Prodigio Ottobre 2020 - CONNESSIONI Ripartire dalle relazioni sociali

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pro.di.gio. BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP

NUMERO V - OTTOBRE 2020 - ANNO XXI - 122° NUMERO PUBBLICATO

PROGETTO DI GIORNALE

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CONNESSIONI

Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R.

Ripartire dalle relazioni sociali

Una messa alla prova

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L.E.D. - Laboratorio di educazione al dialogo pag. 3

Stai sul pezzo!

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Daniela Preschern Una vita in sella contro la neuropatia di Charcot

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Ottobre 2020 - n.5

IN EVIDENZA

CONNESSIONI

Capo Redattore Lorenzo Pupi

Ripartire dalle relazioni sociali Recentemente mi è capitato di vedere un interessante documentario che consiglierei a genitori, insegnanti, studenti e qualsiasi altra categoria di persone che ha a che fare con uno smartphone, cioè praticamente tutti. “The social dilemma” racconta, attraverso un linguaggio trasversale e fruibile, quanto il mondo delle relazioni sociali sul web abbia preso una deriva a dir poco preoccupante, con effetti nella vita reale. Questo mi ha fatto riflettere su quanto ci siamo dedicati nell’ultimo decennio a creare un mondo che ci semplificasse le

relazioni e le comunicazioni, ma che sta avendo effetti totalmente fuori controllo e che possono determinare elezioni politiche, conflitti di classe, fino a modificare le nostre stesse abitudini senza che noi ce ne rendiamo conto. Questo scenario distopico che stiamo vivendo vede le relazioni trasformate in merci di scambio ad alto valore finanziario. Un’equazione perfetta che ci ha illuso che esse siano un affare veloce, immediato e sempre soddisfacente. Niente di più sbagliato, perché al contrario esse sono per natura complesse, faticose, spesso

incerte, ma quando funzionano regalano enormi soddisfazioni. In questo periodo è facile abbandonarsi alle comodità della rete e alla scusa del distanziamento fisico. Si genera così il fenomeno dell’isolamento sociale, fatto di preoccupazioni, silenzi e senso di non autoefficacia. Ma esistono rimedi sani ed economici a tutto questo, come la cultura, la lettura, il confronto, la curiosità e il piacere di riscoprire l’altro. In questo numero vogliamo riportare l’attenzione sull’importanza delle connessioni sane, fatte di storie, persone ed

UNA MESSA ALLA PROVA

Come descrivere l’anno trascorso a Prodigio? Ripercorrendo mentalmente la mia esperienza di servizio civile, mi rendo conto di quanto sia stata una continua e formativa messa alla prova. Fin dall’inizio. Sono partito con molto entusiasmo, ma essendo l’unico civilista ho subito sentito la mancanza di uno scambio con dei pari, di un confronto che giovasse alla mia crescita professionale e umana. Ho fatto di necessità virtù, svilup-

pando presto autonomia e responsabilità nel lavoro. Non sono mancati momenti di difficoltà e crisi, ma ringrazio ci siano stati: fanno parte del percorso e vanno affrontati e superati. Ne sono uscito ponendomi ancor più in un’ottica di ascolto e servizio. Poco alla volta così ho recuperato tranquillità, forza nella proposta, fiducia nelle mie possibilità. Una volta conquistata una certa stabilità, è arrivato il lockdown; per quasi due mesi ho lavorato da

a cura di Ivan Ferigo

casa. La sospensione delle attività in presenza mi ha tolto la possibilità della comunicazione diretta (anche se quella a distanza ha funzionato), ma mi ha permesso di sviluppare responsabilità e creatività nel lavoro in autonomia. Rientrare in redazione il 4 maggio è stato strano, ma necessario. Sempre più ho aumentato dimestichezza e sicurezza nel muovermi tra i contenuti cardine dell’associazione e nel tradurli in una linea editoriale coerente.

Abbonamento annuale (6 numeri) Privati €15,00; Enti, associazioni e sostenitori €25,00 con bonifico bancario sul conto corrente con coordinate

Proprietà: Associazione Prodigio Odv Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Telefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437 Sito Internet: www.prodigio.it E-mail: associazione@prodigio.it Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana). Direttore responsabile: Francesco Genitoni. Redazione: Luciana Bertoldi, Giulio Thiella, Lorenzo Pupi, Martina Dei Cas, Ivan Ferigo, Elisa Giarolli, Noemi Manfrini. Hanno collaborato: Lorena Candela - L.E.D., Paolo Vezzani, Daniela Preschern. In stampa: 01 ottobre 2020

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esperienze che si ritagliano un piccolo spazio nelle parole, nella scrittura e nel dialogo, per riscoprire giorno per giorno progetti e ambizioni dall’alto valore umano. Vi invitiamo quindi ad appoggiare per un istante il vostro telefono e a sfogliare le pagine di questo numero. Troverete forse una storia o un’intervista che vi appassionerà e aprirà a nuovi scenari e a nuove consapevolezze. Buona lettura.

IBAN IT 67G 08304 01846 000046362000 intestato a “Associazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Trento indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”

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A giugno sono arrivate due nuove compagne di viaggio con le quali condividere l’ultima parte del percorso. Si è così colmata la richiesta, manifestata fin dal principio, di lavorare in squadra. Ho provato che in team si lavora di più e meglio. Ho assunto un ruolo di coordinamento di attività e rapporti umani che ho applicato in maniera morbida, al fine di favorire un graduale passaggio di consegne e dare risalto alle nuove forze a disposizione. Spero di aver agito nel modo giusto. Un segno penso di averlo lasciato: sento di aver portato soprattutto una competenza giornalistica accurata e attenta. Prodigio mi ha dato la possibilità e gli strumenti per svilupparla all’interno di una dinamica di redazione. A volte penso che avrei voluto e potuto fare di più, ma nel complesso sono contento di ciò che ho dato e ricevuto. Questi dodici mesi mi hanno messo alla prova, fatto crescere, riscoprire l’interesse per il sociale, capire che voglio proseguire nella direzione del promuovere e comunicare cultura.

Grazie Prodigio!

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Siamo alla ricerca di nuovi volontari! Potrai migliorare e pubblicheremo i tuoi articoli.


INNOVAZIONE SOCIALE

L.E.D. – LABORATORIO DI EDUCAZIONE AL DIALOGO

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Intervista a Lorena Candela Presidente L.E.D.

a cura di Ivan Ferigo

Un approccio sempre al passo con i tempi Rivedere i propri ritmi, aprirsi al cambiamento, creare nuove connessioni. Ragionando su questi temi, così ricorrenti negli ultimi mesi, ci è venuto da pensare al L.E.D. - Laboratorio di Educazione al Dialogo. Un’associazione culturale attiva da una quarantina d’anni, ma sempre in grado di proporre spazi e strumenti di ascolto, dialogo, confronto, sviluppo, formazione al passo con i tempi. Conosciamola meglio in questa pagina.

