Polizia Penitenziaria - Dicembre 2010 - n. 179

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Organo Ufficiale Nazionale del S.A.P.Pe. Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

La Copertina La locandina del 5° Congresso Nazionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria che si terrà a Milano dal 21 al 23 gennaio 2011.

ANNO XVII Numero 179 Dicembre 2010

L’EDITORIALE In Piazza per la Polizia Penitenziaria

Direttore Responsabile Donato Capece

di Donato Capece

capece@sappe.it

IL PULPITO Perchè non abbiamo firmato per il FESI

Direttore Editoriale Giovanni Battista De Blasis

di Giovanni Battista De Blasis

deblasis@sappe.it

Direttore Organizzativo Moraldo Adolini

IL COMMENTO Il dramma dei suicidi in carcere

Capo Redattore Roberto Martinelli

di Roberto Martinelli

martinelli@sappe.it

Comitato di Redazione Nicola Caserta Umberto Vitale

L’OSSERVATORIO POLITICO Con l’augurio di un anno migliore

Redazione Politica Giovanni Battista Durante

di Giovanni Battista Durante

Redazione Sportiva Lalì Progetto Grafico e impaginazione © Mario Caputi (art director)

NON SOLO SPORT Carolina Kostner al Grand Prix 2010

Direzione e Redazione Centrale Via Trionfale, 79/A 00136 Roma tel. 06.3975901 r.a. fax 06.39733669

LE FIAMME AZZURRE Pensione: Cambiano i requisiti

E-mail: rivista@sappe.it Web: www.poliziapenitenziaria.net

di Lalì

a cura di Lionello Pascone

LE OPINIONI Un Corpo dal carattere Maiuscolo diEnzima

Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionali di: “Polizia Penitenziaria -

Società Giustizia & Sicurezza” Registrazione Tribunale di Roma n. 330 del 18.7.1994

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Donato Capece Segretario Generale Sappe capece@sappe.it Direttore Responsabile

In piazza per il bene del Corpo di Polizia Penitenziaria opo il vergognoso voltafaccia del Governo e della maggioranza che hanno ritirato anche al Senato, dopo averlo già fatto in precedenza alla Camera, un emendamento al decreto sicurezza sulla specificità delle Forze di Polizia e dei Vigili del Fuoco, ingannando ancora una volta le forze dell’ordine, tradendo la loro fiducia, e mettendo anche a rischio l’operatività e l’efficienza dei servizi di ordine e sicurezza pubblica dal 1° gennaio 2011, le Organizzazioni Sindacali della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria, del Corpo Forestale dello Stato e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco hanno indetto una serie di manifestazioni unitarie nazionali degli operatori di questo importantissimo e delicato Comparto per impedire lo smantellamento della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico contro le politiche finanziarie dei soli tagli che hanno già sottratto, alle Forze di polizia, circa 2 miliardi e mezzo di Bandiere al vento

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euro in tre anni e che determinerà anche il taglio del 10% degli stipendi della dirigenza; per impedire che la manovra finanziaria di quest’anno possa ulteriormente limitare l’operatività dei servizi delle Forze di Polizia e dei Vigili del Fuoco con la fissazione dal 31 dicembre 2010 di un tetto massimo allo straordinario e alle indennità operative, anche a fronte di maggiori esigenze di sicurezza, che non consentiranno l’impiego dei poliziotti e dei vigili del fuoco per un limite ragionieristico. Inoltre, affermare il diritto degli operatori delle Forze di Polizia e dei Vigili del Fuoco, sancito dalla Costituzione per tutti i lavoratori, a smettere di fornire prestazioni di lavoro straordinario o connesse a maggiore disagio o responsabilità senza la retribuzione corrispondente. Sensibilizzare l’opinione pubblica sul comportamento irresponsabile, verso il Paese, e vergognoso, verso gli operatori di polizia e dei vigili del fuoco, tenuto dall’attuale Governo, che ha sinora disatteso ogni impegno assunto in campagna elettorale e nei documenti programmatici sui versanti della sicurezza e delle connesse politiche per il personale. I Cittadini, le istituzioni, i Parlamentari devono avere i poliziotti a difendere il diritto alla sicurezza contro la logica di palazzo determinata da criteri ragionieristici e non dall’interesse del Paese. Per questo abbiamo protestato e ricordiamo che oltre a discutere sulle possibili future alleanze politiche e di sondaggi sulle presunte dichiarazioni di voto dei cittadini a favore di questo o quel partito, il Paese reale si aspetta una politica che governi i processi e le problematiche dei cittadini, a cominciare dal diritto alla sicurezza. F

ella trattativa sul FESI 2010, quest’anno, le ragioni della politica hanno finito per ritorcersi contro il personale rappresentato, producendo un vulnus negli accordi siglati. In definitiva, la firma apposta delle altre organizzazioni sindacali è stata, in realtà, una firma contro il SAPPe che, però, ha finito per diventare una firma contro tutti i colleghi. La politica di cui parlo, in questo caso, è quella sindacale che è stata perseguita dalle sei organizzazioni che hanno sottoscritto il FESI dell’Amministrazione (dico dell’Amministrazione perché, alla fin fine, il testo è proprio quello che voleva il Dap) alle quali si è accodata, all’ultimo secondo, la UIL da cui sono veramente curioso di ascoltare le motivazioni che hanno spinto alla firma. Sono molto curioso perché il segretario della Uil si era, finora, ritagliato un ruolo da Grande Idealista, da difensore delle cause nobili della Giustizia Giusta, tanto che ci ha fustigato per un anno intero con le sue reprimende contro il FESI dell’anno scorso. Immagino che, per questo, dovrà senz’altro argomentare bene il perché sia sceso a compromesso siglando un accordo sostanzialmente identico a quello dell’anno scorso. Stento a credere, infatti, che lo abbia firmato soltanto perché è stata inserita, all’ultimo momento, l’indennità per i Comandanti dei Nuclei TP Provinciali ed Interprovinciali che, a quanto ci risulta, non esistono sul territorio se non in qualche sporadica realtà. Del resto, la ragione politica (sindacale) che ha indotto le sei organizzazioni (più l’accodata Uil) a firmare l’accordo con l’amministrazione risiede, a mio avviso, nel tentativo di isolare il SAPPe che, secondo loro, avrebbe raggiunto un peso e una rilevanza troppo ingombrante per le loro piccole percentuali. In effetti, le sei organizzazioni sindacali, che hanno vantato il sessanta per cento di rappresentatività, raccolgono - mediamente - il 9,5 % di iscritti ciascuna. Ed è proprio questo mirabolante nove per cento medio di rappresentatività che ha consentito ai sei Segretari Generali di accordarsi con l’Amministrazione a nome e per conto di quarantamila colleghi, sottoscrivendo un FESI che penalizzerà, secondo me, chi lavora al di sopra delle proprie capacità psicofisiche senza ottenere, in cambio, un adeguato risarcimento

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Giovanni Battista De Blasis Segretario Generale Aggiunto Sappe deblasis@sappe.it Direttore Editoriale

Perchè non abbiamo firmato l’accordo sul FESI 2010 con le risorse del fondo incentivante. Eppure, il Sappe ha anche formalizzato le proprie posizioni nei verbali degli incontri, scrivendo comunicati ed inviando una nota al Capo del Dap. Il Sappe ha rappresentato, più volte e in maniera dettagliata, la propria posizione rispetto all’accordo sul FESI per l’anno 2010 e, conseguentemente, per i successivi tre anni, nei quali è previsto il blocco degli aumenti contrattuali. Tutto ciò che il Sappe ha rappresentato, è stato fatto perché tra i nostri iscritti, che costituiscono il trenta per cento del Corpo, è emersa un sostanziale contrarietà riguardo l’accordo proposto dal Dap, che è stato percepito dalla stragrande maggioranza dei colleghi come iniquo nella distribuzione delle risorse. Proprio per tale ragione, il SAPPe ha più volte prospettato la necessità di cambiare sostanzialmente i principi ispiratori del Fondo di Efficienza dei Servizi Istituzionali. Infatti, e ne è prova il fatto che l’accordo è stato quasi sempre modificato di anno in anno, i criteri di distribuzione del Fondo sono, nella loro stessa sostanza, continuamente in evoluzione sulla scorta delle esperienze degli anni precedenti e, soprattutto, nel rispetto delle osservazioni e delle critiche di tutti i colleghi che, in ultima istanza, ne sono i destinatari. Fino ad oggi, il Fondo è stato considerato una sorta di strumento finalizzato, oltre che ad incentivare il personale sul lavoro svolto, a scongiurare il fenomeno dell’assenteismo pena la perdita di parte della retribuzione accessoria. Allo stato attuale, invece, non è più possibile, secondo il Sappe, applicare questa filosofia e non è più possibile accettare che il FESI venga considerato uno strumento per combattere l’assenteismo. Oggi, infatti, con la drammatica situazione che si è venuta a creare nelle carceri, il FESI deve essere considerato soltanto come un parziale indennizzo per le gravose condizioni di lavoro nelle quali è costretto a prestare servizio il personale del Corpo. Tra l’altro, le durissime condizioni di lavoro della Polizia Penitenziaria vanno anche inquadrate nel contesto di una disa-

strata situazione economica del Paese a causa della quale, come è noto, è stato imposto il blocco dei rinnovi contrattuali per i prossimi tre anni e non c’è ancora la certezza di essere stati esonerati dal blocco degli aumenti stipendiali legati ad assegni di funzione ed avanzamenti in carriera. Queste sono le ragioni per le quali il FESI non può più essere più considerato uno strumento per combattere l’assenteismo, perché non è più possibile escludere parte del personale dalla retribuzione accessoria. La gravissima congiuntura economica, non consente più, nemmeno, di continuare a considerare il personale diviso in tre fasce di retribuzione perché , oramai, non ha più alcun senso dividere nettamente il personale tra quello che svolge compiti operativi e quello che svolge mansioni di ufficio. Non esiste più, in nessun penitenziario del Paese, alcun collega che non sia chiamato a dare una mano nelle sezioni e nelle traduzioni in qualsiasi momento del giorno e della notte. E’ assurdo, poi, che il personale addetto alle traduzioni (che spesso è sottoposto a turni di servizio massacranti) non sia considerato alla stessa stregua dei colleghi delle sezioni, soprattutto in relazione ai turni pomeridiani e notturni che permettono di accedere a particolari incentivi. In questo scenario, è da ritenere più che sufficiente dividere il personale in due sole fasce, ovvero una per coloro che svolgono in maniera continuativa il servizio a turno e l’altra per tutto il resto del personale. E’ assurdo, oggi, ragionare su chi va escluso dagli incentivi, perché in questa situazione di disagio lavorativo nessuno dovrebbe essere escluso da parte della retribuzione. Appare indispensabile, tra l’altro, ridiscutere sul significato e sull’accezione che si vuole dare alla definizione di assenza dal servizio. Per quello che voleva intendere il SAPPe non può più essere considerato assenza dal servizio il riposo compensativo, o il recupero delle ore straordinarie non pagate, il recupero dei riposi non fruiti il

mese precedente o il recupero delle ferie non godute l’anno precedente. ragionaStesso mento è lecito fare per i permessi previsti dalla legge 104, allorquando colui che ne fruisce va ad assolvere un compito di grande rilevanza sociale e familiare che non può essere, nel modo più assoluto, considerato assenteismo. Per altro verso, l’intesa firmata dalle sei piccole organizzazioni sindacali presenta, ad avviso del Sappe, più di un profilo di illegittimità, che ne potrebbe compromettere la registrazione alla Corte dei Conti ovvero potrebbe indurre qualcuno a ricorrere alle vie giurisdizionali. Queste ultime ipotesi, laddove si concretizzassero finirebbero per penalizzare ancora di più tutto il personale che, in tal caso, non potrebbe percepire alcuna somma prevista da un accordo invalidato. Si tenga conto, tra l’altro, che tutte queste questioni sono già state poste dal SAPPe ed erano perfettamente a conoscenza delle piccole sei sigle sindacali (più l’accodata Uil) che hanno voluto comunque (per le anzidette ragioni politiche) firmare la bozza predisposta dal DAP. La novità dell’incentivo ai Coordinatori dei Nuclei Traduzioni provinciali ed interprovinciali, ad esempio, potrebbe inficiare la legittimità dell’intero accordo stante che tali Coordinatori, pur esistendo in punto di fatto, non esistono in punto di diritto perché furono contemplati soltanto da un regolamento sperimentale dei Nuclei applicato per sei mesi e mai prorogato ne, tanto meno, recepito in un Decreto Ministeriale. Non ho idea, poi, come le maggioranze percentuali vantate dalle sei sigle (più una), potranno giustificare le cose sbagliate dell’accordo firmato, perché ciascun sindacato sarà chiamato, di volta in volta, a spiegare e motivare la propria scelta. Nessuno dubiti del fatto che, immancabilmente, il SAPPe si assumerà l’onere di sollecitare le spiegazioni di chi di dovere. Mai come stavolta mi sembra appropriato richiamare quello che diceva un vecchio Capo Dipartimento, particolarmente illuminato: La ragione della forza non potrà mai prevalere sulla forza della ragione. F

