#23 May 2011

Page 1

redazione@passvr.it www.passvr.it

anno 6 numero 23 maggio 2011

PASS IL MAGAZINE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

in questo numero... SESSO E POTERE

Perché un corso di Filosofia può destare scandalo?

VERONETTA VIVE DI STRANIERI

Tra imprese extracomunitarie, sorrisi e qualche smorfia

I-SUR, ROBOT CHIRURGIA A VERONA “Robosuture” a Bombay, chirurgo a Verona

IL SONNO DELLA RAGIONE

O l’iperattività delle industrie farmaceutiche

STUDENT OFFICE E CL Una risposta e un’intervista

NUOVI SUONI

montecchi e matadores

CHIMERA ‘PROGRESSO’ E BELLEROFONTE ‘SPERANZA’ Il no al nucleare è solo l’inizio


PASSATENEO INFORMARE CON LENTEZZA Intervista al collettivo – Studiare con Lentezza................................. 4 STUDENT OFFICE È COLLEGATA A COMUNIONE E LIBERAZIONE? Una risposta e un’intervista............................................................ 5 SESSO E POTERE Perché un corso di Filosofia può destare scandalo?....................... 6/7 I-SUR, ROBOT CHIRURGIA A VERONA “Robosuture” a Bombay, chirurgo a Verona..................................... 8 NUOVI ORIZZONTI ALL’UNIVERSITÀ Progetto d’ Intercambio Cicerone.................................................... 9

PASSWORLD VERONETTA VIVE DI STRANIERI Tra imprese extracomunitarie, sorrisi e qualche smorfia................. 10 IL SONNO DELLA RAGIONE O l’iperattività delle industrie farmaceutiche.................................. 11 CHIMERA ‘PROGRESSO’ E BELLEROFONTE ‘SPERANZA’ Il no al nucleare è solo l’inizio.................................................. 12/13 GAS- GRUPPO DI ACQUISTO SOLIDALE rieducarsi a mangiare buone abitudini........................................... 14

PASSATEMPO EVOÈ EVOÈ Il ritorno di Dioniso nei bicchieri.................................................... 15 MUSICA Smells like Foo’s spirit + Blue Note............................................... 16 Rock on Babe! + Nuovi Suoni: MONTECCHI e MATADORES............. 17 ALLA FACCIA DELLA CRISI Il romanzo storico dopo 2000 anni, va ancora di moda................... 18 NERO REVOLVER Ammazza il tempo....................................................................... 19

E D I TO R I A L E

SOMMARIO

Va bene. Un respiro profondo. Già gli orari delle lezioni si sono rivelati al limite dell’alieno quest’anno: concentrazioni spropositate di corsi nello stesso giorno, nella stessa ora e udite udite: nella stessa aula! (con conseguenti moti ondosi borbottanti per i corridoi e duelli all’ultimo sangue tra docenti in cerca di una fissa dimora). Ora: non stiamo auspicando l’orario perfetto, ma quantomeno la possibilità materiale di seguire i corsi per i quali noi ( o il più delle volte i nostri genitori) pagheremmo anche non irrisorie cifrette. Quindi, Egregio Professor X, che ti ostini a voler prendere il treno Qualsivoglialandia-Verona del lunedì mattina per poi riprendere quello del mercoledì pomeriggio perché bazzichi altri atenei, o hai il gatto ammalato o il pokerino che ti aspetta (e mi si conceda il tu informale): la settimana accademica di giorni ne ha ben cinque (c’è chi in sette ne ha fatte di cose), le aule pullulano (la scarsa disponibilità di spazi è una leggenda metropolitana). Sarebbe d’uopo un piccolo sforzo da parte di tutti, insomma, non pianificazioni univoche a tavolino. Aspettate un attimo: la sessione estiva prevede solitamente due mesetti per sostenere gli esami, giugno e luglio. Ebbene, pare che quest’anno luglio termini il 5. Mah..l’asse di rotazione terrestre gioca brutti scherzi negli ultimi tempi. Marta poli

ringraziamenti dall’oscuro partito grafico

Mi impossesso di questo spazietto ai piedi dell’editoriale della nostra irreprensibile capo redattrice per rivolgere un doveroso ringraziamento al grafico Eugenio Belgieri, con il quale si sono condivise giornate (e talvolta serate) a base di impaginazione e caffè, acrobatiche soluzioni grafiche e curry, oltre alle indicibili maledizioni, espresse sia verbalmente che gestualmente e lanciate verso i soggetti più svariati (animati e non), le quali sono parte integrante del dovere del buon grafico che desidera conservare un accettabile e salutare equlibrio mentale. Giuliano fasoli

PASS

IL MAGAZINE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA redazione@passvr.it - www.passvr.it

PRODOTTO CON IL CONTRIBUTO DELL’UNIVERSITÀ DI VERONA

Registrazione Tribunale di Verona N° 1825 R.S. del 27/02/2009 Direttore responsabile: Claudio Gallo Proprietario: Juliette Ferdinand Redazione chiusa il: 20 Febbraio 2011 HANNO SCRITTO: Marta Poli, Carolina Pernigo, Federica Rosa, Sara Ferri, Matteo Parussini, Valentina Pizzini,Francesca Ardino, Anna Pini, Federico Longoni, Michele Cavejari, Nicola Piccinelli, Roberto Melchiori, Antonella Sartori. FANTASTICHE ILLUSTRAZIONI: Giacomo Bagnara e Andrea Dalla Val PROGETTO GRAFICO: Giuliano Fasoli FOTO DI COPERTINA: "Pesce nucleare" (2011) di Giacomo Bagnara Stampa: Tipografia CIERRE - Sommacampagna (VR)

Copyright: Le condizioni di utilizzo di testi e immagini, laddove è stato possibile, sono state concordate con gli autori. Tutti i diritti sono riservati, testi, grafiche e fotografie sono coperte da copyright. Ogni copia degli stessi è illecita. Si ricorda che il contenuto del singolo articolo non definisce il pensiero della redazione e dell’editore. Grazie a tutti coloro che hanno collaborato, ma che sono stati dimenticati nei ringraziamenti.

PASS 2


PRIMO PIANO DONNE e DIGNITÀ: davvero una questione morale? La piazza delle idee

“A

ppropriazione indebita della dignità delle donne” recitava uno dei tanti manifesti di protesta di quel 13 febbraio che ha fatto il pieno di donne (e non solo) nelle principali piazze italiane. Io credo sia stata una data che passerà alla storia. La parola chiave attorno a cui voglio focalizzare il mio ragionamento è DIGNITÀ: la dignità è la cosa più preziosa che una persona possiede, assieme alla libertà, e le vicende di cronaca che hanno fatto emergere una storia tanto squallida quanto indegna per i palazzi del potere, l’hanno minacciata pesantemente. Ma c’è chi, quel 13 febbraio ha detto no, chi dice no quotidianamente, mettendo tutta se stessa nello studio, nella ricerca, nella crescita e nell’educazione dei figli, nel proprio lavoro (spesso precario). Questo per me significa rivendicazione di una dignità mai perduta.

P

enso che il tutto ruoti intorno alla progressiva perdita d’interesse che sta assumendo la questione morale nel nostro paese. Pare non si avverta più nel sentire comune un giusto o uno sbagliato ben delineato. Tutto è lecito, dipende da chi lo fa. Le donne sono fondamentali in ogni società. A loro, oggi più che mai (essendo cadute le istituzioni che un tempo concorrevano all’esercizio educativo) è delegato il compito di occuparsi dell’educazione dei figli, e chi più di loro si trova nella responsabilità immensa di crescere dei cittadini liberi? Donne, svegliamoci. Non c’è vergogna nella lotta ad un’immagine di donna svilita, finta, che sembra oggi, riesca ad arrivare sempre più lontano; perchè per quanto lontano arrivi, se accetta queste condizioni, sarà sempre debitrice di qualcuno. E non c’è libertà dove c’è vincolo.

SARA FERRI

ANNA PINI

A

d una ragazza che si è da poco laureata in filosofia gli amici, da veri goliardi, hanno regalato un completino intimo rosso fuoco e un paio di manette pelose. Perchè, vista l’aria che tira, è sempre bene avere in mente qualche professione di riserva. Non che per noi di Lettere la questione sia molto diversa... e la escort ultimamente fa moda. In fondo, è una grande consolazione per me sapere che, se tutte le mie aspirazioni lavorative fossero frustrate, potrei sempre presentarmi a citofonare ad Arcore. Finalmente i miei sogni di bambina troveranno soddisfazione! Quindi, scusate se tronco bruscamente, ma devo assolutamente investire tempo ed energie per trovare un modo di sbaragliare la concorrenza. CAROLINA PERNIGO

D

N

ei giorni in cui sto scrivendo in Francia è stata promulgata una legge che vieta alle donne di portare il velo. Vorrei che le donne arrivassero indipendentemente dalle imposizioni a scegliere di portare o meno il velo, siano queste di natura giuridica, culturale o religiosa. Vorrei che le donne scegliessero di spogliare o vestire il loro corpo con consapevolezza e gioia, e che riuscissero ad essere libere di vivere le loro relazioni amorose da essere umano a essere umano, come scrive Rilke, non da maschio a femmina. Queste tre righe sono banali e forse utopiche, ma ho 22 anni, me lo concedo. illustrazione di Giacomo Bagnara

alle ministre dal curriculum fantasma alle presentatrici tv dalle voci imbarazzanti per proseguire con le giornaliste sgrammaticate. Tutte lì perchè conoscenti, amiche, amanti ‘di’. Ma non solo: ci si mette anche il datore di lavoro che, se bionda e alta, è meglio. Per non parlare poi di giornali e riviste (e tv, e cartelloni pubblicitari, e tubetti di dentifricio), che ogni due pagine piazzano delle labbra a canotto che ammiccano al nostro imminente successo, in cosa, bene non si sa. Beh, qualcuno ricordi, chi se lo è dimenticato, che c’è un esercito di donne che ha scelto la strada più faticosa con orgoglio, non vergognandosi di poter credere e sperare in qualcosa di meglio e non temendo le piccole disgrazie quotidiane (chi ha a che fare con una qualsivoglia retta universitaria, capirà).

