time for the show, but no one cared. The important thing was that they were done well, because they were “the very first thing that acts as a signifier” for the show. 6
Their journey to the North was to become a long visual narrative held together by the legend of Kamaitachi: “A mythical weasel-like creature that moves quickly without being seen or heard through fields and villages, leaving in its wake deep cuts that do not bleed in the legs of the farmers and making their children disappear without a trace”. 2 No distance between photographer and photographed. Both are participating in something happening in the moment. The surrealist poet Shüzö Takiguchi wrote that it was a rare case where “the dark room itself becomes a theater”. 3 Through photography Hijikata showed the sedimentation of his memory. And this allowed Hosoe to mix the landscape with its imaginary projection.
Eikoh Hosoe, Tatsumi Hijikata in Kamaitachi.
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Intorno al corpo
Around the body
1 Cfr. Bruce Baird, Hijikata Tatsumi and Butoh: Dancing in a Pool of Gray Grits (New York: Palgrave MacMillan, 2012) p. 106. 2 Maria Pia D’Orazi, Il corpo eretico (Padova: CasadeiLibri, 2008) p. 49. 3 Eikoh Hosoe, Kamaitachi (Tokyo: Gendai Shichosha, 1969). 4 Cfr. Mark Holborn, Black Sun: The Eyes of Four, Roots and Innovation in Japanese Photography (New York: Aperture, 1986) p. 32. 5 David G. Goodman, Angura. Posters of the Japanese Avant-Garde (New York: Princeton Architectural Press, 1999). 6 Cfr. Interview with Jürö Kara in Japan Avantgarde: 100 Poster Masterpieces from Underground Theatre (Tokyo: Parco, 2004) p. 7.
Il corpo come segno
NELLA COMUNICAZIONE D E L L O S TAT O I S L A M I C O
The body as a sign I N T H E C O M M U N I C AT I O N O F T H E I S L A M I C S TAT E
— English text on p. 48
Testo di Elisa Angella, Nicoletta Raffo
Indagine visiva e lettura simbolica del documento video A Message Signed with Blood to the Nation of the Cross, prodotto dal gruppo terroristico Stato Islamico, nel quale il corpo, protagonista, assume il ruolo di dispositivo narrativo.
Dall’esasperazione dei limiti del corpo sperimentata da Marina Abramoviç, ai fenomeni perversi di purikura e hime gyaru che denunciano l’alterazione dei canoni estetici femminili giapponesi, la figura umana è da sempre «dispositivo narrativo» in grado di restituire una specifica realtà sociale. Al culmine di un paradossale crescendo, oggi assistiamo all’utilizzo del corpo – proprio o del nemico – da parte dell’organizzazione armata Stato Islamico, che lo eleva a protagonista della propria comunicazione diretta all’Occidente. Il corpo come segno visivo, capace di esplodere molteplici significati, si colloca in una dimensione compositiva che amplifica la permeabilità al messaggio del destinatario della comunicazione. Il capillare impianto narrativo
Il corpo come segno nella comunicazione dello Stato Islamico The body as a sign in the communication of the Islamic State
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Tassonomia del Taxonomy of the D E S I G N E R Testo di
Text by Silvia Sfligiotti
Mentre cercavano di costruire un senso e un ruolo nel mondo per la loro pratica, i designer hanno contribuito a definire la propria presenza nei confronti del pubblico grazie alle immagini di sé che hanno prodotto e diffuso. Dalle avanguardie alla contemporaneità, dalla ricerca dell’oggettività all’esposizione diretta di se stessi: una galleria di (auto)ritratti rivelatori. While trying to construct meaning and a role in the world for their practice, designers have helped define their existence to the public thanks to the images of themselves they have created and distributed. From the avant-garde to the contemporary, from the search for objectivity to direct self-exposure: a gallery of revealing (self) portraits.
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Intorno al corpo
Around the body
Costruttori, produttori Una delle necessità manifestate dagli esponenti delle avanguardie fu quella di distaccarsi sia dalla figura idealizzata dell’artista separato dal mondo reale, sia da quella dell’artigiano a cui alcuni ancora guardavano con nostalgia. Ecco quindi comparire sulla scena le tute da lavoro di László Moholy-Nagy e di Aleksandr Rodšenko, e l’autoritratto di El Lisitskij, in cui l’occhio e la mano si fondono con gli strumenti della precisione e della misura, compasso e carta quadrettata. Constructors, producers Members of the avant-garde felt the need to get away from the idealized figure of the artist separate from the real world, and away from the artisan which some still looked to with nostalgia. Hence the overalls of László Moholy-Nagy and Aleksandr Rodšenko, and the self-portrait of El Lissitzky, in which eye and hand merge with precision instruments and measuring tools, compass and graph paper.
Aleksandr Rodšenko in tuta da lavoro da lui disegnata. Fotografia di Mikhail Kaufman, 1924 — Aleksandr Rodšenko in the worker’s uniform of his own design. Photography by Mikhail Kaufman, 1924 El Lisitskij, Il costruttore, autoritratto, 1924. — El Lissitzky, The Constructor, self-portrait, 1924.