Da che idea nasce il L.E.D.? Nasce da una felice intuizione di padre Lino Passalacqua, che ha conosciuto e sperimentato la psicologia umanistica, e soprattutto l’Approccio Centrato sulla Persona (ACP) di Carl Rogers, psicoterapeuta americano che ha dedicato la sua vita a studiare e comprendere in quali situazioni le persone siano in grado di evolvere, crescere, maturare e realizzare il proprio potenziale. Rogers sostiene che se le persone sperimentano un contesto relazionale positivo, accogliente e non giudicante, che consente loro di essere se stesse, di ascoltarsi e comprendersi, sono in grado di trovare le soluzioni migliori per loro. Così, negli anni ‘80, un gruppo di giovani psicologi, educatori e volontari ha cominciato a studiare questo approccio e fondato questa associazione, che negli anni ha mantenuto uno spirito innovativo.

In cosa consiste innovatività?

la

vostra

A ben guardare, ciò che nella nostra associazione rimane ostinatamente innovativo è il modo di guardare alle persone, accogliente e fiducioso, attento a coglierne i bisogni, rispettoso e scevro da ogni cinismo. L’Approccio Centrato sulla Persona è una filosofia di vita. I concetti di base rimangono, su quelli si intrecciano le relazioni. La nostra innovatività è nel prenderci cura delle relazioni rispetto ai bisogni del presente. Avendo determinati valori e convinzioni, affrontiamo le necessità dei tempi in modo diverso. Vent’anni fa c’erano problematiche diverse rispetto ad oggi. L’Approccio Centrato sulla Persona è un valore di partenza e un metodo

formativo basato sull’esperienza che ci permette di rispondere a domande che cambiano. Inoltre ora, dopo il lockdown, siamo in una fase di riassestamento e di cambiamento del terzo settore.

Qual è la vostra mission? Quali valori portate avanti? Proporre attività dirette a favorire la consapevolezza di sé, l’autonomia nelle relazioni interpersonali, una ricerca etica e spirituale. In tal modo favorire la crescita personale, promuovere l’educazione al dialogo, lo sviluppo delle competenze a supporto delle relazioni d’aiuto personali e professionali. Acquisita questa capacità di ascolto, rivolgere quest’ascolto alla comunità, a chi si incontra: gruppi, famiglie, singoli, istituzioni, associazioni di volontariato. Lavorare molto su se stessi è importante per saper ascoltare gli altri.

Una frase che rappresenti la vostra associazione. Una frase di Carl Rogers che avevamo fatto incidere su dei braccialetti realizzati dalla Cooperativa Samuele:

“Quello che sono è abbastanza, se solo posso esserlo”. Riguarda l’accettazione che parte da se stessi per essere aperti e capaci di ascoltare, non aggrovigliati sulle proprie difficoltà personali. Una volta che sei consapevole delle tue fragilità e hai l’aspirazione a stare meglio, dici “sono abbastanza, non devo sempre performare, l’importante è che possa essere me stesso”.

Proviamo un piccolo gioco: tre parole chiave che raccontino la vostra attività. Ci sono parole che fanno parte della formazione dell’Approccio Centrato sulla Persona: accettazione incondizionata, congruenza, consapevolezza. La prima: io ti do valore se rispetto la tua identità, se sospendo il mio giudizio verso di te come persona. La congruenza corrisponde all’essere coerenti con se stessi, in modo che io possa conoscere esattamente la persona, mettendomi in relazione senza secondi fini, in modo sincero, lineare, trasparente, rispettoso. La consapevolezza ti permette di riuscire ad ascoltare il bisogno dell’altro senza fare proiezioni, ponendosi in ascolto di quello che la persona sta dicendo, senza prevaricare, per vedere insieme come si può risolvere un problema. L’ascolto è fondamentale. Senza quello, entrare in relazione è molto difficile.

Quali sono le vostre attività? Organizziamo corsi di formazione e incontri (alcuni gratuiti, altri a pagamento, ma mai con scopo di lucro) nell’ambito della formazione alla crescita personale e per lo sviluppo di competenze relazionali utili anche sul piano professionale. Si lavora sui sentimenti, sul linguaggio del corpo, sulla consapevolezza, su come esprimere se stessi attraverso la creatività e comunicare in modo più efficace. In genere si fanno dei laboratori esperienziali, nei quali si viene stimolati ad esprimere la propria, in modo che quello di cui si parla diventi veramente un bagaglio personale e favorisca anche il gruppo.

Che persone si rivolgono a voi? Fare insieme

hanno bisogno di ascoltare i bisogni reali, infermieri, insegnanti, volontari, imprenditori. Persone più grandi d’età, ma pure giovani, anche gruppi di età miste. Tra i formatori abbiamo psicologi, medici, psicoterapeuti, pedagogisti e counsellor.

Educatori, formatori, membri di associazioni, cooperative sociali ed altri enti del terzo settore. Persone che

Dialogo

BIENNIO DI EDUCAZIONE AL DIALOGO Il corso storicamente più importante. Attualmente in corso, prossimo biennio al via nel 2022.

ALCUNI CORSI IN PARTENZA (ISCRIZIONI APERTE!) FORMAZIONE ALLA MEDIAZIONE Percorso esperienziale intensivo. Dal 7-8 novembre, per 8 incontri a cadenza mensile nei weekend, ore 9.30-13.00 e 14.30-18.00.

PSICOLOGIA DELLA RELIGIONE Laboratorio di sperimentazione ed analisi. Dal 17 ottobre 2020 al 22 maggio 2021, il sabato dalle 9.30 alle 12.30.

IN ASCOLTO DEL PROPRIO SOGNO Dialogare con i sogni. Dal 17 ottobre 2020 al 22 maggio 2021, il sabato dalle 15.00 alle 18.00.

BIOENERGETICA CONSAPEVOLMENTE LEGGERI Attività motoria leggera, su energia e respiro. Dal 5 ottobre ore 18.30-20.00.

GENITORI IN CONTATTO Pronto soccorso emozionale. 13 ottobre, ore 17.30-19.30.

AIKIDO! Meditazione in movimento Dal 13 ottobre, 8 incontri il martedì sera, ore 19.00-20.00.

SKILLATI! Presentazione dei risultati della ricerca sociale giovedì 15 ottobre ore 17.30. Dal 19 ottobre, formazione esperienziale per giovani 18-35 anni su progettazione partecipata, benessere relazionale, soft skills. Sette incontri serali, ore 19.30-22.30.

