
Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie

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Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie










Mensile Ufficiale dell’AssoimpresePMI - Associazione Industriali Piccole e Medie Imprese Italiane Il mensile è presente presso l’osservatorio per le piccole e medie Imprese, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie, Dipartimento della funzione Pubblica, Ministero dell’Economia e delle Finanze - Consip, Centro per l’informatica nella Pubblica Amministrazione - Cnipa, Associazione Italiana Tesorieri d’impresaaiti, Associazione Italiana Sistemi Informativi in Sanità e presso la commissione Europea (BRUXELLES)
Dipartimento per l’Innovazione






Direttore Responsabile Cosimo Bisci
Redazione e Impaginazione Grafica Silvia Tira
Area comunicazione marketing relazioni esterne Alberto Di Leo
Hanno collaborato a questo numero Paolo Melissi Fotografie - Mario Carò
Fotolito e Stampa - PI-ME EDITRICE srl
AssoimpresePMI Via San Raffaele 1, 20123 Milano Tel: +39 02.47927155 - 9230274
Tutti i marchi, i servizi e interviste appartengono ai rispettivi loro proprietari. Iscritto al tribunale di Milano il 26/02/2001 numero di registrazione 92. ROC n° 21365
Tutti gli speciali sono con uscita decadenza settimanale. “La Grande Industria” inserto esclusivo per le Grandi

massimiliano dalla via amministratore delegato

a ndrius Kubilius c ommissario europeo per la d ifesa e lo spazio
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la soluzione “tutto incluso” per la tua attività
il suv premiato che parla alla mobilità del futuro
16 FOCUS PMI & CyBERSECURITy il nuovo ecosistema digitale europeo

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In un contesto segnato da rischi crescenti, dai fenomeni climatici estremi al cyber risk, il tema della protezione è diventato centrale anche per le PMI italiane. L’indagine ANIA–Ipsos 2023 mostra come la percezione dei rischi resti spesso inferiore rispetto alla reale esposizione, con un conseguente ritardo negli investimenti in prevenzione. Il Gruppo Intesa Sanpaolo, grazie al modello di bancassicurazione, sta rafforzando il proprio sostegno alle imprese, integrando servizi finanziari e soluzioni assicurative per accompagnarle in un percorso di maggiore consapevolezza e resilienza.
Ne parliamo con Massimiliano Dalla Via, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Intesa Sanpaolo Protezione e responsabile Società Ramo Danni della Divisione Insurance.
Come sta cambiando il bisogno di protezione delle PMI italiane nell’attuale contesto macroeconomico?
Le necessità di protezione delle PMI stanno cambiando con una rapidità senza precedenti, riflettendo la complessità del contesto macroeconomico e dei rischi emergenti. Fenomeni come gli eventi climatici estremi o gli attacchi informatici (un tempo percepiti come scenari eccezionali) oggi rappresentano minacce concrete, ricorrenti e spesso di difficile gestione per le imprese di dimensioni ridotte. L’impatto dei cambiamenti climatici, in particolare, si colloca tra le principali sfide del settore assicurativo italiano, insieme alla crescita dei rischi emergenti e all’aumento della frequenza e della severità degli eventi estremi, come evidenziato anche dalle analisi sulla protezione dei beni e delle attività produttive. Questo scenario ha trasformato radicalmente il modo in cui le aziende vivono il tema della protezione. Non si parla più di una scelta accessoria o di una copertura aggiuntiva, ma di uno strumento essenziale di
gestione del rischio e di continuità operativa. La crescente consapevolezza delle imprese è confermata anche dai dati del mercato assicurativo. Nel terzo trimestre del 2025, ad esempio, i premi del business protezione del Gruppo Intesa Sanpaolo Assicurazioni hanno registrato una crescita de 9,1% rispetto all’anno precedente.
Qual è il valore aggiunto del modello di banca assicurazione di Intesa Sanpaolo per le imprese?
Il valore del nostro modello di bancassicurazione nasce dall’integrazione totale tra banca e compagnia assicurativa: non una semplice partnership commerciale, ma un ecosistema unico che gestisce end-to-end l’intera catena del valore. Questo ci permette di conoscere da vicino le imprese, grazie alla presenza capillare della rete, e di offrire una consulenza realmente mirata sui rischi specifici di ciascuna realtà. La piena integrazione
dei sistemi e dei processi assicura efficienza, velocità operativa ed elevata qualità del servizio, senza dispersioni di valore. Per l’imprenditore significa avere un unico interlocutore in grado di accompagnarlo sia nelle scelte finanziarie sia nella protezione degli asset. I risultati confermano la solidità del modello: la divisione insurance del Gruppo è leader nel settore vita e tra i primi player nel non motor. Il nostro approccio integrato semplifica il percorso dell’azienda e rafforza la sua capacità di affrontare rischi e cambiamenti.
L'indagine ANIA-Ipsos 2023 evidenzia un divario tra percezione e reale esposizione ai rischi. Quali sono quelli più sottovalutati, a suo avviso?
I rischi oggi più sottovalutati dalle PMI coincidono con alcune evidenze emerse anche dall’indagine ANIA-Ipsos, che mostra l’esistenza di un forte divario tra la percezione del rischio e l’effettiva adozione di strumenti di protezione. Nonostante 9 italiani su 10 si dichiarino esposti ai rischi, il 45% di chi si sente vulnerabile non possiede alcuna copertura assicurativa, esclusa la RC Auto. Questo gap di protezione si riflette anche sulle imprese, che spesso riconoscono l’esistenza di una minaccia ma non compiono il passo successivo per tutelarsi.
Tra i rischi più sottovalutati c’è sicuramente quello climatico. L’indagine mostra che la sensibilità verso gli eventi naturali è cresciuta in tutti i segmenti della popolazione, con il 33% degli italiani molto preoccupati, percentuale che sale al 40% tra i più giovani. Diverse PMI però continuano a non valutare adeguatamente gli impatti degli eventi estremi sulla continuità del proprio business. Il rischio di interruzione operativa rimane infatti uno
dei più insidiosi: i danni indiretti possono superare ampiamente quelli materiali e compromettere la capacità produttiva per periodi prolungati.
Un altro rischio ancora troppo sottostimato è quello informatico. La digitalizzazione dei processi aziendali rende le imprese più esposte ad attacchi mirati, spesso difficili da prevenire senza strumenti specifici. L’indagine evidenzia inoltre che, pur percependo questo rischio come rilevante, molti non hanno ancora adottato coperture adeguate, a causa di priorità diverse o scarsa conoscenza delle soluzioni disponibili.
Gli eventi catastrofali naturali stanno diventando sempre più frequenti. Come si sta muovendo il gruppo per supportare le imprese?
Gli eventi catastrofali naturali sono sempre più frequenti e intensi, con impatti significativi sulla continuità operativa delle imprese. In questo scenario, il nostro Gruppo si è mosso su due fronti: l’adeguamento alla nuova normativa, che dal 2025 rende obbligatoria una copertura Cat-Nat per tutte le aziende, e il rafforzamento della nostra offerta in ottica di prevenzione. Abbiamo sviluppato una soluzione conforme alla legge, semplice e trasparente, pensata per adattarsi alle diverse realtà produttive. In parallelo, stiamo ampliando le coperture dedicate ai beni e al patrimonio aziendale, in linea con le Linee Guida della Divisione Insurance, che identificano la protezione delle attività produttive come uno dei pilastri del modello di bancassicurazione integrata. Questo significa combinare coperture assicurative, analisi preliminari dei rischi e un servizio di gestione sinistri rapido ed efficiente.
In che modo innovazione e analisi dei dati
contribuiscono a migliorare prevenzione e protezione?
L’innovazione tecnologica e l’analisi dei dati stanno trasformando profondamente il modo di fare assicurazione, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione e la protezione delle imprese. Oggi disponiamo di una quantità molto maggiore di informazioni, che ci consente di comprendere in modo puntuale l’esposizione ai rischi delle aziende. All’interno della Divisione Insurance, l’integrazione di piattaforme tecnologiche avanzate permette di gestire l’intera catena del valore in modo rapido e sinergico, migliorando la qualità dei servizi e l’esperienza del cliente. Questo approccio, riconosciuto come uno dei cardini del nostro modello di bancassicurazione integrata, si traduce in processi più veloci, maggiore sicurezza dei dati e una consulenza che parte da una conoscenza approfondita dei bisogni del cliente. L’innovazione riguarda anche la digitalizzazione dei prodotti e dei canali: dai journey completamente online per molte soluzioni danni e vita, agli strumenti che consentono alle imprese di monitorare la propria situazione di rischio, gestire le coperture in autonomia e ricevere supporto immediato in caso di necessità. L’obiettivo è rendere la polizza non solo un indennizzo in caso di evento, ma un vero strumento di gestione del rischio, capace di anticipare criticità e ridurre la probabilità che un danno si verifichi.
Quali sono le priorità strategiche di Intesa Sanpaolo Protezione nel sostegno alle PMI? La nostra priorità strategica è supportare le PMI in un percorso di protezione che non sia solo reattivo, ma strutturale. Mettere in sicurezza gli asset produttivi, le persone e i processi non significa solo ridurre l’impatto dei rischi: significa rafforzare la solidità econo-
mica dell’impresa e migliorarne il merito creditizio. Un’azienda protetta è infatti un’azienda più affidabile, più stabile e più capace di sostenere investimenti, affrontare cambiamenti e cogliere opportunità di crescita. In questa direzione, Intesa Sanpaolo Protezione sta potenziando l’offerta dedicata alle imprese, con particolare attenzione al segmento non motor, che negli ultimi anni ha registrato una crescita costante e ha portato la Divisione Insurance fra i principali player del mercato. Accanto ai prodotti, stiamo investendo nella qualità della consulenza, grazie all’integrazione con la rete bancaria e alla capacità di offrire valutazioni del rischio mirate per settore, territorio e dimensione aziendale. L’obiettivo è accompagnare le PMI verso una gestione del rischio più consapevole, modulare e in evoluzione nel tempo, in linea con i loro piani di sviluppo. Sostenere la competitività delle imprese significa, in definitiva, sostenere la competitività del Paese. Una cultura della protezione più diffusa e matura rende il tessuto produttivo più resiliente e più capace di affrontare un contesto economico e normativo in rapido cambiamento.
Quali strumenti o servizi ritenete oggi più efficaci nell'aiutare le PMI a sviluppare una vera cultura del rischio?
Il primo strumento realmente efficace per sviluppare una cultura del rischio nelle PMI è una consulenza chiara e personalizzata. Molte imprese, infatti, conoscono solo in parte i rischi a cui sono esposte e faticano a orientarsi tra soluzioni diverse: per questo è fondamentale aiutarle a leggere in modo semplice quali criticità possono incidere sulla loro attività e quali strumenti di protezione possono fare la differenza.In quest’ottica,

Intesa Sanpaolo Protezione sta investendo in check-up assicurativi e valutazioni preliminari che permettono all’imprenditore di avere una fotografia delle proprie vulnerabilità. Si tratta di strumenti che rendono più consapevoli le aziende e facilitano l’adozione di coperture flessibili, adattabili nel tempo in base alla crescita e alle trasformazioni del business.
Accanto alla consulenza, un ruolo chiave lo hanno le iniziative dedicate alla diffusione della cultura assicurativa, soprattutto nelle realtà meno strutturate. L’obiettivo è rendere la gestione del rischio un’abitudine, non un intervento sporadico. Solo così la protezione diventa parte integrante della strategia aziendale e le PMI possono rafforzare la propria resilienza nel lungo periodo.
Guardando ai prossimi anni, quali cambiamenti si aspetta nel mercato assicurativo danni e quali impatti avranno sulle imprese italiane?
Nei prossimi anni il mercato assicurativo dan-
ni sarà sempre più orientato alla personalizzazione delle coperture. Le imprese si trovano a gestire rischi che cambiano rapidamente e che non possono più essere affrontati con soluzioni standard. La maggiore disponibilità di dati e l’evoluzione tecnologica consentono di costruire polizze che seguono l’azienda nel tempo, adattandosi ai suoi processi, ai suoi investimenti e ai nuovi scenari competitivi. Questo significa passare da un modello statico a un modello dinamico, in cui la protezione viene aggiornata con continuità: un approccio che permette alle PMI di avere coperture più efficaci e coerenti con l’evoluzione del proprio business.
Il ruolo delle compagnie sarà quindi quello di accompagnare le imprese con una consulenza sempre più mirata, capace di interpretare i dati e tradurli in soluzioni realmente utili.L’impatto per le aziende italiane sarà significativo: una protezione più aderente alle loro esigenze renderà il tessuto produttivo più solido e preparato ad affrontare le trasformazioni dei prossimi anni.


Ci sono due ambiti nei quali ci sono fondi e bandi aperti che coinvolgono anche le piccole e medie imprese: lo Spazio e la Difesa. Le pmi possono partecipare ai bandi che riguardano innovazione e tecnologia industriale della difesa in quanto il Parlamento europeo ha approvato, di recente, in via definitiva, con 457 voti favorevoli, 148 voti contrari e 33 astensioni il regolamento, già concordato in via informale con il Consiglio, che istituisce il primo programma europeo per l'industria della difesa (EDIP) che punta
a rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa in Europa e a potenziarne le capacità di difesa. Degli 1,5 miliardi di euro destinati al programma EDIP, trecento milioni saranno stanziati a favore dello strumento di sostegno per l'Ucraina. I co-legislatori hanno anche trovato un'intesa sulla creazione di un fondo per accelerare la trasformazione delle catene di approvvigionamento della difesa (lo strumento FAST), al quale andranno indicativamente almeno 150 milioni di euro attraverso contributi finanziari
supplementari. Durante i negoziati con il Consiglio, i deputati sono riusciti a ottenere più fondi per il bilancio del programma grazie a contributi aggiuntivi provenienti dallo strumento di azione per la sicurezza dell'Europa (SAFE). Inoltre, il programma EDIP consentirà agli Stati membri di sfruttare appieno il potenziale del dispositivo per la ripresa e la resilienza grazie alla possibilità di reindirizzare e riassegnare i fondi non spesi del dispositivo a favore di progetti inclusi nel programma. I deputati hanno
ANDRIUS KUBILIUS, COMMISSARIO

anche sostenuto il principio "Buy European" per incentivare l'acquisto di prodotti per la difesa europei: per essere ammissibili ai finanziamenti, il costo dei loro componenti provenienti da paesi terzi non associati non può superare il 35 per cento del costo totale stimato dei componenti. Il programma istituirà un quadro giuridico per i progetti europei di interesse comune nel settore della difesa. Per poter ricevere i finanziamenti, questi progetti dovranno coinvolgere almeno quattro Stati dell’Unione Europea
e anche l'Ucraina potrà partecipare. Il regolamento prevede anche l'istituzione di uno strumento di sostegno per l'Ucraina per contribuire all'ammodernamento dell'industria della difesa del paese e favorirne l'integrazione con quella europea. EDIP È concepito per avere un impatto duraturo, fungendo da punto di riferimento per le iniziative future e plasmando il modo in cui la cooperazione europea nella produzione della difesa sarà organizzata oltre il 2027. il programma EDIP invertirà la dipendenza
dalle importazioni che ha prevalso in Unione Europea. Rafforzerà in modo concreto la nostra base industriale, consentendoci di garantire autonomamente che le nostre forze armate dispongano dei mezzi necessari per svolgere il loro mandato. Il regolamento punta a raggiungere questo obiettivo colmando il divario tra le misure di emergenza a breve termine, come il regolamento sul sostegno alla produzione di munizioni (ASAP) e lo strumento per il rafforzamento dell'industria europea della difesa mediante

appalti comuni (EDIRPA), attraverso un approccio più strutturale e a lungo termine. Attualmente la base industriale europea della difesa è composta da grandi società multinazionali, aziende a media capitalizzazione e oltre duemila piccole e medie imprese, che insieme raggiungono un fatturato annuo complessivo stimato a circa 70 miliardi di euro. La Commissione europea ha accolto con favore l’interesse manifestato da Belgio, Bulgaria, Cechia, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Finlandia per l'accesso ai prestiti nell'ambito dello strumento di azione di sicurezza per l'Europa (SAFE), che secondo le previsioni dovrebbe mobilitare fino a 150 miliardi di euro di investimenti. Andrius Kubilius, Commissario per la Difesa e lo spazio, ha dichiarato: "Il forte interesse per SAFE, con potenziali appalti per almeno 127 miliardi di euro nel settore della difesa, dimostra l'unità e l'ambizione dell'Unione Europea in materia di sicurezza e difesa. Manteniamo il nostro impegno a sostenere gli sforzi degli Stati sforzi volti a consolidare la sicurezza europea. SAFE rappresenta il nostro impegno comune a rafforzare la prontezza dell’UE alla difesa per un futuro più sicuro e unito". SAFE è uno strumento fondamentale dell'Unione Europea per rafforzare la resilienza e la sicurezza, attraverso il sostegno agli investimenti in settori quali la difesa, le infra -

strutture a duplice uso, le capacità informatiche e le catene di approvvigionamento strategiche. Le pmi possono accedere a fondi dedicati alla difesa principalmente attraverso iniziative europee come il Fondo europeo per la difesa (EDF) e il supporto della Banca europea per gli investimenti (BEI), che destina fondi alla filiera della difesa. A livello nazionale, esistono fondi specializzati come il fondo lanciato da Ver Capital, focalizzato sulle pmi italiane della difesa, e iniziative che supportano l'accesso al credito, come il Fondo di Garanzia per le pmi, anche se non specificamente per il settore difesa. Già a giugno 2025 la Banca europea per gli investimenti (BEI) aveva annunciato di triplicare i finanziamenti intermediati a disposizione dei fornitori europei del settore della difesa portandoli a 3 miliardi di euro; l'iniziativa si collocava nell'ambito del rinnovato impegno della Banca a favore della sicurezza del continente. Il nuovo strumento era contestualmente stato inaugurato dalla BEI grazie ad un primo accordo con Deutsche Bank, che ha assicurato una provvista di liquidità a lungo termine riservata a progetti di investimento nei settori della sicurezza e della difesa. L'aumento dei finanziamenti intermediati della BEI è destinato alle piccole e medie imprese che rappresentano un pilastro della base industriale europea della difesa. La BEI ha prestato 500 milioni di euro a Deutsche Bank nell'ambito di un partenariato che ha portato alla disponi -
bilità di un miliardo di euro per finanziamenti e capitale circolante delle pmi nell'intera filiera della sicurezza e della difesa dell'Unione europea. Saranno finanziate anche infrastrutture militari e di polizia (ad esempio centri di formazione per il personale militare). L'obiettivo è quello di migliorare l'accesso ai finanziamenti per progetti di sicurezza e difesa rispondendo così all'urgente necessità di investimenti nell'innovazione, nella resilienza della filiera e nell'autonomia strategica in un contesto di maggiore incertezza geopolitica. La BEI ha triplicato la dotazione da 1 miliardo di euro per prestiti a favore della sicurezza e della difesa su scala paneuropea approvata nel dicembre 2024. In questo modo risponde all'enorme interesse per una provvista BEI mostrato dalle banche commerciali di tutta l’Unione Europea, che intendono fare leva sulla nuova liquidità disponibile per sostenere gli investimenti nel settore. La cooperazione con Deutsche Bank per il finanziamento della difesa è la prima avviata con una banca commerciale nell'ambito del programma di prestiti ampliato della BEI; altri partenariati seguiranno a breve. La collaborazione fa seguito all’accordo tra la BEI e gli istituti nazionali di promozione di Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna in merito ad un approccio paneuropeo al potenziamento della sicurezza e della difesa in Unione Europea. La BEI e i cinque investitori a lungo termine – Caisse des Depôts, Kreditanstalt
für Wiederaufbau (KfW), Cassa Depositi e Prestiti (CDP), Bank Gospodarstwa Krajowego (BGK) e Instituto de Crédito Oficial (ICO) – hanno convenuto di collaborare in relazione agli ambiti di investimento e alle possibilità di co-finanziamento in settori quali ricerca & sviluppo, capacità industriale e infrastrutture. L'Unione Europea conta oltre 2.500 pmi che sono fornitori essenziali per i principali produttori nel settore della difesa come Airbus, Thales, Rheinmetall e Leonardo. Le pmi forniscono componenti, tecnologie e servizi fondamentali, sostenendo così l'occupazione, l'innovazione e la crescita nel settore. Il deciso aumento del potenziale della BEI in termini di prestiti a favore delle pmi del settore della difesa è inteso ad aiutare queste ultime a fronteggiare le tradizionali difficoltà di finanziamento cui invece le grandi imprese non sono generalmente esposte. L'iniziativa riguarda anche le midcap, un altro segmento dell'industria della difesa dell'Unione Europea che si è trovato ad affrontare ostacoli di finanziamento sul mercato. Per facilitare una circolazione più rapida e agevole di truppe, attrezzature e mezzi militari in tutta l’Unione Europea, la Commissione europea e l'Alta rappresentante intensificano la prontezza alla difesa, concentrandosi sulla preparazione, con un pacchetto sulla mobilità militare consistente in un nuovo regolamento sulla mobilità militare e una comunicazione congiunta. La Commissione europea ha di recente ribadito
che intende promuovere l'innovazione dirompente nel settore militare e rafforzare l'industria europea della difesa con una tabella di marcia dell'Unione Europea per la trasformazione dell'industria della difesa. Con la creazione di uno spazio di mobilità militare a livello dell'Unione Europea entro il 2027, il pacchetto sulla mobilità militare approvato il 19 novembre 2025, nel silenzio più assordante dei media, avvicina l'Unione Europea all’idea di uno "spazio Schengen militare", rendendo più rapido, sicuro e coordinato lo spostamento di truppe e attrezzature militari in tuttigli Stati membri. Inoltre c’è da segnalare che la Commissione europea ha aperto quattro nuovi bandi del Cybersecurity Competence Centre (ECCC) per un totale di cinquanta milioni di euro nell’ambito del programma Digital Europe, con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza e la resilienza delle infrastrutture digitali europee. Le aree sostenute comprendono lo sviluppo di soluzioni di cybersecurity basate su intelligenza artificiale, il supporto all’adozione di nuovi strumenti da parte delle pmi, i test di preparazione e resilienza della cybersecurity UE e lo sviluppo di nuovi hub regionali di cavi sottomarini, cruciali per la sicurezza delle reti energetiche e digitali. Complessivamente, queste azioni mirano a rafforzare la sovranità europea sulle infrastrutture critiche e a sostenere la crescita dell’economia digitale dell’Unione Europea e dimostrano il clima di “guerra” aperto
dalle crisi attuali internazionali che minano ambiti strategici per tutti. I progetti possono essere presentati attraverso il Funding & Tenders Portal fino al 31 marzo 2026, e devono rispettare i requisiti di sicurezza stabiliti dall’Articolo 12(5) del Digital Europe Programme Regulation. Le pmi poi possono fare riferimento al Fondo europeo per l’innovazione. La Commissione europea infatti ha investito 2,9 miliardi di euro per promuovere progetti di tecnologie a zero emissioni nette nell'ambito del Fondo per l'innovazione. I finanziamenti sono mirati a favore di 61 progetti all'avanguardia nel settore delle tecnologie a zero emissioni nette nell'ambito del Fondo per l'innovazione. Il Fondo per l'innovazione è uno dei maggiori programmi di finanziamento al mondo per la diffusione di tecnologie innovative a zero emissioni nette e a basse emissioni di carbonio. È finanziato dalle entrate generate dal sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (ETS), uno strumento fondamentale per conseguire gli obiettivi climatici europei, garantendo allo stesso tempo la competitività industriale. Le sovvenzioni sono state concesse a progetti dotati di un notevole potenziale di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra in vari settori, tra cui la produzione di tecnologie pulite, le energie rinnovabili, lo stoccaggio dell'energia e le industrie ad alta intensità energetica, su scale diverse. Tali progetti sottolineano l'impegno dell'Unione Europea a rafforzare la

