ICEBERG SERIES #2 - Amira (Italian)

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L’istruzione è per tutti. Accessibilità, genere, razza o qualsiasi forma di disabilità non devono impedire a nessun bambino di poter andare la scuola. Attraverso Amira, i lettori provenienti da qualsiasi contesto possono avere un’idea di alcune delle difficoltà che devono affrontare i bambini con disabilità. La storia di Amira ci consente di comprendere i bambini in situazioni simili o peggiori, e di imparare ad essere più attenti ai bisogni dei bambini con disabilità. Il libro mira a ispirare, portare speranza e spronare ad agire in quanto l’istruzione è inclusiva.

STORY BY KIRSTEN DEALL

ILLUSTRATIONS BY HANNAH BARR


La serie di libri Iceberg è stata ispirata dall’Infografica Iceberg del Progetto sul Cambiamento della Percezione, una dimostrazione visibile di ciò che i media decidono di trasmettere quando parlano delle Nazioni Unite in relazione alle sfide su scala globale, rispetto alla realtà. La produzione di questo libro è stata resa possibile grazie all supporto economico della Fondation pour Genève. Un ringraziamento speciale va alla Sezione Gestione Conferenze presso la sede ONU di Ginevra per essersi occupata dell’edizione, traduzione e della stampa dei libri, e alla Union University di Jackson, Tennessee per averli illustrati. Stampato presso la Sezione Stampa delle Nazioni Unite presso la sede delle ONU di Ginevra, 2018. Scritto da: Kirsten Deall Edito da: Daniel Sanderson Illustrato da: Hannah Barr


STORY BY KIRSTEN DEALL

ILLUSTRATIONS BY HANNAH BARR

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La collezione Iceberg Iceberg Istruzione Povertà Giovani Cambiamento climatico Genere Salute Diritti Pace La serie è stata creata dalla squadra del Progetto sul Cambiamento della Percezione presso l’ufficio del Direttore Generale dell’ONU di Ginevra.

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Didattica inclusiva Didattica inclusiva significa che tutti i bambini, compresi quelli che sono tradizionalmente emarginati (come bambini disabili, ragazze, bambini che vivono in villaggi lontani o bambini molto poveri) ricevono un'istruzione di qualità. La didattica inclusiva si basa sulla semplice idea che ogni bambino e ogni famiglia sono valutati allo stesso modo e meritano le stesse opportunità ed esperienze per partecipare alle attività quotidiane indipendentemente dalla razza, dal contesto sociale, dal genere, dall'etnia, dallo status economico o dalla disabilità, celata o evidente. Didattica inclusiva significa riconoscere che è necessario fornire scuole che non siano esclusive per i singoli e che ne applichino i principi. Significa adattare e trasformare la natura dell'insegnamento in base ai bisogni individuali, in modo che tutti i bambini ricevano un’istruzione di qualità. Per lungo tempo, i bambini con disabilità sono stati istruiti in classi separate o in scuole separate. Le persone si sono abituate all’idea che istruzione speciale significhi istruzione separata. Tuttavia, quando i bambini con disabilità frequentano classi insieme a bambini normodotati, hanno benefici a livello sociale e accademico in presenza di sostegno, pianificazione, supporto e impegno costanti. Mettere semplicemente insieme i bambini disabili e normodotati non produce esiti positivi. Imparare e partecipare in modi significativi è importante per i bambini con disabilità. A volte, l’aiuto degli amici e degli insegnanti ha effetti migliori. Altre volte, materiali o tecnologie pensati appositamente possono essere d’aiuto. È importante che le scuole accolgano tutti i bambini indipendentemente dalle loro condizioni fisiche, emotive, sociali, linguistiche o di altro tipo, perché l'istruzione è un diritto di un bambino, non un privilegio.

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Mi chiamo Amira. Sono un’insegnante, i miei alunni non sono propriamente ordinari e ho una storia da raccontare. Quando ero bambina, le scuole nella mia regione erano frequentate principalmente da ragazzi, non da ragazze. Nel mio Paese, i ragazzi andavano a scuola e le ragazze si sposavano. Mio padre rispettava le tradizione e voleva trovare un marito per me e farmi sposare quando avevo 10 anni. Non capivo cosa fosse il matrimonio, ed ero impaziente di compiere 10 anni perché volevo che mio padre me lo spiegasse. Ciò che non mi disse era che non avrei più potuto andare a scuola.

