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Intel, the Intel logo, Centrino and Centrino Inside are trademarks of Intel Corporation in the U.S. and other countries. For more information about the Intel processor feature rating, please refer to www.intel.com/go/rating.


NEXT LIFE Spa info@next-life.it - www.next-life.it PRESIDENTE Paolo Fimiani DIRETTORE GENERALE Loredana Bruscia DIRETTORE FINANZIARIO Carlo Pinna ________________________________ N.L.D srl DIRETTORE RESPONSABILE Riccardo Palmieri r.palmieri@nextfamily.it SEGRETERIA DI REDAZIONE Angela Girardelli ART DIRECTION IMPAGINAZIONE E GRAFICA Fabio Passi IN REDAZIONE Ilaria Dioguardi - Maria Nicoletta Tulli redazione@nextfamily.it HANNO COLLABORATO Giacomo Andreazzi - Ambra Blasi Enzo Giannelli - Vincenzo Prizzi Paola Guarnieri - Anna Sofia Viola Letizia Terra - Carmelo Schininà Luciano Tirinnanzi - Virginia Di Marno Luigi Bonelli FOTOGRAFIE US Stampa Rai e Ufficio Stampa Disney COPERTINA Illustrazione di Fabio Passi ________________________________ STAMPA E FOTOLITO Edicomprint Web srl - Roma DISTRIBUZIONE e ABBONAMENTI abbonamenti@nextleveldistribuzione.it

Editoriale

S

Famiglie in cammino

ono passati 40 anni dallo sbarco sulla Luna e in molti si sono gettati a capofitto, lungo tutto il 2009, per ricordare l’evento, naturalmente epocale e importantissimo. Noi di Next Family abbiamo preferito lasciar passare qualche mese, quasi fino a sbirciare, ormai, il 2010, per lasciarci alle spalle quella che gli storici chiamano la “giusta distanza”. Una distanza che ci serve per misurare fatti, volti, personaggi, racconti, vite vissute o stroncate di generazioni, di sogni e progetti che hanno fatto di ogni singola famiglia La Famiglia Umana. La storia di copertina è, dunque, dedicata proprio a chi in questi 40 anni ha tracciato le coordinate della propria esistenza un po’ ovunque, ma soprattutto per la strada, lungo la strada o, per citare qualcuno che nomineremo altrove, Sulla strada. Perché la strada, come la piazza, è il luogo che rende comune la nostra esperienza: sulla Luna, in poltrona davanti alla tv o al computer, inseguendo le libellule sul prato di Woodstock, marciando sugli edonistici anni Ottanta, cullandosi nei transitori Novanta ed esplorando il web del nuovo millennio. Praticamente un ritorno al futuro, che ci ha visti attraversare quattro decadi di sentimenti condivisi e poi lacerati, frustrati e isolati e poi ancora riuniti dalla grande madre grande Rete. Una riflessione rapida, non necessariamente inforcando le mitiche motociclette degli anni Settanta (oggi tornate prepotentemente in auge) e molto iconografica, quella della nostra copertina, per scendere poi nelle varie sezioni e cercare di capire la realtà che cambia sempre più in fretta. A questo servono i mensili: a trovare il tempo di fare un po’ di luce sul nostro cammino, appunto sulla strada.

Riccardo Palmieri

PUBBLICITÀ adv@nextfamily.it ________________________________ INTERNATIONAL PUBLISHING ACTIVIRTUAL Corporation 500, Main Street North Little Rock - AR 72114 United State of America DIRECTOR Matthew Charles Stokes MARKETING MANAGER Peter Grevs PRODUCT MANAGER Sally Abbruscato

Reg. Tribunale di Roma n. 317/2009 in data 18/09/2009 Tutti i diritti di proprietà artistica e letteraria della rivista sono legalmente riservati. Ad eccezione di casi espressamente autorizzati dalla redazione, l’utilizzo da parte di terzi di materiale letterario o artistico contenuto nella rivista è severamente vietato e legalmente perseguibile. La redazione non assume responsabilità per prezzi, indirizzi e numeri telefonici pubblicati all’interno della rivista.

strada intere

la , terra feconda per generazioni, conserva e rinnova la sua FORZA

” www.nextfamily.it



sommario MONDI PARALLELI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 La guerra dei mondi di Ilaria Dioguardi FUTURAMA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Nuove forme d’indagine di Maria Nicoletta Tulli ALTRE FAMIGLIE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 La band di Nichetti suona il rock di Ilaria Dioguardi

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NUOVI SAPERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 Con-fusion di Carmelo Schininà TOTEM&TABU’. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 Baci tagliati di Paola Guarnieri COVER STORY . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 On the road again di Riccardo Palmieri CONTRASTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 Graffitari centenari di Paola Guarnieri RITAGLI D’ATTUALITA’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 di Enzo Giannelli CRAZY NEWS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 Questo pazzo pazzo mondo SOTTOTIRO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 Cristiano Orlando Dora&Marco Monica Birladeanu Valerio Scarapazzi

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sommario PILLOLE PER LA FAMIGLIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 Scuola Games Web Scienze Animali Psiche Salute Ambiente MENU . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 Scienze La teoria della felicità Web vedo L’alba della grafica

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Web ascolto Divi interattivi Web leggo Va’ dove ti porta la cover Moda Satisfashion Gioco James Bond d’India Tv poltrona Bad news, Good news Est(etica) Ci sei o ti rifai? ITINERARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 Alla ricerca degli eroi di Ilaria Dioguardi EVENTI FAMILY . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112 COLPO DI CODA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114 di Enzo Giannelli

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LA GUERRA DEI

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Rapporti sempre più burrascosi tra i due colossi del web: Google ha annunciato l’alternativa a Microsoft, che ha firmato un’alleanza di 10 anni con Yahoo! di Ilaria Dioguardi


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erano una volta… due studenti dell’università di Stanford amanti della tecnologia, che chiusi in un garage della California, pensavano, creavano, si confrontavano fino a maturare e sviluppare un'idea grandiosa. I loro nomi sono Larry Page e Sergey Brin e mai avrebbero immaginato che stavano per dare vita al motore di ricerca più usato al mondo: Google. Come in tutte le favole, c’è sempre qualcuno che non accetta di perdere il predominio incontrastato (in questo caso nel mondo informatico) a causa di un rivale nato da poco, anche se il Gulliver che si sentiva minacciato è il produttore principale di un sistema operativo, mentre il Lilliput appena nato è un motore di ricerca per Internet. Google è di 23 anni più giovane del suo “competitor”, che si chiama Microsoft e sente che quella novità sta minacciando la sua creatura: Internet Explorer. Ha inizio la guerra, che ha visto e vede ancora oggi i due titani lanciarsi sfide e accuse continue, con un susseguirsi di colpi e contraccolpi. Nel 2003 sembrava addirittura che Bill Gates sognasse di comprare l’azienda californiana, prospettando una fusione con la Microsoft.

C’

Quest’ultima da tempo stava investendo per creare un motore di ricerca simile a quello inventato da Page e Brin. Secondo alcune autorevoli fonti (come il New York Times), Gates per ridurre i tempi avrebbe voluto rilevarlo direttamente. Il 2005 è l’anno dell’alleanza tra Google e Sun, azienda produttrice di server e inventrice del Java, il linguaggio di programmazione indipendente dalla macchina, che oggi equipaggia più di quattro miliardi e mezzo di dispositivi nel mondo. L’accordo rappresenta un primo importante passo per ostacolare la leadership di Microsoft del mercato desktop computer e per lo sviluppo della cosidddetta nuova generazione di Internet. Sun e Google hanno alcuni punti in comune: molti dipendenti del BigG hanno lavorato in passato per Sun ed entrambe le aziende sono dirette rivali di Microsoft. Nel 2007 è Vista a creare la bagarre: Google presenta una denuncia nei confronti del colosso di Redmond, puntando il dito contro la funzionalità di desktop search integrata in Windows Vista. Secondo i pareri del team dei legali di Google, il servizio di indicizzazione introdotto in Windows Vista non è facilmente disattivabile e ciò dimostrerebbe, a loro avviso, la volontà


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La competizione tra

Google e Microsoft è diventata a tutto

CAMPO

di Microsoft di escludere i concorrenti, come Google Desktop Search. Sempre nel 2007 la forte presenza di Yahoo! nel campo del display advertising spinge BigG all’acquisizione di DoubleClick per accrescere la propria supremazia nel mercato della pubblicità testuale on-line. Alal fine Google si aggiudicò l’azienda della pubblicità on-line, che opera su Internet dal 1996, per 3,1 miliardi di dollari, l’intento di quest’operazione puntava a riottenere il dominio indiscusso anche nel campo dell’advertising. DoubleClick era anche nel mirino di Microsoft, che l’aveva avvicinato per negoziare l’acquisto. Al momento dell’acquisizione da parte di Google i grandi rivali, come la stessa azienda di Redmond e la AT&T, si opposero con forza per bloccare l'acquisto, che a loro avviso avrebbe permesso alla


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società di Mountain View di controllare le vendite pubblicitarie e gli strumenti per la distribuzione di advertising on-line. Dopo sei mesi di indagini, le autorità antitrust europee diedero l’ok all'acquisizione, che secondo loro non sollevava problematiche particolari né per i consumatori né per la competizione sul mercato. Lo scopo delle verifiche era analizzare a fondo se la fusione tra il gigante della ricerca e il colosso della pubblicità su Internet avrebbe messo a rischio la concorrenza nel settore. Uno degli ultimi capitoli del grande duello è stata un’alleanza decennale, che dovrebbe essere completarsi all’inizio del 2010, stipulata da Microsoft e Yahoo! Nel giugno 2008 Google e Yahoo! siglano un accordo commerciale sulla pubblicità on-line, cui segue il ripudio da parte di BigG, ufficialmente per “evitare una lunga battaglia legale” con le autorità antitrust. Dopo qualche anno di “tira e molla” è quindi il colosso di Redmond a raggiungere un’intesa con il motore di ricerca di David Filo e Jerry Yang. L’obiettivo è il potenziamento di Bing, motore di ricerca di Microsoft, e il rilancio dell’attività pubblicitaria sul web per contrastare Google. Quest’ultimo, secondo i dati di ComScore, nel mondo ha il controllo sul 67% delle ricerche on-line, rispetto all'11% delle due rivali messe insieme, e incassa il 75% degli introiti pubblicitari. Negli Stati Uniti, il colosso californiano controlla il 65% delle ricerche su Internet, mentre Yahoo! (che una volta era al primo posto nel mondo) raggiunge il 19,6% e Microsoft l' 8,4. “D'ora in poi gli inserzionisti non saranno più costretti a rivolgersi a una sola società che detiene il 70% del mercato”, hanno dichiarato Steve Ballmer, alla guida di Microsoft, e Carol Bartz, Amministratore Delegato di Yahoo! In risposta a Bing, Google ha deciso di lanciare sul mercato, dal 2010, nuovi computer che non avranno bisogno di Windows per avviarsi e funzionare. L’alternativa si chiama “Google Chrome OS” (Google Chrome Operating System), un sistema operativo realizzato a Mountain View, ma open source , cioè modificabile da programmatori indipendenti. Inizialmente il software di base sarà destinato all'impiego con sistemi netbook, i piccoli computer portatili che hanno avuto grande successo nel mercato dei notebook: nel primo semestre del 2009, su 100 portatili venduti, 20 erano netbook. Il dato è in continuo aumento, è stato registrato un incremento del 4,4% dai primi tre mesi del 2009 ai secondi. Il lancio del sistema operativo della grande G è previsto per la seconda metà del prossimo anno. La sfida continua tra i due giganti. Si attende l’ormai consueto contrattacco di Microsoft.

Page inventò un sistema per dare una gerarchia alle parole nei motori di ricerca e, giocando con il proprio cognome, lo chiamò

PAGERANK

Scoprendo il punto Lo slogan di Google è “Don’t be evil” (“non essere diabolico”). Una triade formata da Larry Page, Sergey Brin ed Eric Schmidt (Chief Executive Officer dal 2001) è a capo dell’azienda. La parola deriva da googol , termine inventato da Milton Sirotta (nipote del matematico statunitense Edward Kasner) nel 1938, per riferirsi al numero rappresentato da 1 seguito da 100 zeri. Il nome rispecchia l'ambizione di organizzare l'immenso, quasi infinito volume di informazioni disponibili sul web. Google Inc. iniziò la sua attività il 27 settembre 1998 a Menlo Park, in California: gli uffici erano inizialmente il garage che i


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fondatori Larry Page e Sergey Brin, allora studenti venticinquenni, presero in subaffitto da amici. Page decise di risolvere il problema della catalogazione e dell’indicizzazione delle pagine nei motori di ricerca in modo democratico: non sarebe stato lui a decidere quale website doveva essere più importante di un altro, ma il web stesso. Scoprì che si poteva dare una gerarchia ai risultati sulla base di link (collegamenti), come se fossero “voti” che eleggono a maggioranza una specifica pagina. Ribattezzò il sistema da lui inventato PageRank prendendo spunto dal suo cognome. A dicembre dello stesso anno, PC Magazine nominò Google uno dei 100 principali Siti e motori di ricerca del 1998. Nel 2006 l'azienda di Mountain View ha festeggiato il suo ottavo compleanno con un regalo originale: l'acquisto del garage (un locale da 170 mq in Menlo Park, in California)

in cui i fondatori svilupparono l'idea dalla quale si è generato uno dei marchi più riconoscibili al mondo. Nel corso dei suoi 11 anni di vita Google ha registrato un’ascesa continua, la sua popolarità è talmente grande che nella lingua inglese è nato il verbo to google col significato di "fare una ricerca sul web". Per capire l’entità dell’azienda basta considerare un dato: il fatturato del primo trimestre del 2009 si è stabilito a 5,51 miliardi di dollari, in crescita del 6% rispetto all'analogo periodo del 2008.


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Your potential, our passion Il nome di Microsoft è legato allo sviluppo ed alla diffusione dei computer individuali, i cosiddetti personal computer, per la quale ha sviluppato alcuni dei software più conosciuti. Fondata nel 1975 da Paul Allen e Bill Gates, la scintilla scoccò ad Allen che, dopo aver notato su una rivista la pubblicità del computer Altair, la portò al suo amico Gates. Partendo da un interprete Basic di successo (noto come gwbasic), si passò successivamente al sistema operativo MS-DOS, acronimo di "Microsoft - Disk Operating System", commercializzato dal 1982 al 2001, il primo di una lunga serie. Nel novembre 1983 annunciò ufficialmente Windows con un’interfaccia grafica semplice da utilizzare e supporti multifunzionali. La potenza delle nuove applicazioni favorì a Microsoft la vendita di oltre 10 milioni di copie facendo di Windows il miglior best-seller della storia dei computer. Microsoft cresceva giorno dopo giorno, ma Gates temeva di svegliarsi da un momento all’altro dal suo sogno: “Stavamo andando bene” ha scritto Gates “ma ero spaventato dalla rapidità con cui ci ingrandivamo, temevo che tutto potesse crollare da un momento all’altro”. Nel 2001 Microsoft lanciò ufficialmente XP, un nuovo tipo di sistema operativo per il consumatore, in due versioni: Home e Professional. La Microsoft è stata guidata da Bill Gates fino al 27 giugno 2008, ma è comunque rimasto lui il principale azionista individuale mantenendo anche il ruolo di Chairman, anche se in forma non esecutiva. È stato seguito in qualità di Amministratore delegato (CEO) da Steve Ballmer, il primo impiegato assunto per compiti di amministrazione nel 1980. Il fatturato del primo trimestre di quest’anno si è stabilizzato a 13,65 miliardi, subendo una flessione del 5,6% rispetto ai 14,45 miliardi di dollari del primo trimestre 2008.

L’intuizione di

Microsoft venne a Paul Allen notando su una rivista la pubblicità del computer

ALTAIR


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Futurama

NUOVE FORME


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D’INDAGINE Come cambia un programma televisivo in 22 anni? Facendo i conti con un mondo che si evolve. L’esempio anche hi-tech di Chi l’ha visto? di Maria Nicoletta Tulli foto di Ilaria Dioguardi, Maria Nicoletta Tulli e US Rai


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iù del 60% di casi risolti. Un numero importante che fa di Chi l’ha visto? uno dei programmi storici della televisione italiana. “La forza del programma deriva dal fatto che narra la realtà, l'Italia di provincia, quella di cui si parla meno, quella che non tutti raccontano e che, riscoprendo la forza del racconto popolare, cerca di renderlo attuale, attraverso molte novità. Chi l’ha visto? è nel DNA della terza rete". Queste le parole di Paolo Ruffini, Direttore di Raitre, un mese fa, al lancio della 22a edizione di Chi l’ha visto? Rilanciare la tradizione è il motivo dei cambiamenti di quest’anno. Uno svecchiamento scenografico che ha previsto un restyling di tutto lo studio, con due tribune per ospitare il pubblico: non un gruppo di figuranti, ma telespettatori che seguono il programma da casa ed hanno chiesto di poterlo vedere in diretta. Al centro della scena, come si può notare, tre postazioni in cui si sposta la conduttrice, di cui due con plasma orizzontali per valorizzare le fasi della diretta. In alto, a vista, il centralino, da sempre centro nevralgico della trasmissione, in basso la redazione, con cui la presentatrice è in contatto continuo. Le novità le stiamo riscontrando anche sul web. Il sito si è arricchito di un un blog, in cui il pubblico ha la possibilità di commentare ed esprimere le proprie opinioni sui temi affrontati: un’ottima soluzione per restare sempre aggiornati e confrontarsi su argomenti difficili e toccanti come la scomparsa o la morte di una persona. Sono aumentate le news di cronaca, aggiornate in tempo reale 24 ore su 24. E, sempre a disposizione degli utenti, i profili delle persone non ancora ritrovate, corredati degli aggiornamenti emersi e i filmati trasmessi. La padrona di casa è sempre Federica Sciarelli, punto fermo del programma dal 2004. L’abbiamo intervistata per conoscere quanto le nuove tecnologie abbiano influenzato un programma nato negli anni Ottanta, quando il mezzo di comunicazione più veloce era il telefono. In che modo le tecnologie informatiche hanno cambiato Chi l’ha visto?, in onda ormai da 22 anni? La trasmissione è in diretta e settimanale. Prima per ricercare una persona e mostrare la sua foto dovevamo aspettare 7 giorni. Oggi con Internet mettiamo l’immagine sul web appena ci arriva e siamo in grado di risolvere il caso anche durante la stessa settimana senza la necessità di aspettare il giorno in cui andiamo in diretta con il programma. Gli utenti in Rete diventano un po’ i nostri telespettatori di Internet. La tecnologia rende il nostro lavoro più semplice: abbiamo più persone che possono aiutarci a fornire indizi o informazioni importanti sugli scomparsi. Ci siamo adattati ai tempi e abbiamo sfruttato le novità tecnologiche per essere più efficaci. Hanno quindi velocizzato a risolvere i vostri casi? Certo. Spesso la Polizia quando scopre un decesso ci chiama dandoci come unico punto di riferimento un particolare, per esempio un tatuaggio con un’aquila. Noi cerchiamo sul nostro sito e vediamo se esiste qualcuno scomparso-

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nuove tecnologie Le

permettono al pubblico di collaborare con noi attraverso molti strumenti, inviando sms e video realizzati con il cellulare. Il sito si è arricchito di un blog e la finestra delle News di cronaca è aggiornata in tempo reale 24 ORE

