Preziosa n. 4

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L’importanza dell’oro come bene di rifugio L’impegno costruttivo e mirato del neo-presidente di OroArezzo di Chiara Di Martino

È il neo-eletto presidente del Centro promozioni e servizi, società organizzatrice di OroArezzo, ma non sembra un pesce fuor d’acqua. Giovanni Tricca, presidente della Camera di Commercio aretina dallo scorso luglio, si è calato appieno nel ruolo per cui è stato designato. E ha le idee chiare su come procedere, anche se il momento storico non è dei più favorevoli. Presidente, quali sono i suoi progetti? «È necessario muoversi in fretta per superare la disaffezione della clientela verso alcuni prodotti e far comprendere a tutti l’importanza dell’oro come “bene rifugio”. E poi credo che da soli non si possa andare molto lontano, perciò tutti i miei sforzi sono volti a coordinarmi con altri che ricoprono il mio stesso ruolo in altre filiere. Il primo obiettivo è certamente armonizzare il calendario delle fiere, che restano uno strumento di assoluta necessità». Non a caso, a chiusura di Oro Arezzo, ha

siglato un accordo con i presidenti di Fiera di Vicenza, Dino Menarin, e di Valenza Expo Events, Francesco Barberis. «Abbiamo raccolto tutti con entusiasmo l’idea di Assicor (l’associazione delle Camere di Commercio per lo sviluppo dell’oreficeria, ndr) di portare avanti il progetto di un marchio comune, il “Gioiello Italiano”, che sia garanzia di tracciabilità e soprattutto di qualità. Potrà tornarci utile soprattutto per la promozione all’estero. Probabilmente già dalla Fiera di Las Vegas ci presenteremo uniti con un modulo unitario». All’incontro che ha portato alla firma del protocollo di intesa era presente anche Nicola Curto, presidente della Federdettaglianti. Quale può essere il suo ruolo in questo panorama congiunto? «Il mercato sta cambiando, la filiera si sta “accorciando”. C’è un interesse diretto dei dettaglianti e in questo hanno fatto scuola le aziende che si sono proposte sul mercato con prodotti in acciaio. Il Paese, comunque, deve approfittare di questa crisi per darsi delle regole: questa congiuntura economico - finanziaria negativa ha, come altro lato della meda-

glia, di mettere in risalto quanto siamo in ritardo su molti fronti». Il trentennale di OroArezzo ha raccolto buoni risultati. Nel quotidiano, invece, cosa conta di fare? «Bisogna lavorare sul fattore culturale: Arezzo deve porsi verso l’esterno come città dell’oro. Il distretto orafo è forte, ma non è riuscito a calarsi nel tessuto cittadino. Sarebbe significativo riuscire a portare nel centro botteghe artigiane. Stiamo lavorando anche per aprire il Museo dell’Oro e per dare vita a corsi di formazione che possano qualificare professionalmente le nuove generazioni». La provincia di Arezzo e la Toscana in generale sono note anche per la moda. Nessun progetto comune? «Ha colto nel segno: abbiamo fatto la stessa riflessione e, infatti, si sta finalmente pensando ad una Scuola di design moda-gioielli. È assurdo che due settori così vicini, sia dal punto di vista geografico che dal punto di vista merceologico, non abbiano mai marciato di pari passo. Con le difficoltà del momento qualcosa si è risvegliato, perciò sono fiducioso in tal senso: il bisogno aguzza l’ingegno».


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