LA CURA DEL SÉ Un dialogo continuo con se stessi. Sabato e domenica 17-18 ottobre, ore 9.00-13.00 e 14.30-17.30.

CAREGIVERS Seminario per famigliari e operatori che assistono persone con malattie gravi, degenerative, oncologiche. 24-25 ottobre.

IL PIACERE DI SCRIVERE Laboratorio di scrittura creativa. 14-15 novembre, ore 9.30-13.00 e 15.00-18.30.

L’ARTE DELL’AUTOBIOGRAFIA IL CAMBIAMENTO INTERIORE Laboratorio di scrittura autobiografica. Domenica 15 e 22 novembre.

Tutte le iniziative sono ad iscrizione obbligatoria. Per approfondire, ecco i contatti! Via delle Laste, 22 – 38121 Trento tel. 0461268873 e-mail: led@vsi.it www.led-laboratorioeducazionedialogo.it

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LED Laboratorio di Educazione al Dialogo @labeducazionealdialogo

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TERRITORIO

“ASPETTANDO LE STELLE”, IL PARCO LANGER VIVE

a cura di Elisa Giarolli

Noemi Manfrini

Quattro martedì per riprendere i contatti e creare comunità “Distanziamento fisico sì, ma riallacciamo la nostra amicizia”. Questo lo slogan di “Aspettando le stelle al Salè nell’era del Covid”, evento che anche quest’anno, nei quattro martedì d’agosto, ha fatto vivere il Parco Langer. Scopo della manifestazione - organizzata dal Comitato Associazioni Oltrefersina in collaborazione con il Servizio Attività Sociali del Comune di Trento e la Circoscrizione Oltrefersina - era, pur nel pieno rispetto delle vigenti norme anti-contagio, riprendere dal vivo i contatti interrotti dal lockdown e creare senso di comunità. Un obiettivo, vista la grande partecipazione di bambini, famiglie, giovani e anziani, centrato in toto. “Aspettando le stelle” rientra in una progettualità, in atto da ormai cinque anni, tesa a riqualificare, rigenerare, allietare, vivificare un parco storicamente difficile e poco vissuto, attraverso una serie di iniziative di cittadinanza attiva, come ad esempio la BiblioArc, una “biblio-

teca comune” dove poter prendere e lasciare libri, o come e il Kaki di Nagasaki, albero sopravvissuto alla bomba atomica e piantato come simbolo di speranza. Quest’anno l’incertezza data da un quadro normativo in costante aggiornamento ha causato non pochi problemi organizzativi. Proprio per questo motivo vanno ancor di più lodati gli sforzi delle realtà organizzatrici e delle associazioni del territorio, che si sono impegnate affinché l’evento si realizzasse comunque. L’idea di offrire alla comunità attività mirate a recuperare occasioni di relazione, con una particolare attenzione ai soggetti più a rischio solitudine ed isolamento, si è rivelata una carta vincente. Tantissime e diverse le proposte: tra letture, racconti, spettacoli e momenti creativi per i più piccoli, animazione per anziani e appuntamenti per tutti, il Langer si è ripopolato. La cittadinanza, infatti, ha risposto, grazie al passaparola e alla volontà di riprendere i rapporti

dal vivo, con una partecipazione di volta in volta sempre crescente. L’ottima riuscita di “Aspettando le stelle” è la dimostrazione che quando tutti collaborano, quando ognuno porta il suo contributo, la sua parte

Ivan Ferigo per il bene comune, ne guadagna la collettività. Cogliamo questa riuscita occasione per invitarvi quanto più possibile a frequentare maggiormente il Parco Langer.

Un momento di spettacolo per bambini

PREMIO MELCHIONNA Le tre foto vincitrici della quarta edizione Per la categoria “Fotografia” ecco a voi i tre elaborati vincitori.

Il primo viaggio di Roberto Serra

Momenti di danza di Giacomo Albertini

Sul Monte Zugna di Daniela Preschern

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SALUTE

a cura di

STAI SUL PEZZO! renderà più facile notare possibili cambiamenti nei comportamenti, al fine di cogliere eventuali segnali di rischio. Per questo è opportuno che codeste tematiche non vengano affrontate nell’emergenza, ma già da diverso tempo prima, adeguatamente in base alla capacità di comprensione dei figli nelle diverse fasce d’età. Ricordiamo, inoltre, che, a livello medico, le dipendenze sono intese come “condizioni patologiche, cor-

Noemi Manfrini quando il desiderio di fare uso della sostanza prende il sopravvento e non si riesce a farne a meno. Con lo scopo di offrire ulteriori strumenti a genitori, insegnanti ed educatori, la campagna “Stai sul pezzo” offre un servizio di ascolto, chiamando il numero 340344240 oppure il 3474699247, dove a rispondere si troverà un’équipe educativa di strada, preparata e specializzata nella gestione di situazioni a rischio.

Elisa Giarolli

www.daimuoviamoci.org/ staisulpezzo

Campagna “Stai sul pezzo” relate a un’alterazione del sistema della gratificazione, caratterizzate da craving (forte desiderio compulsivo per gli effetti precedentemente provati con la droga) e da una notevole restrizione delle modalità e dei mezzi con cui il soggetto si procura piacere”. Possono essere fisiche, nel momento in cui l’organismo diven-

MARKETING SAIT

Questo il titolo della nuova campagna di comunicazione lanciata dal Comune di Trento, in collaborazione con CSV Trentino, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari e Cooperativa Arianna, contro l’uso da parte degli adolescenti di sostanze che creano dipendenza. Il progetto è promosso all’interno dell’alleanza per la promozione di stili di vita sani #DAIMUOVIAMOCI. “Stai sul pezzo” ha come obiettivo il voler portare all’attenzione degli adulti il problema del consumo di alcool e stupefacenti tra i giovani, spesso inconsapevoli dei danni che producono tali sostanze. L’adolescenza, in effetti, secondo la psicologia, è un periodo di crescita delicato, ricco di costanti cambiamenti sia fisici che mentali. Infatti, dal punto di vista neurobiologico, dai 13 ai 25 anni, il cervello si modella, fino ad assumere la struttura adulta, acquisendo competenze cognitive, relazionali e affettive che resteranno stabili per il resto della vita. Non vi è quindi momento migliore per sensibilizzare ed educare, nel più efficace dei modi possibili, queste giovani menti. Per questo anche il nostro fondatore, Giuseppe Melchionna, cercava di prevenire comportamenti a rischio, facendo interventi nelle scuole medie e superiori, che sapevano andare in profondità. Era capace di sondare il terreno di valori, come il rispetto della vita nelle sue varie declinazioni, senza uno schema fisso, ma con una riflessione ad ampio respiro sulla società attuale. “Una ragazza a Borgo mi ha detto che beve perché l’alcool le dà sicurezza. Credo che da parte della famiglia e delle altre agenzie educative dovrebbe esserci un’azione più coordinata, una regia in questo senso”, queste le parole di Melchionna durante un’intervista rilasciata il 29 aprile 2003, che fanno riflettere su quanto sia fondamentale il supporto familiare. È essenziale, infatti, come ribadito dalla pedagogia, creare e mantenere una comunicazione tra genitori e figli, improntata all’ascolto e al dialogo aperto anche su temi importanti come, appunto, le dipendenze. Gli educatori dovrebbero documentarsi cercando di acquisire maggiori conoscenze su cosa siano le sostanze, come agiscono, cosa provocano e quali sono le conseguenze di uso e abuso, in modo da potersi relazionare consapevolmente rispetto ad una tematica tanto delicata. Il messaggio deve essere “Con noi puoi parlare di ogni cosa. Ci siamo e affronteremo qualunque cosa insieme. Se commetti un errore puoi venire da noi”. Perciò è necessario non assumere un atteggiamento intimidatorio, ma parlare chiaramente del fatto che la dipendenza è una malattia e come tale va affrontata e curata, astenendosi da giudizi moralistici, in quanto può succedere a chiunque. Questa maggiore apertura