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Mia madre la pensava diversamente da mio padre. Ha iniziato a leggermi dei libri quando avevo tre anni. Mi ha detto che adoravo fissare le parole sulle pagine e che non sarei mai cambiata crescendo. Mia madre sapeva che mio padre non voleva che imparassi a leggere, per questo nascondeva i libri prima che lui rientrasse a casa la sera. Dopo un po’ di tempo, pensava che sarebbe stata una buona idea trovare una scuola per me. Ciò significava che avrei dovuto frequentare una scuola lontano da casa, dove i nostri vicini non avrebbero potuto vedermi. Ogni giorno, dopo che mio padre usciva di casa per andare al lavoro, mia madre mi accompagnava all’asilo. Uscire da scuola e tornare a casa era sempre la cosa che mi spaventava di piĂš. Avevo paura che mio padre ci scoprisse.

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A volte era troppo rischioso per me andare a scuola. Mi alzavo sempre sperando di non dover perdere un giorno di scuola. Mi piaceva imparare, fare nuove amicizie e mangiare lÏ. Gli insegnanti ci facevano pranzare ogni giorno. Mangiavamo diversi tipi di panini e frutta, e il venerdÏ c’era qualcosa di speciale, per esempio pollo e riso. Il cibo mi piaceva sempre perchÊ era diverso da quello che preparava mia madre. Mamma lavorava nella fattoria di suo cugino, coltivava la terra, trasportava il raccolto al mulino e allevava polli. Veniva accompagnata in auto alla fattoria e poi di ritorno a casa da un autista, in quanto essendo una donna non poteva esser vista in pubblico da sola. Spesso aiutavo mia madre nella fattoria, quando non potevo andare a scuola.

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Ricordo chiaramente di aver giocato al “telefono senza fili” un giorno alla scuola materna. I bambini si siedono in cerchio e sussurrano un messaggio al compagno seduto accanto. Il messaggio deve percorrere tutto il cerchio senza essere modificato, cosa che spesso invece accade. È divertente...Beh, per molti bambini lo è, ma io ho un brutto ricordo legato a quel gioco. Quando era il mio turno ascoltare il messaggio, non riuscivo a sentire ciò che mi veniva sussurrato. La bambina accanto a me ha ripetuto più volte il messaggio. I miei compagni stavano guardando e aspettavano. Alcuni ridacchiavano. La bambina provò a sussurrare il messaggio all’altro orecchio e riuscii a sentirlo meglio, ma lei aveva sussurrato a voce un po’ più alta.

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I miei insegnanti sono stati i primi a rendersi conto del mio problema all’udito e consigliarono un ospedale pubblico dove andare. E infatti i dottori confermarono che non potevo sentire come gli altri bambini. Mia madre disse a mio padre che avevo un problema all’udito, ma riuscì ancora a tenere segreto il fatto che andassi a scuola. Da quel momento in poi ho subito una serie di operazioni alle orecchie. Fu un periodo difficile per la mia famiglia perché le operazioni costavano molto, ma mio padre insisteva sul fatto che potessi riacquisire completamente l’udito. Mi diceva che qualsiasi forma di “disabilità” avrebbe limitato le possibilità di sposarmi. Ho dei ricordi di quelle cliniche. Non dimenticherò mai i bip delle macchine e l'odore delle stanze dei dottori. L’ospedale pubblico non era il massimo. Gli strumenti non erano sterili, così spesso ero soggetta a infezioni alle orecchie. C'erano così tanti pazienti e così pochi dottori. I dottori non avevano tempo per essere affettuosi o ascoltare i miei bisogni.

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Le operazioni avevano esito positivo e il mio udito migliorava, ma mi ricordavano sempre che l’udito per me era sempre una specie di limitazione. Mi venivano spesso a chiamare dal cortile della scuola per andare dal logopedista. Mentre andavo via tenevo lo sguardo basso. Non volevo vedere che i miei amici mi guardassero mentre me ne andavo e chiedessero all’insegnante dove stessi andando. Ero ancora coraggiosa. Non mi lamentavo mai. Ma sapevo di essere diversa. La terapista era una donna gentile e amichevole e si assicurava che le lezioni fossero gradevoli per me, tuttavia non volevo essere lÏ.