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STEFANO MARRONI “Rinnovare Chi l'ha visto? è stato necessario”. Queste le parole di Stefano Marroni, Vicedirettore di Raitre. “Sarebbe stato strano che un programma che si fonda sulla collaborazione fra pubblico e trasmissione non prendesse atto dei nuovi supporti tecnologici. È stato un cambiamento lento e graduale. All'inizio il sito Internet era una sorta di bacheca. Quando sono arrivato l'ho apprezzato molto dal punto di vista dell'utilità, ma era poco accattivante, poco operativo. Abbiamo deciso di chiedere a Rainet di occuparsene in modo adeguato, dando all'utente la possibilità non solo di leggere ma anche di vedere”. Un ottimo risultato che oggi fa di www.chilhavisto.rai.it il più cliccato tra i siti Rai. Nessun rischio, però, di soppiantare la trasmissione televisiva. Marroni non teme Internet: “Noi non corriamo dietro alle notizie, quello lo fanno i telegiornali, loro rischiano molto di più rispetto a un programma: prima tutti aspettavamo i notiziari con attesa, oggi ci sono modi più veloci per sapere cosa accade nel mondo. Ma dare notizie e raccontare storie sono due cose diverse. Sono convinto che per raccontare le storie ci sarà sempre spazio”. Rinnovare un programma non significa solo aggiornarlo con le tecnologie informatiche. Chi l'ha visto? cambia anche linguaggio, adottandone uno più innovativo. “Ci siamo resi conto che il nostro modo di narrare storie aveva perso la carica emotiva indispensabile per fare un buon racconto televisivo” aggiunge. “Chi fa televisione sa bene che non basta avere una buona storia per fare un buon racconto, ma che è importante soprattutto saperla raccontare. Oggi non si possono illustrare fatti con linguaggi, tempi e modi degli anni ‘80 quando circolano serial come Senza traccia, Csi, Lost. Noi dalla fiction possiamo prendere qualche modalità narrativa”. Allargare il pubblico del programma è importante. “Non vogliamo abbandonare neanche uno dei nostri vecchietti” prosegue Marroni “ma vogliamo conquistare i telespettatori che non hanno mai seguito la trasmissione magari solo per il modo di raccontare fatti lontani da loro. Abbiamo deciso di dare più attenzione alle musiche, al montaggio, alla costruzione e ai tempi del racconto. Il tentativo è di non perdere alcune caratteristiche come la forza evocativa, la capacità di emozionare e di essere servizio pubblico, ma di renderlo più televisivo ritrovando alcune radici cinematografiche”. STEFANO MORDINI Corti d'autore è una grande novità di quest’anno. Registi affermati, dai fratelli Manetti a Maria Martinelli e Michele Soavi a quelli più giovani, Isabel Achaval, Tommaso Agnese, Andrea De Sica e, per la prima volta dietro una macchina da presa, la sceneggiatrice Heidrun Schleefche, raccontano, alla maniera cinematografica, le storie degli scomparsi. “Si è scelto di affidare le storie raccontate nel programma a registi di cinema, alcuni affermati, altri in erba”, racconta il regista Stefano Mordini, uno degli autori di Chi l'ha visto?. Il programma ha fornito spesso spunti per sceneggiature, fiction, questa volta è il cinema che approda sul piccolo schermo. “Cerchiamo di dare un punto di vista diverso, che aiuti a leggere meglio la realtà. Vogliamo focalizzare l’attenzione più sui personaggi che sulla storia e raccontare come vive e affronta la scomparsa o la morte di un parente chi, invece, è rimasto”. Dopo cortometraggi, documentari e un film di successo, Provincia meccanica, Mordini affronta con la stessa passione questa sfida. “Ho accettato con entusiasmo: è un progetto nuovo, interessante e utile per la mia esperienza”. 28

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con quel tipo di tatuaggio sulla spalla e in poco tempo troviamo la soluzione del caso. Facendo un altro esempio, tempo fa un papà texano cercava il figlio, aveva inserito su Google le chiavi di ricerca: “neonato/firenze/abbandonato” ed ha trovato le informazioni sul nostro portale. Come riuscite a gestire l’enorme quantità di informazioni che arriva quotidianamente in redazione? Con tanti controlli, non diamo mai niente per scontato. In redazione lavorano molte persone con grande esperienza. Ovviamente rispetto a prima c’è più lavoro perché oltre alle lettere arrivano tante informazioni dalla Rete, ma riusciamo a gestirle bene. Al di fuori del lavoro che rapporto ha con le tecnologie? Nullo. Uso il cellulare perché devo, non sto sempre attaccata al computer, lo uso quasi solo al lavoro. Preferisco portarmi dietro le poesie di Leopardi, ascolto la radio e seguo i telegiornali. Il pc lo apprezzo, ma nella vita privata riesco tranquillamente a vivere senza. Teme che prima o poi Internet possa sostituire la televisione o programmi come il vostro? Questo è un problema che riguarda tutti noi giornalisti. Quando ho iniziato a lavorare c’erano il giornalista, l’operatore e il montatore. Adesso con le nuove tecnologie c’è il giornalista che riesce a fare le riprese e a montarsi il pezzo da solo: tre posti di lavoro si sono ridotti a uno. Non è il caso del nostro programma, abbiamo bisogno di tanta gente. Sono convinta in ogni caso che le macchine non diano tutte le risposte possibili. Sono più veloci dell’uomo, ma l’uomo serve. Soprattutto in un programma come il nostro, molto intimista, c’è bisogno di qualcosa di meno freddo di una macchina. È un po’ lo stesso discorso di chi dice che la bambola gonfiabile a letto possa sostituire una donna. Sappiamo bene che non è così... Chi l’ha visto? oggi è più next o più family? Oggi credo più family, anche se stiamo trovando il modo di andare verso il futuro, appropriandoci di tutti i nuovi mezzi. Vogliamo aggiornarci continuamente. Con gli sms, per esempio, che abbiamo introdotto lo scorso anno, abbiamo avuto dal pubblico una risposta incredibile. E non è certo l’anziano che ce li spedisce. Spero con il tempo di riuscire a unire il family con il next: la nonna che si vede Chi l’ha visto? accanto al nipotino con il cellulare, pronto ad inviarci sms. È un programma che secondo me va bene per entrambi. Un bambino può seguire le inchieste e le storie che riguardano gli adolescenti. In fondo Chi l’ha visto? è un po’ il precursore della nuova tecnologia perché, quando sparisce un uomo, la Polizia non ha la capacità di informare contemporaneamente due milioni di persone alla ricerca dello scomparso. Chi l’ha visto? sì. La televisione è un mezzo tecnologico che entra nelle case e avvicina due milioni di paia di occhi. Siamo da sempre un servizio pubblico che ha scelto la tv per aiutare a ritrovare il malato di Alzheimer che esce di casa e non torna più. Non per questo ci siamo adagiati a restare così come eravamo 20 anni fa. Ecco perché abbiamo scelto di innovarci, magari anche i giovani si soffermeranno di più. Ogni spettatore in più per noi è una telecamera in più.

Emanuela Orlandi Età: 15 (al momento della scomparsa) Nazionalità: italiana Data della scomparsa: 22/06/1983 Scomparso da: Roma Quarta dei cinque figli di Ercole, commesso della Prefettura della Casa Pontificia, e Maria Orlandi, Emanuela vive fin dalla nascita all’interno della Città del Vaticano. Quel giorno arriva in ritardo alla lezione di scuola di musica perché un signore fermandola per strada le fa una proposta: per un compenso di 375.000 lire avrebbe dovuto distribuire, durante una sfilata di moda, volantini di una casa di cosmetici, la Avon. A fine lezione chiede al professore di canto di poter uscire dieci minuti prima per un impegno. Da quel momento solo qualche probabile indizio, ma di Emanuela neanche l'ombra.

Denise Pipitone Età: 4 (al momento della scomparsa) Nazionalità: italiana Data della scomparsa: 01/09/2004 Scomparso da: Mazara Del Vallo (Trapani) È mezzogiorno. Appena il tempo di servire il pranzo in tavola e la piccola Denise sparisce dal marciapiede davanti alla porta di casa dove sta giocando. Così la nonna, alla quale la bimba era stata affidata dalla madre, ha raccontato come si è accorta della sua scomparsa. La madre di Denise in trasmissione riferisce che la piccola non si fidava degli adulti che non conosceva e che difficilmente si sarebbe fatta avvicinare da estranei.

Stefano Maiorana Età: 22 (al momento della scomparsa) Nazionalità: italiana Data della scomparsa: 03/08/2007 Scomparso da: Isola delle Femmine (Palermo) Scompare insieme al padre Antonio. L'ultima volta li hanno visti nel cantiere edile di Isola delle Femmine in cui stavano costruendo alcune villette. La loro auto viene trovata dai Carabinieri nel parcheggio dell’aeroporto Falcone-Borsellino. Nel maggio 2008 i due vengono avvistati in una discoteca a Barcellona. Da lì altre informazioni incerte. La scomparsa dei due imprenditori segna tragicamente la vita della famiglia Maiorana: il secondo figlio, Marco di 22 anni, lo scorso 6 gennaio si suicida, lanciandosi dal settimo piano dall'appartamento in cui abitava con il fratello scomparso.

3 CASI CHE HANNO FATTO STORIA

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LA BAND DI NICHETTI SUONA IL ROCK In arrivo la nuova serie animata italiana firmata Cartoon One e Rai Fiction di Ilaria Dioguardi


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redici ore di spettacolo, ventisei puntate da ventisei minuti ciascuna per una serie animata dedicata ai giovanissimi. LA famiglia dei cartoni animati si allarga ancora. Il target è dagli 8 ai 12 anni e sarà una delle grandi novità del palinsesto 2009/2010 della Rai. Prodotta da Cartoon One in coproduzione con Rai Fiction, Teen Days racconta le vicende di un gruppo di ragazzi che aspirano a diventare famosi e formano una band, il cui nome è il titolo della serie. Il tema è molto conosciuto ed è valido in tutto il mondo: dal celebre film Saranno Famosi sono stati creati innumerevoli talent show e format televisivi, ma a cartone animato finora non era mai stato fatto. “L’idea è stata dell’autrice Elena Mora e l’idea di una serialità musicale è stata accolta con entusiasmo da Angelo Poggi, fondatore e Amministratore di Cartoon One e autore delle musiche” racconta il regista Maurizio Nichetti. Quando le è stato proposto di lavorare per Teen Days qual è stata la sua reazione? All’inizio di paura, perché era un progetto molto ambizioso. Da due anni era al nastro di partenza, ma non si concretizzava per le grosse difficoltà cognitive, organizzative ed artistiche. Proprio perché era una sfida apparentemente difficile, con i nostri precedenti italiani era molto complicato. Ho iniziato a lavorare con Bruno Bozzetto ad un cartone animato che non era seriale, per cui affrontare una lunga serialità, come oggi le televisioni chiedono, era molto complicato. In più, si tratta di un film con una sessantina di personaggi umanizzati da gestire in sceneggiatura ed in animazione. Com’è stato lavorare per Teen Days ? Innanzitutto abbiamo cercato di capire i meccanismi di animazione e di produzione della lunga serialità giapponese di gruppi di adolescenti, di storie ambientate nelle scuole. Poi abbiamo cercato di adattarli ad una sensibilità più europea perché non volevamo fare un manga giapponese, ma un cartone animato italiano. L’originalità di Teen Days è che si tratta di una specie di Saranno Famosi cartoon, con una grande quantità di musiche, coreografie e balletti. Proprio perché si è voluto far respirare alla serie animata un’aria internazionale, non si rischia un’eccessiva globalizzazione del tratto del disegno e della storia, con una perdita di personalità?

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Non credo. Penso, ad esempio, a Pinocchio di Collodi e a tutte le declinazioni che ha avuto nel mondo dell’animazione. Tutti abbiamo il rimpianto che non avesse mai trovato una realizzazione animata, ma questo non significa che Pinocchio di Walt Disney sia un brutto film e che non abbia contribuito, forse più di qualsiasi altra operazione, a divulgare nel mondo la favola di Collodi. Sarei perplesso nel dare al tratto di disegno una negatività o una positività assoluta. È vero che esistono gusti e modi di sentire del pubblico che sono uniformati ad una globalizzazione, ad un apparente appiattimento, ma non dimentichiamo che sono le storie ed i modi di realizzarle che danno originalità al prodotto, non tanto il modo in cui sono disegna-


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ti i personaggi, che comunque sono disegnati bene: non sono banalizzati o copiati su modelli già visti. Il designer della serie, Igor Chimisso, è un artista italiano, che ama i cartoni giapponesi, ma li ha interpretati con uno spirito europeo, con un gusto italiano. Secondo lei, quanto è potenzialmente valido o limitato il fatto che i manga giapponesi siano sul cellulare? Quando, qualche anno fa, si è cominciato a parlare di audiovisivi e di film, si è sollevato un grosso dibattito, anche nel mondo del cinema. Ma questo servizio non è mai decollato perché si scontra con due problemi: la dimensione ed il tempo. È molto faticoso seguire un film su un telefonino,

per questo con il passare del tempo si è raffreddato l’interesse della telefonia per l’audiovisivo lungo. Se lo immagina Teen Days sul cellulare? Teen Days è un cartone animato di mezz’ora, non sono strisce che si possono ridurre a short di 30 secondi. È anche una serie musicale, con videoclip che potrebbero diventare suonerie visuali o gadget. Se fossi un imprenditore, cercherei di inventare format adatti alla telefonia mobile e non cercherei di riprodurre né la televisione né il cinema. Che tipo di confronto pensa che il pubblico possa fare tra Teen Days e le Winx ? Un sottile filo li lega: la colonna sonora. Gli autori delle musiNEXTFAMILY

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che delle prime serie delle Winx erano Angelo Poggi e Giovanni Cera, che sono gli stessi autori delle musiche di Teen Days. Non è casuale: Poggi è il fondatore della Cartoon One, quindi è il produttore di Teen Days. Le musiche delle Winx hanno avuto molto successo, si spera che i giovani abbiano simpatia anche per questa colonna sonora. Ogni puntata ha almeno due-tre pezzi originali con coreografie: è un’operazione complessa. Com’è cambiato il modo di lavorare nel mondo dell’animazione, dai suoi esordi con Bozzetto nel ’71 ad oggi? C’è poco in comune, da allora ad oggi. All’inizio della mia carriera si lavorava in 10-15 persone in un ufficio, ci si conosceva tutti, era un lavoro artigianale. In uno-due anni si produceva un’ora di film. Tolto il periodo dello storyboard, delle sceneggiature, dello studio del personaggio, la produzione di Teen Days è stata fatta in un anno. La catena di montaggio è articolata, i disegnatori si trovano in tutto il mondo: gli animatori stanno disegnando in Corea, gli sceneggiatori lavoravano a Los Angeles, io sono a Milano, la casa di produzione è a Roma, l’aiuto regista Marco Storani è ad Ancona. Lavoriamo via Internet. Questo moltiplica la potenzialità produttiva sulla confezione finale ma riduce i rapporti umani: non conosco neanche i disegnatori. Il grande incremento del 3D non può portare a vedere come originali le opere in 2D di artisti dell’animazione come Michel Ocelot (il creatore, tra l’altro, delle storie di Kirikù, ndr), che inventa storie forti, convincenti e fantasiose? Ocelot è uno dei pochi artisti che si riconosce, come anche gli animatori de La città incantata (di Hayao Myazaki, ndr). I grandi artisti rimarranno personalizzati indipendentemente dalla tecnologia, che non è arte e porta solo avanti la spettacolarità del prodotto. Credo che il 3D tenda a coprire una necessità del cinema di recuperare pubblico in un momento in cui la tv, il dvd e lo scaricamento da Internet hanno portato via spettatori. Il cinema si difende con il 3D, gli occhialini, il grande schermo: cose non fruibili in tv. Passerà parecchio tempo prima che gli artisti utilizzeranno il 3D in chiave personalizzata. Lei ha affermato che il digitale ha ucciso la tv… Internet, il digitale, le televisioni tematiche fanno parte di un fenomeno che toglierà potere ai palinsensti generalisti, che per anni hanno dettato le regole. Quanto siete potuti intervenire lei e i disegnatori l’uno sul lavoro degli altri e viceversa? È un lavoro così complesso che le gerarchie vanno rispettate, seguendo una struttura piramidale. Una volta, il regista aveva l’ultima parola su tutto, oggi ci sono i responsabili dei settori, come l’aiuto-regista (la persona più importante), l’artista di storyboard, il visualizzatore delle storie. Il regista deve dire la sua una volta sola, deve dare indicazioni precise ai quadri intermedi, ai capi reparto che poi eseguono tutte le fasi del progetto originario. Io per la parte tecnica dell’animazione ho l’aiuto regista, Storani, che segue questo lato: è indispensabile nel processo produttivo per le 26 storie finali. Lei che è stato l’antesignano dell’avatar una ventina di anni fa, sapeva cos’era? Sì, sono sempre stato molto curioso delle novità. La prima esperienza è stata fatta in un’università canadese da un professore che aveva cominciato a costruire una comunità virtuale. Queste

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mondi virtuali sono I miei

quelli REALI

Un progetto crossmediale Isabel, Max, Elia, Leo, Sara e Thomas sono i nomi degli adolescenti protagonisti della serie che si conoscono in un liceo speciale, la Musix School - una scuola sperimentale di spettacolo dove, oltre alle solite materie, studiano musica, danza, composizione, recitazione. Produttore e deus ex-machina è Angelo Poggi, autore anche delle musiche insieme a Giovanni Cera. La regia è stata affidata a Maurizio Nichetti, mentre Elena Mora è l’autrice delle storie. Lo studio che si è occupato dell’animazione è Akom, che ha firmato oltre duecento episodi de I Simpson, oltre all’omonimo movie. La messa in onda della serie tv sarà


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accompagnata da un progetto crossmediale, con un magazine e prodotti, sul mercato italiano entro il primo semestre del 2010. Da novembre 2009 sarà attivo un sito Internet, creato con lo scopo di supportare il cartone animato, creando un “ “mondo TeenDays”, nel quale sviluppare il senso di appartenenza e la ricerca di identità. Obiettivo di Cartoon One è creare una community di giovani, appassionati di musica, che si riconoscono nei valori di TeenDays e nei suoi protagonisti. La possibilità di contribuire alla realizzazione della serie tv attraverso la pubblicazione sul web dei video musicali o di canto e ballo renderà la community partecipe dei successi di Ten Days. La seconda serie è attualmente in produzione, per un totale di 52 episodi.

cose ci venivano raccontate nei convegni, fantasticavamo sulle città virtuali, dove le persone viaggiavano con i loro alter ego, disegnati secondo un proprio desiderio: questo faceva sognare. Se ha uno sbocco non solo ludico, ma anche di utilità, non so. Penso che abbia significato una grande fascinazione, ma che in pratica si sia risolta nel nulla: il mondo virtuale è un gioco, è affascinante e ci si dedica molto tempo. Lei è un frequentatore di mondi virtuali? No, i miei mondi virtuali sono quelli reali. Mi diverto, il mio lavoro è già virtuale, non ho bisogno di evadere. Se lavorassi in un ufficio avrei bisogno la sera di darmi una personalità diversa, con Teen Days ne ho abbastanza di virtualità. NEXTFAMILY

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CON-FUSION Di sesso si parla sicuramente di più, ma quanto se ne discute bene? Cari genitori, meditate, meditiamo… di Carmelo Schininà