FEDERICA ROSA

L

’immagine di donna che i media ci propugnano e che bazzica certi salotti è sicuramente discutibile e solo parzialmente rappresentativa. Ma lasciatemelo dire, l’indignazione talvolta supera l’indecenza dei fatti stessi per i quali ci si indigna, sconfinando in sterile retorica. Tu ti prostituisci? Io lavoro. Tu ti affidi al maschio? Io mi affido all’uomo. Perchè proiettare le responsabilità altrove? Non siamo creature indifese da proteggere, siamo persone che scelgono strade differenti. Presumo, nonostante tutto, che molte andranno più lontano di chi decide di puntare sulle proprie transitorietà. Intanto, la strada da percorrere perché si possa davvero parlare di parità tra i sessi è ancora lunga, quindi muoviamoci su fronti concreti, a partire dalle quote rosa. MARTA POLI

ANTONELLA SARTORI

3 PASS


INFORMARE CON LENTEZZA INTERVISTA AL COLLETTIVO-STUDIARE CON LENTEZZA Sara Ferri e Matteo Parussini

P

er questo numero abbiamo ben pensato di occuparci di un’associazione universitaria presente nell’ambiente delle facoltà umanistiche: il Collettivo- Studiare Con Lentezza. Un gruppo, questo, promotore di diverse iniziative, ma sul quale molti studenti non hanno una chiara visione. Proprio per questo motivo e per togliere (e toglierci) alcuni dubbi al riguardo, vi proponiamo quest’intervista con Beppe Ascrizzi, che si è simpaticamente proposto come vittima delle nostre martellanti domande. Da quanto esiste, com’è nato, di cosa si occupa il CollettivoStudiare Con Lentezza? Il Collettivo-Studiare Con Lentezza esiste da circa quattro anni. Una sua caratteristica è il fatto che si rinnova da zero ogni anno, sia perchè abbiamo un ricambio di persone molto frequente, sia perché ci poniamo il raggiungimento di sempre nuovi obiettivi. Quest’anno, una delle principali iniziative che abbiamo proposto è stata la raccolta firme per chiedere un’assemblea d’Ateneo, in modo da poter prendere delle posizioni e per parlare di alcuni problemi palesi che riguardano la Riforma Gelmini, per tentare d’aprire anche solo un dibattito in merito, per far si che almeno il Rettore esprimesse una sua opinione. Purtroppo questo ci è stato negato. In questi anni il Collettivo ha sempre cercato un dialogo con gli studenti, non abbiamo mai voluto escludere nessuno dalle nostre riunioni, qualsiasi persona poteva partecipare e dire la sua. Abbiamo avuto più occasioni di dibattito ed abbiamo sempre voluto proporre idee che coinvolgessero la maggior parte dei ragazzi, ma purtroppo siamo sempre stati visti come un’”entità” a parte. Come portate avanti le vostre iniziative? Tentando di pubblicizzarle il più possibile, in Università, tramite social network, newsletter, blog. Recentemente siamo stati molto occupati nella ricerca di uno spazio che possa essere aperto ad un’autogestione da parte degli studenti, cosa prevista anche nel regolamento d’Ateneo. Se ci concederanno questo spazio, faremmo in modo che venga utilizzato da tutti: se un qualsiasi gruppo o un singolo vuole portare avanti un progetto che gli sta particolarmente a cuore potrà farlo. Il nostro proposito è quello di incentivare iniziative di auto-informazione all’interno dell’Università, per far in modo che essa non rimanga solo un “esamificio” o una routine; a nostro avviso l’Università dovrebbe essere un luogo dove si sviluppano interessi ed idee personali. Molte delle nostre proposte possono essere viste come utopistiche, ma il nostro intento è quello di aprire le porte per un dibattito che possa dare consapevolezza agli studenti di quello che possono fare e delle loro potenzialità. Questo significa auto-formazione. Quali progetti avete realizzato concretamente? Abbiamo proposto un progetto Tandem, che si chiama EOTO (Each One Teach One), finalizzato alla ricerca di uno scambio culturale più esteso. Questo progetto è autogestito dagli studenti di Lettere e Filosofia ed è stato approvato dalla Facoltà. Chi parteciperà, sarà tenuto a fare una relazione alla fine del corso, dando un parere positivo o negativo sull’esperienza. Un altro progetto, che però deve ancora partire, è Filitesi: l’idea è quella di far esporre le tesi di laurea agli studenti. Inoltre stiamo cercando di ampliare i nostri orizzonti di confronto, proponendo, ad esempio, dibattiti sul mondo del lavoro, con la partecipazione di operai ed esperti del settore economico-finanziario. Perchè, secondo voi, la maggior parte degli studenti vi cataloga come movimento politicamente schierato o ideologizzato (in riferimento ad alcune vostre iniziative contro la Riforma Gelmini e all’occupazione del Rettorato d’inizio aprile)? Non credete che ciò vi penalizzi? Ci siamo esposti in più occasioni, ad esempio contro la Riforma Gelmini, perchè crediamo che una posizione in queste situazioni si debba prendere. Il Collettivo non è legato nè a partiti politici, nè ad ideologie particolari. Ma in alcune occasioni il pensiero di un singolo può rischiare di essere interpretato come il pensiero di tutto il gruppo. Noi, in quanto singoli, abbiamo ognuno le nostre idee. Indubbiamente il fatto d’essere catalogati come movimento schierato ci penalizza, ma nel momento in cui abbiamo tentato di creare qualcosa di più ampia partecipazione non siamo riusciti ad ottenere i risultati sperati. L’essere contro la Riforma è stata la conclusione di una lunga riflessione: non abbiamo preso posizione contraria da subito, a prescindere; ne abbiamo discusso,

PASS 4

illustrazione di Andrea Dalla Val

ci siamo informati e solo successivamente ci siamo mossi. Riguardo alla questione dell’occupazione del Rettorato abbiamo agito in seguito alla concessione di uno spazio da parte dell’Università per un’iniziativa autorefenziale di un’organizzazione studentesca dichiaratamente fascista. Alcuni membri di Studiare Con Lentezza si sono recati dal Rettore, il quale era del nostro stesso parere su molti punti, ma a quanto pare, a livello istituzionale non esistevano gli estremi per bloccare tale iniziativa; nonostante il Preside di Facoltà di Lettere e Filosofia abbia detto che la richiesta è avvenuta da dei rappresentanti degli studenti, ciò non deve vietare un minimo di giudizio critico: se tu organizzi, in Università, una conferenza sulla presentazione di un libro di valenza culturale, io non ti posso vietare di farlo; ma se tu presenti un romanzo che parla di due ragazzi che vivono l’ambiente di Casa Pound io credo che sia una cosa abbastanza autoreferenziale. È un’iniziativa che, a nostro parere, potevano benissimo fare a casa loro. La propaganda politica non deve entrare nelle mura dell’Università. Personalmente non ci siamo trovati d’accordo con i vostri attacchi nei riguardi di Avezzù (Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, ndr), il quale è sempre stato coerente nelle sue decisioni e garante della libertà di pensiero. È banale affermare che chiunque possa sostenere pubblicamente qualsiasi idea. Mi spiego: un minimo di selezione per un’iniziativa che si svolge in Università deve essere fatta e questa era senza dubbio di parte. Ora tenteremo di parlare con Avezzù, ma la conferenza si è rivelata come avevamo previsto, pienamente autoreferenziale ed aperta ad una sola parte politica. Quello che critichiamo ad Avezzù è che è giusto dare spazio di parola a tutti, ma occorre anche capire chi sono certe persone e quali sono le loro reali intenzioni. Che riscontro avete avuto dagli studenti, dai professori e dai ricercatori? Abbiamo cercato di dialogare con tutte le realtà dell’Ateneo, anche se non ci siamo riusciti completamente. Da parte dei ricercatori non ci sono mai state delle risposte, mai un sostegno diretto (salvo poche persone), mai un appoggio concreto, non hanno mai preso posizione assieme a noi, nonostante stessimo lottando per scopi comuni; evidentemente questo gruppo mira a traguardi che riguardano esclusivamente la categoria. Gli studenti, in generale, trovano materialmente poco tempo per partecipare ad attività che non siano lezioni od esami. L’Università è un ambiente che può dare tanto, dove una singola persona può sviluppare se stessa ed il proprio carattere, ma per fare ciò occorre dedicarci del tempo; noi vediamo che la maggior parte degli studenti non ci pensa o non è abituata a farlo. Con molti professori abbiamo un buon rapporto. Abbiamo avuto il loro appoggio su alcuni progetti proposti, compresi quelli citati precedentemente. Il nostro è un gruppo che è cambiato molto e non è riassumibile in un’unica sintesi che lo descriva:ogni anno ci dobbiamo confrontare con problemi diversi. Alcune mete che ci eravamo prefissati, soprattutto riguardanti la partecipazione, non sono stati raggiunti. Questa è una cosa che ci rimproveriamo, forse non abbiamo ancora capito quale sia il metodo di comunicazione che coinvolga un maggior numero di persone. Quello che ci auguriamo è che gli studenti capiscano che tutto ciò che facciamo è nel loro interesse, non chiediamo pieno ed incondizionato appoggio, ma che venga ascoltato quello che abbiamo da dire. Poi ognuno sarà libero di farsi la sua idea.

Link utili: http://www.facebook.com/home.php#!/studiareconlentezza http://studiareconlentezza.noblogs.org/


Student Office è collegata a Comunione e Liberazione? Una risposta e un’intervista a cura di Federica Rosa

I

n seguito alla pubblicazione, sul numero di Pass del primo semestre, dell’articolo dal titolo «Student Office è collegata a Comunione e Liberazione? Domande e indagini», contenente l’appello ai rappresentanti di questa lista studentesca a contattare la redazione per confrontarsi sull’argomento, nella posta elettronica di Pass è giunta la risposta di Davide Ghelli Santuliana, studente del terzo anno di Informatica e rappresentante eletto nelle file di Student Office per il Consiglio di Corso di Laurea di Informatica e Bioinformatica, che pubblichiamo di seguito. Parto rispondendo alla domanda posta nel titolo dall’articolo: sì, Student Office è legata a CL, c’è una presenza preponderante di esponenti legati a questo movimento ecclesiale. Svelato l’arcano, rimane la domanda: “perché non lo farebbe sapere in giro?”, che trova immediatamente risposta: all’interno di Student Office esistono persone che non fanno parte di questo movimento ed hanno idee politiche delle più variegate. Porre esplicitamente in correlazione SO e CL non sarebbe giusto nei confronti delle persone della lista che non appartengono all’universo ciellino, d’altra parte personalmente non ho mai avuto difficoltà a dire che esiste questa presenza nella nostra lista e credo fosse risaputo fra gli studenti, o almeno quei pochi che si interessano di cosa accade nella propria facoltà. Non vedo invece perché questo dovrebbe destare scandalo, sono anni che i partiti o altre organizzazioni sono presenti nell’università italiana e non capisco perché CL o persone appartenenti a un qualsivoglia movimento religioso non potrebbero occuparsene, dato che ognuno può arricchire gli atenei con le proprie idee. Alla fine, infatti, chi ci giudica sono gli elettori, cioè gli studenti, che se non hanno trovato di loro gradimento qualche presa di posizione o qualche azione portata avanti dalla nostra lista, come da qualsiasi altra, nel loro ateneo, nella loro facoltà o nel proprio corso di laurea, allora evidentemente non ci voteranno più. A questa risposta di Davide è seguita un’intervista in merito ad alcune sue affermazioni. Non ti nascondo che mi stupisce l’espressione ironica da te impiegata, «Svelato l’arcano», in riferimento alla tua affermazione che un collegamento tra SO e CL esiste nella forma di «una presenza preponderante di esponenti legati a questo movimento ecclesiale». Infatti, come indicato nell’articolo uscito sull’ultimo Pass, si è fatto davvero fatica per trovare qualcuno disposto a parlarne. Ad ogni modo, questo che tu dici è effettivamente l’unico collegamento esistente tra le due realtà? Inizialmente non hai smentito i dubbi sull’esistenza di un legame anche economico, ovvero di finanziamenti dati da CL a SO. Non ne ero sicuro e ho preferito aspettare di aver modo di informarmi meglio prima di dare una risposta definitiva. Il denaro necessario a Student Office proviene principalmente dall’autofinanziamento, ad esempio

i nostri rappresentanti che hanno diritto al “gettone” per il rimborso spese vi hanno sempre rinunciato devolvendolo alla lista. Oppure ci facciamo aiutare da dei volontari che ci supportano, per esempio stampando i volantini o altro materiale. La copisteria CUSL “Il sentiero” non è uno dei modi con cui vi finanziate? M risulta che uno dei vostri rappresentanti ne parlasse in un’intervista a Fuori Aula Network in occasione delle elezioni studentesche del maggio scorso. No, la CUSL è stata concessa dall’Ateneo a persone del CLU (Comunione e Liberazione Universitari, ndr), un reparto di CL che non ha nulla a che vedere con SO, che la autogestiscono. Probabilmente quella indicazione voleva avere come unico scopo la valorizzazione di una realtà ritenuta positiva e utile. Tu parli di «universo ciellino». Non credi che questo universo influisca in qualche modo sulle linee della tua lista? No, non lo credo perché, in base alla mia esperienza presso la Facoltà di Scienze, in SO la linea comune è decisa in riunioni che si tengono periodicamente ed è dettata dai problemi pratici degli studenti che di volta in volta si devono affrontare. Ognuno di noi ha delle idee individuali differenti e non c’è assolutamente una linea di pensiero imposta dall’alto. Tu scrivi: «personalmente non ho mai avuto difficoltà a dire che esiste questa presenza (di studenti di CL, ndr) nella nostra lista». Credi che ci sia qualcuno che ha invece difficoltà a parlarne? Nella mia esperienza personale non ho mai notato particolari reticenze in merito. Tu che collabori giorno per giorno con studenti ciellini, cosa ne pensi del movimento di CL? Ho avuto modo di conoscere da vicino il movimento partecipando ad alcune scuole di comunità e a degli esercizi spirituali, quello che posso dire è che, pur avendo delle idee diverse dalle loro, le persone che ho conosciuto sono serie e non fanno le cose con superficialità, ci credono veramente e soprattutto fanno parte di una comunità molto compatta. Con i miei colleghi di CL mi confronto spesso su molte questioni intorno alle quali la pensiamo diversamente. Ringrazio Davide per la pronta risposta data al mio vecchio articolo e per la disponibilità dimostrata per l’intervista, che qui risulta purtroppo impoverita ma che è stata una lunga discussione a più riprese in cui si è cercato di carpire la verità, che probabilmente non sarà stata colta che parzialmente, ma perlomeno c’è stato un tentativo.