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Quando i miei genitori andavano a parlare con i medici sullo stato attuale del mio udito in una delle stanze dell’ospedale, io aspettavo fuori su una panchina. Mia madre avrebbe poi riportato le informazioni agli insegnanti a scuola, ma io ero sempre protetta da tutto ciò. Lei ha fatto ciò che riteneva fosse il meglio per me. Credeva che siccome ero solo una bambina, se avessi saputo da loro tutti i dettagli, tutto ciò mi avrebbe creato delle preoccupazioni inutili. Quindi non ho mai capito realmente quale fosse il mio problema. Non sapevo nemmeno quale fosse il mio potenziale.

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Non partecipare alle conversazioni degli adulti non era la sola cosa a farmi sentire esclusa. Pur frequentando una scuola elementare normale, mi sentivo “fuori dal cerchio”. Gli insegnanti non erano preparati su come integrare dei bambini con disabilità, piccole o grandi. Davanti a tutta la classe, l’insegnante mi chiedeva di alzarmi e andare alla cattedra per confermare che riuscissi a sentirla. Era così imbarazzante. I miei amici, nonostante fossero curiosi, non sapevano come comportarsi con chi, come me, avrebbe avuto bisogno di maggiori attenzioni.

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Dopo la scuola elementare, mio padre iniziò a parlare sempre più del mio matrimonio. Gli uomini di cui parlava erano tutti molto grandi, quasi quanto mio padre. A quell'età, compresi che non avrei voluto diventare una moglie così giovane. Non potevo più nascondere a mio padre il fatto che frequentassi la scuola, così glielo dissi. Gli dissi che avevo scelto l’istruzione, non un marito. Mia madre diceva spesso che avevo una carattere molto forte, ma non si rendeva conto che in realtà avevo tanta paura. Mio padre rispose come avevo immaginato. Disse che se avessi scelto l’istruzione mi avrebbe diseredato. Non sarebbe stato facile. Non avevo nessun’altro al mondo. Avrei dovuto lasciare tutti i miei amici, la mia casa, tutto ciò che mi era familiare. Non potevo sopportare l ‘idea di dover dire addio a mia madre. Lei era il motivo del mio amore per lo studio. Sapevo anche che mio padre l’avrebbe punita per avermi mandato a scuola in segreto. Dopo tanti incoraggiamenti e grazie all’insistenza di mia madre, me ne andai.

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Grazie al denaro che mia madre mi dava e ai lavori estivi come educatrice riuscii a terminare gli studi. Ho poi proseguito con l’università, con l’aiuto delle borse di studio. Mi sono laureata in scienze della formazione ed ero una delle studentesse migliori. Poco dopo mi fu offerto un lavoro come insegnante di scuola elementare per bambini con bisogni educativi specifici. Considerata la mia storia, ero assolutamente adatta all’incarico, ma la cosa più gratificante è stata poter essere mentore per bambini con bisogni educativi specifici. La mia “disabilità” non limitava le mie possibilità. Non ero ciò che le circostanze cercavano di farmi diventare. Avevo la possibilità di sfruttare al massimo il mio potenziale che per così tanto tempo non avevo creduto di avere.

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Sono Amira. Non sono un supereroe. Il mondo non ne ha bisogno. Il mondo ha bisogno di persone normali come voi e me che possano tendere l’orecchio e ascoltare. Perché senza ascolto, non c’è comprensione, e il mondo ha bisogno di comprendere le esigenze degli altri per sapere come soddisfarle.

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“La cosa più importante è che le persone con bisogni educativi specifici vengano integrate nelle scuole e incluse nei programmi educativi durante le lezioni giornaliere, ma anche nelle attività extracurriculari.” Ed Polloway, Rosel H. Schewel Docente emerito in Scienze della formazione

“Ci battiamo per l'inclusione, per superare le disuguaglianze che non permettono a 263 milioni di bambini e giovani di andare a scuola. La maggior parte sono ragazze.” Irina Bokova, Direttore generale dell’UNESCO “La didattica inclusiva è un problema che riguarda la società e richiede l’abilità di ascoltare e rispondere a domande poste dalle comunità e dalle famiglie riguardo ai luoghi di apprendimento più adatti per i bambini.” Renato Oppertti, Specialista senior del programma, International Bureau of Education