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ta dipendente dalla sostanza, ossia quando accresce la soglia di tolleranza a quest’ultima e necessita, quindi, di aumentare la dose per avere gli stessi effetti, ma anche psicologiche, presentandosi da sole o associate a quelle fisiche. In entrambi i casi, smettere porta a manifestare i sintomi dell’astinenza, che si hanno pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | associazione@prodigio.it

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PAGINA DI PUBBLICA UTILITÀ

TUTTI A SCUOLA IN SICUREZZA! Il 14 settembre è stata una giornata importante ed emozionante per i 70 mila studenti trentini che, dopo la fase più acuta della pandemia Covid-19, hanno potuto rientrare in aula. “Si tratta – ha commentato il presidente della provincia Maurizio Fugatti – di un passo fondamentale verso la normalità”. Affinché l’anno scolastico proceda per il meglio, è però necessario che tutti – alunni, insegnanti, personale amministrativo, tecnico, ausiliario e famiglie – agiscano con pazienza e senso di responsabilità. Proponiamo di seguito alcune semplici accortezze da seguire nei diversi momenti della giornata per tutelare la salute individuale e collettiva, ora che è ripresa la scuola.

A CASA

ALL’ARRIVO A SCUOLA

• Misurare la febbre e non recarsi a scuola se: • Si ha una temperatura superiore ai 37,5° C e/o sintomi suggestivi di Covid-19, anche nei tre giorni precedenti • Si sono avuti contatti con persone positive o con sintomi suggestivi di Covid-19 • Si è soggetti a misure di quarantena o isolamento • Mantenere un dialogo costante con la scuola per rimanere sempre informati

• Ogni bambino può essere accompagnato da una sola persona • Al momento dell’accesso alla struttura il personale è soggetto al controllo della temperatura, mentre non lo sono i bambini e i loro accompagnatori • Il personale e i genitori/accompagnatori (per i bambini) devono informare immediatamente il gestore del servizio in caso di temperatura superiore ai 37,5° C e/o sintomi suggestivi di Covid-19, anche nei tre giorni precedenti, contatti con persone positive o con sintomi suggestivi di Covid-19, soggetto a misure di quarantena/isolamento • Tutte le persone (escluso i bambini frequentanti) che entrano a scuola, a partire da quando sono nelle pertinenze (50 metri dall’ingresso della scuola) anche all’aperto, devono indossare la mascherina. Se entrano a scuola devono igienizzarsi le mani, cambiare le scarpe o indossare scarpe monouso • I genitori/accompagnatori si impegnano ad accedere alla struttura all’orario fissato al fine di evitare gli assembramenti • Nelle scuole materne, i genitori/accompagnatori si impegnano a sostare in uno spazio accoglienza/filtro dove occorre cambiare le scarpe al bambino/a e a fargli indossare calzature dedicate e fargli igienizzare le mani

IN AULA • Lavare spesso le mani con acqua e sapone o con gel a base alcolica • Creare ezioni stabili e fra loro non interagenti, ognuna delle quali composta dagli stessi bambini e dagli stessi insegnanti che utilizzeranno spazi di riferimento definiti e non interferenti • Privilegiare l’attività all’aperto • Sanificazione dei locali e delle attrezzature • Aerazione frequente dei locali • Usare l’ascensore uno alla volta • Sistema di raccolta rifiuti differenziata per mascherine e guanti monouso opportunamente segnalato • Stabilire, laddove è possibile, sensi unici di movimento per rendere più agevole il necessario distanziamento ed evitare incrocio di flussi di persone

DURANTE IL TRASPORTO LA SCUOLA RIPARTE: COSA DICONO I NUMERI I numeri registrano: • aumento delle classi +233 e delle cattedre +367 • maggiore personale Amministrativo, Tecnico e Ausiliario

+138

• un lieve calo di studenti iscritti (da 70.351 dello scorso anno a 70.162) • un incremento delle risorse impiegate (da €740.895.000 a €756.800.000) • l’aggiunta di risorse riferite all’emergenza Covid-19, ripartite proporzionalmente nei diversi capitoli, per circa €15.500.000 sul 2020 e €29.500.000 sul 2021.

• Sui mezzi è obbligatorio l’uso della mascherina dai 3 anni in su • Non usare il trasporto pubblico se i bimbi hanno sintomi di infezioni respiratorie acute (febbre, tosse, raffreddore) • Utilizzare le porte di accesso ai mezzi indicate per la salita e la discesa, rispettando sempre la distanza interpersonale di sicurezza di un metro nelle operazioni di salita e discesa

Inoltre ricordiamo che la Provincia di Trento investe nella scuola circa 700 milioni di Euro all’anno di spesa corrente.