5 PASS


Sesso e potere Perché un corso di Filosofia può destare scandalo? Ne parliamo con il professor Lorenzo Bernini. FEDERICA ROSA

I

In particolare la filosofia politica applica questo metodo al fenomeno del potere. Ma cosa s’intende per potere? Per la filosofia politica classica-moderna il potere ha a che fare principalmente con le istituzioni. Questa filosofia si interroga, ad esempio, sul perché si debba obbedire al potere politico, oppure su quali siano le forme di governo giuste o ingiuste. C’è poi tutta una filosofia, elaborata a partire dal Novecento, che per potere intende anche la normalizzazione degli stili di vita, il disciplinamento delle individualità, la regolazione delle relazioni umane: questo potere agisce non soltanto imponendo obbedienza alle leggi promulgate dallo Stato ma anche attraverso la cultura, l’educazione, la medicina, la psichiatria… Gli autori che prendo in esame nel corso interpretano il potere in questa seconda accezione, che ha a che fare anche con la questione dell’identità sessuale. Le polemiche rivolte al mio corso mi hanno stupito anche perché l‘Università di Verona ha una lunga tradizione di studi femministi: da un lato da decenni è attiva la Comunità di Diotima e dall’altro ci sono gli studi di Adriana Cavarero. Il femminismo interpreta appunto il rapporto uomo-donna come un rapporto di potere e giudica la sottomissione della donna all’uomo non come un dato naturale ma come un fenomeno culturale, regolato da forPotrebbe spiegare cos’è la filosofia pome di potere. Le teorie queer, che mi propongo litica e cosa ha a che fare con l’identità di di analizzare nel corso, nascono dal movimengenere? to femminista e, insieme alle gender theories La definizione del concetto di filosofia politica e ai gay studies hanno allargato l’analisi su è proprio uno degli argomenti che ho trattato come certe forme di potere agiscono sulla nel corso, precisando fin da subito che non sessualità anche rispetto alla determinazione esiste un’unica definizione: con gli studendelle minoranze sessuali: gay, lesbiche, tranti e le studentesse ne abbiamo vagliate diversessuali, transgender e intersessuali. Un’ause e, alla fine, ho dichiarato con onestà quali trice contemporanea fondamentale in questo tra queste sono quelle più vicine al mio modo senso è la filosofa americana Judith Butler. Il di filosofare. Una delle accuse che viene rivolcorso approda al pensiero di Butler dopo aver illustrazione di Giacomo Bagnara ta al corso è quella di essere parziale, di non analizzato il pensiero di Michel Foucault e la avere un contraddittorio, ma quello che ho cercato di spiegare sua critica alle teorie freudomarxiste degli anni ’70. nelle mie lezioni è che da parte mia sarebbe stato molto più disoIn ogni caso, le obiezioni che mi sono state rivolte sono segnate nesto dichiarare di avere un punto di vista oggettivo: la filosofia da un’aporia, da una contraddizione interna. Mi viene chiesto che non si occupa di fatti ma dell’orientamento degli esseri umani nel cosa c’entri il mio corso con la filosofia politica, ma in realtà il fatmondo; ed è caratterizzata dal metodo del discorso razionale che to stesso che una madre intervenga su un giornale locale, che un è discorso critico (che mette cioè in discussione le certezze condigruppo di opinione prenda posizione contro il mio corso pubblicavise), e pubblico (tutti possono partecipare purché lo facciano con mente e che un giornale nazionale riprenda la notizia dimostra argomentazioni razionali). Le domande della filosofia, pertanl’attualità e la politicità dei problemi che nel corso vengono to, non hanno una risposta univoca. Ogni filosofo esprime dei trattati attraverso il pensiero di alcuni filosofi e filosofe. pensieri che poi sta ad altri recepire o mettere in discussione ed è in questo modo che la ricerca filosofica si sviluppa. Tutto il corso, Ho avuto modo di leggere la lettera all’Arena di una sua coerentemente con questo metodo, ha un’impostazione critica. studentessa, scritta in risposta alla lettera polemica della Gli studenti sono caldamente invitati ad intervenire, a dire la loro madre di un’altra studentessa sul suo corso. La studentesopinione, a mettere in discussione le teorie che io espongo. sa vi sostiene consapevolmente l’assoluta legittimità delle l 28 febbraio 2011, tra gli altri corsi del secondo semestre, ha avuto inizio anche quello di Filosofia politica tenuto dal professor Lorenzo Bernini, ricercatore di questa stessa disciplina presso il nostro Ateneo. Il tema centrale di queste lezioni (il cui programma completo si può visionare su www.univr. it), rivolte agli studenti del terzo anno di Scienze della comunicazione, sono «le queer theories contemporanee che contestano la rappresentazione binaria del genere con cui la medicina, la psicologia, l’ordinamento giuridico disciplinano ancora oggi la percezione sociale dell’identità, determinando esclusioni, discriminazioni, violazioni dei diritti umani delle minoranze». Questo argomento ha suscitato diverse polemiche, anche violente: un articolo di Alessandro Gonzato uscito su Libero il 7 aprile 2011, un comunicato di Matteo Castagna, il portavoce del Circolo Christus Rex, che si può leggere su www.pontifex.roma.it e su www. agerecontra.it, e una lettera all’Arena scritta dalla madre di una studentessa che frequenta il corso. Proviamo a capire con il professor Bernini quale sia precisamente l’argomento del corso da lui tenuto, quale la percezione che ne hanno gli studenti e perché tale tema susciti tanto interesse.

PASS 6


sue lezioni. Lei ha l’impressione che questa lettera rispecchi, in generale, il pensiero dei suoi studenti oppure ha ricevuto anche da questi critiche, proposte, interrogativi in merito a questo corso? E in che termini? Come già dicevo prima, fin dall’inizio del corso, che si rivolge a degli studenti universitari quindi maggiorenni, adulti, ho messo in chiaro che gli studenti possono liberamente mettere in discussione il punto di vista che io presento nel corso e il pensiero di questi filosofi. Ci sono stati dei momenti in cui, in modo del tutto civile, sono state poste delle domande, e in alcuni casi alcuni studenti hanno manifestato perplessità personali. Uno studente, ad esempio, è intervenuto dicendo di non capire le rivendicazioni politiche che vengono avanzate da soggetti ritenuti “malati” dalla medicina ufficiale. Partendo da questa domanda ci siamo interrogati sul significato di normalità e patologia all’interno della medicina, sul fatto che spesso si giudichi quanto sostenuto da i medici come dotato di un’autorità assoluta mentre la storia della medicina dimostra che alcune opinioni mediche del passato sono state messe in discussione e che alcune categorie di persone che in passato sono state giudicate come malate oggi non lo sono più. Ad esempio, il 17 maggio si celebra la giornata mondiale della lotta contro l’omofobia perché in quella data, nel 1991, è stata depennata l’omosessualità dal DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, ovvero Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, ndr). Questo caso dimostra che la medicina si evolve e che si può dubitare delle sue verità, smascherando i pregiudizi o i presupposti non esplicitati di alcune di esse con gli strumenti della filosofia e dell’epistemologia. Attualmente la transessualità compare ancora tra le malattie psichiatriche del DSM IV, però è in atto tutto un movimento che ne chiede la depatologizzazione. Patologizzare la transessualità significa quindi rispettare una verità scientifica o violare un diritto umano? Questo resterà un interrogativo a cui ogni studente darà la propria risposta, però è importante maturare la propria opinione sapendo che esiste un movimento che si batte per la depatologizzazione della transessualità, che ci sono uomini e donne transessuali che soffrono non per la loro condizione ma per lo stigma della malattia. C’è stato uno studente che è venuto solo alle prime lezioni e che esprimeva punti di vista contrari a quelli da me proposti, che io ovviamente gli ho sempre lasciato esprimere, rispondendogli, discutendo con lui... ma poi lui ha deciso di non seguire più il corso.

Perché crede che argomenti come quelli trattati nel suo corso suscitino tanto “scandalo”? Quali crede siano i motivi profondi di questa polemica? Ci tengo molto a ribadire che il corso che sto tenendo non è in realtà particolarmente originale: vi si trattano argomenti che vengono affrontati in tutte le università europee e statunitensi. E non è nuovo del tutto neanche in questa Università, perché il femminismo è stato un argomento affrontato diffusamente all’Università di Verona, come dicevo prima. Sul perché questo corso abbia suscitato tutto questo interesse e anche disapprovazione non ho una risposta definitiva. Uno dei sensi del corso è proprio di interrogarsi su questioni come queste. Noi viviamo in società in cui il sesso, inteso come identità sessuale, è diventato un elemento dell’umano su cui il potere ha esercitato una presa particolarmente forte. Nelle società moderne occidentali pensiamo al sesso non soltanto come ad un’azione privata ma come a un problema politico. Il sesso non ci interessa solo per il piacere che ci può dare, ma anche come strumento di controllo degli altri. Attraverso accurate ricostruzioni storiche, Foucault cerca di capire come questo sia successo... C’è qualcos’altro che vorrebbe aggiungere sulla questione? Desidero ringraziare il preside Guido Avezzù che non ha esitato a prendere le difese della libertà di insegnamento. Concludiamo dunque anche noi con dei ringraziamenti, rivolti al professor Bernini che si è reso disponibile per questa intervista, e augurando a lui e ai suoi studenti un buon proseguimento del difficile compito di fare e studiare filosofia.

Tra gli studenti che seguono il corso vi sono state, infine, due studentesse, Oriana Orlando e Carlotta Meneghini, che hanno deciso di proporre ai loro colleghi dei questionari anonimi per capire quali siano effettivamente le opinioni dei frequentanti su questo corso così discusso. Purtroppo, mentre sto scrivendo questo articolo, le risposte a tali questionari non sono ancora disponibili. Ma credo sia interessante sapere che in molti si stanno muovendo per approfondire e capire le radici della polemica e soprattutto se essa è in qualche modo condivisa dagli studenti o meno. C’è stata poi la petizione del collettivo studentesco Studiare con lentezza (che si può leggere sulla loro pagina facebook, si intitola “Io non me ne frego”). Sì, i ragazzi del collettivo hanno dimostrato solidarietà nei miei confronti in occasione di queste accuse. Il senso della loro petizione è che nello statuto della nostra Università, che si sta attualmente riscrivendo, ci sia un riferimento all’antifascismo, all’antirazzismo e alla lotta all’omofobia, ovvero una presa di posizione per la difesa dei diritti di tutte le minoranze, etniche e sessuali.