leadership e la capacità produttiva dell'Unione Europea in tecnologie innovative, all'avanguardia e a zero emissioni nette, perseguendo nel contempo il percorso verso la neutralità climatica entro il 2050. Inoltre le pmi italiane possono accedere a fondi europei per il settore spazio principalmente tramite i bandi aperti del programma comunitario Horizon Europe che cofinanzia progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico ed è il programma quadro per la ricerca e l'innovazione più ampio della storia dell’Unione europea; in particolare tramite il suo Cluster 4 – “Digitale, Industria, Spazio” e l'EIC Accelerator per startup e pmi innovative. Questi strumenti finanziano la ricerca, l'innovazione e lo sviluppo tecnologico nel settore spaziale, dal lancio di satelliti ai servizi di downstream come navigazione e monitoraggio ambientale.
Il contributo più consistente nella storia dell'Agenzia Spaziale Europea, pari a 22.1 miliardi di euro, è stato approvato di recente durante la riunione del Consiglio a livello ministeriale tenutasi a Brema, in Germania. I ministri e le ministre e gli alti rappresentanti dei 23 Stati Membri, dei Membri Associati e degli Stati cooperanti hanno confermato il loro sostegno ai principali programmi scientifici, di esplorazione e tecnologici, oltre a un aumento significativo del bilancio destinato alle applicazioni spaziali: osservazione della Terra, navigazione e telecomunicazioni. Questi tre elementi sono fondamentali anche per l'iniziativa European Resilience from Space, una risposta congiunta alle esigenze critiche in materia di sicurezza

e resilienza. Di fronte a una situazione geopolitica difficile, tutti gli Stati che contribuiscono al bilancio dell'ESA, e naturalmente la Commissione Europea, hanno riposto la loro fiducia nell'Agenzia Spaziale Europea affinché continui a realizzare programmi che sostengano la leadership europea nello spazio e contribuiscano ad ampliare le nostre capacità sulla Terra, in orbita e nello spazio profondo. Il Consiglio a livello ministeriale di quest'anno ha rappresentato la prima fase dell'attuazione della Strategia 2040 dell'ESA, che ha tracciato la rotta per le ambizioni spaziali europee e definito gli obiettivi da raggiungere per conseguire gli obiettivi a lungo termine delle attività europee nello spazio e nelle applicazioni sulla Terra. Gli Stati Membri hanno garantito un aumento storico del 3.5 per cento all'anno al di là dell'inflazione, che consentirà di realizzare alcune delle missioni più importanti della nostra storia e rafforzerà la leadership scientifica europea. Il primo passo sarà quello di realizzare le missioni descritte nel piano a lungo termine Cosmic Vision, comprese LISA e NewAthena. Ma il prossimo grande passo in avanti per la scienza sarà reso possibile dallo sviluppo tecnologico per le missioni previste dal piano Voyage 2050, in particolare dall'ambizioso progetto di ricerca di forme di vita su Encelado con la missione di grande portata “L4” su Saturno e la sua luna. Questa missione richiede uno sviluppo tecnologico immediato per raggiungere il polo sud di Encelado in condizioni di illuminazione ideali. Le pmi sono coinvolte anche per l'iniziativa European Resi -
lience from Space, introdotta per sostenere la capacità di doppio uso in Unione Europea. Il finanziamento iniziale sarà destinato a un sistema che consentirà l'accesso a immagini satellitari ad alta risoluzione temporale e spaziale, attraverso la messa in comune e la condivisione delle risorse e la creazione di una rete per colmare le lacune nelle osservazioni. Ciò sarà supportato da nuovi servizi di navigazione dall'orbita bassa terrestre e da una connettività sicura.
Il chiaro mandato per l'uso delle applicazioni spaziali a fini di difesa non aggressiva segna un cambiamento storico per l'ESA. Durante il CM25 è stato deciso che le iscrizioni rimarranno aperte fino al prossimo anno per consentire agli Stati partecipanti di adeguarsi al nuovo programma. La tecnologia a supporto di questo programma e delle altre missioni innovative dell'ESA sarà sviluppata utilizzando un budget notevolmente rafforzato per i fattori abilitanti tecnologici, i componenti critici, la digitalizzazione e le tecnologie emergenti. Saranno rafforzate una serie di attività chiave nell'ecosistema spaziale europeo. I lanciatori europei Ariane 6 e Vega-C continueranno a fare da guida nella strada verso lo spazio. L'ESA continuerà a sostenere l'evoluzione del mercato europeo dei lanci e lo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto in orbita, compresa la European Launcher Challenge. I mercati europei dell'hardware spaziale e dei dati spaziali saranno sviluppati con la prosecuzione dei programmi di commercializzazione di successo. L'ESA continuerà a promuovere gli investimenti privati, a stimolare
INCONTRO EUROPEO CONSIGLIO MINISTERIALE SUL TEMA SPAZIO
(26-27 NOVEMBRE 2025) A BREMA
l'innovazione e a rafforzare le pmi e i nuovi operatori del settore spaziale. È stato concordato un budget di 3.6 miliardi di euro per progetti cofinanziati, che dovrebbero attrarre ingenti finanziamenti privati. La leadership europea nell'osservazione della Terra sarà mantenuta con la preparazione della seconda generazione di satelliti Copernicus (in particolare le missioni ottiche Sentinel-2 Next Generation e Sentinel-3 Next Generation). Nell'ambito di FutureEO, l'ESA svilupperà e gestirà missioni scientifiche di livello mondiale dedicate alla Terra, preparerà future missioni operative Copernicus e meteorologiche e sosterrà l'uso dei dati per Earth
Action.Gli Stati Membri dell'ESA hanno confermato il loro impegno nell'esplorazione, con piani concreti per rafforzare le partnership internazionali. La missione Rosalind Franklin, che prevede l'atterraggio di un rover su Marte, è finanziata con l'obiettivo di un lancio nel 2028, mentre l'ESA preparerà missioni sulla Luna, la più importante delle quali è il lander Argonaut. L'ESA lavorerà alla riduzione dei rischi di una serie di altre tecnologie per sostenere la presenza europea nel LEO e oltre nei prossimi decenni. Nel frattempo, l'ESA e i suoi Stati Membri hanno concordato di attuare azioni a breve termine per garantire l'accesso delle astronaute e astronauti europei alla Stazione Spaziale Internazionale fino alla fine del suo sfruttamento prevista nel 2030. Il CM25 ha inoltre confermato lo sviluppo del LEO cargo return service, comprese due missioni dimostrative finalizzate all'attracco alla ISS. Prima del CM28 è prevista una riunione intermedia a
livello ministeriale per adeguarsi ai cambiamenti previsti nella cooperazione internazionale. Tre importanti missioni rappresentano la maggior parte dei finanziamenti per la sicurezza spaziale: Ramses, Rise e Vigil. La missione Ramses, che sarà realizzata con un calendario serrato per intercettare l'asteroide Apophis nel suo incontro ravvicinato con la Terra nel 2029, è stata finanziata e ci aiuterà a prepararci per futuri asteroidi potenzialmente pericolosi. La missione meteorologica spaziale Vigil, originariamente approvata dal CM22, proseguirà con l'attuazione dei piani relativi al veicolo spaziale, che saranno sottoposti a una revisione preliminare del progetto all'inizio del prossimo anno. Al fine di ridurre in futuro i rifiuti nello spazio, la sperimentazione dei servizi di manutenzione in orbita sarà finanziata attraverso Rise, una partnership con l'industria. Il veicolo spaziale SAGA, una missione dimostrativa per la comunicazione quantistica, passerà alla fase di costruzione e implementazione.
Il programma Moonlight, che prevede servizi di comunicazione e navigazione lunari, proseguirà con il suo sviluppo. L'ESA ha firmato lettere di intenti con l'obiettivo di preparare nuovi centri che saranno ospitati negli Stati Membri. È stata firmata una lettera di intenti con la Polonia per esaminare la possibilità di ospitare una nuova struttura specializzata in applicazioni di sicurezza e a duplice/multiplo uso. Nel frattempo, una lettera di intenti tra la Norvegia e l'ESA consentirà a entrambe le parti di valutare la creazione di un Centro spaziale artico dell'E -
SA a Tromsø. EIC Accelerator: Supporta startup e pmi innovative con progetti high-tech, offrendo sia finanziamenti a fondo perduto (grant) che investimenti azionari. Per il 2025, il budget è di 634 milioni di euro per le call "Open" e "Challenge". Horizon Europe - Cluster 4 (2021-2027) con un bilancio specifico per il settore spazio, finanzia progetti che rafforzano l'autonomia strategica europea, supportando la ricerca e l'innovazione in tutta la catena del valore dello spazio. Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale può supportare progetti di ricerca e innovazione, digitalizzazione e competitività delle pmi, anche nel settore spaziale, a livello regionale attraverso bandi specifici. Il bando "Space for Metaverse" e "Space for Monitoring Hazardous Materials" offrono finanziamenti fino al 75 per cento dei costi (massimo 75mila euro) per studi di fattibilità. L'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) include anche altre iniziative come la Cassini Business Accelerator. L’Agenzia Spaziale Europea (ESA), nell’ambito del programma ESA Space Solutions, ha aperto la Call “Future of Retail”, una nuova opportunità di finanziamento dedicata allo sviluppo di servizi commerciali innovativi che integrano tecnologie e dati spaziali nel settore del retail. L’obiettivo è favorire la nascita di soluzioni digitali e sostenibili capaci di trasformare il retail attraverso l’uso di satelliti e tecnologie spaziali, migliorando l’efficienza, la resilienza e l’esperienza d’acquisto. Ci sono quindi nuove sfide aperte a livello europeo ed internazionale in cui anche le pmi possono fare la loro parte.



Le piccole e medie imprese (PMI) italiane rappresentano il cuore pulsante dell'economia nazionale. In un contesto sempre più digitalizzato, è fondamentale per queste realtà adottare strumenti che semplifichino la gestione quotidiana, garantiscano la conformità alle normative e arricchiscano l'e -
sperienza del cliente. Nexi, leader nei pagamenti digitali, offre soluzioni avanzate pensate per rispondere a queste esigenze.
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tronici e trasmettere i corrispettivi all’Agenzia delle Entrate in modo automatico, senza necessità di aggiornamenti futuri. Il tutto è incluso nel canone mensile, senza costi nascosti.
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Servizi a Valore Aggiunto (VAS): Innovazione e Competitività
Oltre alle funzionalità di base, Nexi offre un ecosistema di App integrate che permettono ai commercianti di personalizzare e ottimizzare la gestione del punto vendita.
Questi servizi a valore aggiunto (VAS) includono l’incasso dei buoni pasto aziendali per accettare i buoni in modo digitale, la gestione delle campagne buoni sconto per fidelizzare i clienti e aumentare l’importo medio degli scontrini, la raccolta opinioni per ottenere feedback diretti dai clienti e migliorare il servizio, la gestione spedizioni per organizzare e tracciare le consegne e la rubrica clienti per avere sempre a portata di mano i dati dei clienti abituali.
In più Nexi offre la possibilità di aderire a Nexi Club, il programma fedeltà gratuito che regala esperienze esclusive, premi speciali e


offerte imperdibili. Tali applicazioni sono progettate per integrarsi facilmente e permette ai commercianti di offrire ai propri clienti servizi innovativi tramite il POS, migliorando la competitività e la soddisfazione del cliente. In un mercato sempre più competitivo, innovare significa semplificare la
gestione quotidiana, essere in regola con le normative e offrire ai clienti un servizio all’altezza delle aspettative. Le soluzioni di Nexi rappresentano strumenti ideali per le imprese che desiderano crescere, migliorare l'efficienza e offrire un'esperienza cliente moderna e sicura.


Quando un modello automobilistico riesce ad attirare l’attenzione di esperti e pubblico, il riconoscimento non tarda ad arrivare.
È ciò che è accaduto con il nuovo Opel Grandland, che ha conquistato il titolo di “Migliore auto sotto i 50.000 euro” ai Golden Steering Wheel Awards 2024, uno dei premi più influenti del settore automobilistico europeo. Questa affermazione non è un semplice successo commerciale, ma la conferma di un progetto che incarna una nuova visione per il marchio tedesco: un SUV solido, moderno, efficiente e perfettamente allineato ai nuovi parametri della mobilità sostenibile. Una svolta che riflette la volontà di Opel di posizionarsi come
costruttore capace di interpretare le esigenze future della mobilità personale e professionale.
Il nuovo Grandland parte da un design maturo, elegante e ben riconoscibile. La presenza su strada è importante ma mai eccessiva, grazie a dimensioni maggiorate che trasmettono solidità e sicurezza senza compromettere l’agilità nei contesti urbani. Il frontale è caratterizzato dal Vizor 3D, elemento distintivo della nuova famiglia Opel, con il logo Blitz illuminato che enfatizza la firma visiva del marchio. Anche il posteriore introduce una nuova rappresen -
tazione dell'identità Opel, con la scritta “OPEL” illuminata su tutta la larghezza del portellone. Sono scelte stilistiche che vanno oltre l’aspetto estetico, perché contribuiscono a creare un’identità moderna e professionale in linea con i valori di un marchio che vuole coniugare innovazione e affidabilità.
GERMAN ENERGY: UN’IDENTITÀ CHE SI TRADUCE IN QUALITÀ
A rafforzare ulteriormente questa percezione interviene il concetto di German Energy, l’approccio con cui Opel riassume la propria tradizione ingegneristica e produttiva. Il Grandland è progettato, svilup -





pato e realizzato in Germania, e questo dato, apparentemente formale, ha ricadute concrete sulla qualità costruttiva, sulla solidità percepita e sulla rigorosa attenzione ai dettagli. L’impronta tedesca si riflette nella precisione degli assemblaggi, nella coerenza delle soluzioni tecniche e nella capacità di integrare innovazione e pragmatismo. Non si tratta solo di un’etichetta identitaria, ma dell’espressione tangibile di una cultura industriale che pone al centro efficienza, durata e affidabilità. In un contesto in cui il mercato automobilistico europeo vede competere prodotti provenienti da ogni parte del mondo, il richiamo alla progettazione e alla produzione tede -
sca diventa un elemento distintivo che rassicura e valorizza il posizionamento del Grandland come SUV maturo e credibile.
All’interno, il Grandland dimostra una cura per l’ergonomia e la qualità percepita tipica del marchio. L’abitacolo è stato progettato per accompagnare chi percorre molti chilometri al giorno, con un posto guida razionale e una disposizione dei comandi studiata per minimizzare le distrazioni. Il display centrale, disponibile in due dimensioni e inclinato verso il conducente, dialoga con un quadro strumenti completamen -
te digitale e con l’Intelli-HUD, il sistema head-up display che proietta le informazioni principali sul parabrezza e consente di mantenere lo sguardo sulla strada. La tecnologia non è inserita come semplice elemento decorativo, ma risulta integrata in modo naturale nell’esperienza di guida, riducendo lo stress nei tragitti più lunghi e aumentando la percezione di sicurezza. La sensazione di comfort è rafforzata dall’attenzione posta ai sedili, certificati dall’associazione tedesca AGR e dotati della tecnologia Intelli-Seat, una soluzione che riduce la pressione sul coccige e migliora il benessere anche dopo molte ore di guida. La filosofia “Greenovation” di Opel

si manifesta nell’uso esteso di materiali riciclati e nella scelta di evitare cromature, sostituite da finiture alternative più sostenibili dal punto di vista ambientale. L’abitacolo è ricco di soluzioni pratiche, come la Pixel Box semitrasparente illuminata, i numerosi vani portaoggetti e il caricatore wireless integrato dietro un pannello traslucido che permette di controllare visivamente lo stato del dispositivo. Anche la capacità di carico si distingue per versatilità: grazie ai sedili posteriori ribaltabili con configurazione 40:20:40, il bagagliaio raggiunge i 1.645 litri, un valore ideale per un utilizzo flessibile del veicolo.
TECNOLOGIE AVANZATE AL SERVIZIO
DELLA SICUREZZA
Dal punto di vista della sicurezza attiva, il Grandland introduce soluzioni di nuova
generazione che migliorano l’esperienza di guida sia in città che sulle lunghe tratte. Il Cruise Control automatico con funzione Stop&Go, il riconoscimento esteso dei segnali stradali e l’adattamento intelligente della velocità contribuiscono a rendere ogni spostamento più fluido e meno impegnativo. Il sistema Intelli-Vision a 360 gradi facilita le manovre nei contesti urbani più affollati, mentre la telecamera posteriore con pulizia automatica assicura una visibilità sempre chiara. La funzione In Crash Braking, che interviene dopo un urto per limitare conseguenze secondarie, rappresenta un’ulteriore conferma dell’approccio Opel alla sicurezza preventiva. A rendere il Grandland particolarmente avanzato sono i fari Intelli-Lux HD, dotati di oltre cinquantamila elementi LED, capaci di modellare il fascio luminoso in tempo reale, seguire le
curve, evitare l’abbagliamento degli altri utenti della strada e ottimizzare la visibilità in caso di pioggia o nebbia.
PIÙ RESPONSABILE
La gamma delle motorizzazioni rappresenta uno degli aspetti più significativi della nuova strategia Opel. Il Grandland è disponibile esclusivamente in versioni elettrificate, a conferma della direzione intrapresa dal costruttore verso una mobilità più responsabile e allineata agli obiettivi ambientali europei. La versione completamente elettrica offre batterie da 73 e 82 kWh, in grado di percorrere rispettivamente 523 e 582 chilometri secondo il ciclo WLTP. A queste si aggiungerà una batteria da 97 kWh che consentirà di avvicinarsi a un’autonomia di circa settecento chilometri, un
valore che finora apparteneva soprattutto a modelli di segmenti superiori. La ricarica rapida fino a 160 kW permette di riportare la batteria all’80% in meno di mezz’ora, un vantaggio evidente per chi deve compiere percorsi lunghi o imprevedibili. A fianco della versione completamente elettrica, il plug-in hybrid da 195 cavalli permette un utilizzo quotidiano completamente elettrico, grazie a un’autonomia fino a 87 chilometri, mantenendo però la flessibilità garantita dal motore termico. Per chi preferisce mantenere familiarità con le abitudini di guida tradizionali, il Grandland è disponibile anche in versione hybrid a 48 volt, una soluzione che riduce consumi ed emissioni senza richiedere alcuna infrastruttura di ricarica.
La sostenibilità del Grandland non si esaurisce nella scelta di proporre esclusivamente motorizzazioni elettrificate. Si tratta di un valore che attraversa l’intero progetto: dall’eliminazione delle cromature in favore di materiali più facilmente riciclabili, all’utilizzo di tessuti e rivestimenti interamente ottenuti da materiali riciclati, fino alla cura riposta nella longevità del veicolo. La piattaforma STLA Medium, con il suo pacco batterie piatto integrato nel pianale, migliora l’efficienza aerodinamica e la gestione termica, contribuendo a estendere la percorrenza e a ridurre gli sprechi energetici. Anche la frenata rigenerativa svolge un ruolo rilevante, permettendo di recuperare energia e migliorare ulteriormente l’autonomia. L'insieme di queste scelte racconta una sostenibilità pragmatica, che nasce dall’ingegneria e dalle soluzioni concrete più che dalle dichiarazioni.
UN TRIO DI SUV PER OGNI ESIGENZA: GRANDLAND, FRONTERA E MOKKA
Il nuovo Grandland non rappresenta solo il vertice dell’offerta Opel: è anche parte

di un’offensiva SUV che comprende i nuovi Frontera e Mokka, modelli che condividono l’approccio all’elettrificazione ma si rivolgono a esigenze diverse. Il risultato è una gamma che oggi può essere considerata la più giovane del mercato europeo, capace di offrire tre personalità ben distinte unite da una stessa filosofia. Il Frontera, completamente rinnovato, nasce come SUV pratico e familiare, con linee robuste, interni estremamente versatili e un equilibrio ideale per chi cerca spazio e funzionalità. Anche per questo modello Opel ha previsto varianti elettriche e Hybrid 48V: la versione Electric offre fino a 408 chilometri di autonomia nella configurazione Long Range, mentre la versione con batteria da 44 kWh permette spostamenti quotidiani a zero emissioni con grande efficienza. È una proposta destinata a diventare il cuore della gamma per chi vive l’auto con continuità, tra città e percorsi extraurbani. Il Mokka rappresenta invece l’anima più compatta e urbana dell’offerta Opel. L’ultima generazione del modello debutta con un’elettrica da 156 cavalli e
batteria da 54 kWh, capace di percorrere fino a 403 chilometri e di offrire un’esperienza di guida brillante grazie al baricentro basso e alla coppia immediata.
La sua dimensione compatta e il design distintivo lo rendono particolarmente interessante per chi si muove prevalentemente in città, senza rinunciare a un’autonomia più che adeguata anche per i weekend fuori porta.
La presenza congiunta di Grandland, Frontera e Mokka, tutti disponibili sia in versione elettrica sia con l’efficiente tecnologia Hybrid 48V, racconta un’idea di mobilità che non impone scelte ma le moltiplica, offrendo a ogni conducente la possibilità di trovare il modello più adatto al proprio stile di guida, alle proprie abitudini e alle proprie necessità.
In questo scenario, il nuovo Grandland rappresenta la punta di diamante, ma il valore della gamma sta nella sua capacità di coprire l’intero spettro di utilizzo: dal dinamismo urbano al comfort familiare, fino alla rappresentanza e ai viaggi a lunga percorrenza.

