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NERA
SANTAPAOLA ETNEI
L’Araba Fenice è in realtà il simbolo civico stesso di Belpasso, mitologico uccello che dalle ceneri risorge migliore, metafora cui si accompagna l’intera storia della cittadina etnea, che di catastrofi ne ha subite parecchie nei secoli, rivelando sempre però la capacità di ricominciare. Forse con la medesima ambizione l’esponente di spicco del potere criminale in questo territorio, Aldo Carmelo Navarria, aveva avviato la sua rinascita dopo 26 anni di carcere. Uomo di fiducia del “malpassotu” Giuseppe Pulvirenti, a sua volta referente dei Santapaola, Navarria, appena scarcerato, nel 2014, era riuscito a far risorgere il suo gruppo criminale concentrandosi sul racket delle estorsioni e secondo gli inquirenti sarebbe diventato il braccio armato di Francesco Santapaola, arrestato nell’Aprile 2016, quello che nell'inchiesta Kronos è indicato come il nuovo reggente della cupola di Cosa nostra catanese. LO SPAZZINO Navarria, pericoloso e spietato, negli anni ’80 era considerato lo “spazzino” per la sua propensione a fare sparire i cadaveri degli uomini del clan Malpassotu vittime
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di faide interne. Il metodo “Pulvirenti” consisteva nel bruciare i cadaveri all’interno degli pneumatici così da non lasciare alcuna traccia. Un profilo criminale che si evince leggendo alcuni atti giudiziari del passato che lo riguardano, come la sentenza del processo Aria Pulita celebrato negli anni ’90. I giudici scrivevano che la "cava di Belpasso era diventata una sorta di campo di sterminio". I metodi sanguinari di Navarria sono stati documentati a seguito di diverse operazioni, che lo hanno riconosciuto come parte attiva di sei omicidi. Navarria si è anche distinto per qualche fatto di colore, come la vena poetica: in carcere a Livorno ha scritto “la ballata dell’ergastolano”, una lirica che ha fatto il giro dei giornali che si occupano dei diritti dei detenuti.
L’OPERAZIONE A seguito dell’operazione “Araba Fenice 3”, condotta dai Carabinieri del Comando provinciale di Catania coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia, sotto la guida del procuratore capo Carmelo Zuccaro, insieme a Navarria sono state arrestate altre 14 persone per reati di associazione di tipo mafioso, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, sequestro di persona, danneggiamento seguito da incendio, riciclaggio e favoreggiamento personale, con l’aggravante del metodo mafioso.
Le indagini hanno accertato che in effetti Navarria era tornato pienamente operativo al comando del “gruppo” mafioso e sono state svelate le dinamiche operative per il controllo del territorio, mediante la realizzazione di reati contro il patrimonio, ricostruendo gli affari illegali del clan, nonché la responsabilità degli affiliati su due rapine con sequestro di persona, commesse a Belpasso il 14 gennaio ed il 3 febbraio 2015 in danno di autotrasportatori del settore alimentare, nonché di estorsioni nei confronti di imprenditori locali anche con danneggiamenti dei beni mobili aziendali, sempre per agevolare l’organizzazione mafiosa d’appartenenza. LA FINE DEL GRUPPO NAVARRIA
UN DURO COLPO PER I “ARABA FENICE” È IL NOME DELL’OPERAZIONE CHE HA PORTATO AGLI INIZI DI MAGGIO ALL’ARRESTO DI 15 SOGGETTI RITENUTI APPARTENENTI AL “GRUPPO DI BELPASSO”, DIRAMAZIONE DELLA FAMIGLIA DI COSA NOSTRA CATANESE SANTAPAOLA-ERCOLANO
In foto. La ballata dell’ergastolano di Laura Di Stefano.
Pagine estratte dal numero di Paesi Etnei Oggi del Febbraio 2016
Agostino Laudani
@agolaudani
GLI ARRESTATI Nell’ambito delle stesse indagini, il 20 novembre e 10 dicembre 2015 erano stati arrestati 10 affiliati per estorsione pluriaggravata commessa dall’ottobre 2014 fino al 19 novembre 2015 in danno della ditta “Lavica Marmi s.r.l” di Belpasso, i cui titolari erano stati costretti a corrispondere il pagamento di una somma di 600 euro al mese a titolo di “pizzo”.
