Il Mondo della Scuola Incontra la Polisportiva Milanese

IL MONDO DELLA SCUOLA INCONTRA LA POLISPORTIVA MILANESE Marco Filippazzi

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IL MONDO DELLA SCUOLA INCONTRA LA POLISPORTIVA MILANESE Marco Filippazzi

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NOTE INTRODUTTIVE Un bambino, nato con la passione per lo sport, deve subire in tenerissima età un intervento neurochirurgico che risolve il suo problema medico ma gli lascia alcune tracce indelebili.

Il bambino ha un carattere forte e volitivo, non si arrende; nella sua nuova condizione compie e completa il corso di studi in ambito psicopedagogico e continua l’attività sportiva.

Incontra la Polisportiva Milanese 1979 e, all’interno di questa società, pratica diverse discipline sportive ed assume anche il ruolo di tecnico volontario nei settori del nuoto e dell’atletica.

Vive su di sé, in sostanza, la condizione di persona che non si ferma di fronte alle difficoltà legate alla sua personale situazione, ma trova la forza di superarle e di dimostrare, in pri-

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mis a sé, che con la passione, l’impegno e la forza di volontà non esiste alcuna barriera insuperabile.

Concepisce il progetto di presentare la sua esperienza di vita al mondo della scuola e, grazie ad un incontro quasi fortuito, riesce ad attuarlo.

Nasce così un percorso fatto di incontri con i ragazzi delle scuole, dalle elementari alle superiori, ai quali questo atleta-volontario paralimpico racconta la sua personale esperienza e riceve le reazioni dei ragazzi in scritti e disegni che sono raccolti in questa pubblicazione.

Ideatore e regista di questa iniziativa, svolta nell’arco di un decennio (2010-2020), è Marco Filippazzi.

I protagonisti sono i ragazzi delle scuole che hanno raccolto nei loro scritti e disegni le impressioni suscitate nel loro animo dall’incontro con il mondo degli sport paralimpici.

Il CIP (Comitato Italiano Paralimpico) e la Polisportiva Milanese, che vi ap-

partiene, hanno costituito la cornice e l’humus all’interno del quale l’esperienza sportiva di Marco si è potuta svolgere fino a generare l’iniziativa documentata in queste pagine.

Il lettore, sfogliandole, vi troverà un esempio concreto di come lo sport possa veramente consentire il superamento di molte barriere, la valorizzazione delle doti personali e diventare effettiva possibilità di inclusione sociale.

Nell’esperienza di vita e di incontro documentate in queste pagine trovano effettivo compimento le sette parole chiave messe in evidenza da Papa Francesco nell’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport e pubblicata all’inizio di questo anno 2021: 1. LEALTA’: lo sport è lealtà e rispetto delle regole 2. IMPEGNO: il talento è niente senza applicazione: si può nascere talentuosi ma non ci si può addormentare sopra il talento 3. SACRIFICIO: il “sacri-

ficio” è termine che lo sport spartisce con la religione: “sacrum-facere” è dare sacralità alla fatica 4. INCLUSIONE: questo sarà l’anno delle Olimpiadi. I Giochi, da sempre, sono un segno di inclusione, contrapposta alla cultura del razzismo, dello scarto.

5. SPIRITO DI GRUPPO: fare squadra è essenziale nella logica dello sport 6. ASCESI: …immagino le scalate sugli Ottomila metri, le immersioni negli abissi, le attraversate degli oceani come dei tentativi per ricercare una dimensione diversa, più alta, meno abituale. È riscoprire la possibilità dello stupore.

7. RISCATTO: non basta sognare il successo, occorre svegliarsi e lavorare sodo.

Buona lettura!

Giorgio Piantato

L’AUTORE note biografiche

Marco Filippazzi nasce a Milano il 22 febbraio 1968.

Dopo la maturità come assistente di comunità infantile si specializza come animatore pedagogico- sociale e sportivo e come consulente psicologo, svolgendo vari tirocini in campo sociale (prevalentemente con bambini e adolescenti in ospedale e come animatore sportivo con adolescenti con disabilità).