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Roberto Martinelli Segretario Generale Aggiunto Sappe martinelli@sappe.it Capo Redattore

Il dramma dei suicidi in carcere e l’umanità dei Baschi Azzurri

Nella foto, l’ingresso di una sezione detentiva

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l suicidio in carcere è sempre oltre che una tragedia personale - una sconfitta per lo Stato. Il Comitato nazionale per la bioetica ha recentemente sottolineato che il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere, argomento rispetto al quale il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE, è da tempo impegnato nonostante la colpevole indifferenza di vasti settori della politica nazionale. E’ vero, aggiungono ancora gli orientamenti bioetici, che il suicidio è un atto di volontà frutto di una scelta individuale, a volte difficilmente comprensibile agli altri nelle sue motivazioni. Come tale va sempre guardato con cautela e rispetto. Ma il rispetto per il travaglio insondabile di chi decide il gesto estremo non solo non contrasta, ma, al contrario, spinge all’impegno collettivo per rimuovere tutte le condizioni capaci di favorire o far precipitare l’evento. Perciò, la prevenzione del suicidio rientra a pieno titolo nella difesa della salute e della vita, quale promozione di un am-

biente che rispetti le persone e lasci aperta una prospettiva di speranza e un orizzonte di sviluppo della soggettività in un percorso di reintegrazione sociale. Nella situazione del carcere, la responsabilità sociale è particolarmente chiamata in causa per le caratteristiche di vulnerabilità bio psico sociale dei detenuti. I carcerati non rappresentano lo specchio della società di fuori. Sono più giovani, più poveri, meno integrati in termini sociali, economici, culturali. Sono più affetti da malattie fisiche e psichiche. Dunque, il carcere è un luogo di contraddizioni rispetto alla protezione della salute: contraddizione fra la domanda di sicurezza e il rispetto di fondamentali diritti umani. L’Osservatorio permanente sulle morti in carcere ha condotto una interessante ri-

cerca proprio sulla triste realtà dei suicidi in cella dai quali emergerebbe che i regimi detentivi più duri causano un aumento del numero di suicidi mentre soltanto il 40% dei suicidi avvengono tra i detenuti comuni, che sono il 90% della popolazione carceraria. Dopo aver analizzato il rapporto tra frequenza dei suicidi e sovraffollamento delle carceri, l’Osservatorio ha approfondito lo studio ricercando le possibili relazioni tra il regime detentivo al quale un detenuto è sottoposto e la risoluzione dello stesso di togliersi la vita dei 64 suicidi compiuti nelle carceri italiane alla data del 18 dicembre 2010 (saliti purtroppo a 64 il giorno successivo, con la morte di un detenuto a Genova Pontedecimo), 26 hanno riguardato persone che si trovavano in reparti e in celle detentive

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comuni: il 90% circa della popolazione carceraria vive in queste sezioni e celle, con la possibilità di relazioni sociali, lavoro, studio, etc., più ampie rispetto al restante 10% dei detenuti. Il 60% dei suicidi è avvenuto, non casualmente sottolinea l’Osservatorio, nei reparti e nelle celle di coloro che hanno minori possibilità di trascorrere la pena costruttivamente, o almeno con la prospettiva di dare un senso alle proprie giornate. Al regime di 41-bis sono sottoposte poco meno di 700 persone (l’1% della popolazione detenuta), ma contribuisce per quasi il 4% al bilancio dei suicidi; in altre parole chi è al carcere duro ha una probabilità 4 volte maggiore di morire suicida rispetto ai detenuti comuni. Anche esaminando periodi di tempo più lunghi, l’Osservatorio sostiene che il risultato è il medesimo: nel quinquennio 20042008 i suicidi di detenuti in 41-bis sono stati il 4,86% del totale. Quest’anno i suicidi in cella di isolamento sono stati 10 (2 nelle cosiddette celle lisce, cioè prive di qualsiasi mobile o suppellettile, che vengono utilizzate proprio per cercare di impedire ai detenuti di uccidersi). In termini percentuali sono il 16% del totale, dato un po’ inferiore rispetto agli anni 2004- 2008, quando fu del 26%. Altre situazioni di disagio marcato si evidenziano nei reparti per collaboratori (5 suicidi) e nelle infermerie (5 suicidi), dove spesso vengono spostati i detenuti che hanno ripetutamente messo in atto comportamento autolesionistici o tentati suicidi. Anche i reparti protetti, o precauzionali, fanno registrare un elevato numero di suicidi: 4, pari al 7% del totale. L’Osservatorio ha rimarcato anche i 3 suicidi avvenuti nel “reparto internati” del carcere di Sulmona, la cosiddetta Casa di Lavoro, dove sono rinchiuse persone che hanno scontato per intero la pena ma restano in carcere in quanto sottoposte ad una misura di sicurezza detentiva: internati a tempo indeterminato, finché un’apposita commissione ri-

tiene che non siano più pericolosi per la società. Questa condizione, che l’Osservatorio definisce ergastolo bianco, è particolarmente alienante, ed ha determinato il 5% di tutti i suicidi, in un gruppo di sole 200 persone, pari allo 0,25% della popolazione detenuta.

l’ostinazione vendicativa di uno Stato che non ha voluto tener conto delle sue condizioni di salute psichica; condizioni, come si dice in questi casi, «incompatibili con la detenzione». Si rischia così, ancora una volta, di perdere di vista la realtà dei fatti e il senso dell’equilibrio, fornendo all’opinione pubblica un’im-

Un’analisi approfondita che mette in evidenza la drammaticità del fenomeno, questa dell’Osservatorio permanente sulle morti in carcere. Qualche considerazione desidero esprimerla in relazione a come, sugli organi di informazione, viene spesso trattato il tema delle morti in carcere, ed in particolare mi riferisco all’ultimo suicidio in carcere, quello avvenuto a Pontedecimo. Abbiamo tutti, e l’ho personalmente, il massimo rispetto per il dolore dei familiari del detenuto M.F., 24 anni, morto suicida nel carcere genovese di Pontedecimo. Siamo certi che l’autopsia chiarirà qualsiasi dubbio al riguardo e, con altrettanta certezza, confidiamo che Magistratura svolga con la consueta serenità e autorevolezza i pertinenti accertamenti. Leggendo però alcune ricostruzioni giornalistiche, sembra quasi che il ragazzo in carcere ci fosse finito per sbaglio, e ci fosse rimasto per

magine dell’Istituzione penitenziaria e in particolare degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria non rispondente alla realtà. A Genova Pontedecimo, come nelle oltre 200 carceri italiane, le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria lavorano ogni giorno con professionalità, zelo, pieno rispetto delle leggi, umanità ed abnegazione. Il carcere è un ambiente in cui vigono le leggi dello Stato, non anarchia criminale o libertà di uccidere in cui può accadere di tutto e di più. Il solo pensarlo è offensivo e inaccettabile, per tutti gli operatori penitenziari ma soprattutto per chi lavora 24 ore al giorno nella prima linea delle sezioni detentive, e cioè i Baschi Azzurri della Penitenziaria. Siamo proprio noi i primi a chiedere che il carcere sia una casa di vetro, trasparente, aperta per quanto possibile alla comunità esterna, perché non abbiamo

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Detenuto in cella

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Giovanni Battista Durante Segretario Generale Aggiunto Sappe durante@sappe.it Responsabile redazione politica

nulla da nascondere. Pontedecimo è un carcere sovraffollato, con buona pace di chi ha sostenuto il contrario alla stampa sapendo di non dire la verità, perché i posti letto regolamentari accertati dall’Amministrazione penitenziaria sono 96 (43 per donne e 53 per uomini) ed i detenuti presenti sono invece 177 (96 uomini e 81 donne, con una percentuale del 55% di stranieri).

Il carcere di Imperia

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I poliziotti e le poliziotte penitenziarie di Pontedecimo, che dovrebbe essere 167 ed in forza sono invece 115 (52 in meno), nel solo 2009 sono intervenuti tempestivamente a Pontedecimo salvando la vita a 9 detenuti che hanno tentato di suicidarsi ed impedendo che i 57 atti di autolesionismo posti in essere da altrettanti ristretti potessero degenerare ed ulteriori avere gravi conseguenze. E spesso questi nobili gesti delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria, che quotidianamente lavorano con grande professionalità nelle carceri genovesi, liguri e nazionali, non hanno il risalto mediatico che invece meriterebbero. Sono dunque certo che i colleghi della Polizia penitenziaria del carcere genovese di Pontedecimo attenderanno con serenità gli esiti dell’inchiesta della Magistratura su una presunta istigazione al suicidio di M.F. . Perché il nostro è un lavoro duro e difficile ma svolto ogni giorno nel pieno rispetto delle leggi e dei regolamenti con passione, competenza, professionalità ed umanità. F

Con l’augurio di un anno migliore ma purtroppo non lo sarà per tanti... l Natale s’avvicina, quando uscirà questo articolo sarà già passato e, probabilmente, saremo nel nuovo anno; un anno che s’annuncia più povero degli altri, anche per i poliziotti italiani. Nello scambio degli auguri siamo abituati ad augurare e ad augurarci che l’anno che verrà possa essere migliore di quello trascorso. Lo diciamo per la vita in generale, per gli affetti e per le ambizioni di ognuno di noi, anche quelle professionali. Tanti augurano e si augurano maggiore prosperità, oltre che felicità: spesso le due cose non sono disgiunte. Ci sono tante persone, purtroppo, per le quali questo augurio non vale più. E di questi tempi abbiamo tanti esempi: gente che ha perso il lavoro, intere famiglie dove entrambi, marito e moglie, non hanno più un reddito e, quindi, non riesco più a fare la spesa, a garantire ai propri figli, soprattutto quelli minori, un’assistenza adeguata. In questo quadro a volte desolante s’inseriscono, seppur in condizioni diverse, anche coloro che un lavoro ce l’hanno, ma il cui potere d’acquisto si sta riducendo sempre di più. Queste sono tutte persone alle quali non si può più augurare un anno, dal punto di vista economico, migliore di quello che ci stiamo lasciando alle spalle, poiché sappiamo a priori che non sarà così, a causa della situazione economica contingente. Tra questi ci sono anche i lavoratori dipendenti, gl’impiegati ed i poliziotti che fino a qualche anno addietro riuscivano a condurre una vita dignitosa, mentre oggi sono costretti sempre più spesso a ricorrere ai finanziamenti per far fronte alle spese quotidiane. Non vorremmo sembrare pessimisti ed

essere bacchettati dal nostro Presidente del Consiglio che invita tutti all’ottimismo (certo, nelle sue condizioni lo sarebbero tutti), ma il prossimo anno sarà peggio di quello che ci stiamo lasciando alle spalle, almeno dal punto di vista economico; anzi, per alcuni versi lo sarà sicuramente, a causa dei blocchi imposti dalla politica economica del governo, soprattutto in alcuni settori. Noi possiamo parlare sicuramente del nostro, dove il trattamento economico dei poliziotti, per i prossimi tre anni, non potrà essere superiore a quello del 2010. Il voto di fiducia dei giorni scorsi ha dato ragione a Berlusconi; ogni persona saggia non può che essere contenta di questo risultato, soprattutto se la soluzione sarebbe stata il ritorno alle urne, cosa che in questo momento il nostro Paese non si può proprio permettere. Berlusconi ha vinto, ma con un risultato che non lascia molte speranze sulle possibilità di governare il paese nei prossimi mesi, tranne che non si arrivi ad un allargamento della maggioranza. L’instabilità politica, di certo, non aiuta a migliorare la situazione. Il Paese sta vivendo un momento di caos generale, a causa delle molte e, spesso, fondate proteste dei vari settori della nostra società. Proteste che, come dicevamo, spesso sono fondate nel merito, ma sbagliate nel metodo. Basta guardare le ultime fatte a Roma da tanta gente per bene e una parte di delinquenti che hanno messo a ferro e fuoco la città, distruggendo e devastando beni pubblici e privati, colpendo poliziotti che stavano facendo il loro lavoro, per mille e duecento euro al mese, ai quali, molti di loro, attribuivano “la colpa” di difendere la compravendita dei voti (è quanto ha affermato durante la trasmissione di Anno Zero il ragazzo

