Centogiorniconmarco

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Paolo Castellina

Cento giorni con Marco Meditazioni quotidiane sul vangelo secondo Marco

Edizioni Tempo di Riforma 2009


Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Rivedu­ ta, ediz. Società Biblica di Ginevra, 1994. Ulteriori riflessioni bibliche, predicazioni, studi ed articoli del past. Paolo Castellina, sono presenti nel sito web http://www.riforma.­ net Email paolocastellina@gmail.com Quest'opera è stata rilasciata sotto la licenza Creative Commons Attribuzione­Non commerciale­Non opere derivate 2.0 Inghilterra & Galles. Per leggere una copia della licenza visita http://creative­ commons.org/licenses/by­nc­nd/2.0/uk/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA. ISBN 978­1­4092­7861­0 Aprile 2009 2


Introduzione Queste riflessioni sull'intero vangelo secondo Marco, desiderano essere un incoraggiamento a leggere e meditare, con fede e in spi­ rito di preghiera, la Parola di Dio ogni giorno. L'idea iniziale era li­ mitarle a cento (un bel numero tondo), ma poi, con l'esigenza di rilevare tutte le cose che mi sembravano importanti senza per que­ sto estendere troppo una singola riflessione, ho preferito aumen­ tarne il numero: 112 ...al prezzo di 100! Le ho pubblicate la prima volta sul mio sito web www.riforma.net nei primi tre mesi e mezzo del 2009. Potrebbero pure essere consi­ derate “mini­predicazioni”, base per un ulteriore ampliamento. Queste riflessioni sono, in primo luogo, il risultato del mio impe­ gno personale all'incontro quotidiano con il Signore, impegno che, secondo le Sue stesse promesse, si è rivelato per me molto fecon­ do. In secondo luogo, l'averle volute offrire ai lettori del mio sito per me è stato e rimane (continuando con altri libri della Bibbia) uno stimolo alla costanza, alla perseveranza, virtù che talvolta sento in me mancare. In terzo luogo queste riflessioni desiderano essere un mio ulteriore contributo alla comune crescita nella fede per coloro che, fedelmente, da anni, seguono quanto scrivo sul mio sito su molti aspetti della teologia cristiana riformata nella quale mi identifico. È bene riflettere teologicamente, lavorare e rielaborare, per poterli sempre meglio applicare, sui concetti della fede cristiana. Ancora meglio, però, è interagire con la fonte pri­ maria della teologia, cioè con la Bibbia stessa. Non sarebbe vera­ mente teologia riformata, infatti, se chi la pratica, si limitasse a la­ vorare con fonti secondarie, con riflessioni altrui (per quanto vali­ de), con materiale “di seconda mano” e non interagisse in modo privilegiato con “la materia prima”, vale a dire la Parola di Dio, le Sacre Scritture. È attraverso di esse, infatti, che Dio continua a ri­ velarci il Suo pensiero e, soprattutto il Signore e Salvatore Gesù Cristo. È attraverso la lettura e la meditazione fiduciosa ed in spi­ 3


rito di preghiera delle Sacre Scritture che Dio continua ad imparti­ re a gente di tutto il mondo, ancora oggi, vita nuova ed a suscitare iniziative a lode e gloria del Suo nome. Iddio certamente si com­ piace di avvalersi del ministero dei dottori della fede cristiana, ma parla soprattutto attraverso gli scritti canonici dell'Antico e del Nuovo Testamento. Queste riflessioni vogliono essere uno stimolo alla lettura “devo­ zionale” della Bibbia. Non sostituiscono il personale e diligente studio esegetico della Bibbia, ma vogliono accompagnare chi della Bibbia, come deve essere, desidera farne il proprio quotidiano cibo spirituale per nutrire la propria vita di fede. L'apostolo Pietro scri­ ve: “Come bambini appena nati, desiderate il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza” (2 Pietro 2:2); ed ancora Paolo: “...fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo” (Efesini 4:13). Ritengo che il “metodo” da usarsi a questo riguardo, debba essere: (1) Preghiera in cui si chiede a Dio, lo Spirito Santo di illuminarci quando leggiamo il testo biblico del giorno, di aiutarci a compren­ derlo per applicarne l'insegnamento in modo diligente nella nostra vita di tutti i giorni; (2) Lettura attenta del testo biblico proposto (possibilmente ad alta voce e più di una volta); (3) attenta rifles­ sione personale (qual è il significato di ciò che leggo e come po­ trebbe applicarsi alla mia vita?); (4) lettura dei commenti proposti in questo libro, per stimolare ulteriori riflessioni (il contribuito dell'esperienza di altri cristiani è pure importante). (5) Annotarsi in che cosa ci sembra che Iddio ci abbia particolarmente parlato nella meditazione del testo biblico e quali “conseguenze pratiche” ci proponiamo di avere su quella base. L'ideale sarebbe anche fare tutto questo con un'altra persona, anche se il lavoro individuale è insostituibile. Inoltre, questo esercizio potrebbe (tempo e luogo permettendo) essere bene integrato dal canto dei Salmi (il mio sito web pure ne propone diverse e pratiche raccolte). Questo mio lavoro non cita, se non raramente, altre fonti se non la 4


Bibbia: è frutto solo delle mie riflessioni ed esperienze fin qui fat­ te. Non posso tacere, però, che esso è stato ispirato dalle opere dei commentatori biblici “classici”, come Matthew Henry, John Gill, Charles H. Spurgeon, F. B. Meyer ed altri, che considero dei mae­ stri nell'arte del commento devozionale alle Sacre Scritture. Mi propongo infine, Dio volendo, su incoraggiamento di mia mo­ glie, Alison (con la quale spesso ho discusso questi miei commenti e che certamente riflettono anche quanto lei ha osservato) di pro­ durre di quest'opera una corrispondente versione in lingua ingle­ se. Alison, che non mi fa mai mancare il suo apprezzamento e so­ stegno, ritiene, infatti, che queste mie riflessioni possano fare del bene anche ai lettori del suo Paese, l'Inghilterra, che pure mi ospi­ ta. “Perché,” mi dice, “occuparsi solo degli italiani, quando abiti ed operi in questo paese?”. Forse perché il mio cuore rimane comun­ que in Italia? La cosa è comprensibile, ma non sempre buona se, di fatto, appunto, sono in un Paese differente e in grado di intera­ gire efficacemente con i suoi abitanti... Paolo Castellina, Pasqua 2009

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1 Buone notizie per chi ha sete "Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio" (Marco 1:1).

La Bibbia inizia il suo racconto dicendo: "Nel principio Dio creò i cieli e la terra" (Genesi 1:1). Il vangelo di Giovanni, associando in­ dissolubilmente Gesù Cristo a Dio, specifica dicendo: "Nel princi­ pio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio" (Gio­ vanni 1:1). All'inizio di un nuovo periodo della nostra vita e di ogni nostro progetto e risoluzione, facciamo bene a rammentarci che al princi­ pio (ed alla fine) di ogni cosa c'è Dio e l'eterno Suo Figlio, Gesù Cristo, il Salvatore del mondo. Egli sta alla base di ogni cosa e del tempo stesso, di cui è sovrano. La vita, in ogni suo aspetto, in ogni suo momento, ha senso solo in Lui. La nostra vita, per essere signi­ ficativa, va vissuta nella Sua prospettiva. Egli è l'A e la Z (...e tutte le altre lettere dell'alfabeto fra di esse): "Io sono l'alfa e l'omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell'acqua della vita" (Apocalisse 21:6). "Abbiamo sete" di una vita significativa ed eterna e "la fonte del­ l'acqua della vita" si trova proprio qui, nell'Evangelo: "Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio" (Marco 1:1). "Evangelo" signi­ fica "buone notizie", buone notizie "per chi ha sete". Il messaggio dell'Evangelo è buona notizia perché ci indirizza a Colui che solo può salvare la nostra vita dalla futilità e dalle con­ seguenze del peccato: Gesù di Nazareth, il Cristo. Di Lui l'Antico Testamento parla come "il Servo dell'Eterno", Colui sul quale Iddio Padre ha posto la pienezza del Suo Spirito ed ha "investito ogni cosa": "Ecco il mio servo, io lo sosterrò; il mio eletto di cui mi com­ piaccio; io ho messo il mio spirito su di lui, egli manifesterà la giusti­ zia alle nazioni" (Isaia 42:1). Gli apostoli, quando Lo proclamano 7


specificano: "...vale a dire, la storia di Gesù di Nazaret; come Dio lo ha unto di Spirito Santo e di potenza; e com'egli è andato dappertut­ to facendo del bene e guarendo tutti quelli che erano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui" (Atti 10:38). Gesù ancora "va attorno" nel nostro mondo (attraverso l'opera dei Suoi discepoli fedeli) "facendo del bene" e guarendo, liberando uomini e donne sotto il potere ed influenza del maligno. Potranno anche negarlo o ridere di questo, ma quanti sono ciechi di fronte alla realtà del male che li avvinghia e li condiziona, privandoli di ogni autentica libertà spirituale. Solo Cristo Gesù può renderci li­ beri. Gesù stesso dice: "Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete ve­ ramente liberi" (Giovanni 8:36). Gesù è l'eterno Figlio di Dio che "..spogliò sé stesso, prendendo for­ ma di servo, divenendo simile agli uomini" (Filippesi 2:7) in Gesù di Nazareth. È affidandoci completamente a Lui (la Sua vita, la Sua morte, la Sua risurrezione), è seguendo il suo insegnamento con fiduciosa ubbidienza, che noi potremo illuminare la nostra vita di senso e di prospettiva. Non lasciamoci distrarre da niente e da nessuno: questa è la cosa più importante.