“Un bambino su sette ha bisogni educativi specifici. Questi bambini vengono spesso emarginati e i loro diritti vengono negati. Non possono andare a scuola perché non ci sono le rampe, ci sono i bagni ma non sono adatti a bambini e bambine con disabilità. Gli insegnanti non sono formati, così si affannano per cercare il modo per fare lezione a bambini con problemi alla vista o all’udito. I bambini autistici frequentano scuole speciali. Nel settembre del 2015, i leader mondiali si sono accordati per promuovere una didattica inclusiva per assicurare che ogni bambino possa andare a scuola. Ogni scuola dovrà fornire strumenti inclusivi ed efficaci ai fini dell’insegnamento. I bambini con bisogni educativi specifici avranno accesso a tutti i livelli di istruzione entro il 2030. Potranno ricevere una formazione professionale che gli consentirà di trovare un buon lavoro.” Mosharraf Hossain, Dirigente nazionale di ADD International


INCONTRA i Veri

Eroi

Quella di Amira è solo una storia di fantasia. Tuttavia nella vita reale ci sono molte storie come la sua, in cui i bambini hanno dovuto superare delle difficoltà per ricevere un’istruzione.

Michaela ‘Chaeli’ Mycroft è nata con una paralisi cerebrale e ha una funzionalità limitata delle braccia e delle gambe. Nel 2012, a 17 anni, ha vinto l’International Children’s Peace Prize per la sua attività di promozione dei diritti dei bambini con disabilità in Sudafrica. Nel 2004, a 9 anni, insieme a sua sorella e tre amiche, ha fondato la Chaeli Campaign, per lottare per i diritti e l’inclusione dei bambini con disabilità in Sudafrica. Chaeli Campaign è un’organizzazione che fornisce strumenti, fisioterapia e programmi per bambini con disabilità. Crea inoltre programmi educativi a supporto dell’inclusione di bambini con disabilità nelle scuole tradizionali. “Crediamo che la didattica inclusiva possa esistere davvero se una persona con disabilità riceve supporto”, ha detto Chaeli, per poi aggiungere che le famiglie, gli insegnanti e gli studenti che fanno parte della vita del bambino hanno anche loro bisogno di supporto. “Permettere a questi bambini di accedere agli ambienti tradizionali è il primo passo per una didattica inclusiva”, ha affermato Chaeli. Fonte: UNICEF Malik, un bambino di 6 anni del Togo, è nato con una malattia che non gli consente di camminare. Plan International gli ha fornito un supporto affinché si operasse e si sottoponesse alla riabilitazione necessaria per guarire e andare a scuola. Plan International ha inoltre formato gli insegnanti della sua scuola su come lavorare con bambini con disabilità. “La prima volta che Malik è stato portato a scuola, c'era tanta discriminazione” ha detto Mr. Koula, suo insegnante. “Quando abbiamo detto agli studenti della disabilità di Malik, anche loro, come gli insegnanti, hanno iniziato a volergli bene." Gli insegnanti di Malik sono stati formati al fine di garantire che Malik riceva un’istruzione di qualità.

Fonte: Plan International Sabina, 12 anni, cresciuta nella provincia rurale di Balkh in Afghanistan, ha detto, “Mia sorella ha terminato il suo primo anno di scuola, ma a causa della stanchezza ha deciso di lasciarla. Camminava quattro ore al giorno, e questo la stancava." Sabina ha potuto iniziare a studiare all’età di 10 anni dopo che la sua famiglia si è trasferita nella città di Mazar-e Sharif. Sua sorella, dopo aver lasciato la scuola, si è sposata all’età di 15 o 16 anni.