Tassonomia del designer
Taxonomy of the designer
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«L’anomalia del nostro tempo, ciò che lo rende contro natura, consiste nella deliberata, programmata determinazione di rendere la vita lavorativa degli uomini e il prodotto delle loro ore di lavoro perfetti a livello meccanico, relegando tutti gli aspetti umani, tutto ciò che per sua natura è umano, al tempo libero, al tempo estraneo al lavoro.» Eric Gill, Sulla tipografia, Edizioni Sylvestre Bonnard, Milano, 2005.
«Al fine di portare la didattica in uno stato di equilibrio tra mano e cervello, tra intelletto ed emozione, è necessario dare agli studenti l’opportunità di usare il cervello insieme al proprio potenziale emotivo; provvedere a generare esperienze sensoriali per gli occhi, il naso, la lingua e le dita, da trasformare in espressione consapevole.» László Moholy-Nagy, Vision in motion, Paul Theobald, Chicago, 1947.
“The abnormality of our time, that which makes it contrary to nature, is its deliberate and stated determination to make the working life of man & the product of their working hours mechanically perfect, and to relegate all the humanities, all that is of its nature humane, to their spare time, to the time when they are not at work.” Eric Gill, An essay on typography (first published in 1931), David R. (Boston: Godine Publisher, 1988).
“In order to bring education into a state of equilibrium of hand and brain, intellect and emotion, the task is to give the student enough opportunity to use his brain together with his emotional potential; to provide for sensory experiences of eye, nose, tongue, and fingers, and their transformation into controlled expression.” László Moholy-Nagy, Vision in motion, Chicago: Paul Theobald, 1947.
«Peraltro, il mestiere di designer artigiano presenta anche alcuni vantaggi esistenziali. Tanto per cominciare, un’“officina di servizi” può integrarsi in modo estremamente diretto in una comunità locale: un laboratorio cresce e opera grazie a rapporti interpersonali, mantenendo aperta qualsiasi opzione e, in un certo senso, trovandone continuamente di nuove.»
“However, there are certain existential advantages in the workshop situation. First, a service workshop can integrate itself into a local community in a very direct way. Such a workshop grows and proceeds through personal encounters; which keeps every option open and, in a sense, renewed.”
Norman Potter, Cos’è un designer. Things, places, messages, Codice edizioni, Torino, 2010.
Norman Potter, What is a designer: things, places, messages (first published in 1980), (London: Hyphen Press, 2002).
«Ho iniziato a cercare una risposta che valga per me come designer donna. I designer devono lavorare in due modi. Dobbiamo creare progetti visivi e fisici che proiettino delle forme sociali, ma allo stesso tempo dobbiamo creare forme sociali che richiedano nuove manifestazioni visive e fisiche.»
“I have begun to try to find an answer for myself as a woman designer. Designers must work in two ways. We must create visual and physical designs which project social forms but simultaneously we must create the social forms which will demand new visual and physical manifestations.”
Sheila Levant de Bretteville, A reexamination of some aspects of the design arts from the perspective of a woman designer, in «Arts in society: women and the arts», primavera-estate 1974.
Sheila Levant de Bretteville, A reexamination of some aspects of the design arts from the perspective of a woman designer, in Arts in society: women and the arts, spring-summer 1974.
Cos’è un What is a
PERSONE, LUOGHI, PROCESSI PEOPLE, PLACES, PROCESSES
D E S I G N E R EVENING CLASS FA N E T T E M E L L I E R FICTIONAL COLLECTIVE MONIKER ERICA PRELI Testo di
Text by Claude Marzotto, Jonathan Pierini, Silvia Sfligiotti
In diversi periodi, e da punti di vista differenti, i progettisti si sono interessati agli aspetti fisici e relazionali determinati dai processi produttivi delle proprie pratiche. In questa sezione presentiamo quattro passaggi selezionati da testi di progettisti eccellenti.
At different times and from different points of view designers have been interested in the physical and relational aspects determined by their own production processes. This section includes four excerpts from writings by master designers.
Eric Gill discute dell’industrializzazione e della relazione tra ore lavorative e tempo libero; Moholy-Nagy sottolinea l’importanza, in ambito educativo, di pratiche che integrino la mano e il cervello, l’intelletto e l’emozione; Norman Potter riflette sul ruolo e sulle implicazioni della figura del designer artigiano e sul suo habitat, il workshop modernista e Sheila Levrant de Bretteville offre una serie di spunti di riflessione da una prospettiva femminista.
Eric Gill discusses industrialization and the relationship between working hours and leisure time; Moholy-Nagy stresses the importance in education of practices that complement hand and brain, intellect and emotion; Norman Potter reflects on the role and implications of the figure of the craftsman and designers on their habitat – the modernist workshop – and Sheila Levrant de Bretteville offers a number of insights from a feminist perspective.
Cinque invitati, tra progettisti, studi e collettivi, contribuiscono a una riflessione sulle condizioni di lavoro attuali, offrendo una lettura comparativa.
Five guests including designers, studios and collectives contribute to a reflection on current working conditions, providing a comparative reading.
Cos’è un designer?
What is a designer?