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ra considerare il sesso un tabù e dire tutto senza pudori c’è sempre la giusta via di mezzo. Oggi sono gli stessi ragazzi a chiedere di non esserne tenuti all’oscuro, ma nemmeno di essere riempiti soltanto di fredde "nozioni". Tuttavia, nonostante Internet e tv ci bombardino, non solo di continui riferimenti sessuali, ma anche di interi programmi volti alla giusta comprensione della sessualità e della sua fruizione, vige ancora una certa confusione nella testa e nelle parole degli adolescenti. L’ultimo sondaggio dell’istituto di ricerche Coesis parla di madri e padri che ritengono di comportarsi in modo completamente diverso rispetto ai propri genitori; che parlano di affettività e sessualità non solo con i ragazzi ma anche con i bambini; che sono fiduciosi di essere i primi confidenti dei figli. Insomma, di sesso se ne discute sicuramente di più, ma siamo sicuri che se ne parli bene? Next Family ne ha parlato con Giulio Lanzi, medico e chirurgo specialista in Ginecologia e Ostetricia, figura di spicco della clinica Aurelia Hospital di Roma. Lanzi è anche un assiduo frequentatore della Rete. Per qualsiasi dubbio o interesse particolare potete contattarlo sul suo website: www.giuliomd.com In quanto medico le capita spesso di parlare di problematiche sessuali con adolescenti? Sì, parlo spesso con ragazze anche molto giovani. Il più delle volte sono le mamme a favorire il contatto. Spesso

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La prima volta “Credo che ai giovani si debbano dare messaggi semplici” spiega il dottor Lanzi. “Occorre parlare subito in modo chiaro della grande efficacia di uno strumento primario di profilassi, per esempio il preservativo: usarlo sempre vuol dire proteggersi con l’unico sistema davvero valido. Questo per i ragazzi. Alle ragazze che si sono avventurate da poco nel mondo della sessualità praticata consiglio invece di rivolgersi a un ginecologo. Va benissimo anche reperirlo tra le Asl e il Consultorio. Si tratta di una figura fondamentale, sia per il controllo, sia per una corretta informazione sulla procreazione responsabile. Basterebbe ad eliminare la quasi totalità dei problemi.

accade attraverso il mio sito, ma purtroppo capita anche che l’incontro avvenga in ospedale quando ormai i rischi potenziali di una gravidanza, ad esempio, si sono in qualche modo concretizzati. Come trova la preparazione degli adolescenti in materia sessuale? I nostri ragazzi mostrano un gran bisogno di avere una corretta informazione su queste problematiche. Il fatto è che istituzionalmente non c’è un vero e proprio momento formativo dedicato all’argomento, le famiglie manifestano imbarazzo di fronte alla questione, i media invece veicolano informazioni contraddittorie, offrendo modelli femminili di successo seduttivi e sessualmente ammiccanti, ma privi di contenuti utili. Poi c’è Internet, però… Ecco, appunto: la Rete è uno strumento potentissimo, un “mare magnum” che permette di ottenere in pochi istanti un’enorme mole di informazioni su qualsiasi argomento, ma non c’è controllo sulla correttezza di temi così delicati. Mi spiego meglio: in pochi minuti su un qualsiasi argomento si possono trovare risposte giuste ma, insieme, anche molto sbagliate. Per quanto riguarda il sesso, poi, sappiamo tutti che il web può fornire modelli a dir poco distorti e riduttivi. Come si confrontano le ragazze con la questione? Secondo la mia esperienza le adolescenti ai loro primi approcci percepiscono come molto grave il rischio di una

Non esiste un vero momento formativo in : i media danno informazioni contraddittorie, le famiglie manifestano

materia di sesso

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gravidanza indesiderata, mentre sottovalutano la pericolosità delle malattie sessualmente trasmessibili che possono, invece, mettere seriamente a rischio la loro salute. Credo che, proprio nel rispetto della salute dei nostri ragazzi, sia di fondamentale importanza dal punto di vista istituzionale mettere da parte la nostra storica sessuofobia e aprire ogni possibile canale informativo, mettendo finalmente in atto una strategia di “limitazione del danno”. Non crede che così facendo si possa “pubblicizzare” troppo il sesso aumentando di conseguenza le problematiche? È illusorio pensare che nelle condizioni attuali si possa limitare la sessualità adolescenziale e i rischi ad essa connessi semplicemente continuando a non parlarne. I genitori, nel loro piccolo, cosa possono fare per aiutare i propri figli? La stessa cosa, cerchiamo di parlare serenamente di sesso con i nostri bambini, aiutiamoli a interpretare nella maniera giusta i messaggi veicolati dal mondo esterno ed evitiamo di pensare che i rischi riguardino solo gli altri. Probabilmente le nostre figlie parleranno di sesso, avranno le prime esperienze e il loro primo rapporto sessuale molto prima di quando ci farebbe piacere pensare. Accettiamolo. Ma è giusto che debbano affrontare la loro prima volta con il massimo di cognizione di causa. Per le mamme questa è una seria responsabilità ma, allo stesso tempo, una preziosa occasione di contatto e di confidenza con le proprie ragazze. NEXTFAMILY

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BACI TAGLIATI di Paola Guarnieri

Nelle maglie della censura, come cambia


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(e dove va) il comune senso del pudore


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orbici sul burro. Tre parole bastano a ricordare una delle vicende più note della censura italiana. Era il 15 dicembre 1972 e il film su cui si abbatté senza pietà, ma con molto pudore, la mannaia della censura era Ultimo Tango a Parigi. Solo una settimana dopo l’uscita nelle sale, la pellicola di Bernardo Bertolucci venne sequestrata dalla magistratura con l’accusa di “spettacolo osceno”. L’odissea giudiziaria che seguì sembrò concludersi pochi mesi più tardi, quando il film potè finalmente uscire nelle sale e farsi vedere da sette milioni di spettatori. A confermare quanto fosse meritato quel successo arrivò anche una nomination all’Oscar. Tanta gloria non bastò però a salvare la pellicola dal tragico destino giudiziario che l’attendeva: una condanna quasi definitiva ottenuta prima in appello e poi in Cassazione. E tutto andò in fumo. Nel 1978 un falò distrusse infatti quasi tutte le copie del film. Le tre superstiti vennero depositate alla Cineteca nazionale in attesa che il cavaliere senza macchia e senza vergogna, paladino della libertà di espressione, giungesse a liberarle. Passarono oltre dieci anni e nell’87 Ultimo tango a Parigi tornò nelle sale in versione integrale, cioè compresi i 10 metri di pellicola della tanto discussa scena del’amplesso al burro tra Marlon Brando e Maria Schneider.

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In questa foto, un’immagine tratta dallo “scandaloso” El topo (1970) di Alejandro Jodorowsky. Nell’altra pagina, Pier Paolo Pasolini nel suo osteggiato Decameron (1971) 46

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Non occorre però arrivare a così audaci soggetti per vedere la censura all’azione. Anche perché il pudore si adatta e si aggiusta secondo i tempi, le circostanze, le intenzioni. Negli anni Cinquanta furono le scene di Totò e Carolina di Mario Monicelli (1955) ad essere ritenute eccessivamente scabrose. Anche in quel caso la censura tagliò. Trentuno le scene soppresse con l’accusa di “oltraggio al pudore, alla morale, alla religione e alle forze armate”. La satira tagliente di Monicelli colpiva infatti la polizia, il clero e i comunisti. Ce n’era insomma per tutti. Cosa resta oggi di tanta cautela? A che punto è il comune senso del pudore? Smarrito, verrebbe da dire, almeno a giudicare da ciò che si vede non tanto al cinema, ma in televisione, che resta il veicolo privilegiato e l’indiscutibile specchio dei valori di una società. È la televisione a dettare le regole di ciò che si deve dire o non dire, mostrare o non mostrare. Ed è lì che si gioca la partita tra il contenuto e la forma, dove la seconda dovrebbe essere sempre al servizio del primo. Ma quando questo scompare non rimane che la forma, duttile cera nelle mani di pudici (e ipocriti) censori. Troppo spesso il cinema ha dovuto sottostare a codici morali che la televisione detta e infrange e suo piacere. E per chi sta davanti allo schermo resta solo tanta confusione, mentre scompare ogni capacità di giudizio. Peccato che in questa caccia disperata all’oltraggio ci si dimentichi che cinema e


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televisione seguono percorsi differenti, che il cinema è ancora arte e che, scrive l’intellettuale e regista Alejandro Jodorowsky “l’arte non deve essere macchiata o sporcata da nessuna ideologia, ma sorgere dal profondo dell’inconscio. La verità artistica non è né politica né religiosa. Ogni Paese ha la sua censura, ogni Paese mi ha tagliato qualcosa di diverso. In Inghilterra, ad esempio, mi hanno tagliato quella scena di El topo in cui il protagonista si pulisce le mani sporche di sangue sui seni di una donna. Ogni Paese taglia scene diverse perché ha malati diversi. Quelli inglesi non sono come i francesi, né come gli italiani. Ogni Paese ha la sua malattia, ogni Paese ha la sua censura”. Quanto sia erroneamente stretto il rapporto fra cinema e televisione a proposito di censura lo dimostrano anche i fatti più recenti. Solo sei mesi fa ha sollevato un polverone la messa in onda “parziale” del film di Ang Lee I segreti di Brokeback Mountain. Carico di premi e consensi ricevuti in ogni parte del mondo da pubblico e critica (tra cui il Leone d’oro a Venezia, i tre Oscar e i quattro Golden Globe) il film è infine sbarcato sul piccolo schermo di Raidue e, pur non contenendo esplicite scene omoerotiche, ha subito alcuni tagli drastici e sconsiderati, di cui nessuno ha voluto attribuirsi la responsabilità. Tutto si è risolto in uno spiacevo-

le equivoco e, qualche settimana più tardi, il film è stato nuovamente mandato in onda in versione integrale. Malattia o eccessiva cautela, la nostalgia è qualcosa che dovrebbe seguire fedelmente i tempi e, vista la deriva dei costumi moderni, ciò che resta oggi è più vicina a quella che Edoardo Sanguineti ha definito “nostalgia di censura”, il tentativo disperato di tirare le redini, di recuperare il controllo, o il potere, in materia di etica. Se infatti da una parte non si può negare che ciò che leggiamo e vediamo oggi era ritenuto impensabile fino a qualche decennio fa, dall’altra valori profondamente moderni come confronto, tolleranza, libertà di espressione, stentano ancora ad essere rispettati. Allora tanto vale rivolgere lo sguardo ai tempi andati, quando un bacio era un bacio dappertutto, e non si doveva mostrare, al cinema o in strada. Di baci tagliati e ritrovati nella storia del cinema ce ne sono tanti, come quelli restituiti alla loro ineffabile realtà dal film – passato anch’esso sotto la mannaia della censura - Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. In quella piccola sala buia un romantico cinefilo ormai cresciuto riscopre un mondo che non credeva esistesse, emozioni da tempo sopite, ritrova il senso e l’amore per l’arte e per la vita. Tutte cose che la censura aveva incautamente cancellato.

Ogni paese ha , la sua ogni paese ha la sua CENSURA

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ITALIA TAGLIA. E RICUCE Quanti metri di pellicola sono passati sotto le forbici della censura italiana? Parecchi. A documentarlo un progetto partito a luglio, promosso dall’ex Dipartimento dello Spettacolo del Ministero per i Beni e le Attività culturali (ora Direzione Generale del Cinema) che ha un nome sintetico e simbolico. Italia Taglia, visibile sul sito www.italiataglia.it, è realizzato dalla Cineteca di Bologna con la collaborazione di Anica (Associazione Nazionale Industrie cinematografiche audiovisive multimediali). Sono già 30mila le pellicole messe a disposizione degli utenti, con relative schede e visti della censura. Ogni tre mesi l’archivio viene aggiornato con l’obiettivo di raggiungere una mole di 130mila film che coprono gli anni dal 1913 ad oggi. Si va dalle scene della Rivoluzione Francese di Madame Dubarry di Ernst Lubitsch fino agli interventi su Metropolis di Fritz Lang, dal Decameron di Pier Paolo Pasolini a La donna scimmia di Marco Ferreri. Accanto ai documenti originali sono visibili anche alcune delle scene soppresse. Niente di meglio per ripercorrere - e ricucire - la storia del pudore.

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Nella foto, Ingrid Bergman e Cary Grant in Notorious di Alfred Hitchcock, mentre nell’altra pagina Heath Ledger e Jake Gillenhaal sono gli “scandalosi” cowboy gay de I segreti di Brokeback Mountain.

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CoverstoryGenerazioni sulla strada


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A 40 anni dalla beat generation, oggi i ragazzi sono davvero solo casa, tv e computer? La strada, se potesse parlare… di Riccardo Palmieri

ltro che generazione di fenomeni, come cantava qualcuno. Il fenomeno, semmai, è un altro, ma riguarda sempre l’ultima generazione o, forse, la penultima. Quella dei nostri ragazzi e ragazzini. Da una recente indagine risulta che non amino più lo sport. È possibile? In Francia sono già stati catalogati alla voce “generazione pigrizia”, ma è probabile che l’imbarazzo nell’indossare un costume da bagno in piscina, diffuso sia tra le femmine sia tra i maschi adolescenti, di fronte ai loro coetanei, nasconda ben più che un rifiuto nei confronti dell’attività fisica o sportiva. E i nostri fratelli maggiori, i nostri padri o nonni (a parte il periodo della guerra), non sono forse cresciuti nel mito della salute, nel culto del corpo e del benessere? Ma all’epoca lo star bene era quasi un traguardo ambito, mentre oggi, che abbiamo tutto per essere sani, forti, atletici, le priorità sem-

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brano diventate altre. Tuttavia filosofie new age, simpatie volte a Oriente, ma anche palestre, fitness e chirurgia estetica non contraddicono quanto elaborato dalle ultime inchieste tra le nuove generazioni di mezza Europa. Non è più valido il motto mens sana in corpore sano? Si è creato, insomma, un cortocircuito intergenerazionale, all’interno del quale le ultime generazioni non sanno bene come collocarsi, questa è la verità. I nostri fratelli maggiori saranno pure andati in palestra, ma i nostri padri, non tutti certo, hanno inforcato rombanti motociclette e si sono messi sulla strada, cioè in discussione. I nostri ragazzi oggi sanno mettersi in discussione e, soprattutto, scendono ancora in strada? Non diamo risposte ma prendiamo ispirazione dal controverso tema per ricostruire, lasciando il più possibile la nostalgia fuori della porta, le quattro decadi che ci siamo lasciati alle spalle (da figli) ma che ancora influenzano il nostro modo di sentire (anche da padri).


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FIGLI DEI FIORI ncora echeggiano i riverberi distorti e allucinati della chitarra di Jimi Hendrix dal palco di Woodstock, a quarant’anni di distanza. Per qualcuno sembra ieri, ma per chi non c’era, invece, suonano incredibilmente ancora più intensi, quei suoni, portati dai racconti leggendari di padri o fratelli come dal vento, storie di altri continenti, lontani dalla fattoria di Bethel, quella che, in realtà, ospitò l’evento ottanta chilometri più in là. Il mondo non cambiò, dopo, però qualcosa di molto profondo, ramificato in tutte le direzioni, era inequivocabilmente cambiato per sempre. Ancora oggi si vedono i postumi di quella generazione, che naturalmente non era solo alla tre giorni di concerto a Woodstock, ma si era messa sulla strada, nel solco già aperto dal romanzo On the Road di Jack Kerouac, dai poeti beatnik, ovvero dalla beat generation, che diede luogo a tutta una serie di emancipazioni che sovvertirono il mondo e il modo di vivere borghese, benpensante, reazionario della società post-bellica, non solo statunitense. I figli si rivoltarono ai genitori, come già pensavano di fare, ma pochi avevano fatto, nelle prime quattro decadi del Novecento. I Figli dei fiori erano davvero qualcosa di molto diverso, rappresentarono una rottura totale, radicale all’interno della società. Il loro disprezzo nei confronti del capitalismo e di una visione della vita esclusivamente orientata al profitto era estremo, eversivo e sovversivo, ma pacifico. “Mettete fiori nei vostri cannoni” fu forse lo slogan più celebre che quella storia ricordi, insieme, ovviamente, al “Fate l’amore, non fate la guerra”, che accompagnava tutte le manifestazioni di protesta, specie negli Stati Uniti, contro la guerra del Vietnam. Che poi i fiori nei cannoni avessero anche un doppio significato (marjhuana nelle cartine) fu una rilassante e sempre pacifica manifestazione di dissenso, via di fuga dalle asprezze di una realtà ottusa, che si pensava si potesse scardinare a colpi lisergici. Qualcuno finì col consegnare la propria vita nelle mani dell’LSD, qualcun altro è ancora in circolazione, felice di avercela fatta, di aver attraversato questi anni nel nome di un ideale comunitario, di un’ideologia che magari non ha risolto molti problemi ma propaga ancora il seme dell’utopia, di un progetto sociale, più che politico. La strada, dopo averla raccontata a suo modo Fellini nel film che gli fece vincere il primo Oscar, tornò dunque protagonista alla fine degli anni ‘60 e dominò i ‘70: nella musica, nel cinema, nell’arte, nella poesia, nella letteratura. Nacque, o rinacque, una vera e propria cultura della strada, luogo anonimo ma capace di colorarsi delle tante identità di chi la popola e che varia, quindi, da paese a paese, da città a città, da nazione a nazione. Molto, molto tempo prima che si componesse sui nostri schermi il profilo. Seducente da un lato, ambiguo dall’altro, della globalizzazione. Gli hippie portavano capelli lunghi, barbe incolte, i nostri padri o nonni volevano somigliare a Jim Morrison o ai santoni indiani, le madri e le nonne a Janis Joplin, Joan Baez e Aretha Franklin. A Woodstock si radunarono tutte le differenze possibili: etniche, razziali, religiose, sessuali, comportamentali. E coabitarono abbastanza serenamente. Tanto serenamente che, dieci anni dopo, furono spazzate via. Non solo dal presidente Nixon in America, non solo dalla Democrazia Cristiana in Italia. I tempi, come cantava Bob Dylan, stavano cambiando, ma la strada, che aveva accolto la libertà fremente e pericolosa di Dennis Hopper e Peter Fonda in Easy Rider, rimase vuota.