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più alla spazio scuola RISPETTA LE DISTANZE Lavati spesso le mani con acqua e sapone o con gel a base alcolica

Sui mezzi di trasporto è obbligatorio l’uso della mascherina dai 3 anni in su

Se hai sintomi influenzali rimani a casa

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ACCESSIBILITÀ

DALL’ANTICA GRECIA ALL’HANDBIKE Vi siete mai chiesti chi fu la prima persona con disabilità ad avere assaporato un po’ di autonomia con una sedia a rotelle? Potrebbe esser stato un abitante dell’antica Grecia nel VI secolo a.C., oppure un cinese intorno al 525 d.C. A queste epoche, infatti, risalgono rispettivamente un vaso e una scultura in pietra che raffigurano una sorta di sistema, dotato di ruote, per agevolare gli spostamenti di una singola persona. Purtroppo non ci sono informazioni sicure sugli inventori e utilizzatori di questi ausili, ma certa è la dimostrazione di come, fin dall’antichità, l’uomo si sia ingegnato per colmare i problemi di deambulazione. Sedia a rotelle di Georges Couthon, Grazie ad un’incisione del 1595, risalente alla Rivoluzione Francese scopriamo che il primo ad accomodarsi su una “sedia per invalidi” fu il re Filippo II di Spagna. Egli viene rappresentato su una seggiola progettata su misura per lui, dotata di pedana per appoggiare i piedi e di uno schienale reclinabile, non automatica, ma a spinta. La svolta, con il primo modello di sedia a rotelle che non necessitava

dell’aiuto di terzi per muoversi, arrivò nel 1655 grazie all’estro dell’orologiaio tedesco Stephan Farffler, paralizzato agli arti inferiori dall’età di 22 anni. Considerato come l’antenato dei tricicli, il “veicolo” di Farffler era una sedia montata su un telaio con tre ruote, quella anteriore con maniglie su entrambi i lati, con cui ci si poteva spingere in avanti con la forza delle braccia. Per la prima versione pieghevole in acciaio tubolare, invece, dobbiamo aspettare il 1932, con Harry Jennings che la progettò per l’amico Herbert Everest. Durante la seconda guerra mondiale furono prodotte le prime sedie a ruote elettriche, inventate da George Klein per i veterani feriti, ed è nello stesso periodo che a Ludwig Guttmann (ideatore nel 1948 dei primi giochi paralimpici non ufficiali) venne l’intuizione del secolo: lo sport aveva benefici nella prevenzione e nella terapia per la riabilitazione dei soldati reduci della guerra. L’handbike fu la naturale evoluzione della sua idea. Apparsa per la prima volta ai Giochi di Atene nel 2004, aveva un telaio in alluminio, piuttosto pesante, che non teneva conto della resistenza aerodinamica. Di pari passo con lo sviluppo delle biciclette professionali da corsa, le handbike di oggi sono mezzi futuristici, non paragonabili agli “antenati” di soltanto una decina d’anni fa. L’alluminio è stato sostituito dal più leggero carbonio e le ruote posteriori non sono più scampanate, ma dritte, per garantire maggiore stabilità e reattività nelle curve. Ogni particolare viene curato in maniera maniacale, sulla base del tipo di disabilità e delle caratteristiche sportive della persona. Lo sport diventa così terreno di prova, per migliorare i mezzi utilizzati nella vita quotidiana. a cura di

SEMPRE AVANTI MAI INDIETRO che avevo allegato ad una foto di un omino in carrozzina, pubblicata sulla mia pagina Facebook, che riprendeva una citazione del presidente colombiano Barco: “Sempre avanti, mai indietro! Quello che c’è da fare lo faremo!”.

Nel suo libro parla più volte dell’Associazione ARCS ONLUS, da Lei fondata. Può dare un’anticipazione ai nostri lettori su cos’è e come è nata? La copertina del libro

Buongiorno Paolo. In molti ancora non la conoscono, vuole presentarsi? Certamente. Mi chiamo Paolo Vezzani, sono un emiliano romagnolo e ho 40 anni. Nel 2014 ho scoperto di avere questo tumore osseo, chiamato condrosarcoma, che mi ha costretto in ospedale per i due anni successivi.

Da cosa nasce l’idea di scrivere “Sempre avanti mai indietro”? L’idea nasce sotto consiglio degli stessi medici che mi seguirono durante il mio periodo ospedaliero. Mi suggerirono di scrivere un libro sulla mia esperienza, perché notarono che, rispetto ad altri pazienti, avevo delle capacità ed un modo di reagire a questa difficoltà totalmente differente e positivo. L’idea c’era, il difficile stava nel realizzare il libro. Dopo mille peripezie, assieme ad Andrea Cangiotto, siamo riusciti a trovare questa casa editrice a cui è piaciuta la mia storia e ha creduto in me.

Perché la scelta di questo titolo? La scelta del titolo ha riguardato l’editore, non è stata una mia scelta. Hanno preso spunto da una frase

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Sì, diciamo che l’idea di istituire ARCS ONLUS è nata il giorno dopo la mia prima operazione, il 9 aprile 2015, perché, da paziente, ho notato delle lacune all’interno dell’ospedale. Ho percepito che c’era qualcosa che non andava, fin da subito. In quel momento, mi sono sentito catapultato in un mondo che non conoscevo, senza paracadute. In tale situazione si passa dalla “normalità” di tutti i giorni, a ritrovarsi in un tunnel buio, come in una sorta di strana dimensione. Allora lì ho pensato, assieme al mio medico, di creare una specie di paracadute per i pazienti. L’obiettivo, infatti, di ARCS ONLUS è di dare un supporto umano a tutte quelle persone che, dopo varie visite, arrivano all’interno del reparto. Si cerca di evitar loro l’ansia del “Oddio mi devono operare, ho un tumore…”, di rassicurarli e di trasmetter loro positività. Io non sono uno psicologo, come dico sempre, e perciò vengo chiamato ad aiutare i pazienti successivamente al lavoro svolto dallo psichiatra. Visto i buoni risultati che ottengo, spesso mi contattano su Facebook, o mi chiamano, per andare ad intervenire anche in altri ospedali, oltre a quello in cui sono stato operato e seguito. Così mi sono reso conto che è una realtà che manca in ogni ospedale,

a cura di Noemi Manfrini

Noemi Manfrini

perchè va oltre l’eccellenza delle cure mediche. Si tratta di un bisogno che le persone hanno e che va affiancato al supporto psicologico, ed è per questo che come Onlus abbiamo il progetto di creare una rete di persone come me, che aiutino i malati a combattere la paura della malattia, del “lupo che non si conosce”. L’istinto ci direbbe di difenderci attaccandolo, perché non conosciamo, e questa ignoranza è data anche dal fatto che non c’è nessuno che viene a spiegarti che cosa significhi il tumore. Manca la conoscenza di base. Io infatti sto cercando di andare anche nelle scuole per spiegare cos’è il cancro e specificatamente il condrosarcoma, poiché è il nome di ciò che ha colpito me. Se dicessi solo “malattia” o “tumore” avrei detto tutto e niente. Dietro queste parole c’è un mondo, un intero universo, purtroppo ancora in gran parte sconosciuto, a causa della mancanza di finanziamenti nella ricerca. Per questo, assieme ad ARCS ONLUS, cerco di investire negli studi scientifici in tale ambito. Vorrei un giorno poter sentire alla radio o in televisione l’annuncio “Abbiamo sconfitto il condrosarcoma”.