63
GRAPHIC MEANS
Intervista a Interview with
Briar Levit â&#x20AC;&#x201D; English text on p. 78
74
Nella primavera 2014 Briar Levit ha lanciato su Kickstarter una fortunata campagna di raccolta fondi con cui produrre Graphic Means, documentario nel quale ripercorre le vicende del graphic design dagli anni Cinquanta ai Novanta – dalla Linotype alla fotocomposizione, dal
montaggio a mano al pdf.
Intervista a Briar Levit di Jonathan Pierini
JP
Che cosa ti ha spinto a realizzare Graphic Means? Perché ritieni importante che graphic designer e studenti di grafica conoscano il modo in cui si lavorava in passato?
BL L’idea del progetto nasce dallo studio di manua-
li obsoleti acquistati in negozi dell’usato. In questo modo ho potuto esaminare i numerosi procedimenti adottati passo passo, attraverso fotografie e illustrazioni, meravigliata dall’abilità manuale e dal tempo necessari per realizzare una semplice brochure, dallo schizzo agli esecutivi per la stampa. Conoscevo questi procedimenti, ma ai miei tempi già non rientravano da una decina d’anni nei programmi didattici. Nel ruolo di docente volevo condividerli con i miei studenti in modo che potessero contestualizzare e apprezzare il lavoro che svolgono e collocarsi nel continuum della nostra disciplina. Più riflettevo su tutto questo, più mi convincevo di voler condividere la storia con il maggior numero possibile di persone. L’effetto che ebbe su di me il film di Doug Wilson Linotype: In search of the Eighth Wonder of the World mi fece pensare al documentario come a un possibile strumento. Non soltanto contribuì a chiarire il mistero della Linotype a confronto con il tradizionale procedimento di fusione dei caratteri, ma mi mostrò anche la macchina in azione.
Graphic Means
Il Formaline era un nastro utilizzato come righello per la creazione di montaggi su pellicola. — Formaline was a tape used to create rules in paste-up layouts type on film. Pagina della brochure della fotocompositrice Linofilm: la digitazione del testo. — Linofilm photosetting system brochure: inputting type.
75
BL There is absolutely a resurgence of interest in
non-digital techniques, or a way of working that starts out by doing things by hand, and then is translated onto the computer for final artwork. Just as history has shown us that artists and designers often react against technology (think of the Arts & Crafts movement reacting against the Industrial Revolution), the same thing is happening now with the resurgence of letterpress and even things like screen printing and Risography (which can technically be done without using a computer). Does this lead to new aesthetics? Perhaps. I think the mixture of technologies is what’s very exciting and fulfilling for many designers working today. Most don’t feel a need to be purists in terms of analogue methods, but do like getting their hands dirty. The newest technologies always affect the work that designers make. That’s been historically so, and will continue to be so as far as I can tell. For instance, just little time ago, a consortium of leaders in the type industry announced the debut of their own plan for fonts that have infinitely adjustable weights. When I first heard it, my initial feeling was nervousness at the idea of folks using all these weights without sound typographic training. But then, aren’t these the same concerns designers had when the desktop computer debuted, and desktop publishing opened its doors to non-designers? Sure, there was a proliferation of
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Intorno al corpo
Around the body
less-than-excellent design. But there was also a boom in experimentation with these new tools that led to aesthetics we’d never have imagined before. JP
While making your documentary, did you meet anyone questioning what were, at the time, new technologies, anyone proposing alternatives to them?
BL I didn’t meet anyone who was proposing alter-
natives to new technologies in graphic design, but designer Art Chantry finds himself digging his feet in and continuing to use analogue methods regardless of what new technology arrives on the scene. He said when I interviewed him: “Let me put it this way, every time technology takes a big step forward, I take a big step backward. It’s like I’m almost down to potato stamps now. The technology’s gotten so good, why would anyone hire me when you can do it yourself?”.
Lucille Tenazas, graphic designer e docente, presente in Graphic Means. — Lucille Tenazas, Designer and Educator, featured in Graphic Means.
Action R I P E N S A R E I L VA L O R E D E L L A PRODUZIONE DI SUPERFICIE IN TERMINI DI PERFORMANCE
to
R E T H I N K I N G T H E VA L U E O F S U R FA C E P R O D U C T I O N I N TERMS OF PERFORMANCE — English text on p. 84
Surface Testo di Tereza Ruller
Noi designer siamo soliti presentare il design grafico come una pratica superficie-centrica. Action to Surface si chiede da dove provenga il valore del design oggi e come stabilire legami tra azione, design e superficie.
Immaginate un graphic designer che condivide selfie davanti a un’enorme macchina da stampa Heidelberg che sta stampando un suo poster; un palco ricolmo di oggetti di scena tipografici minimalisti popolato da attori che improvvisano; uno studente di grafica che amministra un blog sulla sua vita da designer invece di postare i risultati dei propri sforzi. Hanno tutti qualcosa in comune: sono caratterizzati dalla performance. Possiamo pensare la performance come possibilità di trasformare la situazione, di attivare il pubblico. È un atto con un unico e imprevedibile risultato, qualcosa che non può essere prodotto facilmente in serie. L’occasione che crea relazioni ed esiti inattesi è l’elemento chiave – la scintilla – della performance. Performance e graphic design hanno la comune caratteristica di essere transitori ed effimeri, vivono e svaniscono nella loro episodicità. 1
Action to Surface
Ines Cox e Lauren Grusenmeyer, The Citizen Speech, 2011. — Ines Cox and Lauren Grusenmeyer, The Citizen Speech, 2011.
