Maggio

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Anno XIX- maggio 2011 - n. 255

pag 11 _

Tornata referendaria

Povera cultura! pag 15/20 _ l'epopea dei tagli Storie di ordinaria precarietĂ pag 29 _ 100 capolavori da Francoforte

pag 8/9 _

DignitĂ clandestina www.nuove-proposte.com



Nuove Proposte |

_ aggio ‘11

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| Editoriale e periscopio

| Attualità

4 _ La verità su Lampedusa 5 _ La nostra stagione

6 _ Chi ha paura del nucleare? 8 _ 9 aprile: il futuro è adesso 10 _ Ma quanto ci costi 11 _ Tornata referendaria 12 _ Magia a Valmontone 13 _ Una Vergine pellegrina 14 _ Se lo conosci lo eviti 15 _ Taglio netto 16 _ Fondi alla cultura, epopea tragica 18 _ Un’orchestra senza note 19 _ Musica snobbata 20 _ Prove di cittadinanza attiva

| La nostra proposta

| A tu per tu

21 _ Mmmmmh Mamò

22 _ Hang, questo sconosciuto 23 _ Il trucco c’è ma non si vede | Focus 25 _ L’equilibro della catasta 26 _ Mineo e Manduria 27 _ Emergenza profughi

| Arti & culture

24 _ Moro, trentatre anni dopo Roma a dimensione bambino 29 _ Cento capolavori da Francoforte 30 _ La chiamano arte povera 31 _ Un “sacco” di design 32 _ Come eravamo 33 _ Dalla lira all’euro 34 _ Toccare la pittura 35 _ L’Italia delle 21 36 _ Unità è arte Verso il 2025 37 _ Scommessa turismo 38 _ Viaggiare a tavola Il colore dei pensieri 39 _ Il potere della memoria 40 _ Te volemo bene | Tech & business 41 _ Per un pugno di euro 42 _ Goal no goal 43 _ Smart Auto | Modi & Mode 44 _ Mani di fata Abbronzati naturalmente 45 _ Da capo a piedi 46 _ 2000 anni e non sentirli 47 _ Grande tennis nella Città Eterna 48 _ I “pugnaloni” di Acquapendente La festa “delle rose”

| Post it

direzione editoriale | Borgia Edizioni | borgia@nuove-proposte.com direttore responsabile | Luigino Borgia | direttore@nuove-proposte.com direttore | Andrea Riccio | ariccio@nuove-proposte.com vicedirettore | Mario Russo | mrusso@nuove-proposte.com assistente editoriale | Pierpaolo Polcaro | ppolcaro@nuove-proposte.com art director | Stefano Greco, Alessandro Borgia | capiredattori | Francesca Carli, Andrea Vitale | fcarli@nuove-proposte.com avitale@nuove-proposte.com segreteria di redazione | Lina Borgia | redazione@nuove-proposte.com lettori@nuove-proposte.com hanno collaborato a questo numero: | Angela Abozzi, Rosalba Abozzi, Piero Ambrosi, Fernanda Annicchiarico, Luigi Bernardi, Riccardo Borgia, Beatrice De Sanctis, Ernesto Fabbricatore, Carlo Franciosa, Iwona Grzesiukiewicz, Priscilla Rucco Buzzantro, A.Rita Scheri, Marinella Sicuso, Tommaso Travaglini, Michele Trotta, Luciana Zanuccoli | fotografo | Alessandro Giustiniani | pubblicità in proprio Tel. : 06 43598964 / 43683672 Mobile : 335 6611311 direzione e amministrazione Via L.V. Bertarelli, 29/i - 00159 Roma Tel. 06 43598964 / 43683672 Fax 06 43566719 www.nuove-proposte.com abbonamento (spedizione postale) annuo ordinario euro 30,00 annuo sostenitore euro 60,00 per abbonamenti: Codice IBAN: IT56 B050 3503 2011 1857 0266 387 VENETO BANCA Fil. Roma Tiburtina Nuove Proposte Via L.V. Bertarelli, 29/i - 00159 Roma iscrizione nel registro stampa del tribunale di Roma n. 660/92 del 19/12/1992 stampa C.S.R. La riproduzione di testi e immagini deve essere autorizzata per iscritto dall’editore. La responsabilità dei contenuti dei testi è esclusivamente degli autori. Salvo accordi scritti o contratti di cessione copyright, la collaborazione è da considerarsi del tutto gratuita e non retribuita. Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Finito di stampare: maggio 2011 Si ringraziano gli inserzionisti pubblicitari per il loro contributo che consente la pubblicazione e la diffusione di questo periodico.

49 _ Agenda / Auguri 50 _ Bacheca / Oroscopo Associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana


_ e verità su Lampedusa La necessità di una politica italiana sull’immigrazione

Direttore Responsabile Luigino Borgia

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ell’odierna vicenda degli sbarchi a Lampedusa, al di là delle visioni antitetiche – dettate per lo più da concezioni di marca ideologica – che stanno alimentando il dibattito e i media in questi giorni, e al di là di un’indubbia e giustamente ineliminabile componente emotiva, ci sono alcuni aspetti che credo possano essere ritenuti fatti oggettivi. Primo fatto: l’Italia, per la sua posizione geografica, si configura come un naturale “approdo” per i popoli migranti provenienti dal Maghreb e dal Medio Oriente. Questa posizione connaturata non deve comportare in modo altrettanto naturale la permanenza di tutti i migranti sul suolo nazionale, soprattutto se questa permanenza

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non viene debitamente organizzata a livello istituzionale. Secondo fatto: il nostro Paese, ad oggi, non ha attuato delle consone politiche di immigrazione e le leggi vigenti non si configurano come uno strumento idoneo a gestire i flussi migratori. Questo perché, troppo rigide in certi aspetti, queste leggi non rappresentano un buon deterrente alla clandestinità, non facilitano l’accesso “regolare” delle comunità extracomunitarie e non consentono, di conseguenza, di cogliere l’apporto positivo che queste popolazioni hanno sulla nostra economia, ma anche sulla nostra cultura e società. L’inadeguatezza della nostra policy su questo tema è evidente anche nel comportamento avuto dalla Commissione Europea in occasione degli ultimi sbarchi; in sostanza l’Europa dichiara che l’Italia è di fronte ad un problema di gestione interna, in quanto gli altri “membri storici” dell’Unione hanno una popolazione immigrata tripla rispetto alla nostra, pur avendo meno di un terzo dei nostri problemi. Terzo fatto: non possiamo pensare di poter sostituire un intervento strutturato e serio sui flussi di migranti con accordi bilaterali con alcune nazioni

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che si affacciano sull’altra sponda del Mediterraneo. In particolare, il riferimento è all’intesa stretta con la Libia in merito ai cosiddetti respingimenti che, sebbene poco narrati dai nostri telegiornali, si sono rivelati una pratica inumana, inosservante dei principali diritti umani e primo fra tutti, in numerosi casi, quello alla vita. Quarto fatto: anche se, giustamente, non si ha intenzione di accettare l’ingresso di tutti gli sbarcati a Lampedusa, non è possibile negare - per la loro, anche breve, permanenza nei centri di accoglienza italiani - delle condizioni igieniche decorose, né tantomeno bloccare gli aiuti delle organizzazioni umanitarie; considerando questi esseri umani alla stregua di animali, o anche peggio. Enunciati i fatti, non intendo banalizzare l’attuale problema che sta coinvolgendo il nostro paese, né affermare che esista una soluzione immediata e indolore. Quel che è certo è che se i decisori non prendono coscienza dell’inadeguatezza delle odierne politiche sul tema continueremo a procedere a tentoni, nel caos assoluto, perdendo anche di vista la sfida che ci viene lanciata dalla globalizzazione.


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_ a nostra stagione Epopea (a lieto fine) della cittadinanza attiva

Direttore Andrea Riccio

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iassunto delle puntate - e degli stati d’animo - precedenti. Circa dodici periscopi fa (se la memoria non mi tradisce, si trattava proprio del mio periscopio d’esordio) ho parlato di un’Italia che percepivo alla deriva, sia sul piano istituzionale che civile. Raccontavo il vuoto politico e di cittadinanza da cui mi sentivo circondata ed asfissiata. Raccontavo tutta la mia indignazione e il mio disappunto. E in questi mesi, sia che si parlasse di istruzione pubblica, che di nuovi e deprimenti modelli di star system, o dell’atteggiamento nostrano, e occidentale in generale,

nei confronti delle rivolte medio-orientali, ho proseguito imperterrita nella narrazione di questa deriva nazionale, di un Paese che sentivo sempre meno mio e dal quale, nonostante tutto, non voglio separarmi, convinta come sono che necessiti della forza, dell’energia – ma anche della rabbia – di quelli della mia generazione (e di quelle vicine) per cominciare un difficile, ma possibile, processo di cambiamento. Tra le altre cose, uno dei temi, più o meno esplicito, periscopio dopo periscopio, che ho vissuto con maggior malessere è stato il senso di totale deresponsabilizzazione civile e sociale di noi italiani tutti. Ad un anno di distanza, la mia indignazione resta immutata. Eppure il mio stato d’animo è cambiato. Alla decostruzione mensile, al pessimismo cupo sono subentrati l’ottimismo timido e la voglia di sperare, su basi concrete. Non tanto nella politica, nell’establishment, nei poteri forti, nei confronti dei quali ho ormai - credo definitivamente - perso le speranze. Quanto piuttosto nei cittadini, che a mio avviso sono il vero motore del cambiamento, l’unica opinione pubblica possibile, potenzialmente dotata di un potere

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di influenza enorme se utilizzato nella pienezza di tutti i diritti – e i doveri – che contempla. Ecco, oggi tra incontri casuali, chiacchierate, interviste, manifestazioni ho la sensazione che qualcosa bolla in pentola, che il senso di stanchezza sia diventato un fattore generalizzato e che la cittadinanza sia pronta a reclamare ciò che le è stato tolto, o di cui si è privata, in questi anni. Gli indizi di questa nuova ventata mi hanno investito da più fronti: dalla lunga intervista con i “Perturbazione”, che così bene hanno riassunto i miei fiumi di inchiostro nel brano “Esemplare”;dalle donne prima, e dai precari poi, scesi in piazza in modo festoso, colorato e deciso, come cittadini prima di tutto, piuttosto che come categoria o appartenenti a specifici partiti politici. Ma anche dai residenti di San Lorenzo che, in un’occupazione totalmente trasversale tra le classi sociali e le categorizzazioni di ogni sorta, hanno deciso di riprendersi uno spazio del quartiere, per renderlo un luogo collettivo di cultura anziché un casinò. C’è fermento insomma. E mi viene da pensare, e da sperare soprattutto, che sia finalmente il tempo di una nuova stagione. La nostra stagione.

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hi ha paura del nucleare?

Le verità... omesse

_ di Priscilla Rucco Buzzantro

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erché per le ferie estive non organizziamo una vacanza in Giappone, tralasciando mete “sicure” come la Polinesia francese? No, non siamo impazziti, vogliamo solo lanciare una provocazione verso il timore che ciò che è pubblicizzato faccia meno male di ciò che non lo è. Dopo una serie di rilevazioni (effettuate in

questi giorni sul tetto dell’ Ambasciata italiana a Tokyo) per opera della Protezione Civile è emerso che il sottosuolo di Roma sarebbe più radioattivo di Tokyo. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha subito tenuto a precisare che la radioattività di cui si parla ha origini naturali, cioè sia naturalmente presente nell’ ambiente (mentre quella artificiale è generata dall’ uomo attraverso la costruzione di energia nucleare, apparecchi medici eccetera), nell’ aria o nel suolo, oltre che in alcuni materiali di costruzioni, come il tufo o il granito - seppur in misura debole - o nei sanpietrini, che contengono un elemento chiamato torio. Dall’ 11 marzo del 2011 - data del terremoto in Giappone e del conseguente tsunami che ha provocato il disastro della centrale di Fukushima - è tornata la paura tangibile del nucleare. Per cercare di chiarire e di far luce su ciò che realmente sta accadendo abbiamo intervistato l’Ingegnere Meccanico Livio Medda e l’Ingegnere Nucleare Riccardo Igor Renzulli. Che cosa è successo nell’impianto nucleare di Fukushima? E soprattutto, la salute dei cittadini italiani è in pericolo a causa di questa tragedia? Per permettere a una centrale nucleare il corretto funzionamento è necessario l’utilizzo di

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acqua, che moderi la reazione e in più serva a creare vapore necessario per produrre energia tramite turboalternatori. Durante il corretto funzionamento, vengono prodotte innocue quantità di idrogeno e ossigeno che vengono eliminate immediatamente da opportuni sistemi di estrazione. Quando invece vi è un incidente, nel caso in cui venisse a mancare il regolare flusso di acqua, ci sarebbe un conseguente surriscaldamento del combustibile, che si troverebbe scoperto per scarsità d’acqua. Il combustibile nucleare a contatto con il vapore lo surriscalda oltre misura, creando eccessiva produzione di idrogeno e ossigeno, che si legano a formare ossidrogeno, questo gas deve essere espulso rapidamente per non creare eccessive sovrapressioni. Il disastro di Fukushima ha avuto luogo non per il terremoto, ma per lo tsunami che si è abbattuto sulla centrale, posizionata in prossimità del mare e progettata comunque per sopportare uno tsunami di proporzioni inferiori a quelle a cui è stata soggetta. Questo disastro non avrà alcun impatto sulla nostra salute, poiché le radiazioni emesse da un reattore nucleare sono assorbibili in poco tempo e di bassa propagazione; dovremmo invece temere le esplosioni atomiche fatte nell’ atmosfera per i test militari. Di quali esplosioni state parlando? A Muroroa dal 1960 al 1992 ci sono state ben 48 esplosioni atomiche nell’ atmosfera e 147 sotterranee, ciò che ne deriva è un disastro sotto ogni punto di vista, si rischia perfino che l’atollo francese si inabissi creando uno tsunami di 20 metri. Su una nota enciclopedia consultabile in internet si trovano dei dati terrificanti, una vera e propria lista di tutti i test militari effettuati dai singoli Paesi nel mondo. La Francia dal 1960 al 1996 ha compiuto 210 test nucleari di cui 47 in atmosfera, la Cina ne avrebbe fatti 45 dal 1964 al ‘96, l’ India, dal ‘74 al ‘98, 6 tutti sotterranei, il Nord Corea nel 2006, con il suo esperimento nucleare, ha creato un terremoto di 4.2°di intensità, gli Stati Uniti dal 1945 al 1992 hanno effettuato ben 1054 test nucleari, 715 l’Urss dal 1949 al 1990 (215 in atmosfera), l’Inghilterra, dal 1952 al 1991, 45 test. Tirando le somme sono stati fatti due esperimenti nucleari al mese in circa 51 anni. Ma gli atolli francesi non sono mete turistiche ambite? Certo, la Polinesia francese comprende ben 118 isole – in cui vivono circa 254.000 per-

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sone - raggruppate in 5 arcipelaghi, le zone più conosciute sono Bora Bora e Thaithi. Chi va in viaggio in queste zone apparentemente bellissime, sicuramente non è a conoscenza delle 240 bombe nucleari esplose per i test militari della Francia. Abbiamo paura dei reattori nucleari perché li possiamo vedere, ma a volte isole meravigliose possono nascondere pericoli invisibili che potrebbero creare danni seri alla nostra salute. Perché si temono le centrali in Italia? E secondo voi, il nucleare sarà mai una realtà nel nostro paese? Ciò di cui abbiamo bisogno è la certezza che non accadrà mai nulla di negativo, ma questa sicurezza non potrà mai essere data da nessuno. Certo, sembra un controsenso negarci il nucleare quando poi l’ Italia è circondata da paesi come la Germania e la Francia che lo utilizzano; sarebbe come chiedere ad un architetto di plasmarci una casa di cristallo e pretendere che non si romperà mai.

COME SI RICAVA L’ENERGIA NUCLEARE _di Fernanda Annicchiaico

Definita “fonte di energia primaria” in quanto presente in natura e non derivante da trasformazione di altro tipo di energia. Può essere generata da due processi: la fissione e la fusione. In merito alla prima, all’interno delle centrali, l’uranio viene bombardato da neutroni così da far dividere il suo nucleo in due nuclei più piccoli che a loro volta, a contatto con i neutroni, si scindono nuovamente, dando origine alla reazione nucleare a catena. Proprio da questo processo di fissione si ricava l’energia. Il processo di fusione, analogo a quello che avviene nel sole e nelle stelle, invece, consiste nell’unione di due o più nuclei atomici attraverso una temperatura elevatissima in grado di vincere la resistenza dei protoni. Una volta uniti, però, il nucleo risultante avrà una massa minore rispetto alla semplice somma delle due masse iniziali (difetto di massa) e la massa in “disavanzo” è quella che viene così convertita in energia seguendo la legge di Einstein.


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_ aprile: il futuro è adesso Giovani – e meno giovani – in piazza contro il precariato _ di Andrea Riccio Michele Trotta

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n Pulcinella del terzo millennio. Maschera nera, giacca e cravatta sotto il primo, caldo sole di aprile. Nel complesso, decisamente provocatorio. Naturale che l’occhio cada su di lui in questa Piazza della Repubblica gremita di persone, striscioni e voci. “Ciao, mi racconti la tua storia di ordinaria precarietà?”. Nessun tentennamento. “Ciao sono Stefano, precario dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale n.d.r.) da ormai dieci anni. In realtà sono sceso in piazza soprattutto per i miei colleghi che hanno contratti ben peggiori del mio, per i miei amici che sono andati all’estero e che dovrebbero aveE-book | re la possibilità di tornare”. “Ma come vanno le cose all’ISPRA ?”. La domanda sorge spontanea dal momento che Stefano è attorniato da un nutrito gruppo di colleghi mascherati. Il che fa pensare che

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le cose non vadano esattamente per il verso giusto. “L’ISPRA è frutto di una fusione e io - in linea di principio – sono anche d’accordo: razionalizzare la gestione, ridurre i costi per far sì che tutto funzioni al meglio. Ma è proprio questo il punto: quand’è che l’ISPRA comincia a funzionare? Ancora non sappiamo cosa fa questo istituto, sono passati degli anni

Stefano, precario all’ISPRA | e chi ci lavora o deve avere dei compiti precisi (e contratti precisi) o meglio licenziare tutte queste persone se non servono”. Il paradosso

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al limite della provocazione svela la rabbia di Stefano e dei suoi colleghi, ma soprattutto il loro sconcerto per un mondo del lavoro sempre più instabile, sempre meno “sicuro” e nitido sia a livello professionale che contrattuale. Sono, infatti, tante ed estremamente varie le storie di prassi precaria rappresentate in questo corteo. Da Valentina, studentessa 28 enne, che dopo 7 anni di lavori impossibili ha finalmente un contratto subordinato “ma con un alto tasso di ricattabilità”, per la quale “stabilizzare un lavoratore non sem-


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11 anni di precariato | pre significa dargli delle garanzie, renderlo un soggetto con diritti e doveri. Quindi io oggi sono qui per dire no al precariato, che non solo compromette il mondo del lavo-

ro, ma anche la vita privata dei cittadini. Il precariato può decidere se avrò una casa di proprietà, o magari dei figli e la possibilità di farli studiare. Molto più banalmente, il lavoro precario può determinare se andrò o meno in vacanza o se potrò concedermi una pizza fuori con gli amici”. A Marina che in una mano ha uno striscione e nell’altra la manina della figlia: “sono stata catalogatrice dell’archivio dell’Istituto Luce per 11 anni, sempre con contratti a progetto. Quest’anno, a causa della crisi, non mi hanno rinnovato il contratto e non è per niente facile - a 41 anni e con una figlia - trovare un altro lavoro ”. Fino a Claudio, cinquantenne non più precario, che ha deciso di scendere in piazza “per solidarizzare con i giovani che rappresentano la parte più produttiva del nostro Paese, ma anche la più fragile e la meno tutelata. La disoccupazione giovanile tocca il 30% ed io mi chiedo che futuro avranno i miei figli”, e a Riccardo che, studente liceale, manifesta in prima persona per difendere il suo futuro e per dire il suo NO al precariato: “Non voglio iniziare l’università sapendo che non c’è alcuna opportunità lavorativa ad attendermi. Noi giovani meritiamo più sicurezze”. E soprattutto meritiamo tutti condizioni lavorative più eque, se è vero quel che dice la nostra Costituzione. Sin dal primo articolo.