Molte ragazze in Afghanistan lottano duramente per studiare. Altre hanno famiglie che lottano per loro, spostandosi nelle città o nel Paese alla ricerca di scuole, o mandandole presso dei parenti che vivono nei pressi di una scuola. Intere famiglie hanno agito per far in modo che le proprie figlie frequentassero la scuola, anche all’insaputa dei padri che si opponevano alla loro istruzione. Bambine abbastanza piccole da giocare ancora con i giocattoli possono discutere senza problemi degli attacchi dei talebani all'istruzione, dei bombardamenti e delle attività dell'esercito afgano. Hanno familiari che sono stati uccisi e feriti, altri che sono fuggiti dal paese per sicurezza e genitori che non si sono mai ripresi dalla morte di un bambino. Per quanto riguarda il lavoro, molto spesso le ragazze tessono tappeti, cuciono, ricamano o si occupano della gestione della casa, cosa che impedisce loro di studiare. Troppe ragazze si sono sposate da bambine e il matrimonio o persino il fidanzamento mettono fine alla speranza di ricevere di un'istruzione. Se le ragazze hanno l'opportunità di andare a scuola in Afghanistan, di solito studiano separatamente dai ragazzi. Il governo tuttavia offre meno scuole per ragazze che per ragazzi. In un caso documentato, i ragazzi hanno seguito le lezioni in nuovi edifici pagati da donatori internazionali, mentre le ragazze hanno studiato in un terreno libero accanto nelle tende. Altre ragazze non possono andare a scuola perché le famiglie lo impediscono in quanto gli insegnanti sono uomini; solo la metà delle province dell'Afghanistan ha scuole in cui oltre il 20 per cento degli insegnanti sono donne. La povertà gioca un ruolo importante in merito alla possibilità per i bambini di ricevere un’istruzione. Le lezioni nelle scuole pubbliche sono gratuite, ma la necessità di pagare matite, quaderni, zaini e uniformi rende la scuola non accessibile a molti. Fonte: Human Rights Watch Zarifa, 17 anni, ha frequentato una classe di 30-35 ragazze nel suo quartiere a Kabul, tenuta da un’organizzazione non governativa, e poi trasferita in una scuola pubblica. Molte compagne non sono più andate a scuola. “Pochissime sono rimaste” ha detto. “Alcune si sono sposate, alcune famiglie non volevano che proseguissero gli studi, altre hanno avuto problemi con la sicurezza...Ci sono troppi studenti. È difficile gestirli” ha detto. “Mancano sedie, insegnanti e classi”. Troppo affollamento. Alcuni studiano nelle tende. Mancano i libri. Qualche volta, non li avevo nemmeno io.” Sei anni dopo, solo 8-10 delle 35 ragazze che avevano iniziato la scuola con lei studiavano ancora. “Mi ero ripromessa che non avrei lasciato la scuola”, ha detto Zarifa. “Avevo giurato di rimanerci e finirla.” Fonte: Human Rights Watch

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Francisca non aveva scelta. Durante il suo terzo anno di scuola elementare, ha dovuto lasciare gli studi. Ha iniziato a lavorare nei campi e a prendersi cura dei suoi fratelli per aiutare i genitori. Per le ragazze originarie del Guatemala che vivono in una famiglia povera con tanti figli, l’istruzione non è da prendere in considerazione. A partire dal 2018, il Malala Fund for Girls’ Right to Education sostiene la creazione di un modello educativo per le ragazze e le giovani donne di Totonicapán in Guatemala, attraverso l’istituzione di due Centri Malala dell'UNESCO. Il nuovo progetto, guidato dall'ufficio del Guatemala dell'UNESCO, mira a mettere in pratica il diritto all'istruzione, in particolare per coloro che non vi hanno accesso a causa del genere, dell'etnia, della provenienza e della povertà. Quando Francisca ha compiuto 19 anni, i rappresentanti del progetto sono andati da lei, nella sua comunità e le hanno offerto il loro sostegno per continuare gli studi nell’Accelerated Primary Programme del Ministero dell'Istruzione. Con quel sostegno, Francisca è stata in grado di completare la sua istruzione primaria. Ora lavora come cuoca in una caffetteria dove guadagna abbastanza per provvedere a sé e alla propria famiglia. Il suo sogno è completare la scuola superiore e continuare a studiare per diventare uno chef professionista. Per Francisca "l'istruzione è un cibo che ci fa crescere". Fonte: UNESCO Fardowsa Bile Abdullahi, 17 anni, dalla Somalia, ha detto, “Sono una persona diversa perché ho imparato a leggere e scrivere. La mia famiglia si affida a me per la gestione delle nostre attività dal momento che so contare il denaro e fare transazioni commerciali, grazie alle conoscenze acquisite al centro.” Fardowsa è tra le giovani donne che hanno beneficiato di un progetto di alfabetizzazione e competenze pratiche finanziato dalla Al Maktoum Foundation e realizzato dall'UNESCO. Fardowsa non ha avuto l'opportunità di accedere all'istruzione e imparare da bambina, a causa dei disordini civili e della guerra nel suo Paese. L'istruzione di base era disponibile solo per i pochi che potevano permetterselo, poiché la maggior parte delle istituzioni educative erano private. "Un giorno mentre stavo andando al mercato, un mio amico mi ha parlato di un'opportunità al Somalia National Women's Community Training Center. Sono subito andata al centro per iscrivermi ai corsi di alfabetizzazione, calcolo e imprenditorialità ", ha detto Fardowsa. "Questa è un'opportunità d’oro, gratuita, per i ragazzi come me che non hanno mai avuto la possibilità di studiare" Fonte: UNESCO