PMI tra innovazione e rischio: il nuovo ecosistema digitale europeo
La digitalizzazione procede oggi su più fronti: da un lato emergono segnali di crescita, con un numero sempre maggiore di imprese che adottano strumenti digitali di base e tecnologie avanzate; dall’altro si ampliano le superfici esposte ai rischi informatici, rendendo necessario un innalzamento complessivo dei livelli di sicurezza. Le nuove minacce cyber, unite alla crescente complessità dei sistemi informativi, hanno spinto l’Unione Europea a definire standard più rigorosi, come quelli previsti dalla direttiva NIS2, che introduce obblighi di prevenzione, gestione e segnalazione degli incidenti anche per realtà di medie dimensioni. Parallelamente, la trasformazione digitale è sostenuta da politiche
mirate a rafforzare l’innovazione delle imprese: dagli investimenti in cloud, intelligenza artificiale e data analytics alle misure nazionali dedicate alla modernizzazione dei processi produttivi, all’accompagnamento consulenziale e allo sviluppo di tecnologie immersive. A questi interventi si affiancano gli obiettivi fissati dal Decennio Digitale Europeo, che puntano ad accelerare l’adozione di soluzioni digitali lungo tutta la filiera produttiva ed a ridurre i divari ancora presenti nel tessuto economico italiano.
La combinazione tra progresso tecnologico, nuove normative sulla sicurezza e incentivi pubblici delinea quindi uno scenario in profonda evoluzione, in cui le imprese sono chiamate a innovare i propri modelli organizzativi, rafforzare le competenze interne e adottare una gestione strutturata del rischio
digitale per trasformare la transizione tecnologica in un vantaggio competitivo duraturo.
Lo stato della digitalizzazione delle PMI italiane
Negli ultimi anni la digitalizzazione è diventata una delle leve decisive per la competitività delle imprese europee, e l’Italia non fa eccezione. La trasformazione digitale non riguarda più soltanto le grandi aziende: sempre più PMI stanno adottando nuove tecnologie per ottimizzare processi, ridurre i costi e rispondere alle richieste di un mercato globale in continua evoluzione. La spinta arriva da diversi fattori: la necessità di ridurre inefficienze, la diffusione di servizi digitali lungo tutta la filiera, gli incentivi pubblici e, non da ultimo, i profondi cambiamenti introdotti dal lavoro ibrido. Secondo la Rela-

zione per Paese sul Decennio Digitale 2024, il 60,7% delle imprese italiane ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale, superando per la prima volta la media europea. Il dato conferma un cambio di passo, soprattutto dovuto alla crescente diffusione del cloud, oggi adottato dal 55% delle aziende italiane contro una media UE del 38,9%.
Questo strumento offre alle PMI una flessibilità prima impensabile, permettendo di accedere a risorse informatiche avanzate senza investimenti infrastrutturali onerosi. Nonostante questi progressi, permangono importanti aree di ritardo. Solo il 26,6% delle imprese utilizza strumenti di data analytics e appena il 5% adotta soluzioni di intelligenza artificiale, contro l’8% della media europea. È un divario che riflette non solo la mancanza di competenze ma anche una cer-
ta difficoltà culturale nell’integrare tecnologie che richiedono nuove logiche organizzative. Digitalizzare, infatti, non significa semplicemente introdurre software o sostituire processi cartacei: implica ripensare interi modelli operativi e sviluppare nuove competenze interne, soprattutto nei ruoli decisionali. Parallelamente, la crescita del digitale ha esposto le imprese a rischi completamente nuovi. L’Italia è tra i Paesi europei più colpiti da attacchi informatici, e l’esplosione del ransomware ha reso evidente quanto la transizione digitale vada accompagnata da misure adeguate di sicurezza. Secondo gli ultimi rapporti sulla cybersecurity, oltre il 40% delle PMI italiane ha subito almeno un incidente informatico negli ultimi dodici mesi, spesso con impatti significativi su continuità operativa, dati sensibili e reputazione.
Il quadro che emerge è duplice: da un lato le PMI stanno accelerando la trasformazione digitale, dall’altro aumentano le vulnerabilità derivanti da infrastrutture informatiche non adeguatamente protette. Ed è proprio questa combinazione, innovazione veloce e sicurezza insufficiente, a rendere oggi la cybersicurezza una priorità assoluta, tanto che l’Unione Europea ha introdotto programmi e normative specifiche per innalzare il livello di protezione delle aziende, a partire dalla direttiva NIS2.
I vantaggi del digitale per le imprese
La digitalizzazione sta diventando uno dei fattori più incisivi nel ridefinire il modo in cui le aziende operano, producono valore e si relazionano con il mercato. Non riguarda più soltanto l’introduzione di nuovi strumenti

tecnologici, ma un cambiamento più ampio che tocca la struttura stessa dell’impresa e i processi decisionali. Per questo motivo, gli effetti si avvertono in ogni area aziendale, dalla finanza alla logistica, dal marketing alla gestione commerciale, creando modelli produttivi più agili, interconnessi e capaci di rispondere rapidamente ai cambiamenti. Le tecnologie digitali oggi disponibili offrono alle imprese possibilità fino a pochi anni fa impensabili. L’intelligenza artificiale permette di automatizzare procedure ripetitive, analizzare grandi quantità di dati e costruire sistemi previsionali utili per anticipare bisogni o identificare inefficienze. La robotica consente di aumentare la precisione operativa e ridurre gli errori. Il cloud computing rende accessibili risorse informatiche evolute senza dover investire in infrastrutture costose, garantendo al contempo scalabilità e continuità operativa. La blockchain, grazie alle sue caratteristiche di trasparenza e immodificabilità, sta trovando applicazione crescente nella gestione delle transazioni e nel monitoraggio delle supply chain. La data analysis, infine, consente di trasformare le informazioni sparse nei vari reparti in una base solida per orientare le scelte strategiche di medio e lungo periodo.
L’adozione di queste tecnologie non riguarda solo i settori più avanzati, ma si sta diffondendo trasversalmente in tutta l’economia. Le imprese che hanno avviato un percorso strutturato di trasformazione digitale registrano in genere una maggiore capacità di adattarsi alle oscillazioni del mercato, di rispondere più velocemente alle richieste dei clienti e di ottimizzare i costi interni. In molti casi il passaggio al digitale diventa anche un fattore abilitante per nuove forme di collaborazione lungo la filiera, per l’ingresso in mercati internazionali e per la creazione di servizi aggiuntivi rispetto al proprio core business.
I vantaggi concreti si traducono soprattutto nella velocità con cui le attività possono essere svolte, nella semplificazione delle procedure e nella possibilità di ridurre tempi morti, errori e ridondanze operative. La digitalizzazione incide inoltre sulla sicurezza delle operazioni, migliorando la tracciabilità dei processi e la qualità dei dati utilizzati per le scelte aziendali. È un insieme di trasformazioni che rafforza la competitività delle imprese e le mette nelle condizioni di innovare in modo continuativo, un requisito diventato ormai essenziale per restare al passo con l’evoluzione del mercato e con le aspettative dei clienti.
Cyber risk e cybersecurity: una sfida cruciale per le PMI
La crescente diffusione di tecnologie digitali nelle imprese ha portato con sé un inevitabile rovescio della medaglia.
L’apertura dei sistemi alla rete, l’utilizzo di infrastrutture cloud e la gestione quotidiana di grandi volumi di dati hanno esposto le aziende a un insieme di rischi che fino a pochi
anni fa erano marginali o poco considerati. È in questo contesto che si è affermato il concetto di cyber risk, un rischio che oggi riguarda qualsiasi realtà produttiva, dalle grandi industrie alle PMI meno strutturate.
Per cyber risk si intende il rischio che le informazioni contenute nei sistemi informatici aziendali vengano violate, rubate, cancellate o danneggiate. Le cause possono essere accidentali, come malfunzionamenti o errori umani, oppure dolose, come nel caso degli attacchi hacker. Si tratta di una minaccia concreta e in forte crescita che può mettere in difficoltà anche le imprese più organizzate. Uno degli aspetti più critici è rappresentato dal tempo medio necessario per identificare una violazione, che nelle PMI risulta spesso elevato, con la conseguenza di amplificare l’impatto economico e operativo dell’incidente.
Nonostante l’aumento degli attacchi, molte aziende continuano a sottovalutare il rischio informatico. Questa percezione distorta porta spesso a investire meno del necessario in misure preventive, creando lacune che gli aggressori informatici possono sfruttare con facilità. Per questo motivo la prevenzione è considerata oggi la strategia più efficace. Intervenire dopo che un danno si è verificato significa dover affrontare costi elevati, tempi di fermo prolungati e, nei casi più gravi, conseguenze sulla reputazione dell’azienda. Per identificare le vulnerabilità presenti nei sistemi informatici, uno degli strumenti più diffusi è il cyber risk assessment. Si tratta di un’analisi approfondita che consente di individuare i punti deboli dell’infrastruttura tecnologica e di valutare i potenziali scenari di rischio. È un processo che aiuta le imprese a comprendere meglio la propria esposizione e a definire misure di protezione adeguate, soprattutto in un periodo in cui gli attacchi sono in costante aumento e, anche grazie a strumenti facilmente reperibili online, risultano sempre più alla portata di criminali non necessariamente esperti.
Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale ha assunto un ruolo crescente anche in questo ambito. I sistemi di AI applicati alla sicurezza informatica sono in grado di monitorare il traffico di rete in tempo reale, individuare comportamenti anomali, rilevare deviazioni rispetto ai pattern abituali e segnalare tempestivamente possibili minacce. Questo tipo di approccio permette di reagire con maggiore rapidità, riducendo sensibilmente il margine di esposizione. Accanto alle soluzioni tecnologiche, un ulteriore strumento di protezione è rappresentato dalle polizze di cyber risk, sempre più diffuse anche tra le PMI. Queste coperture assicurative tutelano l’impresa dai principali effetti di un attacco informatico, dalle spese per ripristinare i dati e i sistemi danneggiati ai costi di indagine necessari per ricostruire la dinamica dell’incidente. Alcune polizze coprono anche i danni materiali alle apparecchiature e le spese per garantire la

continuità operativa. È una forma di tutela che integra le misure di sicurezza e che risulta particolarmente utile in un contesto in cui il rischio di cybercrime è costante e difficilmente eliminabile del tutto. La cybersecurity deve quindi essere considerata come una componente strategica della trasformazione digitale. Proteggere dati, reti e sistemi non significa solo prevenire attacchi, ma assicurare la continuità delle attività aziendali e preservare la fiducia di clienti, partner e stakeholder. La sicurezza informatica comprende l’insieme di pratiche, processi e tecnologie finalizzate a garantire la confidenzialità, l’integrità e la disponibilità delle in-
formazioni, che rappresentano i tre pilastri fondamentali della sicurezza digitale. Firewall, reti private virtuali, sistemi di monitoraggio del traffico, piani di backup e soluzioni di disaster recovery sono elementi fondamentali di questo ecosistema, insieme alla formazione del personale, che rimane uno dei fattori più critici nella prevenzione degli incidenti. In questo scenario, la dimensione normativa riveste un ruolo sempre più centrale. L’Unione Europea, consapevole dell’urgenza di innalzare il livello di protezione del tessuto produttivo, ha rafforzato il proprio quadro regolatorio introducendo una serie di strumenti e obblighi che interes-
sano direttamente anche le PMI. Un passaggio decisivo è rappresentato dalla direttiva NIS2, che ridisegna il sistema europeo di cybersicurezza e impone nuovi standard minimi che imprese e organizzazioni saranno tenute a rispettare.
La direttiva NIS2 e il nuovo quadro europeo di sicurezza
La crescente esposizione delle imprese ai rischi informatici ha spinto l’Unione Europea a rafforzare significativamente il proprio sistema normativo in materia di cybersicurezza. Nel 2023 è entrata infatti in vigore la direttiva NIS2, che sostituisce e amplia la preceden-

te NIS1, segnando un passo decisivo verso un approccio più rigoroso e uniforme alla protezione delle infrastrutture digitali in tutta l’Unione. L’obiettivo della direttiva è chiaro: aumentare la resilienza dei servizi essenziali e delle infrastrutture critiche, estendendo gli obblighi di sicurezza a un numero più ampio di organizzazioni, comprese le medie e grandi imprese che svolgono attività considerate rilevanti per l’economia e la società.
La NIS2 introduce per la prima volta requisiti di sicurezza più stringenti e una definizione più ampia dei soggetti obbligati. Sono coinvolti settori come energia, trasporti,
servizi sanitari, infrastrutture di comunicazione elettronica, servizi finanziari e ICT, insieme a una vasta gamma di operatori che, pur non essendo tradizionalmente associati al concetto di infrastruttura critica, svolgono un ruolo essenziale nella continuità delle attività economiche. Questa estensione del perimetro normativo riflette la consapevolezza che, nel contesto digitale attuale, qualunque anello della catena del valore può rappresentare un punto di vulnerabilità. Uno degli elementi più rilevanti della direttiva riguarda l’obbligo di segnalare incidenti informatici significativi entro 24 ore. Questo vincolo temporale punta a ridurre i ritardi nella condivisione delle informazioni e a facilitare interventi tempestivi da parte delle autorità competenti, affinché sia possibile contenere gli impatti e impedire la propagazione delle minacce. La direttiva introduce anche una responsabilità più esplicita in capo al management aziendale, che deve garantire l’adozione di adeguate politiche di risk management e può essere chiamato a rispondere direttamente del mancato rispetto delle misure previste. Per adeguarsi alla NIS2, imprese e organizzazioni devono compiere un'analisi attenta delle proprie infrastrutture digitali, individuando le aree più esposte e definendo un piano di azioni correttive. Tra le misure richieste rientrano il rafforzamento della continuità operativa, l’adozione di sistemi di backup e ripristino in caso di disastro, il miglioramento dei processi di gestione degli incidenti, l’attenzione alla sicurezza della supply chain e la definizione di standard per l’acquisizione, lo sviluppo e la manutenzione di software e sistemi informatici. La direttiva sottolinea inoltre l’importanza della formazione del personale, riconoscendo che molte violazioni traggono origine da comportamenti inconsapevoli o da errori umani. La NIS2 non si limita ad elevare gli standard tecnici, ma introduce anche un quadro sanzionatorio più severo. La non conformità può comportare sanzioni economiche rilevanti che, in alcuni casi, risultano paragonabili a quelle previste dal GDPR. Un aspetto di particolare interesse riguarda l’invito, rivol-
to alle imprese, a dotarsi di coperture assicurative specifiche, come le polizze cyber, ritenute uno strumento utile per mitigare l’impatto finanziario di eventuali incidenti. Sebbene non sia imposto l’obbligo di assicurarsi, la direttiva segnala chiaramente la necessità di strumenti di protezione finanziaria adeguati. Il processo di recepimento della direttiva da parte degli Stati membri rende la cybersicurezza una questione di governance, che riguarda non solo i reparti IT, ma l’intera struttura organizzativa. Le imprese sono chiamate a integrare la gestione del rischio digitale nelle strategie aziendali, adottando procedure e strumenti in grado di garantire standard omogenei e conformi lungo tutta la catena di produzione e di servizio. L’obiettivo è realizzare un ecosistema europeo più sicuro, in cui le minacce informatiche possano essere anticipate e gestite in modo coordinato, grazie a una collaborazione continua tra istituzioni, imprese e organismi regolatori. La crescente attenzione verso questi temi si riflette anche nel dialogo attivato tra il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il mondo accademico e il settore privato. La partecipazione del Mimit al Forum Cyber 4.0 Competenze per l’Innovazione, organizzato dall’Università Roma Tre, testimonia l’impegno del sistema Italia nel promuovere competenze, consapevolezza e collaborazione tra tutti gli attori coinvolti. Durante l’evento sono emerse riflessioni importanti riguardo alla resilienza delle PMI, all’applicazione concreta della Strategia Nazionale di Cybersicurezza e alle prospettive aperte dal Cyber Resilience Act e dal progetto SECURE. È un segnale che conferma come la cybersicurezza non sia più un tema tecnico riservato agli specialisti, ma un pilastro fondamentale delle strategie di sviluppo e innovazione del Paese.
Il decennio digitale europeo e gli obiettivi al 2030
Il percorso di trasformazione digitale delle imprese europee si colloca all’interno di un quadro strategico più ampio definito dalla Commissione Europea con il programma “De-

cennio Digitale 2030”. Si tratta di una visione che mira a consolidare la competitività dell’Unione e a garantire che le imprese, in particolare le PMI, possano affrontare le sfide dei prossimi anni facendo pieno uso delle tecnologie emergenti. Il programma non si limita a fissare obiettivi generali, ma identifica parametri concreti che gli Stati membri sono chiamati a raggiungere attraverso politiche coordinate e investimenti mirati. La Commissione ha individuato due traguardi principali che riguardano direttamente il mondo produttivo. Il primo prevede che almeno il 90 per cento delle aziende europee raggiunga un livello di digitalizzazione di base, misurato attraverso l’indice di digital intensity elaborato da Eurostat. Questo indicatore valuta la presenza di strumenti e processi digitali essenziali, come l’utilizzo di software gestionali, l’adozione del cloud, la presenza di una connessione a banda larga e l’impiego di si-
stemi che favoriscono la gestione e l’analisi dei dati. Il secondo obiettivo, più ambizioso, punta a far sì che entro il 2030 almeno il 75% delle imprese utilizzi tecnologie avanzate come il cloud computing, l’analisi dei dati e l’intelligenza artificiale, considerate fondamentali per rafforzare la produttività e stimolare l’innovazione.
Tra le tecnologie ritenute essenziali per sostenere la competitività europea, il cloud computing occupa un ruolo centrale. Il cloud offre flessibilità, scalabilità e un accesso più economico a risorse informatiche avanzate, riducendo la necessità di infrastrutture interne e facilitando la gestione dei dati. La sua importanza deriva non solo dalla capacità di supportare applicazioni complesse, ma anche dal fatto che costituisce la base per l’implementazione di sistemi di intelligenza artificiale e strumenti di analisi predittiva. Grazie al cloud le imprese possono adottare soluzio-
ni sempre aggiornate, migliorare la sicurezza dei dati e ottimizzare i costi operativi.
Un altro pilastro del modello europeo è rappresentato dalla data analysis, che consente di raccogliere informazioni lungo l’intera catena del valore e di trasformarle in elementi utili per le decisioni strategiche. L’analisi dei dati permette di individuare pattern ricorrenti, anticipare tendenze di mercato, ottimizzare i processi interni e personalizzare l’offerta di prodotti e servizi. L’utilizzo di sistemi analitici evoluti diventa quindi un fattore decisivo per aumentare il vantaggio competitivo, soprattutto in un contesto in cui la velocità delle decisioni e la capacità di reagire ai cambiamenti rappresentano elementi fondamentali per la sopravvivenza dell’impresa. A sua volta, l’intelligenza artificiale sta aprendo nuove opportunità operative in un’ampia gamma di settori. Nel customer care consente di ridurre i tempi di risposta e