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_ a quanto ci costi? Politica centrale e locale, portafogli a confronto _ di Michele Trotta

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bbattiamo i costi della politica! Lo slogan è di quelli che farebbero proseliti su qualunque uditorio, dinanzi a qualsiasi platea, specie quando l’avvicinarsi delle elezioni coincide con quei periodi di “vacche magre” con cui ormai tutti abbiamo fatto l’abitudine a convivere. Così, anche “le amministrative 2011” avrebbero riproposto nel loro abecedario preelettorale il ricorrente ritornello, se non fosse che ogni velleità parsimoniosa è stata anticipata dal ministro dell’economia Giulio Tremonti, che ha imposto un taglio del 20% dei consiglieri comunali con un provvedimento introdotto nella finanziaria 2010. Una mossa demagogica o una efficiente soluzione ad un’annosa questione? Il reale impatto del provvedimento è tutto da verificare, tuttavia il problema dei costi della politica - sia a livello centrale che locale - esiste, soprattutto se si alimenta la convinzione comune circa l’inutilità di alcuni enti territoriali come le Province. Intanto, mentre anche nel Lazio ci si prepara alla tornata elettorale che vedrà coinvolti 111 comuni tra cui un capoluogo, Latina, una domanda sorge spontanea: quanto costa davvero la politica? Volendo fare qualche calcolo e depurata la questione di tutti i suoi aspetti strumentali, un dato balza subito all’attenzione: esiste un enorme divario fra i costi della politica a livello centrale e quelli della politica locale, con una netta spro-

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porzione in favore della prima. In particolare, quanto alla politica centrale, se un parlamentare riceve uno “stipendio” base mensile di circa 15mila euro per una spesa complessiva che ammonta a 144mila euro annui (contro i 36mila della Spagna e gli 84mila della Germania), i più rilevanti canali attraverso cui si realizza la dispersione dei soldi pubblici

sono in realtà la gestione degli immobili (45milioni di euro le spese per gli affitti degli uffici elettorali), le spese per i servizi e le consulenze, quelle del personale, ma soprattutto l’esternalizzazione delle funzioni pubbliche. La differenza con le istituzioni locali è sostanziale, sia dal punto di vista dei costi sia da quello della trasparenza dei bilanci. Così, mentre il 73% delle Regioni e il 95% di Province e Comuni risultano trasparenti dal punto di vista del bilancio, c’è voluta l’iniziativa della radicale Bernardini affinché i dati relativi alle voci del

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bilancio 2010 (di ben 138milioni di euro) delle Camere venissero pubblicati sul web, suscitando scalpore per gli sprechi evidenti. Non è paragonabile ai compensi dei 945 parlamentari l’indennità corrisposta a chi fa politica a livello locale: un consigliere municipale di una città di 50mila abitanti guadagna, tramite gettone di presenza, 32.53 euro lordi a seduta; solo gli assessori e il sindaco beneficiano di uno “stipendio” fisso che può variare rispettivamente, a seconda della grandezza del comune, tra i 129.000 e i 5.000 euro e tra 1.200 e i 7.000 euro per i sindaci. Il quadro complessivo emerso dai recenti studi è quello di un apparato burocratico centrale spesso pachidermico ed inefficiente, a fronte dei numerosi esempi di eccellenza a livello di amministrazioni locali di cui l’Italia è ricca. Questo impone una riflessione sia sul reale effetto dei provvedimenti adottati in finanziaria circa il taglio dei costi della politica locale, sia sulla conformità della percezione negativa che i cittadini sovente hanno dell’ente locale rispetto al reale stato delle cose: mentre esiste un problema costi per la politica centrale sul quale si dovrebbe intervenire, per quanto riguarda le istituzioni locali, più che una questione-sprechi, la criticità è rappresentata dalla lontananza della politica dai cittadini, frutto di una esigenza non ancora soddisfatta di razionalizzazione delle competenze e delle risorse.


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_ ornata referendaria Tutti alle urne il 12 e il 13 giugno _ di Mario Russo

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a TV e gli altri media ne parlano poco, e probabilmente continueranno a farlo. Ma i prossimi 12 e 13 giugno saremo chiamati a dare il nostro parere, tramite lo strumento referendario, su alcuni importanti temi. Un atto importante per l’esercizio della democrazia nel nostro Paese. Il referendum, infatti, è uno strumento attraverso il quale i cittadini vengono consultati direttamente su temi specifici, consentendo loro di esprimere la propria decisione. Nel caso specifico è abrogativo in quanto può abrogare, o viceversa mantenere in vigore, una legge esistente, come previsto dall’articolo 75 della Costituzione. Quindi, questo tipo di referendum si basa sulla cosiddetta doppia negazione, ovvero votando “SI” si dichiara di voler eliminare la legge in vigore, votando “NO si dichiara di volerla mantenere.Quattro i quesiti referendari sui quali questa volta siamo chiamati ad esprimerci. Due riguardano l’acqua pubblica. Il primo riguarda le modalità di affidamento e gestione dei servizi di rilevanza economica e propone l’abrogazione della legge che privatizza la gestione dell’acqua. Il

secondo riguarda la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base alla adeguata remunerazione del capitale investito e propone l’abrogazione parziale di norme che consentono al gestore di ottenere dei profitti garantiti sulla tariffa dell’acqua. Il terzo quesito è sul nucleare. Probabilmente il più sentito e quello di cui più si è discusso nelle ultime settimane. In particolare, chiede l’abrogazione di alcune norme del decreto legge 25 giugno 2008, che riguardano la costruzione di nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Un tema molto vicino a gran parte dell’opinione pubblica, soprattutto dopo il terremoto e lo tsunami del Giappone, con la grave crisi della centrale di Fukushima. In questa direzione è da intendersi anche l’ipotesi del governo di una “moratoria per un anno sul nucleare”. Una pausa di riflessione che non convince i sostenitori del referendum, che la vedono come “una trappola, un diversivo per salvarsi dal referendum”. Il quarto quesito riguarda l’abrogazione di norme della legge 51/2010 in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio e dei Ministri a comparire in udienza penale. Si tratta di un tema che è stato al centro del

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dibattito politico per anni. La legge in vigore consente ai membri dell’esecutivo di giustificare la propria assenza in un’udienza penale. In realtà si tratta di una sospensione in quanto, secondo l’articolo 1 della stessa legge, il rinvio dell’udienza per “legittimo impedimento” non influisce sul corso della prescrizione del reato, che rimane sospeso per l’intera durata del rinvio e riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione. Occorre ricordare che se a votare non è almeno il 50%+1 degli aventi diritto, i referendum abrogativi non sono validi e che è possibile esprimere il proprio voto anche solo per alcuni dei quesiti e non obbligatoriamente per tutti. L’impressione è che in cabina referendaria, come spesso accade in queste occasioni, regnerà una grande confusione, sia per i testi veramente criptici dei quesiti sia per il fatto che sono abrogativi e che quindi si vota “Si” per cancellare la legge e “No” per mantenerla. È per questo che nel prossimo numero del giornale, visti anche i possibili sviluppi legislativi, riprenderemo il tema cercando di chiarire, il più possibile, contenuti e modalità di voto di questa tornata referendaria.

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agia a Valmontone

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A maggio apre il lunapark più grande d’Italia _ di Tommaso Travaglini

loro sogno di bambini, ma difficilmente uante volte abbiamo pensato di possono accontentarli, talvolta per manfare i bagagli e andare a trascor- canza di tempo o di denaro, ma sopratrere un weekend a Gardaland o tutto per la grande distanza che separa a Mirabilandia? Quanti figli chiedono Roma da questi posti mozzafiato. Dal prossimo mese i loro desideri saranno esauditi a soli 50 chilometri dalla capitale. Il 25 maggio, infatti, verrà inaugurato Rainbow Magicland, il parco divertimenti a tema più grande d’Italia, tanto grande da far invidia ai colleghi so di Castelnuovo del Garda e Ravenna. 600.000 metri quadrati di puro divertimento ideati e realizzati dalla società Alfa Park nei pressi di Valmontone, davanti al riLe montagne russe di Rainbow Magicland | nomato Outlet per un costo totale di 300 milioni di euro. 35 di essere accompagnati a Disneyland attrazioni - inclusa la famigerata “torre dai genitori? Insomma, di andare a di caduta” - come mai si sono viste nel provare i brividi delle più emozionanti nostro Paese, alcune delle quali neanmontagne russe. Probabilmente questi che in Europa (come il percorso da afgenitori condividono con i propri figli il frontare muniti di pistola laser), divise

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in sei aree a tema che spaziano dalle fate agli stregoni, ai cavalieri e persino ai Vichinghi. Insomma ce n’è per tutti i gusti e per tutte le età. Incredibili gli effetti dal punto di vista turistico: si prevedono oltre 3 milioni di turisti l’anno e duemila posti di lavoro in più. Per l’occasione, inoltre, saranno migliorate le infrastrutture che collegano Roma al parco: sono previsti un ampliamento del casello autostradale A1 di Valmontone e un allargamento della Casilina (finalmente!) e sarà potenziata la fermata delle FS. Prima dell’inaugurazione ufficiale, Rainbow Magicland è stato aperto eccezionalmente il 30 aprile per qualche migliaia di Valmontonesi, cosa che si ripeterà il 14 maggio. Dal 26 maggio, il giorno che segue quello del taglio del nastro, il lunapark sarà aperto al pubblico e tale resterà per 10 mesi all’anno. In questo periodo di crisi un’innovazione in campo turistico può sicuramente costituire uno slancio prezioso per l’economia della nostra nazione.


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_ na vergine pellegrina Storia della Madonna della Porta _ di Andrea Vitale

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ra Casape e Poli, su una piccola altura, sorgeva l’antica chiesa di Santa Maria del Monte (oggi Casacce). In questa chiesa, nel XVII secolo, il nobile polese Domenico Capotosti fece costruire una cappella dedicata alla Vergine Annunziata con un affresco raffigurante la Madonna col Bambino, ed un quadro ad olio, copia dello stesso dipinto che veniva trasportato in processione a Poli solo in occasione di epidemie e carestie. Nel 1722 la chiesa fu abbandonata e cadde in rovina e per salvare l’affresco, nel 1784, l’immagine fu staccata dal muro della cappella e trasportata a Casape. Lo ricorda anche Monsignor Cascioli nelle sue Memorie storiche di Poli, nelle quali dichiara che l’immagine della Madonna fu collocata in una nicchia alla base della torre della porta meridionale di Casape. Come nella cappella di Sant’Angelo, anche a Casape, fin dal primo momento la sacra immagine venne considerata miracolosa. Il primo grande prodigio che la cittadinanza attribuisce all’aiuto della Madonna è questo: “Ora quando nel maggio di quell’anno mol-

tissimi Casapesi andarono a Colle Sant’Angelo per prelevare l’affresco dalla chiesa ormai cadente, causarono molti danni alle colture dei terreni dei Polesi, che protestarono e pretesero di essere risarciti. Riunitisi per trovare un accordo, Casapesi e Polesi trovarono i terreni assolutamente intatti, come se nessun uomo o animale vi fosse passato sopra”. Intorno al 1850 il casapese Sebastiano Lanciani, per donazione di un discendente senza eredi della famiglia Capotosti, venne in possesso di un grande oliveto chiamato “la Macchia”, di tre quarti dell’affresco e di un quadro ad olio, copia di quello che per culto veniva portato in processione a Poli due secoli prima. Nel 1884 i fedeli di Casape ricordarono con una solenne celebrazione il primo centenario della traslazione della sacra immagine. Il figlio di Sebastiano Lanciani, Pietro, ebbe sempre grande rispetto per l’affresco; Elvino, figlio di Pietro, fece apporre un’inferriata con un vetro protettivo per difendere meglio il dipinto. Purtroppo, la rottura del vetro, l’incuria dopo gli eventi bellici e le intemperie hanno grandemente danneggiato

l’opera, tanto che alcune parti di essa si sono staccate e sono andate perdute. I colori si sono sbiaditi e dell’immagine è rimasta soltanto la traccia. Purtroppo la Soprintendenza delle La torre di Casape Belle Arti del Lazio ha dichiarato l’impossibilità di restaurarlo. Ma nonostante lo stato di abbandono e il sommo dispiacere per l’inarrestabile deterioramento di questa bella opera d’arte, quest’anno la Confraternita del SS. Rosario, per ricordare il prodigio e celebrare i 227 anni di permanenza del dipinto a Casape, ha inteso collocare vicino alla sua nicchia una lapide votiva.

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| Roma & Co.

_ e lo conosci lo eviti I danni della dipendenza dall’alcool _ di Marinella Sicuso

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e un bicchiere di vino, una birra o un drink non fanno male e possono facilitare la socialità, accompagnando spesso momenti anche importanti della nostra vita - i brindisi caratterizzano feste, compleanni, battesimi, matrimoni o incontri piacevoli - l’eccedere nell’assunzione di una qualsiasi bevanda alcolica può diventare una vera e propria dipendenza psico-fisica che può danneggiare l’organismo, i rapporti sociali e le relazioni familiari.

Se si esagera con la quantità si può andare incontro ad aumento della pressione sanguigna, sensazione di ebbrezza e leggerezza, aumento della loquacità, rallentamento dei riflessi, abbassamento della temperatura

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corporea, difficoltà nelle prestazioni sessuali. Possono anche presentarsi disturbi digestivi con nausea, vomito e conseguente pessimo risveglio il giorno dopo (i postumi della “sbornia” si manifestano con nausea, mal di testa e vertigine). Quando esagerare con le bevande alcoliche diventa un’abitudine la situazione si complica anche molto, con gastriti, ulcere e tumori allo stomaco, epatiti e cirrosi, danni al sistema nervoso e a quello circolatorio. Ma come viene assorbito l’alcool? Il viaggio dell’alcol nel nostro corpo inizia dal tubo digerente dove viene assorbito rapidamente soprattutto dall’intestino tenue, per passare poi nel sangue. L’alcool si diffonde con grande facilità in tutto l’organismo in quanto solubile sia nei grassi che nell’acqua. Gli organi interessati per primi dopo 10-15 minuti sono il fegato, il cervello, il cuore ed i reni. Dopo un’ora sono interessati muscoli e tessuto adiposo Nel fegato arriva e viene trasformato circa il 90-95% dell’alcool bevuto, il restante 10% viene eliminato senza subire modificazioni attraverso le urine ed i polmoni. Ma più aumenta l’introduzione di alcool, più il fegato è costretto ad un superlavoro, che ne favorisce il progressivo danneggiamento.

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La velocità di eliminazione dell’alcol è di 0,15 grammi per litro di sangue in un ora. Inoltre,è scientificamente provato che il 10% di tutte le malattie è attualmente attribuibile, direttamente o indirettamente, al consumo di alcol. Al contrario di quanto si ritiene comunemente, l’alcool non è un nutriente, non è indispensabile all’organismo o alle sue funzioni ed è fonte di danno per le cellule di molti organi tra cui i più vulnerabili sono il fegato e il sistema nervoso. In molte circostanze anche quantità di alcool comunemente considerate minime possono esporre le persone ad un maggior rischio; un esempio evidente è rappresentato dagli incidenti stradali e domestici. In termini di sicurezza stradale e lavorativa è infatti noto che possono essere sufficienti appena due bicchieri di una bevanda alcolica per incrementare notevolmente il rischio di incidenti. Chi abusa per lungo tempo di bevande alcoliche può anche manifestare un’aggressività difficile da controllare. La dipendenza da alcool è cronica e progressiva e si può instaurare rapidamente e può essere fatale se non controllata. In condizioni di dipendenza cronica da alcool si può diventare petulanti o scocciatori, violenti e litigiosi, sbruffoni o piagnoni, rovinando amicizie, amori e matrimoni. Alcool, caffè e tabacco sono le sostanze legali che vediamo e usiamo con più facilità e frequenza, con le quali abbiamo fin dalla nascita maggiore familiarità. Conoscere gli effetti che provocano è il primo passo per limitarne i danni.


Povera

cultura!

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_ aglio netto

Cultura sempre più povera a dispetto delle proteste _ di Mario Russo

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n colpo di forbici…e via! Un bel taglio orizzontale, netto sulla nostra cultura. Ieri al cinema, oggi alla musica, domani alla pittura. E così scompaiono le orchestre, i film d’autore, i musei, gli istituti culturali e le fondazioni. A nulla valgono gli appelli lanciati dai palchi come dagli eventi ufficiali. Si frangono contro un muro le parole di chi fa cultura per mestiere: Riccardo Muti, Claudio Abbado, Sergio Castellitto, Giulio Scarpati e tanti altri. E una sorte analoga tocca alle dichiarazioni delle Istituzioni: dal Presidente della Repubblica Napolitano, all’ex Ministro Bondi, fino al neoMinistro Galan, secondo il quale “la cultura non è la ciliegina sulla torta ma è la torta”. Le numerose manifestazioni di protesta – dall’occupazione della Casa del Cinema a quella del Red Carpet – si sono concluse con un nulla di fatto. Tutti a difendere, invano, il nostro patrimonio artistico-culturale. Perché, se con la cultura non si fa il pane, allora tanto vale tagliarla, eliminarla, ridurla all’osso. Considerarla un vezzo, roba da intellettuali squattrinati. Ma meno male che, accanto a chi racconta la sua triste vicenda di artista vittima della cesoia,

Fiocco rosa nel cinema. Nasce “INDICINEMA. Conquista il tuo spazio.”

_di Anna Rita Scheri Da un grande universo creativo e produttivo fino a oggi soffocato, ma pronto ad intraprendere una azione propositiva tesa a ristabilire regole più efficaci e più efficienti sul comparto cinema, nasce Indicinema, una nuova federazione in cui sono convogliate altre numerose sigle già esistenti come ANAC, PMI Cinema, Artisti Indipendenti 2010, Consequenze Network ed altre. Il suo obiettivo è finalizzato alla realizzazione di un circuito produttivo e distributivo multipiattaforma del cinema indipendente, che si ponga come elemento aggregante e identificativo di una dimensione espressiva e produttiva che in Italia non ha uno spazio adeguato. I principi ispiratori poggiano su un rigoroso codice etico che pretende trasparenza e pluralismo nei criteri di selezione dei finanziamenti e sui nuovi criteri di ripartizione delle risorse. Indicinema, presentato il 5 maggio alla Casa del Cinema - sala Kodak – nella settimana precedente il Festival di Cannes, in un incontro pubblico tra autori e professioc’è anche chi - incurante della cesura - continisti del cinema e aperto alla stampa, vuole nua a creare nuove associazioni e a promuooffrire concrete occasioni di spazio e di lavoro vere certi modelli culturali, o chi si riappropria ai tanti operatori marginalizzati dagli assetti degli spazi cittadini per renderli luoghi di creattuali, rappresentando la spinta principale scita civile e creativa, nell’ottica della cultura per coloro che vogliono accettare questa sfi“dal basso”. Le pagine che seguono parlano da moderna e innovativa. La ricerca di un di tagli e difficoltà, del nostro impoverimento, nuovo confronto, quindi, per un cinema che ma anche della speranza di tanti, che ancora non vuol demordere dentro una cultura, di credono alla cultura come motore di crescita questi tempi, fin troppo “tagliata”. economica e umana, e quotidianamente mettono in pratica questo principio.

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| Povera

cultura!