Le sue disabilità (una motoria, una visiva) sono conseguenza di un intervento neurochirurgico all’età di sei anni per la rimozione di un vasto ascesso cerebrale.

Appassionato di sport fin da bambino, ha praticato varie discipline a livello amatoriale; nella stagione 2000- 2001 è arrivato in Polisportiva Milanese, dove svolge attività di atleta ed è stato tecnico volontario nei settori atletica e nuoto.

In atletica ha vinto un titolo nazionale a squadre ed è stato vice primatista italia-

no per due anni di fila con la squadra della staffetta 4 x 100; nel nuoto ha vinto 25 medaglie (di cui 6 a livello di campionati nazionali assoluti) e ha partecipato ad alcune manifestazioni internazionali (3 meeting internazionali amichevoli di Brescia; World Series di Lignano Sabbiadoro 2019).

dal Goethe Institut in varie località in Germania).

Dal 2017 collabora col Centro Sportivo Italiano per manifestazioni quali, ad esempio, “Oralimpics”, le olimpiadi degli oratori.

Come volontario a bordo pista e a bordo vasca ha partecipato a due meeting internazionali amichevoli di atletica paralimpica e a varie manifestazioni internazionali di nuoto, inclusa la partecipazione ai Mondiali di nuoto FINA di Roma ’09 e a varie edizioni dell’Aspria Swimming Cup e del Trofeo Città di Milano.

Dal 2008 porta avanti un progetto con le scuole, approvato dal comitato paralimpico, sullo sport come mezzo di integrazione per persone con disabilità.

Ha portato questo progetto anche a Malta e in Germania (dal 2010 è tutor e animatore sportivo presso corsi estivi internazionali per adolescenti organizzati

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Prefazione del Presidente del CIP (Comitato Italiano Paralimpico) Avv. Luca Pancalli

La Polisportiva Milanese 1979 Sport Disabili Vocazione e Finalità Presentazione del Presidente Antonio Marangoni

Negli ultimi anni la diffusione della pratica sportiva nelle persone disabili ha subìto grandi cambiamenti ampliando i propri spazi di intervento, le finalità e, soprattutto, i concetti fondamentali sui quali si basa l’azione delle associazioni sportive impegnate.

La Polisportiva Milanese è sicuramente una delle prime nate in Italia e rappresenta un importante riferimento per il C.I.P. Comitato Italiano Paralimpico; dal 1979 promuove lo sport per i disabili e, in oltre quarant’anni di attività, ha sempre risposto con entusiasmo al numero crescente dei disabili che desiderano praticare dello sport, attivandosi nella ricerca degli spazi, dei tecnici e dei volontari necessari allo sviluppo delle singole discipline.

Ai disabili, fino ad allora parte passiva di una società civile in piena evoluzione, si sono così prospettate ampie possibilità tali da consentire ad ognuno la libertà di scegliere la disciplina più confacente alle proprie necessità fisiche ed

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aspirazioni intellettuali.

Da quel giorno, l’Associazione Polisportiva Milanese ha compiuto grandi passi fino a giungere alla struttura attuale.

L’attività è praticata da Settembre a Luglio, in un percorso costituito da precisi impegni settimanali. Un cammino che guida il disabile al primo approccio con lo sport, per giungere poi all’autentica pratica sportiva scegliendo fra più discipline quali: il nuoto, sci alpino e nordico, atletica leggera, tiro con l’arco, canoa, canottaggio, tennis tavolo, scherma, tiro a segno, handbike, calcio, rugby in carrozzina. Promuove, in armonia con altre associazioni, la conoscenza e la pratica di altre discipline e attività per il tempo libero; tutto ciò in sintonia con un progetto specifico; un programma che, mirato sulla singola persona, trasforma il soggetto in atleta. Comunque, pur avendo connotati sportivi, non si sono volutamente mai esasperati gli aspetti agonistici, sviluppando invece all’interno degli aspetti te-

rapeutici, ludici, ricreativi, la funzione sociale dello sport.

