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CRIMINI E CRIMINALI visto Nadia ancora in vita. Le due ragazze, dopo le incessanti domande da parte del P.M., confessano di essere le autrici dell’omicidio e di aver inscenato il suicidio per creare un alibi. Le giovani donne, senza trasmettere alcuna emozione, raccontano come si sono svolti gli accadimenti, dando però diverse versioni delle motivazioni che le avrebbero spinte ad uccidere. Motivazioni che saranno più volte modificate e smentite nel corso degli interrogatori successivi; le ragazze forniranno, invece, un’agghiacciante e minuziosa descrizione dei fatti: Marilena “Eravamo sedute a studiare ...Anna Maria mi ha dato un colpetto alla gamba ...Mi sono alzata ...Anna Maria è andata a spegnere la luce...”, “Mi fa cenno... Io comincio a togliere la sciarpa... Spegne la luce... Il tempo di arrivare qui... Nadia ha cominciato ad urlare... Anna Maria mi ha detto: «tappale la bocca»... Anna Maria: “Marilena mi diceva: «Anna, Anna, i capelli, i capelli» e vedevo che Marilena era sopra a Nadia... Seduta... con le ginocchia per terra... nel frattempo aveva già preso la corda... e ha detto: «ora gliela metto al collo...» E diceva: «muori, muori, muori... Anna, questa bastarda non muore...» e io le ho detto: «come? Respira ancora?...» lei mi ha detto: «ma io non lo so, vieni a vedere tu...» Sono andata e ho visto che Anna Maria le aveva messo un piede sopra... e poi è venuta accanto a me... passando sul corpo di Nadia... dopo un po’ Marilena smette tutto... e ha detto:«ora credo che vada bene così». (1) Accertata, a seguito della confessione, la responsabilità delle due ragazze, restava da capire quali fossero state le motivazioni che avevano spinto le due giovani a compiere una azione così efferata. Le ipotesi sul movente del delitto restavano sostanzialmente tre: la prima è quella del legame amoroso tra le due assassine e l’amore non corrisposto di Nadia per Anna Maria, così come riportato nella missiva

trovata nel garage; la seconda è quella del mancato impegno preso dalla vittima circa un ipotetico viaggio delle tre negli Stati Uniti la terza e ultima, la più accreditata, è quella esoterica, della setta satanica che avrebbe plagiato le due giovani donne inferme di mente. Nel corso di intercettazioni ambientali, all’interno della caserma di Foggia, le due ragazze, rimaste sole inneggiavano a Satana: “Lucifero è bello... bello... sta in mezzo alle mutandine“, e, poi “Il sangue, lo abbiamo versato tutti”, “Il demonio... non mi dire... che sono stata anch’io con il demonio ieri sera”. Tale pista fu collegata anche ad un furto che era avvenuto pochi mesi dopo il delitto, nel cimitero del paese e che sembrò avvalorare i sospetti della pista satanica su quel delitto: dal cimitero del paese fu trafugata una statuetta raffigurante Gesù Bambino, i cui capelli erano stati composti con una ciocca di capelli di Anna Maria Botticelli, quando questa aveva dieci anni. Il 5 luglio del 1999, innanzi alla Corte d'Assise di Foggia, si apre il processo alle due ragazze. Dopo 22 udienze, oltre cento testimoni ascoltati, tra investigatori, amici delle due giovani imputate, parenti della vittima e delle due assassine e una ventina di consulenti (periti psichiatrici, psicologi), la Corte sentenzia l’ergastolo per entrambe le ragazze. Secondo la tesi dei tre periti psichiatrici nominati (tra i quali Giancarlo Nivoli, ordinario di psichiatria dell'Università di Sassari) l'omicidio è stato commesso con piena consapevolezza. Le ragazze erano perfettamente in grado di intendere e di volere. «In loro non abbiamo riscontrato alcuna psicosi, soltanto dei disturbi della personalità, che però sono presenti in tutte le persone». Le conclusioni dei periti, ad ogni modo, non trovano d'accordo Francesco Bruno, consulente di parte delle assassine, secondo cui si tratta di un tipico caso, anche se raro, di delirio a due. Ma che cosa significa? «Significa che la follia della

Botticelli, che è schizofrenica e oltre a una personalità affascinante possiede una capacità straordinaria di raccontare bugie, si è trasferita nell'amica, che a lei era morbosamente legata - spiega il criminologo romano nel corso del processo -. La Botticelli, approfittando del suo carattere magnetico, ha evidentemente ridotto l'amica Maria Filomena Sica in uno stato di profonda dipendenza. Prova ne sia che quando la Botticelli ha cominciato a soffrire di paralisi temporanee alle gambe, anche la Sica ha avuto gli

stessi sintomi». (2) Inoltre, nelle motivazioni si evidenziava come il delitto fosse stato compiuto dalle due ragazze per tastare la loro forza, per vendicarsi del mancato viaggio in America e di come “fu un’azione pianificata e caparbiamente perseguita” (ANSA, 14 febbraio 2001). I Giudici, inoltre, ritennero che per la gravità dell’episodio sussistevano tutte le aggravanti contestate dall’accusa: la premeditazione, i futili motivi e la crudeltà. In secondo grado la massima pena venne ridotta a 25 anni di reclusione per ciascuna; nel corso del processo d’appello fu ripreso l’aspetto della relazione omosessuale tra Anna Maria e Marilena, che era emerso nel corso delle indagini e che era stato tralasciato nel corso del processo di primo grado. Secondo il Procuratore di Bari, Antonio Mirabile, tale aspetto tralasciato forse “per un senso di

Polizia Penitenziaria n.238 • aprile 2016 • 23

Nelle foto: sopra i funerali di Nadia Roccia nel box, la madre sotto Giancarlo Nivoli dell’Università di Sassari

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