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che parlava dalla tribuna). Ammesso che ciò sia avvenuto, ma non lo sappiamo, cosa c’entrano gli appartenenti alle Forze di Polizia, persone che difendono le istituzioni e la sicurezza dei cittadini, indipendentemente da chi governo in quel momento? I poliziotti sono quelle stesse persone che, il giorno prima della manifestazione degli studenti davanti al Senato, avevano manifestato davanti alla Camera dei deputati, per rivendicare il rispetto degli impegni assunti dal governo pochi mesi prima, quegli impegni che avrebbero consentito a molti di loro di avere un trattamento economico più dignitoso e adeguato all’impegno e al sacrificio che tutti i giorni profondono sulle strade e nelle carceri. La differenza tra chi difende le istituzioni e chi le devasta si è visto anche in que-

sto, nella capacità, cioè, di saper esprimere il proprio disagio nel rispetto della legge. Qualche distinguo, comunque, bisogna farlo anche rispetto al merito delle questioni. Le proteste sono legittime, è giusto che si discuta dei cambiamenti in atto nella società, soprattutto tra gli studenti che devono essere la coscienza critica di un paese democratico, ma tutto deve avvenire nell’alveo della legalità, anche consentendo di frequentare le lezioni a coloro che non intendono partecipare agli scioperi o alle manifestazioni. Sarebbe anche giusto e importante che ogni dibattito avvenisse senza posizioni preconcette e strumentalizzazioni di sorta. Non si può criticare tutto ciò che fa un governo, dimenticandosi dei danni che hanno fatto quelli precedenti.

Sempre per restare nell’ambito della scuola, non possiamo dimenticare gli aspetti negativi della riforma Berlinguer che ha fatto proliferare i corsi di laurea fino a crearne alcuni in cui c’erano più professori che studenti, con enormi costi per la società. Eppure, allora, per fortuna, nessuno ha bruciato macchine e distrutto negozi per le strade di Roma. F

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auto date alle fiamme durante la manifestazione di Roma

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Medaglia d’Argento per Carolina Kostner

al Grand Prix 2010

Nelle foto immagini del racconto

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arolina è tornata l’11 dicembre al National Gymnasium di Pechino, in Cina, ed è quasi sulla vetta del mondo. Davanti a lei c’è solo l’americana Alissa Czisny, ma l’argento, miglior risultato personale ed individuale di sempre, nella finale del Grand Prix è suo. Nelle due precedenti finali (Torino 2007 e Goyang City 2008) aveva ottenuto due terzi posti. Meglio di questo risultato, in chiave azzurra, avevano fatto solo Barbara Fusar Poli-Maurizio Margaglio, vincitori nella danza a Tokyo 2001, per il resto, nell’individuale, è sola nella storia del pattinaggio azzurro ad aver colto un risultato così. L’atleta gardenese in forza alle Fiamme Azzurre aveva staccato il biglietto per la Cina grazie al successo ottenuto nella tappa di Nagoya e al 3° posto riportato a Portland, dove fu rimontata da Murakami e Flatt nel libero dopo aver concluso lo short program al comando. Il gruppo nel quale era stata inserita era decisamente il più competitivo della stagione: infatti Kostner, Murakami e Flatt sono state tutte presenti sul ghiaccio di Pechino per contendersi con le altre tre qualificate la vittoria finale. Tra le protagoniste ci sono state anche le due giapponesi Miki Ando (vincitrice delle prove di qualificazione in programma in Cina e in Russia) e Akiko Suzuki,oltre che e l’americana Alissa Czisny. Tutto ciò ci dice che Carolina è stata l’unica atleta europea ammessa nel sestetto delle migliori, confermando una volta di più una leadership che le altre specialiste del Vecchio Continente non riescono ad intaccare in maniera così definitiva. La fase conclusiva di questo tipo di circuito può essere considerata come una gara di Coppa del Mondo. Una rassegna alla quale partecipano tutte le più quotate pattinatrici del ghiaccio mondiale, un’occasione unica per l’atleta delle Fiamme Azzurre di riprendere consapevolezza del suo indiscusso valore dopo le luci ed ombre della passata stagione. Finalmente un Kiss and Cry pieno di lacrime di gioia dopo il disastroso Vancouver, dopo i mondiali non troppo esaltanti rispetto alle sue possibilità di giocarsela per il podio, dopo che il corso dei risultati mancati durante tutta la permanenza negli Usa le aveva imposto una riflessione sofferta sulle scelte agoPolizia Penitenziaria - SG&S n. 179 - dicembre 2010


a cura di Lalì info@sappe.it Redazione sportiva

nistiche (tecniche e di team), sul futuro, sulla possibilità di ritirarsi anche, oppure di lottare per rialzarsi e dimostrare al mondo, ma prima ancora a se stessa, che la vera Carolina oltre ad essere una fatina del ghiaccio è anche un’araba fenice capace sempre di risorgere dalle sue ceneri e ricominciare a volare. Ritornare nella sua terra era ciò che le serviva. Oberstdorf: poche anime, tranquillità e quiete, luogo degli affetti più cari, il vecchio allenatore di sempre (Michael Huth), i programmi più congeniali alle sue doti artistiche ed espressive così lontani dal funambolismo circense orientale e con meno rischi cui poter incorrere; questo serviva a Caro per ripartire serena e riprendersi le posizioni che merita ai vertici della disciplina. Nessun mental coach, nessun ambiente ipertecnologico degli States, nessuna Los Angeles o metodologie avveniristiche senz’anima nè umanità potevano farle meglio di un ritorno all’antico con il quale ha riabbracciato certezze e punti di forza di quell’infanzia che, in fondo, se ce l’ha consegnata da bambina alle prime pattinate a regina dei ghiacci tanto male non doveva essere. E si è visto. Le Fiamme Azzurre non hanno mai smesso di starle accanto, di credere in lei e di attendere che tornasse a dimostrare quello che è realmente. Responsabile del gruppo sportivo in primis, nessuno ha mai pensato che fosse un’atleta finita, agli ultimi giri di pista. La fiducia che qualcuno ripone nell’abilità in un’altra persona, la capacità di attendere che il buio di una stagione no passi, può essere il migliore degli antidoti possibili allo stress e alle pressioni. Carolina di occhi puntati e di pressioni ne ha sempre avuti addosso molti ma oggi la si può vedere finalmente più sorridente e distesa. Persino il ginocchio sinistro, che le sta dando qualche problema mentre si allena o gareggia a causa di una fastidiosa infiammazione, è stato poca cosa rispetto alla voglia di far bene e di non interrompere la stagione in corso soprattutto in vista dei Campionati europei di gennaio. La portacolori delle Fiamme Azzurre, quarta nel libero pattinato sulle note del Preludio al pomeriggio di un fauno di Claude Debussy, ha confermato il piazzamento ottenuto dopo il corto di venerdì 10. Con l’americana Alissa Czisny a precedere (180,75 punti ), altra compagna di sventura in quanto a stagione non fortunata, l’azzurra ha accumulato 178,60 punti e si è piazzata per un soffio davanti alla sedicenne giapponese Kanako Murakami

(178,59). Nella finale di sabato, con un lungo pulito e preciso, come già nel corto nel quale è stata coinvolgente e sicura sulle note del flamenco Galicia e del Can Can, ha meritato un punteggio molto alto nei components e ciò l’ha fatta restare nella parte alta della classifica. Come al solito meravigliosa la sequenza di passi, ottima anche la combinazione finale triplo salchow-doppio toloop-doppio toloop. E’ quarto il suo libero dopo il secondo posto nel corto, ma il punteggio di 116,47, suo primato stagionale, combinato con il punteggio del corto (62,13) le permette di battere per 0,01 punti la giapponese Kanako Murakami e tanto basta per gioire e godersi un argento che è preziosissimo soprattutto perchè vi avrebbero scommesso in pochi. La classifica finale, rispetto alla prima parte di gare, non cambia quasi di niente. L’ex campionessa del mondo, la giapponese Miki Ando, è la migliore di giornata, ma rimane al quinto posto. A precederla ci sono le connazionali Kanako Murakami (che ha solo 16 anni), terza e Akiko Suzuki, quarta. Sesta e staccata resta la statunitense Rachael Flatt. L’atleta della Polizia Penitenziaria ha ottenuto anche il consenso dell’allenatrice russa Tatiana Tarassova, che alla televisione russa commenta il suo programma dicendo che Carolina è una delle pattinatrici più talentuose che abbia mai visto. Nei primi commenti a caldo dopo la gara Carolina ha dichiarato: «Mi sono sentita molto sicura e mi sono divertita molto». In conferenza stampa ha aggiunto: «Ero contenta per la qualifica e adesso lo sono ancora di più per aver ottenuto una medaglia. Penso di essere migliorata di competizione in competizione, i salti sono andati bene e ho commesso solo un errore ma qui ho avuto proprio la sensazione di avere dell’energia in più». Purtroppo non c’è stata l’opportunità di guardare gli altri due portacolori delle Fiamme Azzurre sul ghiaccio di Pechino: Anna Cappellini e Luca Lanotte sono stati infatti assenti nella competizione di danza a causa di problemi fisici per Luca in via di soluzione, che hanno negato ai due di misurarsi in una gara di altissimo livello tecnico e spettacolarità. L’anno scorso a Tokyo, erano stati proprio loro a difendere i colori della Polizia penitenziaria nella finale della danza su ghiaccio. La vittoria finale è arrivata per gli statunitensi Davis/White (171,58) che hanno preceduto i francesi Pechalat/Bourzat (162,10) e i canadesi Crone/Poirier (139,74). F

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ROMA: i bambini e il doping

Come abbiamo ampiamente documentato nel numero scorso, il Comune di Roma e l'AICS Comitato Provinciale di Roma, in collaborazione con il CONI, hanno promosso una conferenza sulle iniziative Progetto Antidoping a scuola e Contro Doping, sport medicina della salute. In relazione alle tante iniziative collegate al progetto, i ragazzi della scuola media Vivaldi di Ostia hanno realizzato il documento che pubblichiamo. F

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Lionello Pascone Coordinatore Nazionale Anppe Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria

Cambiano i requisiti per andare in pensione requisiti di età e somma età anagrafica e anzianità contributiva per pensionamento di anzianità cioè le quote attuali verranno adeguati con gli incrementi della speranza di vita con i parametri connessi agli andamenti demografici, a decorrere dal 1° gennaio 2015. • Requisito di età per pensionamento di vecchiaia. Lo stesso discorso vale (incrementi della speranza di vita) anche per l’età pensionabile stabilita per la pensione di vecchiaia (attualmente 60 anni per le donne del settore privato e 65 anni per gli uomini) • Per le dipendenti del settore pubblico l’età per la pensione di vecchiaia sarà elevata a 65 anni dal 1° gennaio 2012 salvo requisiti più elevati previsti dagli specifici ordinamenti previdenziali. • Anche il requisito anagrafico per l’assegno «sociale» (la ex pensione sociale) sarà soggetto agli aggiornamenti.