_ ondi alla cultura, epopea Paolo Masini, membro della Commissione Cultura del Comune di Roma, ci parla delle risorse culturali _ di Anna Rita Scheri Diciamo innanzi tutto che chi fa una poitterand, ministro della Cul- litica dei pensieri lunghi, chi fa cultura, tura francese, ha dichiarato: pensa al futuro. Lo stesso Obama in un la cultura è una risorsa, un momento di profonda crisi per l’America aiuto all’orientamento ed io lavoro ha deciso di investire in cultura, formazione e ricerca. Ma bisogna essere politici illuminati - come lo è anche la Merckel - che si è messa sulla stessa linea del presidente americano. Quello che bisogna fare, a mio avviso, è investire in cultura e bisogna farlo tanto più nel nostro Paese e soprattutto della nostra Città, in quanto Roma è cultura. I soldi spesi in questo ambito si rilevano sempre un guadagno, mentre ciò che sta Paolo Masini | avvenendo in questo momento trovo sia preoccupante. perché lo sia sempre di più. Il mini- Preoccupante in che senso? stro Bondi: non vado a chiedere l’ele- Gran parte del turismo degli anni passati mosina a Tremonti. Tremonti rispon- era soprattutto di natura culturale, legade: fatevi un bel panino con la divina to a grandi eventi, sovente mesi in rete, come la Notte Bianca, che portava micommedia. Qual è la sua posizione?

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gliaia di persone a Roma e che all’amministrazione comunale non costava quasi nulla, dato che era l’imprenditoria, con la Confcommercio, a sostenerla economicamente. Una classica iniziativa che portava guadagno per ristoratori, albergatori, ma anche per lo Stato con l’introito dell’Iva. E questo al di là del fatto che la cultura serve soprattutto alla crescita qualitativa delle nuove generazioni. Il punto si pone quindi nel portare la cultura e la formazione, ed in questo caso anche la scuola ha un grosso onere, in tutti gli ambienti e soprattutto dove c’è più necessità. Il problema di questo pianeta sta proprio nella disparità sociale, dove la persona perde dignità se non ha gli stessi strumenti e possibilità di altri, creando sacche di disagio. Pertanto, chi amministra deve sentire il compito di livellare questi scalini e dare a tutti le stesse opportunità; poi saranno la vita o le occasioni a fare la differenza, ma tutti devono avere gli stessi strumenti iniziali. Anche in un momento di crisi come


Povera

cultura!

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tragica questo, gli enti locali devono aprire nuovi spazi - anche istituzionali - a giovani artisti e al mondo artistico che orbita intorno a Roma, molto spesso sotterraneo e al quale la politica è rimasta sorda. Bisogna perciò creare una rete forte ed efficace dove poter portare alla luce tutto questo fermento ed investire senza lucro nell’associazionismo culturale, che è spesso no profit, e nulla di più adeguato sarebbe l’applicazione della legge Pio La Torre sui beni confiscati alla mafia e che purtroppo non viene attuata, ma con la quale si potrebbero consegnare alla collettività 135 manufatti e spazi già disponibili. A tal proposito, il vecchio manicomio Santa Maria della Pietà è oggetto da sempre di controversie sul suo utilizzo. All’interno del comprensorio c’è un edificio un tempo adibito a lavanderia e che da anni è autogestito e vi si organizzano eventi culturali. Altre parti della struttura sono vuote e stanno cadendo a pezzi. Che possibilità esiste che spazi analoghi possano essere recuperati? Nel caso specifico, la struttura dell’ex manicomio è stata oggetto di un protocollo d’intesa tra municipio, Asl e amministrazione comunale. Purtroppo recentemente questo protocollo di intesa è stato stralciato e l’idea iniziale di far convivere dentro la struttura queste due realtà comunali assieme ad associazioni culturali non è più fattibile. Abbiamo però le caserme. A Roma, al posto dei soldi che dovevano arrivare al comune, sono state destinate alcune caserme in disuso e credo sia questa un’occasione propizia da non perdere. La città deve essere resa vivibile per i romani in quanto più viene vissuta meno problemi di sicurezza ci saranno. Nel caso specifico delle caserme, che sono tan-

Santa Maria della Pietà | tissime e dislocate in quartieri centrali dove non è più possibile costruire nulla, parte di esse dovrebbero andare alle scuole, alle associazioni culturali in modo da contrastare fenomeni di bullismo crescenti. Per non far “piangere” il fondo cultura, è stata aumentata l’accise sulla benzina di due centesimi. Soldi che lo Stato recupera direttamente dalle tasche del cittadino. Secondo lei, questo tipo di politica allontana i cittadini dalla cultura favorendo l’idea che l’investimento culturale sia solo un peso assistenzialista? Indubbiamente. Ad esempio, pensare di tagliare i fondi al Fus, qui in Italia è un’idea folle. La verità è che le amministrazioni precedenti, sia di destra che di sinistra, e anche a livello nazionale, hanno fatto spesso della cultura una questione assistenzialistica. Sono invece del parere che bisogna essere riformisti in materia e premiare il merito. Dare opportunità a tutti e utilizzare quei fondi per creare start up. Il problema del colpo di spugna che si è tentato nel tagliare parecchi Enti culturali, senza riconoscere l’utilità di alcuni di questi, è che è stato troppo radicale, anche se una cernita va fatta. Ma una cosa è dire ottimizziamo le risorse altro è dire la cultura non serve a niente. E il fatto che attori e re-

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gisti anche a livello internazionale si siano mobilitati nella protesta durante, e non solo, la Festa del Cinema credo dia il polso della situazione. Per quanto riguarda l’aumento dell’accise, è chiaro che occorre trovare altre formule e si sta cercando di lavorare su questo con le Fondazioni, sull’investimento delle grandi e piccole aziende nella cultura e nel sociale. Creare, quindi, una rete di imprenditori illuminati e ottimizzare le risorse dei fondi statali che, seppur in minor quantità, esistono per essere utilizzati nel modo migliore. Per concludere, cosa può anticiparci sull’Estate romana? Le notizie che ci pervengono dall’assessorato non sono affatto confortanti, sono sempre meno i fondi dati a queste manifestazioni culturali e c’è un inserimento distorto delle forze private all’interno del sistema. Per cui, indipendentemente dal valore che l’Estate romana ha per la città di Roma, se la si farà sarà solo grazie alle risorse private a discapito quindi di spettacoli e manifestazioni culturali che tentano di vivere al di fuori dei circuiti riconosciuti nell’ambito culturale già affermato. E, a questo punto, non ci rimane che… sperare.

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n’orchestra senza note

Leonardo Alessandrini, violinista, racconta la difficile situazione dell’Orchestra della Regione Lazio _ di Priscilla Rucco Buzzantro

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n tempi di vacche magre, si sa, una delle prime cose a venir “tagliate” è la cultura. Una delle tante istituzioni culturali a pagare questo periodo di ristrettezze è stata l’Orchestra della Regione Lazio. Già nel 2009 il Campidoglio aveva annunciato un taglio netto dei fondi destinati all’Orchestra, abbandonandola ad un triste destino. Abbiamo incontrato uno dei suoi componenti, il violinista Leonardo Alessandrini, per vedere se, a distanza di due anni, le cose siano cambiate. Leonardo, da quanti anni fa parte dell’Orchestra? Sono entrato a far parte dell’Orchestra Regionale del Lazio nel 2004 come violino di fila e sono stato assunto a tempo indeterminato nel 2005; è un’orchestra da camera, il che significa che siamo meno elementi rispetto ad un’orchestra sinfonica, anche se il nostro repertorio spazia dal sinfonico al lirico. Le nostre stagioni consistevano in concerti una volta a settimana nella Sala Sinopoli al Parco della Musica a Roma ed attività anche in Regione e nelle scuole, portando cultura e musica in ogni luogo, ogni teatro e ad ogni fascia d’età. Infatti il nostro organico agile e ridotto ci permetteva di spostarci facilmente e senza grandi esborsi, in modo da offrire un servizio completo e anche didattico. In Auditorium avevamo quasi mille abbonati in una sala che conteneva 1200 persone, e nelle scuole e in diversi paesi laziali venivamo accolti con grande attenzione e simpatia. Qual è oggi la vostra situazione contrattuale? L’ORL comprende circa 60-70 strumentisti, a seconda dei programmi e degli organici richiesti. Siamo tutt’ora 33 assunti a tempo indeterminato, anche se il nostro contratto prevede un trattamento di part-time, ma con il blocco dell’attività che perdura ormai da quasi due anni. Non solo non stiamo percependo nessuno stipendio ma non possiamo neanche richiedere il sussidio di disoccupazione che ci spetterebbe, poiché per lo Stato noi risultiamo artisti occupati e quindi privi dei requisiti necessari. Chi è il vostro datore di lavoro? L’Orchestra fa parte delle Istituzioni Concertistico Orchestrali italiane ed è rappresentata da una Fondazione privata- la Fondazione “Ottavio Ziino” - che però ha sempre e solo gestito risorse provenienti da enti pubblici quali il Comune di Roma e soprattutto la Regione Lazio, oltre al Ministero dei Beni Culturali; la Fondazione è stata da noi contestata duramente in questi anni perché non ha mai mostrato alcuna volontà di

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rendere il nostro posto di lavoro assicurato e solido a fronte di importanti introiti economici ottenuti con soldi pubblici e quindi anche nostri. Come state reagendo a questa situazione? Prima di ottenere il riconoscimento del Contratto Collettivo Nazionale di categoria che ci spet-

L’orchestra della Regione | tava già da tempo abbiamo dovuto iscriverci ai sindacati ed ogni volta che abbiamo voluti riconosciuti i nostri diritti ci siamo sempre trovati di fronte ad un muro. Adesso ci ritroviamo in questa assurda situazione, senza lavoro, senza stipendio e senza dignità nonostante abbiamo pubblicato appelli, partecipato a manifestazioni, chiesto ed ottenuto incontri con diverse figure istituzionali e dello spettacolo. Abbiamo provato ad urlare a gran voce il nostro dissenso nei confronti di una gestione approssimativa e inadatta, anche intraprendendo azioni legali, ma allo stato attuale ci ritroviamo con un pugno di mosche e senza una risposta. Nessun ammortizzatore sociale, nessuna cassa integrazione, nessuna certezza circa una ripresa dell’attività o una chiusura ufficiale con lettere di licenziamento. Un silenzio assordante e colpevole, che proviene sia dalla Fondazione che ci dovrebbe rappresentare ma, cosa ancora più grave, soprattutto dalle istituzioni. Un’orchestra che fino a poco tempo era viva ed apprezzata e che permetteva alla cultura di svolgersi in una città come Roma, accanto a colossi come il Teatro dell’Opera e Santa Cecilia, offrendo spettacoli e concerti a prezzi molto popolari e con una spesa di gestione minima rispetto ad altre molto più onerose e complesse. Una morte lenta e silenziosa che ci umilia come professionisti e come persone e che toglie alla popolazione ed alla città un servizio dovuto e necessario al fine di migliorarne la qualità sociale ed artistica, anche in considerazione dei soldi dei contribuenti ad oggi spesi invano. Qualcuno vi ha supportato in questa lotta? Abbiamo ricevuto molta solidarietà e visibilità, siamo stati invitati in diverse trasmissioni nazionali, sia in tv che in radio, ci siamo esibiti spesso

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gratuitamente nelle piazze e durante alcune manifestazioni per sottoporre all’attenzione della gente la nostra situazione insostenibile, un giornalista, Luca Ribustini, che voglio ringraziare ancora una volta, ha pubblicato degli articoli molto esaustivi circa i diversi lati oscuri della gestione dell’orchestra da parte della Fondazione: eppure tutto questo non ha portato ad una schiarita definitiva e quindi siamo ancora qui a lottare e a far sì che la verità e la giustizia alla fine emergano totalmente. E voi, invece, come vivete la situazione dall’interno? Siamo molto preoccupati e in ansia per il nostro futuro. Ad oggi non abbiamo ancora ricevuto risposte valide e concrete circa la nostra sopravvivenza professionale; abbiamo chiesto più volte alla Regione Lazio e ad i suoi rappresentanti (in maniera politicamente trasversale) di sostenerci in un piano di rilancio e di recupero, destituendo l’attuale Fondazione reggente e passando direttamente sotto il controllo delle istituzioni. L’indifferenza e la sufficienza con cui siamo trattati ci sta creando molta rabbia e molta frustrazione, anche perché riteniamo che sia un dovere civile e morale quello di difendere la cultura. Abbiamo portato la musica nelle scuole, nei paesi più isolati, nelle carceri, siamo una possibilità concreta di divulgazione e di rappresentazione dell’arte e delle tradizioni che caratterizzano il nostro trascorso storico. Lasciare che un’orchestra chiuda è come bruciare un museo, significa far passare il messaggio che la cultura, intesa come coscienza sociale ed intellettuale, sia un bene sacrificabile, qualcosa che può essere cancellata a favore di alternative squallide e povere di contenuto, come possiamo notare facilmente in televisione e nella gestione politica del Paese. Per fortuna il taglio al FUS è stato reintegrato, ma quanto potrà durare questa situazione? L’Italia ha prosperato grazie alla cultura, personalità come Verdi, Donizetti, Vivaldi e migliaia di altri hanno permesso a tutti noi di diventare un punto di riferimento nevralgico dell’arte mondiale: perché adesso questo non ci interessa più? Come possiamo pensare di migliorare ed elevare lo status sociale di un popolo senza la divulgazione e il sostegno alla cultura? Prima ancora che come lavoratori, chiediamo un impegno concreto finalizzato al salvataggio dell’Orchestra Regionale del Lazio come cittadini e come artisti, sicuri che una rinnovata sensibilità verso questo genere di problematiche possa significare un rilancio dell’immagine dell’Italia come patria della cultura e dellagrandetradizionemusicale:immaginechedeve competerle, così come avveniva in passato.


Assistenza Povera acultura rischio! |

_ usica snobbata

Chiusura dell’Orchestra Giovanile del Teatro dell’Opera _ di Riccardo Borgia

ultimi anni. Sembriamo quasi dimenticarci che il nostro paese vive di arte e cultura e che molti introiti arrivano proprio da queste attività. Questi tagli non vanno dunque a nostro sfavore? La situazione è ancor più grave per i giovani. “Non è un Paese per Giovani”, recita infatti un libro recentemente pubblicato, che sottolinea come l’Italia pensi poco alle nuove generazioni, sia nel campo della cultura come università e ricerca e sia in altre attività culturali come la musica. Il 12 marzo 2011 il maestro Riccardo Muti ha evidenziato questo aspetto con il suo “concerto protesta”, commentando alla fine dell’eseL’orchestra giovanile dell’Opera | cuzione del Nabucco:”non vorrei che Nabucco fosse la musica non si mangia”. Chiara il canto funebre della cultura e della esternazione di tutte quelle convinzio- musica, perché una nazione che perni che hanno alimentato una serrata de la propria cultura perde la propria politica di tagli alla cultura in questi identità”. Abbiamo intervistato i ra-

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ell’ultimo periodo siamo stati abituati a tanti scandali più o meno pubblicizzati. Ma, tra le dichiarazioni più gravi, quella di un politico che ha dichiarato: “con

gazzi dell’Orchestra Giovanile del Teatro dell’Opera, chiuso per i tagli. Cosa ne pensate della chiusura dell’orchestra? E’ già la seconda volta che abbiamo problemi con l’apertura della stagione, l’anno scorso abbiamo ritardato di 3-4 mesi l’apertura per mancanza di fondi, noi siamo i giovani, dovrebbero puntare su di noi. Cosa ne pensate dei tagli in generale? Che non sia giusto andare a penalizzare come prima cosa l’arte e la cultura, nel 2009/2010 non siamo stati gli unici nel teatro ad avere problemi, ma comunque i primi ad essere esclusi siamo stati noi. Se continuiamo cosi, tagliando i fondi all’arte come alla scuola e alla cultura in generale non andremo da nessuna parte. Adesso che l’orchestra è chiusa? Noi continuiamo comunque a suonare e adesso si parla di nuove audizioni, finalmente il progetto potrebbe ripartire, qualcuno ancora tiene a noi... a quanto pare.

Caffetteria, Cornetteria Pasticceria, Gelateria dal LUNEDÌ al MERCOLEDÌ 06.00/04.30 orario continuato dal

GIOVEDÌ

alla

aperto 24

DOMENICA

ore su

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Via Beniamino De Ritis, 34 - Tel 393 4844032 / zona Tiburtina / Roma 19

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_ rove di cittadinanza attiva I cittadini uniti per il recupero dell’ex cinema Palazzo, da casinò a spazio culturale

_ di Andrea Riccio Andrea Vitale an Lorenzo è un quartiere eterogeneo, dove convivono anime differenti. Ci sono i residenti storici, per lo più anziani, che serbano il ricordo della guerra e delle bombe traducendolo in un volto spesso corrucciato. Ci sono gli “intellettuali”, che hanno scelto la zona per il suo connaturato fermento creativo e per la sua meravigliosa commistione di cultura popolare e cultura alta. Ci sono gli attivisti, per lo più di sinistra, che animano i numerosi centri sociali di questo dedalo di strade. Ci sono gli studenti. Ci sono perfino gli Skin Head e i Boys della Roma. La convivenza talvolta non è facile. Eppure, da un paio di settimane a questa parte, la popolazione tutta si muove unita verso uno scopo: riprendersi l’ex Cinema Palazzo, destinato a diventare un casinò. E così, per evitare che l’ennesimo spazio storicamente adibito alla cultura diventasse il tempio delle slot machine, o cadesse vittima dell’incuria come è accaduto alla vicina Casa della Memoria, i residenti hanno occupato compatti il bell’edificio che sorge a Piazza dei Sanniti. E lo hanno fatto con una perizia organizzativa che sorprende:

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colazioni sociali per raccogliere fondi, laboratori per bambini, spettacoli serali con grandi nomi dello spettacolo, prima fra tutti Sabina Guzzanti, che passa quotidianamente a sincerarsi delle condizioni degli occupanti. “Ci hanno contattato artisti, giornalisti, non ci aspettavamo questo successo e allora noi restiamo

qui fino a che sapremo che il casino non sarà realizzato. O fino a quando non ci imporranno lo sgombero. Anche i residenti più anziani, che per ovvie ragioni non possono presidiare fisicamente lo spazio, ci supportano in tanti modi. Il vicinato infatti ci offre da mangiare, porta il caffè, passa e fa un rapido giro all’interno, ricordando il passato, i primi baci e i primi amo-

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ri nati proprio nel cinema”, racconta Laura, in prima linea sin dagli esordi dell’occupazione. “Noi non ci muoviamo da qui”, fa eco Sori, un giovanissimo occupante. E prosegue: “La struttura è stata chiusa per 15 anni, è stata adibita a bingo - fortunatamente per solo sei mesi - poi di nuovo anni di vuoto. È giusto che diventi uno spazio culturale, un aggregatore per la cittadinanza”. Anche Laura è della stessa opinione: “A San Lorenzo ogni giorno apre un nuovo locale, ma mancano teatri, luoghi creativi, punti d’incontro per i residenti che intendano passare il loro tempo in modo diverso, culturalmente più gratificante. Inoltre l’occupazione ci ha permesso di scoprire che la struttura è piena di amianto e che i residenti delle palazzine vicine reclamano invano da anni affinché venga tolto. Un motivo in più per non demordere e portare avanti questa battaglia”. I cittadini chiedono cultura, in netta contro-tendenza con le logiche del mercato e i tagli della politica, danno voce ad un bisogno diffuso, che va ben oltre le mura di San Lorenzo. Soprattutto gettano un sasso nello stagno paludoso della nostra inattività civile.