Sappiamo che Lei ha compiuto un record non da poco, a cui ha dedicato un intero capitolo del libro: Bologna - Monaco in sedia a rotelle con ruota servoassistita. Come ci è riuscito? Partiamo dalla ruota servoassistita. L’idea è nata da un mio caro amico, Federico Dall’Oglio, che possiede un negozio di ortopedia sanitaria. Dopo l’operazione mi chiama e mi dice: “Ho già tutto in mano. So già tutto. Preparati, che quando arrivi a casa ho la sedia per te con un’aggiunta da mettere davanti”. Perciò vado da lui, e mi fa subito vedere la carrozzina

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Elisa Giarolli assieme all’attrezzo pensato da applicare anteriormente: una ruota servoassistita. La prima cosa che ho pensato è stata: “Come mai non se ne parla? In questo modo tutti possono andare in bicicletta!”. Infatti, non tutti sono fortunati e riescono ad andarci e/o a permettersi un handbike, poiché, come nel mio caso, se la persona è disabile ASL, non le viene coperto il costo totale, ma solo una piccolissima percentuale. Tutti, però, hanno una sedia a rotelle e possono accedere ad una ruota servoassistita. Ho così deciso che dovevo fare qualcosa per far conoscere a tutti l’utilità di questa possibilità e dimostrare che, con una ruota di questo tipo, si possono fare anche lunghi viaggi senza problemi. Da lì l’idea di andare da Bologna a Monaco, che sono circa 600 km. Un record che nessuno aveva ancora compiuto. Sono partito assieme al mio fisioterapista, al mio meccanico e ad un amico pilota che mi dava supporto alla guida. Facendo tappa ogni 100 km, siamo arrivati a Monaco in 5 giorni.

Attraverso la promozione di tutte queste sue iniziative, qual è il messaggio che vuole trasmettere? Voglio trasmettere maggior conoscenza e consapevolezza. Le persone devono sapere, come proprio bagaglio culturale, cos’è un condrosarcoma e cosa significa essere disabile, così da poter essere in grado di agire nel caso accada. Cerco di infondere la speranza, quella che tanti pensano si perda il giorno in cui ti diagnosticano una malattia. Se ce l’ho fatta io, ce la può fare chiunque! @paolone_vezzaniofficial http://www.arcsonlus.it/


TECNOLOGIA

SEEING AI, L’APP CHE RACCONTA IL MONDO ATTORNO A TE

Ottobre 2020 - n.5 a cura di Noemi Manfrini

Quando la tecnologia incontra la disabilità Finalmente è arrivata anche in Italia “Seeing AI”, l’app gratuita prodotta da Microsoft e sviluppata con la collaborazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e Ipovedenti. Ideata per persone con disturbi visivi, e progettata per ciechi e ipovedenti, questa innovativa applicazione sfrutta la fotocamera del cellulare e la potenza dell’Intelligenza Artificiale, attraverso la quale riconosce ciò che le persone non vedono, descrivendolo poi con dei messaggi audio. Utilizzarla è molto semplice, proprio per il fatto che, facendo leva sulla fotocamera del cellulare, può leggere testi sia scritti a mano, sia stampati. Ciò permette all’applicazione di poter: identificare un cartello stradale; descrivere un paesaggio indicando la distanza tra gli elementi inquadrati; distinguere i colori; riconoscere il valore delle banconote; eseguire la scansione dei codici a barre, usando segnali acustici per guidare l’utente; leggere il nome e le informazioni scritte sulle etichette delle confezione dei prodotti; descrivere le foto sul telefono

e persino di riconoscere i volti amici e descriverne l’aspetto fisico. “Seeing AI” è già presente in oltre settanta Paesi, ed è disponibile gratuitamente per i dispositivi con sistema operativo iOS (iPhone 5 e superiori), scaricabile da App Store. Rimane ancora, però, un progetto di ricerca in corso, continuamente in elaborazione per essere migliorato e prossimamente esportato anche sulla piattaforma Android. Man mano che le ricerche avanzano, sarà possibile aggiungere sempre più canali. Una creazione degna di nota, che sta aiutando migliaia di persone non vedenti in tutto il mondo ad ottenere di più, sfruttando il potenziale delle nuove tecnologie. Inoltre si tratta di un’occasione, per questi individui, di poter vivere in società nel modo più semplice e integrato possibile. Se si hanno domande, commenti, suggerimenti o richieste di funzionalità, basta inviare un messaggio di posta elettronica all’indirizzo: seeingai@microsoft.com.

Schermate di utilizzo dell’applicazione

MUSICA SENZA CONFINI

a cura di Noemi Manfrini

Un linguaggio che va oltre la disabilità Grazie alla tecnologia, ora anche i disabili più gravi possono suonare e comporre usando solo gli occhi e il respiro, attraverso diverse tecnologie e dispositivi sofisticati. A ideare questo sistema è stato Manuele Maestri, musicista professionista laureato presso il Conservatorio di Rovigo e di Trento: “Anche se in condizioni di particolare svantaggio la musica permette di esprimere, comunicare ed emozionare”, afferma. Il progetto si chiama “Musica Senza Confini” ed è accessibile grazie ad una serie di soluzioni hi-tech, efficaci per superare le varie disabilità che cambiano tra i soggetti coinvolti. Le tecnologie assistive, infatti, consentono alla persona di poter beneficiare della ricchezza creativa ed espressiva dell’esperienza musicale. Gli strumenti aerofoni, per esempio, sono utilizzati da quelle persone che hanno perso la capacità di movimento agli arti superiori. Funzionano combinando la respirazione con il movimento del viso. Tutti i parametri di questi strumenti possono essere modificati in base alle possibilità della persona: sensibilità della respirazione e regolazione del movimento facciale. Il microfono ad ultrasuoni, invece, è un dispositivo speciale che proietta una tastiera invisibile. Funziona come un sonar ed è in grado di leggere la distanza che c’è tra il

Esempio di tecnologia ideato da Manuele Maestri suo sensore e l’ostacolo. Questo strumento potrebbe essere usato, come prima ipotesi, quando un tetraplegico riesce a muovere le braccia ma non le dita delle mani. Un altro esempio di hi-tech è il “Mouse Play”, un software che funziona tramite l’utilizzo del mouse. Adatto per le persone che possono muovere solo il viso, ma che hanno anche difficoltà ad usare gli strumenti a fiato, si utilizza tramite un

simulatore di mouse. I pulsanti sono dei supporti sensibili al tocco e sono in connessione wireless con la loro centralina, da cui possono essere modificati. Ad ognuno si può applicare una scala, una melodia, una nota, uno o più accordi e selezionare il suono dello strumento musicale preferito. “Non si tratta di musicoterapia, non sono un musicoterapista e non ne ho le competenze”, sottolinea

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Maestri. “L’intento è quello di riprodurre in maniera più fedele possibile brani di musica di un certo livello. Cerco di portare la mia esperienza, fatta sui palchi o in studio. La musica è un’inesauribile fonte di piacere, oltre ad essere una modalità di comunicazione universale”.