PREGHIERA Signore Iddio, all'inizio di un nuovo anno, riconsacro a Te, Signore del tempo e della vita, me stesso, i miei cari e tutto ciò che possiedo. In Te trovo il senso e la direzione della mia esistenza. Fa' sì che, nu­ trito costantemente dalla Tua Parola, io possa essere di benedizione per gli altri, testimoniando fedelmente dell'Evangelo come autentico discepolo di Gesù Cristo, mio Signore e Salvatore. Amen.

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2 Un'attenta preparazione “2 Secondo quanto è scritto nel profeta Isaia: «Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero a prepararti la via... 3 Voce di uno che grida nel deserto: "Preparate la via del Signore, rad­ drizzate i suoi sentieri"». 4 Venne Giovanni il battista nel deser­ to predicando un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati. 5 E tutto il paese della Giudea e tutti quelli di Gerusa­ lemme accorrevano a lui ed erano da lui battezzati nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6 Giovanni era vestito di pelo di cammello, con una cintura di cuoio intorno ai fianchi, e si nutriva di cavallette e di miele selvatico. 7 E predicava, di­ cendo: «Dopo di me viene colui che è più forte di me; al quale io non sono degno di chinarmi a sciogliere il legaccio dei calza­ ri. 8 Io vi ho battezzati con acqua, ma lui vi battezzerà con lo Spirito Santo»” (Marco 1:2­8).

La venuta del Salvatore Gesù Cristo non è stata improvvisa ed ina­ spettata. Il suo luogo ed il suo tempo corrispondono esattamente a quanto il Signore Iddio, nella Sua sapienza, aveva pianificato: "...quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge" (Galati 4:4). A quel momento Iddio giunge attraverso un'attenta preparazione. La storia dell'antico popolo di Israele ed il messaggio dei profeti ne segnano le tappe. Tutto è finalizzato all'avvento del Cristo, il Messia: la Legge ed i Profeti, ma anche gli altri scritti dell'Antico Testamento. Giovanni, il battista [cioè il "battezzatore"] è l'ultimo dei profeti, l'ultima autorevole voce dell'Antico Testamento. Il suo aspetto, la sua vita, il suo messaggio inequivocabilmente lo mani­ festano come tale. Il mondo dell'Antico Testamento cede al "più forte", Gli è inferiore, ma non superfluo. Ecco perché rimane importante leggere e stu­ 9


diare l'Antico Testamento. Bisogna farlo "nell'ottica di Cristo", ma la Parola di Dio, Cristo stesso, riecheggia attraverso di esso. Esso fa parte della "spiegazione" di Cristo e del suo necessario appro­ fondimento. I vangeli ci annunciano Cristo e, attraverso di essi Lo riceviamo come nostro Signore e Salvatore. Poi dobbiamo appro­ fondire la Sua conoscenza studiandone le premesse nell'Antico Te­ stamento e le conseguenze dagli altri scritti del Nuovo Testamen­ to. Tutta la Bibbia quindi è ispirata ed utile. Nulla di essa è da scartare. "Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a ri­ prendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (2 Timoteo 3:16­17). Giovanni, il battista predica "un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati". Egli mette davanti al suo uditorio ciò che Dio esige nella Sua legge morale, gli fa prendere coscienza delle sue gravi inadempienze e delle fatali conseguenze che comportano. È così che suscita la consapevolezza del bisogno del Salvatore. Uo­ mini e donne giungono così al ravvedimento e l'acqua di quel bat­ tesimo è segno della purificazione che troveranno accogliendo il Salvatore Gesù Cristo. È simile a ciò che avviene nella predicazio­ ne dell'Evangelo. Viene prima annunciata la Legge morale di Dio per farci prendere coscienza dei nostri peccati, delle loro conse­ guenze e del bisogno che abbiamo del Salvatore Gesù Cristo. Con­ fessando i nostri peccati ed abbandonandoli, accogliamo così, nel­ la nostra vita, il Cristo, il quale ci riconcilia con Dio e ci apre, nella comunione con Lui, a prospettive di vita significativa ed eterna. È il Cristo che "ci battezza", ci immerge, nella vita dello Spirito San­ to.

PREGHIERA Ti lodo e Ti ringrazio, o Signore, per la sapienza che hai avuto quan­ do hai disposto ogni cosa nella storia, e nella mia vita, per portare uomini e donne, per portare me, al Salvatore Gesù Cristo. Ricevo 10


l'intera Tua Parola con attenzione ed impegno a studiarla diligente­ mente. L'annuncio della Tua legge mi mette in crisi, ma mi porta fi­ duciosamente alla grazia che mi manifesti in Cristo. Aiutami ad es­ sere testimone di questo Evangelo con le mie parole e con una vita che vi corrisponda. Amen.

3 L'impegno di Dio e il nostro “9 In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battez­ zato da Giovanni nel Giordano. 10 A un tratto, come egli usci­ va dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito scendere su di lui come una colomba. 11 Una voce venne dai cieli: «Tu sei il mio diletto Figlio; in te mi sono compiaciuto». 12 Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto; 13 e nel deserto rimase per qua­ ranta giorni, tentato da Satana. Stava tra le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano” (Marco 1:9­13).

Giovanni "predicava un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati" (1:3). Gesù è fra coloro che vanno ad ascoltare la pre­ dicazione di Giovanni e che si sottopongono a questo rito. Forse che Gesù, il Figlio di Dio, Colui nel quale Iddio Padre si compiace, ha bisogno di confessare i suoi peccati e di ravvedersene? No di certo. Così facendo, Gesù avalla, conferma, con la Sua presenza, l'autenticità del ministero di Giovanni e, partecipando all'atto del battesimo, "dà il buon esempio" di ciò che ciascuno di noi deve fare: vale a dire riconoscere che davanti a Dio siamo peccatori, in­ vocare il Suo perdono, determinarsi di abbandonare, nella nostra vita, tutto ciò che a Dio dispiace. Partecipando al battesimo di Giovanni, inoltre, Gesù, il Figlio di Dio, manifesta di essere venuto per condividere appieno la condi­ zione umana, di "simpatizzare" completamente con noi, di com­ prenderci: "Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tenta­ 11


to come noi in ogni cosa, senza commettere peccato" (Ebrei 4:15). Gesù viene come la risposta di Dio a coloro che, riconoscendo d'es­ sere peccatori ed invocando il perdono di Dio, prende su di Sé il nostro peccato e le sue gravi conseguenze, per liberarcene e gua­ dagnarci la nostra completa riabilitazione di fronte a Dio. Affidan­ doci a Lui completamente siamo perdonati e ristabiliti nella comu­ nione salvifica con Dio. Infatti: "Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe" (2 Corinzi 5:19). Quando Gesù si sottopone al battesimo predicato da Giovanni si manifesta tutta la pienezza di Dio, tutte le Persone della Santa Tri­ nità sono presenti e coinvolte: Dio Padre (nel racconto la voce dal cielo), Dio Figlio (nella Persona di Gesù), Dio lo Spirito Santo (rappresentato da una colomba che scende su Gesù). L'intera es­ senza di Dio è impegnata a provvedere salvezza. Dio Padre la provvede e "la organizza", Dio il Figlio "la esegue", Dio lo Spirito Santo l'applica efficacemente agli eletti quando li attira a Cristo, impartisce loro la capacità a rispondere all'Evangelo con il ravve­ dimento e la fede, e li sospinge nel cammino della vita cristiana. Ecco così che, prima di iniziare il Suo ministero terreno, Gesù tra­ scorre un periodo "di preparazione" nel deserto. Le sue intenzioni ed il metodo scelto per operare salvezza sono sfidate da Satana, l'avversario di Dio, che, tentando Gesù a percorrere una strada di­ versa, tenta di boicottarlo e di renderla ineffcace. I propositi di sal­ vezza di Dio, però, sono invincibili, niente e nessuno può frustrar­ li: "...così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata" (Isaia 55:11).