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SOGGETTI INTERESSATI I soggetti interessati saranno i lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico iscritti all’Inps o all’Inpdap ma anche i lavoratori autonomi. • La norma del maxi emendamento estende l’adeguamento dei requisiti anagrafici alla speranza di vita e si applica anche ai lavoratori già impegnati in lavori di sottosuolo presso miniere, cave e torbiere, la cui attività è venuta a cessare per la loro definitiva chiusura e che non hanno maturato i benefici specifici previsti dalla disciplina di riferimento. Inoltre, è prevista l’estensione a personale di Forze armate, Forze di polizia, Vigili del fuoco e rispettivi dirigenti. • Dopo il dibattito che ha preceduto il varo del maxi emendamento, il governo ha deciso di escludere dalla misura i soggetti che maturano 40 anni di contributi a prescindere dal requisito anagrafico. Escluso anche chi deve cessare il lavoro per la perdita del titolo abilitante.

MECCANISMO ATTUALE Sarà un decreto del Ministero dell’Economia e Finanze di concerto con quello del Welfare, a definire le modalità di aggiornamento. • Il provvedimento andrà emanato almeno 12 mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento. Nel caso in cui non venisse rispettato il termine o il provvedimento non fosse emanato, questo comporterà una responsabilità di tipo erariale. Il nuovo meccanismo si baserà sugli indici legati all’aspettativa di vita elaborati dall’Istituto nazionale di statistica. A partire dal 2013, infatti, l’Istat sarà chiamato a rendere disponibile entro il 30 giugno dello stesso anno il dato relativo alla variazione nel triennio precedente della speranza di vita corrispondente all’età di 65 anni con riferimento alla media della popolazione residente in Italia. Il dato servirà come base di calcolo per effettuare l’aggiornamento.

LA MODIFICA I requisiti di età saranno aggiornati incrementando i requisiti in vigore in misura pari all’aumento della speranza di vita accertato dall’Istat in relazione al triennio di riferimento (per il 2015 il triennio di riferimento sarà quello dal 2010 al 2012 mentre per il 2019 sarà quello dal 2014 al 2016). Per quanto riguarda la prima applicazione, l’aggiornamento non può in ogni caso superare i 3 mesi e comunque non viene effettuato nel caso di diminuzione della predetta speranza di vita. In caso di frazione di mese, il calcolo dell’aggiornamento deve essere effettuato con l’arrotondamento al decimale più vicino. Il risultato in mesi aggiuntivi si determina moltiplicando la parte decimale dell’incremento della speranza di vita per dodici. Anche in questo caso, se necessario, si procede a un arrotondamento ma all’unità.

SCANSIONE TEMPORALE La prima data da segnare in rosso sul calendario è il 1° gennaio 2015. A partire da quel momento, infatti, scatterà l’adeguamento alla speranza della vita per i lavoratori che saranno interessati dalla novità contenuta nel maxi emendamento. Il secondo aggiornamento scatterà invece il 1° gennaio 2019. La scelta è stata motivata con la necessità di uniformare la periodicità temporale del nuovo meccanismo con la procedura prevista per il coefficiente di trasformazione: il parametro in base al quale viene effettuato l’adeguamento dell’importo della pensione annua nell’assicurazione generale obbligatoria e nelle forme sostitutive ed esclusive Per l’adeguamento del 2019, l’Istat dovrà rendere disponibile entro il 30 giugno 2017 il dato relativo alla variazione dei triennio precedente. Da allora in poi l’aggiornamento avverrà ogni tre anni.

NUOVE QUOTE Il nuovo meccanismo delineato dal maxi emendamento incide anche sui sistemi delle quote in cui si sommano i valori di età anagrafica e di anzianità contributiva. Per il 2010, la quota per la pensione è 95 per i dipendenti e 96 per gli autonomi iscritti all’Inps. Nel 2011, la quota sarà incrementata di un’unità per ciascuna delle due categorie fino ad arrivare al 2013. In quella data la quota sarà 97 per i dipendenti (con 61 anni di età anagrafica minima per la maturazione del requisito) e 98 per gli autonomi (con 62 anni di età anagrafica minima). Quando nel 2015 partirà l’adeguamento alla speranza di vita, l’aggiornamento sarà rapportato ai requisiti di età. Nel caso in cui il valore sia una frazione di unità, l’aggiornamento viene effettuato con arrotondamento al primo decimale. F

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Assegno di incollocabilità L’assegno, istituito con l’articolo 104 del DPR n. 1092/1973, compete ai mutilati ed agli invalidi per servizio titolari di pensione privilegiata per menomazioni ascritte a categoria compresa tra la seconda e l’ottava della tabella A, annessa alla legge n. 313/1968, che siano inabili al lavoro in quanto la loro infermità costituisce pregiudizio alla salute o incolumità dei compagni di lavoro o inadattabili per la sicurezza degli impianti. Quindi, non è sufficiente essere titolari di pensione privilegiata, ma occorre anche che l’infermità abbia le caratteristiche sopra specificate. Tale speciale assegno viene corrisposto fino al compimento del 65° anno di età. Dal giorno successivo, l’assegno in parola è sostituito con un assegno di importo pari alla pensione minima prevista dall’Inps.

Invalidità civile Ai sensi del DPR 18 novembre 1965, n. 1485, il pubblico dipendente, anche dopo la cessazione dal servizio, qualora sia affetto da malattia che ritenga correlata ad altra infermità già riconosciuta dipendente da causa di servizio, può inoltrare, ai fini del riconoscimento di interdipendenza, istanza all’Ente di servizio o di ultimo servizio. In tale ipotesi deve essere espletata la normale procedura prevista per il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio.

Buone Feste La Segreteria Nazionale dell’ANPPe augura a tutti gli iscritti, ai loro familiari e a tutto il personale in congedo

Buone Feste e Felice Anno Nuovo

Torino: inaugurato il nuovo campo di calcio Il giorno 14 ottobre 2010, è stato inaugurato il nuovo campo di calcio presso la Casa Circondariale Lorusso-Cutugno di Torino. All’evento ha participato una delegazione dell’ANPPe torinese guidata da Salvatore Sfatafora e Carmelo Parente. Quest’ultimo ha dedicato una poesia alla cerimonia che con vero piacere pubblichiamo sulla pagine di questa Rivista. Poesia dedicata all’inaugurazione del campo sportivo del carcere “Le VALLETTE” di Torino Grazie all’intervento dell’istituto San Paolo Intesa ed accurati amministratori Penitenziari l’opera si è compiuta, con tutti gli onori il campo calcistico è stato inaugurato. prime partite di un Torneo tra squadre di Reclusi, Agenti e Giornalisti. In un bel mattino autunnale mentre un debole sole faceva capolino tra le nubi, in tutti i giocatori partecipanti aleggiava la sete di gloria e di audacia sognando l’attimo di gioia del gol da segnare nella rete del prato verde. Microfoni e telecamere hanno seguito gli incontri registrando, per non dimenticare I’evento calcistico, diventato storico, tra le mura della redenzione. Dal prato delle “Nuove” a questo Campo Nuovo quante reti segnate, nella gioia dell’attimo. Con questo presente si è iniziato il futuro seguendo la traccia dell’entusiasmo, dell’aiuto e della solidarietà, e degli uomini di legge che portano in alto il nome dello sport. Carmelo Parente.

BRESCIA: fiocco rosa in segreteria Il 21 novembre 2010 a Brescia è nata Sofia Mottola, nipote dell’iscritto Anppe Francesco. Alla piccola, ai genitori Marco e Elena, ai nonni Maria Rosa e Francesco, giungano i migliori auguri da parte della Segreteria Locale dell’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria di Brescia, dalla Segreteria Nazionale e dalla Redazione.

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Rovigo: Festa del 4 novembre Una folta delegazione della Sezione dell’ANPPe di Rovigo ha partecipato alla Cerimonia del 4 Novembre nella caratteristica Piazza Vittorio Emanuele di Rovigo. Presenti le piu alte cariche Militari e Istituzionali insieme a tutte le Forze d’Arma e Combattentistiche. F Giovanni Meloni

Rovigo: incontro annuale dei soci

Alessandria: Festa di Santa Barbara La Sezione Provinciale ANPPE di Alessandria ha partecipato in occasione della Festa di Santa Barbara Protettrice dei Vigili del Fuoco alla locale Festa del Corpo. Erano presenti le massime Autorità Civili e Militari della Provincia. Molto apprezzata la presenza del personale in congedo del Corpo di Polizia Penitenziaria. F

Domenica 5 dicembre 2010, si è svolto il consueto Pranzo Sociale dell’Associazione Anppe di Rovigo, presso il Ristorante Don Bosco. Erano presenti più di 50 Soci della Sezione di Rovigo; molto gradita la partecipazione del Dott. Fabrizio Cacciabue, Direttore della Casa Circondariale di Vicenza e Socio Anppe della locale Sezione. Motivo di orgoglio per il Consiglio Direttivo è stato parlare delle molte iniziative svolte nel corso dell’anno e delle tante soddisfazioni che il 2010 ha dato alla numerosa Sezione del Nord Est. L’incontro è stata anche occasione per lo scambio augurale in vista delle Feste natalizie. Un particolare ringraziamento è stato rivolto al Sig. Nino Foti, intervenuto al pranzo nonostante la distanza tra Rovigo e Barcellona Pozzo di Gotto (Me) ma presente per ritrovare commilitoni e amici. F Giancarlo Olianas

Lagonegro: anche l’ANPPE alla Festa del 4 novembre La Sezione dell’Anppe di Lagonegro ha partecipato alla Festa del 4 novembre 2010 svoltasi nella locale città. Molto apprezzata la presenza dei Baschi Blu del Corpo di Polizia Penitenziaria in congedo. F

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Reggio Calabria: Festa del 4 novembre Il 4 novembre 2010, la sezione ANPPe di Reggio Calabria ha partecipato alla deposizione della Corona d’Alloro al Monumento dei Marinai in Catona di Reggio Calabria. Alla manifestazione hanno partecipato le massime autorità della città calabrese. F Franco Denisi

Reggio Calabria: Festa del Ringraziamento Una delegazione dell’ANPPe di Reggio Calabria ha partecipato il 14 novembre scorso alla Festa del Ringraziamento svoltasi a Sambatello (RC). La manifestazione si è svolta, prima, con la celebrazione della Santa Messa e, successivamente, con la deposizione di una corona d’Alloro ai Caduti della Prima e Seconda guerra mondiale. Da segnalare che alla sezione ANPPe di Reggio Calabria è stata consegnata una targa ricordo. Ancora una volta la Sezione Locale dell’ANPPe protagonista nelle manifestazioni che si svolgono nella provincia di Reggio Calabria. F Franco Denisi