7 PASS illustrazione di Andrea Dalla Val


I-SUR, Robot Chirurgia a Verona “Robosuture” a Bombay, chirurgo a Verona Nicola Piccinelli

A

ltair non vi dice niente? I-SUR nemmeno? Vi capisco, vi confido che, probabilmente, se non avessi seguito il corso di Sistemi e Segnali e non mi fossi addentrato tra i laboratori della mia facoltà alla ricerca di risposte sulle trasformate di Laplace e le serie di Fourier, non ne saprei nulla nemmeno io. Ma insomma... diciamo che il primo è il laboratorio di robotica di Scienze nelle lande desolate di Ca’ Vignal e l’ altro è un progetto europeo. Ebbene sì, nel nostro Ateneo, sotto i nostri piedi, a partire dal mese di marzo, si lavora ad un nuovo progetto di chirurgia robotica. Niente fantascienza o elucubrazioni alla macchinetta del caffè di qualche laureando alla ricerca di un’ idea per la tesi, ma bracci robotici, controller della wii installati dentro giroscopi e un simpatico pupazzo giallo (che ricorda Dumbo!) utile nel regale lavoro di sostegno al Da Vinci (un robot per operazioni mediche, ndr). Finanziato dall’Unione Europea, I-SUR è un progetto importante con altrettanti importanti benefici nel ramo della medicina chirurgica. È pensato per creare un nuovo sistema che permetterà di eseguire semplici operazioni chirurgiche come biopsie, incisioni e suture in modo automatico strizzando così un occhio all’intelligenza artificiale. Il progetto è finanziato per un totale di 3.929.667 euro, per una durata di 42 mesi. Al lavoro per la nostra Università c’è il laboratorio di robotica “Altair” della

PASS 8

Zeus Surgical Robot

facoltà di Scienze MM.FF.NN, coordinato dal Prof. Paolo Fiorini, docente di Sistemi e Segnali per il corso di Informatica e Bioinformatica, che, in collaborazione con varie Università italiane e straniere (Tallin, Zurigo, Istanbul, Ferrara, Modena – Reggio Emilia) studieranno nuovi sistemi medici. L’ obbiettivo di I-SUR sarà quello di creare strumenti in grado di lavorare in automatico senza la guida di chirurghi ‘in carne ed ossa’ infrangendo così le barriere legate all’automazione degli interventi chirurgici. Infatti non è una novità che i robot vengano utilizzati in ambito medico nelle operazioni più delicate come quelle neurologiche oppure per interventi in laparoscopia e nella chirurgia ortopedica. Ma fino ad ora non esistevano sistemi automatici, eccezzion fatta per qualche caso sporadico (cucitrici o sistemi per diminuire i tremori delle mani), i robot sono sostanzialmente dei bracci meccanici comandati da joystick con la capacità di fornire un semplice feedback visivo (per esempio un modello 3D

“Fausto” Neobotix Mobile Platform

dell’operazione). Il progetto inoltre lavora sulla pianificazione delle operazioni, in modo tale da poter programmare il robot a seguire le prassi operatorie adottate dal singolo chirurgo, lo sviluppo di una nuova interfaccia per facilitare l’utilizzo di queste apparecchiature, un nuovo design e uno studio sui risvolti legali riguardanti ciò che è definito come il ‘bisturi intelligente’. Le prospettive future sono molto interessanti: potrebbero permettere di migliorare precisione e velocità incorporando compiti automatici nei sistemi di telechirurgia dove il chirurgo non può essere accanto al paziente come nel caso di calamità naturali. Vivendo in questo clima di austerity e di tagli alle sovvenzioni pubbliche sulla ricerca e l’istruzione, I-SUR ci fa sperare o forse ci fa riprendere fiato nell’attesa che l’aria cambi e si ritorni a puntare sulle menti Made in Italy. Chi è interessato può navigare verso questo sito web per contattare il laboratorio: http://metropolis.sci.univr.it/


NUOVI ORIZZONTI ALL’UNIVERSITÀ Progetto d’Intercambio Cicerone Matteo Parussini

U

na sorpresa è nata quest’anno all’interno dei corridoi dell’Università Di Verona: si tratta di un nuovo progetto culturale di scambi, nell’ambito di un ambiente universitario che talvolta, sforzandosi, riesce ad accettare le stimolanti idee dei suoi giovani studenti. Ebbene, proprio uno di questi scapestrati, Pablo Barriga, è il fondatore dell’associazione ”Intercambio Cicerone”, che direttamente dall’Ecuador consente a ragazzi e ragazze sudamericane di poter conoscere la cultura e la così rinomata “vita italiana”. Pablo, incredibilmente studente di lettere del terzo anno, è l’ideatore di questa nuova stimolante avventura per l’ateneo della nostra città, alla faccia di coloro che sostengono la sterilità propositiva dei nostri giovani universitari (soprattutto delle facoltà umanistiche). Questo scambio consentirà dunque agli studenti provenienti dall’Ecuador di seguire un buon numero di corsi durante la durata dell’intero anno accademico, imparando e praticando la nostra lingua. Tutto è già operativo: il primo passo è stato fatto proprio pochi mesi fa, quando le prime sei ragazze sono arrivate ad ottobre dall’aeroporto di Quito. Visibilmente contente, ed eccitate dalla nuova avventura, sono apparse all’arrivo nello scalo veronese, quando siamo andati ad accoglierle. L’associazione comprende, oltre a Pablo, degli altri studenti che per grazia divina cooperano volontariamente nel progetto. È sempre l’associazione “Intercambio Cicerone” a provvedere all’organizzazione di tutto il necessario: dal lavoro burocratico per l’ottenimento dei documenti delle ragazze, alla sistemazione delle ragazze stesse in alcuni appartamenti nel centro cittadino, a due passi dall’Arena (lusso). Superato così lo scoglio delle inevitabili difficoltà iniziali (la burocrazia universitaria e quella legata all’ottenimento dei permessi di soggiorno in primis), il progetto si sta trasformando ormai in una piacevole realtà sia per i ragazzi che arricchiranno la loro esperienza personale, sia per l’università di Verona a cui si apriranno nuovi orizzonti futuri. L’attrattiva certamente è quella di “un’esperienza in un

illustrazione di Andrea Dalla Val

paese ricco più di tutti gli altri di storia e arte”, mi dice Aleandra parlandomi della sua scelta, così come del “buon cibo e bei ragazzi” dall’altro lato suggerisce, la simpaticissima Pamela. Le domande più interessanti rivoltemi sono andate dal “ma perchè qui c’è freddo?” al “dov’è che si va a ballare la sera?”, ma non preoccupiamoci, c’è tempo! È invece importante soffermarsi e notare come dal nulla, ossia da una semplice idea nata dalle conversazioni con gli amici nei bar o nei tavoli universitari, possa emergere un proposito che prende piede col sostegno dei professori e diventa una solida certezza nell’arco di un solo anno. Non mi rimane così infine, che salutare il nostro caro amico Pablo e le simpatiche ed intraprendenti ragazze, alla fine della cena a cui sono stato invitato (ed in cui mi sono ritrovato visibilmente ubriaco), con un augurio a tutti loro per buon proseguimento di quest’avventura che va certamente in controtendenza rispetto al consueto grigiore del panorama universitario italiano.

9 PASS


CHIMERA ‘PROGRESSO’ E BELLEROFONTE ‘SPERANZA’ (Il no al nucleare è solo l’inizio…) Michele Cavejari

O

ggi, al cittadino civilizzato viene impedito di fare da sé ciò che altrimenti saprebbe fare benissimo. Le funzioni essenziali sono professionalizzate, le innate abilità requisite e ascritte alla casta dei cosiddetti ‘esperti’. Addestrati dalle istituzioni, uomini e donne assistono prima al graduale sottosviluppo della fiducia in loro stessi, poi alla crescente terminalizzazione dei bisogni elementari, infine alla progressiva tecnologizzazione della visione del mondo. Non andare dove si può andare diventa sovversivo. Non poter produrre tutto ciò che può essere fatto pagare assume le sembianze di una barriera da abbattere. E così, da un verso non riusciamo più a immaginare niente, nemmeno lo svago, quando non prestabilito o standardizzato, e dall’altro dimostriamo un’immensa inerzia psicologica nel lasciarci guidare sui sentieri del ‘lecito’: presi per mano dai guru di settore, dalle scuole e dagli ospedali che governano la vita, plasmano i corpi e stabiliscono la Regola… Posto al contrario, che nessun balzo in avanti della scienza o della tecnica potrà mai procurare ad ogni abitante del mondo Beni, Servizi e Felicità in quantità maggiore a minor impatto ecologico, e che la campana di vetro sotto la quale veniamo quotidianamente confinati non fa che accentuare la nostra dipendenza, l’incapacità d’organizzazione, l’indolenza e la polarizzazione sociale; dobbiamo disinserire il pilota automatico e assumere la piena responsabilità di rifiutare l’orizzonte impostoci. Solo così, ispirati dall’umiltà della Parsimonia, potremo infatti esperire l’Abbondanza. Solo nell’eser-

PASS 10

cizio della Misura riscopriremo che Vivere non significa affatto contare su un processo pre-digerito o su risultati programmati; quanto agire in prima persona in relazione a ciò che ci compete, avere una fede reciproca verso l’altro e l’ambiente, nel pieno rispetto degli equilibri e della biodiversità, animati da un ottimismo altruistico e da una forma d’amore libero, alto, disinteressato. La necessità primaria è perciò interio-

rizzare l’obbligo di consumare meno, non semplicemente limitarsi a richiedere pacchetti energetici diversi… ‘de gustibus’. Perché quand’anche l’intero universo dei motori, un domani, venisse alimentato con il solare e i veicoli fossero fatti d’aria e ognuno potesse finalmente disporne per andare ovunque, comunque e sempre, senza inquinare: presto o tardi sarebbe negato l’uso delle gambe col pretesto della sicurezza, e il diritto alla mobilità compirebbe l’estremo passo, ossia l’assassinio della libertà di movimento in nome di un’unica immensa viabilità

di carrozzelle supersoniche atte a corpi obsoleti. Quello del traffico scoppiato per overdose energetica, naturalmente, è solo uno tra gli innumerevoli esempi disponibili. Ma dev’essere ben chiaro un passaggio: in un ambiente fatto per le cose, nessuno può più esercitare veramente la propria autonomia. E chi crede ancora di riuscirci, si illude. A poco serve persino appellarsi al Diritto in queste situazioni. “Le libertà proteggono i valori d’uso come i diritti tutelano l’accesso alle merci. E come le merci possono distruggere la possibilità di creare valori d’uso e tramutarsi in ricchezza depauperante, così la definizione professionale dei diritti può soffocare le libertà e instaurare una tirannide che seppellisce la gente.” (Illich) Ora, alla luce di quanto detto, come porci nei confronti delle recenti campagne energetiche in favore del nucleare? Legittima sorge la domanda: la possibilità di imporre alla società l’ennesimo megastrumento ne legittima anche la costruzione? L’eredità velenosa che consegneremo ai posteri è realmente la soluzione finale al degrado ambientale? Insomma, il gioco vale la candela? Le posizioni sono molteplici. La risposta di chi si informa bene, riflette e volge lo sguardo al futuro della Terra, al contrario, è univoca: no. Che l’opinione degli italiani non sia cambiata rispetto all’esito del referendum del 1987, dove l’80% espresse la contrarietà in materia, incarna di fatto lo scoglio contro il quale la nave Leviatana, vent’anni dopo, si ritrova a dover fare i conti. E a dover mettere a punto subdole manovre di macchi-


nazione psiincerti sono catechizzati e gli cologica per provare oppositori convertiti. Scacco a farlo crollare. Bastino matto. due esempi per comprenderle Finora l’opposizione alle centutte: trali nucleari si è limitata al 1) L’uso di un testimonial pericolo delle radiazioni. Ma come Umberto Veronesi, ben di rado si è osato criticarl’oncologo. Al suo charme le per il loro apporto alla già che ispira fiducia ed esprime eccessiva quantità di energia profonda serenità è stata afdisponibile! fidata, non a caso, la carica di Ecco allora che un ‘no’ secco presidente dell’agenzia per in materia non significa la sicurezza del nucleare. affatto sbandierare la pur 2) E poi il ricorso ad una legittima appartenenza tele-propaganda il cui papolitica, né tantomeno rallelismo con il “Settimo chiudere gli occhi davanti Sigillo” e la relativa partita al problema della crisi ecocon la morte sarebbe oltrelogica. È piuttosto un segnale illustrazione di Andrea Dalla Val tutto fin troppo semplice. Nel forte, uno spunto, un simbolo, suddetto spot, due gemelli impegnaun nodo di partenza per risorti davanti ad una scacchiera muovono gere come uomini e come anime. pezzi e dubbi sul nucleare. Il fratello Una presa di posizione critica, indocile contrario è timoroso, incerto; quello a e netta contro un prezzo troppo alto da favore pacato e suadente. La voce fuori pagare. campo invita al dialogo e al confronto, Dire no al nucleare significa insomma rimanda al sito internet (gestito da -ed è questo che mi interessa venga pro-nuclearisti) per lasciar maturare recepito- sfidare la logica egoistica le proprie idee e prendere una posizioche pretende di dare un prezzo alla ne… in verità, senza l’uso del mitra, gli Terra tassando pesantemente chi non