Inoltre, il 22 marzo 2017, era stata fatta piena luce sulla scomparsa dell’imprenditore agrumicolo di Paternò Fortunato Caponnetto, con l’esecuzione di misure cautelari in carcere nei confronti di Navarria e di altri 3 affiliati per i delitti di omicidio e distruzione di cadavere avvenuti in Belpasso l’8 aprile 2015, delitti il cui movente consisteva nel rifiuto della vittima di sottostare alle pressanti richieste estorsive cui era sottoposto, rifiutandosi di assumere Navarria presso la propria azienda e licenziando la moglie di quest’ultimo, in precedenza assunta fittiziamente proprio su imposizione di Navarria.
OPERAZIONE VICERÈ, ARRIVANO LE RICHIESTE DI PENA PER GLI ESPONENTI DEL CLAN LAUDANI Un filone del maxi processo che vede alla sbarra i componenti della famiglia mafiosa più temuta dell’area etnea
diFrancesca Normanna
Rischiano oltre 500 anni di carcere gli esponenti della cupola del clan dei Laudani. Le richieste di pena, per i 53 imputati del rito abbreviato del maxi processo Vicerè, sono state avanzate dai pm della DDA di Catania al Gup Rosa Alba Recupido al termine della requisitoria svoltasi a Bicocca il 20 aprile scorso. Si tratta di un filone del procedimento scaturito dal blitz anti mafia condotto dai Carabinieri il 10 febbraio del 2016. L’imponente operazione consentì di azzerare i vertici del sanguinario clan dei “Mussi i ficurinia” e di neutralizzare i gruppi territoriali affiliati alla cosca catanese. A finire in manette furono un totale di 109 indagati. Laudani e per coloro i quali sono ritenuti i referenti della famiglia in alcune aree della fascia ionica e dell’hinterland catanese. Per Santo Orazio Laudani, 16 anni e 8 mesi; 16 anni per il giovane Sebastiano Laudani (classe '83); 14 invece per l'omonimo classe '69 e per Giuseppe Laudani (classe '46); 12 anni infine per Concetto Laudani. Per una delle due donne ritenute boss (l’altra è Concetta Scalisi, reggente ad Adrano) e «tesoriera» del clan: Mariella Scuderi, vedova di Santo Laudani, l'accusa ha chiesto 9 anni e 4 mesi. Dodici anni è stata la richiesta per Carmelo Pavone, detto l'Africano, considerato il capo mafia di Acireale e per Omar Scaravilli, indicato come il punto di riferimento di Canalicchio. Le accuse contestate a vario titolo sono di associazione mafiosa, estorsione, detenzione e traffico di stupefacenti e detenzione e porto illegale di armi.
Imputato nel rito ordinario è il patriarca, già detenuto, della famiglia dei Laudani, Sebastiano, detto Ianu, il boss facente capo all’organizzazione criminale. Ma coinvolti nell’operazione furono anche due avvocati, Giuseppe Arcidiacono di Acicatena e Salvo Mineo di Biancavilla, quest’ultimo già ex vice sindaco di Santa Maria di Licodia. Per entrambi i pm hanno chiesto una condanna di 7 anni e 4 mesi. A fornire un contributo rilevante alle indagini furono le rivelazioni rese dal pentito eccellente, Giuseppe Laudani unitamente alle ulteriori attività investigative. Fu proprio Giuseppe, il nipote prediletto della Scuderi, la «zia Mariella», a svelare agli inquirenti tutti gli affari illeciti e i segreti dell’impero messo in piedi dalla cosca.