Favorire l’aggregazione sociale, abituare il disabile al confronto con se stesso e con gli altri nella continua ricerca del proprio limite, preparare i partecipanti al superamento dei disagi materiali e psicologici accresce nella persona disabile la consapevolezza d’appartenere con pieno diritto alla società e di poter contribuire al suo sviluppo con le proprie risorse fisiche, intellettuali e morali.

Sul piano prettamente sportivo, i risultati ottenuti possono essere considerati di altissimo livello, per alcuni atleti addirittura “fantastici”. Molti nostri atleti sono convocati in nazionale, hanno conquistato titoli e medaglie partecipando a Campionati Italiani, Europei, Mondiali ed Olimpiadi.

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Il progetto di incontro con il mondo della scuola (raccontato in diretta da Marco)

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Il progetto sullo sport come mezzo d’integrazione comincia in tre oratori di Milano tra il 2003 e il 2004, per allargarsi alle scuole nell’autunno del 2009, quando vengo invitato a parlare di questo argomento presso l’istituto comprensivo di Foresto Sparso (Bg) da un mio amico, insegnante presso la locale scuola media .

L’invito presso questa scuola è frutto di un incontro casuale, a settembre 2009, presso l’Università Statale di Milano con un ex compagno di un corso di specializzazione della Civica Scuola di animazione pedagogica e sociale di Milano, il quale insegnava presso l’istituto comprensivo di Foresto. Entrambi accompagnavamo una persona alla discussione della laurea triennale (io un’amica; lui, più grande di me, la figlia maggiore). Mi chiese per quale motivo fossi lì e di aggiornarlo sui miei studi e attività.

Gli raccontai del mio

lavoro, dell’attività come atleta e tecnico presso la Polisportiva Milanese Sport Disabili onlus e del mio progetto con gli oratori sullo sport come mezzo di integrazione per persone con disabilità.

Mi disse che il mio progetto interessava anche a lui e mi invitò a incontrare i suoi studenti.

Nell’autunno 2009, dopo l’approvazione del consiglio scolastico, incontrai due sue classi .

Gli incontri diedero risultati molto positivi, tanto che a marzo 2010 venni invitato a Foresto Sparso per incontrare altri studenti .

Lo stesso professore di Foresto Sparso ne parla a colleghi dell’istituto comprensivo di Villongo (Bg), dove tornerò per un paio d’anni , per presentarlo ad alunni di quinta elementare.

Il progetto si allarga quando mia mamma (molto attiva nel campo dei diritti di bambini e adolescenti in ospedale) parla del mio progetto su sport e disabilità a una

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insegnante di scuola media di Milano che collabora con lei. Questa insegnante mi chiede di spiegarle meglio il mio progetto, si mostra interessata e ne parla alla professoressa di scienze motorie della loro scuola media di Milano, l’Istituto Gulli-De Marchi. Il mio progetto viene approvato dalla Direzione didattica: la collaborazione presso questa scuola comincia nell’autunno 2010 e dura tuttora, con le insegnanti di ginnastica che si passano parola quando una di loro va in pensione o cambia scuola.

Presso la Scuola Media “Gulli- De Marchi” un grande ringraziamento va alla professoressa Giuseppina Raimondi, insegnante di educazione fisica ora in pensione, che, con le sue capacità informatiche, ha migliorato il mio progetto arricchendolo di coinvolgente materiale video, che mi ha poi donato perché potessi utilizzarlo anche presso altre scuole.

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Per andare nelle scuole ho bisogno di permessi dal mio posto di lavoro, così parlo del mio progetto anche al mio datore di lavoro e ad alcuni colleghi d’ufficio.

Anche a loro il mio progetto piace: non solo mi facilitano con gli orari di lavoro, ma mi invitano a presentarlo anche nelle scuole (elementari e medie) frequentate dai loro figli.

Qualche collega di lavoro e alcuni insegnanti supportano ed alleggeriscono Il mio impegno personale per migliorare le presentazioni; essi, sentendosi coinvolti dal mio progetto e conoscendo le mie difficoltà visive al computer, mi hanno, nel tempo, fornito altro materiale utile e coinvolgente per le presentazioni.