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E nacque una nuova della STRADA

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FIGLI DI... iazze deserte non per l’austerity, il risparmio energetico che costrinse gli abitanti delle grandi città ad andare a piedi o in bicicletta, specie la domenica, nell’Italia della fine degli anni Settanta. Piazze deserte non per gli echi dei colpi delle P38 di quegli anni di piombo. Piazze deserte e strade dove i bambini hanno giocato sempre meno a pallone, ritirandosi gradualmente nelle case, impauriti dall’aumento della criminalità ma, soprattutto, dall’affermarsi sempre più imperativo di un nuovo dittatore: l’individualismo. I ragazzi degli anni Ottanta hanno ascoltato suoni diversi da quelli di Woodstock, andavano sempre ai concerti ma il potere della televisione era sempre più forte, magnetico, irresistibile, anche grazie a una valanga di telefilm americani in grado di incollare al video milioni di adolescenti ogni pomeriggio. Altro che strada. Chi aveva il motorino (e non le Harley dei Settanta) è rimasto, ha truccato il suo Ciao e ha impennato il suo cavallino meccanico tra vecchiette urlanti e genitori-poliziotti appostati con la minaccia del sequestro del mezzo. Sono stati classificati, gli Ottanta, forse anche un po’ ingiustamente, come anni vuoti, inutili, periodo in cui ha trionfato l’effimero, il superficiale; un luogo forse più mentale in cui ha finito col primeggiare l’arrivismo, il rampantismo sociale, lo yuppie in giacca dalle spalle con le spalline spropositate e il cravattino stretto, magari di pelle. Simboli? Anche. Ormai archetipi di quell’edonismo reaganiano (dall’ex-presidente degli USA Ronald Reagan) che hanno avuto nel reduce del Vietnam John Rambo la figura sintesi di ogni rabbia, di ogni strategia di riscatto, di ogni pulsazione di affermazione sul proprio simile. E così gli anni Ottanta possono essere identificati anche come la generazione dei figli di… non personaggi illustri ma beceri, egoisti, figli rintanati a coltivare un rancore sordo, per la prima volta davvero inesplicabile, ingiustificato dopo la liberazione dei costumi della decade precedente, che affermava lo statuto del divorzio, della contraccezione, della parità sessuale (non ce la fece, ma almeno ne legalizzò alcuni presupposti). I padri e le madri degli anni Ottanta sembrarono adeguarsi a questo isolamento intellettivo, più che intellettuale, lasciando che i figli fossero assorbiti dalla televisione quasi come in un poltergeist, laddove l’effetto nebbiolina della fine dei programmi (oggi sconosciuto, perché il palinsesto è 24 ore su 24) catalizzava l’attenzione. Per fortuna, tuttavia, gli anni Ottanta hanno partorito, per esempio, nel cinema, film poco allineati, dirompenti ma insieme popolarissimi come The Blues Brothers oppure l’ingenuo cult de Il tempo delle mele. Nella musica i suoni elettronici, campionati, sterilizzati ma anche sotterraneamente passionali dei Depeche Mode, e una visione punk più anarchica che mortifera del futuro, hanno traghettato quelle pulsazioni nel walkman, il registratore a cuffiette, come potremmo chiamarlo simpaticamente oggi, rigorosamente analogico, che si ascoltava anche in casa ma unico strumento ad essere usato per la strada, sull’autobus, in metropolitana; primo oggetto intergenerazionale che ci fece, clamorosamente, rimanere aggrappati on the road. Ma si giocava ancora a pallone (il mitico SuperTele), reso immortale anche in un brano di Samuele Bersani, il quale, tra le strofe, cantava anche degli ormai leggendari Pietro Mennea e Sara Simeoni. Per il primo, la strada fu la pista d’atletica, per la seconda la traiettoria aerea del salto in alto.

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Rambo-Belushi due di nome JOHN

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FIGLI DI NESSUNO e Strade Blu degli Stati Uniti si opacizzano, all’inizio degli anni Novanta, ma l’ex-presidente sovietico Mikhail Gorbaciov e la sua glasnost innescarono l’illusione di un autentico scossone, scossone che frantumerà, nel 1989, il muro di Berlino e sarà solo l’inizio di un processo di abbattimento delle statue di Lenin e Stalin dalle cupole del comunismo. Se fino ad allora erano sopravvissuti simboli e ideologie, con l’avvento dei Novanta vengono cancellati e la strada torna a riempirsi. Timidamente ma coraggiosamente, inesorabilmente, in Sudafrica muore l’Apartheid, una triste luce che si spegne per lasciare il posto a nuove speranze, mentre Nelson Mandela torna libero. Anche lui sulla strada, tra una folla che però non sa molto bene dove andare. Gli anni Novanta sono anche quelli del trattato di Maastricht, che sancisce la nascita dell'Unione europea, ma anche qui l’orizzonte è ancora incerto. E con i ‘90 arrivano anche gli anni della morte di Madre Teresa di Calcutta e Lady Diana (troverà la morte letteralmente sulla strada, per l’esattezza in un tunnel). E sono gli anni un po’ sperduti, confusi, praticamente di nessuno, dell’impeachment di Bill Clinton, non reo di essere stato sedotto e abbandonato da Monica Lewinsky ma di aver mentito ad una nazione di puri di cuore. Una decade strana, convulsa. Tornano ad agitarsi, in Italia, perfino gli studenti, con il movimento della Pantera, che occupa le università. Niente a che vedere con il radicalismo rivoluzionario di Berkley, di quel ’68 ormai consegnato alla storia di genitori imbiancati e disillusi, imbolsiti dall’abitudine e dalla routine di un lavoro che cambia faccia e, addirittura, volge ad un precariato sempre più regolare. Si parla di flessibilità per dissimulare la transitorietà e fragilità di ogni tipo di impegno: professionale, personale, sentimentale. Alcuni segnali positivi vengono dalle prime, importanti spaccature delle famiglie, sintomo di una trasformazione delle relazioni che portano ad un allargamento dei confini, ad una moltiplicazione di padri, madri, fratelli, sorelle, nonni che raddoppiano e popolazione che decresce ma si rimescola, che inizia a pensare di accogliere l’altro, il nuovo, il “diverso” che arriva (salvo fare clamorose e contraddittorie marce indietro). La strada è anche l’acqua, il mare di notte dei gommoni degli scafisti, novelli Caronte, che traghettano vite d’inferno mettendo in crisi un intero sistema di sicurezza, sopravvivenza e valori. Si gioca ancora per la strada? Poco, pochissimo. L’era digitale e la neonata Internet spingono sulla strada una generazione di cellularedipendenti (in Italia 60 milioni di abitanti per 100 milioni di apparecchi), ma si guarda al 2000 come a qualcosa di ignoto, fantastico e insieme inquietante. Il 2001 non sarà un’odissea nello spazio ma nell’ospizio, con una generazione italiana composta sempre più da anziani, con pensioni che figli e nipoti non avranno mai e una recessione economica in grado di stimolare solo, quando va bene, la creatività, cioè l’arte di arrangiarsi, ognuno con il proprio stile e le proprie capacità e competenze. Strange Days si delineano all’orizzonte di un millennio che ci precipita tutti sulla strada, ma questa strada non ha più il sapore dell’asfalto né della fuga su un treno con l’Inter Rail. È una via lastricata di cavi, fibra ottica, modem, mail, palmare, ulteriore rivoluzione tecnologica che anticipa il DNA del web, sregolato e libero, apparentemente il più democratico, il luogo-non luogo per eccellenza. Un regno dell’anonimato che darà paradossalmente, ai figli di nessuno, la possibilità di inventarsi nuove identità.

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Gioie e dolori in del DUEMILA

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FIGLI DEL WEB ggi i ragazzi sono accusati di ingrassare nelle loro case, di essere tele e computer dipendenti, di detestare lo sport e di non nutrire alcuna fiducia nei confronti del mondo del lavoro e dunque del futuro (per riassumere le ipotesi e i dati di partenza del nostro servizio). Ma sarà proprio così? La pigrizia che il ministro Brunetta ha definito, più o meno, “fannulloneria” forse è un abbaglio, eppure sembra un dato di fatto che l’ultimissima generazione si sia seduta e non abbia alcuna intenzione di muoversi per cercare altre strade. Non uno scatto d’orgoglio, non una sfida se non gare notturne ad alta velocità o folli, accompagnate da letali bevute. Eh già, perché la strada è anche questa, la corsia di sorpasso usata per farsi del male, quella di emergenza per fregare il prossimo, povero scemo, incolonnato. Tuttavia, sulla strada si ritorna, sempre, grande madre che non si fa scrupoli a riabbracciare i suoi figli. Non si muove, va solo percorsa secondo nuovi o, forse, antichi ma saggi criteri. Dispersi chissà dove nel mondo. C’è chi è scappato, chi non vuole farsi trovare, chi la percorre “condannato” da un lavoro itinerante o da una passione lontana. Le strade, le piazze sono i soli territori dove poter scrivere tutto ciò che si vuole, le vie dell’Uomo sono infinite come le combinazioni di una cassaforte. E come tali le vie del web hanno inaugurato gli anni Duemila: una serie pressoché illimitata di possibilità di azione e comunicazione. Le generazioni, quelle che ancora si vogliono parlare, operano attraverso la Rete (una nuova forma di carreggiata), nella quale restano felicemente e indistintamente impigliati nonni e nipoti, genitori esploratori, spregiudicate bad girls e purtroppo anche maniaci e pedofili. Nella no man’s land per eccellenza tutti trovano spazio. È solo più difficile distinguere il Bene dal Male. Così la chiave di lettura per le prossime generazioni non sarà né il mazzo di chiavi di casa né un nuovo libretto di circolazione, perché la strada è un’altra e non conduce su Marte. Sarà molto importante approfondire la conoscenza di noi stessi, veri marziani di questo Pianeta, che in mancanza della possibilità di volare oltre il sistema solare ci muoviamo, intrepidi, sugli affascinanti sentieri dei mondi virtuali. Comunicheremo ancora? Probabilmente sì, ma dobbiamo cercare nuovi dizionari per scrivere un’altra Storia.

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ritrovati

Persi e nel SOCIAL

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BRRR, CHE PAURA ZUCCA! La stagione di Halloween a Disneyland Paris è piena di sorprese mozzafiato e colori per rabbrividire di... divertimento! Fino al 1° novembre


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UN’OFFERTA FUORI DI ZUCCA Chi pianifica una vacanza a Parigi e desidera trascorrere uno o più giorni nei Parchi Disney può approfittare dell’offerta “2 Parchi al prezzo di 1”. Acquistando i biglietti dall’Italia si risparmiano 11 euro: 51 euro invece di 62 per adulto, 43 invece di 54 per bambini tra i 3 e gli 11 anni. L’offerta può essere acquistata: sul sito www.disneylandparis.com, nei Disney Store, nelle agenzie di viaggio in abbinamento a un pacchetto a Parigi.

olcetto o scherzetto? Il Magico Anno di Topolino a ottobre è perfetto per visitare i Parchi Disney, con gli amici o in famiglia, per divertirsi insieme a tutta l’allegra banda Disney e all’insegna del brivido che ogni anno la festa di Halloween porta con sé. Il Parco Disneyland si veste dunque d’arancio e presenta i nuovi spettacoli, party speciali ed incontri da non perdere, naturalmente con Topolino a dare il benvenuto a tutti gli ospiti, insieme ai Cattivi, che naturalmente per l’occasione la fanno da padroni, come anche agli Uomini e alle Donne Zucca e alla star di questa stagione, Jack Skellington, saltato fuori direttamente dal film di Tim Burton Nightmare Before Christmas. I più piccini si divertono in compagnia dei loro beniamini di Playhouse nella nuova attrazione Playhouse Disney Live! ed incontrano i loro personaggi preferiti nel Festoso treno di Minnie, tematizzato in vero stile Halloweeniano. Per i più coraggiosi, invece, c’è una valanga di attrazioni iper-adrenaliniche ed incontri spettacolari. Nel Parco Disneyland le aree di Main Street, U.S.A. e Frontierland si trasformano in Halloweenland (la terra di Halloween) e ovunque fioriscono decorazioni “zuccose”, strani eventi, spettacoli da far drizzare i capelli e un sacco di scherzetti! Famiglie al completo o gruppi di amici, grandi e piccini, il divertimento è assicurato con gli spettacoli e gli incontri da non perdere, tra i quali segnaliamo, oltre alle star di Nightmare Before Christmas, i Cattivi del calibro di Crudelia De Mon, Capitan Uncino, Jafar e la malefica Strega di Biancaneve, che provano uno spregevole piacere nel posare per una foto ricordo con i bambini di ogni età per un souvenir mostruoso; così come Topolino, che per l’occasione indossa i più bei costumi di Halloween e ha sparso la voce tra i suoi amici per dare agli ospiti (Pippo, Paperino e soci) un benvenuto indimenticabile. Da non perdere un trascinante Si balla a... Discoveryland, per divertirsi a ritmo di hip hop e break dance insieme al rumoroso e un po’ alieno DJ Stitch (la sua missione spaziale termina l’8 novembre). Tra le attrazioni spettacolari c’è senz’altro la Tower of Terror–Ai confini della realtà. All’interno dell’Hollywood Tower Hotel gli ospiti sfidano le altezze più vertiginose a bordo di uno degli ascensori di servizio precipitando per 13 piani, in un viaggio terrificante che li porta nella quarta dimensione. Una pausa di tranquillità è invece la Playhouse Disney Live, per la gioia dei più piccini. Qui i personaggi di Playhouse Disney escono da un libro di favole gigante e prendono vita sotto i loro occhi meravigliati. Una bella occasione per divertirsi ad organizzare un’indimenticabile festa di compleanno per Minnie insieme alla truppa di Mickey Mouse Clubhouse, i Little Einstein, Manny Tuttofare e gli altri invitati. Ma la festa continua anche con la notte terrificante del Disney’s Halloween Party (il 31 ottobre tutti i simpatici amici Disney sono invitati ad un fantastico Halloween Party, dalle 20.30 all’01.00 nel Parco Disneyland), cui segue la Parata Disney’s Fantillusion con gli Eroi e i Cattivi Disney protagonisti di una spettacolare parata che illumina la via di Main Street, U.S.A. e uno speciale spettacolo di fuochi d’artificio sopra il Castello della Bella Addormentata nel Bosco (biglietti: 32 euro, gratis per bambini sotto i 3 anni). Lo scherzoso zucca-party di Topolino è invece più adatto a tutte le famiglie. Si tratta di quattro opportunità da sogno per tutti coloro che desiderano festeggiare Halloween insieme a Topolino e ai suoi amici: lo scherzoso zucca-party di Topolino si svolge nell’area di Fantasyland nel Parco Disneyland, dopo il 9 ottobre, anche il 16, il 23 e il 27 dalle 20.00 alle 23.00 con tante sorprese e simpatici scherzetti.

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CENTENARI Pensionati di tutto il mondo unitevi, impugnate lo spray e create. C’è anche una scuola fatta apposta per voi di Paola Guarnieri


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e è vero che vecchiaia e giovinezza non sono periodi della vita, ma condizioni dell’animo, anche quella che chiamiamo terza età, vissuta con lo spirito giusto, può diventare un periodo di grande fermento. A Berlino, una delle prime a capirlo è stata l’artista trentasettenne Stephanie Hannah che da qualche anno organizza dei corsi per insegnare a pensionati annoiati dalla monotonia della vita domestica a far graffiti, ad esprimere cioè la loro creatività con una bomboletta. È nata così la Senior Street Art, una tendenza che ormai tutti nella capitale tedesca mostrano di conoscere e apprezzare, compreso il Presidente della Repubblica Federale Horst KŒhler. Ci troviamo a Kreuzberg, nel cuore della capitale tedesca. Ogni settimana, tra le mura spesse e spaziose del retro cortile di un piccolo centro ricreativo di quartiere, Stephanie Hanna riunisce un gruppo di pensionati. Le lezioni possono durare da due ore a quattro giorni. Si comincia con qualche consiglio pratico su come tenere in mano la bomboletta per non sporcarsi, come spruzzare correttamente sul muro, come costruire le sagome per poi passare ai disegni più elaborati. Il passo successivo è l’osservazione sul campo. Se il tempo lo permette il gruppo di eclettici pensionati va a fare una passeggiata per la città per guardare i graffiti sui muri, prendere ispirazione, osservare la tecnica e i risultati. I più diligenti scattano delle fotografie e le ripongono in un album che passa di mano in mano, una sorta di archivio storico delle lezioni. Ogni disegno diventa oggetto di dibattito, pretesto per riflettere sulla legittimità di questa modernissima forma d’arte. Si discute se si tratti di

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inutili schizzi o di opere di valore e ognuno, ad ogni modo, cerca la propria strada, decide cioè cosa disegnare. “Quando ho iniziato pensavo che i graffiti fossero solo scarabocchi, delle macchie che imbrattavano e non aggiungevano niente allo spazio cittadino” spiega Eva, sessantadue anni, che sa usare la bomboletta molto meglio del telefonino “adesso guardo i disegni sui muri in maniera completamente diversa”. Stephanie Hannah sorride soddisfatta al suono di queste parole perché per lei, che ha girato l’Europa con una bomboletta in mano per imparare cosa vuol dire fare dei graffiti un’arte, questa è sicuramente una vittoria. “Uno degli obiettivi del corso è sicuramente far capire che la Street Art non è una pratica illegale, roba da vandali e disadattati, ma una vera forma d’arte” spiega Stephanie “ma non c’è solo quello. Ciò che mi interessa è che queste persone imparino a comunicare fra di loro, ma soprattutto con i ragazzi più giovani. Certo, nei miei workshop si impara la tecnica dell’arte di strada, ma l’obiettivo ultimo che mi sono posta è quello di abbattere i pregiudizi e favorire la comunicazione tra differenti generazioni”. Quando Stephanie ha intrapreso questo progetto è dovuta andare in giro per piazze, giardini pubblici e centri anziani, per trovare i suoi potenziali allievi. “Ho intervistato molti pensionati chiedendo loro cosa ne pensavano dei ragazzi che dipingono sui muri e se ritenevano i graffiti una forma d’espressione


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La vera

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ABBATTE i pregiudizi e favorisce gli incontri

artistica o solamente schifezze da far sparire. I miei interlocutori più individualisti, quelli meno timorosi di sperimentare, hanno dimostrato un chiaro interesse per la mia idea, e allora il progetto si è messo finalmente in moto”. Oggi i muri del centro ricreativo di Kreuzberg sono pieni di disegni e scritte di tutti i tipi, perché la fantasia non ha davvero confini né età. Tra tutti salta all’occhio un’enorme tazza da tè, verde fosforescente accompagnata dalla scritta “Bevi tè”. Niente denunce o recriminazioni, ciò che conta qui è esprimersi. “Alla fine la bomboletta è solo uno strumento” prosegue Stephanie “un mezzo per lasciarsi andare, per scoprire il piacere del colore, per appropriarsi di uno spazio urbano e interpretarlo come un pezzo di casa, anziché qualcosa di estraneo da cui ritirarsi”. Tra i graffitari senior più esperti c’è chi, come la sessantacinquenne Ingrid, ha deciso di adottare uno pseudonimo. “Mi sono ribattezzata Aurora, l’ho scelto perché ho la sensazione che in molte cose della mia vita mi trovo solo all’inizio”. Ad aiutare Ingrid e i suoi amici nella scelta del soprannome interviene spesso l’associazione A.L.I.A.S., un gruppo di giovani artisti che

offre consulenza agli allievi dei corsi facendo domande sulla loro personalità e sull’inclinazione artistica. Accade spesso che dallo pseudonimo si passi al disegno, che giovani e anziani si scambino consigli su quale colore usare o come tracciare le linee sul muro. Ecco come inizia il dialogo tra generazioni, anche questo è comunicare. Le premesse ci sono tutte perché la Senior Street Art diventi un fenomeno sociologico, oltre che artistico, strumento prezioso per agevolare il dialogo tra generazioni in una società sempre più individualista. Deve averlo capito anche il Presidente della Repubblica Federale Horst KŒhler che l’anno scorso, in occasione della Festa d’Estate, ha invitato alcuni partecipanti dei corsi di Stephanie Hannah nella residenza delle vacanze per mostrare ai suoi ospiti incravattati tutte le virtù di questa attualissima tendenza. Lui stesso si è cimentato con la bomboletta e ha disegnato un’enorme colomba dorata. Un messaggio di pace, ma anche un invito a cogliere ogni opportunità per rispolverare l’energia, la freschezza e l’entusiasmo per la vita che non è più prerogativa dell’età più acerba. NEXTFAMILY