Reggio Calabria: Festa Nazionale dei Vigili del Fuoco

Reggio Calabria: Festa per la Madonna di Loreto Il 10 dicembre 2010 la Sezione Anppe di Reggio Calabria ha partecipato alla Festa della ricorrenza della Festività della Madonna del Loreto protetLOCALE DI REGGIOorganizzata CALABRIA ANPPE triceSEZIONE degli Aviatori, dalla In data 10 c.m. come da precedente invito, la sezione di Reggio Calabria partecipa alla festa locale Associazione dell’Aeronautica. organizzata dall’Associazione Aeronautica, in occasione della ricorrenza della Festività della Madonna del Loreto, protettrice degli Aviatori. Reggio Calabria 10/11/2010 Franco Denisi

Il 4 dicembre 2010, a Reggio Calabria, alla presenza del Ministro dell’Interno On. Roberto Maroni e del Capo della Polizia Pref. Dott. Mario Manganelli è stata celebrata la Festa Nazionale dei Vigili del Fuoco. Alla cerimonia, tenutasi prima in Cattedrale e successivamente al Teatro Cilea, sono intervenuti il Prefetto di Reggio Calabria Dott. Varratta, Il Sottosegratario all’Interno NITTO PALMA , il Governatore della Calabria SCOPELLITI ed altre autorità cittadine. Non poteva mancare la locale Sezione dell’Anppe gentilmente invitata alla cerimonia dal Ministro dell’interno. F Franco Denisi

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Messina: protesta del personale CROTONE: l 16 dicembre 2010 si è svolta a Messina una manifestazione di protesta di tutti i sindacati che hanno animato un sit-in tenutosi davanti ai cancelli della Casa Circondariali di Gazzi. Una denuncia che si rinnova da tempo in uno scoramento crescente, vista la mancanza di risposte ufficiali dal Dipartimento a seguito dei recenti documenti inviati. F

Roma: manifestazione nazionale dei poliziotti italiani Il Governo e il Parlamento non ignorino la manifestazione avvenuta, che ha denunciato la profonda delusione delle donne e degli uomini delle Forze di Polizia sulle politiche della sicurezza del Paese. Il Sappe è sceso in piazza davanti a palazzo Montecitorio dopo il vergognoso voltafaccia del Governo e della maggioranza che hanno ritirato alla Camera un emendamento al decreto sicurezza sulla specificità delle Forze di Polizia e dei Vigili del Fuoco, mettendo così a rischio l’operatività e l’efficienza dei servizi di ordine e sicurezza pubblica dal primo gennaio 2011. I poliziotti hanno protestato contro il Governo Berlusconi per le stesse ragioni per cui nel passato contestarono pubblicamente il Governo Prodi: e cioè che sulla sicurezza si fanno solo annunci e promesse ma poi concretamente si tagliano fondi e risorse.

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Quella del 13 dicembre è stata una giornata di mobilitazione nazionale degli appartenenti alle Forze di Polizia semplicemente straordinaria: sono andati in piazza le donne e gli uomini impegnati tutti i giorni in prima linea sul fronte della sicurezza, dimostrando quanto siano delusi i poliziotti italiani da questo Governo Berlusconi e dalle politiche sulla sicurezza del Paese. Le carceri ospitano oggi 70mila detenuti a fronte di 42mila posti letto e questo pesante sovraffollamento condiziona gravemente le già difficili condizioni di lavoro delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria, che hanno carenze di organico quantificate in più di 6mila unità. Sarebbe allora grave e irresponsabile se l’intero esecutivo guidato da Silvio Berlusconi e la maggioranza politica che lo sostiene non tenesse nel debito conto questa manifestazione di protesta. F

la Polizia Penitenziaria premiata alla Festa dell’ACI In occasione del quindicesimo anniversario della sezione dell’Automobil Club d’Italia di Crotone, dove ha presenziato l’Arcivescovo Mons. Domenico Graziani, è stata premiata la Polizia Penitenziaria di Crotone. Il premio è stato ritirato dal Comandante di Reparto Ispettore Capo Giuseppe Caligiuri. Riconoscimenti sono stati attribuiti agli Assistenti Capo Domenico Berardi e Antonio Bisceglia classe ’65, «Per il coraggio, l’altruismo, la responsabilità ed il senso del dovere, per aver prestato soccorso agli automobilisti della Provincia, dimostrandosi all’altezza del loro compito». Per festeggiare l’avvenimento l’ACI ha presentato La giornata dell’automobilista, in occasione della quale si è svolto il convegno su Disturbi del sonno, sonnolenza ed infortunistica stradale. E’ stato anche organizzato il raduno di auto e moto d’epoca Città di Crotone. Ancora una volta, il personale del Corpo, pur operando in un contesto molto delicato, quale quello del territorio crotonese, attanagliato da molteplici problemi che, ormai tutti conoscono, si è distinto, per doti e qualità altamente qualificati, ottenendo, alla stregua delle altre Forze di Polizia, il riconoscimento e la considerazione di tutte le Autorità Locali. La Segreteria Provinciale del Sappe di Crotone

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Vercelli: servizio cinofili di ricerca di persone scomparse Grazie al contributo determinante del collega Antonio Guglielmi, Responsabile della Sezione Cinofili di Ricerca di persone scomparse in superficie e sotto le macerie della Protezione Civile di Trino Vercellese (VC) si è giunti, con l’aiuto dei cani per la ricerca, alla cattura a Pavia di un ergastolano evaso il 25 novembre 2010 dall’Istituto Penitenziario della stessa città. L’Amministrazione penitenziaria dovrebbe prendere atto delle professionalità esistenti nel Corpo di Polizia Penitenziaria e farne tesoro.

Infatti, nella fattispecie dell’Assistente Capo Antonio Guglielmi che è Istruttore Cinofilo per la Protezione Civile di cani da Ricerca di persone scomparse in superficie e sotto le macerie, in servizio solo quale addetto alla logistica del Centro Addestramento Cinofili di Asti, per cui non espleta il servizio cinofilo, perché non valutare la possibilità di mettere in sperimentazione un servizio cinofilo di ricerca persone scomparse, in aggiunta al servizio antidroga e cinoagonistico? F Nicola Sette

Gorizia: Dimitri Gemelli, un campione di Body Building L’assistente di Polizia Penitenziaria Dimitri Gemelli, in servizio presso la Casa Circondariale di Gorizia, il giorno 13 Novembre si è classificato 1° alla gara di Body Building IBFF World Championship, svoltasi a Capodistria (SLO) nella categoria Smoll Athletic, diventando così Mister Athletic/Smoll . Ci sembrava giusto dare risalto a questo tipo di disciplina la cui pratica costa molti sacrifici. F Vito Marinelli

Trieste: gara di tiro in slovenia Il 9 ottobre 2010 a Crnotici (Slovenia), in occasione dell’inaugurazione del rinnovato poligono di tiro, si è tenuta la 4° gara internazionale di tiro per la Coppa in memoria della partenza dell’ultimo militare della JLA dalla Slovenia alla quale hanno partecipato 138 tiratori appartenenti alle Forze dell’Ordine di diverse nazioni, tra cui: l’F.B.I, la Polizia Slovena, Italiana e Croata, alcuni membri dell’Associazione combattentistica slovena e personale dell’Esercito sloveno. La gara si è svolta a squadre, nella disciplina di Tiro da difesa in cinque differenti situazioni di tiro con pistola semiautomatica cal. 9 x 19 mm. In rappresentanza del Corpo di Polizia Penitenziaria hanno gareggiato un gruppo di colleghi in forza alla Casa Circondariale di Trieste: l’Ispettore Superiore Romolo Incarnato, gli Assistenti Gianfranco Ventrella, Alessio Piras e Valentina Postet, le Agenti scelte Marianna Di Mario e Cristina Cadenaro e l’Agente Salvatore Cuffaro. A tutto il gruppo va l’apprezzamento della Segreteria Provinciale S.A.P.Pe di Trieste, particolarmente sentito per le donne, che aggiudicandosi il 3° posto tra i gruppi femminili, si sono distinte in gara portando a casa una bella coppa. F

AVVISO AGLI ISCRITTI: SONO IN DISTRIBUZIONE PRESSO tutte LE SEGRETERIE LOCALI I GADGET ANNUALI DEL SAPPE: CALENDARI, PENNE E ANGENDINE. BUONE FESTE A TUTTI Polizia Penitenziaria - SG&S n. 179 - dicembre 2010

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Roma: seminario di studi presso la scuola di formazione

’Istituto Centrale di Formazione di Roma ha ospitato a fine ottobre i lavori del Seminario di studio organizzato dalla Commissione per le Adozioni Internazionali, incardinata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nella giornata finale, nel corso della Riunione plenaria con gli Enti autorizzati, ha presidiato i lavori il Sottosegretario di Stato Sen. Carlo Giovanardi, Presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali, accolto dal Capo Dipartimento della Giustizia Minorile, Presidente Bruno Brattoli e da un adeguato picchetto d’onore del Corpo di Polizia Penitenziaria. F Ciro Borrelli

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PAOLO DI RONZA

MANUALE DELL’ESECUZIONE PENALE CEDAM Edizioni pagg. 822 - euro 58,00

un volume che non può mancare nella libreria di ogni operatore penitenziario e, in particolare, degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria. L’Autore tratta analiticamente l’evoluzione storico-giuridica dell’esecuzione penale e dell’ordinamento penitenziario, ed espone in modo organico e sistematico gli istituti processuali penali e penitenziari innovati con i provvedimenti legislativi emanati successivamente alla legge 26 luglio 1975, n. 345 inerenti all’esecuzione della pena ed alle misure alternative per il recupero e per il reinserimento del condannato nel tessuto sociale. Il testo si compone di dodici capitoli oltre l’appendice. Esamina, tragli altri, via via ogni aspetto connesso all’esecuzione, al regime di sorveglianza particolare e la sospensione delle regole del trattamento penitenziario, alle misure di sicurezza e alla riabilitazione. Erremme

PAOLA CORVI

TRATTAMENTO PENITENZIARIO E CRIMINALITA’ ORGANIZZATA CEDAM Edizioni pagg. 346 - euro 32,00

uesto è un testo fondamentale per conoscere compiutamente l’evoluzione in ambito penitenziario degli interventi predisposti dallo Stato per assicurare il dettato costituzionale della rieducazione del reo, sancito dall’articolo 27 della Costituzione, ai soggetti condannati per criminalità organizzata. Nell’ambito dei diversi interventi legislativi diretti a contrastare il fenomeno della criminalità organizzata in tutti i settori dell’ordinamento, sul piano della repressione e su quello della prevenzione, lo studio analizza proprio il momento finale della risposta dello Stato cioè quello dell’esecuzione della pena nei confronti dei detenuti appartenenti alla criminalità organizzata, il cui trattamento penitenziario prevede alcune deroghe al regime ordinario ed è costantemente monitorato anche dal punto di vista legislativo come dimostrano le recentissime modifiche in materia. Erremme

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a cura di G. B. De Blasis

DALLA VITA IN POI uesto prison movie (opera prima del regista Gianfrancesco Lazotti) muove dalla storia di Rosalba, innamorata di Danilo, detenuto in carcere a seguito di una condanna per omicidio. La ragazza decide di scrivere una lettera ogni giorno al proprio amato, ma non ha molta dimestichezza con le parole e non riesce a farlo. In suo aiuto accorre la sua amica Katia, anch’essa in qualche modo condannata a vita perché costretta a stare su una sedia a rotelle. Imprevedibilmente, attraverso la scrittura e raccontando di se stessa, Katia si lega profondamente a Danilo fino al punto che, quando Rosalba lo dimenticherà, esce senza remore allo scoperto, lo va a trovare in carcere e gli spiega tutto quello che è successo. A questo punto, Katia, con grande ostinazione decide di sposarlo, pur sapendo che Danilo dovrà trascorrere ancora tanti anni in carcere. Quando, però, Danilo otterrà il permesso di incontrare la giovane moglie per un giorno fuori dal carcere, i due avranno la concreta possibilità di valutare la fuga per tentare di vivere una vita diversa. Ispirato a una storia vera, Dalla vita in poi è una commedia semplice ma di buon gusto, anche se continuamente a rischio di retorica. Lazotti è un esperto regista televisivo che arriva sul grande schermo con grande umiltà, senza esploit di regia, accontentandosi di raccontare una storia così com’è... Il tratteggio dei personaggi non ha guizzi ma nemmeno è troppo scontato. Cristiana Capotondi conquista il centro della scena, la sua Katia è colta e sfacciata e non esita ad usare il proprio handicap per raggiungere i suoi scopi. Il Danilo di Nigro è il duro dal lato tenero, un personaggio estremamente schematico e modellato sul suo fisico, al quale l’attore sa comunque fornire qualche sfumatura importante.La Romanoff impersona la borgatara con una sua grazia e un’onesta considerazione di se stessa e delle proprie virtù. Ottima, infine, l’interpretazione del poliziotto penitenziario di Pino Insegno, che offre una prova davvero all’altezza della situazione. Di secondaria importanza, nel film, la parabola di un amore che nasce dalla conoscenza intima anzichè dalla vista dell’amato, come una volta i romanzi epistolari ed oggi facebook e i social network. Anche considerando tutte le ingenuità della trama e l’evidente vocazione alla produzione televisiva, Dalla Vita in poi è un buon film cui va riconosciuto, in definitiva, un buon equilibrio tra le parti, soprattutto la sceneggiatura e la recitazione.