PREGHIERA Signore Iddio, Ti lodo e Ti ringrazio di avere impegnato tutto Te stes­ so nell'organizzare, eseguire ed applicare alla mia persona la grazia della salvezza. È qualcosa di assolutamente stupefacente, perché 12


niente di tutto questo io avrei potuto minimamente meritare. Nel ravvedimento e nella fede, nell'ubbidienza e nell'impegno, voglio di­ mostrarmene riconoscente. Voglio percorrere seriamente il sentiero che, dietro a Cristo, appartiene ad ogni Suo autentico discepolo. Amen.

4 Un messaggio scomodo ma salutare “Dopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù si recò in Ga­ lilea, predicando il vangelo di Dio e dicendo: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al vangelo" (Marco 1:14­15).

Giovanni, l'ultimo profeta dell'Antico Testamento, che predicava: “un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati”, messo in prigione? Perché mai? Perché evidentemente Giovanni non era come tanti predicatori d'oggi, irrilevanti e che non scomodano nessuno, anzi, che dicono solo quel che la gente ha piacere o fa comodo di sentire. La parola di Giovanni metteva in crisi le perso­ ne che l'udivano: denunziava, infatti, con forza ipocrisia ed ingiu­ stizia, tutto ciò che Dio considera peccato ed è da condannare. Da­ vanti ad essa non si poteva rimanere indifferenti o neutrali. Co­ stringeva ad una presa di posizione: o l'accoglienza, e quindi il ravvedimento, il “cambiare mentalità” e l'emendare la propria vita conformandola alla volontà rivelata di Dio, oppure l'aperta opposi­ zione. Le autorità politiche e religiose, allora come oggi, non tollerano che i loro “sporchi affari” siano messi in luce e tanto meno inten­ dono rinunciarvi, ...che Dio sia d'accordo oppure no! Giovanni era “una voce scomoda” che “doveva” essere messa a tacere. Così era stato per molti antichi profeti, così sarebbe stato per Gesù stesso e per molti Suoi discepoli fedeli di ogni epoca. L'Evangelo di Gesù Cristo, però, può essere messo a tacere con successo? No: nessuno 13


s'illuda. Non ci sono mai riusciti e non ci riusciranno mai, quale che sia il metodo che scelgono per sopprimerlo. In un modo o in un altro torna a farsi sentire perché è la voce dell'Iddio onnipoten­ te, voce di giudizio e di salvezza. Marco qui sintetizza così la predicazione di Cristo: "Il tempo è com­ piuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al vangelo”. Essa mette in rilievo come la storia umana, e la storia di ciascuno, non sia qualcosa di casuale oppure qualcosa che sia in mano no­ stra. Essa risponde alla pianificazione e costante controllo di Dio, che così realizza sovranamente i Suoi propositi. L'avvento e l'opera del Cristo stabilisce la sovranità di Dio sul creato e chiama le crea­ ture umane a sottomettersi ad essa. Il regno di Dio si manifesta nell'opera di Cristo ed attraverso la comunità dei Suoi discepoli quando vive nel suo spirito e in fiduciosa ubbidienza ai Suoi co­ mandamenti. L'Evangelo comporta sempre due elementi: ravvedimento e fede, all'inizio e durante la vita cristiana. Non è amore a buon mercato, ma impegno morale. L'Evangelo è l'annuncio della grazia e di Dio, ma non avrebbe senso parlare di grazia senza la consapevolezza che siamo sottoposti alla Legge di Dio e della Sua giusta condanna in quanto Suoi trasgressori. L'Evangelo è grazia, ma non in vista di poter fare ciò che meglio ci aggrada, ma in vista della volenterosa e gioiosa sottomissione alla Sua volontà, consapevoli che solo nel­ la volontà di Dio la vita umana è realizzata, compiuta veramente. “Con il ravvedimento noi dobbiamo dare gloria al nostro Creatore che abbiamo offeso; con la fede dobbiamo dare gloria al nostro Redentore che è venuto a salvarci dai nostri peccati”. PREGHIERA Signore Iddio: Ti ringrazio d'avermi fatto conoscere il messaggio del­ l'Evangelo, messaggio di giudizio e di salvezza. Lo accolgo volentieri non solo quando mi parla d'amore, ma anche quando mi mette in crisi e mi spinge a cambiare. Anche questo è espressione del Tuo amore. Amen. 14


5 Come Cristo, così i Suoi discepoli “Mentre passava lungo il mare di Galilea, egli vide Simone e Andrea, fratello di Simone, che gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. Gesù disse loro: "Seguitemi, e io farò di voi dei pescatori di uomini". Essi, lasciate subito le reti, lo seguirono. Poi, andando un po' più oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, che anch'essi in barca rassettavano le reti; e subito li chiamò; ed essi, lasciato Zebe­ deo loro padre nella barca con gli operai, se ne andarono die­ tro a lui” (Marco 1:16­20).

I ruoli che Gesù impersona e che è venuto a svolgere sono diversi. Signore e Salvatore sono quelli maggiormente riconosciuti. Qui vediamo Gesù che comincia a svolgere il Suo ruolo di Maestro nel­ l'atto di raccogliere la Sua “classe”, i Suoi “studenti”, i Suoi disce­ poli. Si potrebbe meglio dire che Egli sia il capomastro che racco­ glie i Suoi apprendisti, perché essi dovranno apprendere da Lui non solo nozioni teoriche, ma anche arti pratiche. La fede cristia­ na, infatti, non è soltanto conoscere, ma anche e soprattutto prati­ care, uno stile di vita nella quale dobbiamo “impratichirci”. È Gesù stesso, poi, che sceglie i Suoi discepoli. Un giorno dirà loro: “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto ri­ manga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia” (Giovanni 15:16). Oggi nel mondo evangelico si mette molto l'accento sul concetto di “scegliere Cristo”. Bisogne­ rebbe meglio accentuare il fatto che è prima di tutto Cristo (Dio) a scegliere. Nessuno i noi, in realtà, avrebbe scelto Cristo (alle Sue condizioni di discepolato), se non fosse prima lo Spirito Santo ad averci portato a scegliere Lui. Nell'episodio stesso qui raccontato, il fatto che quei pescatori “improvvisamente” lascino tutto per se­ 15


guire Cristo sarebbe del tutto inesplicabile e stupefacente se non fosse per l'efficace iniziativa di Cristo. Gesù dice: “Nessuno può ve­ nire a me se non lo attira il Padre, che mi ha mandato; e io lo risu­ sciterò nell'ultimo giorno” (Giovanni 6:44). Gesù raccoglie i Suoi primi discepoli non fra “cultori di religione”, né fra studenti di teologia, ma fra gente comune del popolo. Infat­ ti, “Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti” (1 Corinzi 11:27). Per questo l'Apostolo Paolo scrive: “... noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia at­ tribuita a Dio e non a noi” (2 Corinzi 4:6). Per quanto la scelta di Gesù non sia casuale né dipenda dalla no­ stra maggiore o minore dignità a questo compito, è interessante come qui Gesù scelga Suoi discepoli fra uomini diligenti nelle loro attività e che collaborano gli uni con gli altri. Gesù si compiace dell'industriosità ed unità e certamente queste caratteristiche Gli saranno molto utili! Anche l'accostamento fra pesca e opera evan­ gelistica non è casuale. Non si tratterà più di pesci ma di creature umane. Non dovranno più ora raccogliere per sé stessi, ma lo fa­ ranno per il Regno di Dio. Questa pesca non sarà più un'attività, in fondo, di sfruttamento e consumo, ma di servizio e di vita. Gesù disse: “Il ladro non viene se non per rubare, ammazzare e distrugge­ re; io son venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Giovanni 10:10). Come Cristo così dovranno fare i Suoi discepoli ed inviati. I discepoli lasciano il loro padre nella barca. Non sarà abbandona­ to. Avrà i suoi operai. La chiamata di Gesù non implica che “il la­ voro secolare” sia inferiore a quello fatto “per Lui”. Il primo rima­ ne necessario e va considerato pure una vocazione al servizio del Signore (lo vediamo altrove nel Nuovo Testamento), ma “l'opera del Signore” non dovrà più essere lasciata a “specialisti”: anche dei semplici pescatori ne saranno coinvolti.

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PREGHIERA Ti ringrazio, Signore Gesù, non solo per avermi chiamato a salvezza, ma perché mi vuoi coinvolgere nella Tua opera come “operaio del re­ gno di Dio”. Dammi di poterlo fare con diligenza ed impegno, in col­ laborazione con i miei fratelli e sorelle nella fede. Amen.