Di mia iniziativa ho intanto provveduto a presentarlo nella mia ex scuola media e in altre scuole.

Molto emozionante è stato tornare da atleta

paralimpico e ”docente” nella scuola media che avevo frequentato da ragazzino.

Tramite colleghi di lavoro o passaparola tra insegnanti in riunioni interscolastiche il mio progetto si allarga ulteriormente, sia a Milano e provincia che fuori regione, con incontri anche a Settimo Torinese, Roma, Alcamo in Sicilia.

Su iniziativa di un’insegnante di educazione fisica di Trezzano sul Naviglio, a suo tempo responsabile italiana del progetto “Comenius” (scambi didattici con docenti di altri Paesi), vengo invitato a presentare il mio progetto anche ad insegnanti di educazione fisica provenienti da Turchia, Slovacchia, Francia,… durante un loro meeting presso l’istituto comprensivo “Franceschi” di Trezzano.

Ho avuto occasione di presentare il mio progetto anche a Malta (in inglese) e in tedesco in Austria con DIG (Deutsch in Graz) e

in Germania col GoetheInstitut (dal 2010, durante le ferie agostane, collaboro come tutor e animatore sportivo presso corsi estivi per adolescenti organizzati dal Goethe-Institut in varie località tedesche).

A luglio del 2009 ho collaborato come volontario ai Mondiali di nuoto di Roma ’09.

Mi avevano scelto non soltanto perché sono atleta di nuoto e tecnico in una società paralimpica, ma anche perché conosco piuttosto bene le lingue inglese e tedesca. Durante una pausa avevo accennato del mio progetto a un mio responsabile, presidente di una società di pallanuoto romana. Gli piacque e il 27 dicembre del 2009, al Foro Italico, mi fece presentare il mio progetto alle atlete della sua società pallanotistica presso la sede del CONI al Foro Italico.

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Le motivazioni del progetto “Sport e disabilità nelle scuole”

La prima molla è stato il desiderio di far conoscere l’esistenza del Comitato Paralimpico e delle tante società sportive che, sul territorio, consentono alle persone con disabilità la pratica dell’attività sportiva, aiutandole ad aumentare la conoscenza del proprio corpo, a non fermarsi ai limiti, ma scoprendo nuove capacità, la gioia dello stare insieme e di esprimere le proprie potenzialità residue, grandi o piccole che siano.

Si evita così alla persona disabile di rinchiudersi nelle proprie paure e nel solo ambiente familiare.

All’inizio gli studenti erano perplessi di fronte al tema della disabilità, perché, non conoscendolo, nutrivano pregiudizi, che sparivano già durante la proiezione di filmati che mostravano come atleti con varie disabilità possano svolgere con pieno successo diverse attività sportive.

Lo stupore e l’entusiasmo dei ragazzi e dei docenti

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erano tali da diventare un naturale passaparola con altre classi e scuole.

Oltre alla proiezione di filmati, l’incontro è vivacizzato da piccoli giochi di prestigio (libro magico - da bianco a colorato, e saliera – da vuota a piena) che aiutano a spiegare più facilmente come alcuni limiti delle persone disabili possono essere superati grazie alla pratica e all’aiuto di attività sportive e culturali.

Se pensiamo soltanto alle nostre difficoltà, il libro (noi stessi) resta bianco; ma se di fianco ai limiti scopriamo, grazie anche all’attività sportiva, nuove capacità, ecco che il libro (noi stessi) si colora e la saliera si riempie.

Delle capacità (piccole o grandi) ci sono sempre, l’importante è mantenere la voglia di mettersi in gioco, di trovare ogni giorno un motivo, anche piccolo e all’apparenza insignificante, per sorridere e avere più fiducia in se stessi. Ciò che importa non è correre,

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ma camminare facendo ogni giorno i passi giusti per ciascuno di noi.