è ancora nato. Significa disobbedire in nome della speranza che coglie il valore insito nella vita, sia essa umana che non-umana. Dire no al nucleare è l’accorata denuncia all’ideologia crepuscolare di una videocrazia tecnocratica intenzionata a scavare una profondissima fossa, una voragine ove seppellire persino l’ultimo residuo di responsabilità morale e civile… l’ultimo residuo di dignità. Stipuleremmo sul serio un patto col diavolo pur di risparmiare qualche euro in bolletta? Riflettiamoci bene. Perché è a questo che siamo chiamati. Lavoriamo e risparmiamo per i nostri figli; per donare loro la possibilità reale di studiare, giocare e costruirsi un futuro sereno. Il nucleare conferma oppure nega questo assunto? Il nucleare rinverdisce o cancella il ‘progetto domani’? Pensiamoci. E magari pensiamo anche che “non basta esser pacifisti, seppur nel profondo del cuore e con selvaggia sincerità; occorre che questo pacifismo sia la filosofia conduttrice di tutte le azioni della nostra vita. Qualsiasi altra condotta è soltanto una spregevole codardia.”(Jean Giono) Le centrali sono sicure, dicono… lo stoccaggio scorie è tutto fuorché un problema risolto (Francia e Germania le ‘smaltiscono’ altrove… si parla della Siberia come discarica tossica e di Africa come pianeta spazzatura lontano anni luce). Ma le centrali sono ‘sicure’. E solo questo importa. L’Italia con il nucleare non produrrà che una fetta esigua del fabbisogno energetico necessario, sarà comunque dipendente dall’estero e destinerà meno fondi alle fonti rinnovabili. L’evidenza della realtà si fa spudoratamente sconcertante. Le centrali rivelano la loro natura di mere speculazioni economiche. Ma detto fra noi: secondo molti questi sono solo esercizi di retorica. Puro ecologismo di sinistra. Mancano le cifre, diranno. Non ce la racconti giusta. Vogliamo antitesi, grafici profitti-e-perdite, piani cartesiani, sinusoidi e andamenti iperbolici. Statistiche! È proprio questo il punto. Con simili demagogie ci hanno resi ciechi all’evidenza. E noi abbiamo smesso di credere a ciò che vedevamo per confidare in sempre nuove, sterili, chimere fantascientifiche.

11 PASS


IL SONNO DELLA RAGIONE O l’iperattività delle industrie farmaceutiche Francesca Ardino

È

sconvolgente come certe notizie non riscontrino il benchè minimo interesse da parte dei mass media… Avete mai sentito parlare di Metilfenidato? Il Metilfenidato è la molecola che compone lo psicofarmaco Ritalin che nel 2007 è stato ufficialmente introdotto in Italia. Il metilfenidato (MPH) è un analogo delle anfetamine, è uno stimolante utilizzato in medicina per il trattamento del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) in bambini e in adulti. Viene prescritto in particolare a quei bambini che non stanno fermi sui banchi di scuola, sono troppo distratti o fanno dannare i genitori. Questo farmaco causa il danneggiamento dei neuroni e della loro capacità di neurotrasmissione, creando un vero e proprio intorpidimento delle funzioni cerebrali, ovviamente ‘calma’ il bambino iperattivo; solo che allo stesso tempo ne uccide la creatività, l’intelligenza e l’emotività stessa. È per questo che, a proposito del metilfenidato si parla di effetto Zombie. Il Ritalin in Inghilterra viene classificato tra le venti droghe più pericolose. Nel sito web dell’organizzazione GiùleManidaiBambini troviamo una serie di strazianti testimonianze da parte di genitori che hanno perso i loro figli. Le autopsie effettuate sui piccoli hanno rivelato che la morte è stata causata dall’assunzioillustrazione di Giacomo Bagnara ne a lungo termine di psicofarmaci. Ma quali sono i danni che provocano questo tipo di farmaci? I danni sono devastanti e spaziano dall’ingrossamento del cuore (provocando infarti e collassi), alla modificazione permanente del cervello, ingrossando certe zone e atrofizzandone delle altre, arrivando fino alla discinesia tardiva che comporta la perdita di controllo sulle funzioni motorie del corpo, con danneggiamento degli ingressi sensoriali che causano l’appiattimento emozionale e portano ad uno stato di apatia simile alla lobotomia (devastante tecnica di ‘cura’ che consiste nell’asportazione di una parte del cervello). Emilia Costa, titolare della prima Cattedra di Psichiatria

PASS 12

dell’Università di Roma “La Sapienza” e Primario di Psicofarmacologia al Policlinico Umberto I dichiara che: “Parlando di disturbi del comportamento, ed in particolare di sindromi quali ad esempio il deficit di attenzione e iperattività (ADHD), siamo più che altro di fronte ad una ‘moda’ ed a diagnosi inconsistenti e vaghe. Queste diagnosi, così come vengono oggi semplicisticamente perfezionate, non si possono e non si devono fare”. Un’altra testimonianza ci viene data da Massimo Di Giannantonio, Professore Ordinario di Psichiatria all’Università di Chieti: “Si fa presto a dire ADHD. E ancora, è proprio vero che tutti come viene descritta? E come vengono eseguite queste diagnosi, con quali criteri, con quali percorsi? Fino a quando non si troverà un punto d’incontro nella risposta a questi interrogativi, ai bambini verranno somministrati sempre più psicofarmaci nascondendosi dietro l’alibi di una diagnosi. Un bambino trattato con psicofarmaci, sarà probabilmente un adulto medicalizzato, disturbato, stravoltoi bambini sono interessati dalla sindrome ADHD? E, aggiungo, esiste la sindrome da ADHD così”. Sono migliaia le testimonianze di esperti, psichiatri e medici riguardanti questo pericoloso farmaco; e allora perché viene prescritto (come purtroppo moltissimi altri psicofarmaci) senza avere la certezza che sia la soluzione giusta? La risposta è semplice, e forse scontata: inevitabilmente, le aziende farmaceutiche esistono per creare profitto. Il loro successo non si basa dunque sull’utilità di un farmaco o la sicurezza dei suoi prodotti. E il percorso per aumentare i profitti è semplice: trovare nuovi impieghi per i loro vecchi farmaci, inventarne di nuovi e trovare nuovi mercati per entrambi i farmaci - vecchi e nuovi. Purtroppo, i bambini sono il nuovo mercato di oggi.

Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento consiglio i seguenti siti internet: www.giulemanidaibambini.org http://www.club.it/cuculo/ http://www.ecn.org/telviola/ http://www.mednat.org


Veronetta

vive di stranieri

Tra imprese extracomunitarie, sorrisi e qualche smorfia

foto di Moriza on Flickr

Valentina Pizzini con la gentile collaborazione di Sprizt e Paru

È

domenica, una domenica di aprile che però sembra estiva, e sono le 13. Dalle finestre precocemente aperte giunge l’acciottolare dei piatti e le voci che si alzano e si mescolano attorno alle tavole. Per strada non c’è quasi nessuno, qualche passante, io ed il sole allo zenit che schiaccia a terra le ombre. Io ci sono perché mi sono appena ricordata di quell’importante documento che dovevo inviare via mail entro oggi. E, naturalmente, la mia connessione ha deciso di non funzionare. Per cui vago nella disperata ricerca di un Internet Point. Internet Point: una parola straniera per un’abitudine straniera. Un’abitudine da metropoli, che qui da noi si sta radicando lentamente, facendosi spazio tra la diffidenza. E i portatori di questa novità sono perlopiù stranieri. L’Internet Point aperto, infine, lo trovo. Il ragazzo asiatico dietro il banco mi guarda con stupore, forse con diffidenza. Parla poco italiano, eppure ha un negozio a Veronetta, cinque minuti dal centro storico. Tento di comunicargli che dovrò usare una chiavetta USB. Lui tenta di spiegarmi come funziona il servizio. Varie ripetizioni più tardi sembriamo finalmente capirci. Invio il mio documento importante in una stanza senza finestre, dove stanzia un forte odore di chiuso. Nella stanza ci sono una ventina di computer muniti di webcam e una decina di uomini delle più diverse nazionalità che chattano, navigano, giocano a poker, chiamano persone lontane. Esco dieci minuti dopo, pagando al gestore una cifra irrisoria. Quella dell’imprenditoria degli immigrati è una tendenza in crescita nelle nostre città. Vediamo spuntare i negozi soprattutto nei quartieri-ghetto dove si concentrano alte percentuali di stranieri: Veronetta, Borgo Roma. Iniziano con piccoli negozi di specialità alimentari, arrivano a minimarket, negozi di vestiti, parrucchieri, negozi di dischi e di trasferimento di denaro. Ma ormai alcune attività, come i ‘kebabbari’ o i negozi gestiti da cinesi, si sono infiltrati anche nelle zone più rinomate: se ne trovano anche nel centro storico, dove gli affitti costano caro e il rischio per un imprenditore è grosso. Nella maggior parte dei casi, però, si tratta ancora di attività di nicchia, negozi di stranieri per stranieri, in cui la diffidenza che talvolta si riscontra verso il cliente italiano è lo specchio inverso di quella degli italiani, e dei veronesi, verso gli stranieri. I dati dicono che nella nostra ridente cittadina fiorisce il 17 % della cosiddetta imprenditoria etnica della regione Veneto, dove, a sua volta, si concentra il 9,3% del totale italiano. Le attività vertono principalmente sulla vendita all’ingrosso e al dettaglio, in particolare di beni personali e per la casa, seguita dalle costruzioni e le attività manifatturiere. Per quanto riguarda la provenienza degli imprenditori stranieri abbiamo in testa il Marocco, seguito dalla Romania e dalla Cina. Non è stato facile avere a che fare con i negozianti stranieri. In molti casi si è posto, insormontabile, il problema della lingua. Le persone dietro al banco sapevano spiccicare qualche incerta parola di italiano e niente di più, di intervista neanche a parlarne. Ho incontrato anche un certo diffuso timore, gentili sorrisi di diniego con la diffidenza stampata sopra. Paura, ma di che cosa? La prima che accetta di parlarmi è Jahanara. Signora di mezza età, viene dal Bangladesh e gestisce un negozio di bigiotteria ed abbigliamento. È sbarcata in Italia a Genova, e da lì si è trasferita col marito a Verona, dove ha aperto quest’attività. Dice di aver scelto questa zona perché è vicino all’Università e può attirare ragazze giovani. Alla domanda su come sia la sua clientela, però, risponde: “La maggior parte sono stranieri. Gli italiani spesso entrano, guardano e poi vanno via”. Le chiedo se ha avuto difficoltà con le autorità e che rapporto ha con gli italiani. Jahanara sorride