6 Come uno che ha autorità “21 Vennero a Capernaum; e subito, il sabato, Gesù, entrato nella sinagoga, insegnava. Essi si stupivano del suo insegna­ mento, 22 perché egli insegnava loro come uno che ha auto­ rità e non come gli scribi” (Marco 1:21­22).

Gesù inizia la sua missione di Maestro nella cittadina di Caper­ naum in Galilea partecipando al culto comunitario nella locale si­ nagoga. È lì che subito si distingue per l'autorevolezza del suo in­ segnamento. Notiamo:

• Gesù non temporeggia, non perde tempo: subito diligente­ mente si applica all'opera alla quale era stato chiamato. Coglie la prima opportunità per predicare l'Evangelo. La prontezza e la generosità di Gesù si dimostra non solo nel sovvenire ai bisogni materiali della gente (come vedremo), ma anche a quelli spirituali, nel far conoscere e spiegare la Parola di Dio. Questo è un bene altrettanto se non più pre­ zioso. Nutrirsi e nutrire con la Parola rivelata è essenziale quanto la salute ed il sostentamento del corpo: non biso­ gna trascurarlo o ritenerlo accessorio. La presenza di Gesù nella sinagoga nel giorno del Signore, non è strumentale. Gesù onora, sebbene non in modo legalistico, l'im­ portanza del giorno del Signore (un giorno santo, speciale) come il giorno in cui comunitariamente il Suo popolo si incontra con 17


Dio. Gesù onora con la Sua presenza il giorno particolarmente de­ dicato all'incontro con Dio (nella preghiera, nel canto dei Salmi, nell'ascolto riflessivo della Parola di Dio). Se noi abbiamo lo Spiri­ to di Cristo dobbiamo fare, dovunque sia possibile, altrettanto. Nel culto comunitario in sinagoga, l'anziano che lo presiedeva, in­ vitava chiunque si sentisse di farlo, ad intervenire e commentare il testo biblico del giorno. Gesù non era un “sacerdote” levita, né un “addetto” a questo servizio nella comunità, eppure lo troviamo mentre si avvale di questa opportunità per rivolgersi ad essa. Que­ sto pure sarà l'usanza della chiesa cristiana delle origini. Non è qualcosa di cui abusare. Tutto deve essere fatto con ordine e a ra­ gion veduta, ma l'Apostolo esorta: “Quando vi riunite, avendo cia­ scuno di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o un'interpretazione, si faccia ogni cosa per l'edificazione. Se c'è chi parla in altra lingua, siano due o tre al mas­ simo a farlo, e l'uno dopo l'altro, e qualcuno interpreti. Se non vi è chi interpreti, tacciano nell'assemblea e parlino a sé stessi e a Dio” (1 Corinzi 14:26­28). In ogni caso è l'Evangelo di Cristo che deve es­ sere predicato, la Parola che edifica, ed i presenti devono essere disposti a riceverla e ad apprendere da essa: “...se pure gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti secondo la verità che è in Gesù” (Efesini 4:21). Gesù non predica come come gli scribi con noiose ripetizioni di parole imparate a memoria e senza sentimento, con materiale “di seconda mano” fatto di citazioni da eruditi commentari, tradizio­ ni, disquisizioni intellettuali su dettagli della Legge fatte con ipo­ crita moralismo (magari con lunghe “note a piè di pagina”). Gesù insegna “con autorità”, autorevolmente, come chi conosce sia la mente di Dio per esperienza diretta, sia la condizione umana. Lo fa con umana compassione e comprensione per chi ascolta, in modo vivo e interessante. Gesù, pur senza “aver studiato”, conosce a fondo sia Dio e la Sua Parola che l'essere umano, la sua condi­ zione e situazione, rapportando magistralmente le due cose. Quel­ le di Gesù non sono parole al vento, formali e ripetitive, pie bana­ 18


lità, omelie moralistiche che lasciano il tempo che trovano. Egli non predica “colpevolizzando” l'uditorio, ma, pur mettendo in ri­ lievo ciò che è peccato, accompagnando chi ascolta al perdono e alla guarigione. Dipende dall'ambiente, ma “Che noia” si può dire di tante predicazioni che si sentono oggi, quanta legalistica disu­ manità, vuote astrazioni e disquisizioni, irrilevanti “commenti cri­ tici”. Abbiamo bisogno di predicatori impregnati dello spirito di Cristo, di esperienza, compassione e comprensione, capacità di trasmettere e di accompagnare ad applicare. Preghiamo che il Si­ gnore faccia sorgere tali predicatori anche nella nostra generazio­ ne.

Preghiera Signore Iddio, voglio essere diligente nella vocazione alla quale mi hai chiamato, diligente nel partecipare al culto comunitario, diligen­ te nella mia disponibilità ad ascoltare ed imparare, diligente nel con­ dividere con gli altri quanto Tu mi insegni. Ti prego di darci comuni­ tà cristiane e predicatori che veramente vivano lo Spirito di Cristo. Sono così rare oggi, purtroppo. Dacci un risveglio affinché il Tuo po­ polo, in questa generazione, possa godere di adeguato nutrimento spirituale e crescere nella fede e nell'impegno. Amen.

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7 Sotto mentite spoglie 23 "In quel momento si trovava nella loro sinagoga un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale prese a gridare: 24 «Che c'è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per mandarci in perdizione? Io so chi sei: Il Santo di Dio!» 25 Gesù lo sgridò, dicendo: «Sta' zitto ed esci da costui!» 26 E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27 E tutti si stupiro­ no e si domandavano tra di loro: «Che cos'è mai questo? È un nuovo insegnamento dato con autorità! Egli comanda perfino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono!» 28 La sua fama si divulgò subito dappertutto, nella circostante regione della Galilea" (Marco 1:23­28).

Era una "pacifica" riunione di culto, un'assemblea di pii credenti, nella sinagoga di Capernaum. Che ci faceva lì, in una riunione di persone religiose ("Chi avrebbe mai potuto anche solo sospettarlo?") "un uomo posseduto da uno spirito immondo"? Non è forse vero che gli uomini "posseduti da spiriti immondi" non van­ no al culto, ma sono ben contenti di starsene fuori, nel mondo, "a farsi gli affari propri" senza darsi pensiero di Dio? Eppure la realtà è che anche nelle chiese, persino in posti di responsabilità, vi pos­ sono essere, nascosti sotto mantelli di "religiosa rispettabilità", uo­ mini e donne "posseduti da spiriti immondi", uomini e donne la cui vita non è governata da Dio, ma da Satana. Non c'è nulla di peggio di un "servitore di Satana" sotto mentite spoglie. È lì, nella chiesa, forte del suo "diritto" a starci (ben ca­ muffato), ma farà di tutto per condizionare la comunità a cammi­ nare su vie di comodo, del suo comodo, non sulle vie dell'Evange­ lo. Le motivazioni della sua permanenza in chiesa possono essere svariate, ma non sono quelle giuste. Come fare per smascherare "l'uomo posseduto da uno spirito im­ 20


mondo"? Predicare l'Evangelo, predicare Cristo, vivere e promuo­ vere la presenza di Cristo e del Suo Spirito. Questo proprio "l'uo­ mo posseduto da uno spirito immondo" non lo sopporta. Predicate Cristo e "l'uomo posseduto da uno spirito immondo" reagirà con veemenza, griderà forte, farà di tutto per impedirlo, persino com­ plotterà affinché chi vive e predica l'Evangelo sia emarginato ed escluso! Vivere e predicare Cristo, infatti, per lui è una minaccia, un'attentato al perseguimento dei suoi veri fini, personali e nella comunità. Tu, credente, tu pastore, che predichi l'Evangelo, "...sei forse venu­ to in questa comunità per rovinarla, per 'mandarla in perdizione' con le tue idee eversive?". È vero: "Che c'è fra noi e te" che predi­ chi Cristo? Nulla. "In questa chiesa ...non si predica Cristo, ma 'l'e­ vangelo moderno'!" (qualunque aspetto possa prendere). L"l'uomo posseduto da uno spirito immondo" non è ignorante, sa come le cose veramente stanno: "Io so chi sei: il santo di Dio": è per questo che sta ben attento a che non si predichi e non si viva Cristo, "Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcu­ ni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dot­ trine di demòni, sviati dall'ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza" (1 Timoteo 4:1­2). Gesù, però, non si lascia intimidire: «Sta' zitto ed esci da costui!», dice rivolgendosi al "l'uomo posseduto da uno spirito immondo". Gesù distingue cosi fra l'uomo (che è una povera vittima dello spi­ rito immondo) e lo spirito immondo stesso, perché l'uomo è da salvare, da liberare, da ricuperare per Dio. Questo è importante, perché se pure è necessario opporsi ai "falsi dottori", bisogna ­ se possibile ­ tendere al loro ricupero e, comunque, pregare per essi affinché siano liberati dalle forze negative che li condizionano. La lotta può essere intensa. "Strazio e grida" possono anche essere presenti, ma la persistenza di chi vive e annuncia Cristo alla fine prevale. Allora gli altri fedeli, prima magari ignari della presenza e dell'influenza del "l'uomo posseduto da uno spirito immondo", stu­ piranno e si faranno delle domande (cosa che prima non si faceva­ 21