Marco affianca spesso anche il racconto personale della gioia provata quando, a 6 anni, dopo l’intervento neurochirurgico e un mese esatto di fisioterapia intensiva, ha ripreso a camminare!

Nella palestra dell’ospedale San Carlo c’erano soltanto lui, la sua mamma e la fisioterapista, che lo ha accompagnato nei primi 3-4 passi, appoggiando le mani sul suo bacino.

Quando la fisioterapista ha allontanato le sue mani, Marco ha allargato le braccia e ha ricominciato a camminare, prima con passi incerti, poi sempre più sicuri. Una gioia indescrivibile!

Nessuno nasce campione, non tutti lo diventeranno, ma tutti, ciascuno secondo i propri tempi e capacità, possiamo metterci in gioco e trovare nuovi adattamenti e autonomie.

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Lo sport aiuta le persone con disabilità a confrontarsi con le proprie difficoltà ma anche con le proprie capacità, e a scoprirne di nuove, anche piccole, ma importanti. Ad esempio, come allacciarsi le scarpe con una mano sola.

Con i primi studenti c’era sempre un attimo di perplessità su come affrontare l’argomento “sport e disabilità”. Presto però, guardando i video, i ragazzi scoprono i vari adattamenti degli atleti paralimpici e come sport e disabilità possono benissimo procedere insieme. Cadono così paure e pregiudizi, al punto che molti studenti di terza media decidono di scrivere la tesina d’esame proprio sullo sport paralimpico o su altri aspetti attinenti alla disabilità (ad esempio, donne e uomini di fascino e di successo nonostante le proprie difficoltà fisiche; molte ragazze hanno citato Bebe Vio, Simona Atzori, Frida Kahlo, ma anche Stephen Hawking…).

Anche nelle classi in cui non era necessario preparare una tesina sono stati prodotti lavori molto belli.

Nel corso degli anni l’entusiasmo dei ragazzi e dei docenti è sempre aumentato, tanto che gli insegnanti che andavano in pensione raccomandavano al proprio successore la prosecuzione del progetto nella propria scuola e ne promuovevano l’adozione presso altre scuole nei meeting interscolastici.

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Istituti scolastici sedi di incontri con le classi

Milano

Desio (MB)

Scuola Media “ Gulli- De Marchi”

Istituto Comprensivo Tolstoj (due sedi)

Scuola Media “ De Marchi- Cabrini” Scuola Media “Carlo Porta” Istituto Comprensivo “Calasanzio “ (ex “G. Negri”) Istituto Comprensivo “Tommaso Grossi” (due sedi) Istituto Professionale “Cavalieri” Istituto Professionale “ Varalli” Limbiate (MI) Istituto Comprensivo “ L. da Vinci” Corsico (MI) Scuola Media “Buonarroti “ Trezzano sul Naviglio (MI)

Scuola Primaria “Aldo Moro e martiri di via Fani” Villasanta (MB) Scuola Media “Enrico Fermi” Foresto Sparso (BG) Istituto Comprensivo di Foresto Sparso Trescore Balneario (BG) Liceo Scientifico “ Lorenzo Federici” Villongo (BG) Istituto Comprensivo di Villongo

Scuola Elementare “ Turati “

Rondissone (TO)

Scuola Elementare “Lelio Basso”

Istituto Comprensivo di Verolengo

Istituto Comprensivo “Franceschi” Monza Scuola Media “Elisa Sala”

Settimo Torinese (TO) Scuola Media “Nicoli” Roma

Cesano Maderno (MB)

Scuola Primaria “A. Cadlolo”

Scuola Elementare “M. L. King”

Istituto Comprensivo “Virgilio”

Scuola Elementare “Mauri” Scuola Elementare “Borghi” Scuola Media “S. D’Acquisto”

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Mezzago (MB):

Alcamo (TP) Istituto Magistrale Statale “ Vito Fazio Allmayer”

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Lo svolgimento di un incontro