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LA SVOLTA SOMATICA Testo di Text by Giovanni Anceschi
THE SOMATIC TURNING POINT
Gelatin, Nellanutella, 2001, 75 × 50 cm, Lambda C-Print, edizione di 8 — Gelatin, Nellanutella, 2001, 75 × 50 cm, Lambda C-Print, Edition of 8 © Gelatin
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— English text on p. 92
Un percorso tra arte, design e pratiche di movimento, per ritrovare il protagonismo del Leib, il corpo vivente. Io sono un corpo. Lei capisce che, avendo un corpo, ho bisogno anche di una corpa. Mi sono spiegato? Totò, in Totò nella luna, regia di Steno, 1958
Era stato Marx, al seguito di John Wyatt, col suo «filare senza dita» delle macchine tessili, a farci vedere il mondo come un intreccio di gesti, non tanto generati dai corpi quanto da quei loro sostituti o prolungamenti che sono gli artefatti. Un intreccio di gesti cristallizzati. Le protesi oggettuali vanno insomma pensate come estensioni e potenziamenti del corpo umano? I tedeschi hanno due parole distinte per designare il corpo: Körper e Leib. Si tratta di una distinzione di natura fenomenologica (e infatti se ne sono occupati Husserl e Merleau-Ponty): Leib è il corpo mentre vive, Körper designa invece il corpo morto o meglio privo di vita, il cadavere insomma o, in un altro senso, il corpo fisico o materiale (i corpi celesti), ma anche quello astratto geometrico (come il prisma o la sfera). Possiamo domandarci anche se le protesi (le forchette, i martelli pneumatici, i satelliti) siano da considerarsi parti soltanto del Körper oppure anche del Leib? Ma visto che le protesi sono tali in quanto esercitano una funzione attiva (portano il cibo alla bocca, scavano l’asfalto, pattugliano lo spazio astronomico), è chiaro che si tratta di vita e non di morte. Maldonado mi raccontò che un Heidegger flebile e sprezzante gli disse una volta che la filosofia poteva essere pensata solo in seno a due lingue: il greco e il tedesco. E in effetti il fatto che in una certa lingua manchi il corrispettivo di una determinata sfumatura di pensiero, rappresenta per la nostra mente un vero e proprio handicap, come se ci mancasse un arto. E la filosofia, così come la teoria, si trova spesso a giocare questo ruolo di infermierato translinguistico. Noi ora abbiamo bisogno di un equivalente italiano di Leib, e potremmo trovarlo in soma: infatti soma significa corpo nel senso plastico di configurazione che, accoppiandosi e opponendosi a psiche, assume proprio il significato di corpo vivente. Ed ecco che il mondo delle protesi diventa così un immenso e vivido groviglio di soma.
La svolta somatica
The somatic turning point
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Intorno al corpo
Around the body
Per fare una pista da ballo non devi far altro che ballare
TO MAKE A DANCE FLOOR YOU JUST NEED TO DANCE
Parking Club (Laure Jaffuel ed Elise van Mourik), Opening Hours al NASA, Amsterdam, 2013. Fotografia di Sandberg Instituut — Parking Club (Laure Jaffuel and Elise van Mourik), Opening Hours at NASA, Amsterdam, 2013. Photography by Sandberg Instituut
Conversazione con Conversation with Laure Jaffuel
— English text on p. 100
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RG These two words you are using, performing and
activating, are interesting as each of the two approaches radically changes one’s role in the generated situation. While performativity might generate a distance, activation means being part of the space and sharing that space with someone else. It can be more about activating a relationship with the audience rather than producing a performance. Sometimes we play with the roles. Who is the performer? One student, for instance, worked towards the idea of what exchange can mean. When the Palais de Tokyo invited the Sandberg Instituut to the Do Disturb Festival #2, Márk Redele presented his Shoe Department project. Taking a shoe-shop as an every day situation he dealt with the idea of retail. Not performers, but a real retailer assumed a given role in the space. He made shoes and invited the audience to exchange their own shoes for those that had been made for the show. LJ
JP
question as to whether the documentation itself is part of the work or not… The design of architecture is always related to the matter of its representation. First of all there is the well-known issue of scale. What tools can be used to represent architecture? Not many of our students are really confident with plans, 3D renderings, models… So we stimulate them to develop their own tools. Then we ask them how they want to record the moment, how they keep the evidence of something past or hidden. We don’t really have a magic formula…
Besides the physical experience in that very moment, how do these works get recorded or communicated? Does representation of the experience of the space play a role within the course?