di migliorare la qualità del servizio attraverso assistenti virtuali e strumenti di automazione intelligente.
Nell’ambito dei processi produttivi, l’intelligenza artificiale facilita l’identificazione delle inefficienze, la previsione dei guasti, l’ottimizzazione delle linee di produzione e la gestione dei magazzini. Nel settore finanziario è diventata uno strumento essenziale per migliorare la protezione dalle frodi e supportare le analisi di rischio. La sua applicazione continua a espandersi anche grazie alla crescente disponibilità di dati e all’abbassamento delle barriere tecnologiche. Attraverso l’integrazione di cloud, data analysis e intelligenza artificiale, le imprese europee non solo possono avvicinarsi agli obiettivi del 2030, ma possono anche rafforzare la propria capacità di competere su scala globale. La trasformazione digitale, infatti, non è più un elemento accessorio, ma un prerequisito per
posizionarsi in uno scenario economico che evolve rapidamente e che richiede un livello sempre più elevato di innovazione, flessibilità e adattabilità. Il decennio digitale, quindi, non rappresenta soltanto un insieme di obiettivi istituzionali, ma una vera e propria roadmap che invita le imprese a investire, sperimentare e ripensare i propri modelli di business. Per le PMI italiane, che costituiscono la struttura portante dell’economia nazionale, questo percorso rappresenta un’opportunità senza precedenti per colmare i divari ancora esistenti, consolidare la propria competitività e cogliere appieno i vantaggi derivanti dalla trasformazione tecnologica.
Le misure a sostegno della trasformazione digitale
Negli ultimi anni la digitalizzazione delle imprese italiane è stata sostenuta da un insieme sempre più ampio di misure, pensate
per facilitare l’adozione di tecnologie avanzate e accompagnare le Pmi nei percorsi di trasformazione organizzativa. Il Dipartimento per la Trasformazione Digitale ha contribuito in modo significativo a questo processo attraverso il Fondo per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione, che per il 2025 ha previsto uno stanziamento di oltre 41 milioni di euro. Le risorse sono destinate a iniziative che promuovono progetti e servizi legati all’innovazione, favorendo la diffusione di competenze digitali e sostenendo la transizione del sistema produttivo verso nuovi modelli tecnologici. Il Fondo si inserisce nel più ampio quadro dell’Agenda Digitale Italiana ed Europea e punta a rafforzare la capacità di innovazione del Paese, con un’attenzione specifica alla trasformazione delle imprese e della Pubblica Amministrazione. A supporto diretto delle aziende, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha introdot-
to negli anni lo strumento noto come Voucher per consulenza in innovazione, una misura che offre alle imprese la possibilità di avvalersi di un Innovation Manager per riprogettare la propria organizzazione interna, razionalizzare i processi, introdurre nuove tecnologie e sviluppare strategie di trasformazione digitale. Per rendere più efficace l'intervento, il Ministero ha istituito un Albo nazionale degli Innovation Manager a cui le Pmi possono accedere per selezionare il professionista più adatto alle proprie esigenze. L’introduzione di questa figura si è dimostrata strategica soprattutto per le imprese che non dispongono di competenze interne adeguate o che devono affrontare percorsi di cambiamento particolarmente complessi. Accanto agli strumenti dedicati alla consulenza e all’accompagnamento, il Mimit ha definito nel 2024 la Strategia Italiana per le Realtà Virtuali e Aumentate, un intervento che punta a promuovere la diffusione e l'integrazione di tecnologie immersive sia nei settori produttivi sia nei servizi pubblici. La strategia riconosce la realtà virtuale e aumentata come leve essenziali per la competitività del sistema economico nazionale, favorendo l’evoluzione dei processi produttivi verso modelli più interattivi, flessibili e basati su simulazioni avanzate. Le applicazioni di queste tecnologie sono già evidenti in ambiti come il manifatturiero, la sanità, l’istruzione, la cultura e le infrastrutture. Per garantirne uno sviluppo omogeneo, il piano prevede interventi per potenziare le infrastrutture digitali, rafforzare la formazione specialistica, sostenere la ricerca e il trasferimento tecnologico e definire un quadro normativo capace di tutelare sicurezza e interoperabilità. La Pubblica Amministrazione gioca un ruolo cruciale in questo processo, poiché deve favorire l’adozione delle tecnologie emergenti attraverso politiche di incentivazione e la definizione di standard di riferimento. Oltre agli interventi
di carattere strategico, il Governo ha introdotto misure specifiche per sostenere gli investimenti materiali e immateriali legati alla trasformazione digitale. Nel gennaio 2025 il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha adottato il decreto Investimenti sostenibili 4.0, destinato alle Pmi delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. L’obiettivo della misura è promuovere progetti di sviluppo basati sull’innovazione tecnologica, sulla sostenibilità ambientale e sull’impiego di tecnologie abilitanti come intelligenza artificiale, Internet of Things, blockchain, cloud, cybersecurity e analisi dei dati. Le agevolazioni possono coprire fino al 75 per cento delle spese ammissibili, attraverso contributi in conto impianti e finanziamenti agevolati, senza distinzione tra micro, piccole o medie imprese. La misura si pone quindi come strumento competitivo per accelerare la modernizzazione del tessuto produttivo del Mezzogiorno, sostenendo processi di transizione digitale e ambientale oggi indispensabili per rafforzare la competitività del territorio. Un ulteriore tassello del sistema di incentivi riguarda il credito di imposta per gli investimenti in beni strumentali materiali 4.0, misura centrale del quadro Transizione 4.0. Nel luglio 2025 il Ministero ha comunicato la disponibilità di oltre 686 milioni di euro ancora utilizzabili per gli investimenti effettuati nell’anno. L’accesso al beneficio avviene esclusivamente tramite la piattaforma del Gestore dei Servizi Energetici, che rende disponibili i modelli per l’invio delle comunicazioni preventive e di completamento. Per le imprese che avevano già trasmesso una comunicazione con il modello previsto dal precedente decreto del 24 aprile 2024, è stato introdotto un meccanismo di adeguamento che consente di mantenere l’ordine cronologico della prenotazione delle risorse a condizione di aggiornare la pratica entro 30 giorni dal 17 giugno 2025.
In caso contrario, l’impresa deve ripresentare la domanda secondo le nuove disposizioni, perdendo la priorità acquisita. Questo sistema punta a garantire trasparenza, tracciabilità e un utilizzo ordinato delle risorse pubbliche, evitando sovrapposizioni e ottimizzando i tempi di erogazione. Nel complesso, il mosaico di misure nazionali a favore della digitalizzazione dimostra come il Paese abbia ormai imboccato un percorso strutturale di innovazione. Gli incentivi, le strategie settoriali e gli strumenti di accompagnamento sono concepiti per sostenere tanto la crescita tecnologica quanto il potenziamento delle competenze interne alle imprese, ponendo le Pmi nelle condizioni di cogliere le opportunità offerte dalle trasformazioni in atto. Le politiche pubbliche stanno dunque assumendo una funzione sempre più coordinata e sinergica, con l’obiettivo di garantire continuità agli investimenti, sostenere i territori e consolidare il ruolo dell’Italia nel panorama europeo della digitalizzazione. La trasformazione digitale è ormai un fattore imprescindibile per la competitività delle imprese italiane. Le tecnologie avanzate, dall’intelligenza artificiale al cloud, stanno ridisegnando processi e modelli di business, offrendo nuove opportunità di crescita ma anche maggiori esposizioni ai rischi informatici. Per questo la cybersecurity è diventata una componente strategica, indispensabile per proteggere dati e continuità operativa. Le politiche europee e nazionali, dalle direttive sulla sicurezza ai programmi a sostegno dell’innovazione, forniscono oggi un quadro di incentivi che aiuta le Pmi a colmare i divari digitali e a investire in tecnologie e competenze. Le imprese che sapranno integrare innovazione, sicurezza e cultura del cambiamento saranno quelle meglio attrezzate ad affrontare le sfide dei prossimi anni, trasformando la digitalizzazione in un vero vantaggio competitivo.




approva nuovo Codi C e degli in C entivi
Il mondo delle piccole e medie imprese italiane sta per affrontare una vera e propria rivoluzione: il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato dal senatore Adolfo Urso, ha approvato il decreto legislativo che istituisce il nuovo “Codice degli incentivi”. La normativa, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2026, rappresenta la prima riforma organica dell’intero sistema degli incentivi, con l’obiettivo di semplificare, rendere più trasparente e digitale l’accesso ai sostegni pubblici. Per le PMI, spesso penalizzate dalla complessità burocratica e dai lunghi tempi di attesa, questa riforma può segnare un cambio di passo decisivo. Fino a oggi, infatti, l’accesso agli incentivi era regolato da una stratificazione di leggi, regolamenti e procedure diverse per ogni tipologia di sostegno. Il risultato era un quadro frammentato, difficile da navigare, con il rischio di perdere opportunità o di incorrere in errori procedurali. Il Codice degli incentivi punta a superare questa confusione, offrendo un quadro chiaro e coerente, valido per tutte le misure di sostegno. Come ha dichiarato il ministro Urso: “Con questo provvedimento mettiamo ordine a un sistema frammentato, costruendo una disciplina chiara e uniforme per tutti gli incentivi. Una riforma strutturale, attesa da tempo e sostenuta anche dalla Commissione europea nell’ambito del PNRR, che mira a rafforzare un rapporto diretto, trasparente ed efficiente tra Stato e imprese”.
I tre pilastri della riforma
Il decreto si fonda su tre principi chiave: digitalizzazione, semplificazione e trasparenza.
Digitalizzazione: tutte le fasi del procedimento, dalla domanda all’erogazione del sostegno, saranno gestibili attraverso strumenti digitali centralizzati. La piattaforma Incentivi.gov.it e il Registro nazionale degli aiuti di Stato diventeranno il cuore del nuovo “Sistema incentivi Italia”, consentendo alle PMI di monitorare in tempo reale lo stato delle proprie richieste e di consultare tutte le informazioni disponibili.
Semplificazione: con l’introduzione del bando-tipo, il governo stabilisce criteri e contenuti uniformi per tutti i principali incentivi. Questo ridurrà drasticamente i tempi di apprendimento delle procedure e permetterà alle imprese di presentare progetti conformi sin dal primo invio.
Trasparenza: la riforma prevede obblighi chiari di pubblicità e rendicontazione dei risultati, oltre a istituire il Tavolo permanente degli incentivi, una sede stabile di coordinamento tra Stato e Regioni che garantirà coerenza, tempestività e monitoraggio costante delle risorse.
Come le PMI possono prepararsi
Per le piccole e medie imprese, l’entrata in vigore del Codice rappresenta un’opportunità, ma anche una sfida. Ecco alcune azioni concrete da intraprendere già oggi:
• Mappare i propri progetti di crescita e innovazione: individuare quali investimenti potrebbero beneficiare di incentivi pubblici, in termini di ricerca e sviluppo, digitalizzazione, sostenibilità ambientale o internazionalizzazione.

• Digitalizzare i processi aziendali: avere documenti contabili e amministrativi pronti in formato digitale faciliterà l’accesso agli strumenti del nuovo sistema.
• Formarsi sulle novità normative: conoscere le regole del Codice e i criteri dei bandi-tipo permetterà di ridurre errori e ritardi nella presentazione delle domande.
• Stabilire un contatto diretto con il Tavolo permanente degli incentivi o con gli uffici regionali competenti: questo consentirà di anticipare eventuali aggiornamenti e chiarire dubbi procedurali.
Impatti attesi sul tessuto produttivo
Secondo gli esperti, la riforma potrà accelerare l’erogazione dei finanziamenti, ridurre la burocrazia e rendere più prevedibile il rapporto tra imprese e Stato. Questo significa che le PMI potranno pianificare investimenti con maggiore sicurezza, riducendo il rischio di ritardi o di esclusione dai bandi. Inoltre, un sistema unificato e digitalizzato favorirà anche la valutazione dei risultati: i dati raccolti permetteranno di monitorare l’efficacia degli incentivi e di correggere eventuali criticità, aumentando l’efficienza complessiva dei fondi pubblici.
Il ruolo delle Regioni e della collaborazione istituzionale
Il Codice degli incentivi non è solo uno strumento nazionale: rappresenta anche una nuova modalità di collaborazione tra Stato e Regioni. Il Tavolo permanente degli incentivi fungerà da piattaforma di coordinamento, garantendo uniformità di applicazione e favorendo lo scambio di buone pratiche. Questa sinergia sarà fondamentale soprattutto per le PMI che operano in contesti territoriali diversi, dove le normative locali potevano finora creare disparità di accesso ai sostegni. Grazie al Tavolo, le procedure diventeranno più omogenee e le informazioni più accessibili a tutte le imprese, indipendentemente dalla loro sede.
Uno sguardo al futuro
L’entrata in vigore del Codice degli incentivi rappresenta una tappa fondamentale per modernizzare il sistema di sostegno alle imprese italiane, rendendolo più competitivo e in linea con gli standard europei. Per le PMI, che costituiscono oltre il 90% del tessuto produttivo nazionale, si aprono nuove opportunità di crescita, innovazione e internazionalizzazione.
Prepararsi fin da subito, comprendere le nuove regole e sfruttare gli strumenti digitali disponibili sarà determinante per cogliere al meglio le opportunità offerte dalla riforma. Il Codice degli incentivi non è solo un cambiamento normativo: è un’occasione concreta per rafforzare la competitività delle PMI italiane e supportarle nella loro sfida quotidiana di innovare e crescere in un mercato sempre più complesso e globale.
i mprese Benefit
Nel panorama economico contemporaneo, sempre più caratterizzato da sfide ambientali, sociali e

di governance, le Società Benefit rappresentano una delle innovazioni più significative nel mondo dell’imprenditoria italiana. Si tratta di un modello d’impresa che supera la tradizionale dicotomia tra profitto e responsabilità sociale, abbracciando una visione più ampia e sostenibile del “fare impresa”.
Queste società, infatti, non si limitano a perseguire il profitto economico, ma integrano nel proprio statuto una o più finalità di beneficio comune, impegnandosi a generare valore non solo per gli azionisti, ma per l’intera collettività: persone, comunità locali, territori, ambiente, beni culturali e sociali. Introdotte nell’ordinamento giuridico italiano con la Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016), le Società Benefit incarnano la naturale evoluzione dell’impresa moderna verso un modello più etico, trasparente e responsabile. Un modello riconosciuto e valorizzato anche dallo Stato, che ne sostiene la diffusione come strumento di crescita sostenibile e competitività a lungo termine.
La distinzione tra una società tradizionale e una Società Benefit si fonda su tre elementi cardine: doppio scopo, governance responsabile e misurazione dell’impatto. A differenza delle società convenzionali, orientate esclusivamente al profitto, le Società Benefit perseguono una duplice finalità, economica e di beneficio comune. Nel proprio statuto devono indicare in modo chiaro e specifico quali obiettivi sociali e ambientali intendono raggiungere. Ciò comporta che ogni decisione aziendale debba bilanciare gli interessi economici con quelli legati all’impatto positivo generato sulla collettività.
Questo approccio impone un nuovo paradigma di governance, in cui il valore non si misura più solo in termini di bilancio economico, ma anche di benessere sociale e ambientale prodotto. In altre parole, la performance di una Società Benefit si valuta tanto sul piano del profitto quanto su quello dell’impatto.
Elemento distintivo e imprescindibile è la nomina di uno o più amministratori responsabili dell’impatto. Queste figure hanno il compito di assicurare che l’impresa rispetti i principi di responsabilità e trasparenza, garantendo il corretto bilanciamento tra gli interessi di tutti gli stakeholder. La governance delle Società Benefit è pensata per conciliare efficienza e valori, coinvolgendo attivamente dipendenti, clienti, fornitori, comunità locali e investitori nelle decisioni strategiche.
Ogni Società Benefit è inoltre obbligata a redigere un report annuale di impatto, utilizzando standard internazionali di valutazione come il B Impact Assessment o altri indicatori ESG. Questo documento, pubblicato e accessibile, ha una duplice funzione: rendicontare i risultati raggiunti in termini di beneficio comune e garantire la massima trasparenza nei confronti del pubblico e degli investitori. Il report rappresenta, di fatto, uno strumento di comunicazione e di credibilità, poiché consente a clienti, partner e stakeholder di valutare in modo oggettivo la coerenza tra impegni dichiarati e risultati concreti. Per le piccole e medie imprese italiane, la trasformazione in Società Benefit può costituire un importante vantaggio competitivo in un mercato sempre più sensibile ai temi della sostenibilità. Le nuove generazioni di lavoratori – in particolare i Millennials e la Generazione Z – privilegiano realtà aziendali che esprimono un purpose

autentico, ovvero uno scopo che vada oltre il profitto. Questo rende le Società Benefit più attrattive nel mercato del lavoro, favorendo la retention dei talenti e la costruzione di un ambiente lavorativo motivante e inclusivo. Allo stesso modo, i consumatori mostrano una crescente attenzione verso brand responsabili e trasparenti. Una PMI che comunica il proprio impegno nel generare valore sociale ed ambientale conquista fiducia e fedeltà, due leve strategiche di marketing nel lungo periodo. Essere una Società Benefit consente inoltre di accedere a mercati emergenti legati alla green economy, alla transizione energetica e all’innovazione sostenibile. Il riconoscimento giuridico di questo status aumenta anche la credibilità presso gli investitori ESG, interessati a sostenere imprese con impatti misurabili e positivi sul territorio.
Il titolo di Società Benefit funge da marchio di qualità etica, una certificazione riconosciuta sia in Italia che a livello internazionale. Le imprese benefit dimostrano una maggiore resilienza nei momenti di crisi grazie a una visione strategica di lungo periodo, fondata su relazioni solide con i propri stakeholder e su un modello di business che integra sostenibilità e innovazione.
Uno dei punti di forza delle Società Benefit è la loro trasversalità: il modello si adatta a qualsiasi comparto produttivo, dal digitale all’agroalimentare, dalla manifattura ai servizi. Nel settore tecnologico, ad esempio, molte Società Benefit sviluppano piattaforme digitali orientate all’inclusione, alla riduzione degli sprechi o alla sostenibilità ambientale. Nel campo della manifattura sostenibile emergono realtà che adottano modelli di economia circolare, privilegiano materie prime rigenerate e riducono l’impatto energetico dei processi produttivi. Nei servizi alla persona, le imprese benefit promuovono progetti di welfare aziendale, formazione, turismo responsabile e assistenza sociale, contribuendo in modo diretto al benessere collettivo. Anche il settore agricolo e alimentare trova nel modello Benefit un potente strumento per valorizzare pratiche biologiche, filiere corte e sicurezza alimentare, ridisegnando il rapporto tra produzione e territorio.
Trasformarsi in Società Benefit non è un semplice adempimento burocratico, ma un vero percorso di evoluzione strategica e culturale. L’impresa deve anzitutto analizzare i propri valori, missione e obiettivi per individuare le finalità di beneficio comune più coerenti con la propria identità. In questa fase è utile coinvolgere consulenti esperti di sostenibilità e diritto societario. Successivamente si procede con la modifica dello statuto, inserendo le specifiche finalità di beneficio comune, definendo i meccanismi di governance responsabile e scegliendo gli standard di misurazione dell’impatto.
La trasformazione viene poi formalizzata con un atto notarile e con la registrazione della nuova dicitura “Società Benefit”, che diventa parte integrante della denominazione legale. Una volta completata la procedura, l’impresa deve nominare il responsabile dell’impatto, avviare i processi di monitoraggio e redigere il primo report annuale di impatto, strumento che rappresenta la testimonianza concreta dell’impegno assunto e un potente mezzo di comunicazione verso il mercato.
Le Società Benefit rappresentano una rivoluzione culturale e imprenditoriale che segna il passaggio da

un’economia orientata esclusivamente al profitto a un’economia della responsabilità e del valore condiviso. Per le PMI italiane, spesso profondamente radicate nei territori e nelle comunità, questo modello offre una straordinaria opportunità per differenziarsi, crescere in modo sostenibile e costruire fiducia. Diventare Società Benefit non è solo una scelta etica, ma anche una strategia competitiva intelligente, capace di generare vantaggi duraturi e di contribuire a un futuro economico più equo, inclusivo e sostenibile per tutti.
La Benefit Competition rappresenta un'iniziativa pionieristica nel panorama italiano, essendo la prima competizione nazionale specificamente dedicata alle Società Benefit del nostro Paese. Promossa dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, questa iniziativa nasce dalla volontà di dare visibilità e riconoscimento alle migliori esperienze imprenditoriali che hanno abbracciato il modello delle società benefit, dimostrando come sia possibile coniugare successo economico e impatto sociale positivo.
L'iniziativa si sviluppa attraverso un percorso strutturato che coinvolge tutto il territorio nazionale, con cinque tappe territoriali distribuite strategicamente per garantire una rappresentanza geografica equilibrata. Questo approccio territoriale permette di valorizzare le specificità locali e di dare visibilità alle eccellenze che caratterizzano ogni area geografica del Paese. Il percorso culmina con un evento finale di carattere istituzionale, momento di sintesi e celebrazione delle migliori esperienze emerse durante l'intero processo.
gli obiettivi e la vision della Competition
La Benefit Competition è stata concepita con obiettivi ambiziosi che vanno oltre la semplice competizione tra imprese. L'iniziativa mira innanzitutto a selezionare le migliori idee progettuali provenienti dal territorio, focalizzandosi su temi definiti in collaborazione con gli stakeholder istituzionali e quindi perfettamente allineati con le priorità del Paese in materia di sviluppo sostenibile.
Un secondo obiettivo fondamentale riguarda la costruzione di un patrimonio condiviso di informazioni sulla diffusione e conoscenza del modello Benefit. Attraverso la raccolta e l'analisi delle esperienze partecipanti, la Competition contribuisce a creare una base di conoscenza che potrà essere utilizzata per orientare future politiche e iniziative di supporto al settore.
L'organizzazione di momenti di approfondimento dedicati alle imprese su specifiche tematiche di attuazione del modello Benefit rappresenta un ulteriore valore aggiunto dell'iniziativa. Questi spazi formativi permettono alle aziende partecipanti di confrontarsi con esperti e di approfondire aspetti tecnici e operativi della gestione di una Società Benefit.
Infine, la Competition si propone di diffondere attraverso lo storytelling i risultati concreti del modello Benefit, dimostrando che si tratta di una scelta imprenditoriale non solo eticamente corretta, ma anche economicamente vantaggiosa. Questo aspetto comunicativo è fondamentale per ispirare altre imprese a intraprendere percorsi simili. Possono partecipare alla Competition non solo le Società Benefit già costituite, ma anche imprese

interessate ad adottare questo modello, realtà imprenditoriali con progetti innovativi ad alto impatto positivo e aziende che, pur non avendo ancora formalizzato la trasformazione, incarnano già nei fatti i valori e i principi dell'impresa responsabile e sostenibile.
l'articolazione territoriale e l'evento finale
Le cinque tappe territoriali sono pensate per raggiungere diverse aree geografiche del Paese, permettendo l'emersione di eccellenze che riflettono le caratteristiche economiche e sociali del territorio italiano.
Ogni tappa territoriale segue un formato consolidato che inizia con il lancio di una call di selezione rivolta alle imprese. Questa fase di candidatura è seguita da un processo di selezione che identifica i 10 progetti più innovativi e con il maggiore potenziale di impatto positivo. I progetti selezionati vengono poi presentati durante un evento in presenza, momento conclusivo della tappa territoriale.
L'evento in presenza prevede una sessione di pitch pubblici da parte delle imprese selezionate, durante i quali gli imprenditori hanno l'opportunità di presentare i propri progetti a una platea qualificata composta da esperti del settore, rappresentanti istituzionali e stakeholder locali. Ogni presentazione viene valutata da una giuria qualificata che seleziona le tre migliori progettualità per territorio, garantendo così un riconoscimento tangibile dell'eccellenza dimostrata.
Al termine delle cinque tappe territoriali, le quindici imprese finaliste (tre per ogni tappa) accedono all'evento finale nazionale. Questo momento rappresenta la conclusione dell'intera iniziativa istituzionale, finalizzato non solo a valorizzare il percorso svolto dalle imprese finaliste, ma anche a rafforzare la rete tra le imprese benefit emergenti a livello nazionale. L'evento finale costituisce quindi un'importante opportunità di networking e di consolidamento del movimento delle Società Benefit italiane.
i parametri di eccellenza
La valutazione si basa su criteri specifici che permettono di identificare le realtà più meritevoli. Il primo riguarda la coerenza con il modello Benefit: la giuria valuta quanto l'iniziativa sia effettivamente aderente ai principi delle Società Benefit e dimostri un autentico impegno nel perseguimento di finalità di beneficio comune.
L'impatto sul territorio rappresenta un secondo criterio fondamentale, attraverso il quale viene valutata la capacità di generare benefici concreti e misurabili per la comunità locale. Questo aspetto è particolarmente importante perché riflette la dimensione sociale e territoriale dell'impresa, elementi distintivi del modello Società Benefit. La valutazione considera inoltre le potenzialità di sviluppo, analizzando sia la scalabilità dell'iniziativa sia la sua sostenibilità nel lungo termine. Questo criterio permette di identificare proposte che non solo generano impatto nel presente, ma hanno anche il potenziale per crescere e amplificare i propri benefici nel futuro.
L'innovazione costituisce un ulteriore parametro di valutazione, premiando l'originalità delle soluzioni proposte e

