POTRICA #1

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potrica

Frazione artistica di Vedeseta

Progetto editoriale [new project] prodotto dai ragazzi e dagli operatori del centro accoglienza per richiedenti asilo di Vedeseta (gestito dalla Cooperativa Ruah su mandato della caritas diocesana di Bergamo).

Frammenti di vita quotidiana (foto, disegni, trascrizioni istantanee di conversazioni e immagini scaricate da internet) articolazioni [risoults] dell’esperienza a Vedeseta [experience here] e dello scambio culturale [cultural exchange, out knowledge] con le persone incontrate nel nuovo contesto di vita.

Potrica, parola bengalese che significa “giornale quotidiano”, è una fanzine [magazine, easy and for everyone] frutto di un progetto partecipativo [community-based project] in cui chiunque [who wants] può condividere qualcosa della propria esperienza [make something and share something].

Il progetto non ha una natura predeterminata, nasce dalla sorpresa e dallo stupore generati dal contatto tra mondi diversi, rappesenta una testimonianza diretta del processo di creolizzazione iniziato a Vedeseta a settembre 2015.

Black black black

F: You seen “black black black”?

F: tu hai mai visto “nero nero nero”?

P: What you mean with “black black black”?

P: cosa intendi per “nero nero nero”?

F: Blangadesh night skye is black.

F: In Bangladesh di notte il cielo è nero.

P: Where? Dhaka?

P: Dove? A Dacca?

F: No, for example, in Comilla, not everywhere there is eletricity, in some street there is no lights. In small village there are no lights and in the houses at 9 – 10 pm people are sleeping. So the lights is off. You don’t see nothing. Black black black... You see only moon and stars.

F: No, per esempio a Comilla, perché non in tutto il paese c’è elettricità. Molte strade non sono illuminate. Nei piccoli paesi non c’è illuminazione stradale e nelle case alle 21-22 tutte le persone dormono, quindi le luci sono spente. Non si vede niente. Nero nero nero... Tu vedi solo la luna e le stelle.

“Prima, tutti i giorni, arrivava a mangiare i sacchetti di plastica. Qualche volta io l’ho visto... Perché vieni tutti i giorni? Problema... L’ho spaventato ed è corso via alla bottega dell’Anselmo. Perché il mangiare nei secchetti della pattumiera non è buono, fa venire il mal di pancia anche al cane.

Dov’è il gatto? Arrivava prima del cane... Adesso non viene più nemmeno il cane. Nessun cane, nessun gatto. Perché? Benvenuto gatto! Gatto nessun problema. Adesso cosa fai gatto? Cosa fai cane? Benvenuti a Vedeseta!”

Shahin all’allenamento a San Giovanni Bianco
“Bepi e Rezaul in montagna, un italiano e un bangalese”
Mr Lakmia alla riscossa
Mazze da cricket artigianali

Mi piace la scuola.

Mi piace la scuola perché il sistema e la maestra funzionano, tutto è fatto molto bene. In Bangladesh è differente. L’uomo in Italia pensa molto bene: qui la maestra non si pensa come un grande capo, come un “big boss”. In Bangladesh le maestre invece si considerano grandi capi. Qui a Vedeseta se io chiedo qualche cosa alla maestra dopo la lezione, la maestra mi risponde, mi spiega, questo cos’è, quello cos’è, etc. In Bangladesh quando la lezione è finita se tu chiedi qualcosa alla maestra lei non ti risponde, ti rimanda alla lezione successiva: se rimani indietro o non capisci, la maestra pensa che il sistema funziona per “privite lessons”, lezioni personali a pagamento dopo la lezione in classe. Cioè, se rimani indietro puoi sempre recuperare in un altro momento pagando. Qui invece fai tutto a scuola, è sufficiente il lavoro a scuola, non hai bisogna di lezioni private.

Un esempio tra tanti:

Un giorno a scuola -1- mi è caduto un bicchiere di acqua sopra il tavolo -2-, io avrei dovuto pulire il tavolo dal danno, era importante. La maestra invece ha preso un panno e ha subito pensato di asciugare il tavolo da sola, io poi l’ho aiutata e abbiamo pulito insieme -3-. Le non si pensa come il mio capo, in dovere di rimproverarmi, il suo carattere è buono. Maestra molto bene!

