Hi-Tech Ambiente n.2 - Febbraio 2018

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GREEN FASHION L A

P R O D U Z I O N E

" M O D A "

T U T E L A

L’ A M B I E N T E

Il green marketing Ieri, oggi e gli scenari futuri

Le aziende di moda hanno sempre più un approccio ambientalmente sostenibile che comunicano efficacemente ai consumatori 2^ parte

Per  le  imprese  di  moda,  ormai, l’adozione  di  un  approccio  ambientalmente  sostenibile  non  significa  più  solo  lavorare  alla  riduzione  degli  impatti  ambientali e alla sicurezza per i consumatori e i lavoratori, bensì implica investire sempre più nella creazione e nel  mantenimento  di  una  reputazione  e  di  una  immagine  di  prestigio per quanto riguarda l’impegno a tutela dell’ambiente; ciò in quanto  i  consumatori  orientano sempre più le loro scelte sulla base  di  aspetti  etici  e  sulla  sostenibilità  ambientale  dei  prodotti. Questo  tipo  di  comunicazione non  è  stato  in  passato  molto  frequente,  perché  l’industria  della moda ha puntato prevalentemente su  messaggi  evocativi  e  non  razionali. GREEN WASHING E GREEN MARKETING

A partire dagli anni ’70, le imprese  di  moda  hanno  iniziato  a  percepire  la  mutata  sensibilità  dei consumatori  e  le  crescenti  preoccupazioni sui potenziali rischi per l’ambiente e la salute, e di conseguenza hanno iniziato a introdurre la “comunicazione ambientale” nelle  loro  strategie  di  marketing. Si  trattava  però  molto  spesso  di mere  operazioni  “di  facciata”,

E SE IL VESTITO DURASSE 30 ANNI? Le  più  raffinate  strategie  di  comunicazione non possono coprire  i  semplici  dati  di  fatto,  evidenziati  da  un  recente  rapporto di Greenpeace Germania: la produzione  di  abiti  è  raddoppiata dal  2000  ad  oggi;  contemporaneamente, la durata dei vestiti si è  dimezzata  e  gli  abiti  vengono spesso rinnovati ad ogni cambio di stagione; le coltivazioni di cotone,  necessarie  per  produrre  le fibre tessili per i vestiti, assorbo-

no  il  24%  degli  insetticidi  e  il 10%  dei  fitofarmaci;  l’industria tessile  si  classifica  ormai  al  secondo posto (dopo quella del petrolio)  nella  classifica  dei  maggiori  inquinatori.  Qualcuno  prova  a  reagire:  lo  stilista  inglese Tom  Cridland  ha  presentato  la “30  Years  Collection”,  fatta  di abiti progettati per durare 30 anni. La sua impresa ha un fatturato  di  250.000  sterline  l’anno,  e conta tra i clienti celebrità come Leonardo  di  Caprio,  Daniel Craig,  ben  Stiller  e  Rod Stewart.

prive  di  contenuti  concreti  e  talvolta ai limiti dell’inganno vero e proprio:  ciò  che  oggi  viene  chiamato  “green  washing”,  ossia  una politica  di  marketing  che  tende  a ingigantire i benefici di miglioramenti  minimi  dei  metodi  di  produzione  convenzionali,  facendo passare  come  “impegno  etico  e civile” iniziative che in realtà poco  incidevano  sull’impatto  ambientale  o  sociale  dei  prodotti  o dei  processi  produttivi.  Le  cose sono cambiate a partire dagli anni ’90,  in  seguito  alla  maturazione dell’opinione  pubblica  e  del  senso etico dei consumatori: anche a causa  del  crescente  dibattito  sui cambiamenti  climatici  (i  cui  effetti sono sotto gli occhi di tutti), e  ad  una  maggiore  possibilità  di accedere  e  condividere  le  informazioni  grazie  alle  nuove  tecnologie,  è nata una nuova coscienza  ambientale  e  un  senso  di  responsabilità  etico  e  sociale,  che sempre  più  orienta  le  scelte  dei consumatori  verso  prodotti  e comportamenti  ecosostenibili. Ecco quindi che la “comunicazione  ambientale”  ha  assunto  una valenza  diversa,  maggiormente ancorata  alle  effettive  capacità delle  imprese  di  innovare  la  loro produzione:  si  è  quindi  passati dal  “green  washing”  al  “green marketing”,  una  strategia  che Continua a pag. 20

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