no). Allora la gloria e l'autorità dell'Evangelo sarà esaltata e ulte­ riormente promossa. Gesù, l'Evangelo, la verità proclamata dalle Sacre Scritture, è potente, è autorevole. È più potente persino de­ gli spiriti immondi, per quanto arroganti e forti possano essere. Non dobbiamo dubitarlo. Non dobbiamo lasciarci intimidire. A questo Evangelo, a questo Cristo, hanno ubbidito nel corso della storia persino spiriti che si credevano invincibili Che la fama di Gesù, allora, che la gloria dell'Evangelo, si diffonda dovunque nella regione a noi circostante, attraverso la nostra fe­ deltà al Cristo dei vangeli.

PREGHIERA Signore, tu sai quanto ci rattristi vedere chiese o gruppi che fanno professione di religiosità, dominati da spiriti avversi a Cristo. Con­ fessiamo che, di fronte a tutto questo, siamo affranti e impotenti. Pur consapevoli che questi sono i "tempi futuri" di apostasia di cui parlano le Scritture, dacci la determinazione di vivere e di proclama­ re con forza Cristo e il Suo Evangelo, sicuri della Sua potenza a tra­ sformare la realtà e a liberare coloro che sono oppressi e condiziona­ ti da Satana. Dacci, infine, di vigilare anche su noi stessi, affinché nemmeno un angolo della nostra mente, anima e corpo, sia control­ lata da altri che non sia lo Spirito Santo di Dio. Amen.

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8 Si può fare “29 Appena usciti dalla sinagoga, andarono con Giacomo e Giovanni in casa di Simone e di Andrea. 30 La suocera di Si­ mone era a letto con la febbre; ed essi subito gliene parlarono; 31 egli, avvicinatosi, la prese per la mano e la fece alzare; la febbre la lasciò ed ella si mise a servirli” (Marco 1:29­31).

Il culto domenicale per noi normalmente si svolge la mattina e ter­ mina all'ora di pranzo. Si tratta di un pranzo che, nella nostra cul­ tura è ritenuto “importante” per la famiglia. Qualcuno lo deve pre­ parare, soprattutto se ci sono ospiti, e non potrà così recarsi in chiesa. L'importanza, però, di partecipare tutti al culto domenicale impone un modo diverso di organizzare la cosa e ci sono modi creativi e soddisfacenti per farlo. All'uscita del culto a Capernaum, Simone e Andrea vorrebbero in­ vitare Gesù a casa loro. Un grande onore veramente. La cosa, però, in quel caso, era “inappropriata”. La suocera di Simone “era a letto con la febbre” (probabilmente qualcosa di una certa gravi­ tà). Immaginatevi le discussioni fra questi due uomini e le donne di casa... “Che idea,” portare un ospite in casa in questa situazio­ ne, “tipica inavvedutezza dei maschi 'che non pensano'!”. Essi, però, “ci avevano pensato”. Erano del tutto consapevoli della si­ tuazione e proprio per questo “subito gliene parlarono” ed invita­ no Gesù ugualmente a casa loro. Non pensano “solo a sé stessi” pretendendo che le donne li servano “come al solito”, ma invitano Gesù affinché Egli si occupi, come farà, di quella donna malata. Se pure spesso è vero che gli uomini sono egoisti e pretenziosi (la fede cristiana può e deve correggerlo), non sembra essere questo il caso! Entrati in casa, non si mettono a tavola... ma Gesù, infran­ gendo magari le regole sociali, si reca direttamente dove la donna giaceva malata, compassionevolmente la prende per mano e la 23


Sua potenza di vita e salute la guarisce. Il fatto che, subito dopo, la donna “si mise a servirli” non deve su­ scitare in noi commenti del tutto fuori luogo, ma deve farci pensa­ re come questo sia espressione della riconoscenza di questa don­ na, ben contenta di provvedere a Gesù e agli altri proprio dopo che essi avevano pensato a lei e provveduto a risolvere la sua par­ ticolare situazione. Immaginiamoci così pure un bel pranzo festivo dove tutti fanno la loro parte e certamente Gesù in esso aveva “servito” più di tutti. È sempre il momento giusto quando si invita Gesù nella nostra vita!

PREGHIERA Signore Iddio, io non sono degno che tu entri in casa mia. Quanto spesso, infatti, sono ben lungi dall'avere il carattere di Cristo, premu­ roso e servizievole. Insegnami ad essere sempre meglio come Lui e, dopo aver partecipato al culto che Ti è dovuto, occuparmi con gioia degli altri, come naturale sua conseguenza. Amen.

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9 La lotta di Gesù continua “32 Poi, fattosi sera, quando il sole fu tramontato, gli condus­ sero tutti i malati e gli indemoniati; 33 tutta la città era radu­ nata alla porta. 34 Egli ne guarì molti che soffrivano di diverse malattie, e scacciò molti demòni e non permetteva loro di par­ lare, perché lo conoscevano. 35 Poi, la mattina, mentre era an­ cora notte, Gesù si alzò, uscì e se ne andò in un luogo deserto; e là pregava. 36 Simone e quelli che erano con lui si misero a cercarlo; 37 e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano». 38 Ed egli disse loro: «Andiamo altrove, per i villaggi vicini, affinché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto». 39 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e caccian­ do demòni” (Marco 1:32­39).

L'integrità, la salute fisica, mentale e spirituale della creatura uma­ na è messa duramente alla prova da "agenti contaminanti" di varia natura che spesso raggiungono il loro scopo: quello di alienarla e distruggerla. La storia della medicina testimonia della lotta dell'u­ manità per combattere e sconfiggere gli innumerevoli mali che l'affliggono. La medicina ha fatto grandi progressi. Quando, però, essa riduce ogni cosa ad un problema di chimica e (chimica del corpo o chimi­ ca del cervello) essa è ostinatamente miope sul fatto che molti problemi dell'umanità sono d'ordine spirituale. Le forze spirituali della malvagità, benché talvolta si abbia abusato e si abusi di que­ sto concetto, esistono e sono all'opera. Esse hanno buon gioco pro­ prio quando le si nega affermando, magari, che siano "concezioni primitive della realtà". Faremmo così meglio a prendere sul serio Gesù che, per guarire e liberare l'essere umano, operava guarendo mali fisici e spirituali, decontaminando la carne e decontaminando lo spirito, quando 25


esso era preda delle forze spirituali della malvagità. A chi ha occhi per vedere gli è chiaro che Satana sia all'opera ancora oggi come non mai per distruggere individui e società e, se gli fosse possibile, tutta l'umanità. Solo la provvidenza di Dio tiene a freno Satana e gli impedisce di realizzare i suoi propositi. Che avverrà, però, quando Dio allenterà, dando così corso al Suo giudizio finale sul­ l'umanità ribelle, questi freni? "Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo. Infatti il mistero dell'empietà è già in atto, soltanto c'è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo" (2 Tessalonicesi 2:6­7). I dèmoni "conoscono Gesù": sanno che Egli ha la forza di sconfig­ gerli, anzi, che sia il solo che possa farlo. Egli non permette loro di parlare perché sa di quante menzogne essi sarebbero capaci di dire pur di allontanare uomini e donne da Cristo. E noi, "conoscia­ mo Gesù"? Sappiamo che Egli è potente per intervenire con effica­ cia per liberarci dal male? Interessatevi a Lui e vedrete quante for­ ze vorrebbero impedirvelo. Persistete a farlo e Satana non potrà più resistere. "Sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi" (Giacomo 4:7). È interessante come Gesù "la mattina, mentre era ancora notte, Gesù si alzò, uscì e se ne andò in un luogo deserto; e là pregava". Egli sa che è la comunione con Dio Padre nella preghiera la fonte delle risorse spirituali per combattere efficacemente il male. Fa­ remmo bene a seguire il Suo esempio se vogliamo essere altrettan­ to vittoriosi sul male che è all'opera nella nostra vita e che vorreb­ be distruggerci. Non lo dobbiamo fare, però, solo per noi stessi, ma anche per gli altri. Gesù pregava per avere la forza necessaria, ma intercedeva pure per i Suoi. Così dobbiamo fare noi: "Pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia" (Giacomo 5:16). Gesù, alla fine del nostro testo dice: "Andiamo altrove, per i villag­ gi vicini, affinché io predichi anche là; per questo infatti sono ve­ nuto". Egli continua a dirlo ancora oggi, perché la Sua opera non è terminata. Egli dice: "Andiamo altrove, in casa del lettore di que­ 26


ste meditazioni, perché anche per questo sono venuto, per portar­ gli i miei doni di grazia e di liberazione".