Spesso la parola “disabilità” è collegata a quattro parole specifiche: limite, difficoltà, incapacità, impossibilità, poiché spesso nella persona con disabilità è più facile vedere ciò che non riesce a fare piuttosto che le capacità residue, anche minime.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) dà una definizione diversa della disabilità: non incapacità o impossibilità, ma riduzione di capacità, dove il focus non è sulla parola “riduzione”, bensì sulla parola “capacità”, poiché accanto alle difficoltà ci possono essere delle capacità residue, anche piccole, ma importanti. Anche i medici del Comitato Paralimpico, quando devono inserire un atleta in una determinata categoria, valutano non soltanto i limiti, ma anche, soprattutto, le abilità residue possedute in comune con altri atleti. Infatti in ambito paralimpico gli atleti non gareggiano in base alle capacità perse ma in forza

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delle abilità residue.

Il dott. Guttmann, nel 1944, fu il primo a utilizzare lo sport come mezzo di terapia e integrazione per persone (sia civili che militari) rimaste ferite in atti di guerra: piloti che si erano schiantati con l’aereo, civili rimasti sotto edifici bombardati. Tutte queste persone avevano un elemento in comune (lesioni della colonna vertebrale) e non potevano più camminare.

Il dr. Guttmann decise di utilizzare lo sport come mezzo di riabilitazione e ottenne risultati molto positivi: non solo scoprì che queste persone avevano un miglior equilibrio e una migliore autonomia in carrozzina, ma anche che esse, accanto a un limite doloroso come non poter più usare le gambe, mantenevano alcune importanti capacità.

Poiché anche le persone con disabilità hanno dei sogni da realizzare, se scopriamo che oltre ai limiti abbiamo anche delle

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possibilità, acquisiamo maggiore fiducia in noi stessi ed esprimiamo maggiore energia. Questo vale per tutti, persone con e senza disabilità.

Durante l’adolescenza un semplice difetto, una piccola imperfezione possono essere vissuti come limiti o “disabilità”, ma ciascuno, con i propri tempi e capacità, può trovare i giusti adattamenti e donare qualcosa agli altri.

La parola “paralimpico” deriva dalla fusione delle parole “paraplegico” e “olimpico”, ma significa anche “paritetico”, cioè uno sport del tutto uguale, in termini di valore e importanza, a quello praticato da atleti senza disabilità.

Guardando nei video le difficoltà degli atleti paralimpici gli adolescenti, che spesso faticano ad avere un’immagine corporea e di sé positiva, si rendono conto che gli sportivi paralimpici hanno più difficoltà ma anche più positività: “Allora anch’io posso!”.

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Lo sport è passione, colora il mondo, riaccende gli sguardi, dona speranze e nuove opportunità, ci insegna a dare il massimo sempre e comunque, ma soprattutto a guardare oltre.

Si richiama così il senso del termine “olimpico” con riferimento all’antica Grecia: gareggiare non per vincere, ma per esprimere il meglio di sé, secondo le proprie capacità.

Il logo dell’IPC (International Paralympic Committee) sono tre virgole che guardano avanti e significano movimento: gli atleti paralimpici sono consapevoli delle proprie difficoltà, ma guardano avanti a come possono comunque realizzare i loro progetti. I colori sono i più comuni a tutte le bandiere del mondo, per sottolineare la funzione di ponte del Comitato Paralimpico tra le persone con disabilità e la società.

Il motto paralimpico è “Spirito in movimento”: il movimento è la principale

difficoltà degli atleti paralimpici, ma la voglia di mettersi in gioco valorizzando le capacità residue consente di superare molti ostacoli e di vivere con minore fatica le difficoltà degli allenamenti e della vita quotidiana.

Comunemente la carrozzina viene considerata un limite. Nei loghi della Polisportiva Milanese e della società bresciana “No Frontiere” sono invece raffigurati proprio atleti in carrozzina: se immaginiamo che ciascuno di noi non possa più usare le gambe, la carrozzina non è più un limite, ma quel mezzo che ogni mattina ci aiuta a scendere dal letto, ad andare a scuola, in ufficio, in pizzeria con gli amici, a fare attività sportiva adattata …

Quindi la carrozzina non è più un limite, ma sinonimo di autonomia e indipendenza.