La scheda del Film Regia: Gianfrancesco Lazotti Soggetto e Sceneggiatura: Gianfrancesco Lazotti Fotografia: Alessandro Pesci Musiche: Pietro Freddi (le canzoni Il passo silenzioso della neve e Voglio quello che sento sono di Valentina Giovagnini) Montaggio: Federico Aguzzi, Andrea Bonanni e Francesca Masini Suono: Roberto Alberghini Scenografia: Fabio Vitale Costumi: Alessandra Cannarozzi Produzione: Pierpaolo Paoluzi per Rosa Film, Faccia Piatta, in collaborazione con RAI Cinema Distribuzione: 01 Distribution

In alto, la locandina del film a fianco alcune scene

Personaggi ed Interpreti: Katia: Cristiana Capotondi Danilo: Filippo Nigro Rosalba: Nicoletta Romanoff Direttore del carcere: Carlo Buccirosso Assistente Vitale: Gianni Cinelli Sovrintendente Ciarnò: Pino Insegno Assistente sociale: Carlo Giuseppe Gabardini Don Paolino: Arcangelo Iannace Genere: Commedia Durata: 85 minuti Origine: Italia, 2010

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Davanti al carcere hanno arrestato Babbo Natale l 12 dicembre scorso, il reverendo James Rosenthal, vestito da Babbo Natale e portando in spalla un sacco pieno di regali per i bambini detenuti, si è presentato allo Yarl’s Wood Immigration Removal Centre, nel Berdfordshire, in Inghilterra.

L’intenzione del Reverendo era quella di regalare un sorriso e un momento di letizia ai figli degli immigrati clandestini che sono tenuti prigionieri in una specie di carcere di minima sicu-

Accadde al rio a i z n e t i n e P rezza, in attesa che i tribunali decidano il loro destino. Non erano grandi cose, i regali erano modesti: circa duecento sterline di valore in tutto, acquistati con i proventi delle offerte di beneficenza fatte dai fedeli in varie chiese di Londra nelle domeniche precedenti il Natale, raccolti dalla St. Nicholas Society, un’associazione di carità che porta il nome del Santo che ha ispirato il mito di Babbo Natale. Negli anni passati il reverendo Rosenthal aveva sempre portato un po’ di doni in altri luoghi dello stesso tipo: ospedali, campi profughi, carceri minorili e nessuno lo aveva mai respinto. Invece le guardie del centro detenzioni immigrati, constatata la mancanza di qualsiasi tipo di permesso, gli hanno im-

USA: arrestata donna 56enne per aver aggredito un poliziotto con un vibratore

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Il gestore di un sexy shop di Gurnee, sobborgo di Chicago, nell’Illinois, martedì notte è stato costretto a chiamare la polizia perché una donna era andata in escandescenze urlando che poteva e voleva pagare quello che aveva acquistato, ma che il denaro ce l’aveva a casa. La donna, Carolee Bildsten di 56 anni era evidentemente ubriaca e senza soldi per pagare. All’arrivo della polizia la Bildsten è stata accompagnata a casa per prendere i soldi e pagare gli acquisti fatti. Entrata a casa, però, la donna si è diretta verso un cassetto, l’ha aperto ed invece dei dollari ha tirato fuori (secondo il testuale rapporto della polizia) «un oggetto rigido per arrecare piacere alle donne», in pratica un sexy toy, un vibratore, con cui ha cercato di colpire più volte un poliziotto alla testa. Arrestata e poi subito rilasciata su cauzione, la 56enne dovrà ora rispondere delle accuse di aggressione aggravata e furto. F

pedito l’accesso e vista l’insistenza del religioso e la sua ostinazione a non desistere, hanno chiamato la polizia che lo ha arrestato. Uno degli accompagnatori di Babbo Natale ha filmato tutta la scena e l’ha messa on line su internet ( ). Ovviamente, l’episodio ha provocato proteste, interrogazioni e uno scandalo sui mass media tanto che, all’ultimo momento, il ministero degli Interni britannico è intervenuto permettendo ai bambini del centro detenzione immigrati di ricevere i regali e di incontrare Babbo Natale. Questa storia sembra proprio un racconto di Natale come il Christmas Carol di Dickens e, invece, è un fatto vero accaduto nella Gran Bretagna di oggi. F

Inghilterra: detenuti continuano a perseguitare le vittime attraverso Facebook Da dietro le sbarre mantenevano i rapporti con i loro complici e minacciavano le loro vittime via Facebook. E' stato per questo che il ministro di Giustizia Jack Straw ha annunciato che saranno oscurate le pagine del social network di trenta detenuti britannici che, pur essendo in carcere, avevano trovato il modo di perseguitare anche sul web i loro nemici. Per affrontare il fenomeno Straw sta cercando di mettere a punto una strategia per contrastare il fenomeno. I prigionieri non possono utilizzare internet da soli in Inghilterra. Possono farlo solo se sotto controllo o per motivi educativi, ma aggirano facilmente il divieto, utilizzando le connessioni dei telefoni cellulari. «Non possiamo tollerare - ha concluso Straw - che anche da prigionieri gli aguzzini continuino a perseguitare le proprie vittime con immagini e parole ingiuriose sul proprio profilo di Facebook». F

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fonte: www.poliziapenitenziaria.net

USA: Catturato serial killer grazie al DNA sulla pizza

Messico: Direttrice del carcere utilizza detenuti come killer

La Polizia di Los Angeles è riuscita ad identificare ed arrestare un serial killer grazie ad un campione di DNA prelevato da un trancio di pizza. L'uomo, il 57enne David Franklin, negli ultimi venti anni aveva ucciso 10 donne nell’area meridionale di Los Angeles ma aveva soltanto qualche precedente per piccoli furti ed era conosciuto nel vicinato come una persona gentile che aiutava gli anziani aggiustando gratuitamente le loro automobili. Franklin aveva lavorato come meccanico nel garage delle auto di una stazione della polizia di Los Angeles nei primi anni ottanta, poi aveva fatto il netturbino negli anni in cui si verificarono i primi otto omicidi, fra il 1985 ed il 1988. Gli altri due omicidi sono avvenuti nel 2003 e nel 2007. Le dieci donne, quasi tutte prostitute, erano di età compresa fra i 15 e i 35 anni. L'indagine è partita dal dna dell'uomo lasciato dopo che aveva abusato delle dieci vittime prima della loro morte. Partendo da questo dato è stato verificato il DNA dei detenuti nelle prigioni di Stato. L'analisi è stata poi estesa a possibili parenti dei carcerati e finalmente è stato trovato un uomo che avrebbe potuto essere un familiare del serial killer. Gli inquirenti hanno tracciato un profilo della famiglia del detenuto e hanno individuato il padre come possibile sospetto. Quest’ultimo è stato posto sotto sorveglianza e gli agenti hanno approfittato di un trancio di pizza buttato nella spazzatura per ottenere la conferma del DNA. F

Nuova Zelanda: Per la prima volta al mondo una persona finisce in prigione per un reato commesso usando Facebook In Nuova Zelanda il pittore ventenne Joshua Simon Ashby è stato condannato, dal Tribunale di Wellington, a quattro mesi di carcere per aver pubblicato su Facebook una foto in cui la sua ex ragazza compariva nuda. Joshua è stato riconosciuto colpevole non solo di aver pubblicato la foto incriminata, ma anche di altri sei reati tra cui minacce di morte, aggressione e furto. Secondo la sentenza del Tribunale di Wellington il reato è stato commesso lo scorso 23 luglio quando il giovane Ashby, dopo un litigio con la fidanzata, ha pubblicato sulla sua pagina di Facebook la foto senza veli della ragazza. Dapprima l’immagine poteva essere vista soltanto dai 218

La direttrice del centro di riabilitazione Gómez Palacio nello stato messicano di Durango, Margarita Rojas Rodríguez reclutava i detenuti del carcere come killer. I prigionieri venivano armati dal personale di custodia e fatti uscire dalle loro celle per compiere gli omicidi, che sono stati almeno 35 in pochi mesi. Ai detenuti- sicari veniva concesso di abbandonare la prigione e usare veicoli ufficiali e armi della polizia penitenziaria. Gli inquirenti sono risaliti ai detenuti-killer proprio dopo aver trovato sulla scena del crimine i bossoli e le munizioni dei fucili in dotazione alla polizia penitenziaria della struttura carceraria. A far sospettare gli investigatori che i killer fossero in realtà i detenuti è stato un video pubblicato su youtube con la confessione di un agente di polizia della città, caduto nelle mani del cartello de Los Zetas, nel quale lo stesso agente rivelava a chi lo ha catturato che la direzione del carcere consentiva l’uscita dei detenuti per compiere delitti su commissione. Il metodo è stato utilizzato in almeno tre massacri avvenuti a Torreón e al confine con il Texas: a febbraio sono state uccise a colpi d’arma da fuoco dieci persone, per lo più ragazzi; a maggio in un bar sono state uccise altre 15 persone ed, infine, a luglio un commando armato ha ucciso 17 persone e ferito gravemente altre 18 durante una festa di compleanno. F

amici della ragazza,ma successivamente, Joshua è riuscito a cambiare la password dell'account della vittima ed ha reso pubblico il suo profilo, consentendo in teoria a tutti i 500 milioni di utenti del social network di vedere la foto. La foto è stata rimossa soltanto dopo dodici ore da quando era stata pubblicata. Tra l’altro il ragazzo ha pensato bene di pubblicare anche frasi offensive (sporca sgualdrina) ed intimidatorie sulla bacheca della ragazza, arrivando addirittura alle minacce di morte. F