_ mmmmh Mamò Una gelateria dove gusto e genuinità sono di casa _ di Priscilla Rucco Buzzantro Rosalba Abozzi

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bbandonate gli schemi tradizionali di ciò che avete provato fino ad ora e siate pronti ad immergervi nella vera dimensione del gelato artigianale come non lo avete mai gustato. Dopo il grande successo della prima gelateria Mamò, il 28 marzo 2011, si è deciso di replicare il gusto con MAMO’ Evolution, inaugurato a due passi dalla stazione Tiburtina. La filosofia di Cristian Monaco e dei suoi collaboratori consiste nell’utilizzare solo prodotti di altissima qualità e soprattutto sani; teoria che è stata ripagata dal gradito riscontro di tutte le persone che pretendono genuinità e sapore da ciò che mangiano. Entrando da MAMO’ Evolution potrete trovare anche frappé, milk shake e frullati con il latte o lo yogurt, frozen yogurt (con fermenti lattici vivi), granite in vari gusti - dalla frutta al caffè, con o senza panna affogati al caffè, macedonie di frutta freschissime, crepes dolci, semifreddi e, tutti i giorni, ben 60 tipi di gelato, dai gusti

più classici al turchese del puffo, fino a quello che viene definito “gelato da cucchiaio”, frutto di un connubio tanto particolare quanto buonissimo, come quello che vede il cioccolato e il limone sposarsi con il rosmarino o il campari incontrare il limone e la cannella, per arrivare al la delicatissima crema di latte. La presentazione dei gelati cambia giornalmente, così come la preparazione quotidiana, rigorosamente senza conservanti, coloranti e con la presenza minima di grassi naturali e non vegetali; potrete trovare sempre nuovi gusti, con una vetrina in continua espansione. Per spiegare ai propri clienti la differenza tra un gelato “industriale” e uno genuino, la famiglia Monaco adopera da sempre un divertente indovinello, che campeggia anche all’interno di MAMO’: lo sapevate che il gelato al pistacchio non è verde? Non ci credete? Allora prendete del pistacchio e frullatelo con dell’ acqua, il suo colore reale sarà marroncino, al massimo un po’ tendente al grigio. Cristian, titolare della gelateria, spiega che questo er-

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Lo staff di Mamò | rore di percezione deriva dal fatto che “siamo talmente abituati a quel verde così acceso, che nella realtà ci sembra strano che il vero colore sia marrone, perché privo di coloranti”. Cristian prosegue affermando che “in qualche punto di Roma, ogni giorno, c’è qualcuno che s’ improvvisa gelataio; “basta” aggiungere latte o acqua a prodotti semi pronti in distribuzione dalle grandi aziende. MAMO’ invece il gelato lo prepara quotidianamente ottenendolo da più ingredienti portati allo stadio solido e al contemporaneo processo di congelamento e agitazione degli ingredienti. Un processo che assicura la naturalezza e il gusto dei prodotti”. Il risultato? Venite da MAMO’ Evolution e lo assaggerete!

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_ ang, questo sconosciuto Luca Bertelli ci presenta questo raro strumento _ di Beatrice De Sanctis

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n nome, un programma. Il progetto Hang è un gruppo nato attorno ad un particolare strumento fatto a mano, ideato in Svizzera nel 1999 e presente in soli 5000 esemplari al mondo. Luca Bertelli è riuscito a comprarne uno e insieme al chitarrista Stefano Maura sta portando avanti un progetto fatto di sonorità innovative e atmosfere surreali. Come sei riuscito a trovare uno strumento così particolare come l’Hang? L’iter per acquistarlo è di per sé particolare. Bisogna infatti dotarsi di pazienza e mettersi alla

ricerca. I costruttori tendono a eliminare le loro tracce, non hanno siti internet e non vogliono commercializzare lo strumento. Dopo un po’ di tempo perso per cercarli si arriva a capire come acquistare l’Hang, ovvero mandando loro una lettera che motivi l’acquisto. Se la lettera convince i costruttori, dopo qualche settimana o mese si vieni inseriti in una sorta di lista d’attesa. A quel punto bisogna solo aspettare, ma oggi, se si è fortunati, si parla di due, tre o quattro anni. E tu cosa gli hai scritto per convincerli?

Luca Bertelli e il suo chitarrista |

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C’è da dire che io l’ho acquistato nel 2007 e allora la richiesta era minore rispetto ad oggi. Gli ho raccontato la mia storia, che ero nuovo nel mondo delle percussioni perché venivo dalla musica elettronica, ma ero affascinato dal suono in generale e da quello dell’Hang in particolare. Ho iniziato a suonarlo con altri ragazzi ma da due anni suono solo con Stefano, il chitarrista del progetto Hang. Qual è il vostro progetto? Ovviamente tutto parte dall’Hang. Abbiamo cercato di combinare i suoni dei due strumenti in più modi possibili. A volte è la chitarra che aiuta ad ampliare suoni creati da me, oppure io stesso tendo a seguire la chitarra con l’Hang, usandolo come una voce. Il vostro gruppo è composto da due soli elementi. È limitante o un fattore di maggiore creatività? Dal punto di vista pratico suonare in due è sicuramente positivo, sia che si tratti di organizzare prove che serate. Anche sul lato musicale ci troviamo benissimo perché l’Hang ha un suono molto basso, quindi una sola chitarra non può che metterlo in evidenza. Inoltre è la nostra sfida, che per fortuna sta andando benissimo. Ma non escludo che in futuro potremmo inserire qualcos’altro. Come nascono i vostri pezzi? Abbiamo scritto i pezzi per il nostro primo disco, ma ogni volta c’è tanta improvvisazione. Diciamo che se c’è bisogno di registrarli gli diamo uno schema più definito, pur piacendoci liberi come nascono. Qual è il vostro pubblico? La nostra fortuna è che abbiamo un riscontro positivo su vari target. Il pubblico è molto vario, dagli adulti ai ragazzi, come anche le location. Piccoli pub, teatri o locali ci aiutano perché c’è poca gente che ascolta con attenzione e che è venuta solo per noi. Però siamo molto eclettici, ci adattiamo alla situazione. Avremo modo di sentivi suonare in giro per l’Italia o l’Europa? La prossima data in programma per ora è ad Amsterdam l’11 giugno. A breve stabiliremo con certezza le altre date, anche italiane, e lo faremo sapere a tutti sul nostro sito internet.perché veniva da Pollenatrocchia. Chiaramente l’identità dell’attore con cui lavoro è molto importante per me, la sua lingua, in questo caso il napoletano per Carmine, mi aiuta a stimolarlo, a renderlo più vero, a responsabilizzarlo.


_ l trucco c’è ma non si vede Angela D’arpa propone un’estate multicolor _ di Priscilla Rucco Buzzantro

esaltato in maniera giusta. estate ha fatto ormai il suo trionfale in- Un metodo professionale in grado di resistere 1/2 gresso nella nostra città, quali make up anni, che ci farà apparire sempre perfette, e che saranno in voga e quali accorgimenti non necessita di grandi accorgimenti, potrebbe essere il trucco permanente. Si tratta di una tecdovremmo usare per essere sempre al top? nica simile al tatuaggio, che Abbiamo intervistato Angela D’arpotrebbe rappresentare un pa, la truccatrice di Sofia Loren, che valido aiuto sia dal punto ci darà qualche dritta per esaltare la di vista del make up - vi è nostra bellezza. la possibilità di effettuare Signora Angela, lei è una curail trucco eye liner, oppure trice di immagine a 360°, ha colil contorno delle labbra, laborato con stilisti importanti per essere sempre truccate quali Gucci, con reali europei e senza doversi poi struccare internazionali, e cura l’ immagi- che da quello “psicologine di persone famose come Sofia co” in quanto consente di Loren. Come fanno i personaggi nascondere delle imperfedel mondo dello spettacolo ad zioni. E’ un metodo assoessere sempre impeccabili, anlutamente innocuo poiché che appena alzati dal letto? Angela D’arpa | i pigmenti sono del tutto Per chi fa parte del mondo dello naturali, è però importante spettacolo l’ immagine è tutto, sta a noi professionisti esaltare i punti di rivolgersi a strutture altamente qualificate e con forza e far sì che le imperfezioni, talvol- tutte le certificazioni igieniche. ta, non siano sempre mimetizzate, perché Quali novità in campo make up ci pociò che per noi potrebbe essere un difetto, tranno far apparire belle in maniera con i giusti accorgimenti potrebbe essere naturale anche con 40°?

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Per tutte le donne che vogliono dare al proprio sguardo intensità e dolcezza, consiglio la “permanente alle ciglia con colore”, che vede un processo simile alla classica permanente per i capelli, ma in maniera soft, donando un vero e proprio effetto diva senza bisogno di usare il rimmel e quindi perfetto anche per l’estate o al mare. L’ effetto dura fino a 2 mesi. Che colori andranno per questa estate? Il 2011 sarà l’ anno degli “eccessi”: l’ ombretto nero opaco o lucido ci accompagnerà anche per il trucco da giorno, ma fate attenzione, per chi ha i lineamenti marcati un colore del genere potrebbe indurirli. Se non volete che ciò accada, buttatevi su tutte le tonalità dell’azzurro, dell’arancio, insomma dei toni caldi che richiamano l’estate. Per il rossetto nessun dubbio; il rosso fuoco riempirà le vostre labbra di sensualità ma evitate di abbinarlo al trucco sopra descritto per non avere un risultato troppo pesante. E se invece non volete essere appariscenti utilizzate il glitter, sul corpo, sul viso, sui capelli e splenderete come delle stelle. Piccoli aiuti per essere al top anche sotto il solleone!

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| Libri

e film

_ oro, 33 anni dopo Un documentario/inchiesta per non dimenticare _ di Mario Russo

R

oma, 1978. Una strada. Un cenno, un colpo d’occhio. Proiettili. Uomini che fuggono, uomini che muoiono. Uno tra loro viene rapito. È il 16 marzo. La strada è via Fani. Gli uomini che fuggono sono brigatisti, gli uomini che muoiono agenti di scorta. L’uomo che viene rapito è il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Trascorrono 55 giorni. È il 9 maggio. Il cadavere di Aldo Moro viene ritrovato in via Caetani, abbandonato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa. Sono passati trentatré anni, quattro processi, due Commissioni parlamentari, e tante inchieste giornalistiche. Eppure sul sequestro, la prigionia e l’uccisione del Presidente della DC ancora i fatti non sono chiari. In quei giorni Aldo Moro scrive un Memoriale. Scrive delle lettere. Parte di questi scritti sono stati ritrovati. Sulla par-

te mancante aleggia un alone di mistero. Un documentario/inchiesta, “Sequestro Moro. Sentenza di morte. Il più grande intrigo internazionale della storia italiana”, diretto da Franco Fracassi, mette insieme tutto quello che fino ad oggi sappiamo e soprattutto quello che ancora non abbiamo avuto modo di sapere su una delle pagine più buie della nostra storia. In distribuzione dal 9 maggio con l’Unità, il documentario ricostruisce fatti, analizza documenti, riporta testimonianze e rivelazioni. “La Mafia, la ‘Ndrangheta, la Camorra, la Banda della Magliana - afferma in un’intervista il giornalista dell’ANSA Cucchiarelli, - avevano scoperto dov’era Moro”. “La banda - aggiunge il giudice istruttore De Cataldo - individua il quartiere Monteverde-Gianicolense come quartiere dove potrebbe esserci la prigione di Moro. A quel punto però arriva lo stop […] le ricerche devono cessare, non si vuole più trovare la prigione di Moro”. Partendo dalla ricostruzione dell’agguato in via Fani e dei 55 giorni di prigionia, l’inchiesta scandaglia i misteri legati al

rapimento. Riassume il detto, ma soprattutto va alla ricerca del non detto. Riapre e ripercorre piste inspiegabilmente abbandonate. Solleva dubbi su operato ed omissioni. Prova a ricomporre le tessere di un mosaico intrigato e complesso. Chi ha deciso il sequestro e perché? Dove è stato tenuto prigioniero Moro? Chi l’ha ucciso? Le brigate rosse hanno veramente agito da sole? Quale ruolo ha avuto il sistema politico italiano nella gestione del rapimento? Si voleva veramente liberare Moro? A trentatré anni di distanza tante sono ancora le domande e poche purtroppo le risposte. E qualche mistero, forse, qualcuno se l’è già portato via con sé.

_ oma a dimensione bambino 101 percorsi da condividere con i più piccoli _ di Mario Russo

U

na Roma insolita, giocosa e colorata. Guardare la nostra metropoli con gli occhi dei bambini aiuta gli adulti a scoprirne il lato allegro e spensierato. Saper osservare il mondo con gli occhi dei propri figli è fondamentale per trasformare l’ambiente urbano in un luogo vivace e divertente. È quello che ci propone Elisabetta Putini nel suo “101 cose da fare a Roma con il tuo bambino”. La scrittrice, romana e autrice di libri per l’infanzia e guide giocose per bambini, prende per mano i genitori e i loro figli e disegna una Roma a misura di bambino, genuina e istintiva. Una Roma da vedere e da vivere, ma anche da immaginare. Tante idee, tanti percorsi, tante visite da condividere con i più piccoli. “L’importante – afferma la Putini – è trovare una chiave di lettura giocosa e divertente, facile e coinvolgente, che trasformi questo immenso museo all’aperto

Nuove Proposte | maggio ‘11

in luogo fruibile e alla loro portata”. Le proposte sono tante e diverse. Ce n’è per tutti i gusti e per tutti i momenti. Si comincia da quando lui (o lei) è ancora nel pancione e si va avanti finché ci sono creatività e fantasia da spendere. Si può chiacchierare con le statue di antichi eroi, portare la Barbie a fare la conoscenza di un’antica bambola romana, viaggiare in 3D nell’antica Roma, mettersi a tavola con gli animali del Bioparco, riscoprire a Trastevere qualche vecchio gioco di strada e tirare la coda ai corazzieri per scoprire di che cosa è fatta, oppure organizzare una super festa di compleanno nella città più bella del mondo. Ai bambini basta davvero poco per amare le cose. Noi adulti dobbiamo crederci e lasciarci andare e forse scopriremo che sono molti più di 101 i modi per trasformare una passeggiata per le strade di Roma in un viaggio emozionante, esclusivo e inaspettato.

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La copertina |


Dignità

clandestina

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_ ’equilibrio della catasta Tentativi di convivenza sul Mediterraneo

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_ di Francesca Carli

ernand Braudel diceva che il Mediterraneo è “una serie di culture accatastate le une sulle altre”. E come tutte le cataste, ora deve fare i conti con il proprio precario equilibrio: più di un milione le persone al Cairo contro Mubarak, Tunisi che si prepara al dopo Ben Alì, re Abdullah di Giordania che - per volontà del popolo - ha rimosso il primo ministro Samir Rifai e Algeria e Libano dove la tensione è altrettanto alta. E l’Europa? Sembra essere stata presa in contropiede. La convivenza, in questo grande condominio che sono le sponde del Mediterraneo, non è cosa semplice. Nel ‘64 la CEE sottoscrisse accordi per un’unione doganale con Atene e Istambul, dagli anni ’70 è toccato ai patti commerciali con Malta, Cipro, Libano, Spagna, Portogallo, Israele, Egitto e Yugoslavia. Il primo approccio multisettoriale si ebbe nel ’72, sotto il nome di Politica Mediterranea Globale (PMG), che naufragò presto a causa della crisi petrolifera. All’alba degli anni ’90 fu la volta della Politica Mediterranea Rinnovata (PMR), che però si mostrò subito incapace di ridurre

le disuguaglianze tra le due rive. Nel ‘95 un nuovo tentativo: il Partenariato Euro-Mediterraneo (PEM), che prevedeva il controllo dell’immigrazione clandestina, il dialogo interculturale e interreligioso, la lotta al terrorismo e al mercato della droga e la creazione di una zona di libero scambio basato su aiuti finanziari in direzione nord-sud. Ma arrivò l’11 Settembre e anche quest’ultima prova di integrazione non ebbe fortuna. Nel 2008 il Presidente francese Sarkozy cercò di rilanciare l’idea con l’Unione per il Mediterraneo (UpM). Il progetto – sulla carta – era entusiasmante: diminuzione dell’inquina-

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mento nel Mediterraneo, formazione delle cosiddette “autostrade del mare” e miglioramento delle vie di trasporto su terra, un corpo di protezione civile comune, un piano di sviluppo dell’energia solare, un’Università Euro-Mediterranea. Ma il mutamento politico degli ultimi mesi non ha precedenti e, non a caso, sull’altra sponda del Mare Nostrum (a Barcellona) il Segretario Generale dell’UpM Ahmad Khalef Masadeh ha rassegnato le proprie dimissioni, denunciando che - a fronte di una richiesta ai Paesi membri pari a 14,5 milioni di euro - l’organizzazione avrebbe ricevuto fondi per meno della metà. Non è tutto: tale congedo non può infatti ritenersi svincolato dalla crisi del Maghreb. I cambiamenti in atto rischiano di incrinare i precari equilibri dell’UpM (basti pensare che Mubarack ne è vice-presidente) e, inoltre, il mancato invio delle risorse richieste dall’organizzazione evidenzia il disinteresse dell’UE per uno strumento che avrebbe potuto avvicinare le due sponde e incidere in materia di democrazia e diritti civili. Ma, anche questa volta, non ci siamo riusciti.

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| Dignità

clandestina

_ ineo e Manduria I non luoghi dell’immigrazione _ di Francesca Carli

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n arabo si chiamano harraga: sono i migranti clandestini in fuga dalla regione del Maghreb. Chi scappa dalla povertà, chi dai regimi politici, chi - pur avendo un lavoro (mal pagato) in patria - sale sui barconi con la speranza di trovare sull’altra sponda del Mediterraneo un po’ di dignità. Secondo le stime il 90% dei quasi ventimila harraga sbarcati a Lampedusa nelle ultime settimane sono tunisini, il restante 10% è composto da cittadini dell’area del Maghreb, da rifugiati provenienti dai Paesi del Sahel e dai profughi libici (questi ultimi in buona parte già rimpatriati o portati nei campi profughi al confine con la Libia). Da Lampedusa vengono trasferiti in varie località italiane: i centri più capienti sono quelli di Mineo e Manduria, che stanno ospitando più di tremila profughi l’uno. Ma c’è anche chi viene trasferito nei centri di accoglienza di Trapani, Caltanissetta, Cagliari, Santa Maria Capua Vetere, Palazzo San Gervasio, Civitavecchia e Livorno o chi tenta di raggiungere Ventimiglia con la speranza di riuscire ad arrivare in Francia. Ma com’è la vita all’interno dei campi predisposti ad accogliere gli immigrati? Il residence degli Aranci di Mineo, per esempio, è una serie di casette a schiera color pastello, immersa nel verde degli aranceti a pochi chilometri dal paesino in provincia di Catania. 25 ettari di terreno ospitano 404 villini da tre camere ciascuno, con tanto di giardino antistante. Un posto quasi da sogno, con erba curata, campi di calcio e piazzole per il barbecue. Se non fosse per il filo spinato che - ora - lo circonda. Se non fosse per le ore interminabili passate lì dentro senza sapere cosa sarà della propria vita. Il Residence, sembra uno scherzo del destino,

Nuove Proposte | maggio ‘11

è stato costruito nel 1997 per ospitare i militari della base Nato di Sigonella: ma gli americani, due anni fa, hanno deciso di rinunciare al residence a partire dal marzo di quest’anno. Nessuno immaginava che sarebbe partita proprio da Sigonella l’offensiva contro Gheddafi. E ora chiusi lì dentro (anche se qualcuno riesce a uscire e tenta di farsi strada lungo le montagne intorno) ci sono anche coloro che sono scappati da quegli attacchi. Un’altra storia invece per Manduria, in Puglia, dove si trova il centro di accoglienza più affollato dopo gli ultimi sbarchi. Fatto costruire a fine marzo in tutta fretta dal Governo Italiano, per trasferire i tantissimi arrivati improvvisamente a Lampedusa, vero esempio di sfida logistica e organizzativa. La situazione è satura e allarmante: a fine marzo gli abitanti della cittadina hanno protestato e ne hanno chiesto la chiusura immediata. In quei giorni il sottosegretario all’interno, Alfredo Mantovano, aveva promesso che il campo avrebbe ospitato non più di 1500 persone. Ma il Premier Berlusconi, in visita a Lampedusa, pochi giorni dopo ha raddoppiato la cifra e Mantovano (insieme al sindaco di Manduria) si è dimesso. Negli stessi giorni il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha accusato la Francia di poca solidarietà nei confronti del nostro Paese, dopo che oltre cinquecento persone da Nizza sono state rimandate in Italia. In base alle norme europee, la decisione sullo status degli immigrati è di pertinenza del paese dove questi arrivano, ma la posizione dell’Italia è stata subito chiara: non è possibile far fronte da soli - senza l’appoggio europeo - a una così eccezionale ondata migratoria. Lo stesso Ministro dell’Interno Roberto

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Maroni ha dichiarato di essersi sentito abbandonato dall’Unione Europea, sostenuto dall’Ufficio Italiano dell’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che ha parlato della necessità - da parte dell’Europa - di un “segnale positivo che contribuisca a ridurre le tensioni”. Insomma: tra “Governo del fare”ed “Europa Unita”, pare sia giunta l’ora per tutti di dimostrare che non si tratta solo di slogan (ben?) riusciti.