Yes, totally. The students have to deal with the documentation of their work, and this opens up the LJ
Wellness Weekend, SIS workshop di Parking Club e Martin Belou, Sauna di Eva Hoonhout e Kim Waver, al BIN, Turnhout, 2015. Fotografia di Parking Club — Wellness Weekend, SIS workshop by Parking Club and Martin Belou, Sauna by Eva Hoonhout and Kim Waver at BIN, Turnhout, 2015. Photography by Parking Club Paranymph (slush puppies), SIS (Studio for Immediate Spaces) mostra di fine anno, vista dell’esposizione alla De Fabriek, Eindhoven, 2016. Fotografia di Hung Shih Hui — Paranymph (slush puppies), SIS (Studio for Immediate Spaces) End of Year show, Exhibition view at De Fabriek, Eindhoven, 2016. Photography by Hung Shih Hui
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Intorno al corpo
Around the body
Daily B A U H A U S quotidiano UN GLOSSARIO INCOMPLETO AN INCOMPLETE GLOSSARY Aglio Testo di
A
Text by Chiara Barbieri
Le pratiche somatiche e sensoriali furono un elemento chiave della didattica e dello stile di vita di docenti e studenti: qui sono ricostruite con una breve galleria di fatti e immagini. Somatic and sensory practices, key elements in the teaching and lifestyle of teachers and students, are here outlined in a concise array of facts and images.
Bauhaus quotidiano
Daily Bauhaus
L’alimentazione e i riti di purificazione imposti ai seguaci del Mazdeismo sono tra gli aspetti più «visceralmente» legati al corpo nell’esperienza del Bauhaus. Tra i ricordi di studente presso il Bauhaus di Weimar, Paul Citroen, artista olandese famoso per i suoi fotomontaggi ispirati alle metropoli del futuro, include il pungente odore d’aglio che pervadeva l’intero edificio. I più colpiti dagli effetti collaterali dell’eccessivo uso della pianta nel menù scolastico erano gli adepti del Mazdeismo, riconoscibili per l’aroma che lasciavano dietro di sé. «La cucina del Bauhaus», ricorda Citroen, «seguiva i principi del Mazdeismo e offriva quindi cibi organici che, a causa della mancanza di soldi, non erano abbastanza nutrienti per soddisfare il nostro fabbisogno». 1 Prestando fede ai ricordi di Citroen, il risultato di una dieta vegetariana macrobiotica era un aspetto grigio-verdognolo causato da una generale malnutrizione e da problemi intestinali all’ordine del giorno. Oltre a regolari periodi di digiuno, il Mazdeismo imponeva severi rituali di purificazione che implicavano il forare la pelle con aghi e frizionarla con olii per far emergere le impurità. Una volta comparse le pustole, il rituale prevedeva che venissero bendate e che il processo di essiccamento fosse favorito da un eccesso di sudorazione tramite esercizi fisici e bagni caldi. La pratica era ben lontana dalla teoria e i malcapitati erano tormentati per mesi da pruriti.
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V
Vista
Esperimenti con il colore di Ludwig Hirschfeld-Mack, 1919-28, dal catalogo The Bauhaus 1919-1928, a cura di Herbert Bayer, Ise Gropius, Walter Gropius, The Museum of Modern Art, New York, 1938, p. 41. — Color experiments by Ludwig Hirschfeld-Mack, 1919-28, from the catalogue The Bauhaus 1919-1928, edited by Herbert Bayer, Ise Gropius, Walter Gropius (New York: The Museum of Modern Art, 1938), p. 41.
La percezione visiva degli studenti era messa a dura prova da una serie di esercizi che, adottando un approccio vicino alle teorie percettive della Gestalt, affrontavano la questione della vista intesa come esperienza sensibile la cui interpretazione dipendeva dal contesto e dalle capacità percettive del ricevente. La vista, come il tatto, si poteva allenare e uno degli esercizi del corso preparatorio di Itten richiedeva di riempire una scala di grigi con il maggior numero possibile di sfumature dal bianco al nero ad intervalli di gradazione regolari. Più che di una scienza del colore, si trattava di offrire agli allievi un metodo per acuire le potenzialità dell’occhio e capire il «comportamento» dei colori. Come dirà Albers a distanza di trent’anni dall’esperienza del Bauhaus, «nella percezione visiva un colore non viene quasi mai visto come è nella realtà fisica, […] per poter usare il colore efficacemente, è necessario sapere che esso inganna di continuo». 11 Gli esercizi non si limitavano al solo colore, ma sperimentavano il rapporto figura/ sfondo e la capacità dell’occhio di percepire forme e volumi pur nella loro assenza. Gli studi di materia erano infine un punto di contatto tra gli esercizi tattili e visivi in cui gli studenti miglioravano la loro percezione arricchita dall’esperienza tattile dei materiali, traducendo i montaggi in dettagliati disegni o pitture.
1 Johannes Itten, Design and Form: the Basic Course at the Bauhaus (London: Thames & Hudson, 1967), p. 9. 2 Ibid., p. 9. 3 Paul Citroen, Mazdaznan at the Bauhaus, in Eckhard Neumann, Bauhaus and Bauhaus People. Revised Edition (New York: Van Nostrand Reinhold Company, 1993), p. 47. 4 Xanti Schawinsky, exhibition catalogue edited by Franco Solmi (Galleria d’Arte Moderna, Bologna, May 1 - June 8 1975), Grafis, Bologna, 1975, p. 19; Michael Siebenbrodt and Lutz Schöbe, Bauhaus 1919 - 1933, Parkstone International, New York, 2009, pp. 57 - 60; Rainer K. Wick, Teaching at the Bauhaus (Ostfildern-Ruit: Hatje Cantz, 2000), pp. 273 - 80. 5 Wassily Kandinsky, Punto, Linea, Superficie (Milano: Adelphi, 1975), p. 57. 6 Johannes Itten, Design and Form: the Basic Course at the Bauhaus, (London: Thames & Hudson, 1967). 7 Frederick A. Horowitz and Brenda Danilowitz, Josef Albers: to Open Eyes. The Bauhaus, Black Mountain College, and Yale (London, New York: Phaidon, 2006). 8 Josef Albers, Interazione del Colore. Esercizi per Imparare a Vedere (Milano: Il Saggiatore, 2005), p. 13. 9 László Moholy-Nagy, Vision in Motion, (Chicago: Paul Theobald and Company, 1969) p. 68. 10 László Moholy-Nagy, The New Vision (New York: Wittenborn and Company, 1946), pp. 23 - 25. 11 Rainer K. Wick, Teaching at the Bauhaus (Ostfildern-Ruit: Hatje Cantz, 2000) pp. 149 - 51.