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a 45a edizione di Vita Collettiva, Mostra Convegno Internazionale per l’accoglienza civile e religiosa, dal 5 all’8 novembre a Roma, riserva grande attenzione ai temi della ristorazione collettiva e in particolare alla sicurezza alimentare, alla qualità dell’ambiente, alla garanzia per la salute”. Il 7 novembre si terrà il Convegno organizzato dall’Associazione Culturale nazionale Giuseppe Dossetti, fondazione impegnata nell’affermazione e tutela dei valori e diritti del cittadino, sul tema del biologico nella ristorazione collettiva. Numerosi ed importanti i temi trattati, che spaziano dal biologico quale elemento distintivo della specificità del territorio agricolo italiano allo scenario delle produzioni biologiche in Italia e alle loro potenzialità. L’argomento sarà approfondito anche negli aspetti della sicurezza alimentare volta a tutelare il consumatore, in

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Segreteria Organizzativa Tel.06.3389120 Fax 06.30603259, segreteria@dossetti.it o preregistrarsi sul sito www.sevicol.it La manifestazione romana Vita Collettiva, da 45 anni impegnata per migliorare l’accoglienza civile e religiosa e per qualificare i servizi di mensa in termini di qualità, salute, gusto e professionalità, si propone anche quale piattaforma di discussione e formazione per gli operatori della filiera in preparazione all’esposizione universale di Milano, poiché la ristorazione collettiva avrà un decisivo ruolo nell'ambito del prossimo EXPO 2015 nella capitale meneghina, non solo per la propria tradizione nel nostro Paese ma anche perché anello fondamentale della filiera agro-alimentare, dove si investono sempre più risorse per migliorarne l'efficienza attraverso processi di innovazione all'avanguardia. In preparazione a questo importante evento, la Mostra Convegno

Star meglio a tavola 45a Settimana di Vita Collettiva

risposta alla ormai chiara esigenza di una ristorazione collettiva di qualità, nel rispetto di norme e certificazioni. Un importante tavolo di confronto sull’ingresso del biologico in scuole, mense, ospedali, caserme, oggi divenuto imprescindibile grazie ai reali benefici per la salute dell’individuo e dell’ambiente, e che trova proprio nel Lazio, regione di grande vocazione agricola biologica, una forte affermazione come dimostrato dal rapporto più alto tra pasti bio erogati e popolazione, se si pensa alla media nazionale di circa 1.650, con 3.100 pasti serviti ogni 100.000 abitanti. Apriranno i lavori Ombretta Fumagalli Carulli, Presidente dell’Associazione G. Dossetti; Claudio Giustozzi, Segretario Nazionale dell’Associazione G. Dossetti; Romano Marabelli, Capo del Dip. Per la Sanità Pubblica Veterinaria, la Nutrizione e la Sicurezza Alimentare – Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e Silvio Borrello, Direzione Generale della Sicurezza degli Alimenti e della Nutrizione - Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Modereranno l’incontro Lucio Capurso, Presidente del Consiglio di Indirizzo e di Verifica dell’IFO - Istituti Fisioterapici Ospedalieri e Antonio Savia, Direttore di Ristorando. La partecipazione è gratuita, per iscriversi è necessario inviare i propri dati alla

Vita Collettiva intende dare ampio spazio di confronto e incontro tra imprese e utenti della Ristorazione Collettiva, nella consapevolezza di offrire un qualificato servizio di formazione e informazione consentendo alle aziende di giungere all'esposizione universale di Milano adeguatamente competitive e strutturate. Da 45 anni la rassegna romana si propone come appuntamento fieristico strategico per lo sviluppo ed il rinnovamento di un mercato che oggi vale oltre 7 miliardi di euro e che si colloca da tempo in posizione primaria a livello europeo con 1.400 aziende, 50.000 lavoratori, 5.000 unità locali (secondo le stime ISTAT 2006).


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RiTagli d’Attualità di Enzo Giannelli

Il segno dei tempi

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Claudia Mori (a destra con il marito Celentano), sostituta di Simona Ventura a X Factor, gli autori della trasmissione hanno fatto uno scherzo non proprio di buongusto, mettendo a confronto due foto dell’ex-cantante, una di trentacinque anni addietro e una di oggi. L’artista, uscendo dai panni della signora, si è inferocita, gridando a una tv “becera, maleducata, volgare, trash” (tutte cose che sapevamo a memoria). Poi, usando una tecnica molto di moda (quella di aggrapparsi al sociale per camuffare risentimenti privati), l’ha buttata sul femminismo, accusando gli artefici del misfatto di maschilismo. È vero che la televisione non è una scuola di stile e di raffinatezza (motivo per cui non andrebbe frequentata), ma la reazione dell’artista è risultata alquanto esagerata e fuori luogo, dimostrando di non sapere accettare (di fronte a una goliardata, per quanto rozza e villana) il trascorrere del tempo, che è la cosa più naturale che ci sia. Se poi si è privi di quel pizzico di filosofia che ci aiuta a tirare avanti, si può ricorrere ai metodi che a ognuno siano più consoni. La pecora Dolly, al comparire della prima ruga, ha cominciato a lasciarsi morire. Alla Celentana, possiamo suggerire il comportamento della contessa di Castiglione la quale, viste impallidire le “rose del volto”, si è velata, ha fatto scomparire tutti gli specchi della casa e non è più uscita dalle mura domestiche. Ma, all’epoca, non c’era ancora quell’infernale scatola mediatica pronta a pagarla assai più di quando era giovane e bella.

Evadi, qualcosa resterà Letteratura e politica

Dopo l’uscita del suo ultimo libro Noi, il buon Vincenzo Mollica ha chiesto a Walter Veltroni (sopra) se in futuro dedicherà più tempo alla letteratura o alla politica. Decisa la risposta dell’ex-sindaco di Roma: “Continuerò a occuparmi di entrambe le cose contemporaneamente e con lo stesso interesse”. Per questo l’onorevole non fa che scrivere brutti libri e condurre una pessima politica.

Turibolo e filosofia Ufficialmente di sinistra ma con il turibolo nel Dna, Massimo Cacciari, sindaco di Venezia con l’aggravante di essere anche filosofo, ha negato l’autorizzazione all’Erotica tour millennium, motivando il divieto con la scusa che “la fiera del sesso allenta i freni inibitori e può dare luogo a comportamenti inurbani”. Forse ha ragione chi sostiene che i fumi dell’incenso annebbiano più di quelli dell’alcol.

La lotta all’evasione fiscale strombazzata a destra e a sinistra da tempo immemorabile ha tutta l’aria di una barzelletta per far ridere i polli. Qui non si vuole parlare dello scudo fiscale già fin troppo reclamizzato come ricompensa alla deboscia dei fuorilegge. Qui si intende accennare a quei personaggi (attori, sportivi, cantautori, qualcuno accusato anche di speculazione edilizia) che compaiono in televisione, applauditi (a volte, perfino premiati) come eroi nazionali. I primi costituzionalisti sostenevano che agli evasori non doveva essere consentito di votare per non decidere in quale maniera spendere i soldi degli altri. Oggi, al contrario, questi usurpatori del bene comune vengono addirittura idolatrati. Ma la stortura è sempre alla base. Se, una volta accertato il reato, si facesse pagare al colpevole fino all’ultimo centesimo evaso senza ricorrere a transazioni di sorta, forse qualche risultato in più si potrebbe ottenere. È facile evadere mille e, tramite patteggiamento, pagare cinquecento. Non c’è da giocare a pari o dispari per sapere chi vince.


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Omofobia, che passione

Da Rossella ad Angelica Gran balli dell’Ottocento (Armando Curcio Editore) di Nino Graziano Luca, esperto di danze storiche, narra la storia del ballo “da Via col vento al Gattopardo” (come recita il sottotitolo), ricreando le fastose atmosfere di quell’aspetto del costume caratterizzato da polche e quadriglie, valzer e capriole trecciate, senza dimenticare regole e precetti, arredi e abbigliamenti, usi, vezzi e piccole manie di cento anni di moda. Ineccepibile nella parte narrativo-manualistica, il volume (che contiene due dischi con alcuni dei brani più famosi degli Strauss) risulta purtroppo carente proprio là dove dovrebbe eccellere. Ossia, nell’apparato iconografico. Tranne certe immagini di repertorio piuttosto risapute (e mortificate nello spazio), il materiale illustrativo è costituito prevalentemente da grandi foto di recente scatto che, per quanto splendide, hanno un che di artificioso nel loro intento di ricostruire ambienti e atmosfere, soprattutto perché la pubblicazione ha pretese di libro d’arte. Insomma, l’impressione è quella di una casa arredata con imitazioni di mobili antichi. O di una biblioteca che accolga con disinvoltura la copia anastatica di una cinquecentina.

In una società dominata dalla pubblicità televisiva – livellatrice sul principio dei vasi comunicanti per quanto riguarda l’intelligenza, ma prodiga di consigli perché tutti siano “più sani e più belli” purché cretini – per essere considerati diversi non occorre avere un occhio solo come Polifemo o sei dita come Anna Bolena. Basta avere un capello bianco o cento grammi in più del peso-forma. Tralasciando che la diversità è un valore aggiunto (qui, l’orientamento sessuale non c’entra assolutamente), e accantonando il fatto che, per l’unicità e irripetibilità di ognuno, siamo tutti dei diversi, chi osa uscire dal “solco tracciato dalla folla” (come suggerisce Richard Llewellyn) o dal binario (come accade a un personaggio di Jack London) è irrimediabilmente perduto. Ma nell’immobile agitarsi della nostra civiltà (?), il diverso per antonomasia è l’omosessuale, tanto che insultarlo e aggredirlo, come dimostra quotidianamente la cronaca, è una sorta di sport, un trastullo per ragazzotti annoiati, un gioco da tempo libero. A niente possono servire manifestazioni di protesta, fiaccolate o parole di condanna che piovono ipocritamente a doccia da ogni parte se il cattivo esempio viene dall’alto. L’omofobia risiede indirettamente proprio nella carità pelosa della Chiesa e nell’atteggiamento di uno Stato laico che non riesce (o non vuole, per timore di dispiacere al Maligno) a promuovere leggi che diano dignità umana e diritti civili a chi ne ha pienamente diritto. Le istituzioni si prodigano tutt’al più a predicare la tolleranza, termine aberrante e razzista quanti altri mai. Una persona non ha bisogno di essere tollerata. Una persona ha il diritto di essere. E basta.

Incenso e miliardi

Nel suo abbondante mezzo secolo di vita, la discesa agli inferi della Lotteria di Capodanno è stata costante e inarrestabile. Dalle Canzonissime di Nilla Pizzi e di Delia Scala, si è giunti ai pacchi di Max Giusti (sopra, a sinistra). Anche se non tutti saranno in grado di notarlo, qualche differenza c’è. E questo sarebbe ancora niente se la trasmissione non fosse stata investita da una preoccupante nuvola di incenso. Quest’anno, infatti, per partecipare alla gara dei miliardi, le coppie concorrenti devono esibire il certificato di promessa di matrimonio religioso. Qui non si tratta soltanto di Affari tuoi. Questi sono soprattutto affari nostri. Chi ci salverà dal fuoco eterno?

Pensierino caudato I politici parlano sempre di cose che non faranno mai.


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Tutti pazzi per il gelato Dall’esperienza Sammontana nascono i “Gelati all’italiana” adatti a tutta la famiglia usto, qualità e continua innovazione: sono questi gli ingredienti che da oltre sessant’anni fanno di Sammontana il sinonimo di “Gelati all’italiana”. Un successo originato dall’attenta scelta delle materie prime, dalla bontà delle ricette e da una cura artigianale nella realizzazione dei prodotti, frutto di una grande passione e una creatività tutte italiane. Nascono così i gelati che dal 1948 accompagnano i momenti più piacevoli di milioni di appassionati di gelato e che da quest’anno contano anche alcune novità, adatte a quanti, in particolare, hanno sempre avuto difficoltà a gustare un gelato: gli intolleranti al lattosio e i celiaci, cioè gli intolleranti al glutine. Il numero di persone che soffre di intolleranze alimentari è infatti in continuo aumento, per questo Sammontana ha deciso di creare due tipologie di prodotto adatte a loro e a tutta la famiglia, grazie a un gusto impareggiabile. La prima è la Linea AD che offre gelati preparati con latte ad alta digeribilità a tutte le persone che provano una sensazione di pesantezza intestinale dopo il consumo del latte. La percentuale di lattosio è controllata (meno dello 0,5%), ma il gusto è sempre lo stesso, per non rinunciare al buono del latte e al buono del gelato. Secondo la dottoressa Silvia Migliaccio, Endocrinologa, Dottore Magistrale in Scienza della Nutrizione Umana alla Sapienza Università di Roma, “la presenza del latte nel gelato, lo rende un alimento spesso vietato per coloro che presentano un’intolleranza al lattosio. Per questo i gelati preparati con latte delattosato possono rappresentare una valida alternativa per variare l’ali-

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mentazione dei soggetti intolleranti, permettendo loro di godere di questo classico e graditissimo alimento”. L’altra novità è costituita dai prodotti senza glutine. Sammontana ha infatti modificato le procedure di produzione di otto suoi prodotti al fine di renderli idonei al consumo da parte dei celiaci. Questi prodotti vanno ad affiancare i due che già nel 2008 erano stati inseriti nel Prontuario dell’AIC, ampliando le possibilità di scelta per tutti coloro che soffrono di celiachia e che, grazie al Marchio Spiga Sbarrata riportato sulle confezioni e alla segnalazione sul cartello dei gelati, possono essere sicuri di consumare un alimento loro adatto. Come sottolinea la dottoressa Migliaccio, “la celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. Dunque, perché un prodotto sia adatto al consumo da parte dei celiaci, è importante garantire l’assenza di ogni traccia di glutine: eliminandolo dagli ingredienti e controllando l’intero processo produttivo, in modo da evitare ogni possibile contaminazione”. Tutti i prodotti Sammontana su www.sammontana.it


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QUESTO PAZZO

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OPERA D’ARTE MANGIATA In un museo di Haarlem uno sculGELATO tore olandese, George Moormann, si è visto la sua opera d’arte presa a CHE SCATENA morsi. Buona parte di un collage di 200 LA LIBIDO lettere di cioccolata di vari gusti Da Londra arriva il “vicee di diverse dimensioni è cream”, il gelato del vizio. E’ stato divorato da alcuni stato battezzato "The sex visitatori della mostra, pistol" e promette di risveche non hanno resistito gliare tutti i desideri sesCHI DORME PIGLIA PESCI… alla tentazione. “Avevo suali, anche quelli più pensato che qualche assopiti. Gli ingredienti Il sonnambulismo telematico è stato ribattezzato bambino potesse sono i più noti stimolan“zzz-mail” e definisce le persone che usano il computer rubare alcuni elementi: ginkgo biloba, arginidurante il sonno. Il primo episodio al mondo, documentato ti – ha commentato no, guaranà. E’ a dispodai ricercatori dell’Università di Toledo, è accaduto ad una l’artista – ma non sizione, al momento, donna spagnola, che si è alzata e ha spedito tre email agli l’intera opera”. solo nella città inglese. I amici, invitandoli ad una cena a base di caviale e champagne. produttori garantiscoUn altro caso di sonnambulismo atipico è quello di un giova51 ORE IN no un effetto molto ne gallese, Lee Hadwin, detto Kipasso. Di giorno fa l’inferforte, per questo non PIEDI CON miere, di notte si trasforma in pittore e crea le sue opere è possibile venderne MANI SU AUTO in uno stato di trance. La vicenda è ancora più sconcerpiù di una porzione a Per vincere un contante se si considera che, da sveglio, non sa tenere persona. Più che rincorso che metteva in una matita in mano. I suoi disegni sono strapagati: frescare, il “vicepalio il leasing di un’auper averne uno, un appassionato ha speso cream” garantisce di tomobile per un anno, 5000 sterline (6500 euro). far venire i calori… una ragazza di Cincinnati ha resistito 51 ore e 48 minuti in piedi con le mani attaccate ad una Kia Sol. Kim Murphy ha vinto contro 19 concorrenti che sono stati eliminati perchè si sono distratti, togliendo una mano dalla macchina durante una conversazione. A chi le chiedeva cosa le ha dato la forza di resistere così a lungo, ha spiegato: "L'altra macchina che avevo ha preso fuoco, e così dovevo farmene una nuova".

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163 KM. DI REGGISENI Lo scorso agosto, superando di 51 km. il record del mondo del 2006 di Cipro, in Australia è stata formata una catena di più di 166.000 reggiseni, dopo tre anni di preparativi. I reggiseni sono stati donati a Paesi del terzo mondo, circa 20.000 sono stati affidati alla locale Associazione delle donne afghane, che le consegneranno a rifugi per donne. L’obiettivo dell’iniziativa era sensibilizzare sulla lotta al cancro al seno. L'organizzatore della raccolta fondi, Robert Bauer, ha affermato: “Quello che ci eravamo proposti era non solo di battere il record e di raccogliere fondi, ma anche di incoraggiare le donne ad esaminarsi o a farsi esaminare dal medico. Se così facendo abbiamo salvato anche una sola persona, abbiamo conseguito qualcosa”.

PIZZA O DIAMANTE? Un pizzaiolo di Agropoli di 27 anni, Renato Viola, ha inventato una pizza dal prezzo esorbitante: 8.300 euro. Battezzata “Louis XIII”, gli ingredienti sono le tre più pregiate qualità di caviale, l’aragosta “Palinurus Elephas”, i gamberoni rossi di Acciaroli, il cognac Louis XIII Remy Martin.

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GRANDI CHEF DIETRO LE SBARRE In Gran Bretagna, a Sutton, nel Surrey, è stato aperto “The Clink”, nell'High Down Prison, il primo ristorante inglese dentro un penitenziario. Gestito dai detenuti, coordinati dallo chef Alberto Crisci, nell’ambito di un progetto di recupero, che mira a dare una qualifica professionale a coloro che, scontata la pena, rientreranno nel mondo del lavoro. Molti dei prodotti utilizzati sono biologici e coltivati dai prigionieri nei giardini del carcere. I cuochi e i camerieri sono detenuti e la cucina sembra essere al livello di un ristorante di prima classe. I prezzi sono irrisori: 4,50 sterline (5,30 euro) per una bistecca con salsa bernese, patate o insalata, oppure per un risotto al radicchio più un petto di pollo con peperoni. Si preparano ogni giorno 110 pasti, tra staff e clientela. Per mangiare basta superare i necessari controlli di sicurezza. In Italia un esperimento simile è stato avviato in Toscana, a Volterra, alla Fortezza Medicea.

SMS DA RECORD 303.398 in un mese. Il primato spetta a una giovane californiana, Crystal Wiski, che ha spedito e ricevuto una media di 10.000 sms al giorno, circa 7 al minuto, compresa anche la notte. La ragazza ha usato l’iPhone, lo smartphone touchscreen, che, a detta di molti, non è affatto comodo per scrivere messaggi. In un’intervista alla radio locale KSBW, Crystal ha affermato di avere i crampi alle dita. Fortunatamente aveva un abbonamento flat…

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seicomesei di Virginia Di Marno

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Stai lì, ti fingi interessato agli argomenti, intervieni di tanto in tanto. Poi ti distrai, guardi intorno, ti annoi, preghi che finisca presto, anzi, prima di presto.

Reggere il moccolo è atto coraggioso e generoso favore, ma solo un arido di cuore sarebbe capace di negarlo davanti agli occhi supplichevoli di un amico. Il moccolo, d'altronde, è uso reggerlo da tempi antichi.