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CULTURA

PERGINE FESTIVAL NO LIMITS Connessioni con la natura e tra esseri umani La summer edition del Pergine Festival ha avuto molto da raccontare in termini di connessioni ed accessibilità. Una rassegna dedicata al rapporto tra uomo e natura, all’interno della quale, attraverso il progetto No Limits – coordinato da Associazione Fedora, realtà che abbiamo conosciuto nel numero di giugno – sono stati resi accessibili tutta una serie di servizi e un paio di eventi. Tra gli uni rientrano video promozionali, materiali informativi, totem identificativi, mappatura dei luoghi, mappe tattili, servizio d’accompagnamento, formazione volontari e interpreti LIS; degli altri ci occuperemo in questo articolo. Partiamo da Alberi Maestri, performance itinerante ideata dal collet-

Museo dell’Empatia Ph. Francesca Castellan

tivo Pleiadi. Un percorso sensoriale, individuale e collettivo, alla scoperta degli alberi, in mezzo al verde sovrastante la cittadina. Una passeggiata immersiva nella quale, attraverso parole e suoni dell’audioguida in cuffia, conoscere la complessità della Nazione delle Piante (per citare Stefano Mancuso), la sua intelligenza, il suo movimento impercettibile ma costante, la sua capacità di agire in rete e in armonia. Delle dodici repliche previste, quattro erano del tutto accessibili. È interessante confrontare come, in modi distinti, sordi e ciechi hanno vissuto questo singolare viaggio. Per i primi, aiutati dalla guida dell’interprete LIS Omar Ferroni, è stata una bellissima esperienza, nella quale trovare una ricchezza della natura inaspettata, in una sensazione immersiva piena. Una possibilità che ha provocato emozioni e riflessioni diverse, facendo comprendere significati inattesi. Grati per l’opportunità, i sordi auspicano che eventi come questo non restino un’eccezione, ma diventino la normalità. Con i ciechi – spiegano Luca Falbo e Ginevra Bocconcelli di Fedora – si lavora su un differente livello d’accessibilità. Si punta su ciò che non vedono e sul tatto. Un cieco può toccare gli alberi, annusare i fiori, ascol-

tare spiegazione e poesia dalla traccia audio; è curioso cercare di capire come percepiscono forme e dimensioni. Talvolta l’audioguida invita a vedere qualcosa: alcuni non necessitano della descrizione del paesaggio, scegliendo di fare in autonomia un lavoro di immaginazione. Affronta il tema della “diversità” sotto un’altra luce il Museo dell’Empatia, progetto tra ricerca e installazione sviluppato da Diana Anselmo e allestito per tre sere al Parco Tre Castagni. Un percorso emotivo che, attraverso dieci storie quotidiane, dirette e profonde, abbinate ad altrettanti semplici oggetti, vuol far riflettere su dieci tipi di emarginazione sociale da superare per conquistare la “normalità” comunemente intesa. Discriminazioni che colpiscono chi è sordo, cieco, sordocieco, in sedia a rotelle, tetraplegico, gay, transessuale, sieropositivo, migrante, vittima di bullismo. La maggioranza delle persone non prova queste esperienze, non le conosce, non ne è toccata. Il progetto dà voce a identità negate e soggettività non conformi, il cui punto di vista è spesso ignorato, offrendo a tutti la possibilità – dato il periodo, solo metaforica ed emotiva – di mettersi nei loro panni. Il percorso è stato reso fruibile tramite tablet con spiegazione in audio italiano, sottotitoli e LIS.

ORIENTE OCCIDENTE

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base del quale è stata poi creata, combinando musica, movimenti e parole, la performance. Un percorso che vuol essere il più possibile accessibile, ma lavorando anche di sottrazione per lasciare il giusto spazio all’immaginazione. Gravity è uno dei risultati di ImPArt, progetto co-finanziato dal programma Creative Europe che intende sperimentare pensieri e approcci per aprire nuove strade per l’inclusione delle arti, incoraggiando un cammino di ricerca con artisti internazionali con e senza disabilità. Per un’arte realmente accessibile ed inclusiva. Al piano aderiscono quattro partner: oltre ad Oriente Occidente e Un-Label, ci sono Synergy of Music Theatre – SMouTh (Grecia) e Small Theater (Armenia). Altre due produzioni frutto del progetto – The Little Prince e Re:construction – sono state presentate nel workshop “ImPArt Lab: ripensare il palcoscenico”. Un momento che è servito a fare il punto di quanto fatto in due anni e mezzo di ricerca e collaborazioni. È emerso, in estrema sintesi, come un piano di questo tipo permetta di esplorare possibilità, cercare soluzioni, conoscere persone, costruire rapporti, riempire lo zaino di idee ed esperienze. Sul tema danza e disabilità,

Il Pergine Festival sembra voler suggerire la via di una riconnessione con la natura e tra gli esseri umani. Ponendo innovazione, sostenibilità, inclusione e accessibilità come punti principali nell’agenda del mondo di oggi e domani. @perginefestival www.perginefestival.it/

Alberi Maestri - Ph. Giulia Lenzi

a cura di Ivan Ferigo

Una danza accessibile a tutti i corpi Il tempo di isolamento, la paura del contagio, il distanziamento interpersonale, l’incertezza sul futuro hanno scosso le nostre vite e la percezione del nostro corpo. A maggior ragione, si è trovato ad interrogarsi su questi mutamenti il mondo della danza, arte che per definizione ha a che fare con il gesto fisico, l’espressione corporea, la relazione e il contatto tra i corpi. Su questi nodi concettuali si è fondata la quarantesima edizione di Oriente Occidente. Il festival di Rovereto da diversi anni dedica una decisa attenzione al rapporto tra danza e disabilità, nella convinzione che l’arte e la cultura debbano essere alla portata di tutti. Ci focalizzeremo qui su tre momenti: una performance accessibile, il progetto europeo di cui è esito, la presentazione di un libro. Siamo stati invitati allo spettacolo Gravity (and other attractions) della compagnia tedesca Un-Label. Sul palco, due danzatori: lei udente, lui sordo. Una storia, pur raccontata in inglese, a cui si può accedere udendo la poetica audiodescrizione o seguendo la lingua dei segni, oltre che osservando la coreografia e la scenografia digitale. Il lavoro di Costas Lamproulis (concept, drammaturgia e direzione) parte proprio da un testo in audiodescrizione sulla

a cura di Ivan Ferigo

Gravity - Ph. Lara Weiss infine, c’è da dire della presentazione di Making an entrance di Adam Benjamin, coreografo co-fondatore della CandoCo Dance Company e pioniere della danza integrata. Un’opera datata 2002, ma sempre attuale per visione e contenuti, ora disponibile anche in italiano grazie alla traduzione di Monica Morselli per Cue Press. Un testo chiave su come insegnare danza trasversalmente ad allievi disabili e non. In esso, l’autore individua come focus l’improvvisazione, una forma di apprendimento aperta, libera e paritaria, nella quale guardare le cose con umorismo e una mente giocosa,