1 Paul Citroen, Mazdaznan at the Bauhaus, in Eckhard Neumann, Bauhaus and Bauhaus People. Revised Edition, Van Nostrand Reinhold Company, New York, 1993, p. 47. 2 Vasilij Kandinskij, Punto, Linea, Superficie, Adelphi, Milano, 1975, p. 57. 3 Johannes Itten, Design and Form: the Basic Course at the Bauhaus, Thames & Hudson, London, 1967. 4 Frederick A. Horowitz e Brenda Danilowitz, Josef Albers: to Open Eyes. The Bauhaus, Black Mountain College, and Yale, Phaidon, London, New York, 2006. 5 Johannes Itten, Design and Form: the Basic Course at the Bauhaus, cit., p. 9. 6 Ibid., p. 9. 7 László Moholy-Nagy, Vision in Motion, Paul Theobald and Company, Chicago, 1969, p. 68. 8 László Moholy-Nagy, The New Vision, Wittenborn and Company, New York, 1946, pp. 23 - 25. 9 Rainer K. Wick, Teaching at the Bauhaus, Hatje Cantz, OstfildernRuit, 2000, pp. 149 - 51. 10 Xanti Schawinsky, catalogo della mostra a cura di Franco Solmi, (Galleria d’Arte Moderna, Bologna, 1 maggio - 8 giugno 1975), Grafis, Bologna, 1975, p. 19; Michael Siebenbrodt e Lutz Schöbe, Bauhaus 1919 - 1933, Parkstone International, New York, 2009, pp. 57 - 60; Rainer K. Wick, Teaching at the Bauhaus, cit., pp. 273 - 80. 11 Josef Albers, Interazione del Colore. Esercizi per Imparare a Vedere, Il Saggiatore, Milano, 2005, p. 13.
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Intorno al corpo
Around the body
Il corpo è didattica The body is education
— English text on p. 114
Testo di Azalea Seratoni
Nello scenario attuale della didattica del progetto stanno emergendo alcuni esperimenti che esplorano la sensorialità come condizione indispensabile per produrre conoscenza attraverso il corpo.
Il design in quanto disciplina nasce al Bauhaus, nel contesto del corso propedeutico che veniva chiamato Grundkurs a Weimar e a Dessau, Grundlehre alla Hochschule für Gestaltung di Ulm ed è stato poi tradotto nei paesi anglosassoni con l’espressione Basic design. Al Grundkurs del Bauhaus erano stati chiamati due artisti, Kandinskij e Klee, che avrebbero trasformato la loro poetica in un sapere trasmissibile e in una oggettivazione e formulazione disciplinari, culminati per Kandinskij in Punto Linea Superficie e per Klee in Teoria della forma e della figurazione. Walter Gropius aveva chiamato anche Johannes Itten, il quale aveva introdotto un diverso modello di trasmissione del sapere, più prossimo alle discipline orientali, e basato sull’idea di un training in grado di mettere lo studente nella condizione di agire. A Ulm, Giovanni
Il corpo è didattica
The body is education
Anceschi è stato testimone di questo approccio, avendo praticato, nel corso di Herbert Lindinger, l’esercitazione Scioltezza gestuale proposta proprio da Itten: volute a mano libera che coinvolgevano, in una sorta di danza, la postura del polso e contribuivano a scioglierlo, in una azione gestuale, somatica e sensoriale che stimolava e produceva consapevolezza del proprio corpo. Anceschi ha indicato come componente cruciale tra i caratteri di originalità del basic design, la sua capacità di adeguamento alle circostanze e agli sviluppi di nuovi scenari 1. Ne è conferma l’inclusione di una esercitazione sul corpo, che sembra attualizzare l’istanza vitalista e il paradigma di Itten, in accordo con l’espansione e contaminazione della disciplina con i nuovi ambiti tecnologici (in particolare l’interattività) e la presenza determinante del computer.
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Intorno al corpo
Around the body
«Progetto grafico» ricorda Giancarlo Iliprandi (Milano, 15 marzo 1925 – 15 settembre 2016), socio onorario Aiap, attraverso i racconti di chi lo ha conosciuto, accompagnati da immagini selezionate da Monica Fumagalli Iliprandi sulla base di quelle scelte da Giancarlo Iliprandi per la cerimonia per la laurea ad honorem al Politecnico di Milano nel 2002.
