crimini e criminali Luciana Cristallo, invece, nel febbraio del 2004 ammazza il suo ex-marito Domenico Bruno, imprenditore 45enne - sposato vent’anni prima e con il quale aveva avuto quattro figli - con 12 coltellate. Dopo anni di violenze, nel 2001 decide di lasciarlo e, successivamente, nel 2002, inizia una nuova relazione con un altro uomo, il commercialista romano Fabrizio Rubini. La donna, nel pomeriggio del 27 febbraio 2004, aprendo la porta della sua casa romana trova il suo ex marito, ma non è entusiasta di vederlo. Da mesi, sosterrà durante il processo, le sta rendendo la vita impossibile, tra botte, pedinamenti, minacce e richieste insistenti di ritornare insieme; ha pure tentato di
soffocarla, tanto da farla ricoverare per «schiacciamento delle vertebre cervicali anteriori». Luciana lo fa entrare ed ascolta la richiesta di questi: vuole che lei ritiri l’ultima denuncia per lesioni e percosse. Già in passato la donna alla fine si è tirata indietro, questa volta non vuole farlo. Inizia l’ennesima discussione; parole grosse, insulti e poi le mani. La Cristallo afferra un coltello e colpisce l’ex-marito che la stava strozzando durante l’ennesima aggressione. Alla fine il corpo di Domenico Bruno
giace a terra con 12 coltellate su tutto il corpo; non sapendo cosa fare, la donna chiama l’attuale compagno Fabrizio Rubini. Il suo cadavere sarà ritrovato solo un mese dopo, su una spiaggia di Ostia, dove il mare restituì il suo corpo trafitto dalle numerose coltellate. La corte di Assise di Roma ha assolto nell’ottobre dello scorso anno Luciana Cristallo e l’amante Fabrizio Rubini, che rispondevano delle accuse di concorso in omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere, reato, quest’ultimo caduto in prescrizione. Secondo i magistrati, l’imputata, il 27 febbraio del 2004, assassinò il marito al culmine di un litigio scoppiato dopo una serie di atti persecutori messi in atto dall’uomo e lo colpì per difendersi legittimamente. «I giudici hanno dato un peso non fondamentale all’attività di stalking dell’uomo. Si sono concentrati sull’aggressione di quella sera, stabilendo che la difesa della donna (l’accoltellamento) fu proporzionata all’offesa (il tentativo di strangolamento)». Philomene Cambarau, dopo una vita di percosse e violenza rivolte non solo contro di lei, ma anche contro i figli, matura l’idea di uccidere il marito, Vito Paladino. Il 16 maggio del 2008, ad Alpignano nel torinese, la Cambarau uccide il marito con sei colpi di pistola perché, le persecuzioni a cui lui l’aveva sottoposta, l’avevano distrutta psicologicamente tanto da farle perdere la ragione e portarla a uccidere chi la faceva vivere nel terrore, come si legge nella motivazione della sentenza di assoluzione dei giudici della Corte di Assise d’appello di Torino. Per i giudici la donna «non è imputabile perché incapace di intendere e di volere al momento del fatto». In primo grado le erano stati inflitti 14 anni di carcere. Il 13 settembre scorso la Cassazione ha confermato la sentenza di appello restituendogli definitivamente la libertà. Tre storie diverse, accomunate dalle violenze subite per anni e
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dall’esasperazione, culminate in un tragico epilogo: la morte dell’uomo che per anni era stato al loro fianco e padre dei loro figli. Purtroppo, la violenza domestica non è facilmente individuabile in quanto chi la compie cerca di tenerla celata all’esterno e mantiene, con la cerchia degli amici, un comportamento irreprensibile o, comunque, normale per cui non è raro che la donna sia presa per visionaria e, molto spesso, la sua reazione sarà valutata come sproporzionata o esagerata. Anche quando trova la forza di separarsi la donna viene messa in difficoltà dall’uomo che, pur di non perdere il potere su di lei, fa di tutto per renderle la vita difficile, anche con cavilli burocratici che altro scopo non
hanno che continuare ad esercitare il proprio dominio. Nell’ambito familiare la violenza psichica non patologica è originata sovente da un reflusso di tensione o insoddisfazione dei coniugi, ma caratterizzata da una situazione di parità dialettica e di violenza tra i partners con insulti reciproci e lancio di oggetti; invece, nei casi patologici, può essere caratterizzata da una sottile e perversa violenza, per lo più psichica, attuata generalmente dall’uomo, la cui patologia, per le peculiarità del manifestarsi della stessa, non è ravvisabile dall’esterno e non è individuabile nella gran parte dei casi, neanche dalla vittima che spesso solo dopo diversi anni si rende conto che «qualcosa non va» (Violenza in famiglia e disturbi psichici, ed. Giuffrè editore, di D. Chindemi e V. Cardile). Alla prossima... H
Nelle foto sopra Philomene Cambarau a sinistra Luciana Cristallo sotto il ritrovamento del corpo di Domenico Bruno sulla spiaggia di Ostia
Polizia Penitenziaria n.209 settembre 2013