Gli atleti paralimpici hanno presenti i propri limiti, ma si concentrano sulle loro abilità residue per

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realizzare i propri progetti e dare così un contributo al progresso della società.

Fatte queste premesse, partono i video.

Primo video: è la storia del movimento paralimpico dal 1948 al 2012, con immagini dapprima in bianco e nero, poi a colori.

Viene fatto notare agli studenti come all’inizio vi fossero pochi atleti, poche discipline e, per gareggiare, fossero usate le attrezzature tipiche degli ospedali. Col tempo ci si è resi conto dell’utilità della pratica sportiva sia dal punto di vista fisico che psicologico; aumenta il numero degli atleti, delle discipline praticate e migliorano anche le attrezzature sportive: compaiono le prime carrozzine adattate, che sostituiscono quelle degli ospedali. Le immagini diventano a colori, non solo per un naturale sviluppo della tecnologia, ma anche per sottolineare come lo sport sia capace di dare colore alla vita.

Segue un video sulle

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paralimpiadi invernali di Vancouver. Si sottolinea come gli atleti sciino in modo diverso uno dall’altro: chi in piedi da solo, chi accompagnato da una guida perché non vedente, chi con il monosci. Seguono filmati di altre attività sportive, ad esempio hockey su ghiaccio, curling; i ragazzi sono invitati a prestare attenzione non solo alle difficoltà degli atleti, ma anche ai loro occhi, che mostrano la persona nella sua pienezza (“guardate gli occhi, il sorriso, la concentrazione, la fatica e il fascino che hanno gli atleti: sono tutti segni di assoluta normalità”).

Il terzo è un video molto “misto”, con varie discipline sportive (corsa, tennis, judo …).

In particolare viene mostrato uno spezzone in cui Markus Rehm, atleta amputato a una gamba per un incidente, esegue un salto in lungo incredibile: al momento dello stacco cala il silenzio e quando l’atleta atterra, 8 metri dopo, si sente il

boato del pubblico. Gli studenti seguono pieni di attenzione e di curiosità, e partecipano all’evento quasi fossero in presenza.

Quarto video: finale dei 100 m dorso, categoria S6, alle paralimpiadi di Londra 2012, vinta da un atleta privo delle braccia dalla nascita. Si gareggia non per le capacità perse in comune, ma per le abilità rimanenti. Ci sono atleti che entrano a bordo vasca in vario modo: chi in carrozzina, chi claudicante, chi con le gambe corte e tozze su un tronco assolutamente normale.

Ci sono anche due ragazzi cinesi: uno con le braccia parzialmente amputate, l’altro completamente privo delle braccia dalla nascita. Le braccia sono fondamentali per darsi la spinta: come può questo atleta attaccarsi al bordo della vasca? L’allenatore dal bordo vasca gli porge un asciugamani, l’atleta lo tiene con i denti e l’allenatore lo tende, così da sostituire la naturale tensione delle braccia; al momento del

via l’atleta abbandona la presa con i denti e comincia a spingere con le gambe. Le immagini del video scorrono in silenzio: i ragazzi sono molto colpiti dal fatto che questo ragazzo senza braccia possa competere alla pari con atleti che possono usarle entrambe o preferiscono usarne uno solo pur avendone due. Colpisce l’attenzione con la quale i ragazzi seguono la proiezione del video, partecipando intensamente all’azione, quasi nuotando insieme agli atleti. Alla fine restano stupiti nel vedere come questo ragazzo, senza braccia, riesca a vincere stabilendo un record paralimpico che è anche record mondiale: il tempo (1’13’’ 56/100) è di un solo secondo superiore a quello di un atleta normodotato.

Dietro questo risultato ci sono tanto impegno, tanta voglia di mettersi in gioco, tanta fatica (quanta acqua bevuta!).