Progetto grafico remembers Giancarlo Iliprandi (Milan, March 15, 1925 – September 15, 2016), honorary member of Aiap, through those who knew him. To accompany our thoughts, Monica Fumagalli Iliprandi has selected some of the images Giancarlo Iliprandi chose for his honorary degree, awarded by the Politecnico di Milano in 2002.
Per For
Giancarlo Iliprandi
Design, poster per Arflex, 1970. — Design, poster for Arflex, 1970.
Tutte le immagini © Giancarlo Iliprandi per gentile concessione di Monica Fumagalli Iliprandi Selezione di Giancarlo Iliprandi per la cerimonia di concessione della laurea ad honorem al Politecnico di Milano, 2002.
All images © Giancarlo Iliprandi Courtesy of Monica Fumagalli Iliprandi Selection of images from Giancarlo Iliprandi’s honorary degree ceremony, awarded by the Politecnico di Milano in 2002.
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L’Arflex, nota industria dell’arredamento, è stata seguita in tutte le manifestazioni promozionali dal 1966 al 1974. A quell’epoca si usava frequentemente realizzare poster, di formato anche ridotto, che venivano offerti negli showroom in occasione di eventi particolari. Questo è stato progettato per una famosa settimana del design a Milano che ha coinvolto, a suo tempo, l’adi e tutto il mondo del design con particolare riferimento all’ambiente domestico. Il poster è esemplificativo di un certo uso del segno alfabetico, ma soprattutto dei colori primari rifacendosi a studi ed esperimenti sui colori di tricromia portati avanti in quegli anni. Un po’ di Giappone a Milano, poster per Arflex in occasione di una mostra-mercato, 1974. — Un po’ di Giappone a Milano (A little Japan in Milan), Arflex poster for the trade fair in 1974.
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Fuori tema
Off Topic
We did all the promotional events from 1966 to 1974 for the well-known furniture company Arflex. At that time it was common to make posters, even small ones, that were handed out in the showroom at special events. This was for a famous design week in Milan which at the time involved adi and the whole world of design, and it focused principally on the home. The poster is an example of a certain way of using the alphabet, but most of all primary colors influenced by the tri-color studies and experiments underway at the time.
Uno sguardo a una serie di illustrazioni in cui gli elementi espressivi del disegno si accompagnano ad un testo non lineare intelligibile ed esplicito, per osservare gli artefatti illustrati come testi scritti.
Can we observe illustrated artifacts as written texts? Let’s take a look at some examples of illustration whose drawn features are integrated with a non-linear intelligible and explicit text.
Information illustration:
un’analisi dialogica sull’illustrazione sinsemica a dialogic analysis of synsemic illustration Testo di Text by Andrea Antinori, Luciano Perondi
A nostro parere, per illustrazione si intende un modo di utilizzare il disegno o altre forme di raffigurazione (non necessariamente legate al disegno manuale), per rendere qualcosa «chiaro», luminoso, evidente. Questo «qualcosa» può essere un oggetto, un concetto, una storia. Nei casi che abbiamo preso in esame i disegni, il più delle volte, si intrecciano con le componenti alfabetiche del testo costituendo un insieme unico e inscindibile. Abbiamo analizzato gli artefatti in base all’uso che viene fatto dello spazio grafico, a seconda del sistema di riferimento usato: «Per sistema di riferimento si intende il frame − che può essere inteso anche come una serie di regolarità o regole di formulazione − all’interno del quale elementi e aggregati vengono contestualizzati e acquisiscono significato. Elementi e aggregati possono essere gestiti con differenti sistemi di riferimento in relazione alle informazioni che l’artefatto grafico vuole mettere in evidenza». 1
Information illustration
To our mind, illustration means a way of using drawing or other forms of depiction (not necessarily related to manual drawing), to make something clear, bright, or obvious. This something can be an object, a concept, or a story. In the cases we have examined the drawings are, most of the time, interwoven with an alphabetically composed text so that together they make up a unique and inseparable whole. We have analyzed the artifacts on the basis of the use made of the graphic space, according to the reference system used: “By reference system we mean the frame − which can also be understood as a series of regularities or rules of formulation – within which elements and aggregates are contextualized and acquire meaning. Elements and aggregates can be managed with different frames of reference according to the information the graphics artifact wants to emphasize”. 1
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Giulia Guerra, Giulia Sambugaro, Federica Vaglio, Mappa di Urbino, tratta da: A punti di vista, tesi di diploma, ISIA, Urbino, 2010. — Giulia Guerra, Giulia Sambugaro, Federica Vaglio, Mappa di Urbino, in: A punti di vista, diploma thesis, ISIA, Urbino, 2010. © 2010, ISIA Urbino © 2010, Giulia Guerra, Giulia Sambugaro, Federica Vaglio
Spazio metrico
Metric space
L’esempio è significativo – anche se non è propriamente illustrazione, ma una vignetta umoristica –, perché l’autore ha utilizzato la modalità espressiva tipica delle sue vignette, ricollocandola in uno spazio metricamente definito, conferendo un valore sarcastico a un diagramma cartesiano, ottenendo così l’effetto di illustrare il concetto di riscaldamento globale. L’artefatto è una mappa narrativa. La struttura – salvo che per il fatto di avere come sistema di riferimento una proiezione cartografica e quindi uno spazio metrico – è del tutto simile a quella che si può trovare, ad esempio, nell’Atlante catalano (1375 ca.), con una carta geografica a definire lo spazio ed elementi illustrati a definire una narrazione, che si articola tra soggetti caratteristici di determinate zone a quelli che hanno uno scopo ironico o di contestualizzazione. 1 2
Davide Giorgetta, Luciano Perondi, S-I-N, in corso di pubblicazione. Per ulteriori riferimenti consultare il sito <synsemia.org>
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Fuori tema
Off Topic
The example is significant – even though it is not exactly an illustration but a witty cartoon – because the author has used the language he normally uses in his cartoons. By putting it in a metrically defined space and using the Cartesian coordinate system humorously, he manages to illustrate the concept of global warming. The artifact is a narrative map. The structure – except that its reference system is a map and therefore a metric space – is entirely similar to that which can be found, for example, in the Catalan Atlas (1375 circa). A geographical map defines the space and illustrations shape a narrative shifting between subjects typical to certain areas and those intended to be funny or to set the scene.
