Lavoro Diritti Tutele

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Quindi assisteremo ad un sindacato "del pane e del burro", della "coscienza del posto" piuttosto della coscienza di classe contenuto tipico del sindacalismo vigente. Il sindacato riformista accetterà la cogestione perché capitale e lavoro rappresentano due facce della stessa medaglia. Non bisogna dimenticare che il sindacato è un agente contrattuale nel processo di determinazione del costo del lavoro (tasso e struttura salariale). Il lavoro è un oggetto di scambio, il suo prezzo è il saggio di salario. I sindacati, quindi, non saranno più considerati come un fatto "istituzionale. Quindi è opportuno ricordare come in presenza di un elevato grado di centralizzazione del sistema di relazioni industriali, una politica neokeynesiana rappresenta lo strumento ottimale per evitare, o per ridurre, le aspettative inflazionistiche con costi minori in termini di disoccupazione. Se, invece, il sistema di relazioni industriali è decentrato, le aspettative inflazionistiche possono essere ridotte solo attraverso una politica monetarista. Ma questo implica costi assai più elevati in termini di disoccupazione e di prodotto perduto. Un sistema di relazioni industriali centralizzato è un sistema in cui le principali organizzazioni sindacali e imprenditoriali sono disposte ad accettare, ed abbastanza forti da attuare, una regolazione attenta della politica economica, attraverso la variabile del salario monetario, per ogni dato obiettivo, per così dire, predeterminato, o programmato, di crescita dei prezzi. Ognuno dei protagonisti (sindacati, imprenditori e governo) riconosce ed autonomamente rispetta (di qui il termine di neocooptazione) il ruolo giocato dagli altri due attori del sistema. Essi possono così regolare il salario reale e monetario alla luce di obiettivi condivisi dagli altri principali partners sociali, anche in vista di riforme economiche e/o istituzionali. Il salario monetario può, ma non deve, divenire l'unità di misura di uno scambio che è trasferito dal mercato alla c.d. arena politica. Ciò che è necessario, oltre al consenso ideologico e politico, è il coinvolgimento, almeno informale anche se non istituzionale, dei sindacati all'interno della macchina economica e politica del governo. È quello che viene definito dagli economisti il fine tuning (accurata sintonizzazione), cioè l'orientamento interventista della politica economica, secondo il quale l'autorità di governo può e deve calibrare i propri interventi sulla domanda complessiva per una regolazione precisa del livello dell'attività produttiva e dell'occupazione. Sotto il profilo culturale, l'idea di fine tuning si contrappone alla convinzione opposta di non poter modificare le tendenze "naturali" del sistema o di provocare inevitabilmente con le politiche di intervento disturbi imprevedibili al sistema. Quest'ultima visione induce a preferire l'applicazione di semplici "regole" in modo tale da evitare, se non altro, pressioni inflazionistiche, instabilità delle aspettative e, in ultima analisi, impulsi ciclici. La realizzazione del fine tuning dell'economia suppone evidentemente la conoscenza precisa del sistema economico e dei suoi tempi di reazione.

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