la capacità di affrontare sfide sociali e ambientali con approcci creativi e inediti. Questo criterio è fondamentale per stimolare la nascita di soluzioni innovative ai problemi contemporanei. Infine, viene valutata la capacità delle imprese di documentare attraverso risultati misurabili l'impatto sociale e ambientale generato. Questo aspetto riflette l'importanza della trasparenza e della rendicontazione nell'ambito delle Società Benefit, elementi essenziali per la credibilità e l'efficacia del modello.
le opportunità concrete della partecipazione
La partecipazione alla Benefit Competition offre alle imprese una serie di vantaggi tangibili che vanno ben oltre il riconoscimento competitivo. Dal punto di vista della visibilità e del networking, le aziende partecipanti hanno l'opportunità di presentare i propri progetti a platee qualificate composte da esperti del settore, potenziali partner, investitori e rappresentanti istituzionali. Questo contesto favorisce la creazione di connessioni preziose e apre le porte a possibili collaborazioni future.
Le opportunità di confronto con altre realtà imprenditoriali innovative rappresentano un valore aggiunto significativo, permettendo lo scambio di esperienze, best practice e soluzioni creative. Questo confronto tra pari è particolarmente prezioso in un settore relativamente giovane come quello delle Società Benefit, dove condividere esperienze può accelerare la crescita e il miglioramento.
Sul fronte della comunicazione e promozione, la Competition offre una piattaforma privilegiata per la valorizzazione dei progetti partecipanti. Le imprese selezionate beneficiano di attività di comunicazione attraverso i canali istituzionali del Ministero, vengono inserite nelle campagne di promozione del modello Società Benefit e possono beneficiare di storytelling dedicati per le realtà più meritevoli. Questa amplificazione del messaggio aziendale ha un valore commerciale e reputazionale significativo.
Il riconoscimento istituzionale rappresenta forse l'aspetto più prestigioso della partecipazione perché spendibile, tra gli altri, come elemento di differenziazione competitiva. Le imprese ricevono, inoltre, un'attestazione di partecipazione rilasciata direttamente dal MIMIT, che costituisce un riconoscimento pubblico dell'impegno nella sostenibilità.
il processo di candidatura step by step
La partecipazione alla Benefit Competition richiede il rispetto di una procedura strutturata che garantisce equità e trasparenza nella selezione. Il primo passo consiste nella verifica dei requisiti di partecipazione. Possono partecipare alla Competition:
• Startup, microimprese e piccole e medie imprese (PMI) già costituite in forma di Società Benefit con sede legale in Italia;
• Imprese e aspiranti imprenditori (persone fisiche o team di persone) che intendano adottare tale forma giuridica e che abbiano sede legale in Italia.
La fase di candidatura vera e propria prevede la compilazione di un modulo di iscrizione online, la redazione

di una descrizione dettagliata del progetto e dell'impatto sociale generato o previsto, e il caricamento di tutta la documentazione richiesta. È importante dedicare particolare attenzione alla qualità di questa documentazione, poiché costituisce la base per la prima selezione.
Il processo di partecipazione alla Competition si articola in diverse fasi: inizialmente viene effettuata da un Comitato di Valutazione una preselezione di tutte le candidature pervenute, seguita dalla compilazione di una shortlist delle imprese ammesse alla fase finale territoriale.
Come previsto dall’articolo 5 del Regolamento, le dieci imprese selezionate saranno informate tramite comunicazione ufficiale inviata via e-mail contenente le indicazioni operative per la partecipazione alla relativa tappa territoriale. L’elenco delle dieci imprese selezionate verrà pubblicato nella sezione dedicata alle tappe della Benefit competition
Le dieci imprese selezionate per la fase finale partecipano all'evento territoriale dove effettuano un pitch di presentazione del proprio progetto della durata di dieci minuti, seguito da una sessione di domande e risposte con la giuria locale. L'evento include anche momenti di networking informale con gli altri partecipanti e con i membri della giuria, occasioni preziose per approfondire contatti e relazioni.
e xpo 2025 o saka: al m imit C erimonia C on C lusiva semestre espositivo
Si è svolto ieri a Palazzo Piacentini l’evento conclusivo dedicato alla partecipazione italiana a Expo 2025 Osaka, organizzato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy in collaborazione con il Commissariato Generale per la Partecipazione Italiana. L’appuntamento ha rappresentato il momento finale di un semestre di intensa attività istituzionale, economica e diplomatica, che ha visto l’Italia distinguersi come Paese promotore di innovazione, sostenibilità e cooperazione internazionale.
La cerimonia si è aperta con i saluti del ministro delle Imprese e del Made in Italy, sen. Adolfo Urso, e ha visto la partecipazione dell’Ambasciatore Mario Vattani, Commissario Generale per la Partecipazione Italiana a Expo 2025 Osaka, dei rappresentanti dell’Ambasciata del Giappone in Italia, dei Governatori delle Regioni Basilicata, Liguria e Molise, del Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, del Presidente del Consiglio Regionale del Lazio e dell’Assessore alla Cultura della Regione Lombardia Francesca Caruso.
“Expo Osaka non rappresenta la conclusione di un percorso, ma l’inizio di una nuova stagione di collaborazione tra Italia e Giappone, fondata sulla fiducia reciproca, sull’innovazione e su una visione condivisa di crescita sostenibile. Il Padiglione Italia, con i suoi 791 eventi e oltre 7.500 rappresentanti di imprese italiane, giapponesi e internazionali accolti, è stato riconosciuto come quello che meglio ha saputo interpretare lo spirito dell’esposizione, valorizzando al tempo stesso l’identità, la storia e la specificità produttiva del nostro

Paese. Un successo che si è tradotto in 1,76 miliardi di euro tra contratti e investimenti”, ha dichiarato il ministro Urso. “Expo Osaka è stata una straordinaria vetrina per il Made in Italy tecnologico e industriale”. Durante i sei mesi di Expo, il Mimit – con il supporto operativo di Invitalia e in stretta collaborazione con le Regioni – ha promosso 17 iniziative istituzionali, tra cui 14 regionali e 3 tematiche, coinvolgendo oltre 700 aziende e 30 imprese testimonial giapponesi. Gli investimenti annunciati nel corso delle attività ammontano complessivamente a 1,33 miliardi di euro. Tra i progetti di maggiore rilievo figurano quelli di Ebara Corporation in Veneto, NSG Group in Abruzzo, DR Automobiles in Molise, Procos in Piemonte, NTT Data in Lombardia e Nippon Gases Italia in Campania.
1. Un Padiglione simbolo dell’Italia che innova
Il Padiglione Italia a Osaka ha rappresentato una vera e propria piattaforma di diplomazia economica, capace di coniugare tradizione, cultura e innovazione tecnologica. L’architettura, i contenuti multimediali e i percorsi tematici hanno raccontato un Paese dinamico, proiettato verso le sfide della transizione digitale ed ecologica, capace di attrarre capitali, competenze e partnership strategiche.
2. Il ruolo chiave delle Regioni
Le Regioni hanno svolto un ruolo da protagoniste, promuovendo le eccellenze territoriali, i distretti produttivi e i sistemi di ricerca locali. Ogni settimana regionale è stata un’occasione per presentare filiere industriali, startup, università e poli tecnologici, favorendo incontri B2B e accordi di cooperazione industriale e scientifica.
3. PMI protagoniste della proiezione internazionale
Un dato particolarmente significativo è stato il forte coinvolgimento delle piccole e medie imprese, che hanno potuto sfruttare Expo Osaka come trampolino di lancio verso il mercato asiatico. Molte PMI hanno stretto accordi commerciali, avviato joint venture e aperto nuovi canali distributivi in Giappone e in altri Paesi dell’area indo-pacifica.
4. Innovazione, sostenibilità e transizione verde
Tra i temi centrali della partecipazione italiana, grande spazio è stato dedicato alle tecnologie per la transizione energetica, alla mobilità sostenibile, all’economia circolare e alla digitalizzazione delle imprese. Un messaggio chiaro: la competitività del Made in Italy passa oggi dalla capacità di innovare in modo sostenibile.
5. La cooperazione scientifica e tecnologica
Expo Osaka ha rafforzato anche il dialogo tra centri di ricerca, università e poli tecnologici italiani e giapponesi. Numerosi memorandum d’intesa sono stati firmati nel campo dell’intelligenza artificiale, dei semiconduttori, delle biotecnologie e dei materiali avanzati, aprendo nuove prospettive per la ricerca congiunta.
6. Il Giappone come partner strategico per l’industria italiana
Il Giappone si conferma un partner strategico di primo piano per l’industria italiana. Le collaborazioni avviate spaziano dall’automotive all’aerospazio, dalla chimica avanzata al digitale, rafforzando una relazione economica già solida e destinata a crescere nei prossimi anni.

7. Ricadute concrete sui territori
Gli investimenti annunciati durante Expo avranno importanti ricadute occupazionali e industriali sui territori coinvolti. I nuovi impianti produttivi, i centri di ricerca e i progetti di sviluppo contribuiranno a rafforzare il tessuto industriale locale, generando crescita, innovazione e nuove opportunità di lavoro qualificato.
8. Il valore della diplomazia economica
L’esperienza di Osaka ha dimostrato ancora una volta il valore strategico della diplomazia economica come leva per la crescita del sistema Paese. Il coordinamento tra ministeri, Regioni, Ambasciate, ICE, Invitalia e imprese si è rivelato un modello efficace di promozione integrata dell’Italia nel mondo.
9. Dall’Expo alle strategie future
L’eredità di Expo Osaka non si esaurisce nei risultati già raggiunti. I dossier di cooperazione avviati, i tavoli industriali aperti e i progetti di investimento creeranno una continuità operativa nei prossimi anni, rafforzando la presenza italiana nei mercati asiatici ad alto potenziale.
10. Un patrimonio di relazioni per le imprese
Al di là dei numeri, il vero patrimonio lasciato dall’Expo è rappresentato dalla rete di relazioni costruite tra imprese, istituzioni e partner internazionali. Un capitale relazionale che consentirà alle aziende italiane, in particolare alle PMI, di affrontare con maggiore forza le sfide della competizione globale.
L’evento conclusivo di Palazzo Piacentini ha dunque sancito non solo la fine di un successo espositivo, ma l’avvio di una nuova fase di cooperazione industriale, tecnologica e commerciale tra Italia e Giappone. Una fase che si preannuncia ricca di opportunità per il mondo produttivo italiano e che conferma il Made in Italy come protagonista credibile e competitivo sui mercati internazionali.
t ransizione 4.0: esaurite le risorse disponi B ili
Le risorse attualmente disponibili per la misura Transizione 4.0 risultano ufficialmente esaurite. Lo stop alle nuove prenotazioni arriva dopo un utilizzo particolarmente intenso degli strumenti agevolativi da parte delle imprese, che negli ultimi mesi hanno accelerato gli investimenti in beni strumentali, digitalizzazione e innovazione tecnologica per cogliere le opportunità offerte dal piano.
Il raggiungimento del tetto massimo di fondi conferma, da un lato, il forte interesse del tessuto produttivo italiano verso la modernizzazione dei processi industriali e, dall’altro, il ruolo centrale che Transizione 4.0 continua a svolgere nel sostenere la competitività delle imprese, in particolare delle piccole e medie.
Il piano, nato come evoluzione di Industria 4.0, ha consentito negli ultimi anni a migliaia di aziende di investire

macchinari interconnessi, software, sistemi di automazione, cloud, cybersecurity e formazione del personale. Un percorso che ha accompagnato la trasformazione digitale di interi settori produttivi, dalla manifattura ai servizi avanzati.
L’esaurimento delle risorse comporta, almeno nell’immediato, l’impossibilità di accedere a nuovi crediti d’imposta per le imprese che non abbiano già presentato domanda o avviato gli investimenti secondo le modalità previste dalla normativa. Restano invece valide le richieste già formalizzate e gli investimenti già prenotati entro i termini stabiliti.
Secondo fonti istituzionali, il Governo è al lavoro per valutare un possibile rifinanziamento della misura, anche alla luce del forte gradimento dimostrato dalle imprese e dell’impatto positivo sugli investimenti produttivi. Un eventuale nuovo stanziamento potrebbe arrivare nell’ambito dei prossimi provvedimenti di politica industriale o in collegamento con le risorse europee.
Per le PMI, la fase attuale rappresenta un momento di incertezza, ma anche di riflessione strategica. Molte aziende, infatti, avevano pianificato investimenti contando sul supporto dei crediti d’imposta di Transizione 4.0, che restano uno degli strumenti più semplici e fruibili per finanziare l’innovazione.
Gli esperti consigliano alle imprese di non arrestare i progetti di trasformazione digitale, ma di monitorare attentamente l’evoluzione normativa e prepararsi per un’eventuale riapertura della misura. In questa fase può essere utile aggiornare i piani di investimento, verificare la documentazione tecnica, le perizie e la conformità dei beni agli standard 4.0.
Parallelamente, restano attive altre agevolazioni collegate all’innovazione, alla sostenibilità e alla digitalizzazione, tra cui i bandi regionali, le misure del PNRR e gli incentivi per la transizione energetica, che possono rappresentare valide alternative temporanee.
Lo stop alle risorse di Transizione 4.0 riapre inoltre il dibattito sulla necessità di garantire continuità e programmazione pluriennale agli strumenti di politica industriale, per consentire alle imprese, soprattutto alle PMI, di pianificare gli investimenti con maggiore certezza e stabilità.
In attesa di sviluppi ufficiali, il consiglio per le imprese è quello di restare aggiornate attraverso i canali istituzionali, i consulenti specializzati e le associazioni di categoria, in per farsi trovare pronte nel caso di una riattivazione della misura o dell’introduzione di nuovi strumenti a sostegno della doppia transizione digitale ed ecologica.
Con l’esaurimento delle risorse della misura Transizione 4.0, molte imprese si trovano in una fase di incertezza, soprattutto quelle che avevano programmato investimenti in macchinari, software e formazione contando sui crediti d’imposta. Tuttavia, la trasformazione digitale non può arrestarsi: esistono strategie alternative e azioni concrete che le aziende possono attivare fin da subito.

1. Mettere in sicurezza i progetti già avviati
Le imprese che hanno già effettuato ordini, versato acconti o completato investimenti devono verificare attentamente di rientrare nei requisiti previsti prima dello stop. È fondamentale: controllare la corretta datazione dei documenti; verificare la presenza della dicitura normativa in fattura; assicurarsi che perizie e asseverazioni siano complete e conformi. Questi passaggi sono decisivi per non perdere il beneficio fiscale già maturato.
2. Rimodulare il piano degli investimenti
Per chi doveva ancora partire, può essere utile ridisegnare temporaneamente il piano industriale, suddividendo gli investimenti in fasi, dando priorità alle tecnologie con maggior impatto immediato su produttività ed efficienza: automazione di singoli reparti, software gestionali, sensoristica, cybersecurity.
3. Cercare alternative tra PNRR e bandi regionali
Molte risorse del PNRR e dei programmi regionali restano attive e possono coprire ambiti simili a quelli di Transizione 4.0: digitalizzazione, sostenibilità, efficienza energetica, innovazione di processo. È il momento giusto per: monitorare i siti di Regioni, Camere di Commercio e Ministeri; valutare bandi a fondo perduto o finanziamenti agevolati; attivare consulenze mirate alla finanza agevolata.
4. Investire nella formazione 4.0
Anche in assenza del credito sugli investimenti, la formazione resta una leva fondamentale. Upskilling e reskilling su digitalizzazione, intelligenza artificiale, analisi dati, automazione e sicurezza informatica permettono di preparare le risorse interne alla futura riapertura degli incentivi e aumentano subito la competitività aziendale.
5. Rafforzare la sostenibilità e l’efficienza energetica
Molti incentivi oggi disponibili non sono legati alla 4.0, ma alla transizione green: fotovoltaico, efficientamento energetico, autoconsumo, mobilità sostenibile. Integrare digitale ed energia consente spesso di accedere a linee di finanziamento più stabili e continuative.
6. Prepararsi per il rifinanziamento
Secondo le indicazioni istituzionali, un rifinanziamento di Transizione 4.0 è allo studio. Le imprese più pronte saranno quelle che avranno già: progetti tecnicamente definiti; fornitori selezionati; preventivi aggiornati; studi di fattibilità pronti.
Chi si fa trovare pronto potrà presentare domanda immediatamente alla riapertura.
7. Rafforzare il controllo di gestione
In una fase di incertezza sugli incentivi, diventa ancora più importante monitorare con precisione costi, benefici e ritorno sugli investimenti tecnologici, per evitare sovra-investimenti e mantenere l’equilibrio finanziario dell’azienda.

s trategia data C enter: i talia hu B del m editerraneo
È stato pubblicata sul sito del Ministero delle Imprese e del Made in Italy la “Strategia per l’attrazione degli investimenti esteri nei data center”, elemento fondamentale per la competitività digitale e tecnologica del Paese.
La strategia, elaborata grazie a un ampio confronto con amministrazioni centrali (Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell'Università e della Ricerca, Dipartimento per la Trasformazione Digitale) e territoriali, associazioni di categoria e operatori industriali, mira a rafforzare il ruolo dell’Italia come hub digitale europeo e mediterraneo, promuovendo uno sviluppo diffuso delle infrastrutture di data storage e cloud a servizio di imprese, pubblica amministrazione e cittadini.
“Attrarre investimenti esteri nei data center è essenziale per rendere l’Italia un hub strategico nella gestione, innovazione e sicurezza dei dati europei e globali”, ha dichiarato il ministro Urso. “Una rete tecnologica solida e resiliente è determinante per la competitività delle nostre imprese. Come Mimit, favoriamo le migliori condizioni attraverso incentivi normativi e semplificazioni procedurali, affinché il nostro Paese diventi la prima scelta per gli investitori internazionali”.
Nel documento pubblicato, il Mimit evidenzia tra i principali punti di forza del sistema Paese la presenza diffusa di aree industriali dismesse (“siti brownfield”), che saranno mappate, già urbanizzate e immediatamente disponibili per nuovi insediamenti produttivi, riducendo così sensibilmente il consumo di suolo. A questi si aggiungono una rete energetica stabile e capillare, un accesso in costante crescita all’energia da fonti rinnovabili e una connettività digitale ad altissima velocità, garantita dalla diffusione delle reti in fibra ottica e ultrabroadband su tutto il territorio nazionale e dalla presenza di numerosi cavi sottomarini che atterranno nel Paese.
La “Strategia per l’attrazione degli investimenti esteri nei data center” è il risultato di un’attività di concertazione svolta con il coinvolgimento di portatori di interesse pubblici e privati, sia a livello centrale che locale.
Obiettivo del documento è quello di inquadrare la cornice di riferimento all’interno della quale si muovono gli investimenti in Data Center sul territorio nazionale individuando punti di forza e punti di debolezza del sistema e tracciando una via che faciliti il più possibile la realizzazione di queste importanti infrastrutture distribuendole in modo omogeneo nel rispetto dei territori.
L’attuale società dell’informazione basa le proprie fondamenta sull’accesso e la condivisione dei dati. I dati devono essere sempre accessibili in modo sicuro e veloce.
In termini di rete, la nervatura del Paese per la trasmissione dei dati ad alta velocità si sta via via capillarizzando con la diffusione costante della fibra ottica grazie ai piani in corso relativi alle aree a fallimento di mercato (Piano Aree Bianche) e a fallimento tecnologico (Piano Italia a 1 Giga) cui si aggiunge il Piano Isole Minori. Con il Piano Italia 5G si sta, inoltre, intervenendo su una copertura capillare delle reti mobili di nuova generazione al fine di