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Enzima info@sappe.it

Polizia Penitenziaria: un Corpo dal carattere maiuscolo

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ra il lontano 1990 e nel titolo del primo articolo di una sconosciuta Legge di fine anno che pure avrebbe cambiato la vita di tutti noi, si annidava un dramma che ancora oggi ci perseguita. Un piccolo errore forse, un dettaglio che però contribuisce ancora oggi a sminuire non poco la Polizia Penitenziaria. Legge n. 395/1990, art. 1, titolo: Istituzione del Corpo di polizia penitenziaria. Ora, facendo un passo indietro, leggiamo che il Regio Decreto del 6 luglio 1890 n. 7011 emana l'Ordinamento degli Agenti di Custodia degli stabilimenti carcerari e dei riformatori governativi. Rileggete le ultime righe sopra, senza fare caso al loro significato e agli sconvolgimenti che almeno sulla carta hanno apportato, ma focalizzando l’attenzione sull’uso delle lettere maiuscole. Cos’è cambiato? Cos’è intervenuto? Perché nel 1890 quel “di Custodia” era trattato come un sostantivo e cento anni dopo quell’altro “di polizia penitenziaria” si è trasformato in complemento di specificazione? Ancora oggi lo stesso dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (lo scrivo volutamente in minuscolo) quando deve riferirsi agli Agenti di Custodia non si sbaglia mai e usa correttamente le maiuscole, mentre per la Polizia Penitenziaria (lo scrivo volutamente in maiuscolo) si attiene quasi sempre alla forma che ne ha contraddistinto la nascita nel 1990 riferendosi al Corpo di polizia penitenziaria e se manca il “Corpo”, alla Polizia penitenziaria, trattando la parola “penitenziaria” come un aggettivo di “Polizia”. Ma come si determina l’uso delle maiuscole nella grammatica italiana? Tralasciando le mille guide più o meno accurate sull’uso delle maiuscole nella lingua italiana, ci si può rivolgere al sito

web dell’Accademia della Crusca che dedica una pagina apposita tante sono state le richieste e i dubbi in tal senso. L’Accademia non da una regola certa, specificando però che il criterio di massima da adottare è quello di scrivere in maiuscolo i nomi propri e in minuscolo le altre lettere. Il problema però, come rilevato dalla stessa Accademia della Crusca, è che non esiste una regola certa su come considerare “propri” i nomi di cose, categorie, professioni etc. riducendo il tutto ad una questione di “sensibilità” nel distinguere i nomi propri dai nomi comuni. Quindi, grammaticalmente parlando, nel 1890 hanno fatto bene a riferirsi al Corpo degli Agenti di Custodia (maiuscolo) in quanto nome proprio di una istituzione dell’allora Regno d’Italia e, sempre grammaticalmente parlando, nulla si può eccepire al legislatore che ha istituito il Corpo di polizia penitenziaria (minuscolo) nel 1990. E’ una questione di sensibilità, di attenzione, di rispetto, di considerazione per una istituzione e per gli uomini che ne sono parte. Ed infatti la nostra amministrazione e gli altri Ministeri, per non parlare degli organi di informazione, fanno molta attenzione quando si riferiscono alla Guardia di Finanza, al Corpo Forestale, alla Guardia Costiera, alla Polizia Municipale... tutti in maiuscolo anche se, a rigor di logica, tutti dovrebbero sotto-

stare alle stesse regole grammaticali. Allora, se di sensibilità si tratta, noi che siamo Poliziotti Penitenziari, quando nelle nostre comunicazioni, nelle nostre missive personali ed ufficiali, nei nostri appunti ai nostri dirigenti, facciamo attenzione a come ci riferiamo al nostro Corpo, iniziamo a scrivere sempre (!) “Corpo di Polizia Penitenziaria” e “Polizia Penitenziaria” perché ne va della nostra stessa dignità ed immagine nei confronti della nostra stessa amministrazione (minuscolo), ma soprattutto nei confronti dell’opinione pubblica, considerato il fatto che il D.A.P. (in maiuscolo quando ci si riferisce ad acronimi) fa poco o nulla per tutelare la nostra immagine. A chi tenterà di opporsi a tale regola che adotteremo, adducendo che nella Legge n. 395 del 1990 c’è scritto “Corpo di polizia penitenziaria”, spieghiamo loro che quel “di polizia penitenziaria”, a parer nostro, secondo la nostra sensibilità, è da considerarsi nome proprio di una Istituzione della Repubblica Italiana e quindi merita il massimo rispetto e considerazione e quindi possiamo e ci sentiamo in obbligo, per il rispetto e le riverenza che abbiamo nei confronti del Corpo di Polizia Penitenziaria, di scrivere sia “Corpo di Polizia Penitenziaria”, sia e a maggior ragione “Polizia Penitenziaria” in quanto quel “Penitenziaria” è nome proprio di una delle cinque Forze di Polizia dello Stato e non un aggettivo qualificativo di un gruppo della Polizia di Stato che si occupa di problematiche penitenziarie. Iniziate anche a fare caso a chi ci indica in minuscolo e protestate, segnalate, spiegate le vostre ragioni e quelle di migliaia di persone che ogni giorno rischiano la vita e in cambio di scarsa considerazione e che devono sentirsi anche sminuiti nel loro stesso nome proprio istituzionale. F

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Aldo Maturo* avv.maturo@gmail.com

Oplà ...mi son perso lo straniero

Nelle foto operai extracomunitari al lavoro

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ono le otto ma a casa di Gregorio c’è un silenzio assoluto. Non si sente il gustoso aroma di caffè che ogni mattina inebria l’aria né il solito chiacchiericcio tra Deborah, la figlia più grande, e Bogena, la colf polacca. Stranamente non si sente neppure la lagna del piccolo Alberto che per non alzarsi ficca la testa sotto le coperte facendo i soliti capricci. Ma cosa succede stamattina? Si alza di corsa anche Franca, la moglie di Gregorio:« sono le otto? Ma dove diavolo è finita Bogena?!» «Boh, valla a svegliare, si sarà rotta la sveglia..» Tutti corrono alla conquista del bagno. La signora Franca va nella camera di Bogena ma la trova vuota, il letto intatto, le tapparelle abbassate. «Accidenti e adesso chi li accompagna i figli a scuola? Gregorio vai tu?» «Io non posso, devo andare subito in cantiere» « Va bene, sei sempre il solito. Ma non possiamo lasciare solo il nonno. Ma si, tanto Felipe ha le chiavi». Dopo pochi minuti la Franca è in macchina con i bambini. Il traffico è stranamente ridotto ma davanti alla scuola c’è una gran fila e tante mamme a chiacchierare. «Ma cosa succede stamattina?». Le maestre sbarrano l’ingresso «La scuola è chiusa, il Provveditorato ha soppresso alcune sezioni per mancanza di bambini» «Si, erano per metà stranieri. Sono tutti spariti con le famiglie. Senza bambini non si raggiunge il numero minimo e le insegnanti rischiano anche il posto». La Franca non ha tempo per pensare. Telefona a casa per sapere se è arrivato Fe-

lipe, il filippino che accudisce il nonno.«Non è arrivato nessuno, risponde il vecchietto, e adesso chi mi accompagna alla posta a prendere la pensione?» «Ti accompagno io» risponde Franca. Chiama in ufficio per avvisare del ritardo ma il Capo è imbestialito. Mancano quasi tutte le impiegate perché le babysitter sono sparite e ha ricevuto decine di telefonate da chi non sa a chi lasciare i bambini. Franca comincia a perdere la calma. «Porto il nonno alla posta - pensa - e poi vado a fare io la spesa». Arriva a casa e trova il vecchio seduto sul pianerottolo. Si è vestito da solo ma è senza il calzino sinistro e la camicia ha i bottoni sbilenchi. Lo aiuta a vestire e dopo un po’ raggiunge la Posta dove trovano tanti anziani che fanno sit-in davanti agli sportelli. Saltellano urlando «Chinon sal-ta pen-sio-nato-è». L’INPS ha bloccato tutte le pensioni del

mese essendo venute a mancare le contribuzioni dei lavoratori immigrati, scomparsi nel nulla. Perciò niente pensioni fino a nuova disposizione. La donna prende il nonno che saltella e lo carica di peso in macchina. Decide di andare al mercato pensando che forse Bogena non ci sarebbe andata quella mattina. Riparte, solito traffico fino al mercatino del quartiere. Il mercato è chiuso. Per mancanza di operai stagionali, africani e albanesi, le bancarelle non hanno potuto approvvigionarsi di pomodori, carote, piselli. Le mele del trentino sono rimaste sugli alberi e nessuno ha raccolto le mele annurche napoletane o tagliato l’insalatina di Val Trebbia. Franca decide di fare una breve corsa al vicino Supermercato. Chiuso anche lui. Non si sono presentati al lavoro i commessi senegalesi, le donne delle pulizie capoverdiane, i facchini macedoni.

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Franca è distrutta, il nonnetto comincia a dare i numeri. Bisogna passare a riprendere i bambini parcheggiati dagli amichetti. Davanti al portone di casa trova il marito, sudato, la bava alla bocca. E’ tornato prima dal lavoro perché al cantiere non c’è nessuno. Gli edili marocchini e iugoslavi non si sono presentati al lavoro. Due contabili pakistani assenti, il cantiere senza guardiana perché il ragazzo rumeno in divisa non ha fatto sapere niente. La moglie gli chiede perché è tutto sudato. «Perché sono rimasto senza benzina e in tutta la zona i distributori sono tutti chiusi perché i benzinai extracomunitari non si sono presentati al lavoro. Ho fatto dieci chilometri a piedi». In quel momento esce dalla guardiola la portiera, in lacrime. Il marito, un bravissimo signore peruviano con cui è sposata da 12 anni, è sparito anche lui. Gregorio decide di risollevare il morale della moglie. «Basta, andiamo a mangiare qualcosa alla pizzeria da Righetto». Pochi minuti e sono al locale ma Righetto è solo. Il pizzaiolo e il cameriere, entrambi egiziani, si sono volatilizzati e il forno è rimasto spento. Non si arrende. Qualche passo in più fino alla vicina trattoria, ma non lavora perché non ha camerieri. Il ristorante cinese,dall’altra parte della strada, non ha nemmeno aperto. Poco male per il ristorante ma si viene a sapere che 15.000 cinesi sono spariti anche a Prato lasciando più di duemila telai fermi, proprio loro che lavoravano giorno e notte, 24 ore su 24, tutti i giorni per fare maglie, borse,cinte,pellami e fornire migliaia di grossisti e ditte in tutta Italia. Spariti i cinesi nel Pratese, molte scuole sono rimaste chiuse, i bar sono senza clienti, i negozi di alimentari non sanno a chi vendere quintali e quintali di riso. A Mazara del Vallo i pescherecci non sono usciti per mancanza di tunisini, che rappresentano la maggioranza degli uomini di equipaggio. Nel Modenese le fabbriche di mattonelle sono ferme perché gli operai africani non si

sono presentati al lavoro, a Mondragone niente mozzarella perché i ghanesi hanno disertato le fattorie, a Villa Literno, abbandonata da 10.000 stagionali, i pomodori sammarzano marciscono a terra. Perfino l'Osservatore Romano è uscito con un titolo a nove colonne: 200 chiese chiuse per mancanza di preti stranieri. In un paesino del piacentino il sindaco leghista ha rischiato di essere linciato perché gli abitanti hanno pensato che avesse mandato via lui gli stranieri. Gregorio e Franca tornano a casa distrutti. La famiglia si mette attorno al tavolo per la cena ma l’aria è elettrizzata. Il telegiornale manda in onda le dichiarazioni catastrofiche del Ministro delle Finanze, il Pil è ai minimi storici, l’Italia è in crisi. Gregorio dopo cena decide di andare al bar a bere qualcosa per dimenticare quella

terribile giornata. Torna a notte fonda, la camicia strappata e un occhio pesto. Al buio ha scambiato la bella farmacista di zona, una vistosa mora di origini romagnole, per un viado brasiliano. F (Liberamente estratto da un articolo di Massimo Ghirelli, Diario n.43, 1999) * Aldo Maturo - Avvocato, già Dirigente dell’Amministrazione Penitenziaria

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Queste foto, (una vera rarità!) sono relative al Capoguardia Elia Frongia nato a Samugheo (CA) l’11 maggio1894 e arruolato nel Regio Corpo delle Guardie Carcerarie nel 1917. L’uniforme risale al periodo del Elia Frongia è stato al Comando del Carcere Giudiziario di Roma Regina Coeli nel 1930, precedentemente a Castiadas e Asinara....