Il parere del sociologo

_ di Ernesto Fabricatore

Sintetizzare la complessità di un processo come quello dell’immigrazione certamente non è cosa facile. Certo è che, se si vogliono superare le derive “separazioniste” e “integraliste”, è necessario trovare punti comuni che siano in grado di funzionare come collegamenti, come ponti che consentano un dialogo nel rispetto della differenza. Laddove si introducono dinamiche di competizione degli spazi e delle risorse, invece, è più probabile che si attui un processo di “segregazione”, che si esprime attraverso la tendenza degli individui a ricercare in prevalenza la compagnia dei propri simili e ad opporsi in maniera più o meno esplicita alle diverse azioni di integrazione cooperativa. Come evidenziano diverse ricerche, tra cui quella di Zenier del 2002, «le necessità di tipo abitativo, l’accesso occupazionale, la fruizione dei servizi sociali costituiscono elementi del contesto sociale potenzialmente in grado di influire sull’articolazione delle relazioni sociali concrete» e prima ancora sulle rappresentazioni sociali dello straniero.


Dignità

clandestina

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_ mergenza profughi Si cerca la soluzione al problema degli sbarchi _ di Pierpaolo Polcaro

L’

allarme Lampedusa è all’ordine del giorno. Protagonista delle cronache internazionali da ormai troppi mesi a questa parte, l’isola è stata letteralmente messa in

Persone che temono di essere arrestate e di subire persecuzioni nei loro paesi di origine, pesantemente gravati da guerre e conflitti in atto. Basti pensare che in Tunisia anche gli attivisti non violenti possono essere

arrestati, picchiati e torturati. E proprio dalla Tunisia quest’anno sono arrivate in Italia 372 imbarcazioni con più di 23.000 immigrati. Poco più di 4.000 di questi hanno ricevuto il permesso di soggiorno temporaneo, mentre 330 sono stati rimpatriati, come previsto dall’accordo ItaliaTunisia, firmato lo scorso 5 aprile. Sono sempre 4.000 i cittadini libici approdati sulle coste italiane, a bordo di 18 barconi. Veri e propri viaggi della speranza di persone disposte a tutto, anche a mettere la propria vita in balia del mare nelle mani di traghettatori corrotti e senza scrupoli, in condizioni igienico-sanitarie ai limiti della sopravvivenza. Allo stato attuale l’isola si presenta come un carcere a cielo aperto, il cui centro accoglienza appare ormai sovraccarico per le sua effettive capacità. Una situazione insostenibile, che rischia di compromettere la stagione turistica estiva ormai alle porte. A ben poco è servita la tendopoli allestita a Manduria, in provincia di Taranto, il 27 marzo scorso, con lo scopo di trasferire i clandestini nel Centro di identificazione ed espulsione. Si sono invece dichiarati quasi tutti ri-

ginocchio da una serie interminabile di sbarchi di navi colme di profughi. Un’ondata migratoria senza precedenti, se si tiene conto che da molti anni la più grande delle isole Pelagie, che conta meno di 5000 residenti, è meta di immigrati che fuggono dal loro paese di origine, in particolare dall’area nordafricana. Tunisini, ma anche libici, egiziani, somali, etiopi.

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maggio ‘11 | Nuove Proposte


| Dignità

clandestina

fugiati politici i circa 1.500 migranti che sono ospitati nel “Villaggio della solidarietà”, allestito nel Residence degli aranci di Mineo, in provincia di Catania. I restanti profughi dovrebbero essere sistemati in 13 centri di accoglienza presenti in tutta Italia

e messi a disposizione dal Ministro della Difesa La Russa: individuati in aree come poligoni di tiro, depositi di armi, ex caserme. Allo stato attuale l’incognita è se questi centri da Cie (Centri di Immigrazione ed Espulsione) passino ad essere Cara (Centri

di Accoglienza per Richiedenti Asilo). Mentre intanto si cercano presunte responsabilità da attribuire al Governo o all’Unione Europea, e soprattutto i fondi da destinare a questa emergenza, i dati della Commissione Europea informano che, per il biennio 2010-2011, sono stati elargiti all’Italia 80 milioni di euro, ripartiti fra il Fondo europeo per i rifugiati, il Fondo per i rimpatri e il Fondo per la gestione delle frontiere esterne. Tutti soldi che, secondo quanto risulta alla Commissione, l’Italia non ha ancora speso totalmente. Senza contare i 47 milioni di euro alla voce Fondo europeo per l’integrazione e i 25 milioni di euro che possono essere immediatamente rilasciati, secondo una procedura di emergenza dalla stessa Ue. Intanto a Lampedusa gli sbarchi continuano.

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Mostre |

capolavori da Francoforte

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Un viaggio dall’impressionismo all’avanguardia _ di Andrea Vitale

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a mostra rappresenta la prima occasione per una presentazione in Italia delle collezioni del celebre museo di Francoforte, una delle piĂš ricche e prestigiose raccolte europee d’arte antica e moderna, nata dalla straordinaria collezione privata che il mercante e banchiere Johann Friederich Städel (1728-1816) volle donare alla collettivitĂ , facendo in questo modo di essa una fondazione unica e inestimabile nel suo genere nell’Europa del tempo. In Italia è arrivata solo una selezione orientata sulla porzione a cavallo tra Ottocento e Novecento della raccolta tedesca, che sarĂ fino al 17 luglio al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Il percorso espositivo offre una panoramica sulla storia recente dell’arte europea, dai Nazareni ai Romantici, dal Realismo all’Impressionismo, fino al Simbolismo e alle Avanguardie. Articolata in sette scansioni stilistico - cronologiche distribuite nelle sette gallerie, l’esposizione presenta capolavori di Johann Tischbein, Koch, Jean-Baptiste Corot, Claude Monet, Ed-

gar Degas, Pierre-Auguste Renoir, Vincent Van Gogh, Paul CĂŠzanne, Arnold BĂścklin, Feuerbach, ma anche Gustave Moreau, Odilon Redon, Ferdinand Hodler, Edvard Munch, Max Beckmann, Max Ernst, Paul Klee, Pablo Picasso. Si parte dal Classicismo tedesco di primo Ottocento, con il celeberrimo ritratto di Goethe in riposo sullo sfondo della campagna romana (simbolo assoluto del mito italico del Grand Tour dei nuovi “artistiâ€? europei), realizzato nel 1787 da Tischbein, che suggella l’inizio della mostra, per proseguire, poi, con un vasto omaggio all’Impressionismo francese: dai paesaggi realisti di Corot e Courbet, ai ritratti radiosi e colorati di Renoir fino alle sontuose atmosfere dei balletti e delle ballerine parigine di Degas. La parte centrale della retrospettiva è dedicata al Simbolismo e ai suoi protagonisti come BĂścklin, Ensor, Moreau, Munch e Redon. L’Espressionismo tedesco è rappresentato dai gruppi Die BrĂźcke e Der Blaue Reiter e dalla loro pittorica drammatica e radicale. A Max Beckmann, artista di marca espressionista, è riservata un’intera se-

Goethe in riposo | Ritratto di F.Olivier | zione con alcuni quadri incentrati sul sentimento antisemitista che si stava diffondendo in quegli anni; mentre allo sperimentalismo visionario di Max Ernst, Paul Klee e Pablo Picasso è affidato il compito di tracciare, in conclusione della mostra, una panoramica d’eccezione sul confine novecentesco della modernitĂ .

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maggio ‘11 | Nuove Proposte


| Mostre

_ a chiamano Arte Povera Michelangelo Pistoletto in mostra al Maxxi

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_ di Anna Rita Scheri

l racconto del lavoro di Michelangelo Pistoletto, nel contesto delle trasformazioni che nel dopoguerra hanno investito l’Italia, l’Europa Occidentale e il Nord America, esplorando le relazioni del suo lavoro con la Pop Art, il Minimalismo ed il Concettuale, sono i perni attorno ai quali ruota la mostra allestita al Maxxi. Gli spazi dirompenti, non definiti e non stabili, hanno accolto con dinamicità le opere allestite in tre gruppi principali in relazione corrispondenti ai passaggi evolu-

Quadri specchiati |

troverà una sua vitalità anche nel futuro. “Perché nei Quadri Specchianti già sono contenute le persone che ancora non sono nate, che verranno un giorno a riflettersi nell’opera” dice lo stesso Pistoletto, che sembra aver trovato il modo per sfondare lo spazio ed oltrepassarne i limiti. In un unico grande ambiente, le terrazze del museo, è dislocato il secondo gruppo di opere: gli Oggetti in meno, che parlano del desiderio di superare il concetto di spazio espositivo come luogo chiuso ed eliminare il

Tenda di Lampadine |

di cambiamento e contingenza attraverso i riflessi generati dal Mylar, dalle luci tremolanti delle candele e da lampadine appese. Uno spazio a parte è dedicato alle azioni e alle performance itineranti degli artisti del gruppo teatrale di strada Lo Zoo e che ospita oggetti di scena, documentazioni fotografiche e video. Nella Sala Gian Ferrari, infine, con Cittadellarte, Pistoletto pone al centro delle sue attività la trasformazione etica della società. Una grande istallazione sopraelevata,

Venere degli Stracci |

Il Maxxi | tivi di un percorso che va dal 1956 al 1974. La mostra inizia con i Quadri specchiati e i Plexiglass, che sono il filo conduttore di una ricerca mirata a far entrare la vita nell’arte. Infatti l’artista ritrae amici, familiari, conoscenti, fino a gruppi di persone della serie dei Comizi e Manifestazioni, in cui indaga i temi sociali. In questi quadri non esiste un punto di vista predefinito e l’opera non è più assoluta, poiché

Nuove Proposte | maggio ‘11

confine tra pubblico e privato, quasi a raggiungere una forma di liberazione dell’identità artistica; gli Stracci che, usati da Pistoletto per lucidare i Quadri specchiati nel 1967, in occasione della mostra collettiva “Arte povera + Azioni povere” ad Amalfi, gli serviranno per creare un’istallazione estemporanea, perdono e superano la loro funzione originaria per diventare oggetti d’arte; le opere della serie Luci e Riflessi enfatizzano l’idea

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Nuovo segno d’Infinito, è il simbolo del Terzo Paradiso, il passaggio cioè a un nuovo livello di civiltà planetaria, e il tavolo specchiante, Mar Mediterraneo – Love difference, sagoma che ricalca il Mare Nostrum circondato da 23 sedute tutte diverse, è il simbolo dell’incontro di diverse culture. Una mostra da non perdere, c’è tempo fino a Ferragosto.


Design |

_ n “sacco” di design Le shopping bag: per spese di tendenza _ di Francesca Carli

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ra moda e design. Ma più design. Perché se è vero che sanno essere fashion e dare un tocco particolare al nostro look, è evidente che il loro aspetto più rivoluzionario è l’essere pratiche e innovative. Parliamo della nuova generazione di shopping bag. Le nipoti di quelle antiestetiche borse-carrellino usate dalle nostre nonne per fare la spesa. O le sorelline glam ed ecofriendly dello sciatto sacchetto di nylon. Da quando, poi, le shopper di plastica non riciclabile sono andate in pensione, se ne vedono in giro di ogni tipo: pratiche, colorate, divertenti, utili e – soprattutto – riutilizzabili. I creativi di tutto il mondo non potevano di certo stare a guardare un cambiamento così radicale nella quotidianità di ognuno di noi senza intervenire: si sono dati subito da fare, coniugando praticità e stile, elementi tipici del miglior design. L’idea più fantasiosa è venuta al gruppo Happy Creative Service, che punta tutto sul tema ecologico e ha creato per Lee la shopper Never Waste: una busta in carto-

ne totalmente riciclabile. Ogni parte che la compone, infatti, è pensata per avere nuova vita e diventare qualcos’altro. Segnalibro, calendario, gioco da tavolo, lacci delle scarpe (ricavati dai manici, ovviamente!): ogni pezzo di Never Waste ha un doppio uso per, come dice il nome… non buttarla mai. Environsax è invece il brand che la fà da padrone, in merito a qualità dei materiali e creatività nello stile: arrotolabili in un fagottino discreto e leggerissimo, queste shopper nascondono però un’anima strong. In tessuto robusto, impermeabile e lavabile, possono sostenere fino a venti chilogrammi di peso. Ciliegina sulla torta: sono create con metodi di produzione sostenibile. Ma l’aspetto che salta subito all’occhio è quello frivolo del loro aspetto modaiolo: molte le linee e i modelli, dalle Graphic Series alle psichedeliche Optimistic, le romantiche Bloom, le etncihe Nomad, le Organic semplici e naturali, le Botanic piene di fiori e piante colorate. Ce n’è davvero per tutti i gusti. Un altro brand che ha saputo caval-

Flip and Tumble | care con stile l’onda ecologista da supermercato è Flip&Tumble: monocromia e tinte accese per questi oggetti di vero design, che giocano su una forma versatile grazie alla quale la borsa diventa una pallina in pochissimi gesti: essenziali, divertenti e sempre a portata di mano. Fare la spesa non è mai stato così stiloso.

Æ>a hVadiid YZaaV WZaaZooVÇ q ]V^g heVXZ! cV^a heVXZ! bV`Z"je heVXZ! egd[Zhh^dcVa h]dee^c\ <=9 VcY bjX] bdgZ q q HVaddc EVgicZgh 9Vk^cZh q

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maggio ‘11 | Nuove Proposte


| Mostre

_ ome eravamo Un’Idea del nostro passato _ di Rosalba Abozzi Fernanda Annicchiarico

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ome sono cambiate nell’ultimo secolo le abitudini di vita? I giocattoli, gli utensili, gli abiti?

L’esterno del museo | Quante volte da bambini gli anziani ci hanno raccontato con nostalgia come si viveva nei tempi passati, come si amava trascorrere la giornata o come si giocava? Tutto ci sembrava lontano nel tempo, quasi non fosse mai esistito, non ricordandoci che ognuno di noi, durante il proprio cammino, lascia alla generazione successiva testimonianze del proprio vissuto. Lo studio delle tradizioni popolari ha proprio il compito di far conoscere ai posteri il passato, la vita sociale delle classi ricche, medie e povere, di far rivivere, attraverso testimonianze, la vita giornaliera, dalle difficoltà al lavoro agli affetti, di chi ci ha preceduto. è questo l’obiettivo che si propone il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, parte integrante dell’istituto centrale per la demoetnoantropologia (Idea), situato nel cuore dell’Eur, a Piazza Guglielmo Marconi. Gli oggetti ivi raccolti tramandano la quotidianità degli uomini della fine dell’‘800 e della prima metà del ‘900. Nel 1911 l’etnologo Lambero Loria

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diede il via alla collezione, arricchita poi da numerose donazioni, diventando patrimonio culturale. Infatti la cultura, come ha affermato l’antropologo britannico Edward Burnett Tylor, “è un complesso di conoscenze, credenze, arte, morale, diritti, usanze e tutte le altre capacità o abitudini acquisite dall’uomo in quanto membro della società”. Il museo, oltre ad ospitare mostre tematiche sempre attinenti al mondo della tradizione popolare ed autori le cui opere sono realizzate con metodi e materiali riconducibili alle tradizioni, è strutturato in 3 aree tematiche: nella prima “la terra e le risorse” sono presenti articoli legati al lavoro agricolo e pastorale; nella seconda “vivere e abitare” c’è il mondo domestico, gli arredi e ciò che riguarda la vita quotidiana; nella terza “riti, feste e cerimonie” si trova quello che è legato alle festività popolari e agli spettacoli. Ogni sezione documenta la vita dei secoli scorsi attraverso oggetti, dipinti e video. Possiamo così ammirare i sistemi di trasporto usati da contadini e pastori, le macchine processuali per la tradizione religiosa, i diversi tipi di zappe ed altri utensili da lavoro. Non mancano vecchie insegne di locande e botteghe di artigiani. Interessante è rivedere come erano strutturate le abitazioni e tutto ciò che veniva usato nella vita domestica, dall’arredo al vestiario. Il museo inoltre ha dedicato anche una sezione al “ciclo della vita” in cui sono raccolti oggetti relativi alle diverse fasi dello sviluppo dell’individuo. Vi si trovano culle, girelli,vestiti, giocattoli ma anche abiti nuziali e delle feste. Una mattinata tra le sale del Museo di Tradizioni Popolari ci permette di ripercorrere la nostra storia e sentirci un po’ più vicini a chi ci ha lasciato un patrimonio così grande.

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COMUNI IN MUSICA di_ Anna Rita Scheri Presso il Salone d’Onore del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari sono stati invitati a esibirsi gruppi folclorici degli oltre 8100 comuni italiani. L’iniziativa è stata promossa dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali, che ha istituto il Tavolo Nazionale per la promozione della Musica Popolare e Amatoriale, composto da 78 rappresentanti provenienti da quasi tutte le Regioni d’Italia e da rappresentanti di varie. La rassegna è partita il 27 marzo con il Concerto dell’Associazione Bandistica Città di Picciano e il Coro folklorico di Picciano, Comune in provincia di Pescara e sede del Mutac, il Museo più grande d’Europa delle Tradizioni ed Arti Contadine. L’occasione è stata propizia per raccogliere a caldo le impressioni del sindaco di Picciano Marino Marini: “Dopo la cittadinanza onoraria concessa ai Maestri Tornatore e Morricone in occasione della presentazione presso il nostro museo del film Baaria, Picciano ha vissuto un’altra giornata storica a livello culturale. Per un paese di poco più di 1300 abitanti avere una banda e un coro folkloristico riconosciuti gruppi di interesse nazionale è una grande soddisfazione. Poi, aver avuto l’onore di aprire questa importante rassegna nazionale è stato il massimo riconoscimento possibile. Sicuramente una giornata storica per Picciano”. Altri gruppi si esibiranno fino alla fine di giugno presso il Museo, per continuare a dare vita alle tradizioni di ogni piccolo, ma importante, comune italiano.


Mostre |

_ alla lira all’euro

Al palazzo delle esposizioni la storia monetaria dell’Italia Unita _ di Luciana Zanuccoli

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i è aperta a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, la mostra “La moneta dell’Italia unita dalla lira all’euro”, visitabile fino al prossimo 3 luglio. Allestita dalla Banca d’Italia, sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, l’iniziativa rientra nel programma delle grandi esposizioni organizzate per celebrare il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. Presidente del Comitato Scientifico per la supervisione della mostra è Fabrizio Saccomanni, direttore generale della Banca d’Italia. La mostra parte sin dal principio della nostra storia nazionale, mostrando come l’adozione della lira risalga all’unificazione monetaria italiana del 1862. E fu proprio questa unificazione il mezzo per avviare l’integrazione economica del nostro Paese e porre le basi per il suo sviluppo futuro. Del resto, si tratta degli stessi obiettivi che hanno ispirato il processo di unificazione europea e la creazione dell’euro. Non è certo facile impresa coniugare il rigore storiografico con la divulgazione, per riuscire ad avvicinare un pubblico vasto e vario al tema della mone-

ta e al suo fondamentale ruolo nella vita economica e sociale di uno stato. Ma i 500 metri della mostra garantiscono una piena chiarezza espositiva attraverso oggetti e documenti originali, tavole cronologiche, immagini, filmati e pannelli interattivi esposti in nove “isole tematiche”. Grazie ai supporti audiovisivi, inoltre, vengono presentati economisti e politici che furono tra i principali protagonisti dell’unificazione monetaria. Ci si rende conto così, come raramente accade e forse mai prima era accaduto, delle diverse forme che ha assunto la moneta nella sua storia millenaria, illustrando aspetti della nostra economia sui quali si è facilmente portati a sorvolare, ma che invece forniscono numerose informazio-

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ni sul contesto storico-politico ed economico dell’Italia prima e dopo l’unificazione. Infatti, raramente si riflette sul fatto che la nostra cronologia monetaria copre un secolo di storia, dai provvedimenti valutari di Napoleone dopo la campagna del 1796, fino alla nascita della Banca d’Italia nel 1893. I quasi 500 documenti e oggetti esposti provengono in buona parte dall’archivio storico della banca d’Italia, da Istituti che la precedettero e dal Museo della Moneta, che conserva reperti d’inestimabile importanza quali tavolette cuneiformi paleobabilonesi e neo-sumeriche, e una collezione di circa 800 monete e 450 banconote che vanno dall’Antica Grecia ai nostri giorni. Una storia millenaria in un pugno di monete.