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8 Ogni

statistica

è un

successo personale

Questi sono solo alcuni esempi delle statistiche positive che dovrebbero essere riportate sui giornali. Poiché i dati cambiano ogni giorno, è bene consultare i siti Web delle organizzazioni interessate per ottenere informazioni più aggiornate. •  Il 20 gennaio 2016, lo Zimbabwe ha vietato i matrimoni infantili. •  A partire dal 2016, la Repubblica di Moldova richiede che donne e uomini costituiscano almeno il 40% dei candidati dei partiti politici e dei candidati al governo (UN-Women). •  In Bangladesh, 1,24 milioni di ragazze in 6.700 scuole secondarie hanno beneficiato del Secondary Education Quality and Access Enhancement Project della Banca Mondiale. •  In Ghana, nell’ambito del Secondary Education Improvement Project, 3.450 ragazze delle scuole superiori (tra 15 e 17 anni) beneficiano di borse di studio, per il pagamento delle tasse scolastiche e per altri articoli inclusi libri e divise, per tre anni di istruzione superiore. •  In Pakistan, c'è stato un aumento del 9% delle iscrizioni di ragazze nelle scuole secondarie pubbliche, con l'aiuto dei progetti educativi della Banca Mondiale, che hanno fornito buoni per l’insegnamento per 150.000 ragazze adolescenti vulnerabili nel Punjab con accesso limitato alla scuola, oltre a stipendi in denaro per 400.000 ragazze nelle aree a bassa alfabetizzazione, per incoraggiare la frequenza scolastica secondaria.

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•  In Nigeria, il tasso di completamento delle scuole secondarie per ragazze è aumentato dal 7% al 34% tra il 2007 e il 2011 - la durata dello State Education Sector Project della Banca Mondiale. •  1,2 milioni di bambini in tutto il mondo hanno ricevuto l’istruzione nel 2016 a seguito dei programmi di sostegno a distanza di Plan International. •  Plan International ha assicurato che 2,8 milioni di persone venissero formate per educare i bambini nel 2016. •  Plan International ha raggiunto 17,1 milioni di ragazze attraverso i suoi programmi di istruzione nel 2016. •  Plan International ha raggiunto 15,5 milioni di ragazzi attraverso i suoi programmi di istruzione nel 2016. •  Sono stati investiti 97 milioni di euro in favore del diritto all’istruzione attraverso Plan International nel 2016.


Ginevra Internazionale Ginevra occupa una piccola area del territorio svizzero, ma vanta alcune delle qualità più note della Svizzera. La sua bellezza cattura i visitatori la prima volta, è un centro finanziario competitivo che attrae molteplici culture, la qualità della vita riguarda tutti i residenti. Oltre a questo, Ginevra è una città che ospita il maggior numero di organizzazioni internazionali. Tutto ciò ha contribuito a creare il termine “Ginevra Internazionale”. Tutto è iniziato nel 1863 quando la Croce Rossa fu fondata a Ginevra con l’intento di proteggere le vite delle persone ferite o sofferenti a causa dei conflitti armati. Oggi la città non si interessa solo ai bisogni umanitari, ma anche a pace, salute, scienza, diritti umani, immigrazione, cambiamento climatico e tanto altro. La Ginevra Internazionale riunisce organizzazioni internazionali, istituzioni accademiche, una comunità commerciale internazionale, molte organizzazioni non governative e la rappresentanza permanente dei 180 stati membri delle Nazioni Unite. Le vite su cui influisce Ginevra Internazionale vanno ben oltre i confini di Ginevra stessa e il faro che guida il suo lavoro è l’Agenda del 2030. I 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile sono il modo in cui la Ginevra Internazionale, insieme ai sui numerosi partner mondiali, combatte la povertà, impedisce le violenze, protegge il pianeta e tanto altro. Ginevra può essere piccola di dimensioni, ma il suo raggio d’azione è enorme. E’ la più piccola città più grande del mondo. È la città della pace in cui il mondo crea delle soluzioni.