PREGHIERA Ti ringrazio, Signore, per l'instancabile opera del Salvatore Gesù Cri­ sto che è giunto fino a me per portare la Sua grazia e le Sue virtù sa­ lutari. Desidero stargli vicino sempre, non solo per essere liberato e protetto, ma anche per imparare da Lui che cosa significa seguirlo sulla via del servizio verso l'umanità sofferente. Amen.

10 Compassione “40 Venne a lui un lebbroso e, buttandosi in ginocchio, lo pregò dicendo: «Se vuoi, tu puoi purificarmi!» 41 Gesù, impietositosi, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio; sii purificato!». 42 E subito la lebbra sparì da lui, e fu purificato. 43 Gesù lo congedò subito, dopo averlo ammonito severamente, 44 e gli disse: «Guarda di non dire nulla a nessuno, ma va', mostrati al sacerdote, offri per la tua purificazione quel che Mosè ha pre­ scritto; questo serva loro di testimonianza». 45 Ma quello, appena partito, si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tan­ to che Gesù non poteva più entrare apertamente in città; ma se ne stava fuori in luoghi deserti, e da ogni parte la gente accor­ reva a lui Gesù»” (Marco 1:40­45).

Vi sono malati contagiosi da cui si sta alla larga. Vi sono persone che che per motivi più o meno giustificati, sono evitate. Vi sono malati "incurabili" e "terminali" di fronte ai quali ci sentiamo imba­ razzati e non sappiamo cosa dire... Vi sono anziani e disabili (spes­ so gravemente tali). Sono "i condannati" della nostra società, sop­ portati, tollerati... Qualcuno proponeva (e ancora propone) di eli­ minarli "per non farli soffrire" o meglio, "perché non siano di peso 27


alla società", perché non ci disturbino, perché non ci mettano in imbarazzo... Proponiamo "la dolce morte": Uccidere per pietà? Certo, le regole assolute di "strenua difesa della vita", qualsiasi vita, possono essere ancora più disumane della "soluzione". Dipen­ de. Non è facile decidere che cosa sia più compassionevole. Gesù aveva corso il rischio di "impietosirsi". Gesù "stende la mano", lo tocca. È un rischio che dobbiamo correre anche noi, "mettendoci nei panni" dell'infermo. Il più delle volte non sappiamo come gua­ rirlo; anche la nostra amorevole presenza, testimonianza, parole, però, possono essergli terapeutiche. Dobbiamo e possiamo valuta­ re la situazione con attenzione ed amore ed agire "nel nome" e nello spirito di Gesù. Come avrebbe agito Gesù? Qui il lebbroso, buttandosi in ginocchio davanti a Gesù, Lo implo­ ra di guarirlo, di purificarlo dalla contaminazione che lo rende un emarginato nella società. esprime così la sua fede nella capacità di Gesù di guarirlo. Non pretende, però, la guarigione. Rispetta la so­ vrana volontà di Dio in Gesù che, per qualche motivo che magari non comprende, ma accetta, potrebbe anche non guarirlo. Il ri­ spetto per la sovrana volontà di Dio, ciò che Lui dispone, è altret­ tanto impressionante che la sua fede. Dobbiamo imitare la sua fede, ma sappiamo imitare pure il rispetto per la volontà di Dio che potrebbe anche essere diversa dalla nostra? Gesù, così, acconsente, compassionevolmente, a purificarlo. Gli impone però il silenzio forse perché la Sua missione non sia frain­ tesa, sfruttata, abusata, come spesso succede anche oggi. L'entu­ siasmo conseguente alla sua guarigione, però, è più forte dell'in­ giunzione che Gesù gli rivolge e divulga il fatto dappertutto, co­ stringendo Gesù a ritirarsi "per avere un momento di pace". Trop­ po spesso pretendiamo da Dio senza considerare i Suoi diritti, le Sue esigenze, i Suoi propositi. Non dobbiamo pensare di essere al centro del mondo, è Lui, dio, che deve avere il primato, anche se eventualmente questo non ci convenisse, non ci fosse comodo. Dobbiamo imparare anche questo. 28


PREGHIERA Signore Iddio, aiutami ad essere compassionevole come hai manife­ stato d'essere in Gesù e, soprattutto, a cercare di vedere le cose da una prospettiva più vasta del mio personale tornaconto. Aiutami ad essere umile di fronte a Te, senza pretendere nulla, rispettandoti fi­ duciosamente. Amen.

11 L'importanza di andare e di portare a Gesù 1 Dopo alcuni giorni, Gesù entrò di nuovo in Capernaum. Si seppe che era in casa, 2 e si radunò tanta gente che neppure lo spazio davanti alla porta la poteva contenere. Egli annunziava loro la parola. 3 E vennero a lui alcuni con un paralitico porta­ to da quattro uomini. 4 Non potendo farlo giungere fino a lui a causa della folla, scoperchiarono il tetto dalla parte dov'era Gesù; e, fattavi un'apertura, calarono il lettuccio sul quale gia­ ceva il paralitico. 5 Gesù, veduta la loro fede, disse al paraliti­ co: «Figliolo, i tuoi peccati ti sono perdonati». 6 Erano seduti là alcuni scribi e ragionavano così in cuor loro: 7 «Perché costui parla in questa maniera? Egli bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non uno solo, cioè Dio?» 8 Ma Gesù capì subito, con il suo spirito, che essi ragionavano così dentro di loro, e disse: «Perché fate questi ragionamenti nei vostri cuori? 9 Che cosa è più facile, dire al paralitico: "I tuoi peccati ti sono perdonati", oppure dirgli: "Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina?" 10 Ma, affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha sulla terra au­ torità di perdonare i peccati, 11 io ti dico (disse al paralitico) àlzati, prendi il tuo lettuccio, e vattene a casa tua». 12 Il para­ litico si alzò subito, prese il suo lettuccio e se ne andò via in presenza di tutti; sicché tutti si stupivano e glorificavano Dio, dicendo: «Una cosa così non l'abbiamo mai vista» (Marco 2;1­ 11). 29


Due aspetti di questo racconto mi colpiscono particolarmente. Il primo è l'attiva solidarietà verso un sofferente manifestata da co­ loro che avevano portato quel paralitico a Gesù, e come Gesù ri­ sponde alla condizione di quell'uomo, occupandosi prima di tutto del suo rapporto con Dio. Amici o parenti che siano, quelle persone sono determinate di por­ tare a Gesù, per essere guarito, il loro caro. Non c'è niente e nessu­ no che possa fermarle, nessun ostacolo, fisico o sociale che sia, nulla che li spaventi, nulla che li intimidisca. Non hanno paura delle critiche né di essere importuni, "devono" arrivare a Gesù, co­ sti quel che costi. Gesù "vede" la loro fede e l'evangelista l'addita a modello. Quali sono i nostri "timori" di manifestare pubblicamente la nostra fede in Gesù? La fede che vale, la fede "produttiva" è una fede che agisce: "Infatti, in Cristo Gesù non ha valore né la circonci­ sione né l'incirconcisione; quello che vale è la fede che opera per mez­ zo dell'amore" (Galati 5:6). La fede che salva non è solo una realtà interiore, privata, ma una fede che ha il coraggio di esporsi, di compromettersi, di proclamare apertamente: "...infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati" (Romani 10:10). Gesù, poi, nel rispondere alla situazione che Gli è presentata, dà priorità all'aspetto spirituale del problema. La malattia, infatti, ha un aspetto spirituale. La malattia, è vero, non è sempre dovuta al peccato, ma tutti "hanno un problema" che devono risolvere prima di ogni altra cosa, indipendentemente dalle loro condizioni fisiche, il problema del peccato che ci separa da Dio e che ci condanna. L'amore e la misericordia di Gesù si manifesta in primo luogo libe­ randoci da ciò che ci impedisce la comunione personale con Dio. Gesù ci purifica dai nostri peccati. La Sua vita, la Sua morte, la Sua risurrezione, il dono dello Spirito Santo, sono tutti finalizzati a liberarci dalle fatali conseguenze del nostro peccato, riconciliarci con Dio, e purificarci da tutto ciò che guasta e corrompe la nostra vita. Gesù, solo Gesù, ha il potere di fare questo per noi, Egli "ha autorità per perdonare i peccati". Egli è "L'Agnello di Dio, che toglie 30