garantire una connettività always on, everywhere e anytime.
I gangli di questa nervatura sono rappresentati dai Centri Dati o Data Center; attori strategici della filiera del digitale in quanto componenti abilitanti in particolar modo della competitività delle imprese e del loro business rendendo possibile l’accessibilità ai servizi digitali di nuova generazione e lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche come, ad esempio, il quantum computing. Per data center, o centro di elaborazione dati, si intende il complesso costituito dalla struttura fisica e dall’infrastruttura tecnologica per la progettazione, la produzione, lo sviluppo e l’implementazione di applicazioni e di servizi informatici nonché per l’archiviazione, l’elaborazione, il trattamento e la gestione dei dati associati a tali applicazioni e servizi.
I DC Edge sono infrastrutture di calcolo e storage di piccole dimensioni, distribuite geograficamente e posizionate il più vicino possibile alle fonti di generazione dei dati o agli utenti finali. Il loro scopo primario è minimizzare la latenza e il consumo di banda riducendo la distanza fisica che i dati devono percorrere. Un DC Medio comprende una vasta gamma di DC che non rientrano né nella nicchia ultra-locale dell'Edge né nella scala massiva degli Hyperscale. Sono spesso DC Enterprise (di proprietà e gestiti da singole aziende) o Colocation (dove un provider affitta spazio e infrastruttura a più clienti). Infine, i DC Hyperscale sono impianti di grandi dimensioni, progettati per offrire capacità computazionale e di storage su grande scala. Sono la base dei principali fornitori di servizi cloud pubblici e delle big tech che servono miliardi di utenti a livello globale. Inoltre, a seconda delle caratteristiche tecnico strutturali e di business continuity, quindi affidabilità e ridondanza, i DC possono essere classificati da TIER I a TIER IV. Più è alto il TIER maggiori sono le prestazioni che la struttura può garantire (standard ANSI/TIA-942-A).
Non va poi dimenticata la differenziazione che ci può essere in termini di Power Usage Effectiveness (PUE di cui alla norma EN 50600-4-2), dato dal rapporto tra l'energia totale consumata dal data center e l'energia necessaria per l’hardware IT, la cui misura permette di migliorare il design ed in generale l'efficienza complessiva del sistema. In un recente studio commissionato dalla Commissione Europea è stato stimato un valore medio a livello Europeo di PUE pari a 1,36 (in Italia 1,46). Non meno importante risulta il Water Usage Effectiveness (WUE), indispensabile anch’esso per valutare le performance ambientali dei data center. Nello stesso studio sopra citato, il WUE medio europeo è stato stimato essere pari a 0,58 m3/MWh (in Italia 0,70).
Un DC Edge è primariamente ottimizzato per applicazioni che richiedono latenza estremamente bassa e una elaborazione in tempo reale. Le sue funzionalità tipiche includono il supporto per l'Internet of Things (IoT), l'elaborazione di dati per veicoli autonomi, sistemi di realtà aumentata/virtuale (AR/VR) che necessitano di rendering e interazioni istantanee, e l'ottimizzazione del content delivery network (CDN) per la distribuzione rapida di contenuti multimediali. La sua architettura è spesso focalizzata su micro-server, unità di storage distribuito e connettività ad alta velocità verso il backhaul. Un DC Medio si posiziona strategicamente per servire una regione geografica più ampia, bilanciando la necessità di bassa latenza con una maggiore capacità di elaborazione e storage. Questa tipologia di DC supporta tipicamente applicazioni aziendali di medie dimensioni,

database transazionali e repository di dati di dimensioni significative. È in grado di ospitare infrastrutture per virtualizzazione estesa, cloud privati e servizi di disaster recovery per le imprese locali. La connettività di rete è robusta, con collegamenti in fibra ottica ad alta capacità per garantire throughput elevati e resilienza. Al contrario, il DC Hyperscale è una struttura progettata per la massima scalabilità, disponibilità ed efficienza energetica. Questi DC sono i pilastri del cloud computing su larga scala, supportando servizi pubblici globali come il software-as-a-service (SaaS), l'infrastructure-as-a-service (IaaS) e il platform-as-a-service (PaaS). Le applicazioni ospitate includono motori di ricerca, social media, piattaforme di streaming video ad alta definizione, intelligenza artificiale (AI) con carichi di lavoro di machine learning e deep learning che richiedono enormi risorse computazionali, e big data analytics su dataset dell'ordine dei petabyte o exabyte.
Data Center, rappresentano oggi un’infrastruttura critica per il progresso digitale delle imprese italiane, delle PA e della società. Non sono più soltanto strutture tecnologiche ma veri e propri motori dello sviluppo economico in grado di abilitare innovazioni che spaziano dall’adozione del cloud computing alla diffusione dell’IA. La crescita dei Data Center è supportata da solidi fondamentali guidati dalla crescita dei servizi digitali a livello mondiale.
La necessità di espandere la copertura geografica dei Data Center e la rilevanza dell’economia italiana in Europa, anche per il proprio posizionamento baricentrico rispetto al Mediterraneo, quindi come punto di approdo dei cavi sottomarini in fibra ottica, hanno portato il nostro Paese ad attirare l'interesse dei principali investitori in questo settore.
L’investimento in data center è un investimento che indirettamente coinvolge vari comparti industriali (immobiliare, componenti hardware come memorie, componenti di rete, software, sistemi di raffreddamento e trattamento delle acque reflue, interfacce uomo macchina; inoltre sono spesso abbinati a sistemi di produzione locale di energia rinnovabile con tutto l’indotto che comporta).
Per questi motivi il MiMIT, di concerto con le Amministrazioni competenti, gli stakeholder e l’associazioni di categoria, ha avviato una analisi di settore per individuare punti di forza e punti di debolezza del sistema Italia e per porre in essere tutte quelle azioni ritenute necessarie per attrarre gli investimenti nel Paese. L’obiettivo è quello di facilitare gli investimenti velocizzando le procedure di installazione e creando un ecosistema attrattivo in grado di diffondere tali infrastrutture in modo omogeneo sul territorio nazionale. Il mix ideale tra disponibilità di terreni (brownfield in prima battuta), domanda di dati, densità di impresa, fornitura stabile e robusta di energia elettrica, connettività ad internet con reti di fibra ottica affidabili (IXP, CDN), pubblica amministrazione efficiente, personale qualificato e studenti STEM, si ritiene possa garantire in Italia uno sviluppo sostenuto e sostenibile dei data center in grado di moltiplicare il fattore attrattivo agli investimenti.
I cluster di Data Center più grandi d’Europa si sono sviluppati a Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino, generando il mercato noto come FLAP-D. Questo sviluppo presenta ancora margini di miglioramento rispetto ai mercati di USA e Cina dove la capacità installata (2024) si attesta rispettivamente sopra i 45GW e sopra i 35 GW1.

Il mercato della costruzione di Data Center nell’Europa occidentale valeva oltre 9 miliardi di dollari nel 2023 e raggiungerà più di 14,4 miliardi di dollari di valore entro il 2029, con un Cagr dell’8,14%. È atteso, in Europa, un aumento annuo dei consumi energetici (TWh) del 13% dal 2023 al 20302.
Dalle analisi effettuate dall’Osservatorio del Politecnico di Milano è emerso che in Italia il mercato dei Data Center in co-location ha raggiunto nel 2023 il valore di 654 milioni di euro (+10% rispetto al 2022). Se le condizioni saranno favorevoli, si stima possa crescere fino a raddoppiare nel 2025.
Il territorio nazionale, come rappresentato in Figura 2 si presta, a differenza degli altri Paesi UE, in cui la concentrazione dei Data Center è localizzata intorno alle capitali, ad ospitare i centri dati in modo distribuito ed omogeneo grazie alla attrattività tecnologica dei propri territori.
Questa attrattività è garantita dalla contemporanea presenza, in diverse Regioni, di elementi che a vario titolo incidono sulle caratteristiche di performance dei data center come ad esempio gli approdi di cavi sottomarini in fibra ottica, la rete terrestre capillare in fibra ottica, i punti di interscambio dati (IXP), la rete elettrica in altissima tensione, ed anche la presenza di distretti industriali, super computer ed altre realtà tecnologiche di particolare interesse come ad esempio le Space Factory e le Case delle Tecnologie Emergenti.
Dal punto di vista delle performance, giova ricordare che la capacità di un DC di supportare un determinato servizio è strettamente legata alla possibilità di rispettare i requisiti prestazionali da esso richiesti. In questo ambito, i due KPI di maggiore interesse sono la latenza e la capacità trasmissiva, intesa come volume di dati che un DC è in grado di gestire. All’interno del ventaglio di casi d’uso ed applicativi sviluppabili grazie alle reti di nuova generazione, è possibile identificare dei macro-settori, tra cui servizi di Storage, Computing, Caching, Telco Cloud, Ultra-Reliable Low Latency Communication (URLLC), e Web/App hosting. Il servizio di storage si occupa dell’archiviazione dei dati e del backup. Il computing fornisce potenza di calcolo per eseguire applicazioni e servizi IT. Il Caching accelera invece l’accesso ai contenuti statici e multimediali.
Il Telco Cloud consente la virtualizzazione e una gestione più flessibile delle funzioni di rete per operatori di telecomunicazioni. Il servizio di URLLC fornisce comunicazioni altamente affidabili e a bassa latenza per servizi critici, come la guida autonoma o la telechirurgia. Infine, il Web/App Hosting supporta la distribuzione di siti web e applicazioni digitali. Ciascuno di questi si caratterizza per specifici vincoli in termini di QoS, come mostrato nella Tabella 2 comparativa seguente. Ovviamente, data l’ampia disponibilità di risorse computazionali, i DC Hyperscale sono in grado di soddisfare i requisiti di ciascuna delle categorie menzionate, mentre i DC Medi ed Edge sono tipicamente orientati verso il servizio di caching, cloud e, più in generale, dei servizi a bassa latenza. Come vedremo in seguito, uno studio condotto dalla Fondazione Bordoni e da Infratel per il MIMIT, permette di correlare la distanza tra DC con la latenza dei servizi soprariportati aprendo la via ad una distribuzione maggiormente diffusa su tutto il territorio nazionale. Il nostro tessuto industriale, fatto di molte PMI, si presta, peraltro, in modo naturale anche allo sviluppo degli Edge Data Center, identificati da un consumo medio sotto i 5 MW, particolarmente adatti ad aumentare la

velocità, l'affidabilità e la sicurezza dell'IT, considerando che non si rende necessario far transitare i dati dal database centrale per l'elaborazione contribuendo a liberare risorse e larghezza di banda. Il loro sviluppo potrebbe tra l’altro essere foriero per lo sviluppo di aree dove il digital divide è ancora presente senza gli importanti investimenti necessari ai Data Center di classe nazionale. Affinché questo virtuoso modello di digitalizzazione si possa sviluppare è fondamentale che gli Edge Data Center e il territorio servito dispongano di adeguate connessioni in banda ultralarga.
Particolare attenzione va anche data ai distretti industriali (194) che si distribuiscono a vario titolo lungo tutta la penisola, come riportato in Figura 2. Il 49% dei distretti industriali si trova al nord, il 24% al centro ed il 27% al sud e nelle isole. I punti di forza dei distretti industriali sono, tra gli altre, le partecipazioni estere, i marchi riconoscibili a livello internazionale, la capacità di fare export ed i brevetti. Favorire lo sviluppo dei DC in queste zone permetterà, tra le altre cose, di garantire un uso efficiente del suolo e l’eventuale riutilizzo del calore prodotto per finalità i ndustriali.
Giova, inoltre, ricordare che l’Italia sta giocando un ruolo centrale in Europa in termini di capacità computazionale. Al riguardo, Il supercomputer Leonardo, installato nel 2022 nel data center del Tecnopolo di Bologna, è uno dei tre precursori di sistemi in classe exascale annunciati da EuroHPC Joint Undertaking. Obiettivo di questa iniziativa è proprio quello di rafforzare la presenza italiana ed europea nel calcolo ad alte prestazioni, un asset strategico per promuovere la crescita tecnologica degli Stati Membri. Al supercomputer Leonardo si affiancano il supercomputer Da Vinci a Genova ed il supercomputer HPC6 a Pavia.
A questo valore specifico si aggiunge poi un indotto ancor più rilevante legato ai mercati digitali che sono abilitati da queste infrastrutture. Tra questi, il mercato italiano del Public Cloud e del Private Cloud che ha raggiunto un valore di 4,8Mld€ nel 2023. Questo settore, infatti, vive un periodo di rapida crescita, spinto dai progetti di digitalizzazione in tutti i settori e dall’adozione dei più recenti digital enabler.
A tal proposito, con l’avvio del Polo Strategico Nazionale (PSN), l’Italia si è lanciata nella realizzazione di una infrastruttura ad alta affidabilità con l’obiettivo di dotare la Pubblica Amministrazione di tecnologie e infrastrutture cloud che possano beneficiare delle più alte garanzie di affidabilità, resilienza e indipendenza. Il Polo, infatti, ospiterà i dati ed i servizi critici e strategici di tutte le amministrazioni centrali (circa 200), delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e delle principali amministrazioni locali (Regioni, città metropolitane, comuni con più di 250 mila abitanti).
aCC ordi per l’innovazione, 731 milioni per i progetti di r i C er C a e s viluppo tramite lo sviluppo delle te C nologie a B ilitanti fondamentali
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, su indicazione del ministro Adolfo Urso, ha definito con decreto direttoriale i termini di apertura dello sportello agevolativo e le modalità di presentazione delle domande inerenti ai progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale di rilevante impatto tecnologico realizzati nell’ambito degli Accordi per l’innovazione tramite lo sviluppo delle tecnologie abilitanti fondamentali. Le domande potranno essere inviate a partire dalle ore 10.00 del 14 gennaio 2026 e fino alle ore 18.00 del 18

febbraio 2026 allo sportello online https://fondocrescitasostenibile.mcc.it, gestito da Mediocredito Centrale S.p.A. che si occuperà per conto del MIMIT, in qualità di Gestore del Fondo Crescita Sostenibile insieme a primari partner bancari e scientifici, degli adempimenti tecnici e amministrativi riguardanti l’istruttoria dei progetti, l’erogazione delle agevolazioni, l’esecuzione dei relativi monitoraggi e controlli.
Il provvedimento fa seguito al decreto del 4 settembre 2025, adottato dal Ministro Urso.
La misura è rivolta alle imprese che esercitano attività industriali e di trasporto, incluse le imprese artigiane, le imprese ausiliarie delle precedenti attività e i centri di ricerca, nonché agli organismi di ricerca.
La dotazione di 731 milioni di euro sarà destinata al finanziamento delle iniziative riguardanti le seguenti aree di intervento: automotive e competitività industriale nel settore dei trasporti, materiali avanzati, robotica, semiconduttori (per un totale di Euro 530 milioni), tecnologie quantistiche, reti di telecomunicazione, cavi sottomarini, realtà virtuale e aumentata (per un totale di Euro 201 milioni).
Una quota pari al 34% delle risorse sarà riservata ai progetti interamente svolti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Le agevolazioni saranno concesse nella forma del contributo diretto alla spesa, nei limiti del 45% per le imprese di piccola dimensione, del 35% per le imprese di media dimensione, del 25% per le imprese di grande dimensione e, eventualmente, nella forma del finanziamento agevolato nel limite del 20% delle spese ammissibili.
Per gli organismi di ricerca, le agevolazioni saranno concesse nella forma del contributo diretto alla spesa per una percentuale pari al 50% per le attività di ricerca industriale e al 25% per quelle di sviluppo sperimentale. Un incremento del contributo diretto alla spesa, nella misura di 15 punti percentuali e comunque nel rispetto dei massimali prescritti a livello UE, potrà essere concesso ai progetti che prevedono tra le imprese proponenti a determinate condizioni almeno una PMI o una collaborazione con organismi di ricerca proponenti per almeno il 10% dei costi complessivi di progetto o la loro realizzazione interamente nelle regioni Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Tra le spese e i costi ammissibili, che non dovranno essere inferiori a 5 milioni di euro e non superiori a 40 milioni, rientrano quelli relativi al personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, agli strumenti e alle attrezzature di nuova fabbricazione, ai servizi di consulenza, all’acquisizione o all’ottenimento in licenza dei risultati di ricerca, dei brevetti e del know-how, nonché (in forma forfettaria) quelle inerenti le spese generali e i materiali relativi allo svolgimento del progetto.
La graduatoria per l'ammissione dei progetti alle attività istruttorie sarà formata sulla base del punteggio ottenuto in relazione a indicatori aziendali di solidità finanziaria.
Ciascuna impresa potrà presentare una sola domanda di agevolazione in qualità di singolo soggetto proponente

o in qualità capofila di un progetto congiunto. Non ci sono limitazioni alla partecipazione di imprese a più progetti in qualità di soggetti coproponenti, purchè nel rispetto del 60% del fatturato aziendale. Un Organismo di ricerca potrà partecipare a più progetti congiunti mediante propri istituti, dipartimenti universitari o altre unità organizzative-funzionali dotati di autonomia gestionale, organizzativa e finanziaria, ciascuno dei quali potrà partecipare a un solo progetto per ognuna delle aree di intervento sopra richiamate.
Le risorse
Con il decreto ministeriale 4 settembre 2025 sono state rese disponibili risorse pari a 731 milioni di euro, di cui:
• 530 milioni di euro per il sostegno delle iniziative di ricerca e sviluppo relative alle aree di intervento indicate nell’allegato n. 2 al decreto;
• 201 milioni di euro per il sostegno delle iniziative di ricerca e sviluppo relative alle aree di intervento indicate nell’allegato n. 3 al decreto.
A chi si rivolge
Possono beneficiare delle agevolazioni le imprese di qualsiasi dimensione con almeno due bilanci approvati al momento della presentazione della domanda di agevolazioni, che esercitano attività industriali e di trasporto, ivi comprese quelle artigiane, i Centri di ricerca e, limitatamente alle aree di intervento di cui all’allegato n. 3 al decreto, anche le imprese di servizi.
I citati soggetti possono presentare progetti anche congiuntamente tra loro e con Organismi di ricerca, fino ad un massimo di cinque soggetti co-proponenti.
Cosa finanzia
Progetti riguardanti attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale finalizzate alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi o al notevole miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti nell’ambito di specifiche aree di intervento individuate all’allegato n. 2 ed all’allegato n. 3 al decreto ministeriale 4 settembre 2025, riconducibili al comparto manufatturiero ed al settore digitale e delle telecomunicazioni.
Le iniziative agevolabili devono prevedere spese e costi ammissibili non inferiori a 5 milioni di euro e non superiori a 40 milioni di euro, avere una durata non inferiore a 18 mesi e non superiore a 36 mesi ed essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di agevolazione.
Le agevolazioni
Le agevolazioni sono concesse nella forma del contributo diretto alla spesa e, ove richiesto, del finanziamento agevolato, nei limiti delle intensità massime di aiuto, comprensive delle eventuali maggiorazioni, stabilite dagli articoli 4 e 25 del regolamento GBER, a valere sulle risorse messe a disposizione dalle amministrazioni sottoscrittrici dell’Accordo per l’innovazione, nei limiti di una intensità d’aiuto calcolata sul totale dei costi e delle spese ammissibili di progetto, articolata sulla base della dimensione del soggetto proponente: • 45 per cento per le imprese di piccola dimensione;

• 35 per cento per le imprese di media dimensione;
• 25 per cento per le imprese di grande dimensione.
Il finanziamento agevolato, qualora richiesto, è concedibile esclusivamente alle imprese e nel limite massimo del 20 per cento del totale dei costi ammissibili di progetto.
Per gli Organismi di ricerca, le agevolazioni sono concesse esclusivamente nella forma di contributo diretto alla spesa, per una percentuale nominale pari al 50 per cento dei costi e delle spese ammissibili per attività di ricerca industriale e pari al 25 per cento dei costi e delle spese ammissibili di sviluppo sperimentale.
Le intensità di aiuto possono, inoltre, essere aumentate per ciascun soggetto proponente, di 15 punti percentuali se è soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:
• il progetto di ricerca e sviluppo prevede la collaborazione effettiva tra imprese di cui almeno una è una PMI e non prevede che una singola impresa sostenga da sola più del 70 (settanta) per cento dei costi ammissibili;
• il progetto di ricerca e sviluppo è interamente realizzato nei territori delle regioni meno sviluppate;
• il progetto di ricerca e sviluppo prevede la collaborazione effettiva tra un'impresa e uno o più Organismi di ricerca e di diffusione delle conoscenze, nell'ambito del quale tali Organismi di ricerca sostengono almeno il 10 (dieci) per cento dei costi ammissibili e hanno il diritto di pubblicare i risultati della propria ricerca.
Come funziona
Ai fini dell’accesso alle agevolazioni previste dal decreto ministeriale 4 settembre 2025 è necessario che sia definito l’Accordo per l’innovazione tra il Ministero, i soggetti proponenti e le eventuali amministrazioni pubbliche interessate al cofinanziamento dell’iniziativa, che hanno sottoscritto un Accordo quadro ai sensi dell’articolo 7 del citato decreto ministeriale.
Per l’attivazione della procedura diretta alla definizione dell’Accordo per l’innovazione i soggetti proponenti devono presentare la domanda di agevolazioni corredata della scheda tecnica, del piano di sviluppo del progetto e, nel caso di progetto proposto congiuntamente da più soggetti, del contratto di collaborazione.
Il Soggetto gestore, una volta approvate dal Ministero le graduatorie di ammissione dei progetti, provvede all’istruttoria amministrativa, finanziaria e tecnica, sulla base della documentazione presentata dei progetti in posizione utile nelle suddette graduatorie. In tale ambito, in particolare, valuta:
• le caratteristiche tecnico-economico-finanziarie e di ammissibilità del soggetto proponente;
• la coerenza del progetto con le finalità dichiarate e con quelle di cui al presente decreto;
• la conformità del progetto alle disposizioni nazionali ed europee di riferimento;
• la fattibilità tecnica, la sostenibilità economico-finanziaria, la qualità tecnica e l’impatto del progetto di ricerca e sviluppo e la sussistenza delle condizioni di ammissibilità dello stesso;
• la pertinenza e la congruità delle spese e dei costi previsti dal progetto di ricerca e sviluppo.

