Il manuale di guerra dell o scacchista

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CAPITOLO 1 – INFASTIDIRE L’AVVERSARIO

Bisogna dare atto a Judit Polgar di aver lottato con tenacia in una situazione che non le offriva concrete possibilità di salvezza, riuscendo a infastidire l’avversario il più possibile nella seconda metà della partita. Meglio tardi che mai, certamente, ma alla luce di quanto è accaduto in partita potremmo dire piuttosto “non rimandare alla trentesima ciò che puoi fare alla tredicesima”. GGG I fastidi recati all’avversario non si identificano esattamente con il controgioco, ma possono creare i presupposti per ottenerlo. Un fastidio può spesso essere ‘confezionato’ sotto forma di attrazione ingannevole, che ci aiuta a raggiungere lo scopo con l’astuzia. Vediamo come ciò sia possibile. Immaginiamo di essere in posizione inferiore e senza controgioco. Lo sappiamo noi e lo sa l’avversario, che per giunta ha anche pronto un piano in grado di consolidare il suo vantaggio e costringerci alla passività e all’affannosa ricerca della patta. È qui che il concetto di fastidio ci viene in aiuto: iniziamo con l’individuare una potenziale debolezza nella posizione nemica, una debolezza trascurabile, destinata a rimanere tale se l’avversario porta avanti il suo piano senza distrarsi. Per trasformarla in una vera debolezza dovremmo indurre l’avversaIL MANUALE DI GUERRA DELLO SCACCHISTA

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rio ad allontanarsi dal percorso che sta seguendo. L’unico modo per riuscirci è attirare la sua attenzione con un’esca: piccoli guadagni di materiale, possibilità di attacco allettanti ma a doppio taglio, una conquista posizionale esteticamente notevole ma non particolarmente incisiva. Questi guadagni sono sostanzialmente ingannevoli se confrontati con ciò che l’avversario otterrebbe seguendo il suo piano posizionale, e a livello inconscio la loro stessa esistenza è già per lui fastidiosa. Tuttavia, in un simile frangente anche la prospettiva di lasciarsi sfuggire una vittoria più rapida o più elegante lo infastidisce, come pure l’idea di venir criticato per averli ignorati. O potrebbe anche darsi che l’avversario sia semplicemente una di quelle persone che non sanno resistere alle tentazioni. Potremmo paragonarlo a un viaggiatore che, in attesa di una coincidenza, è allettato dalla possibilità di concedersi un buon pasto e un po’ di relax in un ristorante. E perché no? In fondo c’è tutto il tempo per tornare in stazione a prendere il treno. Ma se la cena è di quelle buone, forse finirà per ordinare un piatto di troppo… e addio treno! La partita che segue illustra in modo esemplare l’utilizzo di simili fastidi, e a farne le spese è niente meno che il giocatore con all’epoca l’Elo più alto al mondo.


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