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| Mostre

_ occare la pittura Musei Vaticani: arte per i non vedenti _ di Mario Russo

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a cecità fisica non distrugge né la capacità né il desiderio di vedere”. È con queste parole che ha inizio la presentazione dei nuovi itinerari delle visite didattiche all’interno dei Musei Vaticani. Una didattica nuova, dedicata in particolare alle persone non vedenti e non udenti, attraverso la quale i “Vaticani” lanciano un nuovo “processo di interazione tra fruitore e opera d’arte che spingerà tutti, anche i vedenti, ad attivare il terzo occhio, quello del cervello, dello spirito e dell’anima, per possedere con la mente ciò che non si può possedere con gli occhi”. Si tratta di itinerari tra i più all’avanguardia nella fruizione delle opere d’arte da parte delle persone disabili. Le novità fondamentalmente sono due. La prima riguarda l’offerta didattica per i non

permettere alle persone con difficoltà visive di conoscere iconograficamente questi capolavori mediante l’esplorazione tattile dei materiali appositamente realizzati e corredati di legenda in Braille. Attraverso il percorso si intende sollecitare la rappresentazione immaginativa delle opere attraverso canali alternativi alla percezione visiva, e di agevolare la rielaborazione autonoma del messaggio artistico al di là del dato sensibile. Per il raggiungimento di tali obiettivi si utilizzano sistemi didattico-comunicativi multi-

L’altra novità riguarda un progetto realizzato per la prima volta in Italia. Si tratta di due specifici itinerari creati per i non udenti (Stanze di Raffaello con Cappella Sistina e Museo Pio Clementino sempre con Cappella Sistina), che saranno interamente guidati da un gruppo di operatori didattici sordi, una nuova figura professionale appositamente formata. “Nella consapevolezza della loro missione educativa - ha spiegato il cardinale Giovanni Lajolo, presidente del

La deposizione di Cristo | vedenti che, oltre alla possibilità di effettuare visite tattili su un’ampia selezione di sculture originali esposte nel Museo Gregoriano Profano, già in atto dai primi anni Novanta, ora potranno accedere a un’approfondita visita plurisensoriale di due importanti opere, “L’angelo che suona il liuto” di Melozzo da Forlì e la “Deposizione” del Caravaggio. A ciascuna opera il non vedente potrà accostarsi per più di un’ora attraverso una lettura sincretica ed evocativa delle opere pittoriche grazie all’utilizzo di tavole termoformate e di bassorilievi prospettici per comprendere la composizione dell’opera. L’obiettivo è di

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disciplinari, come i linguaggi letterari e musicali, e sistemi plurisensoriali, come i richiami analogici e sinestetici. Il tutto, infatti, é accompagnato dall’ascolto di brani musicali e poetici, dalla presentazione dell’artista con notizie circa la sua biografia e le sue opere e dalla possibilità di toccare le stoffe dell’epoca, il frammento di affresco con un dettaglio dell’opera nonché la porzione di tela con il particolare della Sindone della Deposizione realizzati da restauratori esperti. “In questo modo - ha spiegato Maria Serlupi, responsabile delle attività didattiche dei Musei - il non vedente farà suo il quadro e non potrà più dimenticarlo”.

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Governatorato della Città del Vaticano - i Musei Vaticani investono risorse non solo nell’offerta di nuove visite didattiche ma anche nella formazione di figure professionali specializzate”. Le visite per i disabili della vista e dell’udito si svolgono su prenotazione e sono interamente gratuite, anche per gli eventuali accompagnatori. “Da sempre - ha commentato da parte sua il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci - i Musei si occupano di didattica, ma ora vogliono portare la didattica fino agli estremi, ma non insuperabili, confini della maniera fisica”.


Mostre |

_ ’Italia delle 21

Per celebrare l’Unità, in mostra le “Regioni e Testimonianze d’Italia” _ di Iwona Grzsiukiewicz

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n occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, Roma ospita la mostra “Regioni e Testimonianze d’Italia”, visitabile fino al 3 luglio nei luoghi che animarono il Giubileo della Patria del 1911: il Complesso del Vittoriano, il Palazzo di Giustizia, Valle Giulia, Castel Sant’Angelo, nonché l’Aeroporto Leonardo Da Vinci, che fu inaugurato nel 1961, in occasione del centenario dell’Unità d’Italia. Il progetto è stato presentato da Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giuliano Amato, Presidente del Comitato per le Celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, Louis Godant, consigliere per la conservazione del patrimonio artistico della Presidenza della Repubblica, Lucio Villani, professore di storia contemporanea dell’Università Roma Tre, Paolo Peluffo, consulente per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e Alessandro Nicosia, Presidente di Comunicare Organizzando. La mostra ha lo scopo di consentire alle Regioni di

presentare - non solo il loro patrimonio storico, culturale, tecnologico e industriale - ma anche la nuova identità che si è venuta costruendo in 150 anni di vita, con un’attenzione particolare agli ultimi 40. Le diverse Regioni mettono, quindi, in mostra il lungo e articolato percorso che ne ha caratterizzato l’evoluzione del Paese mediante il racconto dei protagonisti, delle realizzazioni e delle eccellenze che, nel corso degli anni, ne hanno segnato il carattere. A ciascuno dei 21 territori regionali è stato messo a disposizione uno spazio espositivo dove narrare passato, presente e futuro attraverso video, documenti, fotografie e manufatti. Inoltre, ogni itinerario regionale è introdotto e narrato dalla testimonianza di un personaggio significativo per quell’area territoriale. Questa mostra, oltre a fornire un prezioso contributo storiografico, tocca un nervo scoperto della storia italiana: le Regioni, infatti, teorizzate sin dalla

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Costituzione, sono state ufficialmente riconosciute solo nel 1975 e, quasi in maniera paradossale, ricoprono oggi una funzione legislativa preminente su molti temi di primaria importanza. Ben venga dunque una mostra che esalta la nostra unità, partendo proprio dalle complementari differenze regionali, che ci ha reso quel variegato crogiuolo di arte, cultura, gastronomia e paesaggio per il quale siamo famosi in tutto il mondo.

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| Mostre

_ nità è arte

Impegno dell’Italia per salvaguardare l’arte _ di Luigi Bernardi

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rte forza dell’Unità – Unità forza dell’arte”. Gesta e opere dei Grandi Salvatori dell’Arte rac-

contati in occasione dei 150 anni dall’Unità d’Italia. E’ il tema della XXX Mostra Europea del Turismo e delle Tradizioni Cultu-

rali, aperta a Roma, presso Castel Sant’Angelo fino all’ 11 settembre 2011. Rassegna promossa dal Polo Museale Romano, ideata e organizzata dal Centro Europeo del Turismo, diretto da Giuseppe Lepore. Esposte oltre 80 opere provenienti da musei di Milano, Venezia, Genova, Urbino, Firenze, Roma, Napoli, così come da cattedrali e complessi archeologici sparsi per la Penisola. Si possono ammirare capolavori di artisti quali Antoniazzo Romano, Merling, Raffaello, Tintoretto, Tiepolo; presenti inoltre croci, reliquiari, messali, tessuti, paramenti sacri e manufatti in cuoio. La mostra si articola in quattro sezioni. La prima presenta le leggi di tutela risalenti al periodo preunitario, proseguendo poi fino ad oggi. Pannelli didattici e documenti illustrano le varie fasi e le varie applicazioni della legislatura sul tema. La seconda è dedicata alla salvaguardia

_ erso il 2025

dell’arte durante la seconda guerra mondiale. Le opere esposte sono quelle messe in salvo da Palma Bucarelli ed altri quale Pasquale Rotondi che, come ricorda il sottosegretario ai Beni e alle Attività Culturali,Francesco Maria Giro, nel ruolo di Sopraintendente della regione Marche - alla vigilia della seconda guerra mondiale - mise in salvo oltre diecimila opere d’arte, facendole trasferire nella Rocca di Sassocorvaro in Montefeltro e nel Palazzo dei Principi di Carpegna: capolavori di Carpaccio, Paolo Uccello, Giorgione, Raffaello, Mantegna, Bellini, Piero della Francesca si sono salvati e possono ancora essere ammirati grazie all’impegno di Rotondi. La terza sezione espone l’impegno svolto dall’Istituto Centrale del Restauro e dall’Opificio delle Pietre Dure. La quarta documenta l’intensa attività di recupero svolta da Corpi specializzati di Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato che operano anche fuori del territorio nazionale. Ciascuna sezione è corredata da pannelli esplicativi, foto e didascalie. In una apposita sala proiezioni, inoltre, alcuni documentari mostrano le pratiche di restauro e di salvaguardia di molti tesori italiani.

Dal primo nel ‘300 a quello del futuro: storia del Giubileo _ di Carlo Franciosa

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u Bonifacio VIII a indicare nel 1300 il primo Giubileo o Anno Santo: dopo quello, fino all’ultimo - celebrato nel 2000 - ne sono stati festeggiati ventisei, con intervalli diversi tra loro. In origine la scadenza venne stabilita ogni

cento anni e contemplava la visita alle sole basiliche di San Pietro e San Paolo. Poi Papa Clemente VI dimezzò il periodo d’intervallo e così il secondo giubileo si ebbe nel 1350, anno in cui venne aggiunta ai luoghi sacri anche la basilica di

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San Giovanni. Urbano VI appose un’altra modifica, stabilendo periodi di trentatre anni in rapporto alla vita di Cristo, per cui il terzo Giubileo sarebbe stato anticipato al 1390. Non fu comunque lui a celebrarlo, ma il suo successore, Bonifacio IX, il quale ritenne che tale decreto non escludeva quello relativo ai cinquant’anni, per cui nel 1400 ne indisse un quarto. Da allora le visite alle basiliche divennero quattro, con l’inclusione di Santa Maria Maggiore. Martino V celebrò il quarto Anno Santo in base ai trentatre anni di Cristo (nel 1423), mentre Nicolò V indisse il sesto secondo la cadenza dei cinquanta anni. Occorreva mettere ordine, e così Paolo II stabilì che a partire dal 1475 il Giubileo venisse celebrato ogni venticinque anni, che è la massima ancora vigente. Nel 1800 però, a causa delle condizioni politiche dell’Italia sotto Napoleone, il Giubileo non si tenne; Pio IX non celebrò il Giubileo nel 1850, perché esule a Gaeta, mentre quello del 1875 si svolse a porte chiuse a causa degli eventi di Porta Pia. Dal 1900, con Leone XIII, l’Anno Santo fu celebrato regolar-

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mente ogni venticinque anni. I Giubilei ordinari furono ventisei, ai quali furono aggiunti numerosi straordinari, specialmente in occasione di anniversari sacerdotali ed episcopali dei Papi e anche in località diverse da Roma, come Santiago di Compostela, considerato terzo luogo santo giubilare della cristianità, dopo Roma e Gerusalemme. Nel nostro secolo, Pio X, oltre a quello ordinario del 1925, ne celebrò altri due straordinari: nel 1929 per il cinquantenario del suo sacerdozio (e in coincidenza con i Patti lateranensi) e nel 1933, per il XIX centenario della morte di Cristo. Anche Pio XII, oltre a quello ordinario del 1950, ne celebrò uno speciale nel 1954 detto “Anno Mariano”, in onore della Madonna. Anche quello indetto da Giovanni Paolo II dopo 1950 anni dall’anniversario della morte di Cristo dal 25 marzo 1983 al 22 aprile 1984 - è stato un giubileo straordinario. L’ultimo Giubileo, sempre sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II, è stato quello del 2000 e il prossimo – se non ne verranno indetti di straordinari – si terrà nel 2025.


Architettura |

_ commessa turismo Roma presenta un nuovo progetto all’Eur _ di Fernanda Annicchiarico

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empre più progetti per una Roma in continua evoluzione. A portata di cittadino, ma soprattutto la nostra Capitale apre le sue braccia per un turismo migliore. Domani non si parlerà più solo ed esclusivamente del centro storico e delle gesta di eroi passati. Romani e turisti potranno ammirare nuove opere degne dell’avanzata tecnologia costruttiva, che forse troppo spesso in questi anni è stata messa da parte per lasciare spazio alle “classiche palazzine”. Ad ospitare un nuovo polo turistico sarà l’EUR, quartiere già completamente indipendente e caratterizzato non solo da una storia importante ed imponente come quella dagli anni ‘30 in poi, ma anche da una voglia di scommettere e, perché no, osare. Già presenti musei, palazzo dei congressi e palazzetto sportivo, che portano i nomi di alcuni dei più grandi architetti italiani. Ma non finisce qui.

All’interno degli interventi previsti, presentati pochi mesi fa, si vedrà la realizzazione di importanti opere dotate di innovativi spazi funzionali, che riqualificheranno e valoriz-

La Nuvola di Fuksas | zeranno l’intera area. Si parla della tanto discussa Nuvola di Fuksas, del Centro Renzo Piano, del Museo Mediterraneum Acquario di Roma, che diventerà il più grande polo museale e congressuale di tutta la Capitale. Un valore aggiunto sarà dato, inol-

tre, dalla valorizzazione del Laghetto già risistemato negli ultimi anni. Tutti i punti focali dell’intero quartiere, sia quelli già esistenti che i futuri, verranno collegati con

passeggiate e percorsi pedonali immersi nel verde. Infine attraverso segnaletica, cartellonistica e pannelli illustrativi, le differenti opere progettuali verranno descritte e spiegate, rendendo così più diretto il rapporto turista-opera. Nella speranza che questo non sia un semplice sogno ... e aspettando una Roma sempre più all’avanguardia e al passo con i cambiamenti!

Convento di Tor de’ Specchi |

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maggio ‘11 | Nuove Proposte


| Festival

_ iaggiare a tavola Dal 27 al 29 maggio è tempo di Soulfood _ di Francesca Carli

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ibo, viaggi, arte, sostenibilità: sono queste le basi intorno alle quali ruota il progetto The Soulfood, un vero e proprio Festival multidisciplinare - nato nel 2007 da un’idea di Don Pasta e l’associazione Terreni Fertili - che esplora la dimensione sociale e culturale della buona cucina. Apprezzare le diversità dei sapori per gustare al meglio le diversità culturali, avvicinarsi a mondi lontani attraverso i profumi e le consistenze di cibi diversi da quelli della propria tradizione: Soulfood lo fa. Il Festival infatti ha l’ambizioso (e ben riuscito) obiettivo di riunire intorno alla tavola contadini e organismi internazionali, associazioni e popolazione (di qualsiasi provenienza etnica sia) per instaurare un dialogo che sia il più possibile sinonimo di integrazione e compenetrazione di valori e culture solo apparentemente distanti. Ma come riesce Soulfood in questo intento? Attraverso una molteplicità di azioni, come incontri, laboratori (alcuni pensati anche per i più piccoli), workshop, web art, performance video e dj set. Soulfood parte da quello

che c’è sulla tavola per divulgare un modello alimentare che sia sostenibile sia da un punto di vista ambientale che sociale. Numerosi i contributi celebri alla causa di Soulfood: da Giobbe Covatta ad Ascanio Celestini, David

Riondino, Donatella Finocchiaro e molti altri. Quest’anno il primo appuntamento ufficiale del Festival è quello del 27 maggio con le Cene Carbonare, che si terranno in abitazioni private dove cuochi, scienziati, scrittori e gente comune (previa prenotazione, ovviamente: per info www.thesoulfood.net) dialogheranno intorno a un tema prestabilito, come cibo meticcio, teatro, ambiente, consumi consapevoli o carcere. Il 28 maggio invece ci si trasferisce tutti a Tor

Pignattara, in piazza Perestrello, dove verrà organizzata una festa di quartiere da cittadini, negozianti e comunità di stranieri (che tanto stranieri dopo Soulfood non ci sembreranno più!). Dj e vj set, laboratori di giardinaggio e scambi di ricette: occasioni per stare insieme e per conoscere meglio gli altri, ma anche noi stessi. Ultimo appuntamento: domenica 29 maggio al Circolo degli Artisti, che per l’occasione vestirà i panni di mercatino con produttori solidali e artisti, che proporranno aperitivi a chilometro zero, mostre fotografiche e performance artistiche. In questa occasione verrà anche presentato United Food of Rome, un progetto che intende esplorare le mille sfumature della cucina (non romana) di Roma portata nella Capitale dai tanti migranti che hanno deciso di trascorrere qui la loro vita: Soulfood pensa, a ragione, che il cibo sia primariamente cultura, una cultura in costante mutamento, che dall’integralismo delle ricette tradizionali approda – attraverso contaminazioni e scambi – a una realtà meticcia più ricca e interessante di quella da cui è partita. Soulfood è questo è molto altro: il cibo, come nutrimento dell’anima.

_ l colore dei pensieri Collettiva di opere pittoriche _ di Angela Abozzi

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n rincorrersi luminoso di colori stimolanti e provocatori si presenta allo sguardo di chi si affaccia alla Galleria d’Arte in via Tiburtina 507, dove il critico d’Arte, Prof. Claudio Lepri, ha organizzato una collettiva dal titolo “Il Colore dei Pensieri”, dedicvata ad opere pittoriche di autori di alta creatività e poesia che aprono la mente e il cuore alla fantasia, alle emozioni e alla cultura. Alla New Gallery di via Tiburtina attualmente partecipano 16 artisti, di cui citiamo i seguenti: Paola Borrelli: Ha presentato due oepre astratte e una figurativa dove si rivela capace di stupende aggregazioni di cromatismi materici in cui regna una profonda armonia.L’astrazione si fonde con la figurazione in un impianto scenico di grande effetto che denota la sua fertile creatività. Ester Carducci: Tema privilegiato dell’artista sono i firoi. Mirabili accostamenti cromatici in questi fiori che sono frutto della sua fantyasia. Un inno e un omaggio alla bellezza della natura. Opere di assoluta

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gradevolezza per tecnica e impianto visivo. Saro Esterini: Artista siciliano. Sanguigne, pastelli e oli denotano la sapiente maestria

del disegno che si esalta con cromatismi vivaci e spettacolari. Silvano Fabrizio: Paesaggista di grande pregio. Nei Tramonti Romantici si evidenzia il suo grande senso prospettivo e poetico. In particolare “Viaggio verso il Sud” ci regala le atmosfere magiche di un chiarore

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notturno silente. È uno dei più stimati artisti di via Margutta. Pino Spagnuolo: Il migliore atrattista della colletiva. Sovrappone costruzioni geometriche a figure della sua fantasia, con tratti rapidi ed essenziali, manifestando concettualità e simbolismi legati nelle sue opere in un connubio indissolubile. Questa bella manifestazione di arte e di cultura è stata ripresa dalla emittente televisiva “Rete Oro”, dove, ogni sabato, viene trasmessa la rubrica “Arte 24”, alle ore 20, curata dallo stesso Lepri.