(sorride molto, per tutta l’intervista) e ci dice che il suo problema non sono le autorità, ma la crisi economica e i ladruncoli. Singh invece gestisce un kebab atipico: non solo c’è il bancone e il famoso involto turco, ma anche qualche sedia e tavolino. Insomma, è un piccolo bar. Lui è originario dell’India, ma sedici anni fa è venuto qui in vacanza e poi è rimasto. Il negozio l’ha comprato già avviato, lui lo gestisce da sette anni. Tra sorrisi e battute ci dice che va tutto bene, non ha problemi di sorta, crisi a parte. Però s’informa su dove verrà pubblicato l’articolo, e se comparirà il suo nome. Da Sigh scopro poi che la clientela è composta in larghissima parte da giovani italiani. Ma questo già lo sospettavo: il kebabbaro ha già da un pezzo vinto la battaglia contro la diffidenza degli autoctoni, diventando una moda grazie anche all’ottimo rapporto quantità-prezzo. Finalmente, in un negozio etnico di alimentari, trovo Endy. Endy ha vent’anni, è nigeriana ed è qui da quasi dieci anni. Frequenta l’Università, il suo italiano è ottimo e non ha peli sulla lingua. Il negozio è dei suoi genitori. Da lei scopriamo che i proprietari di negozi etnici di problemi ne hanno, e parecchi. Ad esempio, le modalità di conservazione dei cibi non coincidono con quelle indicate dalla legge italiana. “Prendi ad esempio quelli” (ci indica dei lunghi e grossi tuberi marroni mai visti prima) “secondo la legge andrebbero conservati in un involucro di plastica. Ma sono cibi tropicali, così perdono sapore!”. Oppure ci parla dei gamberi affumicati. “Dobbiamo per forza mettere una data di scadenza per i gamberi affumicati. Però non scadono! Da noi si mangiano sempre. Allora inventiamo una data, e la scriviamo sull’etichetta”. Anche con le autorità, poi, non va così bene: “Quando entrano qui ci fanno sempre la multa. Il motivo può essere uno qualsiasi: un’etichetta che non va bene, gli orari di apertura che non vanno… Ecco, loro dicono che si deve fare una pausa, non si può tenere aperto per molte ore di fila. Ma noi lavoriamo proprio quando i supermercati sono chiusi. Se non voglio fare una pausa, perché mi devi obbligare?”. E poi ci sono i clienti, tanti stranieri di cui molti clandestini, il cui numero, in periodo di espulsioni, diminuisce vertiginosamente. Gli italiani? Entrano ogni tanto, vengono a cercare l’ingrediente tipico per la cena particolare. Ed Endy ci racconta divertita delle sue lunghe spiegazioni su come cucinare questo o quell’altro. Le chiedo com’è nato il negozio. Mi spiega che qualche anno fa c’è stato un boom di negozi etnici, perché importare singolarmente cibi e ingredienti irreperibili in Italia costava moltissimo, invece ad importarli in blocco si risparmiava. Così molti hanno iniziato ad aprire queste piccole attività. Ora però sono davvero troppe, mi confida la ragazza. “Finché il Comune non regolamenta un massimo di attività simili in una zona… così ci facciamo tutti una spietata concorrenza e a nessuno vanno bene gli affari”. Il negozio infatti, complice la crisi economica, non va bene, e tra pochi giorni sarà costretto a chiudere. È triste pensare che il posto dove sono e la faccia sorridente di Endy tra poco scompariranno. Chiedo ancora alla mia intervistata com’è stato arrivare qui in Italia, se è stato facile integrarsi. Endy sogghigna: “Facile? La mia famiglia è stata la prima famiglia di colore del paese dove abitiamo -un paese della Bassa Veronese-. Anzi, eravamo gli unici residenti di colore per chilometri. A scuola avevo problemi con la lingua, non capivo o se capivo non riuscivo a rispondere adeguatamente. I miei compagni poi non aiutavano… Mi spiace dirlo, ma in quella zona gli abitanti sono proprio dei ‘boaroti’. Hanno una mentalità davvero retrograda. Pensa che per anni, quando andavamo a fare la spesa, ci guardavano spudoratamente dentro al carrello, e poi ci dicevano, esclusivamente in dialetto: ‘Ma anche voi mangiate la pasta?’ “.

13 PaSS


GAS - Gruppi di Acquisto Solidale Come rieducarsi a mangiare buone abitudini Antonella Sartori

I

mmaginate un gruppo di persone di diverse età e professione, che magari vivono più o meno tutte nella stessa zona della città, e che, una volta a settimana si recano al posto stabilito con una sportina della spesa vuota o una cassetta di legno per andare a prelevare frutta e verdura di stagione (ma anche cereali,formaggi, pasta e quant’altro) direttamente provenienti da piccoli produttori locali. Se state pensando a una rievocazione storica dell’ottocento vi sbagliate. E non mi riferisco nemmeno a un gruppo di scout disadattati. Si tratta bensì dei cosiddetti gruppi GAS (Gruppo di Acquisto Solidale) e sono una delle migliori trovate mai avute sul fronte alimentare negli ultimi anni. L’idea di base è molto semplice (ma per nulla banale, anche perché ci vuole buona volontà e organizzazione): ogni gruppo ha un responsabile che si occupa di comprare i prodotti, locali e rigorosamente di stagione, da un produttore, magari piccolo, magari bio. Risparmiando anche sul costo finale. In Italia, attualmente, sono censiti oltre 600 GAS; ma il numero è in costante crescita. A Verona, ce ne sono una decina, distribuiti per zone, ma contando anche periferia e provincia il numero sale a trenta. Per capire meglio questo nuovo modo di comprare (e di mangiare) ho chiesto a Elena Ziviani, utente attiva di GoloGas Verona (info@gologas.it), di spiegarmi come funziona un GAS. 1- Perché scegliere di comprare tramite un gruppo di acquisto solidale? Che differenza c’è tra questo e un negozio biologico (o il fruttivendolo sotto casa?) I prodotti acquistati attraverso i Gas sono scelti in base a due principi fondamentali: il primo riguarda il biologico e il km 0; il secondo è il sostegno dei produttori, che agiscono secondo idee rispettose della natura e solidali nei confronti dei lavoratori. Alle volte si sgarra da questi parametri per aiutare magari produttori che stanno trasformando le coltivazioni in biologico o per altri motivi, valutati e approvati in sede di riunione del Gas. Lo scopo è quello di impattare il meno possibile sulla terra, in termini di inquinamento, e di aiutare il rispetto dell’essere umano, in termini di lavoro solidale. “Comprare” attraverso i Gas non vuol dire soltanto fare la spesa, eliminando il passaggio (e quindi il costo) della piccola/media/grande distribuzione; a questo bisogna aggiunge la “S” di solidale e quindi la relazione con il produttore o la produttrice; la solidarietà è il pensiero, il contenuto, il significato che dà senso al fare e fa da collante

PaSS 14

alle relazioni. 2- Va bene che si guadagna in salute e in autostima (essere dei consumatori consapevoli fa sempre piacere), ma economicamente parlando, quali sono i vantaggi? Mi tocchi nel vivo. Io e il mio compagno viviamo assieme; lui -fortunatamente- lavora in un’azienda ed è assunto a tempo indeterminato, io però sono precarissima. Come facciamo? Niente di più facile. Monitoriamo i nostri consumi con attenzione. E così ne risulta che il 68% della nostra spesa è bio. Sul totale, solo il 7% della nostra spesa arriva dalla GD. Il 44% da Gologas. Il 49% da piccoli negozi di quartiere e dalle botteghe. Un dato che relativamente all’anno corrente sarà completamente ridimensionato, visto che nel 2011 vanto di non essere ancora entrata in un supermercato della grande distribuzione. Giustamente, alcuni parlano del “mito” del biologico; da molti viene percepito come troppo caro. Dipende tutto dal valore che diamo alle cose e non tanto al prezzo delle cose in sé. Una volta, in percentuale, si spendeva solo molto di più per l’alimentazione rispetto ad oggi, e molto meno per i beni voluttari. Perché oggi non è più così? Generalmente, chi mi dice che il biologico è caro, fuma un pacchetto di sigarette al giorno, ha un’auto di grande cilindrata oppure spende molto (secondo il mio punto di vista!) in aperitivi e alcolici... Ognuno ha le sue priorità. In una visione della quotidianità più sobria basata su altre priorità, il biologico non è poi così caro. E poi, posso dire che dal paniere Gologas rimangono escluse veramente poche cose e queste non riguardano il cibo. Stiamo lavorando molto sui detersivi bio e l’abbigliamento. In questa direzione ha lavorato molto una famiglia (tra le fondatrici del Gologas), cercando di ricostruire la filiera ormai quasi perduta del tessuto denim. Da qualche mese, si possono acquistare i loro jeans prodotti con cotone biologico a filiera corta e tinti con indaco vegetale (www.ecogeco.it). Un prodotto unico nel suo genere, realizzato con l’obiettivo di dimostrare che è possibile applicare i principi della produzione sostenibile ed etica anche nel campo dell’abbigliamento. E i loro jeans hanno veramente poco da invidiare in termini di bellezza e comfort ai noti brand della moda. 3- Molti responsabili GAS sono dei ragazzi poco più che trentenni, come lo sono molti associati. E io che credevo si trattasse di attività da pensionati! Eh già, si è creato un bel gruppo, in molti casi

anche di belle relazioni amicali. Un Gas è nato anche all’interno dell’Università di Verona, il Gasdottò (vedi www.azioniacatena.it). Anche qui, un’obiezione potrebbe riguardare il tempo impiegato per ritirare i diversi acquisti, visto che citi una categoria di persone a cui nostro malgrado noi trentenni precari non potremo mai appartenere: i pensionati. Noi, fortunatamente, siamo ben organizzati. Facciamo gli ordini con scadenze puntuali (verdura una volta a settimana, formaggi ogni due, pasta e farine ogni 3/4 mesi...) e cerchiamo, quando possibile, di accorpare le consegne... per me, dopo quattro anni, sarebbe impensabile rinunciare a questi incontri con persone che ora prima di tutto sono diventate dei veri amici. Sta di fatto che l’età media dei gasisti in genere è relativamente bassa. Non è certo un fenomeno frutto dell’impegno dei nostri “pensionati”. Anzi forse è prima di tutto una reazione al mondo che loro ci stanno lasciando. Un aspetto generazionale per nulla banale. 4- Ok, ora però mi è venuta fame. Tempi e modi di un acquisto GAS. Gli ordini sono gestiti tramite un sito e un software -open source-, scritto da volontari, chiamato Digigas a cui si accede tramite password. I partecipanti al gas di volta in volta seguono i contatti con i produttori e organizzano gli acquisti; quando l’elenco dei prodotti con i relativi prezzi è pronto viene reso visibile sul Digigas e una e-mail dà l’annuncio a tutti i partecipanti dell’apertura dell’ordine, della data di chiusura, delle modalità e tempi del ritiro. La distribuzione viene organizzata in vario modo: o il produttore porta la merce in un luogo e un orario concordato oppure un componente mette a disposizione uno spazio (il proprio garage, giardino, salotto...). Tutti coloro che hanno fatto un ordine devono attenersi alla data e all’ora del ritiro, per rispetto di coloro che si rendono disponibili per la distribuzione. La scelta dei fornitori viene generalmente decisa tutti insieme in riunioni periodiche (una volta al mese circa), a cui tutti sono invitati a partecipare e a portare nuove idee. Le riunioni ovviamente sono lo spazio ideale per proseguire con il processo di evoluzione del gas. L’impegno personale è volontario. Date le numerose attività è auspicabile che tutti diano un contributo in base alla propria disponibilità. Tale contributo si può esplicitare in rapporti con i fornitori, gestione degli ordini, gestione consegne, organizzazione gite... Insomma, chi più ne ha ne metta!