Sotto: ancora il Maresciallo Magg. Scelto Elia Frongia, Comandante del Carcere Giudiziario di Roma Regina Coeli nel 1930. Indossa la nuova uniforme del periodo fascista, appena data in dotazione al Corpo degli Agenti di Custodia

Sopra: 1930, foto di gruppo. In piedi a destra il Maresciallo Magg. Scelto Elia Frongia Comandante del Carcere di Roma, Regina Coeli

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A destra: Festa del Corpo AA.CC. presso il Carcere Giudiziario di Roma Regina Coeli (anni ’30). Il terzo uomo seduto, da destra nella foto, è il Comandante Elia Frongia. L’uomo in borghese è il Direttore del Carcere Donato Carretta, ucciso dai Partigiani Romani il 23.3.1944, in quanto ritenuto responsabile di aver firmato la lista dei 50 prigionieri destinati alle Fosse Ardeatine

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Pubblichiamo le foto inviateci dall’Isp. i.c. Antonio Aloia Sopra e a fianco: 1975, Giuramento 46° Corso Allievi Agenti Scuola di Cairo Montenotte Sotto: 1977, Casa Circondariale di Alessandria

1974, foto del Maresciallo Gabriele Manocchio insieme ad altri colleghi nel carcere di Vercelli

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ventura del Cardo e di Ribò si svolge così lungo un doppio intreccio criminale, tra Torino e Pinerolo, che ora avvicina e ora allontana i due protagonisti, in una sequenza di colpi di scena e di esplorazioni che lasciano senza respiro.

GIULIO MOLA

L’ULTIMA PARTITA INCHIESTA SU MALATTIE E DECESSI SOSPETTI NEL MONDO DEL CALCIO

FRATELLI FRILLI Edizioni pagg. 330 - euro 17,50

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l circo del pallone non è sempre un’oasi felice e dorata. Non è sempre palcoscenico di grandi eventi, leggendari trionfi e memorabili sconfitte. Spesso inquietanti ombre avvolgono il calcio italiano, e non solo: le morti misteriose, le malattie improvvise, lo spettro del doping e quell’assurdo catalogo della “Farmacia dello Sport”, che racchiude un elenco di orrori. È questo un libro-inchiesta che, senza censure e senza bavagli, fa il punto sui mali oscuri del “gioco più bello del mondo”. Dalle dichiarazioni di Zeman all’indagine del Procuratore Guariniello, dalle denunce dei sopravvissuti alle drammatiche testimonianze di chi non ce l’ha fatta, dalle tragiche morti spagnole in diretta alle spericolate vite di campioni aggrappati alle flebo. Tutto questo riavvolgendo il nastro e rivedendo le tante, troppe, morti premature e sospette e legate a terribili malattie quali la micidiale SLA, la leucemia, il tumore al fegato. A scuotere le coscienze ci pensano le vedove, gli orfani e i miracolati, ma pure chi vede già scritto il proprio triste destino e chi ha avuto il coraggio di raccontare ciò che ha visto fino a ieri (non trent’anni fa) negli spogliatoi, quelli di periferia e quelli delle grandi metropoli. Tutto ciò per creare una nuova consapevolezza in quanti credono ancora, illudendosi, che il calcio sia ancora divertimento. Alla fine la domanda sorge spontanea: perché? Perché fino a questo punto, fino al rischio di mettere a repentaglio anche la vita dei giocatori? Quante altre croci in futuro renderanno più tristi i verdi campi di gioco?

CRISTINA RAVA MASSIMO TALLONE

SE SON ROSE MORIRANNO

L’ENIGMA DEL POLLICE

INTRIGO SPINOSO PER REBAUDENGO

CRIMINI INCROCIATI CON VISTA SUL MONVISO

FRATELLI FRILLI Edizioni pagg. 288 - euro 17,80

FRATELLI FRILLI Edizioni pagg. 288 - euro 17,80 Chi se ne frega se una prostituta nera scompare. A chi può importare se poi sparisce anche un bracciante macedone, dalle parti di Pinerolo? Storie senza significato... Ma non per Angela, che vuole vederci chiaro. Così, lei e il Cardo partono per la campagna alla ricerca di indizi. Sotto la pioggia o con il sole, di notte o di giorno, con il Monviso sullo sfondo, con l’ingenuità dei dilettanti, vanno incontro a guai grossi... Ma Ribò non può aiutarli, questa volta, perché è in ospedale, perché c’è di mezzo una bambina rapita in piazza Solferino, perché non può abbandonare il medico che lo ha operato... E soprattutto per quale folle ragione c’è un pollice, un pollice umano, al centro di tutto? La nuova av-

Un malato muore nell’afa opprimente di un’estate di qualche anno fa. Un dolore improvviso e ingiusto dissesta la vita di Ardelia Spinola. In una triste sera autunnale, il dottor Steiner si fracassa una caviglia cadendo dalle scale di casa. Nel frattempo Bartolomeo Rebaudengo si rigira tra le mani un pacco di cocaina senza mittente e senza destinatario, abbandonata come un rifiuto in una “fascia” di ulivi sopra la splendida baia di Alassio. Questi sono gli ingredienti di una nuova storia che vedrà i talenti dei protagonisti, sempre sospesi tra dramma e risata, uniti nella ricerca della soluzione di un caso complicato. Tempi e dosaggi sembrano la chiave per comprendere la natura dei decessi di anziani, trovati morti nelle loro abitazioni. Si tratta di una serie di “equivocal death” come di-

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a cura di Erremme

cono gli esperti dell’FBI, oppure dietro c’è un disegno perverso? La logica di Rebaudengo e l’intuito di Ardelia accompagneranno il lettore verso la verità.

per incrociarsi. Di nuovo insieme, Petri e Miceli uniranno esperienza professionale e legame d’amicizia per portare alla luce scomode verità.

e neutralizzare trappole mortali ma, soprattutto, confrontarsi con un avversario implacabile che lo conosce meglio di chiunque altro: Jack West Sr., suo padre...

GIANNI SIMONI

MATTHEW REILLY

LO SPECCHIO DEL BARBIERE

CINQUE GUERRIERI

MANUEL LOUREIRO

TEA Edizioni pagg. 324 - euro 12,00

NORD Edizioni pagg. 432 - euro 18,60

NORD Edizioni pagg. 416 - euro 16,60

Un presunto rapinatore viene assassinato a colpi di pistola in una tabaccheria del centro di Brescia; il cadavere di un neonato viene ritrovato in un cassonetto della periferia; su un’isola del lago d’Iseo, la proprietaria di una pensioncina riceve minacce e persecuzioni da un misterioso aggressore e rischia di impazzire. Ironia della sorte: l’ex giudice Petri, ormai in pensione, aveva conosciuto il tabaccaio pochi giorni prima, quando era andato nel suo negozio a scegliervi una pipa; e ha l’avventura di trovarsi in quella pensioncina sul lago, mentre si verificano quegli strani e inquietanti episodi ai danni della padrona. Così, quando il commissario, e suo buon amico, Miceli lo chiama per farsi dare una mano nell’indagine del bambino abbandonato, Petri inevitabilmente si trova a dover procedere su tutti e tre i fronti. Tre filoni d’indagine che si aprono in rapida successione e che, quasi per caso, finiranno

È sfuggito alla morte per un soffio, tuttavia Jack West Jr. non può certo concedersi un periodo di riposo. Quattro Pilastri, infatti, devono ancora essere trovati. Se quei leggendari diamanti non verranno purificati e incastonati nei rispettivi Vertici - seguendo un ordine prestabilito e nell’arco di nove giorni -, la Grande Macchina non verrà attivata e i raggi del Sole Nero investiranno la Terra, generando una successione inarrestabile di catastrofi naturali che porteranno la razza umana all’estinzione. Dopo essersi ricongiunto col suo gruppo, Jack riesce però a scoprire un tassello fondamentale per risolvere l’enigma. Secondo un’antica iscrizione egizia, il segreto dei Pilastri è stato affidato ai Cinque Guerrieri che hanno segnato la storia dell’umanità: svelando la loro identità, sarà possibile individuare sia i Pilastri sia l’ubicazione dei Vertici. Per fermare il conto alla rovescia, giunto ormai alle battute finali, Jack dovrà quindi interpretare profezie millenarie

APOCALISSE Z

Ha trent’anni. È un avvocato. Vive in una cittadina della Galizia, in Spagna. Come tutti, apprende la notizia dalla televisione: in una piccola repubblica del Caucaso, un gruppo di guerriglieri ha preso d’assalto una base militare russa. Un «normale» atto terroristico in una delle zone più turbolente e instabili del pianeta? Così sembra. Ben presto, però, s’insinua il sospetto che sia successo qualcosa di più grave. Qualcosa che non può essere controllato. Un’esplosione atomica? Un virus? Poi, tra lo sconcerto generale, la Russia annuncia la chiusura delle proprie frontiere e, nel giro di pochi giorni, tutti i Paesi dell’Unione Europea fanno lo stesso. Poi intere città vengono isolate e messe in quarantena. Poi entra in vigore la legge marziale. Ma è tutto inutile. Ormai niente è più come prima. Non c’è elettricità, manca l’acqua potabile, la benzina è finita, gli scaffali dei negozi sono vuoti. Nessun uomo gira per le strade. Perché chi lo fa non è più un uomo. È diventato uno zombie. Ha trent’anni. È un avvocato. Vive in una piccola città della Galizia, in Spagna. E forse è l’unico sopravvissuto all’Apocalisse Z... F

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Ho letto l’intenzione di impugnare il FESI 2010 in tutte le sedi consentite sol perché il Sappe non lo ha firmato. Non si capisce tale presa di posizione dal momento che, tutto sommato, l’ultima formulazione consente ai colleghi che lavorano di percepire l’incentivo. Anche coloro prima esclusi, per es. legge 104-92, ne beneficeranno. Pensate che lo scrivente, a titolo di esempio, non avrebbe ricevuto nulla sol perché fruisce dei permessi 104 per la mamma e senza nemmeno un giorno di malattia in tutto l’anno. Il Sappe, mi pare di capire, vorrebbe premiare anche coloro i quali lavorano poco perché le cause sarebbero da ricercarsi nelle condizioni disastrose del sistema. Cari colleghi, i lavativi sono lavativi punto e basta e andrebbero condannati per gli enormi disagi che ulteriormente provocano agli altri e al sistema intero. La vostra intenzione di bloccare il pagamento delle somme a tutti, a causa di una impugnativa, sarebbe sindacalmente, per voi, deleteria. A voi le scelte ultime. V. Sovr. Corrado Presti - C.C. Ragusa.

Caro collega, mi spiace molto apprendere dalla Tua lettera che non siamo riusciti ad esprimere bene la nostra posizione rispetto al FESI. Per altro verso mi conforta la convinzione che quanto tu scrivi è frutto della disinformazione che qualche altra o.s. ha messo in atto per giustificare la firma apposta sull’accordo e di conseguenza per squalificare le ragioni del Sappe. Vorrei comunque sottolinearti che proprio il tuo esempio dimostra la bontà delle tesi del Sappe che sono proprio quelle che sostengono la necessità di non considerare assenza dal servizio i permessi per la legge 104 e tante altre fattispecie. In altre parole, Noi chiedevamo che le sole assenze dal servizio da considerare inutili al fine della maturazione degli incentivi fossero solo le malattie non dipendenti da causa di servizio (per essere chiari i certificati mandati al solo scopo di starsene a casa). Per quello che riguarda l’eventuale impugnazione dell’accordo, abbiamo soltanto voluto far sapere che il FESI firmato potrebbe presentare dei profili di illegittimità che, non corretti, invaliderebbero essi stessi l’accordo.

© 2010 Caputi & De Blasis

IL MONDO DELL’APPUNTATO CAPUTO

UE’...ESPO’. MI SA CHE HO INIZIATO A CAPIRE COSA SIGNIFICA FESI...

34 Polizia Penitenziaria - SG&S n. 179 - dicembre 2010


Il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria augura a tutti gli iscritti ai loro familiari e a tutti gli appartenenti al Corpo Buone Feste e

Felice Anno Nuovo

Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria



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