Nel caso in cui le valutazioni istruttorie si concludano con esito positivo si procede alla definizione dell’Accordo per l’innovazione tra il Ministero, i soggetti proponenti e le eventuali amministrazioni pubbliche che hanno sottoscritto un Accordo quadro.
Successivamente alla stipula dell’Accordo, i soggetti proponenti sono tenuti a presentare la documentazione utile alla definizione del decreto di concessione.
Modalità e termini per la presentazione delle domande
Con decreto direttoriale 27 ottobre 2025 sono stati stabiliti i termini e le modalità per la presentazione delle domande di agevolazione.
La domanda di agevolazione e la documentazione allegata devono essere redatte e presentate in via esclusivamente telematica dalle ore 10.00 alle ore 18.00 di tutti i giorni, a partire dalle ore 10.00 del 14 gennaio 2026 e sino alle ore 18:00 del 18 febbraio 2026.
La domanda di agevolazione ed i relativi allegati devono essere inviati, pena l’invalidità e l’irricevibilità, utilizzando esclusivamente la procedura disponibile nel sito internet del Soggetto gestore (https:// fondocrescitasostenibile.mcc.it) per la richiesta delle agevolazioni a valere sull’intervento “Decreto ministeriale 4 settembre 2025 – Accordi per l’innovazione”.
Le domande di agevolazione sono ammesse alla fase istruttoria nel rispetto della posizione assunta dalle stesse nell’ambito delle due graduatorie formate secondo quanto specificato all’articolo 9 del decreto ministeriale 4 settembre 2025.
Per maggiori informazioni
Per l’accesso alla piattaforma e per la presentazione delle domande di agevolazione:
• utilizzare la procedura disponibile nel sito internet del Soggetto gestore (mcc.it) per la presentazione delle proposte progettuali a valere sull’intervento “Decreto ministeriale 4 settembre 2025 – Accordi per l’innovazione” che sarà disponibile a partire dal 14 gennaio 2026
• utilizzare l’indirizzo info_domandefcs@mcc.it per informazioni sulla presentazione dei progetti.
Per informazioni sull'attuazione e rendicontazione dei progetti di ricerca e sviluppo, utilizzare l’indirizzo info_ fcs@mcc.it.
Per i soli quesiti di natura normativa, relativi all’interpretazione delle disposizioni attuative, è attivo l'indirizzo di posta elettronica: accordi.innovazione@mise.gov.it
Alle richieste di chiarimenti pervenute viene fornita una risposta attraverso le FAQ. Non verranno date risposte a quesiti relativi a casi specifici ma solo a quelli aventi carattere generale relativi all'interpretazione delle disposizioni attuative.

i talia-f inlandia: f o C us su te C nologie emergenti e spazio
Il rafforzamento dei rapporti bilaterali tra Italia e Finlandia, la cooperazione nel settore delle tecnologie avanzate, come intelligenza artificiale e quantum computing, e il rafforzamento della collaborazione nel settore della difesa e dello spazio: questi i temi al centro dell’incontro bilaterale che si è tenuto a Palazzo Piacentini tra il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, sen. Adolfo Urso, e il Ministro del Commercio Estero e dello Sviluppo della Finlandia, Ville Tavio.
“Tra Roma e Helsinki esistono rilevanti affinità e complementarità nei settori industriali strategici su cui collaborare per potenziare i sistemi produttivi e definire una strategia industriale europea comune per rafforzare la sovranità tecnologica del continente. La Finlandia si conferma un partner affidabile e rilevante, con una presenza crescente in Italia, riconoscendo nel nostro Paese un sistema produttivo avanzato, ponte verso l’Europa meridionale e il Mediterraneo”, ha dichiarato il Ministro.
Durante l'incontro, in materia di intelligenza artificiale comunitaria, è stata sottolineata la necessità di una stretta collaborazione tra i due Paesi nell’attuazione dell’AI Act europeo. Sul fronte bilaterale è stata ricordata poi da Urso la nascita in Italia della IT4LIA AI Factory, basata sul supercomputer Leonardo: un’iniziativa strategica per trasformare l’ecosistema nazionale dell’AI, sul modello della AI Factory finlandese. In tale contesto l’Italia si candida a ospitare una delle gigafactory che l'UE intende realizzare per promuovere lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, nell'ambito dell'AI Continent Action Plan.
Riguardo le tecnologie quantistiche i due ministri hanno ricordato le rispettive strategie nazionali anche all’interno della più ampia cornice di quella europea in materia. Urso e Tavio hanno sottolineato la necessità di interventi congiunti, mirati e di lungo respiro per valorizzare iniziative come il programma di ricerca e innovazione Quantum Flagship e il progetto dell'Accademia Europea del Quantum. L’Italia ha inoltre espresso interesse a collaborare alla definizione del futuro Quantum Act, atteso nel secondo trimestre del 2026.
Ampio spazio infine è stato dedicato alle politiche spaziali. Urso, in qualità di Autorità delegata per il governo, ha evidenziato la ritrovata centralità dell’Italia nel settore, emersa nel corso della Ministeriale dell’ESA che si è tenuta a Brema - presieduta dall’Italia che guiderà per il prossimo triennio il Consiglio - con l’annuncio della partecipazione di un astronauta italiano alla missione lunare Artemis. Il nostro Paese, ha spiegato Urso, ha deciso oltretutto di aumentare il proprio contributo al bilancio dell’Agenzia di oltre il 13%, portandolo a 3,5 miliardi.
Una cifra mai raggiunta dal nostro Paese e che assicurerà la copertura integrale di tutti i programmi per l’Italia prioritari con importanti ricadute per i 16 distretti industriali distribuiti sul territorio e per le 4 Space Factory nazionali. In questo contesto, ha ricordato il Ministro, si ritiene utile avviare un dialogo per valutare possibili sinergie con la Finlandia su programma spaziali “dual-Use”, come ad esempio quelli relativi all’Osservazione della Terra, alla trasmissione sicura di dati ed all’accesso autonomo allo Spazio.

Al termine dell'incontro si è svolta una seconda sessione di confronto con le aziende finlandesi specializzate nelle tecnologie avanzate attive nel campo delle telecomunicazioni, del software industriale e AI, del quantum computing e in materia di difesa, aerospazio e Cybersecurity. Presenti tra le 10 imprese finniche Nokia, IQM Quantum Computers, Unikie, ElFys, Aboa Space Research, Patria, Vaisala, Savox, Varjo, Jyvasectec. Per la parte italiana, hanno partecipato i rappresentanti di Thales Alenia Space, Telespazio e Leonardo.
La Finlandia ha infatti rafforzato in modo crescente la propria presenza industriale nel nostro Paese negli ultimi anni. A partire dal 2015, il numero delle imprese italiane partecipate da gruppi finlandesi è cresciuto del 35%, passando da 93 a 120 realtà nel 2024 con un totale di quasi 8.800 dipendenti.
s pazio: C on C lusa la ministeriale esa di Brema
L’Italia ritrova un ruolo centrale nella grande partita dello Spazio europeo e internazionale. Con un impegno finanziario senza precedenti e una rinnovata leadership politica e industriale, il nostro Paese si conferma tra i principali protagonisti dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). È questo il messaggio forte che arriva dal Council Meeting at Ministerial Level 2025 dell’ESA, svoltosi a Brema, che ha visto l’Italia distinguersi per visione strategica, capacità di investimento e peso politico nelle decisioni future dell’Europa nello Spazio.
A sottolineare la portata storica dei risultati è stato il ministro delle Imprese e del Made in Italy e Autorità delegata per lo Spazio, senatore Adolfo Urso, che ha commentato con parole chiare l’esito dei lavori: “L’Italia torna protagonista nello Spazio europeo, contribuendo in modo significativo alle determinazioni della Ministeriale dell'ESA. Lo dimostrano l’ingresso di un astronauta italiano tra i tre europei destinati alla missione lunare Artemis e la decisione di aumentare il nostro contributo all’Agenzia Spaziale Europea di oltre il 13%, portandolo a 3,5 miliardi. Una cifra mai raggiunta dal nostro Paese”.
Un risultato che non è solo simbolico, ma che si traduce in ricadute concrete sull’industria nazionale, sulla ricerca scientifica, sull’innovazione tecnologica e sulla sicurezza strategica del Paese.
La Ministeriale ESA: un appuntamento chiave per il futuro dello Spazio I Consigli Ministeriali dell’ESA sono appuntamenti che si tengono ogni tre anni e rappresentano il cuore decisionale dell’Agenzia. È in queste sedi che gli Stati membri stabiliscono programmi, finanziamenti e priorità per il triennio successivo, decidendo quali progetti sostenere e in quale misura.
A Brema, nel corso della Ministeriale 2025, si è delineata la rotta dell’Europa nello Spazio fino al 2028: accesso indipendente allo spazio, osservazione della Terra, navigazione satellitare, telecomunicazioni sicure, esplorazione umana e robotica, difesa e resilienza delle infrastrutture spaziali.
La delegazione italiana è stata guidata dal ministro Adolfo Urso, insieme al presidente dell’Agenzia Spaziale

Italiana (ASI), Teodoro Valente, in un lavoro di squadra che ha portato risultati di assoluto rilievo sul piano politico, industriale e scientifico.
L’Italia alla guida della Ministeriale e l’appuntamento del 2028
Uno dei momenti più significativi dei lavori è stata la designazione unanime di Adolfo Urso a presidente del Consiglio Ministeriale ESA 2025. Una nomina che rappresenta un riconoscimento diretto del ruolo dell’Italia all’interno dell’Agenzia.
Ancora più importante, però, è stato l’annuncio che l’Italia ospiterà la prossima Ministeriale ESA nel 2028, assumendo la presidenza del triennio che condurrà al nuovo Consiglio. Una responsabilità politica di primo piano che colloca il nostro Paese al centro delle future scelte strategiche dell’Europa nello Spazio.
“La ritrovata centralità dell’Italia è dimostrata anche dalla scelta dei Paesi membri dell’ESA di affidarci la presidenza della Ministeriale – ha spiegato Urso –. È il clima che guiderà il triennio della presidenza italiana fino al prossimo Consiglio Ministeriale ESA che ospiteremo nel 2028 nel nostro Paese”.
3,5 miliardi all’ESA: un investimento storico
Il dato che più colpisce è quello economico: l’Italia investirà 3,5 miliardi di euro nei programmi ESA nel prossimo triennio. Si tratta del maggiore investimento mai realizzato dal nostro Paese in ambito spaziale europeo.
Rispetto alla precedente tornata ministeriale, l’impegno italiano cresce di circa 500 milioni di euro, passando da poco più di 3 miliardi a 3,5 miliardi, con un incremento superiore al 13%. Un aumento che ha superato persino le aspettative dell’ESA, come sottolineato dallo stesso ministro.
Questo contributo conferma l’Italia tra i primi Paesi contributori dell’Agenzia, al fianco di Francia e Germania, le tre grandi potenze spaziali europee che guidano le scelte strategiche dell’ESA.
Tutti i programmi coperti: dall’accesso allo spazio alla sicurezza
Secondo quanto dichiarato dal ministro Urso, il nuovo contributo permetterà la copertura integrale di tutti i programmi ritenuti prioritari per l’Italia, con ricadute industriali dirette e indirette su tutto il sistema Paese.
Tra questi:
Accesso allo spazio, con i lanciatori Vega e Ariane, fondamentali per garantire l’autonomia europea nella messa in orbita di satelliti civili e militari;
• Osservazione della Terra, cruciale per il monitoraggio ambientale, climatico, agricolo e della sicurezza del territorio;
• Navigazione satellitare, con programmi come Galileo, essenziali per mobilità, logistica, telecomunicazioni e difesa;
• Comunicazioni sicure, sempre più strategiche in un contesto geopolitico instabile;
• Sperimentazione scientifica e tecnologica, sia in orbita che nello Spazio profondo.

Un astronauta italiano verso la Luna con Artemis
Tra i risultati più simbolici della Ministeriale di Brema, spicca l’ingresso di un astronauta italiano tra i tre europei destinati alla missione lunare Artemis, il programma internazionale guidato dagli Stati Uniti per il ritorno dell’uomo sulla Luna. Un traguardo che riporta l’Italia ai massimi livelli dell’esplorazione umana dello Spazio, dopo i grandi successi di astronauti come Malerba, Guidoni, Vittori, Nespoli, Cristoforetti e Parmitano.
La partecipazione al programma Artemis non ha solo un valore scientifico, ma anche industriale e tecnologico: componentistica, moduli abitativi, strumentazione scientifica e tecnologie sviluppate dalle imprese italiane saranno parte integrante delle missioni lunari.
Le ricadute sull’industria italiana
L’impegno da 3,5 miliardi non è solo una spesa pubblica: è soprattutto un moltiplicatore industriale ed economico. Il settore spaziale italiano conta oggi:
oltre 200 imprese specializzate, migliaia di addetti altamente qualificati, un indotto che spazia dall’aerospazio all’elettronica, dal digitale ai materiali avanzati.
Ogni euro investito nello Spazio genera ricadute su automotive, difesa, telecomunicazioni, agricoltura di precisione, monitoraggio ambientale, smart cities e intelligenza artificiale.
Le grandi aziende come Leonardo, Thales Alenia Space Italia, Avio, ma anche una fitta rete di PMI altamente innovative, sono tra i principali beneficiari delle commesse ESA.
Spazio, sicurezza e geopolitica: una nuova centralità strategica
Il Consiglio di Brema si è svolto in un contesto internazionale profondamente cambiato. Lo Spazio è oggi una vera e propria infrastruttura strategica per:
• la sicurezza nazionale,
• la protezione delle reti energetiche e digitali,
• il controllo delle frontiere,
• la gestione delle emergenze.
L’aumento dell’investimento italiano riflette anche questa nuova consapevolezza: lo Spazio non è più solo esplorazione scientifica, ma asset geopolitico fondamentale.
Il ruolo dell’ASI e il coordinamento nazionale
Accanto al ruolo politico del Governo, fondamentale è quello dell’Agenzia Spaziale Italiana, che coordina i programmi nazionali, le collaborazioni internazionali e il rapporto con l’ESA. La presenza del presidente ASI Teodoro Valente a Brema ha rafforzato il coordinamento tra istituzioni, ricerca e industria.
L’obiettivo è costruire una filiera sempre più integrata, capace di competere su scala globale e di attrarre investimenti esteri. Italia, Francia e Germania: l’asse europeo dello Spazio.

Nel suo intervento, Urso ha sottolineato anche il ruolo guida delle tre grandi nazioni spaziali europee: “Italia, Francia e Germania hanno indicato la via da seguire”. Un asse strategico che nei prossimi anni sarà decisivo per: lo sviluppo di nuovi lanciatori, la prossima generazione di satelliti, l’esplorazione lunare e marziana,l’autonomia tecnologica europea.
Verso la Ministeriale ESA 2028 in Italia
L’appuntamento ora è fissato per il 2028, quando l’Italia ospiterà il prossimo Consiglio Ministeriale ESA. Sarà un evento di portata mondiale, che porterà nel nostro Paese leader politici, scienziati, manager e industrie da tutta Europa e oltre.
Un’occasione unica non solo per fare il punto sui risultati del triennio, ma anche per disegnare la nuova strategia spaziale europea del prossimo decennio.
Una nuova stagione per lo Spazio italiano
Il Consiglio Ministeriale ESA 2025 segna dunque l’inizio di una nuova stagione per lo Spazio italiano: più investimenti, maggiore peso politico, protagonismo nelle missioni di esplorazione e una filiera industriale sempre più solida e competitiva. Lo Spazio non è più solo una frontiera scientifica, ma uno dei motori principali della crescita tecnologica, economica e strategica del Paese. E l’Italia, oggi più che mai, ha deciso di occupare stabilmente un posto di primo piano.
i mprese, al via le agevolazioni per la ri C onversione delle aree di C risi industriale
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con apposita circolare, ha disposto la riapertura degli sportelli per la presentazione delle domande di agevolazione riguardanti i progetti per la riconversione e la riqualificazione dei territori delle aree di crisi industriale di Venezia, Massa-Carrara e Gela, finalizzati al rilancio delle attività imprenditoriali e alla salvaguardia dei livelli occupazionali.
Le misure, che fanno ricorso al regime di aiuto della Legge 181/1989, prevedono lo stanziamento di:
• circa 16 milioni di euro per l’area di crisi industriale complessa di Venezia;
• 1.5 milioni di euro per l’area di crisi industriale non complessa della provincia di Massa-Carrara che comprende i Comuni di: Carrara, Massa, Montignoso, Bagnone, Filattiera, Mulazzo, Pontremoli.
• circa 16 milioni di euro per l’area di crisi industriale complessa di Gela che comprende i Comuni di: Gela, Niscemi, Mazzarino, San Cono, Acate, Vittoria, Caltagirone, Mirabella Imbaccari, San Michele di Ganzaria, Butera, Riesi, Caltanissetta, Delia, Marianopoli.
I programmi d’investimento di imprese, cooperative, consorzi e reti d’impresa (costituite da un minimo di 3 e un massimo di 6 imprese) ammissibili alle agevolazioni devono prevedere la realizzazione di investimenti produttivi e/o investimenti per la tutela ambientale, progetti di ricerca e/o di sviluppo sperimentale, progetti per la formazione del personale, progetti di innovazione di organizzazione o di processo e programmi occupazionali.

IncentIvo decreto coesIone
Il decreto coesione rappresenta uno degli interventi più rilevanti degli ultimi anni per sostenere lo sviluppo economico, l’occupazione e la competitività delle imprese, con particolare attenzione alle aree del Mezzogiorno e ai territori più fragili. Il provvedimento si inserisce in una strategia più ampia di rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale del Paese, con l’obiettivo di ridurre i divari strutturali e favorire una crescita più equilibrata.
Al centro del decreto coesione ci sono incentivi mirati alle imprese, strumenti per l’inserimento lavorativo, sostegni agli investimenti produttivi e misure per la creazione di nuova occupazione stabile. Un impianto articolato che intende agire su più leve contemporaneamente: sviluppo industriale, rafforzamento delle filiere locali, attrazione di capitali e valorizzazione del capitale umano.
Le finalità dell’incentivo
L’incentivo previsto dal decreto coesione nasce con una chiara finalità: stimolare nuovi investimenti e favorire l’occupazione, soprattutto nelle regioni del sud, nelle aree interne e nei territori colpiti da crisi industriali. La logica non è quella dell’assistenzialismo, ma del supporto attivo alle imprese che investono, innovano e creano lavoro.
In particolare, l’incentivo è pensato per: sostenere l’avvio di nuove attività produttive; rafforzare imprese già operative attraverso nuovi investimenti; favorire l’assunzione di personale, in particolare giovani, donne e lavoratori svantaggiati; accompagnare i processi di transizione digitale ed ecologica.
A chi si rivolge
I principali destinatari della misura sono le micro, piccole e medie imprese, ma in alcuni casi l’accesso è previsto anche per imprese di dimensione maggiore, soprattutto se impegnate in progetti strategici per lo sviluppo territoriale. Possono beneficiare

dell’incentivo aziende attive nei settori manifatturiero, servizi, commercio, turismo, logistica, innovazione tecnologica ed economia verde.
Un’attenzione particolare è riservata alle imprese che operano: nel Mezzogiorno; nelle aree Zes e nelle zone svantaggiate; nei distretti produttivi e nelle filiere strategiche.
come funziona l’incentivo
Il d ecreto c oesione prevede una combinazione di contributi a fondo perduto, crediti d’imposta, finanziamenti agevolati e sgravi contributivi, modulati in base alla tipologia di investimento e al profilo dell’impresa beneficiaria. La struttura dell’incentivo è pensata per ridurre il costo complessivo degli investimenti e rendere più sostenibile l’impatto finanziario per le aziende. L’accesso avviene generalmente tramite: bandi nazionali o regionali; piattaforme digitali dedicate; procedure valutative basate su requisiti economici, occupazionali e progettuali.
Impatto sulle PMI
Per le PMI, il decreto coesione rappresenta una leva concreta di rilancio, soprattutto in una fase economica caratterizzata da costi elevati, difficoltà di accesso al credito e forte competizione internazionale. Gli incentivi possono aiutare le imprese a: rinnovare impianti e macchinari; digitalizzare processi produttivi e gestionali; investire in sostenibilità ed efficienza energetica; rafforzare l’organico con nuove assunzioni. In molte situazioni, l’incentivo può fare la differenza tra il rinvio di un investimento e la sua effettiva realizzazione.
Il collegamento con Pnrr e politiche europee
Il decreto coesione si integra con le risorse del Pnrr, con i fondi strutturali europei e con le politiche industriali nazionali. L’obiettivo è costruire un sistema coordinato di incentivi, evitando sovrapposizioni e favorendo la programmazione di mediolungo periodo.
In prospettiva, questo approccio dovrebbe garantire maggiore stabilità agli strumenti
di sostegno alle imprese, consentendo una pianificazione più efficace degli investimenti.
c osa devono fare ora le imprese Le aziende interessate all’incentivo del decreto coesione dovrebbero: monitorare costantemente l’uscita dei bandi attuativi; verificare i requisiti di accesso; preparare in anticipo i piani di investimento; affidarsi a consulenti specializzati nella finanza agevolata. La tempestività nella presentazione delle domande è spesso determinante per l’accesso alle risorse.
L’Ist I t U to A J o B& o r I entA P er P ro MU overe L ’ed U c AZI one PrevIdenZIALe
L'Istituto consolida il suo impegno nell'orientamento e nell'educazione previdenziale dei giovani, partecipando alla 34ª edizione di JoB&orienta, il salone nazionale dell’orientamento, della scuola, della formazione e del lavoro, in corso a veronafiere dal 26 al 29 novembre.
La presenza dell'InPs a verona si inserisce nel più ampio progetto volto a sensibilizzare le nuove generazioni sull'importanza delle scelte formative e professionali e sul loro impatto sulla pensione futura. con un focus tematico d'attualità, “tra intelligenza naturale e intelligenza artificiale: competenze per il futuro”, la manifestazione 2025 offre il palcoscenico ideale per affrontare il ruolo cruciale della previdenza in un mondo del lavoro in rapida evoluzione.
L'Istituto ha allestito uno spazio espositivo condiviso con partner istituzionali chiave, quali il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, InAIL, InAPP, sLI e covIP: presso lo stand, studenti delle scuole superiori, neodiplomati, universitari e giovani in cerca di opportunità possono confrontarsi direttamente con interlocutori qualificati dell'Istituto. L'obiettivo è fornire informazioni utili e concrete per supportare le loro scelte, dalla gestione del proprio percorso formativo e lavorativo alla comprensione dei meccanismi che determineranno il loro futuro previdenziale.