EVOÈ EVOÈ! Il ritorno di Dioniso nei bicchieri Marta Poli

S

embrerebbe davvero che il partito dell’aperitivo a colpi di spritz (per i più pudichi) e di mojiti (per gli assetati) stia lasciando campo libero ad un’ars bibendi un po’ più meditata e consapevole. Insomma, la cultura del bere bene sta attecchendo anche tra i più giovani ed ecco che al posto di un malsano quanto improbabile intruglio La a base di rum, peperoncino e basilico, capita di sentire qualcuno che al bancone ordini un della calice di simpatica Falanghina del Sannio, un Greco di Tufo ammiccante o un Sauvignon friulano sbarazzino (in barba al rassicurante ed omologato dictat imposto dal Prosecco). Un interesse sempre più deciso quello nei confronti del nettare di Bacco, motivato dal proliferare di nuovi corsi e specializzazioni universitarie o associazioni operanti nel OSSO CALABRONE 2007 settore, ma pure per merito delle nuove BASTIANICH strategie di marketing e comunicazione che certe cantine hanno cominciato ad adottare, a misura di target differenti e più giovani. IERE SAUVIGNON 2009 VIE di ROMANS Dal wine bar all’enoteca di tendenza, da degustazioni itineranti alle cantine aperte, dalla sommellerie alternativa ai numerosi blog e ONNA FRANCA FLORIO forum dedicati: vino, arte, design e musica DUCA DI SALAPARUTA spesso e volentieri intrecciati tra loro. Eventi e manifestazioni collaterali, all’insegna di inedite OMETA 2009 sinergie. Perché vino è prima di tutto storia e PLANETA cultura. Senza considerare le nuove sfide imprenditoriali in ambito vitivinicolo o eno-gastronomico, animate da progetti e passioni che giovanissimi o poco più che trentenni portano avanti con determinazione, filtrando attraverso prospettive più aggiornate e sperimentali il bagaglio sconfinato di esperienze e tradizioni che fanno della realtà enologica italiana una delle più ricche e caleidoscopiche al mondo. Quindi apriamo le menti e alziamo i calici, ma facciamolo informandoci, scoprendo, sperimentando e conoscendo. Impariamo a bere con la testa, ma soprattutto a bere bene (badando sempre di non metterci alla guida quando capita di alzare un poco il gomito). E a questo punto perché non cercare tra tannini o bollicine una possibilità in più per il nostro futuro lavorativo incerto?

cantina

redazione

R P

D C

15 PaSS


smells like foo’s spirit

MA…COSA ASCOLTA

federico longoni federico.longoni@yahoo.it

C

aro Kurt,

LA REDAZIONE?

o

sono Dave. Non so perché sono qui a scriverti. Anche perché questa lettera non potrai mai leggerla. Però sentivo il bisogno di dirti che, per la prima volta dopo la tua fine, sono riuscito a fare ciò che volevo, come volevo. Insieme ai miei colleghi, anzi ai miei amici, ho confezionato finalmente THE KING OF LIMBS un album vero, sentito, che rappresenta in toto la mia vita, il mio stile. Radiohead Rope è la canzone perfetta in questo senso. Ritmata, melodica, potente, FAITH DIVEDES US graffiante, emozionante. Senza dubbio sarebbe piaciuta un casino anche SEMMAY SEMIPLAY DEATH UNITES US a te, vecchio mio. Mariposa Paradise Lost Poi c’è Dear Rosemary, la classica ballata malinconica. Insieme a noi ha collaborato Bob Mould, che ha cantato con me. Ricordi quando ascoltavaHARDCORE WILL NEVER BLACK HOLES AND mo la sua band, gli Husker Du? Che figata, Kurt, quei tempi. DIE BUT YOU WILL REVELATION Se potessi dire la tua su White Limo, sono sicuro che approveresti. Mi Mogway Muse sono ispirato ai Motorhead, al rock massiccio di quella vecchia canaglia di Lemmy. Ha girato un video, e non sai quanto ci siamo svagati con lui, è WOW S.C.O.T.C.H. un pazzo. E inoltre abbiamo gli stessi baffoni! Verdena Daniele Silvestri Oltre ad esserci divertiti un botto, ci sono stati momenti davvero molto intensi nella realizzazione dell’album. È stato strano rivedere Krist e suonare di nuovo con lui. L’ho contattato e gli ho detto: BACKSPACER CHOCABECK “Ho una canzone nuova nella quale vorrei sentire il tuo mitico basso” e basta. Lui ha accettato e il Pearl Jam Zucchero risultato è da brividi. La canzone si chiama I Should Have Known e l’ho cantata pensando a te, con tutta la forza che avevo in corpo. Con tutta la potenza che volevo dare al pezzo. Sono riuscito per la I SPEAK BECAUSE I CAN prima volta, a dimostrare tutto il rispetto che provo per te. Laura Marling Ho voluto anche Butch Vig per produrre l’album. Non avevo mai più lavorato con lui dopo “Nevermind”. Sai, questo album lo sento come se fosse il mio “Nevermind”, in cui protagonista stavolta sono io, e non tu come in quel meraviglioso 1991. Ah, per la prima volta abbiamo registrato tutto l’album nel mio garage di casa, con Butch super gasato dall’idea di tornare al caro, vecchio analogico. Niente tecnologia per una buona volta. Solo il sapore del rock’n’roll come non si sente da tanto, troppo tempo. Arlandria e Miss The Misery sono le canzone che più di tutte si avvicinano a questa idea di musica analogica, che puzza di sudore e di anni settanta. Sembra di essere tornati ai mitici tempi dei Led Zeppelin! E poi con tre chitarre elettriche (te lo ricordi Pat Smear? Ho chiamato anche lui per suonare) che sputano watt a quintali, cosa si può ottenere se non un furioso rock?! Sul serio, amico mio. In questi ultimi tempi si sente troppe volte dire che il rock è morto. Volevo dimostrare che non è vero. Tra poco ho un aereo. Partiamo per promuovere l’album in Europa. Ti saluto, Kurt. Mi manchi. W i Foo Fighters e W il nuovo, devastante, emozionante, splendido album Wasting Light. Rock’n’roll forever!

Blue Note Nicola Piccinelli

1945

Harlem nights

Gillespie

Guerra, Harlem e Bebop.

Dalle [jam sessions] notturne in alcuni locali newyorkesi nacque un nuovo stile (forse più un movimento elitario nero), una semplice onomatopea della cadenza utilizzata come “segnale” per indicarsi la fine delle sezioni del brano, bebop. Riprendendo dal passato con un nuovo approccio a base di tempi velocissimi, ritmica non convenzionale e scarsissimo riguardo per la commerciabilità, il bebop rivoluzionò il jazz. Tra i tanti pioneri ci furono il trombettista Dizzy Gillespie e l’altosassofonista Charlie Parker (detto Yardbird, considerato la musa del genere e morto a soli trentacinque anni).

1949

California, “Birth of the cool”, divorzio.

Il bop portò una frattura generazionale con molti dei musicisti che li avevano preceduti e con il grande pubblico che in quel periodo abbandonò il jazz diventato quasi di colpo una musica d’arte. La reazione agli aspetti più estremi dello stile bebop fu il Cool Jazz, melodico e rilassato, che attecchì

PaSS 16

Miles Davis

più in California che nella città madre del jazz, New York. Il cool jazz rimane comunque un’etichetta stilistica molto vaga, tra i brani più famosi che vi si legano c’è Take Five, scritto da Paul Desmond ed eseguito dal quartetto di Dave Brubeck, e My funny valentine del grande Chet Baker.

‘50

John Coltrane, Miles Davis, “Kind of blue”.

Quei giovani musicisti che erano stati i protagonisti del movimento bebop, ma che non aderirono all’estetica cool, lo addomesticarono mutandolo nell’ Hard-bop. Fu l’alba del così detto jazz “modale” e Miles Davis fu tra i primi attraverso Kind of Blue, (album fondamentale per ogni discografia jazz) a studiarlo. Ma non solo, all’ Hard-bop si deve attraverso un ritorno al blues la nascita del funk, del soul e del rhythm ‘n’ blues. Artisti consigliati: Chet Baker, Miles Davis, John Coltrane, Charlie Parker, Paul Desmond, Charles Mingus, Stan Getz, Lennie Tristano, David Brubeck, Charlie Christian, Dizzy Gillespie


nuovi suoni

Roberto Melchiori

MONTECCHI

I Montecchi nascono nel Settembre del 2007. Dapprima in 5, poi in 4 ed infine in 3 (da fine 2009), portano avanti un’ idea di musica difficilmente schematizzabile, che mi verrebbe da schematizzarvi di seguito, se non fosse difficilmente schematizzabile... Di sicuro posso dirvi che fin dalle origini Montecchi si sono ispirati ad un certo rock di stampo british, ma le mie sicurezze finiscono qua. So però che hanno appena finito di registrare un EP che si intitola III e che potrete ascoltare fra pochissimo sul sito della Lord Winni Records (lordwinnirecords.bandcamp.com) o sul loro space (per ora myspace.com/themontaguesvr, ma a breve in trasferimento su un altro indirizzo). Ovviamente l’EP lo potrete trovare anche se andrete a sentirli qualche volta, accidenti. Ah, i nomi: il cantante, e chitarrista, è Mattia Lex Leoni, il bassista, e basta, è Stefano (il mite) Melchiori, mentre il batterista è Riccardo (il rigido) Bernori. Bene così. Ascoltate i Montecchi.

MATADORES

Il progetto Matadores nasce ad inizio 2011 da un’idea di Leonardo Salvaro e Gianmaria Gobbetti. Entrambi musicisti di derivazione jazz sperimentale, suonano insieme da 10 anni. Già Matadores presenti sulla scena alternativa italiana con i Reqviem, gruppo che li ha portati a collezionare centinaia di concerti, ripartono collateralmente con i Matadores e decidono di dare alla loro musica un’impronta più elettronica, componendo brani molto più brevi e di maggior impatto. I Matadores sono piano e synth, batteria e pad. Entrambi polistrumentisti, viaggiano a suon di battute revisionate in stile trance, tecno, drum’n bass ed elettronica sperimentale. “Duality”, l’attesissimo album del duo, uscirà ai primi di novembre 2011 sotto etichetta ancora sconosciuta al pubblico; nel frattempo i Matadores si esibiscono in locali e festival che potete seguire su Facebook - dove è possibile anche ascoltare un’anteprima dell’album - oppure sul loro myspace.com/ matadoresitaly.

e…COSA NON ascolta LA REDAZIONE? VIVERE O NIENTE Vasco Rossi

THE PEOPLE’S KEY Bright Eyes

DIFFERENT GEAR STILL SPEEDING Beady Eye

DEATH MAGNETIC Metallica

RoCk On BaBe! Anna Pini

D

alle coltri nebbiose della Finlandia, gli Insomnium arrivano insieme ad atmosfere che rimandano alla tradizione del Death svedese e al sound doom-melodico che ultimamente miete vittime tra i musicisti nordici. Questa giovane band è capitombolata sulla scena della ribalta l’estate scorsa (nonostante avesse già all’attivo 4 full lenght e due demo) grazie alla visibilità dei Dark Tranquillity, di cui hanno aperto i concerti durante la tournee estiva. L’amore incondizionato che l’Europa del metallo nutre verso gli ormai famosissimi DT ha permesso agli Insomnium di raggiungere e guadagnarsi l’approvazione di moltissimi amanti del genere. Di recente hanno finalmente firmato con l’etichetta tedesca Century Media Records (che già possiede i diritti di artisti come Dark Tranquillity, Arch Enemy, e molti altri) un contratto discografico che li vedrà impegnati in studio per regalarci il nuovo lavoro entro la fine del 2011. Quello che mi piace quando ascolto un cd è l’atmosfera. A prescindere dalle prodez-

ze tecniche, dagli acuti, dalle ritmiche, io cerco della musica che mi faccia immaginare qualcosa. Across The Dark è come un sogno in bianco e nero. La melodia prepotente non ti lascia nemmeno il tempo di capire cosa sta succedendo, né ti chiede il permesso prima di trascinarti in un vortice di malinconia tagliente come una lastra di ghiaccio. Gli arrangiamenti sono curatissimi e i riff di chitarra dialogano, s’intrecciano e guizzano come delfini sul pelo dell’acqua. Gli arpeggi di violoncello in Weighed

o

QUEENS OF THE STONE AGE Queens Of The Stone Age

21

Adele

IL SOGNO ERETICO Caparezza

BLAKE RELENTLESS RECKLESS JAMES James Blake FOREVER Children Of Bodom ANGLES The Strokes

down with sorrow danno vita a storie ormai dimenticate sotto la polvere degli anni, Down with the sun è più aggressiva ed enigmatica (merito delle linee melodiche tracciate dalle chitarre), mentre Where the last wave broke sfodera uno splendido clean che impreziosisce ancora il già corposo growl di Niilo Sevänen. Con testi ispirati alle poesie di maestri quali E. A. Poe e soprattutto Hölderlin, gli Insomnium celebrano la desolazione dell’essere umano di fronte alle forze della natura (il cui impatto immagino debba essere ben diverso in Finlandia, specie in inverno), il suo grido di angoscia che si perde nel vento prima che torni ancora il silenzio. E proprio Hölderlin a mio parere rende magistralmente il pensiero di questo fantastico gruppo. Come si legge nella sua ultima poesia La Veduta, scritta pochi giorni prima di morire: “Appare spesso un mondo chiuso ed annuvolato dubbioso interno all’uomo, il senso più crucciato, la splendida natura i giorni rasserena, sta la domanda oscura del dubbio più lontana.”