Il quinto, un video promozionale del comitato paralimpico britannico,

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mostra atleti con vari tipi di disabilità che praticano non solo diverse attività sportive, ma anche attività culturali, teatrali, musicali sempre con grande gioia: ballerini con le protesi, pianisti ciechi, persone affette da nanismo ai comandi di un aeroplano, un saltatore in alto con una gamba sola.

E’ il video finale, che vuole mostrare come la valorizzazione della persona possa provenire non soltanto dalla pratica sportiva, ma anche da attività culturali.

La proiezione dei filmati si conclude con alcuni giochi di prestigio e di giocoleria.

Per esempio il gioco delle cinque palle: una di cotone piccola, una da ping pong, una da giocoliere, un pallone da pallavolo, uno da basket.

Nella vita tutti possiamo incontrare vari tipi di ostacoli, da quelli piccoli e leggeri a quelli più grandi e pesanti. Se però impariamo a riconoscere non solo i nostri limiti, ma anche a valorizzare

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le piccole, importanti capacità di ciascuno di noi, tutto può girare come le palle di varie dimensioni e pesi.

Durante gli incontri sono insegnate anche piccole autonomie, per esempio come allacciarsi le scarpe con una mano sola o come indossare/infilare e allacciare una felpa con una mano sola.

Altrettanto importante è non vergognarsi di chiedere aiuto quando non ce la si fa da soli.

All’incontro in aula segue una seduta in palestra.

Qui vengono svolti quattro esercizi: prima una corsa utilizzando tutte le capacità motorie normalmente a disposizione (braccia e gambe); poi con un braccio dietro la schiena (simulando un’amputazione, per constatare come cambiano spinta ed equilibrio del corpo), poi con entrambe le braccia dietro la schiena per vedere come ulteriormente cambiano l’equilibrio e la

spinta del corpo.

Poi si tira a canestro stando in piedi ma usando un braccio solo, oppure utilizzando entrambe le braccia ma stando seduti, come se fossimo cestisti in carrozzina, per imparare come cambiano la prospettiva e la forza necessaria.

palestra. In seguito inviano disegni e scritti.

Alcuni ragazzi scrivono anche lettere personali.

Poi si gioca a pallavolo stando seduti, a gambe incrociate, con la rete all’altezza usata nelle partite di sitting volley, per constatare come si modifica lo spazio corporeo personale e imparare a misurarlo.

Poiché la pallavolo è uno sport di squadra, i ragazzi imparano anche come cambiano le distanze e il modo di giocare. Dopo gli inizi un po’ incerti, i ragazzi imparano il gioco in questa nuova modalità e constatano quanto possa essere divertente.

Nelle settimane successive all’incontro gli studenti svolgono delle riflessioni con i loro docenti su quanto hanno ascoltato, visto e vissuto in aula e in

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Le riflessioni degli studenti

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Selezione disegni 2010-2020

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Pensieri sportivi

Il sorriso: oggi è una conquista.

Domani è un dono.

Le pagine di chiusura di questa rassegna di incontri sono scritte direttamente da Marco.

Comprendono alcune sue poesie che, meglio di ogni commento, riassumono il contenuto profondo della sua attività, del suo messaggio e, in fondo, della sua posizione esemplare nei confronti della vita.

La vita è una partita a ping pong col destino, in cui velocissimi e intensi sono gli scambi di gioia, delusione e speranza.

I sogni si realizzano passo dopo passo, bracciata dopo bracciata.

La vita è una corsa ad ostacoli, di cui il più pericoloso è la paura di sé stessi.

…allora ascolta gli alberi: dietro ogni foglia troverai un motivo per piangere, ma anche due per sorridere.

Non pensare alla fragilità della tua orma nella neve.

Pensa all’indelebilità del tuo sorriso nei ricordi degli altri.

Ho bruciato le mie paure per scaldare i miei sogni.

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Questa pubblicazione è stata curata da Giorgio Piantato e Antonio Marangoni Progetto grafico di Giovanna Baderna Stampa Pixartprinting - aprile 2021 © Polisportiva Milanese 1979 Sport Disabili A.S.D.

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POLISPORTIVA MILANESE 1979 SPORT DISABILI A.S.D.

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