Nome della mia maestra: Ilaria Poleni

-2- Oliur fa cadere il bicchiere d’acqua sul tavolo
-3- Oliur e Ilaria asciugano l’acqua sul tavolo

22 marzo

Frammenti di una conversazione tra Pietro, Faruk e Rajon

P: parliamo di quello che sta succedendo. Perché il mondo sta cambiando, quello che è successo oggi è un fatto grave, probabilmente voi sapete piu di me di Isis e di tutto quello che riguarda questo gruppo di cui i media parlano sempre ma di cui si sa poco e non si comprendono forse le radici profonde...

F: Qualche giorno fa sono andato a Bracca per un incontro culturale a parlare con dei giovani. Prima i ragazzi mi hanno chiesto come ero uscito dalla Libia. La mia

risposta è stata: qualche volta Isis, army e poltitical parties combattono tra di loro, spesso di venerdi perché per i mussulmani è il giorno religioso della settimana ed è anche riposo dal lavoro. Loro quando fighting non guardano chi c’è intorno, chi c’è e chi non c’è, chi è Isis e chi no, chi è straniero e chi no. Per uno straniero è molto pericoloso camminare per la strada, ci sono tanti dell’Isis che sono armati, ma non solo quelli dell’Isis sono armati, tanti ti fermano ti minacciano con le armi e ti derubano, per esempio, il telefono, il portafoglio, tutto. Polizia e questura non reagiscono e non ti aiutano. Poi io pensavo che i ragazzi di Bracca vedessero erroneamente l’ Isis come persone mussulmane, quindi ho domandato loro: “cos’è l’Isis?” E loro sono rimasti in silenzio. Allora io ho spiegato chi è l’Isis: prima cosa sono dei criminali e non sono religiosi, non fanno parte di nessuna religione. Perché tutte le religioni non scrivono di uccidere le persone. Nel corano c’è scritto che se qualcuno fa violenza contro di te tu devi affidarti al governo, complain to governament, e se anche il governo non aiuta o un governo crea problemi

ai mussulmani, una cosa importante per i mussulmani è che se c’è un problema bisogna fare un “meeting “di tutti i paesi mussulmani, decidere tutti insieme, cercare di comprendere le ragioni del governo con cui non si va d’accordo, ma solo se il problema ha un carattere religioso, esempio viene impedito il ramadam o la preghiera, ma se una persona uccide un altra persone per ragioni private o politiche questo non ha un valore religioso.

Ora non si tratta di un problema di religione, il problema è politico. Credono di diventare martiri religiosi, grandi persone, shahīd, ma non lo diventano. Lo shahīd è solo per i martiri della resistenza che combattono per difendere il proprio paese nel proprio paese. Perché gli sciiti uccidoni i sunniti in Iraq?

P: Anche America, Inghilterra hanno fatto guerra, big wars, so why just Isis bad people?

F: Perché Isis bad people? In loro c’è tanto di non giusto, anche poco poco di giusto. Il 10 % esempio is good but il 90% is no good. So I decided they are not good. Prima mettono bombe e poi parlano. Secondo, ammazzano innocenti, persone inermi che non c’entrano con la politica, persone normali come noi. Quando l’America ha invaso l’Iraq scia (sciiti)

e sunni (sunniti) hanno combattuto insieme. L’America ha invaso l’Afghanistan, ha bombardato, e questo ha fatto nascere un sentimento di vendetta. Poi, importante, I think that if a person is very very very bad, I trust there is still something good, maybe a very very very small part, but still there is something good.

P: So, because there is a part which is good, there is a kind of hope that something can change in a positive way?

F: Yes...

R: A me niente niente niente piace Isis, oggi vedere la televisione mi fa stare male, perché morti? Cristiani, indusiti, mussulmani perché? Anche, loro, quelli dell’Isis, non sono mussulmani. Loro sbagliano, combattere è sbagliato, bombardare è sbagliato. A loro piacciono i morti, perché??? Loro non sono per niente intelligenti. Alle persone intelligenti piace l’amore, amore delle persone, amore man, induisti cristiani mussulmani tutti. Oggi problema Europa, domani problema Bangladesh, dopodomani problema India, perché? Tutti i paesi hanno problemi, adesso problema Europa e io dove vado?? Adesso mi fa male la testa, a me Isis non piace. Isis layer.

Shapla: ninfea simbolo nazionale del Bangladesh
Ninfee della fontana nel giardino di San Pellegrino

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