L’espressione “reggere il moccolo”, infatti, si dice che affondi le sue origini nella tradizione ebraica. Durante il matrimonio, lui e lei stanno sotto la huppàh, un baldacchino che rappresenta la loro futura casa. Con loro anche il fratello maggiore dello sposo, comparsa unica con unica funzione: reggere un cero.

Nella Venezia dissoluta del ‘400, invece, il moccolo si reggeva per legge. Le strade strette e buie erano davvero poco sicure, così si obbligò chiunque volesse uscire dopo il tramonto a portare con sé un lume. I nobili, chiaramente, rispettarono il dovere munendosi non solo del lume ma anche del servo. Ecco, dunque, il poveretto fare il palo durante i furtivi incontri notturni del padrone.

Il rituale si ripete per le signore fino alla fine dell’ ‘800. In questo caso la complice è la dama di compagnia. Lei, con la scusa di far luce con la candela, tutelava la riservatezza della sua signora impegnata in attività preferibilmente non pubblicizzabili.

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Oggi il moccolo non serve più, ma il “terzo comodo” a cui rivolgersi in casi disperati esiste ancora, professione intramontabile di ogni amico di buon cuore.


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Cristiano

Orlando

aureato in Scienze della Comunicazione, giornalista pubblicista, insegnante di Geopolitica e rapporto Media-guerra, una grande passione per la politica internazionale e la sicurezza, tanto entusiasmo. A 28 anni ha pubblicato il suo primo libro, La partita eurasiatica (edito da Ediesse). L’argomento è la geopolitica, che “è un po' come una continua partita a scacchi con una posta molto alta: ci sono pedine con funzioni e potenzialità differenti, giochi di astuzia, regole e attese premianti, proprio come negli scacchi”, afferma Cristiano. “La porzione di mondo compresa tra Europa e Asia è al centro delle dinamiche geopolitiche attuali, con l'Europa e la Nato che stanno crescendo, la Russia che torna grande sulla scena internazionale, Cina e India che stanno studiando da grandi potenze mondiali. Capire qualcosa in più circa questa partita è importante”. Prima di iniziare a scrivere ha fatto esperienze all’estero, nei Balcani e in Medio Oriente, nell’ambito di missioni umanitarie dell’Aeronautica e come volontario con importanti associazioni e Ong. “Il

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di Ilaria Dioguardi

libro è uscito a fine aprile” dice “è disponibile materialmente da Feltrinelli e nelle altre grandi catene (MelBookstore, Mondadori, ecc.) su prenotazione, con tempi di arrivo di qualche giorno lavorativo. Comunque, lo si trova su tutti i siti di vendita di libri online”. Gli scorsi mesi, per presentare il suo libro, è stato ospite al TgLa7 e in alcune emittenti radiofoniche (come Radio Articolo1 e Ecoradio). “Sto proseguendo le mie attività di studio in attesa di qualche occasione di lavoro o di ricerca interessante. In quanto giovane, mi trovo anch’io fino alle scarpe nelle difficoltà in cui versa la nostra generazione” afferma Cristiano. “Ho avuto la fortuna di incontrare Archivio Disarmo, con persone che hanno creduto in me e mi hanno dato fiducia. Io ci ho messo la tenacia e un minimo di valore personale, ma senza di loro non avrei raggiunto questo risultato. Purtroppo non è così facile oggi incontrare enti e persone così, io stesso ho incontrato sulla mia strada molta gente poco seria. Sono stato fortunato”.

Un libro sulla partita

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Dora&Marco utto nasce nel 2002. Doralisa D’Urso ama il reportage sociale e dedica i suoi primi lavori fotografici alle comunità di immigrati presenti a Roma. Dopo 2 anni si laurea in “Teorie e tecniche del linguaggio giornalistico” presso la facoltà di Scienze della Comunicazione. Titolo della tesi L’effetto cronachistico nelle arti visive contemporanee, ottimo punto di partenza per scoprire che la sua passione a breve sarebbe diventata anche la sua professione. Marco Buonocore, invece, è da sempre appassionato alla fotografia naturalista. Passa dalla macro di un fiore ad ampi scenari paesaggistici. Nel 2004 si iscrive alla Scuola Permanente di Fotografia Graffiti di Roma dove incontra Doralisa. Da qui parte tutto. Iniziano insieme la loro attività di fotografia di reportage anche all’estero. Tanti viaggi (ex-Birmania, Palestina, Cambogia) che fanno crescere in loro il desiderio di dedicarsi sempre di più al sociale, dando particolare attenzione alla vita, agli usi e ai costumi delle comunità immigrate. Dopo aver partecipato a manifestazioni religiose collaborano alla messa in opera del volume Nell’oltre, nell’altro e nell’altrove - immigrazione e religione a Roma,

T

di Maria Nicoletta Tulli

cui seguirà l’omonima mostra. Insieme decidono di fondare la DeM Art Communication, una società specializzata in comunicazione visiva. La loro brillante attività spazia dall’ideazione di progetti grafici alla progettazione di siti web, dalla realizzazione di servizi fotografici all’elaborazione delle più complesse tecniche digitali di fotoritocco e fotocomposizione. Nel 2006 l’incontro con il Comune di Roma che li vuole nel Programma Integra (www.programmaintegra.it ), progetto sostenuto dall’Assessorato alle Politiche Sociali e Promozione della Salute - Dipartimento V del Comune di Roma, per la realizzazione di un calendario in cui saranno pubblicate le fotografie di Doralisa e Marco sulle comunità di immigrati e rifugiati politici. Per Programma Integra organizzano anche Primavera Baisakhi, la mostra sui Sikh (indiani con il turbante, ndr) in onore della Festa di Primavera che la comunità indiana organizza ogni anno a Roma. Arriva poi la pubblicazione del libro Trama, Ordito, Nodi e Doppi Nodi, una raccolta di immagini di vita quotidiana che racconta il processo di integrazione degli immigrati.

Il nostro viaggio

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ino a qualche tempo fa potevate chiamarla anche Dean, ma in realtà si chiama Monica e tra poco sarà conosciuta in Italia come Francesca. Sì, perché i nomi che accompagnano Monica Bîrladeanu, nata a Iafli, Romania, il 12 dicembre 1978, sono appunto tre. Non si tratta di avatar o fughe dalla realtà ma esigenze professionali. Quando recita negli Stati Uniti è infatti Dean, mentre Francesca è il nome che dà il titolo al film di Bobby Paunescu, regista, sceneggiatore e produttore di quest’opera selezionata come Opening Film nella sezione Orizzonti all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (e distribuita nelle sale italiane dalla Fandango di Domenico Procacci). È un volto nuovo, Monica, ma in Romania è già una star televisiva dopo aver studiato Legge e aver accettato il suo primo ruolo in un film nel 2004. La sua carriera televisiva inizia invece nel 2002, come co-presentatrice dello show La Strada, in onda ogni giorno sul canale televisivo B1 TV. Il 2004 è un anno magico per lei, visto che oltre al primo film (The Death of Mr. Lazarescu di Cristi Puiu, premiato nella sezione Un Certain

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di Vincenzo Prizzi

Regard al Festival di Cannes 2005, in cui interpreta l’infermiera Mariana, amica del personaggio di Luminita Gheorghiu, in una delle scene più commoventi), rientra nella classifica dalla rivista Capital tra le “100 donne di successo della Romania”, considerata un modello per i giovani e le loro aspirazioni. Quell’anno si trasferisce a Los Angeles, dove studia recitazione e risiede, ma frequenta anche i corsi estivi di Arte D r a m m a t i c a Contemporanea alla RADA di Londra, poi nel 2006 lavora come guest star nelle serie Lost, nel ruolo di Gabriela, una ricca italiana e Nip/Tuck, nel ruolo di Jennifer, una donna bella e lesbica. E ora Francesca. Nel film di Paunescu presentato a Venezia è una trentenne che sogna di emigrare in Italia per condurre una vita migliore. È lo stesso regista Bobby Paunescu a descriverla: “È una giovane maestra d’asilo che sogna di emigrare in Italia. Alla ricerca di una vita migliore, Francesca è pronta ad affrontare qualsiasi ostacolo, anche i dubbi e le preoccupazioni delle persone a lei vicine. Il piano è che Mita, il suo ragazzo, la raggiunga in Italia appena concluso.

Los Angeles,

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Scarapazzi

ra immerso nei colori fin da piccolissimo. “Mi chiudevo in questo mondo ma nello stesso tempo mi aprivo. Sentivo come se un fuoco mi guidasse per farmi disegnare. Provavo tantissime sensazioni quando coloravo e sono le stesse che provo ancora oggi”. Una vita dedicata alla pittura quella del brillante e eclettico artista Valerio Scarapazzi. Le sue opere partono dal figurativo ma abbracciano anche il genere paesaggistico e naturalistico che il giovane romano esegue en plein air. Dopo il Liceo Artistico un po’ di buio e incertezza fanno cadere nel vuoto quello che fin da bambino era il suo sogno. Ma dopo qualche anno di sfiducia emerge nuovamente la sua vena artistica, che da quel momento prende il sopravvento su tutto il resto. “Da quel giorno sono passati sette anni. Oggi sono felicissimo della scelta che ho fatto e un po’ alla volta sto fabbricando i mattoni su cui costruire la mia strada”. Nel 2003 partecipa alla nota Mostra d’Arte dei 100 pittori di Via Margutta. Ma non solo la Capitale, dove è nato e cresciuto Valerio, ospita le sue opere. Da quattro anni, infatti, il giovane artista prende parte al Premio Italia per

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le Arti Visive in provincia di Firenze, in cui confluiscono pittori, scultori e fotografi di tutta Europa. E ancora tante mostre nei locali, nelle Associazioni culturali e anche in luoghi dove quotidianamente l’arte c’entra poco o niente, come negozi di abbigliamento o centri benessere. “Mi piace portare la mia arte fuori le solite gallerie, circoli troppo chiusi e riservati a pochi”. Impegnato in diversi eventi musicoteatrali in cui si propone come pittore “in extemporanea”, realizzando Art Sessions e performance dal vivo, Valerio si occupa da anni anche della realizzazione pittorica di scenografie cine-teatrali. Ricordiamo tra le altre quella per Prism al Teatro Anfitrione, La cantatrice calva al Teatro Agorà, Together we are invincibie presso la Casa delle Culture a Trastevere. “Per quanto ogni cosa possa risultare difficile, bisogna sempre ricordare che difficile non è impossibile”. Questo il motto di Valerio Scarapazzi che lo porterà ad affermarsi sempre di più nel mondo “complicato e sensibile” dell’arte. (Per curiosare tra le sue opere: www.artmajeur.com/valesca).

…nel blu dipinto di di Maria Nicoletta Tulli

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Libera il naso di neonati, bambini e adulti Una soluzione isotonica e sterile di acqua di mare del Parco Marino delle Cinque Terre

ISOMAR® è acqua di mare isotonica non comparabile alle comuni soluzioni “fisiologiche” a base di acqua e sale (sodio cloruro), in quanto la composizione di ISOMAR® è simile alla frazione inorganica del plasma umano. ISOMAR® libera il naso in caso di raffreddori, sinusiti, riniti, allergie respiratorie da polline. Utile per chi russa. I flaconcini sono indicati anche per l’igiene oculare e per l’aerosolterapia.

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Pillole per la famiglia

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a cura di Maria Nicoletta Tulli


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DAL BANCO AL COMPUTER Esercizi on-line di italiano? Da oggi è possibile. Su www.pianetascuola.it , infatti, c’è un’intera sezione dedicata agli studenti che vogliono alzare i propri voti a scuola. L’obiettivo è quello di facilitare le operazioni di autoverifica delle competenze e delle capacità dei ragazzi attraverso esercizi di ogni tipo sulla fonologia, sull’ortografia, sulla morfologia e sulla sintassi. Lo studente potrà dunque mettersi alla prova ed esercitarsi a seconda delle sue esigenze o delle indicazioni dell’insegnante. Uno stimolo nuovo ed originale che si diffonderà presto tra i giovani di tutta Italia. Gli esercizi sono suddivisi in 4 categorie: i suoni della lingua (la fonologia), le forme delle parole (la morfologia), i rapporti tra le parole (la sintassi della frase semplice), i rapporti tra le frasi (la sintassi della frase complessa). La semplicità d’uso, l’autocorrezione e la relativa valutazione rendono il sito particolarmente funzionale anche qualora sorgesse l’esigenza di attivare interventi di recupero volti al rafforzamento degli obiettivi minimi dei singoli alunni.

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games

ARRIVA GHOSTBUSTERS: THE VIDEOGAME Ve li ricordate i 4 acchiappafantasmi che negli anni Ottanta hanno fatto incassi record al cinema? Ebbene, a distanza di 20 anni, oggi sono diventati un videogioco. La storia del game, magistralmente ideata e scritta da Dan Aykroyd (Ray) e Harold Ramis (Egon), sceneggiatori anche del film, ci riporta a due anni dopo la trama dell’ultimo film: nel 1991 i Ghostbusters hanno salvato il mondo due volte, ma la presenza di fantasmi non è diminuita, così il nostro quartetto è stato costretto ad assumere nuove reclute, ed è proprio nei panni della nuova recluta che affronteremo l’avventura insieme ai quattro acchiappafantasmi originali. Nella versione americana del videogioco i quattro attori protagonisti della serie originale Bill Murray, Dan Aykroyd, Harold Ramis ed Ernie Hudson prestano ai personaggi sia la loro immagine che la propria voce. Ha invece rifiutato di partecipare al progetto un altro membro del cast, Rick Moranis: a quanto detto da un produttore della Sierra Entertainment, raggiunta la sicurezza economica con la serie Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi, preferisce non lavorare più. Il gioco è stato rilasciato nello scorso giugno in due versioni differenti: la prima, dalla grafica più realistica e in modalità single-player, per Xbox 360, Playstation 3 e PC; la seconda, dal design più “cartoonesco” e orientata al multiplayer, per Wii, Nintendo DS, e Playstation 2.


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IL TRAGUARDO PIÙ AMBITO DEL WORLD WIDE WEB Giunto alla settima edizione, Premio Web Italia (PWI) è un’iniziativa indipendente nata per individuare e valorizzare l’operato di quanti riescono a raggiungere l’eccellenza nel panorama delle produzioni italiane nel web. Il concorso ha lo scopo di diffondere e promuovere lo sviluppo dei nuovi media e della nuova economia attraverso la divulgazione di progetti e iniziative su Internet. Si propone di sostenere e diffondere il nome e la professionalità di coloro che danno il proprio contributo nei vari ambiti della Società dell’informazione, delle tecnologie, dell’innovazione e dei media, affrontando ogni giorno nuove sfide e segnando nuovi confini. Premio Web Italia si è distinto per serietà e indipendenza da ogni marchio e mercato imponendosi come autorevole evento di promozione del web italiano. Tra le finalità prevale la volontà di sostenere e diffondere l'opera e l'ingegno di coloro che sono riusciti ad esaltare il senso estetico, il design, la creatività, il linguaggio e l'innovazione in quanto elementi distintivi e segni riconoscibili della cultura e dello stile italiani. Negli anni, PWI ha "scoperto" il web, i suoi attori, le sue peculiarità e i suoi difetti, organizzando tredici concorsi, coinvolgendo oltre 12.000 autori e selezionando 32.795 lavori.

www.premiowebitalia.it

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scienze

DIVORZIARE FA MALE ALLA SALUTE Parla chiaro una ricerca apparsa sulla rivista Journal of Health and Social Behaviour. Secondo Linda Waite, autrice dell’indagine dell’Università di Chicago, i soggetti che affrontano un secondo matrimonio dopo un divorzio, o dopo essere rimasti vedovi, tendono ad essere più felici e meno depressi dei soggetti rimasti single o legati a una vita matrimoniale carente di soddisfazioni. Questa condizione, tuttavia, non si riflette in un miglior stato di salute a lungo termine. Le conseguenze sulla salute a lungo termine degli individui sembrano essere deleterie, al punto che neanche un secondo matrimonio sembra essere in grado di ristabilire un corretto e duraturo stato di benessere. Il divorzio sembra dunque comportare seri rischi per la salute sia dell’uomo che della donna. Dallo studio, condotto su un campione di 8652 volontari di età compresa tra i 51 e i 61 anni, è emerso infatti che i soggetti divorziati vanno incontro a un’incidenza di malattie croniche, come il diabete o i disturbi cardiovascolari, del 20% superiore rispetto ai soggetti più o meno felicemente sposati. Una percentuale che scende al 12% nel caso di soggetti divorziati e risposati con altri partner. “Alcune condizioni di salute come la depressione sembrano rispondere velocemente al cambiamento delle condizioni di vita” ha dichiarato Linda Waite “al contrario, condizioni come il diabete e le malattie cardiovascolari, si sviluppano lentamente in un arco di tempo prolungato e risentono dell’impatto dell’esperienza passata”. Ragione per cui, secondo gli autori, si dovrebbe lavorare duro e fare il possibile per mantenere in piedi e far sopravvivere un matrimonio, a meno che questo non si dimostri “distruttivo” sotto ogni aspetto. NEXTFAMILY

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ANCHE LE SCIMMIE AMANO I LORO SIMILI Non solo l’uomo si fida di più di chi riconosce come più vicino e simile. Pare che lo stesso avvenga anche per le scimmie che sviluppano una maggiore empatia verso chi sentono affine e tendono a comportarsi nello stesso modo. E’ il risultato di uno studio, pubblicato su Science, dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Istc-Cnr), dell’Università di Parma e del National Institutes of Health (Maryland, Usa). “Le persone spesso adottano posture, atteggiamenti e gestualità tipici di coloro con cui interagiscono” spiega Elisabetta Visalberghi, primatologa dell’Istc-Cnr. “Quelli che vengono imitati provano una maggiore empatia per gli imitatori e sono più inclini ad aiutarli. Questo feeling è presente anche in altre specie”. Per il loro studio, i ricercatori hanno scelto i cebi dai cornetti, scimmie socievoli, tolleranti e flessibili. “Molte loro attività, come mangiare, spostarsi o minacciare un predatore, sono svolte in relativa sincronia dai membri del gruppo”. Questo studio potrebbe avere importanti implicazioni per la comprensione di alcune psicopatologie. “Il fenomeno dell’imitazione è stato finora limitato dalle scienze cognitive e comportamentali allapprendimento di nuovi comportamenti o del linguaggio” dice Pier Francesco Ferrari dell’Università di Parma. “Il nostro studio apre una prospettiva per cui, attraverso l’imitazione, nel cervello sono attivate sia le funzioni cognitive sia quelle emozionali. Ciò potrebbe aprire nuove vie di ricerca e di intervento clinico, come nei bambini con deficit dello sviluppo correlati alle competenze sociali ed empatiche, come nell’autismo”.

www.lastampa.it

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psiche

STRESS DA LAVORO? ECCO I RIMEDI Un numero crescente di ricerche ha evidenziato l’effetto negativo dello stress da lavoro sia sul numero di incidenti nel corso dell’attività lavorativa che sulla salute fisica e psichica. Quali le cause di tale stress? Secondo la Commissione Europea Direzione generale occupazione e affari sociali, i fattori più comuni sono: quantità di lavoro eccessiva o insufficiente; precarietà del posto di lavoro; mancanza di una chiara descrizione del lavoro da svolgere o di una linea gerarchica; ricompensa insufficiente, non proporzionale alla prestazione; impossibilità di esprimere lamentele; mancanza di collaborazione e sostegno da parte di superiori, colleghi o subordinati; condizioni di lavoro spiacevoli o pericolose; possibilità che un piccolo errore possa avere conseguenze gravi. Per limitare le cause dello stress bisognerebbe agire a livello sia personale che organizzativo. Ma se siamo stressati e non sono in vista dei cambiamenti organizzativi possiamo comunque fare qualcosa per stare meglio. E’ bene identificare le fonti di stress per acquisirne consapevolezza e intervenire. Poi, dobbiamo interessarci dei nostri diritti in quanto lavoratori, rivolgendoci ai sindacati o ad esperti, consultando testi o siti Internet. Cerchiamo di dare minore importanza agli eventi che ci accadono. Se il nostro capo ha un brutto carattere, non prendiamola come qualcosa di personale, ma manteniamo un atteggiamento distaccato. Pensiamo alle critiche come ad un’opportunità per crescere nella professione. Suddividiamo il lavoro tra cose importanti e cose urgenti, dando la priorità a queste ultime. È utile prenderci delle pause, anche solo per rilassare qualche minuto la mente. Infine, pensiamo positivo e impariamo a ridere di noi, soprattutto quando sbagliamo!