il peccato del mondo!" (Giovanni 1:29). C'è chi pensa di "essere a posto" e di non avere bisogno del Salvatore Gesù Cristo. Che il Si­ gnore lo illumini e lo salvi dalla sua cecità spirituale. C'è chi va a Gesù non per il motivo più importante: per essere salvato e purifi­ cato dai suoi peccati. Vediamo le cose dalla prospettiva di Gesù ed allora anche i nostri problemi di altro ordine, per quanto grandi siano e ci facciano soffrire, potranno eventualmente essere risolti, allora vedremo "cose mai viste" a lode e gloria di Dio! Fra parentesi, ci sono anche oggi "scribi" di ogni tipo, abili nei loro "ragionamenti" e che negano o vanificano in qualche modo l'auto­ rità e la potenza di Gesù. I loro "ragionamenti" sono scritti in libri molto diffusi, sono esposti in lezioni e conferenze acclamate, ven­ gono propagandate dai media. Come cristiani possiamo e dobbia­ mo reagire, rispondere a tutto questo con la nostra testimonianza e parola. "Glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori. Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quel­ li che vi chiedono spiegazioni. Ma fatelo con mansuetudine e rispet­ to, e avendo la coscienza pulita; affinché quando sparlano di voi, ri­ mangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condot­ ta in Cristo" (1 Pietro 3:15­16).

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio che in Cristo la mia vita è stata, è e sarà purificata da ogni peccato e che, tramite Lui e per merito Suo, ora sono in comunione con Te. Mi tengo stretto a Lui affinché niente guasti e corrompa la mia vita. Dammi la determinazione ed il corag­ gio di proclamare sempre senza paura, con la parola e con l'esempio, che Cristo è il mio Salvatore e Signore portando altri a Lui. Amen.

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12 Ricercati e redenti “13 Gesù uscì di nuovo verso il mare; e tutta la gente andava da lui, ed egli insegnava loro. 14 E, passando, vide Levi, figlio d'Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli, alzatosi, lo seguì. 15 Mentre Gesù era a tavola in casa di lui, molti pubblicani e «peccatori» erano anch'essi a tavola con lui e con i suoi discepoli; poiché ce n'erano molti che lo seguiva­ no. 16 Gli scribi che erano tra i farisei, vedutolo mangiare con i pubblicani e con i «peccatori», dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangia e [beve] con i pubblicani e i peccatori?» 17 Gesù, udito questo, disse loro: «Non sono i sani che hanno biso­ gno del medico, ma i malati. Io non son venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori» (Marco 2:13­17).

Allora come oggi, coloro che fanno parte dell'istituzione religiosa, che ne seguono le istanze morali e le regole, e che partecipano alle sue attività, sono considerate (o considerano sé stesse) in ge­ nere "persone per bene". Coloro che, invece, apertamente e senza vergogna disprezzano l'istituzione religiosa e le sue regole cerimo­ niali e morali non sono considerate "persone per bene" ma dei malfamati, gente di cattiva reputazione. La società dei pii israeliti considerava questi ultimi come "peccato­ ri". Fra questi vi erano coloro che contravvenivano alla moralità stabilita guadagnandosi da vivere in modo illecito, come criminali, prostitute o chi lavorava per le forze occupanti straniere, in parti­ colare come esattori delle imposte (i "pubblicani"). Questi esattori non solo contribuivano a sostenere così gli occupanti romani, ma spesso non avevano scrupolo nemmeno a sfruttare ulteriormente la loro posizione arricchendosi a spese del loro stesso popolo. Non sorprende, quindi che i pubblicani fossero così odiati dai più e so­ cialmente evitati. 32


Il fatto che Gesù, persona evidentemente morale e religiosa, non solo accettasse gli inviti di persone malfamate ma che addirittura le andasse a cercare chiamandole a seguirlo come Suoi discepoli, era cosa scandalosa per "le persone per bene". Per loro Gesù avreb­ be dovuto condannarle e rifiutarsi di avercene a che fare. Gesù, però, non era venuto per condannare, ma per salvare. Egli dice: "Io non son venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo" (Giovanni 12:47). Certo, Gesù non approvava la loro immoralità e le ingiustizie che commettevano, ma accetta la loro compagnia e li va a cercare proprio per ricuperarli a Dio ed alla giustizia, per "sal­ varli". Così spesso di fatto, avverrà. Levi, figlio d'Alfeo, esattore di ingiuste imposte e collaborazionista del nemico, si ravvede dei suoi misfatti, cambia, diventando molto probabilmente lo stesso Matteo, redattore del primo vangelo. Lo stesso avviene per Zac­ cheo, presso la cui casa Gesù si auto­invita, cosa che avrà l'effetto di trasformare completamente la vita di quell'uomo. "Zaccheo si fece avanti e disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; se ho frodato qualcuno di qualcosa gli rendo il qua­ druplo». Gesù gli disse: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, poiché anche questo è figlio d'Abraamo; perché il Figlio dell'uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto»" (Luca 19:8­10). Lo stesso avviene per Saulo, che diventa il famoso Paolo: "...prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma misericordia mi è stata usata, perché agivo per ignoranza nella mia incredulità" (1 Timoteo 1:13). Ne era valsa la pena che Gesù si fosse interessato a queste persone, non è vero? Gesù è il medico che cura i malati. Che poi tra "i sani", "i giusti", la "gente per bene" si trovino spesso presuntuosi ipocriti è altra questione che Gesù tratterà a suo tem­ po. È forse più difficile per questi, rispetto alle persone apertamen­ te empie ed immorali, vedere la reale condizione del loro cuore, i loro peccati segreti, confessarli, chiedere perdono e ravvedersene. Questo è il problema: abbassare la loro presunzione e portarli a ri­ conoscere che, al di là delle apparenze sociali, al di là del perbeni­ smo, anche loro hanno bisogno di Gesù come loro personale Si­ gnore e Salvatore. "Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di 33


Dio ­ ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù" (Romani 3:23­24).

PREGHIERA Signore Iddio, portami ad avere una concezione onesta e realistica della mia condizione morale e spirituale, affinché io segua Cristo come il medico della mia vita. Ti ringrazio che Egli mi ha cercato e mi ha trovato per salvarmi. Ti prego di aiutarmi pure quando io mi interesso delle persone che maggiormente hanno bisogno di essere salvate e redente affinché, tramite la mia parola, esempio e disponi­ bilità verso di loro, esse siano attirate a Cristo. Amen.

13 Festeggiare o digiunare? “18 I discepoli di Giovanni e i farisei erano soliti digiunare. Al­ cuni andarono da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Gio­ vanni e i discepoli dei farisei digiunano e i tuoi discepoli non digiunano?» 19 Gesù disse loro: «Possono gli amici dello sposo digiunare, mentre lo sposo è con loro? Finché hanno con sé lo sposo, non possono digiunare. 20 Ma verranno i giorni, che lo sposo sarà loro tolto; e allora, in quei giorni, digiuneranno. 21 Nessuno cuce un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio; altrimenti la toppa nuova porta via il vecchio, e lo strappo si fa peggiore. 22 Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimen­ ti il vino fa scoppiare gli otri, e il vino si perde insieme con gli otri; ma il vino nuovo va messo in otri nuovi»” (Marco 2:18­ 22).