ACICASTELLO, E LA SFIDA DELLA DIFFERENZIATA
PRIMI GIORNI CARATTERIZZATI DA CUMULI DI SPAZZATURA DOVE PRIMA C'ERANO I CASSONETTI diDesirée Miranda

I PRIMI RISULTATI Ha compiuto un mese il nuovo sistema di raccolta differenziato dei rifiuti nel Comune di Acicastello, attivo dal primo
di aprile. Un servizio atteso da molti anni che da una parte rivoluziona il modo di raccogliere ogni tipo di rifiuto nel territorio castellese, dall'altra mette la parola fine alla successione di proroghe per la gestione del vecchio servizio, seppure la ditta che ha vinto l'appalto per i prossimi sette anni è la stessa che gestiva il servizio in precedenza: Agesp spa. Circa 19 milioni di euro il totale dell'importo per l'intera durata del contratto. L'obiettivo fissato è del 50% entro la fine del 2017 e del 65% entro la fine del 2018, ma secondo i dati dei primi 30 giorni si sarebbe già fatto un balzo in avanti e dal 17% dei primi mesi dell'anno si è raggiunto oggi il 65%. Certo, i risultati si vedono a lungo termine e si auspica che le percentuali rimangano abbastanza alte, intanto comunque, l'amministrazione e la ditta che gestisce il servizio si dicono soddisfatti. «Il risultato di Aci Castello dopo appena un mese è straordinario e premia gli sforzi dei cittadini, del Comune e dell'Agesp sempre più impegnati nel migliorare il servizio e permettere ad Aci Castello – dichiara il sindaco Filippo Drago – di entrare tra i primi comuni siciliani per percentuale di raccolta. Un sistema obbligato per un territorio che richiama ogni anno migliaia di turisti e che deve continuare a migliorarsi per superare stabilmente il 65% che, voglio ricordare, è un limite minimo imposto per legge a tutti i Comuni italiani», aggiunge.
LE DIFFICOLTÀ A fronte di buoni risultati comunque, ci sono ancora dei disagi per la cittadinanza.
Qualcuno, forse, ha pensato a uno scherzo visto che il servizio è iniziato il primo di aprile o forse si è trattato solo di resistenza a un nuovo sistema di regole che non si vuole accettare, fatto sta che soprattutto nei primi giorni di servizio, si sono create numerosissime micro discariche che hanno invaso tutto il Comune, proprio nei luoghi in cui c'erano i cassonetti. Il problema sta scemando e i cumuli sono sempre meno e piccoli, ma qualche resistenza c'è ancora. «L’impegno per il controllo del territorio continua con attività di polizia dedicate nei confronti di quelle poche persone che ancora si ostinano a non fare la raccolta differenziata e a sporcare l’immagine di una comunità che al contrario ha saputo raggiungere risultati di civiltà», dichiara l’assessore al ramo Salvo Danubio. «In meno di un mese, sono stati elevati oltre 100 verbali per contrastare l’abbandono dei rifiuti sul territorio comunale, controlli che nei prossimi giorni verranno intensificati, almeno fino a quando il sistema non sarà del tutto consolidato», aggiunge. Il sistema va ancora limato e possibili cambiamenti dovranno essere fatti in base alle esigenze dei cittadini. L'indifferenziato ad esempio, si raccoglie solo una volta a settimana porta a porta e probabilmente dovrebbe essere di più, così come la raccolta dell'alluminio che è solo una volta al mese, per fare degli esempi. Chi decidesse di conferire sempre i rifiuti nell'isola ecologica mobile anziché porli il giorno stabilito davanti al portone, inoltre, deve fare i conti con orari quasi da ufficio per il conferimento dei rifiuti che non agevolano i lavoratori.
L'APPALTO Il cambio comunque è avvenuto e, volenti o nolenti, occorre adeguarsi a un nuovo modo di conferire i rifiuti, secondo dei giorni e orari stabiliti, in modalità differenziata e con raccolta porta a porta.
Allo scopo i cittadini sono stati muniti di contenitori colorati: grigio per l'indifferenziato, marrone per l'organico, blu per carta e cartone, verde per il vetro e un sacco giallo semitrasparente per la plastica. Qualcuno però si lamenta perché si richiedono sacchetti biodegradabili per conferire l'organico, ma non sono stati distribuiti dalla società di gestione, rappresentando una spesa obbligata per le famiglie. L'appalto comprende anche servizi di spazzamento delle strade e delle aree pubbliche, nonché il loro lavaggio e disinfezione, ma anche servizi accessori come la scerbatura delle strade e delle aree pubbliche, la raccolta e il trasporto di carogne animali, la pulizia delle caditoie stradali, delle spiagge, la disinfestazione, la derattizzazione dell'intero territorio comunale e la redazione e attuazione di un piano di comunicazione, informazione e sensibilizzazione. «Stiamo attuando un sistema collaudato già in altre realtà», afferma Salvatore Stracquadanio di Agesp in sede di presentazione del progetto.