La partecipazione a JoB&orienta 2025 riafferma l'InPs come partner strategico nel percorso di crescita e consapevolezza dei giovani, dotandoli delle conoscenze necessarie per navigare un mercato del lavoro sempre più influenzato dalle nuove tecnologie e per pianificare con responsabilità il proprio futuro.
settore edILe: conferMAtA LA rIdUZIone contrIBUtIvA
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con il Ministero dell’economia e delle finanze, ha confermato anche per il 2025 la riduzione contributiva dell'11,5%, a favore delle imprese del settore edile.
L’Istituto, con la circolare InPs 21 novembre 2025, n. 145, illustra i requisiti necessari per accedere al beneficio e spiega che l’agevolazione è riservata ai datori di lavoro classificati nel:
settore industria: codici statistici contributivi da 1.13.01 a 1.13.05; settore artigianato: codici statistici contributivi da 4.13.01 a 4.13.05.
La riduzione si applica esclusivamente agli operai occupati a tempo pieno (40 ore settimanali). non spetta ai lavoratori a tempo parziale e riguarda i contributi per le assicurazioni sociali, esclusa quella pensionistica. Per accedere al beneficio, le imprese devono: essere in possesso del dUrc (documento Unico di regolarità contributiva); rispettare la normativa sulla retribuzione imponibile; non aver riportato condanne per violazioni della sicurezza sul lavoro negli ultimi cinque anni; rispettare i contratti collettivi nazionali e territoriali. Le domande devono essere inviate esclusivamente online, mediante il modulo " r id- e dil", disponibile nel c assetto previdenziale del contribuente, nella sezione "comunicazioni on-line" e verranno elaborate entro il giorno successivo. Lo sgravio si riferisce al periodo che va da gennaio 2025 a dicembre 2025. In caso di esito positivo, viene attribuito il codice di autorizzazione "7n" per il periodo

novembre 2025 – febbraio 2026. Il termine per l'invio delle domande è fissato al 15 marzo 2026. si può fruire del beneficio fino a febbraio 2026, con la denuncia UnIeMens
La riduzione non è cumulabile con altre agevolazioni contributive (come l'esonero per l'occupazione giovanile) e non si applica in presenza di contratti di solidarietà per i lavoratori con orario ridotto.
osservAtorIo LAvorAtorI dIPendentI deL settore PrIvAto
È stato pubblicato l’ o sservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato con i dati del 2024. L’osservatorio conferma per il 2024 un mercato del lavoro caratterizzato da una crescita dell’occupazione costante, accompagnata da un incremento dei rapporti intermittenti (+4,9%) e da una contrazione della somministrazione (-2,5%) rispetto al 2023.
nel complesso, il sistema produttivo mostra segnali di tenuta e dinamiche differenziate tra le varie forme contrattuali e nei diversi territori del Paese.
nel corso del 2024 i lavoratori dipendenti del settore privato, esclusi operai agricoli e lavoratori domestici, sono stati 17,7 milioni, in aumento del 2% rispetto al 2023. Le retribuzioni medie annue, pari a 24.486 euro, crescono del 3,4%, mentre il numero medio di giornate retribuite si attesta a 247.
La composizione professionale resta sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente: gli operai (9.850.462 lavoratori) continuano a rappresentare il 56% del totale, circa la metà della platea, seguiti dagli impiegati (il 37%), dagli apprendisti e, in quote più contenute, da quadri e dirigenti. rispetto al genere, i lavoratori maschi rappresentano il 57% del totale con una retribuzione media annua di 27.967 euro, mentre per le lavoratrici la retribuzione media annua si attesta a 19.833 euro. nel complesso, la retribuzione media
aumenta al crescere dell’età, almeno fino alla classe 55–59 anni, e per il 2024 risulta pari a 24.486 euro.
La lettura territoriale dei dati mostra una concentrazione più elevata dell’occupazione nelle aree del nord (il 31,4% dei lavoratori dipendenti lavora nelle regioni del nordovest, il 23,3% in quelle del nord-est), seguite dal centro con il 20,7%, e dal Mezzogiorno con il 17,2%, secondo una configurazione che continua a rispecchiare la diversa composizione dei sistemi produttivi regionali. Anche le retribuzioni medie si dispongono lungo questa stessa geografia, con livelli più alti nelle due ripartizioni del nord: rispettivamente 28.852 euro nel nord-ovest e 25.723 nel nord-est.
nel 2024 il lavoro intermittente ha coinvolto 758.699 persone e si conferma una forma di impiego concentrata soprattutto nelle aree del nord, mentre il centro e il Mezzogiorno registrano quote più contenute. La presenza femminile è leggermente prevalente e il profilo retributivo riflette la natura discontinua di questa tipologia contrattuale: la media annua, pari a 2.648 euro, cresce al salire dell’età e presenta scostamenti ridotti tra uomini e donne. Gli importi più elevati si osservano nelle classi di età più mature, in particolare tra i 60 e i 64 anni e oltre i 65.
d iverso il comportamento della somministrazione, che nel 2024 mostra un lieve arretramento. I lavoratori con almeno una giornata retribuita nell’anno sono 915.062. In questo segmento prevale la componente maschile e il livello retributivo medio, pari a 10.578 euro, evidenzia un divario di genere più marcato rispetto all’intermittente, con 11.839 euro per gli uomini e 8.889 per le donne. Le retribuzioni variano sensibilmente anche per età: gli uomini raggiungono i valori più alti nella fascia 35–39 anni, mentre per le donne il picco si registra tra i 30 e i 34 anni. Anche la distribuzione territoriale segue una traiettoria precisa, con una maggiore presenza nelle regioni del nord e quote via via più contenute nelle aree centrali e meridionali.

BAndo BrIc 2025
con il bando Bric 2025, l’Inail intende valorizzare e implementare la propria rete scientifica, mediante l’affidamento di progetti in collaborazione di durata biennale, per lo sviluppo di tematiche di ricerca interdipartimentale e a carattere multidisciplinare, per il completamento degli obiettivi di ricerca e il consolidamento della rete scientifica in attuazione del Piano di attività di ricerca 2025/2027.
destinatari delle collaborazioni enti di ricerca pubblici e relative articolazioni organizzative interne (ad esempio dipartimenti) che siano dotate del relativo potere di rappresentanza nei rapporti con i terzi secondo i rispettivi ordinamenti o in virtù di specifici atti di delega, Università e relativi dipartimenti universitari, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
Le risorse finanziarie
Per l’attivazione del sistema di collaborazioni è previsto un finanziamento massimo per il primo anno di attività di ricerca pari ad € 14.405.000,00 a valere sulle risorse stanziate per la Missione ricerca nel bilancio di previsione dell’Inail per l’esercizio 2025.
Presentazione delle proposte progettuali
La domanda di partecipazione, unitamente alla proposta progettuale, deve essere presentata, pena l’esclusione, dal soggetto che abbia il potere di rappresentanza del destinatario istituzionale nei rapporti con i terzi, o di un suo delegato, inviando la domanda esclusivamente tramite l’apposita procedura online dal giorno 4 agosto 2025. Le proposte devono pervenire entro le ore 14:00 del 6 ottobre 2025.
con il presente bando, l’InAIL intende consolidare il proprio modello di rete scientifica e rafforzare il processo di valorizzazione dei risultati della ricerca, mediante l’attivazione di collaborazioni a titolo oneroso, per promuovere, secondo il paradigma dell’innovazione aperta, il confronto con qualificati partner del mondo

accademico, delle istituzioni e delle parti sociali, allo scopo di migliorare l’efficacia e l’impatto della propria azione, sia sul piano del perseguimento degli obiettivi di ricerca, che della promozione della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. In particolare, nel Piano delle attività di ricerca 2025/2027 - ricerca scientifica, è prevista l’attivazione, ai fini del raggiungimento delle finalità sopra indicate, di progetti in collaborazione di durata biennale, per lo sviluppo di tematiche di ricerca interdipartimentale e a carattere multidisciplinare sviluppate nei nove Programmi in cui è articolata la ricerca scientifica medesima.
Per l’attivazione del sistema di collaborazioni di cui al presente bando è previsto un finanziamento massimo per il primo anno di attività di ricerca pari ad euro 14.405.000,00 Possono inoltre essere coinvolte nei progetti Imprese con stabile organizzazione in Italia, che non abbiano impedimenti a contrarre con la Pubblica Amministrazione. Il loro apporto mira a favorire il trasferimento tecnologico e la sperimentazione sul campo di soluzioni innovative, rafforzando la concreta applicabilità dei risultati della ricerca. Le Imprese devono essere individuate dai d estinatari istituzionali mediante manifestazione pubblica di interesse preferibilmente prima della presentazione della domanda di partecipazione e, comunque, non oltre la sottoscrizione della convenzione di ricerca collaborativa, con l’indicazione dei dati identificativi da riportare nel progetto esecutivo.
Le Imprese così selezionate non potranno, in alcun modo, beneficiare direttamente o indirettamente del finanziamento approvato per il progetto in cui sono coinvolte, né essere affidatarie di acquisizioni di beni e servizi per la ricerca, nell’ambito del progetto stesso.
La data di presentazione on line della domanda di partecipazione alla selezione è comprovata da apposita ricevuta elettronica rilasciata, al termine della procedura di invio, dal sistema informatico che, allo scadere del suddetto termine ultimo per la presentazione, non permette più,
improrogabilmente, l’accesso alla procedura di candidatura e l’invio del modulo elettronico.
non saranno in ogni caso prese in considerazione le domande pervenute tramite modalità differenti da quella sopra indicata e/o comunque oltre il termine perentorio sopra indicato.
n ell’ambito della presente procedura valutativa, ciascun destinatario Istituzionale potrà presentare massimo tre proposte progettuali. ciascuna proposta dovrà avere ad oggetto una soltanto delle tematiche riportate nell’Allegato A. Qualora uno stesso destinatario Istituzionale presenti più di tre proposte, saranno prese in considerazione le prime tre proposte ammissibili secondo l’ordine cronologico di arrivo.
La verifica di ammissibilità delle domande presentate sarà effettuata dalla direzione centrale ricerca, alla stregua dei criteri riportati al paragrafo 5.1. La valutazione tecnico-scientifica delle proposte progettuali ammesse sarà invece effettuata da apposite commissioni, composte, in coerenza con la metodologia della “peer review”, da esperti dell’Istituto di particolare e comprovata qualificazione professionale nelle materie oggetto della collaborazione richiesta. Le commissioni saranno nominate dal direttore generale dell’I n AIL, su proposta del d irettore centrale ricerca, previa designazione congiunta da parte dei responsabili dei dipartimenti di ricerca.
Il punteggio totale raggiungibile è pari a 100 punti, quale somma dei punteggi massimi attribuibili per i singoli criteri di valutazione.
È riconosciuto un punteggio premiale di 2 punti – che si vanno ad aggiungere al totale calcolato come sopra - alle proposte progettuali che prevedano il coinvolgimento di Imprese ai sensi dell’art. 2 comma 3; detto punteggio premiale è elevato a 3 punti per le imprese che adottano policy finalizzate a promuovere la parità di genere, di cui alla legge 5 novembre 2021, n.162, in conformità alla norma UnI/Pdr 125:2022, rilasciata dagli organismi di certificazione accreditati

ai sensi del regolamento ce 765/2008.
Il possesso della certificazione della parità di genere da parte dell’impresa è dichiarato in sede di presentazione della domanda da parte del destinatario istituzionale; il certificato della parità di genere dovrà essere comunque prodotto al momento della sottoscrizione della convenzione di ricerca collaborativa.
La sussistenza del presupposto per l’attribuzione del punteggio premiale sarà verificata al momento della stipula della convenzione di ricerca collaborativa. non saranno ricomprese nelle graduatorie dei progetti finanziabili le proposte progettuali che abbiano riportato un punteggio nella valutazione inferiore a 50 punti. Le commissioni, sulla base della valutazione effettuata, predisporranno una graduatoria dei progetti finanziabili, con l’indicazione del relativo importo di finanziamento riconosciuto per l’intera durata biennale della collaborazione.
Qualora risultasse ammessa a finanziamento, nei limiti dell’importo massimo previsto, più di una proposta progettuale nell’ambito della stessa tematica, l’Unità operativa InAIL che svolgerà attività di raccordo per la stesura dei relativi progetti esecutivi sarà unica per tutti i progetti risultati vincitori, al fine di garantirne la massima coerenza con gli obiettivi scientifici programmati, evitando in tal modo sovrapposizioni e duplicazioni di attività.
Le MALAtt I e P rofess I on ALI : U n A resPonsABILItà condIvIsA
cosa sono le malattie professionali? come si possono prevenire? Quali tutele sono previste? chi se ne occupa? Queste le domande a cui il convegno “Le malattie professionali: una responsabilità condivisa”, tenutosi a Biella martedì 13 novembre, ha cercato di rispondere.
Aumentano le denunce di malattia professionale. L’incontro, promosso dal comitato consultivo provinciale Inail che ha co-progettato l’iniziativa con la sede territoriale biellese, si è svolto presso l'Aula Magna dell'ospedale degli infermi, messa a

disposizione dall'Asl di Biella che ha anche concesso il suo patrocinio, segno di interesse e sensibilità nei confronti di un fenomeno che nell’ultimo quinquennio, a livello nazionale e regionale, vede un incremento del numero di denunce riscontrabile anche nel Biellese, territorio in cui prevale il contesto produttivo tessile, dove dal 2023 al 2024 le domande di riconoscimento di malattia professionale sono passate da 50 a 59. obiettivo della giornata era innanzi tutto approfondire come interagiscono i diversi attori nell’ambito dell’Asl e dell’Inail, nel riconoscere, trattare e soprattutto prevenire “un fenomeno silenzioso che presenta il conto a distanza di tempo”, come è stato definito dai relatori, che risulta non essere ancora adeguatamente rappresentato sia nelle statistiche Inail che in quelle dei servizi di Prevenzione delle AsL.
Gli interventi. Il convegno si è aperto con i saluti di roberto ruffato, vicepresidente del co.co.pro. biellese e del direttore generale dell’Asl Biella, Mario sanò. I lavori hanno preso avvio esaminando il ruolo dello spresal e del medico competente nella trattazione delle tecnopatie grazie agli interventi di Marta terzi, direttrice dello spresal Asl Biella e dei medici competenti Marilia ramirez e Alberto Pollone, e sono proseguiti presentando l’iter amministrativo e sanitario dell’Istituto, a cura rispettivamente di Matteo Botta, direttore territoriale Inail vercelli-Biella, e di raimondo casini, dirigente medico Inail presso la sede di Biella. La giornata di studio è proseguita con una tavola rotonda moderata da silvia Berra, responsabile Ambiente sicurezza sostenibilità presso l’Unione industriali di Biella, a cui hanno presso parte rappresentanti dei medici competenti, degli rsPP, degli rLst, dei datori di lavoro e dello spresal.
Loy: “Il consiglio di indirizzo e vigilanza sottolinea da tempo la necessità di rafforzare la funzione sanitaria dell’Istituto”. “La giornata di studio e riflessione sulle malattie professionali - ha dichiarato Guglielmo Loy, presidente del consiglio di indirizzo e
vigilanza Inail a conclusione dei lavoriorganizzata dal c omitato consultivo provinciale di Biella, insieme alla direzione territoriale, alla sede ed alla direzione regionale, ha una notevole valenza per l’analisi del fenomeno tecnopatico con riferimento all’andamento delle denunce di malattia professionale e del loro accoglimento, ma anche con riferimento alla sensibilizzazione nei confronti di lavoratrici, di lavoratori e delle imprese affinché emergano sempre più i casi che sfuggono alla tutela”. “L’aumento che si registra nelle denunce di malattia professionale – ha aggiunto Loy - è da accogliere con favore in quanto testimonia un’attenzione maggiore a questo fenomeno, ma è essenziale, al contempo, la conoscenza dei luoghi dove si incontrano lavoratrici/ lavoratori, imprenditori e artigiani per l’analisi dei processi che possono portare all’insorgenza di una patologia lavorocorrelata. Il consiglio di indirizzo e vigilanza sottolinea da tempo la necessità di rafforzare la funzione sanitaria dell’Istituto nelle sue articolazioni territoriali e di individuare le modalità per affrontare il tema della disomogeneità di riconoscimento dell’origine professionale delle malattie nei vari territori”.
Princigalli: “vanno intensificate le attività di informazione e di sensibilizzazione”. Il direttore regionale Inail, d omenico Princigalli, nel ringraziare il co.co.pro, la direzione territoriale, la sede di Biella e i relatori ha dichiarato: “tutti i contributi presentati hanno offerto un’importante occasione di approfondimento sul tema delle malattie professionali rendendo i partecipanti ancora più consapevoli che occorre intensificare le attività di informazione e di sensibilizzazione per favorire l’emersione delle malattie professionali perdute e garantire così a tutti omogeneità di tutela e il riconoscimento del diritto alla salute”.
Bocchio: “Il lavoro comune di Inail e del comitato”. Paola Bocchio, presidente del co.co.pro. di Biella ha infine evidenziato come “il convegno sia nato da un lavoro.
InvItalIa rIlancIa lo scale-up delle I mprese I nnovat I ve: una grande occasIone anche per le pmI
In una fase storica segnata da trasformazioni profonde del mercato, dall’aumento dei costi produttivi e da una competizione internazionale sempre più intensa, la capacità delle piccole e medie imprese di crescere in modo strutturato rappresenta una condizione essenziale per la tenuta e lo sviluppo del nostro sistema produttivo. In questo contesto, l’azione di Invitalia a sostegno dello scale-up delle imprese innovative assume un valore strategico che merita particolare attenzione.
negli ultimi tre anni, il sostegno pubblico ha accompagnato migliaia di imprese in percorsi di consolidamento e crescita, attivando un volume significativo di investimenti. un dato che dimostra come, accanto alle difficoltà, esistano strumenti concreti in grado di sostenere le aziende che scelgono di investire, innovare e rafforzare il proprio posizionamento sul mercato.
Il concetto di scale-up non riguarda solo le startup, ma coinvolge sempre più spesso anche le pmI tradizionali, chiamate a compiere un salto dimensionale e organizzativo per restare competitive. digitalizzazione, automazione, sostenibilità, internazionalizzazione e nuovi modelli di business non sono più opzioni, ma elementi strutturali delle strategie d’impresa. tuttavia, affrontare questi percorsi richiede risorse finanziarie, competenze e una visione di medio-lungo periodo che non sempre sono immediatamente disponibili.
È proprio su questo terreno che strumenti come quelli messi in campo da Invitalia possono fare la differenza. non si tratta soltanto di finanziamenti, ma di un accompagnamento che aiuta le imprese a strutturare progetti sostenibili, a pianificare la crescita e a ridurre il rischio legato agli investimenti più innovativi. per molte pmI, questa rappresenta un’occasione concreta per superare quella “soglia critica” che
spesso frena lo sviluppo.
come associazione di categoria, riteniamo fondamentale stimolare le imprese associate a non attendere passivamente il ripristino di singole misure ormai esaurite, ma a guardare in modo più ampio agli strumenti oggi disponibili. la capacità di intercettare per tempo le opportunità, preparare progetti credibili e rafforzare la propria struttura organizzativa è oggi uno dei principali fattori di successo. la sfida che abbiamo davanti non è soltanto quella della sopravvivenza, ma quella della crescita qualificata. le pmI che sapranno trasformare l’innovazione in un processo continuo e strutturato saranno quelle in grado di generare valore, occupazione e competitività nel medio periodo. In questa direzione, lo scale-up non è più un’opzione per pochi, ma una prospettiva possibile per un numero sempre più ampio di imprese.
Il ruolo delle associazioni resta centrale: informare, orientare, accompagnare le aziende verso le scelte più consapevoli. solo così il sostegno pubblico potrà tradursi in sviluppo reale per i territori e in un rafforzamento duraturo del sistema produttivo nazionale.sarà fondamentale rafforzare la cultura. d’impresa, potenziare i sistemi di formazione continua e facilitare l’accesso a strumenti finanziari evoluti, anche grazie all’integrazione tra finanza tradizionale e nuovi modelli di investimento, come il venture capital e i green bond. Il sistema delle pmI italiane ha dimostrato, nel tempo, una capacità straordinaria di adattamento e di innovazione silenziosa, spesso invisibile alle statistiche ma fondamentale per la tenuta sociale ed economica dei territori.
oggi, più che mai, è necessario che questa capacità venga riconosciuta, valorizzata e sostenuta in modo strutturale, affinché l’Italia possa affrontare le sfide globali con un tessuto produttivo forte, coeso e orientato al futuro per affrontare con serenità il percorso fiscale e contributivo del secondo semestre dell’anno.
IncentIvI per l’assunzIone dI donne nel 2025: un’opportunItà concreta per le Imprese
nel 2025 le imprese italiane hanno a disposizione uno strumento importante per rafforzare l’organico e, allo stesso tempo, ridurre il costo del lavoro: gli incentivi per l’assunzione di donne introdotti nell’ambito del decreto coesione. la misura nasce con un duplice obiettivo: favorire l’occupazione femminile, ancora oggi caratterizzata da forti divari rispetto a quella maschile, e sostenere le aziende, in particolare le piccole e medie, in una fase economica complessa.
l’incentivo si traduce in un esonero totale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo che può arrivare fino a 24 mesi, a condizione che l’assunzione avvenga con contratto a tempo indeterminato. Il risparmio per l’impresa può arrivare fino a circa 650 euro al mese per ogni lavoratrice assunta, una cifra che, su base annua, incide in modo significativo sulla sostenibilità economica dell’inserimento.
possono rientrare nel beneficio diverse tipologie di lavoratrici: donne disoccupate da lungo tempo, residenti nelle aree del mezzogiorno, oppure inserite in settori dove il divario di genere è particolarmente marcato. l’incentivo è pensato proprio per intervenire dove il mercato del lavoro è più fragile, creando nuove opportunità sia per le persone sia per le imprese.
per le pmI, questo strumento rappresenta una leva strategica concreta. ridurre il costo contributivo significa poter assumere senza appesantire eccessivamente i conti aziendali, inserire nuove competenze, rafforzare uffici chiave come amministrazione, commerciale, produzione, marketing o ricerca e sviluppo. In molti casi, l’incentivo può trasformare un’assunzione “rimandata” in una scelta finalmente sostenibile.
Il bonus per l’assunzione di donne si inserisce in un quadro più ampio di misure per l’occupazione che nel 2025 comprende anche agevolazioni per giovani, disoccupati di lunga durata e categorie svantaggiate.