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COME PERDERE I CHILI DELL’ESTATE Basta volerlo. Con un’alimentazione corretta, senza stravizi e con un po’ di movimento si può tornare al peso forma. Il segreto è iniziare subito senza rimandare e per questo cedere alla tentazione. Secondo il professor Pietro Migliaccio, medico nutrizionista, bisogna innanzitutto evitare le diete drastiche e non saltare i pasti, rispettando la loro distribuzione nella giornata: colazione, pranzo e cena. A questi si può aggiungere uno spuntino a metà mattinata e uno durante il pomeriggio. “Mettersi a regime senza un controllo medico “ spiega il professor Migliaccio “può essere dannoso per la nostra salute. Bisogna evitare le diete a punti delle riviste estive ma anche quelle iperproteiche”. Per chi è comunque intenzionato a fare da solo è sempre consigliabile approfondire su testi di esperti per capire come affrontare una dieta e ricordarsi che per dimagrire non serve mettere a digiuno l’organismo ma si deve seguire un’alimentazione equilibrata. È importante, inoltre, variare sempre i pasti: frutta, verdura, carne, pasta, pane e pesce. Le porzioni, però, devono essere ridotte e i condimenti dimezzati. Non ha senso mangiare poco se però non si fa movimento. Il consiglio è di aumentare il dispendio energetico camminando almeno venti minuti al giorno. Salire le scale a piedi, per esempio, è un ottimo allenamento. Insomma, perdere 3-4 chili accumulati nei giorni di vacanza non è difficile, anche perché è più semplice levare peso subito dopo averlo acquisito piuttosto che a distanza di mesi o anni.

www.kataweb.it

salute

ambiente

ADDIO VECCHIE LAMPADINE È iniziato da poco più di un mese il loro progressivo ritiro dagli scaffali di tutta Europa. Lo ha stabilito lo scorso marzo la Commissione Ue. Consumano troppo, questo il vero motivo. Obiettivo: rimpiazzarle completamente entro il 2012 con quelle di ultima generazione a basso consumo. Secondo i calcoli di Bruxelles, la totale sostituzione con le lampadine fluocompatte o alogene permetterà di risparmiare 80 kw, quantificabili in 11 miliardi di euro l'anno, prevenendo così l’emissione di 32 milioni di tonnellate di CO2. Certo, le nuove lampadine sono più care, costando in media circa 5 euro: ma - sottolineano le stesse associazioni europee dei consumatori consentono di risparmiare fino all'80% di energia elettrica in un mese e la loro durata è decisamente più lunga rispetto alle lampadine tradizionali. Conti alla mano, utilizzando le nuove lampade a basso consumo una famiglia potrà spendere tra i 50 e i 160 euro in meno all'anno sulla bolletta della luce. Su scala europea si tratta di 5-10 miliardi di euro l’anno, creando così spazi per nuovi investimenti nel settore energetico. I consumatori dovrebbero essere tranquilli anche per quel che riguarda gli eventuali rischi per la salute derivanti dall'esposizione alla luce delle nuove lampadine fluocompatte o alogene: Bruxelles ha infatti più volte fugato ogni dubbio di questo genere, certificando la loro totale sicurezza anche in base ai test compiuti dal Comitato scientifico della Commissione europea.

www.ambiente.it

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info tel. 0734 991019 info@guidosgariglia.it

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Scienze

La teoria della felicita’

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uando mio padre si ammalò di tumore, il medico convocò tutti noi figli. Entrammo nella sua stanza e lui ci disse: guardate che vostro padre ha solo qualche settimana di vita... scusa Chiara (la segretaria), puoi buttare il giornale? Ecco, il dialogo andò esattamente così”. La medicina prepara il medico a riconoscere malattie, a scegliere terapie e rimedi idonei per curare gli uomini. Insegna a salvare la vita delle persone, insomma. Non altrettanto a comunicare con loro né, tantomeno, a gestire le emozioni dei pazienti. Basta osservare la Rete, inesauribile fonte di notizie e di domande rivolte ai medici, per capire quanto persone affette da qualsivoglia malattia comprendano un decimo di ciò che ha comunicato il loro medico personale. Insicurezza, timidezza, imbarazzo, ignoranza sono solo alcune delle motivazioni che impediscono al paziente di afferrare il linguaggio doverosamente tecnico del dottore o, peggio, di rivolgergli domande più precise. Comprendere è, invece, il primo passo da fare per gestire adeguatamente le malattie e affrontare l’impatto emotivo con se stessi e con la famiglia. La psiche, è noto, gioca un ruolo chiave in simili situazioni e può determinare maggiori chance di guarigione, mentre stati depressivi favoriscono l’insorgere o il peggiorare delle patologie. Di fronte a notizie realmente gravi, il medico deve imparare come affrontare l’argomento, poiché investire su comunicazione e informazione può ridurre la malattia fino a dimezzarla, come hanno dimostrato diversi studi. Sia di solo esempio la clowntherapy di Patch Adams: il medico statunitense fu il primo ad applicare rigorosamente la teoria (ormai provata) della felicità, secondo cui il buon umore e la fiducia rafforzano l’organismo e ne aumentano le difese immunitarie. Ma l’Università non insegna a gestire la comunicazione con la delicatezza che si richiede in simili contesti. In mezzo alle molteplici difficoltà della professione e al carico burocratico che si trova a dover gestire, il medico spesso non si cura di trovare la serenità e le parole adatte per comunicare nel modo migliore con chi sta male. Anche se a nessuno piace dare le cattive notizie né riceverne, non possiamo scordare mai che non c’è peggior danno dell’incomprensione. Una cattiva notizia è sempre uno shock e i pazienti, spaventati da paroloni quasi mai benauguranti, necessitano di rassicurazioni sulle diagnosi che ricevono e maggiori input sull’iter terapeutico. Una parola sola non spiega e una prescrizione non basta.

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di Luciano Tirinnanzi

L’incomunicabilità è all’origine di molti mali. Non ultimo quello che lega il momento della diagnosi da parte di un medico nei confronti del suo assistito. Capire bene è una medicina più potente di qualsiasi

FARMACO


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L’alba della grafica

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iew Conference , per chi non lo sa, è una delle più importanti manifestazioni internazionali dedicate alla grafica digitale e alle sue applicazioni nel cinema, nei videogiochi, nell’architettura e nel design. È arrivata al decimo anno e l’edizione 2009 si svolge dal 4 al 7 novembre al Centro Conferenze di Torino. Tra le novità la prima nota d’eccezione è già la presenza di un keynote speaker, che risponde al nome di Michael Giacchino, il compositore che ha armonizzato il mondo musicale con l’universo dell’animazione e dei videogames (basti pensare che è l’uomo che ha realizzato le atmosfere sonore di film come Gli incredibili, Mission Impossible III, Ratatouille, UP e dei telefilm Alias e Lost). Nominato all’Oscar per la colonna sonora di Ratatouille nel 2008, Jonathan Knight di Electronic Arts ha quindi il compito di presentare il videogame Dante’s Inferno, dando luogo a un dibattito nel quale si accenderà sicuramente una delle questioni centrali dei nuovi modelli d’animazione, ovvero se il mezzo di intrattenimento più eccitante e dinamico del momento sia in grado di raccogliere la sfida di realizzare un gioco basato su un caposaldo della letteratura. Henry LaBounta, invece, Chief Visual Officer alla Black Box, nominato all’Oscar, ha il compito di svelare i segreti degli strumenti della direzione artistica per giochi fotorealistici, mentre Travis Hathaway della Pixar racconterà dal “di dentro” il lavoro di un animatore 3D dopo aver realizzato capolavori quali Alla ricerca di Nemo, Cars e Ratatouille, e infine tutti i gustosi retroscena dell’ultimo capolavoro Pixar, UP, che aveva aperto a maggio scorso il Festival di Cannes (per la cronaca, è stata la prima volta in assoluto che un festival così importante scegliesse come film d’apertura un’opera di animazione). Il piatto più ghiotto della torta, cioè della manifestazione, pensiamo sia comunque la sezione dedicata alle anteprime. In tale contesto il vincitore del premio Oscar Robert Zemeckis coglie l’essenza fantastica di Disney’s a Christmas Carol per parlare di un classico racconto di Charles Dickens e traslarlo in un rivoluzionario evento cinematografico in 3D, da gustare con occhialini attivi. Un’anteprima tutta italiana è poi quell’ampia finestra che la rassegna dedica al meglio dell’animazione mondiale con il SIGGRAPH 2009 Computer Animation Festival, una panoramica degli esempi più creativi e ispirati delle tecnologie di animazione e degli effetti visivi di ultima generazione. E ci saranno Toy Story 1 e 2 in 3D. Un ambito notevole, specie per chi opera nel settore, sono infine le Master Classes, che quest’anno ospiteranno colossi come Google e Nvidia, anche se il fiore all’occhiello dell’edizione numero dieci è la master class su Renderman Pixar: per scoprire direttamente dalla Pixar i segreti dei loro artworks. 94

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di Luigi Bonelli


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novità

Le della 10°

INTERNATIONAL COMPUTER GRAPHIC CONVERGENCY

rivoluzionano cinema, videogiochi, architettura e design

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Web ascolto

Divi INTERATTIVI

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arshall McLuhan aveva ragione: il mezzo è il messaggio. La frase profetica del sociologo canadese, convinto che la tecnologia produca effetti pervasivi sull'immaginario collettivo, oggi trova totale riscontro anche nell’ultima rivoluzione musicale legata al web. E già, la musica è cambiata! Con la nuova era digitale sono naturalmente nati i divi digitali. Divi che prima di fare bella mostra sulle vetrine dei negozi di dischi, si affacciano sulle nuove piattaforme on-line come Imeem, Listen.grooveshark, Muziik, Meuzer, Allmusic.fm, Fizi, Soundzit, Vattoz e tante altre, dove gli utenti interagiscono tra loro vedendo, commentando e condividendo musica e che nella ricerca e nel filtraggio hanno una struttura simile a Flickr e Youtube: lavorano su un modello di business basato sulla pubblicità, pertanto l’utilizzo è gratuito. Così, come trent’anni fa le case discografiche incentivavano “aree socialmente utili” quali (in Italia, ndr) i vari circoli d’ottobre, Licolà, e diversi festival a sfornare nuovi talenti, oggi alcune major hanno capito che l’era digitale è ormai iniziata e non si può ignorarla. Una delle prime a drizzare le orecchie è stata la Universal, che ha da poco firmato un patto di sangue con Imeem, mettendolo al riparo dai problemi legali vista la quantità di musica che vi gravita all’interno: la major guadagna sulla pubblicità e gli utenti possono ascoltare in streaming tutta la musica commerciale. Magia del marketing o miracoli del web? Il fenomeno è interessante perché vede un piccolo portale on-line, trasformato in social network, salpare dalla pirateria all’imprimatur dell’industria musicale. Grazie all’accordo con la Universal Music Group, Imeem adesso può vantare collaborazioni con tutte le “grandi sorelle” del disco, tra cui anche Sony-Bmg, Emi e Warner Music Group. Inoltre quello offerto da questi “portali sociali” è un interessante servizio, che consente di ascoltare la musica preferita on-line e allo stesso tempo di condividerla su social network come Facebook. D’altronde nell’ambito del concetto di “condivisione” delle proprie esperienze personali anche la musica ha sempre acquistato una dimensione sociale da tenere in considerazione. E a proposito di divi digitali, secondo l’Indipendent la nuova regina dell’era digitale si chiama Imogen Heap, ha 31 anni, è originaria dell'Essex, Inghilterra, ed è al suo terzo album. Un lavoro concepito e prodotto con l'aiuto dei fan attraverso Internet e social-network. Il disco le è valso 750 mila “amicizie” su Twitter, il sito di micro-blogging che ora va tanto di moda. Un seguito che, tradotto in copie vendute, farebbe venire l'acquolina in bocca alle grandi etichette. 96

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di Carmelo Schininà


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Le antiche socialmente utili si in RETE

”suonano”

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Va’ dove ti porta

di Letizia Terra

LA COVER

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l primo impatto, quello speciale incontro, che dura un solo istante, in cui lei guarda lui, l’oggetto del suo desiderio, osserva il suo profilo, squadra ogni particolare, per non dimenticare il suo volto. Non si conoscono, eppure qualcosa li ha spinti ad osservarsi e a conoscersi, a incontrarsi di nuovo. È bello pensare che l’approccio dei lettori di oggi somigli proprio al colpo di fulmine: si rimane affascinati da una particolarità esteriore dell’altro e si è indotti in qualche modo ad approfondire la conoscenza che, si spera, sfocerà in qualcosa di più “importante”. Allo stesso modo, i lettori di oggi sono colpiti da un’immagine, da un colore sulla copertina del libro, o dal carattere usato per il titolo, non importa quale sia il contenuto del libro. Se verrà creato quel particolare impatto iniziale, l’acquisto avverrà. Inutile ricordare che nella nostra società domina l’immagine, conta molto l’apparenza e che l’estetica è fondamentale per la prima impressione. Oggi “il vestito fa il monaco”, e ciò che conta di più è come il libro si presenta. Il pubblico ha i suoi gusti e ogni casa editrice deve pensarci: la gestione della veste grafica e del formato dei libri è un parametro che va a costruire la fedeltà di un lettore a un editore piuttosto che a un altro. Per questo si è resa necessaria la presenza di un art

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director, che si occupa dell’ideazione del packaging del libro, dall’impaginazione al formato fino al lettering. Le sue sono mansioni di un artista che, con l’aiuto di una serie di grafici esperti, pensa a rendere più accattivante la copertina da mostrare alla rete di promozione, a volte in anticipo rispetto all’uscita del titolo, a volte addirittura quando il testo è ancora in fase di scrittura o di traduzione. È, senza dubbio, un lavoro articolato, di pura creatività e intuizione, ma fondamentale per creare un libro di successo. E di questo è consapevole anche Dan Brown, che ha previsto una promozione a tappe per il suo ultimo libro. Infatti, a luglio, in anticipo di due mesi rispetto all’uscita negli Stati Uniti, lo scrittore ha presentato al pubblico soltanto la copertina, o meglio le copertine. Sì perché la sua ultima “fatica”, dal titolo The lost symbol, seguito de Il codice da Vinci, ha due copertine, una per gli Usa e una per Inghilterra e Australia. Ed è possibile anche una terza versione, perché in Italia l’arrivo del libro è previsto per la fine del 2009 e la casa editrice Mondadori non ha ancora rivelato nulla. Infatti, per il nostro Paese, la copertina ha un significato particolare “in Italia la copertina giusta è quella che assomiglia al suo editore” come sostiene Riccardo Falcinelli, art director di Minimum fax e di Einaudi Stile Libero.


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In Italia

la copertina giusta è quella che assomiglia al suo

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Modi di Moda

Satisfashion

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a grinta stilistica di questo millennio riesplode in una veste più glamour e raffinata. L’aggressività porge il fianco al fashion, il risultato è spettacolare: anche i look “rock” e “dark” in questa nuova veste perdono completamente il loro aspetto più duro per sostituirlo con un seducente ed elegante fascino, poiché nell’aria si respira un forte richiamo all’eleganza classica e distintiva, ricercata con materiali pregiati e lavorazioni esclusive. Da ciò, ne deriva una donna grintosa e decisa, sexy ma raffinata, che sa cosa vuole e come ottenerlo! Ne è testimone Emma Watson, che dai successi nelle sale cinematografiche con Harry Potter (lei è Ermione Granger), ha ormai stregato tutti. Non c’è giorno in cui non faccia notizia. A 19 anni è la nuova “it girl” e lo sa. Richiestissima dai magazine più trendy è oggi la ragazza immagine della campagna pubblicitaria della famosa griffe Burberry. Il direttore creativo del prestigioso brand, Christopher Boiler, afferma che Emma, con la sua bellezza classica unita ad una incredibile determinazione, sprigiona un’immagine talmente forte da essere l’unica donna protagonista per la sua campagna stampa. Marc Jacobs, invece, per la sua linea di Louis Vuitton, ha di nuovo confermato come testimonial Madonna, che definisce l’incarnazione della sua collezione pret a porter per una donna audace e sensuale. Madonna rappresenta per lui “la visione della quinta essenza parigina”. Paris Hilton, dal canto suo, abbiamo visto che si è lanciata nel mondo della moda, creando una sua linea di abbigliamento per le teenager. Icona della collezione è Tinkerbell, l’inseparabile chihuahua di Paris, proposto in mille varianti: stampato, ricamato, strassato e con mini borchiette colorate. Che dire? Staremo a vedere! La più grande novità della stagione, tuttavia, sarà presente presso gli stores di H&M. Chi non ha mai sognato di indossare un paio di scarpe di Jimmy Choo emulando “le ragazze” di Sex and the City? Dal 14 novembre, le fashion victim potranno avere questa opportunità trovando la collezione dello stilista in 200 punti vendita H&M. Una collezione “sofisticata, fashion e glamour”, ma a prezzi decisamente accessibili.

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di Ambra Blasi

Sfavillante, colorato e grintoso, il disco dei magnifici anni ’80 si riflette nei look della stagione con un carattere e

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“revival”

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Edelfa C. Masciotta indossa n°5

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**Test clinico-strumentale su 20 soggetti.