17 PaSS


Booklist

cosa legge redazione M

ovvero la

I T

l mondo dopo la fine del mondo Nick Harkaway l sopravvissuto aglia e cuci

I U

Antonio Scurati

T M F B

ogliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare Paola Mastrocola

omenti di trascurabile felicità; Francesco Piccolo

n giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra Claudia Durastanti irmino. Avventure di un parassita metropolitano Sam Savage attatoio n. 5 o La crociata dei bambini Marjane Satrapi

Kurt Vonnegut

P

iù lontana della luna Paola Mastrocola

Libri

ianca come il latte, rossa come il sangue Alessandro D’Avenia

Alla faccia della crisi… (dopo 2000 anni, va ancora di moda) carolina pernigo

I

nvadono gli scaffali delle librerie, si introducono nelle nostre case gettando scompiglio, si fanno pure pagare cari… parlo, naturalmente, del boom di romanzi storici a cui si è assistito negli ultimi anni. Autori italiani e stranieri danno in ugual misura il loro contributo a questa causa, probabilmente spinti da passione per l’argomento, oltre che dal desiderio di soddisfare un pubblico sempre più esigente. Molte di queste pubblicazioni scelgono di vincere facile, adottando un soggetto intramontabile e sempre suggestivo: l’impero romano, con tutto quanto di intrigo, violenza, seduzione vi sta appresso. Io li capisco, beninteso: non a caso ero la disperazione del mio professore del liceo; lui si impegnava duramente per spiegarci che la storia era fatta di dinamiche e processi, io inevitabilmente mi lasciavo affascinare dai personaggi. E d’altra parte chi può restare insensibile di fronte ai grandi uomini del nostro passato? Alessandro, Giulio Cesare, Napoleone, Gesù… non è un caso che su ognuno di essi sia fiorita la critica, ma anche la letteratura. Se la vita di un uomo già di per sé si presenta romanzesca, un buono scrittore ci mette poco a farne un best seller. E, per quanto riguarda la storia di Roma, in effetti le pubblicazioni narrative non si contano. Andiamo allora a vedere qualche titolo, consapevoli che una rassegna completa non sarebbe possibile in questa sede, neanche occupando l’intero volume del giornale. Dall’instancabile penna della scrittrice australiana Colleen McCollough, ben nota a tutte le ragazze per i suoi romanzi amorosi e a tutti i ragazzi per i suoi thriller sanguinolenti, è nata una ponderosa serie di volumi dedicati alla tarda repubblica, dall’avvento al potere di Gaio Mario fino a quello di Augusto. Editi da Bur a un prezzo accessibile, i libri sono ricchi (di pagine quanto d’eventi) e ben documentati. Certo, per iniziarli ci vuole coraggio. Per spostarci in terra nostrana non si può non citare il fertile ingegno di Valerio Massimo Manfredi, che pubblica per Mondadori titoli quali L’impero dei draghi, L’armata perduta o Le idi di Marzo. Straordinario affabulatore, le sue opere non annoiano quasi mai e ti trascinano dalla prima all’ultima pagina, soprattutto se la storia del protagonista di turno ti interessa più della Storia in senso lato. Manfredi rappresenta tra l’altro il volto copertina di cui la casa editrice suddetta si serve per proporre (e

PaSS 18

vendere) una collana intitolata Il romanzo di Roma, destinata a narrare in sei volumi – scritti da autori diversi – le fasi iniziali di quello che sarebbe diventato un grande impero. Per citare solo i primi: Il ribelle di Emma Pomilio, Carthago di Franco Forte e Spartaco il gladiatore di Mauro Marcialis. Piemme cura invece le pubblicazioni di alcuni nomi immancabili nella biblioteca di un appassionato del genere. In primis Guido Cervo, autore di un ciclo dedicato alle vicende del legionario romano Valerio Metronio nel tardo Impero. I tre volumi che lo costituiscono sono Il legato romano, La legione invincibile e L’onore di Roma. Ma, esaurite le imprese del suo eroe, non si esaurisce la fantasia dello scrittore, che continua a comporre sull’argomento (tra gli altri Il centurione di Augusto, Il segno di Attila, Le mura di Adrianopoli). Con la stessa casa editrice lavora anche il britannico Conn Iggulden, che si interessa in particolar modo alla storia di Cesare (Le porte di Roma, Il soldato di Roma, Cesare, padrone di Roma e La caduta dell’aquila) per poi saltare di palo in frasca e dedicare la successiva serie romanzesca a Gengis Khan. Infine, Gordon Russell (pseudonimo dietro il quale si celano due strane personalità tutte italiane, Dario Battaglia e Vanna de Angelis), autore di una trilogia ambientata negli anni della costruzione dell’Anfiteatro Flavio (Il grande gladiatore, La notte del gladiatore e I giorni del Colosseo). Ben lungi dall’esaurire le possibilità e le opere da citare, lo spazio (e la noia che sopraggiunge nel lettore) mi suggeriscono di fermarmi prima che sia troppo tardi. E, detto tra noi, non sarebbe male se per un po’ di fermassero anche le pubblicazioni. Come direbbe mia nonna, “il troppo stroppia”. Ad ogni modo noi, inesausti marinai, continueremo a sondare questo mare magnum alla ricerca di pesci grossi. E voi, forza, prendete un remo e veniteci dietro.


Nero revolver

ammazza il tempo

a cura di MARta poli

LA STRISCIA di Tetta-manzi

PASSOROSCOPO a cura di Antonella Sartori

ARIETE: Bussate prima di entrare, per tutto il mese di Maggio TORO: “Oh, ma quanto ci sta bene un piercing al naso zio!” . Finalmente è giunto il momento. GEMELLI: Ascoltate i vostri amici nevrotici solo in caso di estrema necessità o impellenza. CANCRO: Allargate i vostri orizzonti, staccate quelle zampette di artropode dalla palma e fatevi un giro in playa. LEONE: Il vostro parrucchiere è ancora fermo a quella foto di Tina Turner. Cambiate acconciatura. VERGINE: Se proprio vogliamo essere ottimisti perlomeno in questa stagione i vestiti bianchi dovrebbero tenervi freschi BILANCIA: La dea bendata vi ha abbandonati per grattarsi un attimo la schiena. Fatevi un bel giro. SCORPIONE: Attenti agli anelli di fuoco, chi vi minaccia alle spalle potreste essere voi. SAGITTARIO: La vostra lingua non si risparmia frecciatine pungenti (e talvolta avvelenate), sprecate una buona parola per il vostro peggior nemico. CAPRICORNO: Che dire, siete tutte delle teste di coccio! Tranne Eugenio. ACQUARIO: Ascoltate il consiglio dei vostri affittuari: Acqua in bocca! PESCI: Siete un po’ disordinati; tenete pulito il vostro habitat che sia un acquario o un oceano sconfinato.

MISCELLANEA GIARDINO 1: non sei in spiaggia, evita salviettoni stesi al sole e non mi esibire il tuo audace (quanto inopportuno) petto villoso. Giardino 2: iI revival di hippies nostalgici con annessi di chitarra, bonghi e cori all’unisono, beh, PROFONDAMENTE URTANO chi sta facendo lezione. Se vado in mensa e ti vedo al bar con una birra, se vado a lezione e ti vedo al bar con una birra, se ritorno al bagno e ti vedo al bar con una birra…concludo che tu sia particolarmente assetato. Frinzi ufficio prestiti IL RITORNO: è divertente osservare la chiusura a uovo degli impiegati al tuo arrivo in prossimità del bancone, sul quale ti devi arrampicare per distogliere il loro sguardo da una frenetica attività al piccì. Tempo stimato ‘recupero libro’: media di 10 minuti. Frinzi ufficio prestiti IL RITORNO, capitolo II: è divertente, dopo 10 minuti di attesa, essere acidamente redarguiti per aver completato la cedola in stampatello minuscolo, anziché maiuscolo. SESSIONI DI LAUREA / SOLITE PERFORMANCES DA CIRCENSI IN PREDA A DELIRI ALCOLICI: è confortante incrociare lo sguardo di qualcuno con il quale intuisci di condividere lo stesso grado di misantropia e FASTIDIO. COMPAGNI DI CORSO ATTEMPATI: capisci davvero di essere fuori dal mondo, quanto la signora di 82 anni seduta davanti a te prende appunti col Mac.

19 PaSS


o i gg a m i t n e m appunta

a cura di Marta Poli

alle ore 17.00 - 18.00 Sabato 14 Maggio 2011 libro salgari al salone del l salone del libro di nella sala incontri Oval de to in collaborazione Torino la Regione del Vene Loco della Valpolicella, con il Consorzio delle Pro r il Centenario della pe ni io az br le ce lle de no nell’an enta l’ incontro “Emilio es pr i, ar lg Sa ilio Em di te Mor gni, dalla Valpolicella alla Salgari la macchina dei so Malesia”.

0 Venerdì 13 Maggio h 22:3 Closing Party arried M Just @ K) (U LO SO E con Alex Mastini Max D. Blas Omar Contri ores Live: Montecchi + Matad SABATO 21 MAGGIO CASETTA LOU-FAI e House of Hall gross i ax M + C + C N CO 29 MAGGIO TREGNAGO USATO E DA II FIERA DEL DISCO E CD MERCATO DEL FUMETTO COLLEZIONE, I MOSTRA 0 16 MAGGIO, 14:30 – 19:3 nata di studio in onore di La scienza del teatro, gior E DARIO FO E FRANCA RAM , Viale Università, 4. Aula Magna, Polo Zanotto

30 APRILE-28 MAGGIO AUTORE ITALIANO RASSEGNA TEATRALE DI CONTEMPORANEO XI edizione PREMIO GIORGIO TOTOLA ntarane 32, Verona. Ca a Vi , OY PL M CO RO AT TE 14 MAGGIO 2011, ORE 21 CAPAREZZA NCA PALACOVER DI VILLAFRA ti Generali Via Fantoni – Zona Merca

9 Aprile – 10 Luglio pra” Chagall “Il mondo sottoso lazzo Forti Galleria d’Arte Moderna Pa Volto Due Mori, 4 - Verona

? S S A P u s ivere r c s i o Vu ssvr.it ioni? Scrivi a redazione@pa az

Collaborare con foto o illustr

.it assvr .p www ? D ER N O T S O T T IU P I TI SENT SS su Facebook PA i d a n gi pa la ca cer ? tto ta Vuoi restare in con Chiediamo venia a tutte

le persone che ci hanno

contattato via

che non hanno ricevuto mail in questi mesi e

risposta. Nun tennavamo

lu soldo!


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.