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imparando ad accettare e valorizzare la vulnerabilità. Nonostante una pandemia ancora presente, Oriente Occidente ha dimostrato che è possibile e necessario esserci, reinventarsi, occuparsi – oggi più che mai – dei corpi fragili. Per una danza accessibile a tutti i corpi. Oriente Occidente @orienteoccidente www.orienteoccidente.it/


SPORT

DANIELA PRESCHERN Una vita in sella contro la neuropatia di Charcot

Ottobre 2020 - n.5 a cura di Martina Dei Cas

Daniela, durante un’escursione con il marito Luca un caffè con le amiche, sono rimaste le stesse. E valgono la pena!

Daniela Preschern ha perso l’uso delle gambe tre anni fa a causa della neuropatia di Charcot. Con il “Dani Oltre Project” vuole costruire una community di amanti dell’handbike e mostrare alle persone disabili nuovi modi di stare all’aria aperta in libertà. Ci sono scuole in cui la disabilità si racconta attraverso filmati e conferenze. E altre – come l’istituto superiore don Milani di Rovereto – in cui si impara a conoscerla ogni giorno grazie a una collaboratrice scolastica molto speciale, che sfreccia da un’aula all’altra sulle ruote della sua carrozzina e durante la ricreazione mostra ai ragazzi i video delle gite in handbike, sfatando il mito secondo cui un disabile non può avere una personalità avventurosa. Il suo nome è Daniela Preschern, e noi l’abbiamo incontrata per voi.

stavo ferma, immobile e triste. Praticamente parcheggiata. Per fortuna, qualche tempo dopo, ho visto un servizio dedicato all’handbike su una televisione locale.

Daniela, per prima raccontaci un po’ di te…

Sullo sterrato sei riuscita a trovare un equilibrio tra la Daniela di prima e quella di oggi. In città, invece? Ti accorgi di ostacoli che prima non vedevi?

cosa

Dunque, sono nata a Rovereto – dove tutt’ora abito – nel 1983 e a 8 anni mi è stata diagnosticata la neuropatia sensitiva motoria di Charcot, una malattia degenerativa che colpisce i nervi che controllano i movimenti muscolari e quelli che trasmettono le informazioni sensoriali al cervello. Così tre anni fa, dopo svariate vicissitudini e un’infezione alla colonna vertebrale, le mie gambe hanno dato forfait e ho dovuto cominciare a utilizzare la carrozzina per spostarmi.

Come ti sei sentita quando il dottore ti ha spiegato che non avresti più potuto camminare? Ho un carattere forte, ma non è stato facile. Io e mio marito Luca amiamo stare all’aria aperta e, grazie alla bici elettrica, riuscivo ad accompagnarlo in ogni tipo di escursione. Poi è arrivata la carrozzina. Nell’ottica di non abbattermi, ho deciso di andare con lui e un gruppo di amici in Paganella. Loro pedalavano in sella alle loro bici, mentre io me ne

E di fatto non sei più scesa di sella! Esatto, l’ho provata e sono tornata subito libera di muovermi. Così, assieme a Luca ci siamo ingegnati per costruirne una su misura per me. E adesso posso dire di fare più cose di prima. Le tre ruote mi aiutano a combattere lo stress.

Sì. La tecnologia aiuta le persone con disabilità motoria a muoversi in autonomia. Penso ai motorini elettrici per le carrozzine. Però le barriere architettoniche sono ancora tante. Tra queste i marciapiedi stretti, i negozi e bar con le tre scalette all’ingresso, o ancora i ristoranti con i tavoli troppo vicini l’uno all’altro.

Continuiamo a parlare di giovani. E di social. Tu sei molto attiva su Instagram. Ma che impressione hai di queste piattaforme che – se da un lato fungono da cassa di risonanza per le storie positive – dall’altra purtroppo veicolano messaggi di odio e intolleranza verso la diversità? Penso che i social siano neutri e – come per qualsiasi strumento – spetti a noi usarli in maniera consapevole. Io li vedo come un mezzo per informarmi sulle ultime novità e conoscere persone con una storia simile alla mia.

Con il Dani Oltre Project? Sì, dopo vari collaudi e modifiche alla mia handbike sono ritornata sui trail vicino a casa. Poi mi sono spinta sempre più in là e ho cominciato a salire, raggiungendo posti impensabili e lasciando a bocca aperta molti escursionisti. Così ho detto: perché non filmare queste avventure e pubblicarle in modo che altre per-

sone come me possano identificarsi e scoprire un nuovo modo di stare nella natura anche con una disabilità? Vedere i miei follower crescere, scrivermi, ottenere qualche piccola sponsorship del materiale o magari un pezzo di ricambio in regalo è stato emozionante. Grazie ai social, ho partecipato a fiere ed eventi, incontrato e conosciuto gente meravigliosa che mi ha aiutata e con la quale è nata una grande amicizia.

Come ti vedi di qui a dieci anni? A dire il vero non so come si evolverà la mia malattia. La vita è una sfida continua e io voglio affrontarla giorno per giorno, con grinta. Mi piacerebbe costruire una community di persone disabili che vanno in handbike e magari creare dei percorsi per questo tipo di sport in giro per l’Italia. E perché no, magari anche organizzare qualche piccola gara amatoriale. Affinché chi, come me, ha difficoltà motorie possa rimettersi in gioco e riprendersi, almeno in parte, ciò che ha perso. @prescherndaniela

E a scuola? In realtà, di solito, di fronte alla carrozzina i ragazzi hanno una reazione più normale rispetto agli adulti. Sorridono, scherzano, mi chiedono come sto e, se serve, mi aiutano, senza compatirmi. E poi si meravigliano, guardando i video delle mie gite in handbike. Insomma, vedono la persona dietro l’etichetta e mi ricordano che, anche se alcune cose – come fare la doccia – da quando sono in carrozzina sono diventate più difficili, altre, come fare la spesa o bere

Daniela a spasso nella sua Rovereto

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