1 2
Davide Giorgetta, Luciano Perondi, S-I-N, in print. For further reference please visit <synsemia.org>
— English text on p. 142
GGK Milano:
«I grafici sono sempre protagonisti?» “Are graphic designers still lead players?” 1
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Mescolamento tra graphic design e nuove strategie pubblicitarie: le campagne dell’agenzia italosvizzera GGK tra gli anni Sessanta e Ottanta. Testo di Michele Galluzzo
Mentre la grafica «comincia a perdere la sua autonoma originalità e muta in art direction», 2 a Basilea nel 1962 il graphic designer e teorico Karl Gerstner, l’architetto e compositore Paul Gredinger e lo storico e scrittore Markus Kutter fondano l’agenzia di pubblicità ggk. Anche in Italia il mutamento nel panorama pubblicitario è visibile nell’atteggiamento dei grafici, che si domandano se siano ancora protagonisti a fronte della diffusione delle agenzie a servizio completo, degli uomini di marketing, dei copywriter. 3 In questo scenario, nel 1964, inaugura la ggk Milano, prima succursale dell’agenzia basilese, importando in Italia i propositi di contatto tra International Style e Creative Revolution statunitense già sperimentati in Svizzera. 4 I primi segnali di questo mescolamento emergono già nel primo lavoro realizzato dalla sigla italo-svizzera per l’azienda produttrice di birra Prinz Bräu. Concepito e sviluppato inizialmente a Basilea, il progetto di restyling dell’identità della compagnia
GGK Milano
si estende a tutto il materiale visivo, includendo tanto il ridisegno del marchio quanto il coordinamento dei testi per headline, spesso riproposti a fianco del logo in alcune declinazioni della corporate come packaging e gadget. 5 Nella campagna Prinz Bräu il vocabolario svizzero, evidente nell’uso della fotografia oggettiva, del grotesk per la tipografia e di un grid system palese, è smussato e rinnovato dall’influsso del copywriting, della pianificazione delle uscite pubblicitarie multi-soggetto e delle indagini di mercato. Esemplare a tal proposito il fatto che, a partire dal 1967, la campagna stampa,
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In copertina On the cover Kinkaleri, Talk To You | All!, Stazione Santa Maria Novella, Firenze, 30 ottobre 2015. — Kinkaleri, Talk To You | All!, Santa Maria Novella Train station, Florence, 30 October 2015. Photo © Lucilla Bellini Bruno, K-font, progetto realizzato per la performance Everyone Gets Lighter | All! di Kinkaleri a Palazzo Strozzi, 20 - 30 novembre 2014. — Bruno, K-font, designed for Everyone Gets Lighter | All! performance by Kinkaleri at Palazzo Strozzi, 20 - 30 November 2014.
Intorno al corpo A cura di Claude Marzotto, Jonathan Pierini, Silvia Sfligiotti
Questo numero analizza criticamente il rapporto tra corpo e progetto, sia in prospettiva storica, sia nelle sue implicazioni e manifestazioni contemporanee, anche in relazione all’affermarsi delle tecnologie digitali. Il numero raccoglie contributi testuali e visivi intorno a tre aree tematiche: la rappresentazione del corpo nei processi comunicativi con finalità diverse − dal controllo alla pubblicità, dalla propaganda all’esplorazione dei linguaggi artistici; l’attenzione alla produzione e al processo come progetto, nelle sue dinamiche relazionali, materiali e fisiche; la rilevanza storica delle pratiche somatiche nella didattica del progetto e la loro riscoperta nello sviluppo di nuovi percorsi formativi.
Around the body Edited by Claude Marzotto, Jonathan Pierini, Silvia Sfligiotti
This issue examines in depth the relationship between body and design. The discussion includes a historical perspective while also examining contemporary implications and examples, particularly in the light of digital technology. Textual and visual contributions are concentrated around three themes: the representation of the body in different kinds of communication processes – from control to advertising, and from propaganda to the exploration of artistic languages; attention to production and process as a part of design in its relational, material and physical dynamics; the historical significance of somatic practices in design education and their new-found importance in present-day educational programs.
ISSN 1824-1301
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