Qualcosa che non va

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possibilmente basati sullo sfruttamento di risorse rinnovabili (solare, fotovoltaico, geotermico, eolico). La corretta progettazione di forma e orientamento dell’edificio, abbinata a scelte tecnicocostruttive che mirano all’incremento dell’isolamento e all’ottimizzazione dell’inerzia termica, permettono di realizzare edifici con basso fabbisogno energetico. L’abbinamento, a questo punto, con impianti a elevata efficienza, basati sullo sfruttamento di energie rinnovabili, permette di delineare uno scenario futuro caratterizzato dall’autosufficienza energetica e dall’azzeramento delle emissioni di CO2 (Zero Emission Building). Almeno in fase d’uso. Occorre altresì osservare come la spinta verso la realizzazione di edifici a bassissimo consumo energetico in fase d’uso stia portando il mercato ad una rincorsa a livelli prestazionali che vanno ben oltre quelli indicati dagli apparati normativi: l’esibizione di elevate prestazioni energetiche è diventata un elemento di valorizzazione economica considerato importante nel mercato immobiliare. […] Un’analisi ambientale corretta e completa, relativamente ad una costruzione, dovrebbe basarsi, dunque, sul metodo LCA (Life Cycle Assessment), andando a considerare tutte le fasi del ciclo di vita (produzione-usodismissione) e tutte le sostanze/materiali coinvolte (e relativi impatti correlati). Ma la valutazione LCA è attività molto complessa e, soprattutto, risulta spesso difficile spiegare i risultati espressi secondo indicatori ambientali poco conosciuti. Per cominciare ad estendere lo sguardo oltre la sola valutazione energetica della fase d’uso, può essere pertanto utile fare riferimento agli indicatori utilizzati nelle procedure di certificazione energetica “correnti” (energia primaria PEI, espressa in MJ o kWh, ed emissioni di CO2), valutando i consumi e le emissioni anche delle fasi a monte dell’uso di un edificio. In tal senso, gli indicatori che possono essere presi in esame sono l’energia incorporata (embodied energy) e le emissioni di CO2 incorporate (embodied carbon) nei materiali, considerando l’estrazione delle risorse, il loro trasporto, la produzione e lavorazione di un prodotto. Nelle banche dati vengono, in genere, riportati i valori di energia incorporata assumendo come confini la “culla” e il “cancello” (dello stabilimento produttivo). A questi bisognerebbe, poi, sommare l’energia spesa dal “cancello al cantiere” (andando a comprendere anche il trasporto fino al luogo della messa in opera e la fase di messa in opera stessa). 412

Gli impegni non corrispondono ad una qualità architettonica ed urbanistica diffusa, anzi esistono troppi volumi costruiti e male, soprattutto dal punto di vista del risparmio energetico. Fino a quando la ricchezza verrà misurata in moneta debito coi suoli e con l’espansione urbana si avranno altri scempi da correggere. Eppure basterebbe fare un piano di monitoraggio dell’ambiente costruito finalizzato al recupero (riuso) per creare migliaia di posti di lavoro, ecco la vera sicurezza. L’Italia deve consolidare, dal punto di vista statico, tutti gli edifici che abbiano dai 40 anni di “età” in su. L’Italia deve ristrutturare l’intero patrimonio edilizio esistenze, altro che nuove case. E’ sufficiente mutare i valori monetari – convenzione arbitraria - dell’attuale consuetudine progettuale e costruttiva: un edificio di nuova costruzione dovrà valere meno di un edificio ristrutturato (sicurezza statica e salubrità: metodi POE, BREAM, Protocollo ITACA). Quindi, la misura del valore non sarà indicata dalla moneta, mezzo di scambio, ma dalla qualità e dal buon senso: volontà politica. Il risparmio energetico potrebbe essere una moneta di scambio, la ristrutturazione potrebbe essere una moneta di scambio, e così via; cioè è sufficiente una volontà popolare che indichi una nuova misura del valore figlia della qualità e non più della quantità (lo stupido PIL) per migliorare le condizioni di vita di tutti e soprattutto dei meno abbienti. Facciamo un esempio sulla rendita: per costruire un edificio ex-novo si spende 1 e si vende a 3. Quindi il rapporto è 1/3 con grande margine di guadagno. Ma se la rendita fosse la stessa per ristrutturare? Se si spendesse meno per ristrutturare (vantaggio per il costruttore) e si vendesse a un prezzo leggermente inferiore a quello di mercato? Riflettiamoci un attimo, i prezzi delle case ristrutturate non sono associati ad indicatori di qualità architettonica ma sono stabiliti da speculatori (immobiliaristi) senza scrupoli, i piani urbanistici realizzano soprattutto espansioni, crescita perché il maggiore profitto deriva dalla rendita urbana (nuove aree costruite e nuove case). Queste consuetudini progettuali esistono soprattutto perché il profitto maggiore deriva da una cultura obsoleta figlia della produzione e del costo di produzione allora ribaltiamo il paradigma: misuriamo il valore sul risparmio, riciclo ed il riuso, accadrà che 412

Andrea Campioli, Valeria Giurdanella, Monica Lavagna, Energia per costruire, energia per abitare, in “Costruire in Laterizio” N.134, maz-apr 2010, pag. 60

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