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Gioco

James Bond d’INDIA

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entre il trend del 3D sta esplodendo nei cinema di tutto il mondo, e in più parti di questo numero del magazine stiamo riflettendo sul fenomeno della “terza dimensione”, adesso possiamo dire che il 3D è ormai anche a portata di console, è diventato un videogioco. Disponibile per tutte le piattaforme e per PC, un nuovo videogame Disney, uscito da poco più di un mese, è totalmente giocabile in terza dimensione su PS3 e Xbox360. Basta inforcare gli occhialini speciali per la visione tridimensionale che si trovano nel videogioco e si diventa agenti segreti. G-Force è stato pensato per tutta la famiglia ed è un videogioco d’azione in cui una squadra speciale di porcellini d’India, ognuno dotato di un particolare talento e di gadget altamente tecnologici, ha il compito di portare a termine una specie di missione impossibile. Curioso il nome attribuito al capo dei giocatori, Darwin, mentre Mooch è una mosca esperta nella ricognizione aerea. Darwin e Mooch insieme al resto della G-Force impiegano le loro speciali attrezzature ipertecnologiche, la loro abilità nell’infiltrarsi e la loro statura (non dimentichiamo che sono porcellini d’India) per salvare il mondo da un esercito di elettrodomestici diabolici. Gli aspiranti agenti segreti si possono dunque immergere in un’originale squadra che fa impallidire perfino James Bond. Come nell’omonimo film di Jerry Bruckheimer, i protagonisti sono tre intrepidi porcellini d’India, aiutati da una talpa e dalla supermosca. Il videogioco ha un innovativo gameplay, anche grazie ad una prospettiva di gioco detta, cinematograficamente, “in soggettiva”, cioè con il nostro occhio, l’occhio del giocatore, coincidente con quello dei porcellini, eroici protagonisti. I giocatori, per completare la loro missione, devono risolvere rompicapi, interagire con gli ambienti e combattere i nemici, inclusi i diabolici elettrodomestici ribelli come lo sforna cialde, i bollitori e vari aspirapolvere. G-Force superspie in missione, questo il nome completo del gioco, permette ai giocatori, secondo Craig Relyea (senior vice president of global marketing di Disney Interactive Studios) di continuare a vivere le avventure della squadra speciale oltre il film, con nuovi nemici, nuove armi e nuove missioni. E dovrebbe conquistare facilmente i giocatori di ogni età, non solo i più piccoli. Ormai le frontiere sono state abbattute. Gli attori Jon Favreau (“Hurley”), Bill Nighy (“Leonard Saber”) e Sam Rockwell (“Darwin”) non sono quindi i protagonisti solo sul grande schermo, ma si estendono su console, mentre G-Force: The Mobile Game è anche disponibile per tutti i più importanti operatori di telefonia mobile italiana. In questo caso si tratta di un gioco d’azione e strategia focalizzato sui personaggi principali del team G-Force. 102

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di Vincenzo Prizzi

Che forza diventare

agenti segreti in famiglia. Adesso c’è G-FORCE


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Tv poltrona

Bad news Good news C

di Anna Sofia Viola

entinaia di studi e ricerche dimostrano come la televisione sia in grado di condizionare la percezione della realtà degli spettatori: se si dedicano molto spazio ed attenzione alle notizie di cronaca nera, il pubblico è portato quasi automaticamente a preoccuparsi e a credere che vi sia un aumento della delinquenza, a prescindere dai dati reali. Come testimonia un monitoraggio condotto dall’Osservatorio di Pavia sulle notizie relative alla criminalità nei telegiornali del prime time di Rai e Mediaset, in Italia il tasso di criminalità è, con qualche leggera variazione, lo stesso da vent'anni, ma il livello di attenzione riconosciuto dai notiziari ai fatti di cronaca nera ha seguito un andamento irregolare. Nel secondo semestre del 2007 si verificò un calo del numero dei reati, ma si moltiplicarono le notizie di cronaca nera, registrando 3500 servizi tra quotidiani Rai e Mediaset che hanno raccontato storie di violenza e di delinquenza. Nel primo semestre del 2009, sebbene il tasso di criminalità si sia mantenuto stabile, i servizi riservati a delitti e violenze si sono quasi dimezzati, riducendosi a circa 2000. Forse bisognerebbe prendere spunto da questi dati per capire qual è la tendenza: non esagerare con le bad news. Un’idea arriva dalla Romania, dove quest’anno è stata approvata una nuova legge che dovrebbe obbligare i giornalisti a pubblicare il 50% di notizie buone ed il 50% di notizie cattive. In Francia esiste da anni Reporters d’Espoirs, un’agenzia di informazioni specializzata in contenuti “portatori di soluzioni”, che fornisce ai giornali nazionali storie a lieto fine. Le notizie “portatrici di speranza”, come le hanno chiamate loro, non è difficile trovarle, basta essere curiosi. Esempi di good news? Gli impiegati di un’azienda che invece di accettare il licenziamento di una parte dei colleghi si dimezzano lo stipendio, per continuare a lavorare tutti, anche se meno; una società che lava le automobili solo con ex-detenuti che nessuno vuole reinserire nell’ambito lavorativo; i vecchietti di un ospizio che si mettono a fare i postini per non soffrire di solitudine. Un’edizione speciale preparata insieme a Libération ha fatto registrare un aumento delle vendite del 22%, mentre così come quella fatta insieme al Courrier International. A buon intenditor, buone notizie…

Le cattive

notizie

non fanno più

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Est(etica)

Ci sei o ti rifai?

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di Marco Gasparotti

remesso che il fascino non si crea, di questi tempi è sempre di maggiore attualità la seguente affermazione del romanziere Victor Hugo: “La suprema felicità della vita è essere amati per quello che si è, o meglio, a dispetto di quello che si è…”. Se nel numero precedente parlavano ragazze e ragazzi, questa volta ecco i “grandi”.

UOMINI Quali sono gli interventi più richiesti dagli uomini? Dipende dalla fascia d’età. A vent’anni desiderano mento e zigomi da duro, ma anche trasgressivi, come quelli dei modelli efebici che sfilano sulle passerelle della moda. Tra i 25 ed i 35, ancora piuttosto insicuri, si concentrano invece sul naso, rifanno i pettorali, gli addominali, i polpacci. Seguono gli uomini di mezza età, generalmente consapevoli del proprio fascino, che si rimettono in ordine scegliendo piccoli interventi: sono i pazienti che preferisco. Dopo, ci sono i primipara attempati: uomini che diventano padri dopo i 50 anni e subiscono il confronto con i genitori più giovani davanti all’entrata di scuola. Intorno ai 40 preferiscono il lifting del viso, ma anche l’addominoplastica. A volte basta rimettere a posto gli occhi e il naso (con l’età la punta vira verso il basso e, in questo caso, un piccolo intervento restituisce un’espressione più giovanile). Il dato davvero notevole è che il numero dei pazienti maschi è cresciuto del 300 per cento. DONNE Le donne hanno decisamente più fantasia degli uomini. E scendono nell’intimo senza troppi tabù. Oggi, per esempio, vanno molto di moda le chirurgie sessuali e il ringiovanimento delle piccole labbra è tra le richieste più frequenti, anche se la definirei una richiesta esibizionistica di chirurgia plastica. Segno, comunque, che la donna è molto più disinibita dell’uomo (quest’ultimo entra nello studio di un chirurgo plastico e arriva al sodo dopo varie perifrasi). La donna ha richieste molto precise perché è in genere più informata. Fino ai 35 anni richiede una chirurgia di affermazione dei caratteri sessuali secondari: la bocca, i glutei e il seno, mentre a 40 il lifting sembra essere la migliore pratica per affermare la giovinezza in carriera. A 60, infine, sceglie il lifting alle cosce, la liposcultura e l’aumento del seno.

Il Prof. Marco Gasparotti Specialista in Chirurgia Plastica Estetica (Clinica Ars Medica Roma) 106

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Uomini o donne per me pari non sono, ma i maschi sono sempre più attratti dal BISTURI


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ALLA RICERCA DEGLI EROI SÏ, viaggiare‌ nei luoghi degli idoli della letteratura, del cinema, della televisione di Ilaria Dioguardi


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er organizzare una vacanza si sceglie un posto adatto, un itinerario interessante, un compagno di viaggi ideale. E magari una meta fuori dal comune. Spinte dalla curiosità, sempre più persone dedicano il tempo libero alla scoperta dei loro eroi. I più richiesti sono i posti che segnano (o hanno segnato) l’esistenza di scrittori celebri, le location di film famosi, le località e i paesaggi che hanno ispirato bestseller letterari. Gli itinerari, proposti dai tour operator o inventati dai viaggiatori, in Italia e nel mondo, sono di tutti i tipi, e per tutte le tasche.

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Vacanze letterarie Sono sempre più in voga, soprattutto nei Paesi anglosassoni: per avere un’idea dell’entità del fenomeno basta digitare su google “literary” e “travel”. La scelta è vasta. I luoghi di Harry Potter spaziano da Londra alla Scozia, dal Northumberland a Oxford, dove parte il treno per i piccoli apprendisti stregoni. I più temerari visitano le montagne del Signore degli Anelli in Nuova Zelanda, mentre gli appassionati di Stieg Larsson scelgono un tour di Stoccolma e i fan di Dan Brown si mettono sulle tracce dei posti misterici di Parigi, Milano e Vaticano citati nel Codice da Vinci e in Angeli e demoni. Anche l’Italia ha scoperto la tendenza con la creazione dei Parchi letterari, spazi fisici o mentali che hanno ispirato le opere di grandi scrittori e che si differenziano da quelli naturali per il fatto di non avere confini. Finora se ne contano venti: tra gli itinerari, quelli sulle orme di Montale in Liguria, di Verga in Sicilia, di D’Annunzio in Abruzzo. 110

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Tour dei ciak Le offerte accontentano tutti i cinefili. In Tunisia i fan di Guerre Stellari possono curiosare tra i fantapaesaggi, a Matera si può passeggiare tra le vie in cui è stato ambientato La passione di Cristo di Mel Gibson, in Olanda si può rimanere incantati dal genio pittorico di Vermeer ripercorrendo i luoghi de La ragazza con l’orecchino di perla di Peter Webber. A Londra le appassionate di Bridget Jones hanno la possibilità di mangiare, bere e fare shopping nei luoghi delle trasposizioni cinematografiche dei diari di Helen Fielding, mentre i fan di James Bond possono partecipare a un tour londinese dedicato all’agente segreto, che prevede anche una visita agli studios di Pinewood, dove sono custodite le automobili guidate da 007. Tv-mania La voglia di visitare i posti in cui sono stati girati film e fiction contagia sempre più telespettatori. Per i più piccoli si può organizzare una vacanza a Stoccolma al Parco-museo di Junibacken, dove rivive il mondo di Pippi Calzelunghe. Si può andare a Ragusa e nella sua provincia, dove sono stati ambientati i gialli di Camilleri e la serie tv di Montalbano, mentre vicino Torino si può visitare il Castello di Agliè, ambientazione di Elisa di Rivombrosa. A Roma, il quartiere Garbatella è spesso preso d'assedio da una folla di visitatori che organizzano il Cesaronitour, alla ricerca delle location della fiction-culto: su Internet i fan si scambiano informazioni, opinioni, consigli su come organizzare gite nella Capitale sulle tracce dei luoghi della serie.


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HEIDILAND

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Ha 125 anni ed è la pastorella svizzera più famosa del mondo: Heidi. L’autrice Johanna Spyri per la creazione delle sue storie si è ispirata a Walenstadt, una regione del Nord della Svizzera che si è ribattezzata Heidiland. La località ha dato vita a Heididorf, una struttura a metà strada tra il museo etnografico ed il parco a tema, che espone statue a grandezza naturale della pastorella, di Peter e del nonno, ambientazioni e oggetti dei tempi della celebre bambina. I fan di Heidi rischiano di perdere la testa nei negozi che vendono magliette, cappellini, libri, bambole, portachiavi, tovagliette, campanacci e perfino bottiglie di vino e di acqua a lei dedicati. E ogni estate, a Maienfeld, si svolgono rappresentazioni popolari all’aperto della storia di Heidi.

Le offerte accontentano tutti: dagli appassionati di Harry Potter in e di Angeli e demoni a e , dai piccoli fan di Heidi in agli amanti di Montalbano in e di Bridget Jones a LONDRA

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THE ART OF

GAMES

Info: www.artofgames.eu l videogioco ha il suo festival dedicato. The Art of Games (quest’anno con il sottotitolo di “Nuove frontiere fra gioco e bellezza”), è la prima mostra mondiale che raccoglie i maggiori creatori, giustamente definiti dalla critica specializzata “artisti” di videogames. Oltre 100 opere raccontano la forza e la sintesi delle nuove interazioni multimediali, le possibilità del futuro in materia di video, consoles, musica. Il pubblico si trova di fronte ad un oggetto molto differenziato con un’esposizione interamente pensata per la game art, in grado di rivelare da sola idee, bozzetti, progetti e la catena produttiva di un videogioco, dal concept al prodotto finito. Fabbrica Arte beni culturali no profit ha creato uno strumento adeguato a concettualizzare, oltre che storicizzare, per la prima volta la game art come bene artistico contemporaneo, al pari delle altre arti e abbattendo la distinzione tra “minore” e “maggiore”. In corso fino all’8 novembre nel Centro SaintBénin di Aosta, un luogo particolare poiché si tratta di una chiesa barocca sconsacrata, The Art of Game è un evento abbastanza unico nel panorama che non nutre più solo una nicchia di appassionati. La mostra raccoglie molti tra i migliori artisti dell’arte videogames (da una selezione di 60, sono 13 quelli prescelti). L’esposizione vuole mostrare i passaggi richiesti per produrre un videogame: dallo schizzo di un concept allo sviluppo in 3D dei personaggi e degli scenari, ricostruiti secondo realtà storica. Il visita-

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tore si muove scoprendo supporti e percorsi multimediali, sezioni di approfondimento, schizzi originali e demo di speedpainting e può pilotare, in guida assistita, postazioni video complete di console e di demo di videogames sperimentati per vedere in azione il prodotto finale e lo stile e per toccare con mano il contributo di ogni artista nell’insieme di un progetto che coinvolge svariati fondi e persone. Tra gli artisti segnaliamo Stephan Martiniere, noto per aver collaborato con la Cyan alla saga di Myst, Uru e Area 51; Kekai Kotaki, che ha contribuito con le sue splendide illustrazioni fantasy al MMORPG, Guild Wars. John Wallin Liberto, illustratore per Epic Games (Gear of War), cui ha donato il suo tocco per gli evocativi paesaggi. Possiamo seguire all’opera in Spec-Op Nicolas Oroc, dagli inconfondibili ritratti, poi Jim Murray da World Of Warcraft, Paul Sullivan da Tomb Raider e Afro Samurai, Craig Mullins da Halo e ancora Daniel Dociu, Jason Chan, Andrzej Tutaj. La game art non è dominio assoluto degli stranieri, intendiamoci, e in mostra c’è l’italiano Talexi, nome d’arte di Alessandro Taini, che ha contribuito al titolo esclusivo per Playstation 3 Heavenly Sword. Tra i videogames gli imperdibili Lost, Star Wars, Halo, Splinter Cell, Quake, il decadente Devil May Cry, e poi Iron Man, Rainbow Six, Prince of Persia, Deus Ex, Afro Samurai, Gears of war, Tomb Raider ed uno dei giochi artisticamente più alti come concezione e applicazione, il già menzionato Myst.


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IL CIELO SOTTO BERLINO Vent’anni fa cadeva il Muro di Berlino, ovvero il muro della vergogna, e anche il muro di incomunicabilità tra Oriente e Occidente di un’Europa che ancora non sapeva di esistere, se non sulla carta. L’abbattimento di quel muro ha segnato molte vittorie della libertà con buona pace dei film che ci sono stati fatti sopra, ma anche attraverso, visto che Wim Wenders girava Il cielo sopra Berlino nel 1987, due anni prima che non solo gli angeli della storia, ma anche gli uomini illuminati rendessero possibile la caduta del simbolo di una Guerra Fredda, che forse continua sotto altre forme ma aveva bisogno di una revisione. Quel giorno è celebrato per non dimenticare le battaglie in nome della libertà, concettoutopia-chimera sempre inseguita, conquistata, continuamente persa e poi ritrovata. Dove festeggiare se non a Berlino (fino al 9 novembre) sotto la Porta di Brandeburgo? Ammirando 1.300 metri di murales, la più lunga East Side Gallery mai esistita e le oltre 1.000 tessere giganti del Domino che vengono fatte cadere: un esorcismo di nuovo millennio.

Info: www.auditorium.com

Info: www.eastsidegallery.com

OH, DIANA! Moglie di Elvis Costello, e non è poco, cantante e pianista che ha fuso la bellezza della sua immagine con quella della sua voce, per un jazz se vogliamo anche standardizzato, letteralmente fermo su certi classici del repertorio, ma decisamente rivisitati da una dote non comune. Da un talento che hanno fatto di Diana Krall la nuova signora della musica. E il Parco della Musica, ovvero l’Auditorium, di Roma la ospita per una delle due tappe italiane del suo Quiet Nights World Tour. Sonorità facili e sofisticate nello stesso tempo hanno fatto sì che le esibizioni della Krall avvincano almeno tre generazioni di spettatori: la amano le madri, conquistate dalla sua grinta, la adorano i padri, ammaliati dal suo fascino, la seguono i figli che hanno almeno un po’ d’orecchio vocato alla musica di qualità. Diana sarà a Roma il 15 novembre e replicherà al Teatro degli Arcimboldi di Milano il 16.

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Colpo di coda

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IL VACCINO

E’ ALLE PORTE

di Enzo Giannelli

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n principio fu il serpente, bello e tentatore, a porgere una mela alla sprovveduta Eva. La donna mangiò il pomo. E, al povero Adamo, rimase in gola. Da quel momento, uomini e animali non hanno fatto che rendersi vicendevolmente pan per focaccia, in un gioco di scambi, di imitazioni e di vendette, dove le bestie hanno quasi sempre avuto la meglio. all’arca di Noè alle favole di Fedro, dai versi zoologici di Trilussa alla fattoria orwelliana (in cui le bestie, liberatesi dall’oppressione dell’uomo, instaurano un governo democratico che si trasforma in una feroce dittatura, con a capo – guarda caso! – proprio un porco), gli animali l’hanno sempre fatta da padroni. I topi di Harlem destabilizzano la città, la gru con una zampa sola mette in difficoltà il decameronesco Chichibio, il gatto e la volpe gabbano il povero Pinocchio, il lupo mangia la nonna di Cappuccetto Rosso. Ma se la letteratura ci mostra gli animali in una cornice ironico-poetico-fantastica, la realtà li porta alla ribalta in tutta la loro spietatezza, cui l’uomo, tuttavia, non è mai incolpevole. Ecco, allora, la mucca pazza, la peste aviaria, gli ovini con la lingua blu, i pesci al mercurio, la mozzarella di bufala alla diossina, fino alla febbre suina. Andando avanti di questo passo, il futuro potrebbe riservarci il ritorno dei draghi con il lanciafiamme, l’anoressia da asino di

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Buridano, la logorrea da grillo parlante, la mummificazione da gallina faraona, i conigli portatori di spirochete pallide, le dita palmate da oche capitoline. All’apparire della nuova pandemia, il cui nome (a/h1n1) sembra la formuletta magica di un Harry Potter d’accatto, si è scatenata la solita carnevalata di parole in libertà da marinettismo anchilosato, consistente in un’altalena di dichiarazioni schizofreniche su effetti e rimedi del caso, cui si sono adoperati medici, farmacisti, politici, cassandre, sibille e vescovi (che non possono mai mancare), dando vita a un festival di visioni catastrofiche rintuzzate da accuse di allarmismi ingiustificati. Il porco grufola e grugnisce in Cile, Spagna, Filippine e Stati Uniti. Sciocchezze! Morti in Gran Bretagna e boom di contagi nell’Emilia-Romagna. sagerazioni! In Italia ci saranno corse al funerale e lotte all’ultimo bacillo per un letto all’ospedale. Niente di più falso! Comunque stiano le cose, niente paura: il vaccino è alle porte. Quando arriva? In ottobre. Anzi, meglio in novembre. E, perché no, con il panettone come strenna natalizia? Beh, per quando l’antivirale sarà disponibile, molti di noi dormiranno già in qualche sperduta Spoon River, con grande risparmio del servizio sanitario nazionale.

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