Obiettivi di sviluppo sostenibile In un’epoca in cui siamo bombardati dalle notizie negative, è facile sentirsi scoraggiati e privi dei mezzi per migliorare il mondo in cui viviamo. Fortunatamente, per occuparsi dei numerosi problemi, i leader mondiali hanno adottato l’Agenda per lo Sviluppo sostenibile del 2030: un insieme di 17 obiettivi che sono il piano d’azione per la trasformazione del nostro pianeta in un luogo migliore. Gli obiettivi riguardano tutti, non trascurano nessuno, sono tutti intercollegati e sono responsabilità di tutti. Abbiamo tutto quello che ci serve per aiutare tutti a prosperare a raggiungere il loro pieno potenziale. Creiamo insieme un mondo in cui pace, diritti e benessere diventino realtà.

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Progetto sul Cambiamento della Percezione Di volta in volta, quando la gente sente parlare delle Nazioni Unite per la prima volta, i suoi occhi si illuminano. Specialmente quelli dei bambini. Il conforto e la rassicurazione che sentiamo sapendo che esiste un'organizzazione che riunisce il mondo intero, per la pace, i diritti e il benessere, non ha eguali. Non abbiamo bisogno di spiegare perché ci sia la necessità di tale organizzazione. Lo sappiamo tutti. È lì, per tutti noi. Ed è nella Ginevra Internazionale. Allo stesso tempo, questo sentimento di soggezione e sicurezza scompare rapidamente perché viviamo in tempi tumultuosi e, naturalmente, la realtà è diversa. Abbiamo alti e bassi e ci stiamo anche adattando costantemente per affrontare nuove sfide. Le notizie spesso si concentrano sull’aspetto negativo, mentre tutti danno il positivo per scontato. È parte della nostra natura concentrarci sulle questioni che devono essere risolte piuttosto che essere felici per ciò in cui siamo bravi. Ma la missione e l'impatto non visibile del lavoro delle Nazioni Unite e dei suoi partner rimangono gli stessi, e non sempre riusciamo a comprenderlo nella nostra vita di tutti i giorni. La buona notizia è che questo insieme di organizzazioni che costituscono la Ginevra Internazionale è ancora lì, a portare avanti la sua nobile missione. Una missione che appartiene a tutti noi. Per farla prosperare, tutti dobbiamo riconoscerne il valore, il suo impatto e assicurarci che possa realizzare ciò per cui è stata pensata. Questo è ciò che il Progetto sul Cambiamento della Percezione si è prefisso di fare e ci riesce ogni volta che gli occhi si illuminano quando qualcuno sente parlare delle Nazioni Unite, proprio come la prima volta.

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La serie di libri Iceberg è stata ispirata dall’Infografica Iceberg del Progetto sul Cambiamento della Percezione, una dimostrazione visibile di ciò che i media decidono di trasmettere quando parlano delle Nazioni Unite in relazione alle sfide su scala globale, rispetto alla realtà. La produzione di questo libro è stata resa possibile grazie all supporto economico della Fondation pour Genève. Un ringraziamento speciale va alla Sezione Gestione Conferenze presso la sede ONU di Ginevra per essersi occupata dell’edizione, traduzione e della stampa dei libri, e alla Union University di Jackson, Tennessee per averli illustrati. Stampato presso la Sezione Stampa delle Nazioni Unite presso la sede delle ONU di Ginevra, 2018. Scritto da: Kirsten Deall Edito da: Daniel Sanderson Illustrato da: Hannah Barr


L’istruzione è per tutti. Accessibilità, genere, razza o qualsiasi forma di disabilità non devono impedire a nessun bambino di poter andare la scuola. Attraverso Amira, i lettori provenienti da qualsiasi contesto possono avere un’idea di alcune delle difficoltà che devono affrontare i bambini con disabilità. La storia di Amira ci consente di comprendere i bambini in situazioni simili o peggiori, e di imparare ad essere più attenti ai bisogni dei bambini con disabilità. Il libro mira a ispirare, portare speranza e spronare ad agire in quanto l’istruzione è inclusiva.

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