Solidarietà |

_ l potere della Memoria Una giornata per non dimenticare il genocidio in Rwanda

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_ di Marinella Sicuso

er non dimenticare l’efferata guerra civile che si svolge in Rwanda da decenni, il 9 Aprile 2011 al Teatro Piccolo Eliseo di Roma si è svolta la XVII Giornata della Memoria dedicata al genocidio dei Tutsi. Con grande partecipazione di pubblico, alla presenza di personaggi delle istituzioni è stata aperta la manifestazione curata da Kankindi Francoise. Tra i tanti vi hanno preso parte Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma e Fabio Graziosi, rappresentante delle Nazioni Unite in Italia. Alla tavola rotonda sul post genocidio e sugli attuali fatti di sangue in Africa, moderata dal giornalista Pietro Verenese, hanno partecipato Yolande Mukagasana, sopravvissuta e scrittrice di fama internazionale nonché candidata al Nobel per la Pace, il consigliere della provincia di Roma Gianluca Peciola, lo scrittore Luciano Scalettari, Aldo Ajello rappresentante dell’Unione Europea per la Regione dei Grandi Laghi.

Yolande Moukagasana e’ stata accolta con un caloroso applauso da tutti i presenti e, ringraziando la Provincia di Roma che ha sostenuto la manife-

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stazione, ha iniziato a parlare, con un filo sottile di emozione, rivolgendosi soprattutto ai giovani presenti, ai quali ha rinnovato l’invito a leggere il suo libro “Un giorno vivrò anch’io”, testimonianza di ciò che la scrittrice ha vissuto dentro e fuori durante i tragici 100 giorni in Rwanda (6 aprile 1994 – 16 luglio 1994), trascorsi tra massacri e barbarie di ogni tipo. Yolande ha esortato tutti ad opporsi ad ogni tipo di male, a tendere la mano al prossimo sofferente e non girare la testa dall’altra parte quando attorno a noi si scatena il lato più malvagio degli esseri umani. Nel 1994 durante il tragico genocidio il mondo rimase a guardare e intervenne solo per mettere in salvo gli occidentali, lasciando sotto la furia genocida uomini, donne e bambini rwandesi, che avevano l’unica colpa di appartenere all’etnia Tutsi. Giornate come questa servono a ricordarci l’importanza della memoria, di conservare il nostro passato, di imparare dagli errori commessi, per evitare di ripeterli ancora.

maggio ‘11 | Nuove Proposte


| Celebrazioni

_ e volemo bene Karol Wojtyla e i romani, un amore eterno _ di Piero Ambrosi

a beatificazione di Papa Wojtyla, oltre che per il riconoscimento a tempo di record da parte della Chiesa del valore del suo pontificato, verrà ricordata

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poi da Arcivescovo di Cracovia, contribuendo in parte rilevante alla stesura del celebre documento ‘Gaudium et Spes’. Ma è con l’elezione alla Guida del popolo di Dio che i

per il tributo di stima e affetto espressi verso colui che ha cambiato la storia del mondo con la forza dell’annuncio della parola di Dio. Per noi, poi, il 1 maggio resterà il giorno del rinnovo del legame speciale tra Giovanni Paolo II ed i romani. Il Papa venuto dall’Est è riuscito a far breccia nel cuore della città, unendo indelebilmente la portata della missione universale con la costante attenzione alla città della sua sede episcopale. Qualcuno ricorda ancora il suo primo saluto da novello pontefice, in qualità innanzitutto di ‘nuovo vescovo di Roma’. E Karol Wojtila si è trovato benissimo nei panni del ‘romano’, in una città che aveva imparato a conoscere e a sentire prossima già dagli anni del Concilio Vaticano II, ai cui lavori prese parte prima da vescovo e

rapporti con Roma acquistano un carattere intenso ed emozionante. Le centinaia di visite alle parrocchie e ai luoghi nevralgici della vita capitolina, i ripetuti ricoveri al “Gemelli”, a partire da quello successivo all’attentato subito in Piazza San Pietro, con l’animazione e la solidarietà di tutti gli altri pazienti, gli incontri con i rappresentanti delle tante istituzioni residenti nella Capitale, fino al conferimento del titolo di Cittadino Onorario di Roma nel 2002. Momenti di reciprocità e di consolidamento di un rapporto di fiducia. Il Papa, moderno comunicatore, sa scuotere i potenti della terra e sa parlare al cuore dei semplici. I romani scolpiscono la figura di Wojtyla nella loro famiglia, ricordando soprattutto due fatti: l’abbraccio del Papa con Roma durante il

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Grande Giubileo del 2000, dalle giornate mondiali per i giovani, ai mille appuntamenti di preghiera con categorie e cittadini. Egli ama Roma, perché vi trasferisce l’amore di Dio manifestatosi con il primato affidato alla Città, nel nome dei martiri religiosi, nella custodia dei valori religiosi e umani che non tramontano. E poi il congedo in romanesco, nel 2004, quell’appello che fa venire ancora la pelle d’oca. “Damose da fa’ e volemose

bene! Semo romani”. Alcuni mesi prima di lasciarci, Giovanni Paolo II consegna ai romani la sua amicizia e un impegno: continuare a lavorare per l’accoglienza, la coesione, l’operosità, per tutto quello che l’ha fatta grande e che la coniuga con l’eternità. La Città ha ricambiato l’amicizia. Ha adottato Wojtila e lo ha apprezzato. Ha pianto e ha pregato. Oggi continua spontaneamente a volergli bene, come figlio dell’umanità, come figlio di Dio e come amico di Roma.


Economia |

_ er un pugno di euro Il signoraggio, tra dietrologie ed evidenze _ di Michele Trotta

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el capitalismo moderno i principali agenti economici non sono gli imprenditori, gli artigiani o le famiglie, il cui bilancio rappresenterebbe un modello esemplare di equilibrio fra consumo e risparmio. Oggi i protagonisti del sistema economico sono gli istituti bancari. Il perché, a ben vedere, è cosa assai

“prezzo” al quale essa viene rivenduta, è uno degli argomenti più dibattuti. Secondo la “Teoria del signoraggio”, criticata da più parti, esisterebbe un lucro che la Banca Centrale (nel nostro caso la BCE) percepirebbe dalla stampa delle banconote e che consisterebbe nella differenza fra il costo di produzione della banconota (0,03 euro ca-

La Banca d’Italia | semplice da spiegare: il denaro è la merce più cara e chi la produce e ne gestisce le transazioni incorre in favolosi guadagni. Dire che la principale attività di una banca consiste nel produrre denaro non è affatto sbagliato. A cominciare dalle banche centrali per finire con i semplici istituti bancari, il sistema mediante cui avviene la produzione della moneta è complesso ma tra i più redditizi. Sulla base di queste considerazioni si è sviluppato oggi un acceso dibattito sui reali guadagni delle banche. Dalle teorie più discutibili ai casi in cui sono intervenute le autorità giudiziarie, il signoraggio, inteso come differenza fra il “costo” sostenuto dall’istituto bancario per produrre o acquistare la moneta e il

dauna) e il valore nominale al quale la stessa viene rivenduta. Così, considerando che la moneta viene immessa sul mercato tramite acquisto di titoli (soprattutto di Stato), il guadagno che deriverebbe dalla produzione di 100 sarebbe di 100,97 (100 + 1% di rendimento da titoli - 0,03 = 100,97); lucro

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che graverebbe, secondo i complottisti, sulle tasche dei cittadini che devono sostenere il debito pubblico a tutto vantaggio delle banche. In realtà questa teoria non ha incontrato grande seguito tra gli esperti: essa infatti descrive un problema esistente ma connaturato con l’esistenza stessa della moneta, a maggior ragione se la si intende nella sua moderna funzione di semplice convenzione basata sull’accettazione, da parte degli operatori economici, di un dato strumento monetario atto a misurare il valore dei beni e facilitare gli scambi commerciali; né si può dire che degli eventuali guadagni godano soggetti privati visto che le banche centrali sono in gran parte statali o comunque sottoposte a leggi che limitano la ripartizione degli utili tra i soci privati. Dove il signoraggio ha un suo peso effettivo è a livello di singoli istituti bancari. Anch’essi infatti partecipano al sistema di creazione della moneta: raccolgono il risparmio delle famiglie sotto forma di depositi bancari concedendo un rendimento annuale fra lo 0,5% e l’1,5% e gestiscono il danaro accumulato concedendo prestiti a tassi anche del 7% -11%. Immaginare un mercato dove una merce viene acquistata e rivenduta con un ricarico del 1000% è cosa assai difficile, né si può pensare che certe condizioni siano proporzionate al rischio dell’attività bancaria, non più gravoso di quello corso da un qualsiasi commerciante di frutta e verdura. Ciò che non può avvenire in un qualsiasi mercato è invece possibile in quello della moneta, dove le banche, pur svolgendo una funzione di pubblico interesse come la gestione e la remunerazione del risparmio, si comportano come vere e proprie imprese di privati, investendo i capitali raccolti anche in altri settori economici e sfruttando il loro potere contrattuale per imporre clausole vessatorie nei confronti dei loro clienti in misura tale da rendere necessari interventi legislativi e legali volti a limitare tali pratiche.

maggio ‘11 | Nuove Proposte


| Tech

_ oal no goal

Tra sensori e telecamere il calcio del futuro

_ di Riccardo Borgia Andrea Vitale egli ultimi anni ci sono state molte polemiche sull’uso o meno della tecnologia nel mondo del calcio. Il primo fu Joseph Blatter che bocciò radicalmente questo cambiamento, ma che ora sembra aver cambiato idea. Il presidente della Fifa, infatti, pare abbia rivalutato avanguardie come i sensori sulla linea di porta o il discusso CIP nel pallone. Che si stia finalmente convincendo di arrendersi all’incedere della tecnologia? Chi lo sa, sta di fatto che per combattere il fenomeno dei goal fantasma il presidentissimo del calcio mondiale sta pensando di ricorrere ai tanti supporti tecnologici che potrebbero fare il loro esordio già nella prossima rassegna iridata, con i Mondiali 2014 in Brasile. “Credo che nel 2012 avremo un sistema che ci consentirà di dire se ci sia stato o meno un goal e, a quel punto, sarà introdotto ai Mondiali del 2014” ha confessato lo stesso Blatter all’emittente francese TF1. Ma non solo, Blatter avrebbe in programma nuove proposte, ad esempio cambiando idea, sulla spinta delle garanzie

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Nuove Proposte | maggio ‘11

avanzate dalla Sony, sul sistema Hawkeye, l’ormai famoso “occhio di falco”, che da anni è in grado di risolvere con certezza le diatribe nel tennis. Di conseguenza, otto telecamere saranno poste sulle due linee di porta, in spazi esterni al campo di gioco. Queste registreranno duecento immagini al secondo e, in tempo reale, le trasmetteranno a un computer dotato di un software capace di riconoscere la palla e inseguirla fino a quando raggiunge la porta. Dopo due secondi il computer invia un impulso all’arbitro e agli assistenti, che così saranno in grado di decidere senza visione alcuna. Invece nel pallone sarà posizionato un microchip di circa quindici millimetri e, grazie a dodici sensori installati su antenne intorno al terreno di gioco, rileverà i movimenti del pallone, segnalando all’arbitro l’eventuale superamento della linea di porta. Infatti, il problema principale nel mondo del calcio è il classico “goal no goal”, che tormenta in ogni partita arbitri e assistenti. I goal fantasma, infatti, sono destinati a rimanere di triste attualità. Anche L’Inter-

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J. Blatter | national Football Association Board ha esteso di un altro anno il periodo di sperimentazione delle tecnologie che dovrebbero segnalare all’arbitro e ai suoi assistenti se il pallone ha oltrepassato interamente o no la linea di porta. Andiamo nello specifico: in corsa c’erano dieci sistemi differenti, ma nessuno di questi ha rispettato i criteri imposti e quindi è necessario un altro anno di sviluppo. In particolare, questi sistemi hanno dimostrato un’efficacia inferiore al 100% e non sono riusciti a trasmettere all’arbitro l’informazione necessaria in un tempo massimo di un secondo. Il calcio rimane quindi tra gli sport in cui decide principalmente una sola persona, tra mille disturbi, interferenze e difficoltà. A tutto vantaggio delle innumerevoli trasmissioni in cui si parla di moviola per ore e ore. I vari test di sviluppo sono partiti ora, sta ai grandi del calcio il da farsi.


Tech |

_ mart Auto

Auto sempre più intelligenti decidono per noi _ di Priscilla Rucco Buzzantro

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e automobili controlleranno molto presto gli stati emozionali del guidatore, consentendogli, o meno, di guidare. Questa è la novità che stravolgerà le funzioni sempre nuove delle automobili di ultima generazione.

Parliamo di tecnologie che sono già realtà, o che presto lo diventeranno, in grado di farci evitare le congestioni del traffico grazie a dispositivi elettronici (compatibili con le necessità dell’ ambiente), dotati di una batteria in grado di funzionare con l’aria, mandando così in pensione batterie di dif-

ficile smaltimento come quelle al litio. Le prime case automobilistiche che si sono lanciate nei progetti delle “auto intelligenti”, come per esempio la Toyota, che ha presentato da poco (sulla scia della rivale Ford che ha creato, con l’aiuto della Microsoft ,la piattaforma Sync ) una nuova piattaforma di comunicazione che sarà in grado di aggiornare in tempo reale le ultime novità in campo di notizie (dal meteo all’oroscopo del giorno) o di necessità decisamente più urgenti, come localizzare i distributori di benzina meno cari. La Hyundai ha creato Blue Link - che farà la gioia di numerosi genitori e farà infuriare i neopatentati - una piattaforma in grado di attivare il “pilota automatico” soprattutto in caso di parcheggi complicati, e tanti altri servizi (gratuiti per un tempo di prova limitato) come quello di impostare un limite di velocità o una determinata “area geografica” entro i quali si può guidare. Qualora una o più “regole” venissero infrante, ci sarebbe un avvertimento tramite sms via smartphone al

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proprietario del veicolo, fino ad arrivare al blocco vero e proprio dell’automobile. Una funzione importantissima sarà quella dell’ assistenza stradale o medica in caso di incidente, o di blocco del veicolo in caso di furto, sostituendo sistemi “esterni” e costosi come il viasat. Il mercato dell’ auto in continua evoluzione sta unendo le necessità di vita pratica con le “frivolezze” (come per esempio la possibilità del collegamento internet in wi-fi), intercettando i bisogni del domani. Ma le nuove società automobilistiche stanno puntando anche su nuovi materiali, leggeri ma resistenti, a prima vista poco idonei a sostituire quelli attualmente in uso, come il legno. Altri sistemi al limite dell’incredibile studieranno la fisionomia e le espressioni del nostro viso tramite dei lettori ottici in grado di “capire” se il guidatore possa o meno guidare; insomma quando prenderemo la macchina dovremo trattarla con i guanti e stare calmi altrimenti potremmo rischiare di restare a piedi.

maggio ‘11 | Nuove Proposte


| Beauty

_ ani di fata

Le unghie riflettono la nostra salute

_ di Priscilla Rucco Buzzantro a un recente sondaggio l’estate sembrerebbe essere la stagione preferita tra una fascia d’età compresa tra i 15 e i 55 anni, non solo

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per la chiusura delle scuole e per le ferie. Le giornate si allungano, le temperature salgono, le gonne si accorciano e si mette maggiormente in mostra il corpo, lasciando ben poche parti coperte; la preparazione “estenuante” per arrivare in forma all’estate non dovrebbe però tralasciare la cura delle mani e delle unghie che, per molte persone, vengono considerate un biglietto da visita. Unghie lunghe, corte, vere o ricostruite, ma non basta che siano anch’esse all’ultima moda. Lo sapevate che anche le unghie invecchiano? Del resto, fanno parte del nostro corpo ma, troppo spesso, vengono trascurate. Per la salute delle nostre unghie i primi campanelli d’ allarme consistono nella comparizione delle famose “righine verticali”. A chi non è capitato di avere unghie fragili, che tendono spesso a spezzarsi, o con una crescita molto lenta? Questo potrebbe dipendere da carenza di calcio e ferro, in caso di unghie molli, da anemia nel caso in cui appaiano eccessivamente chiare, o dall’ utilizzo di sostanze che possono indebolire l’unghia. Da non sottovalutare quelle che spesso consideriamo “banali” infezioni delle unghie,

infatti potrebbero nascondere delle patologie ben più gravi (problemi alla tiroide e al cuore) come nel caso di unghie convesse. Per evitare che accadano questi problemi si possono utilizzare dei rinforzanti in commercio, nutrire con delle creme grasse le unghie - un rimedio assolutamente naturale sarebbe quello di immergere le unghie nell’olio d’oliva per una decina di minuti almeno 3 volte al mese - e indossare sempre i guanti quando devono essere utilizzate delle sostanze corrosive. Ma il consiglio più importante è di curare in primis il nostro organismo con il cibo sano e magari smettere di fumare. Con lo zolfo presente nell’aglio e nella cipolla- si aumenta la robustezza dell’unghia, con latticini, uova, legumi e riso, che contengono molibdeno e zinco, avremo una maggiore produzione di cheratina. Come ultimo consiglio, prima di applicare smalti colorati che potrebbero ingiallire le unghie è buona norma mettere una base o lo smalto trasparente. Basta poco per avere mani di fata!

_ bbronzati naturalmente Per una tintarella semplice e naturale _ di Fernanda Annicchiarico Priscilla Rucco Buzzantro rriva l’estate! E finalmente torna a dorarci il sole. Ogni momento, dalla pausa caffè alle code in macchina, sembra buono per girare il nostro viso verso di lui, abbandonandosi al suo caldo abbraccio e, perché no, lasciandosi andare al piacere della prima tintarella stagionale. Tutto pur di dire addio, almeno per un paio di mesi, al grigio e pallido

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Nuove Proposte | maggio ‘11

inverno! Come ogni anno, medici e specialisti ricordano di fare attenzione all’esposizione solare per evitare gravi danni all’organismo, sottolineando soprattutto la necessità di una protezione dai raggi uva. Ma la domanda più ricorrente è: abbronzarsi in modo naturale, si può? Gli esperti in materia consigliano di metter da parte quelli che sono i classi consigli e intrugli della nonna, per affidarsi a chi, rivisitando queste ormai antiche tradizioni e pozioni, le migliora e ci dà la garanzia di un corretto metodo di preparazione, che ci salva dall’utilizzare prodotti avariati e contaminati da microbi. Iniziare da una giusta dieta, in primis, consente di stimolare la produzione di melanina, pigmento responsabile dell’abbronzatura, da parte dell’organismo. Questo attraverso l’assunzione di cibi quali frutta e verdura rosse e verdi. A livello protettivo, invece, possiamo scegliere l’olio di sesamo e l’olio di carotene, adatti per pelli già abbronzate ma che conten-

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gono un filtro solare naturale. Questi prodotti, inoltre, sono ricchi di grassi, il che favorisce l’idratazione della pelle che, una volta esposta al sole, tende a seccarsi e ad invecchiare precocemente. Altre protezioni naturali di cui poter far uso sono l’olio di crusca di riso, gli estratti di aloe vera, la fragola, il rabarbaro e molti altri. Inoltre, possono essere menzionati l’olio di avocado, come stimolante di produzione di melanina, e la cucurma, una spezia molto usata in Oriente, come antiossidante e protettivo al tempo stesso. Ciò che invece conviene riporre nel cassetto, nonostante dai più sia sostenuto il contrario, sono l’olio di cocco e l’estratto di carota. Anche per il dopo sole, dopo una corretta esposizione, si può ricorrere ai rimedi naturali: aloe e camomilla le soluzioni più richieste, che hanno un effetto lenitivo e rinfrescante. Abbronzarsi naturalmente si può: basta fare attenzione e scegliere i prodotti giusti!


Moda |

_ a capo a piedi

La moda uomo della stagione punta alle estremità _ di Andrea Vitale

L’

uomo che voglia essere cool, in questa stagione primavera/estate, dovrà prestare grande attenzione alle proprie estremità. I due elementi irrinunciabili che il fashion system ci propone quest’anno sono infatti i cappelli e i sandali. Una sorta di ritorno al passato – più o meno recente

– declinato in chiave glam-contemporanea. Iniziamo dalla testa? Cari uomini, dovremo tornare indientro ai tempi dei nostri nonni, in cui uscire di casa a capo scoperto era ritenuto assai disdicevole. Nel primo dopoguerra

italiano, se non si possedeva un copricapo di Clelia Venturi, si era considerati totalmente out. Anche se “out” non si diceva, ma avrebbe reso bene l’idea! Dopo decenni in cui la fedora sembrava essere un tutt’uno con la testa dei galantuomini – che la levavano solo in Chiesa o nel presentarsi a qualche elegante signora – il tipico copricapo ha subìto un lento declino, diventando presto materiale da soffitta. Ci sarebbe la parentesi anni ottanta, dove i paninari se ne andavano in giro con le loro visiere di sguincio, ma suvvia, stiamo parlando di eleganza e si da il caso sia meglio sorvolare. Eccoci giunti ai giorni nostri: da qualche tempo, il grande ritorno. Ambasciatori del cappello sono i nuovi divi, quelli che dettano lo stile direttamente dalle colline di Hollywood. Basta rubare qualche giornale di moda alle nostre signore, per imbatterci nei vari Johnny Depp o Justin Timberlake, portatori sani di fedora e trilby. Non potremo forse mai avere i loro bronci sexy e dannati, ma imitarli nella scelta del copricapo è di certo cosa più fattibile. Meglio di niente. E sull’altra sommità, che si dice dalle passerelle? Qui il salto nel tempo è ancora più estremo. Si par-

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la di tornare indietro ai tempi dei nostri antenati romani: è il gran ritorno dei sandali da gladiatore. E se aspirare ad essere come Johnny Depp può creare qualche difficoltà, siamo certi che invece ognuno di noi sente dentro di sé di avere un Massimo Decimo Meridio pronto a scatenare il proprio stile. Già l’estate passata si erano visti fare la loro entrata nelle vetrine dei negozi alla moda, ma è da questa primavera che spopoleranno non solo sulle spiagge, ma anche per le strade cittadine. Unico accorgimento, forse poco macho-gladiatore, ma molto (e necessario) modaiolo-metrosexual: la cura dei piedi, che devono essere impeccabili. Un sacrificio che si può ben fare, per scendere in strada a… scatenare l’inferno.

maggio ‘11 | Nuove Proposte


| Cucina

_

anni e non sentirli

Il cioccolato, da sempre una golosa tentazione _ di Rosalba Abozzi Priscilla Rucco Buzzantro

“U

n cioccolatino è un piccolo momento di estasi”, così affermava il maestro pasticcere nel film “Lezioni di cioccolata”. Momenti di estasi, di piacere...deve avere chissà quali proprietà nascoste questa “polvere così rara ed esotica” - come la definiva una meravigliosa Juliette Binoche nel film Chocolat - se da oltre 2000 anni se ne fa uso! Infatti il popolo Maya fu il primo a coltivarla, più tardi seguirono gli Aztechi. Ma fu con Cristoforo Colombo che, nel 1500, i semi dall’America arrivarono in Europa. Si deve attendere il 1600 con i maestri veneti e fiorentini per vedere la prima lavorazione in tavoletta della cioccolata e il 1770 per la

nendosi anche di polifenoli e antiossidanti. Che faccia bene perciò è dimostrato ma attenzione alle calorie! Il cioccolato ha, infatti, un alto contenuto di grassi saturi con alto potere calorico. In commercio si trova cioccolato di diverse qualità: extra con una percentuale di

prima fabbrica. Alla “bevanda degli dei”, come la chiamò Linneo, sono attribuite leggere proprietà antidepressive data la presenza di teobromina e feniletilamina contribuendo, come dimostrano diversi studi scientifici, tra l’altro, anche al controllo di alcuni disturbi fisici quali l’ipertensione arteriosa e la funzionalità piastrinica compo-

cacao al 45%, finissimo con il 43% di cacao, al latte, bianco. Ma, secondo l’Istituto Nazionale di ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, il cioccolato migliore in assoluto è il fondente per l’alta percentuale di cacao e che contiene quindi un’ alta percentuale di antiossidanti. Perciò, buona cioccolata a tutti ma... senza esagerare!

Nuove Proposte | maggio ‘11

R icetta T ortino

al cioccolato

La ricetta è stata gentilmente fornita da Andrea, chef del ristorante Vaca Linda.

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Ingredienti per 4 persone: 100 gr di cioccolato fondente 80 gr di burro 80 gr di zucchero a velo 20 gr di farina 2 uova Un pizzico di sale 1 bustina di vanillina Preparazione: Sciogliere a bagnomaria il cioccolato e il burro a pezzi. Una volta giunti a fusione, aggiungere lo zucchero a velo setacciato senza formare grumi e mescolare,sbattere le uova con un pizzico di sale e aggiungere delicatamente alla crema di cioccolato tiepido, mescolando bene gli ingredienti. Infine, aggiungere la farina setacciata e la vanillina e mescolare bene usando un cucchiaio di legno. Spennellare gli stampini per muffin con un po’ di burro e farina, poi riempirli per metà. Conservare nel congelatore almeno 2 ore prima di cuocerli (si mantengono nel congelatore anche un mese se coperti bene). Quando è il momento di servirli, accendere il forno alcuni minuti prima di estrarli dal congelatore e portarlo a 180°. Infornare i tortini per circa 8 minuti. La cottura del tortino è fondamentale per la riuscita del cuore morbido all’interno: appena il tortino si gonfia e comincia a formare delle crepe è pronto per essere sfornato.


Sport |

_ rande tennis nella città eterna Internazionali di Tennis BNL _ di Riccardo Borgia

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a primavera sportiva romana si apre con una delle manifestazioni più importanti per gli appassionati di tennis. Il Foro Italico, infatti, sta per ospitare uno dei più prestigiosi eventi del grande slam: gli internazionali d’Italia di tennis 2011, che si svolgeranno da domenica 8 a domenica 15 Maggio. Un progetto abbracciato con entusiasmo dalla Federazione Italiana Tennis. Roma è dunque pronta a tornare il punto di riferimento dello sport nazionale e dopo gli ottimi risultati raggiunti dagli Internazionali del 2010, quelli di quest’anno e la prossima edizione consacreranno definitivamente la Città Eterna. Lo scorso anno veniva fatta una promessa, quella dell’ampliamento del campo centrale fino a contenere 10.500 posti. Promessa fin qui mantenute con l’impianto principale del Foro completamente ristrutturato e in grado di allinearsi a livello di capienza ai più prestigiosi del panorama tenni-

stico mondiale. Da quest’anno, inoltre, la competizione non sarà più divisa in due parti come negli ultimi anni, con la prima settimana dedicata al torneo maschile e la seconda a quello femminile. Sarà dunque possibile ammirare il campionissimo Rafael Nadal, o il sempre

rivale Federer, applaudire le sorelle Williams, dominatrici in campo mondiale, sia nel singolo che nel doppio e tifare per l’italianissima campionessa del Roland Garros Francesca Schiavone, quinta nel ranking mondiale e per Flavia Pennetta. Un’unica sessione d’incontri deciderà il Re e la Regina del Foro, come accade

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campionissimi del grande slam negli ultimi 10 anni

2009 Rafael Nadal (ESP) Novak Djokovic (SRB) 2008 Novak Djokovic (SRB) Stanislas Wawrinka (SUI) 2007 Rafael Nadal (ESP) Fernando Gonzalez (CHI) 2006 Rafael Nadal (ESP) Roger Federer (SUI) 2005 Rafael Nadal (ESP) Guillermo Coria (ARG) 2004 Carlos Moya (ESP) David Nalbandian (ARG) 2003 Felix Mantilla Roger Federer 2002 Andre Agassi (USA) Tommy Haas (GER) 2001 Juan Carlos Ferrero (ESP) Gustavo Kuerten (BRA) 2000 Magnus Norman (SWE) Gustavo Kuerten (BRA) da sempre nei tornei del grande slam. Il programma sarà molto fitto e intenso: si partirà domenica 8 e lunedì 9 con il primo turno sia maschile sia femminile, mercoledì 10 e giovedì 11 ci sarà il secondo. La fase a gironi si concluderà giovedì 12. La fase più calda di questo grande torneo, si articolerà tra venerdì 13 e sabato 14 con i quarti e le semifinali. Naturalmente il grande evento sarà domenica 15 con la finalissima, che vedrà lottare due dei più forti campioni. Pronostici non è possibile farne, saranno la bravura e l’agonismo a decidere questa fondamentale tappa del tennis mondiale. Gli ingredienti per un grande spettacolo ci sono tutti. La classe dei campioni in gioco e la magia del Foro Italico faranno il resto.

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maggio ‘11 | Nuove Proposte


| Fuoriporta

_ “Pugnaloni” di Acquapendente Foglie e fiori per la Festa di Mezzomaggio _ di Mario Russo

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olo foglie e petali di fiori per dar vita a vere e proprie opere d’arte. Una tradizione che si ripete ogni anno, la terza domenica di maggio, ad Acquapendente (VT). L’occasione è la “Festa dei Pugnaloni” che quest’anno capita il giorno 15. La festa, un tempo anche detta di “Mezzomaggio”, proprio per il periodo in cui cade, è in onore della Madonna del Fiore. Celebra l’aiuto che la “Vergine”, nel 1166, avrebbe elargito alle popolazioni locali nel cacciare Federico Barbarossa dai territori acquesani. La rivolta, secondo la tradizione, ebbe inizio, infatti, in seguito ad un segno considerato divino: la fioritura di un ciliegio secco, che gli abitanti decifrarono come un incoraggiamento a impugnare pungoli e attrezzi da lavoro e cacciare il tiranno. Da allora la festa si ripete ogni anno. Oggi però, a sfilare con la statua della Madonna, non sono più gli antichi pugnaloni, bastoni con punta ferrata che servivano ai contadini per pungolare i buoi e che vennero usati come arma contro Federico Barbarossa. Negli ultimi anni questi attrezzi, che in occasione della festa

venivano inghirlandati con fiori di maggio e di ciliegio, sono stati sostituiti da quadri fatti con foglie e fiori. I moderni Pugnaloni, sono mosaici realizzati su tavole di legno utilizzando, appunto, fiori e foglie come tessere. Le foglie, di quercia, alloro, canna, magnolia, olmo e mille altre vengono tagliate e incollate per prime al pannello in vari modi, per raggiungere sfumature ed effetti particolari. I petali, o fiori interi, di tutte le specie che l”esperienza pluriennale ha indicato come più resistenti e adatti, vengono incollati con colle leggere, e solo la sera prima della festa, per mantenerne la freschezza e il colore. Tecniche diverse portano all’esecuzione di veri capolavori, originali e suggestivi, dai temi sacri e profani. La mattina della festa Acquapendente si anima di mercatini, spettacoli e rievocazioni in costume. I Pugnaloni vengono collocati lungo le vie del centro storico, nelle piazzette e negli angoli più caratteristici della città, rivestiti a festa per l’occasione. Le tavole restano esposte fino alle prime ore del pomeriggio, dopodiché vengono sistemate nella piazza del Duomo dove é possibile ammirarle fino all’inizio della sfilata. Chiarine e tamburi, nel frattempo, annunciano

l’arrivo degli sbandieratori e del corteo storico, per il tradizionale spettacolo delle bandiere. La festa ritrova il suo carattere religioso nella processione in onore della Madonna del Fiore, preceduta dai Pugnaloni che, al termine della sfilata, vengono sistemati nella Cattedrale del Santo Sepolcro, dove rimangono esposti per tutto l’anno.

Paesaggio di Acquapendente | L’ultimo scorcio festivo è dato dalla piazza che, gremita e colorata da fazzoletti e bandiere, rimane in trepida attesa del verdetto che sancirà il Pugnalone vincitore: il più bello, il più originale, degno dell’albo d’oro di Acquapendente.

_ a “Festa delle Rose” La regina dei fiori protagonista a Castel Giuliano

_ di Mario Russo a rosa, sicuramente il fiore più amato e affascinante. Un simbolo, che da sempre ha scandito i momenti più singolari e romantici della vita. Alla rosa sarà dedicato un intero weekend. Sabato 7 e domenica 8 maggio si svolgerà, infatti, a Castel Giuliano, nei pressi del lago di Bracciano, la XVI edizione della “Festa delle Rose”. Ad ospitare l’evento sarà il giardino di palazzo Patrizi, una splendida tenuta alle pendici dei Monti della Tolfa. Uno scenario incantato dove le centinaia di rose che si arrampicano sulle mura dell’antico castello faranno da cornice alla manifestazione. Castel Giuliano è un piccolo borgo (180 abitanti), costituito dal castello, da tre file parallele di abitazioni che vi convergono, un vecchio cimitero con un’antica cappelletta e una chiesa con un alto campanile. Sorto su un antico insediamento etrusco, oggi ha l’aspetto di un grande e pacifico centro agricolo. Il castello, con la sua mole e l’ampio parco annesso, nel medioe-

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Nuove Proposte | maggio ‘11

Le rose di Castel Giuliano | vo fu di proprietà degli Orsini e dei Venturini e a partire dal XVI secolo della famiglia Patrizi. Il giardino, che occupa buona parte del Parco, pensato nella chiave del cambio di stagione e della successione delle fioriture, modifica via via la sua fisionomia. Un luogo incantato, dove la natura incontaminata si fonde armoniosamente con una sapiente ricerca botanico-paesaggistica. Un’oasi lussureggiante, curata con una passione e una maestria che l’hanno trasformata in uno dei maggiori roseti privati d’Italia. Il Parco secolare di Castel Giuliano, infatti, rientra nel circuito dei Grandi

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Giardini Italiani www.grandigiardini.it, il network che contraddistingue i più importanti giardini visitabili in Italia. Non poteva che nascere qui la “Festa delle Rose”. Un’esposizione molto selettiva che quest’anno si concentrerà, in modo particolare, sui produttori che lavorano nel Centro e nel Sud d’Italia, per presentare ai numerosi visitatori un preciso tipo di rose: quelle resistenti alle estati calde e siccitose, che ormai caratterizzano sempre più la stagione calda italiana. Varietà già state testate, in parte, direttamente dalla Marchesa Umberta Patrizi nel giardino del castello. Ma oltre alla rosa, protagonista della fiera, sarà possibile ammirare molte altre specie di piante: clematidi, iris, ortensie, pelargoni, agrumi, arbusti, bulbi, piante insolite e anche sfogliare molti libri dedicati ai segreti dell’arte del giardinaggio. La fiera sarà visitabile dalle 10 alle 19 con orario continuato sia il sabato che la domenica. L’unico neo è l’ingresso a pagamento (7 Euro), che comprende però anche la visita guidata al giardino. E viste le premesse, ne varrà sicuramente la pena.


Agenda |

_ rammenti d’estate

3 maggio Shiny Damonds (cover dei Pink Floyd) in concerto di beneficenza per la Tanzania Stazione Birra ore 22.00

Dal 3 al 5 maggio Io&Te: tour di Gianna Nannini PalaLottomatica

9 maggio Solo tour 2011 di Niccolò Fabi Teatro Ambra Jovinelli

Dal 9 al 12 maggio Forum PA Nuova Fiera di Roma

Dal 6 maggio Roma Caput Mundi The eternal musical

Dal 12 al 14 maggio Prima Biennale dello Spazio Pubblico

di Marco & Massimo Grieco Teatro Sistina

Facoltà di Architettura Roma Tre

7 maggio Ivy Tour 2011 di Elisa Gran Teatro di Roma

27 maggio Marinai, Profeti e Balene: tour di Vinicio Capossela

7-8 maggio Sagra del pecorino romano

Auditorium della Conciliazione

Auguri |

e dei prodotti tipici della Tuscia, Nepi

15 maggio

25 mag gio A te, che sai sempre prendere la v ita con un sorris o.

Auguri Gabri Luigi e Marinella ella

A Marina, Auguri LP...

18 maggio

alt

ro che Sex and o n n a n u a c n a M the City...qua c’a vemo o tt io ic d a er Cuppolone!!! e un po’ ci fa With Love and P, paura...

Tanti, tanti auguri. Mamma e papà 49

Simo & Andre

maggio ‘11 | Nuove Proposte


| Bacheca

hi cerca

trova

Ragazza lavoratrice

Concorso fotografico “L’estate è…”2011 La rivista Nuove Proposte organizza il concorso fotografico aperto a tutti i fotoamatori sul tema: “L’Estate è…” Per tutta l’estate i nostri lettori possono inviare una fotografia a testa che descriva cosa è l’Estate.

cerca stanza/monolocale max 500 euro zona Monti Tiburtini _ tel 347.6563560

Per partecipare, bisogna iscriversi al sito del giornale e inviare la foto all’indirizzo redazione@nuove-proposte.com, con i propri dati anagrafici.

Affittasi stanza ampia e luminosa in appartamento da condividere con ragazza lavoratrice. Zona Tor de Schiavi, 370 euro max serietà e pulizia Per info: 320.6570479

Aspettiamo i vostri scatti!

| Oroscopo

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voti delle stelle

Ariete Avvertirete un forte bisogno di indipendenza, ma state attenti a non prendere decisioni affrettate, potreste pentirvene. Ricordate inoltre che la calma è la virtù dei forti. Amore: 5 / Lavoro: 8 / Salute: 7 Toro Urano vi sarà favorevole, permettendovi di realizzare facilmente ogni vostro desiderio. Imparate a fidarvi maggiormente di chi vi sta accanto ed è in grado di offrirvi consigli preziosi. Amore: 7 / Lavoro: 7 / Salute: 7 Gemelli Vi dice qualcosa il proverbio “chi si accontenta gode”? Sappiate apprezzare le piccole conquiste ottenute finora, nell’attesa di riconoscimenti che non tarderanno ad arrivare. Amore: 8 / Lavoro: 7 / Salute: 8 Cancro Approfittate di questo particolare momento propizio per poter osare laddove non l’avevate mai fatto in passato. Venere vi farà apparire irresistibili, provocando turbinosi batticuori. Amore: 5 / Lavoro: 5 / Salute: 5

Nuove Proposte | maggio ‘11

_ a cura di Max Prescott

Leone Vi attenderà un periodo di cambiamento e dinamicità, in cui non mancheranno importanti riconoscimenti e stimolanti gratificazioni. Attenzione alla forma fisica! Amore: 10 / Lavoro: 8 / Salute: 7 Vergine Vivrete un periodo di ottimismo, in cui impiegherete la giusta energia per ogni progetto. Anche se le occasioni di svago non mancheranno, mantenetevi realisti quanto basta. Amore: 10 / Lavoro: 7 / Salute: 9 Bilancia Saturno in transito favorevole vi farà avvertire aria di cambiamenti. Avete imparato dai tanti errori commessi in passato e a gestire meglio la vostra emotività. Amore: 5 / Lavoro: 4 / Salute: 6 Scorpione Energici e motivati, sarete animati da una particolare volontà di affermazione, che vi permetterà di ottenere i risultati che vi siete prefissati da tempo Amore: 7 / Lavoro: 7 / Salute: 7

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Sagittario Urano vi accompagnerà con i suoi benefici influssi, siate per cui ottimisti e godetevi i frutti del vostro lavoro, magari con il sostegno di qualche amico vero! Amore: 10 / Lavoro: 10 / Salute: 7 Capricorno Non siate frettolosi nel prendere decisioni che necessitano di maggiore riflessione. Sappiate mettervi in discussione e riconoscere che ogni tanto...anche voi sbagliate. Amore: 10 / Lavoro: 8 / Salute: 7 Acquario Sono in arrivo grandi soddisfazioni, che vivrete con grinta e carisma. Sarà il momento buono per approfondire rapporti da tempo in sospeso. Amore: 6 / Lavoro: 4 / Salute: 8 Pesci Siete alla volta di nuovi orizzonti, che esalteranno le vostre capacità, pur necessitando di una massiccia dose di impegno. Venere e Nettuno saranno dalla vostra parte. Amore: 8 / Lavoro: 8 / Salute: 8




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