Nell'ambito della fede di Israele, la pratica del digiuno era soprat­ tutto espressione di ravvedimento per i propri peccati, cordoglio e tristezza. Ci si privava (temporaneamente) del cibo necessario per esprimere mortificazione, negazione di sé stessi (abnegazione), 34


non solo del proprio piacere, ma anche di ciò che sostiene la vita stessa. Era consapevole espressione della propria lontananza da Dio (fonte di ogni bene), accorata richiesta del Suo perdono e del Suo intervento. Era, per così dire, richiesta di benedizioni mancan­ ti. Non potevano essere questi i sentimenti dei discepoli di Gesù in Sua presenza. La comunione con Gesù era la gioia della comunio­ ne con Dio ristabilita, di grazia, di perdono, di ristabilimento, di abbondanti benedizioni ricevute e da godere. Non era attesa, ma compimento delle promesse di Dio, esaudimento della preghiera per eccellenza del popolo di Dio. Stare con Gesù era occasione di gioia e di festa: "Possono gli amici dello sposo digiunare, mentre lo sposo è con loro?" (19). C'è un momento per ogni cosa: beato chi sa distinguerlo. Il nostro è un tempo sia di tristezza che di gioia. Il cristiano non può che esprimere tristezza e contrizione per i propri peccati quando li confessa ed invoca il perdono di Dio (e fa bene a sottolinearlo con il digiuno, anche se Gesù non stabilisce per questo regole precise o lo considera obbligatorio), Il cristiano, però, ha motivo di fare gran festa quando celebra la redenzione che ha in Cristo Gesù ed è più che legittimato a goderne tutte le benedizioni. "Lo sposo", però, per il momento, ci è stato fisicamente tolto e, pregando in attesa del Suo ritorno, ha pure spazio per un digiuno di preghiera in cui invoca "Torna presto, o Signore". Per i cristiani, in ogni caso, il digiuno fa parte del "culto volonta­ rio". Infatti, il digiuno, in sé, non è nemmeno privo di rischi, in quanto potrebbe oscurare i principi dell'Evangelo, ben diversi dal­ le pratiche religiose delle religioni: "Quelle cose hanno, è vero, una parvenza di sapienza per quel tanto che è in esse di culto volontario, di umiltà e di austerità nel trattare il corpo, ma non hanno alcun valore; servono solo a soddisfare la carne" (Colossesi 2:23). Il tempo della chiesa di Cristo è "vino nuovo in otri nuovi": non si può semplicemente considerare come normativo quanto è prescrit­ to nell'Antico Testamento, ma deve essere visto nella prospettiva 35


ed alla luce dell'insegnamento ed esempio di Cristo Gesù e degli Apostoli.

PREGHIERA Signore Iddio, ti chiedo perdono perché, nell'esprimere il mio ravve­ dimento e la mia fede, spesso sono troppo superficiale. Prendo le cose per scontate e rischio di considerare la Tua grazia come qualcosa di troppo "a buon mercato". Dammi serietà e diligenza fino a conside­ rare la pratica del digiuno come facevano Gesù e gli Apostoli. Nel contempo dammi la gioia ­ da esprimere senza vergogna ­ della cele­ brazione della Tua grazia in Cristo Gesù, in attesa del Suo ritorno. Amen.

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14 Il dono e la grazia del Giorno del Signore “23 In un giorno di sabato egli passava per i campi, e i suoi di­ scepoli, strada facendo, si misero a strappare delle spighe. 24 I farisei gli dissero: «Vedi! Perché fanno di sabato quel che non è lecito?» 25 Ed egli disse loro: «Non avete mai letto quel che fece Davide, quando fu nel bisogno ed ebbe fame, egli e coloro che erano con lui? 26 Com'egli, al tempo del sommo sacerdote Abiatar, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani di presentazio­ ne, che a nessuno è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche a quelli che erano con lui?» 27 Poi disse loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato; 28 perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato»” (Marco 2:23­27).

A differenza delle oziose false divinità pagane (che fanno lavorare altri per loro), Iddio, il Dio vero e vivente, il Dio di Abraamo, Isac­ co e Giacobbe, il Dio del nostro Salvatore Gesù Cristo, è un Dio che lavora, attivo, operante, creativo. "Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera fino ad ora, e anch'io opero»" (Giovanni 5:17). Fatti ad immagine Sua, noi abbiamo il privilegio di condividere con Dio anche questa caratteristica: avere l'onore ed il privilegio di lavorare, di produrre. Il lavoro, l'attività lavorativa, è un concetto del tutto positivo e gratificante per la fede cristiana. Il lavoro di­ venta qualcosa di ingrato, una maledizione, solo a causa del pec­ cato. È il peccato, la ribellione agli ordinamenti divini, che rovina ogni cosa. Come la gioia della procreazione, dopo e a causa del peccato, diventa doloroso per la donna, e i genitori in genere, in vario modo, così il lavoro diventa fatica improba, fisica, mentale e spirituale: "Mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ri­ torni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ri­ tornerai" (Genesi 3:19). La ribellione umana fa sì che Dio maledi­ 37


ca ciò che originalmente, per l'essere umano, era bello, positivo, appagante. Dio, però, non è solo un Dio che lavora, ma un Dio che è anche ca­ pace di fermarsi regolarmente ed apprezzare il riposo e lo svago gratuito. Dio è anche un Dio che si riposa: "Il settimo giorno, Dio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta" (Genesi 2:2­3). Il settimo giorno, dopo sei giorni di lavoro, fin dal­ l'inizio, è un giorno benedetto di riposo. Esso rimane un giorno di riposo (comandato!) anche dopo il peccato. Lo stesso Dio di giusti­ zia che sanziona con una condanna la ribellione ed il peccato umano, è anche un Dio di grazia che concede sollievo al lavoro maledetto: "Ricòrdati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa' tutto il tuo lavoro, ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al SIGNORE Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordi­ nario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua ser­ va, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città; poi­ ché in sei giorni il SIGNORE fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il SIGNORE ha be­ nedetto il giorno del riposo e lo ha santificato" (Genesi 20:8­11). Il settimo giorno, il giorno di riposo settimanale, è un dono di Dio e una grazia persino per il peccatore. È con gioiosa gratitudine verso Dio che noi accogliamo quest'istituzione. Beati coloro, beata quella società che onora, stabilisce, apprezza e concede un giorno di riposo su sette, a familiari, servitori, stranieri e persino al be­ stiame! "Il sabato è stato fatto per l'uomo". Forse che Gesù, nel testo biblico di oggi, contravviene all'ordinan­ za divina al riguardo del riposo? No, Gesù si contrappone ad un uso legalistico ed oppressivo del riposo settimanale. I farisei (di "farisei" ce ne sono purtroppo sempre) avevano minuziosamente regolamentato ciò che in quel giorno si poteva o non si poteva fare e lo avevano trasformato da gioia a fardello. Come ogni altra ordi­ nanza divina, essa va osservata responsabilmente non in modo ri­ 38


gido. Nel giorno del riposo Iddio certo permette quei lavori e quel­ le attività che sono necessarie e non rimandabili. Iddio vi permette ciò che benefica l'essere umano perché "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato". Il giorno del riposo è a nostro servizio e non deve diventare un padrone oppressivo! L'unico Signore e padrone è Cristo, e tutto va visto nella Sua pro­ spettiva, tutto, giorno del riposo compreso, va vissuto nel Suo spi­ rito. Il giorno del riposo va vissuto né in modo anarchico, né in modo oppressivo. È solo quando lo si vive nello spirito di Cristo che diventa "come deve essere".

PREGHIERA Signore iddio, Ti ringrazio per il dono che ci hai fatto del giorno del riposo. Ti ringrazio perché esso è una grazia anche per i peccatori. Aiutami a trascorrere questo giorno nello spirito di Gesù Cristo, mio Signore e Salvatore. Amen.

15 Sclerosi del cuore "1 Poi [Gesù] entrò di nuovo nella sinagoga; là stava un uomo che aveva la mano paralizzata. 2 E l'osservavano per vedere se lo avrebbe guarito in giorno di sabato, per poterlo accusare. 3 Egli disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati là nel mezzo!» 4 Poi domandò loro: «È permesso, in un giorno di sabato, fare del bene o fare del male? Salvare una persona o ucciderla?» Ma quelli tacevano. 5 Allora Gesù, guardatili tut­ t'intorno con indignazione, rattristato per la durezza del loro cuore, disse all'uomo: «Stendi la mano!» Egli la stese, e la sua mano tornò sana. 6 I farisei, usciti, tennero subito consiglio con gli erodiani contro di lui, per farlo morire" (Marco 3:1­6).

Credo che anche a voi sia capitato di avere a che fare con persone 39


inflessibili che "non sentono ragioni", persone che "diligentemente" si sentono in dovere di applicare rigorosamente una regola senza tener conto né delle circostanze, né delle persone coinvolte. In loro riconosciamo "tratti disumani". Nell'applicazione rigorosa di quella regola essi si sentono "giusti" e indubbiamente sicuri e pro­ tetti; infatti, così facendo, "non vogliono correre rischi". Si tratta di una manifestazione di ciò che nella Bibbia troviamo definita come "durezza di cuore". È il caso delle contestazioni che i "farisei" fanno a Gesù. Come ab­ biamo osservato ieri, il riposo settimanale è stato dato per essere di beneficio per l'uomo, non d'aggravio. È il bene della persona umana che deve essere prioritario e non sempre l'applicazione di una regola (per quanto utile) lo promuove. Il problema della "durezza del cuore" è indubbiamente un proble­ ma diffuso. La Parola di Dio fa molte volte riferimento a questa particolare condizione in cui può trovarsi un uomo o una donna. "Durezza di cuore" nell'originale greco è chiamata: "sclerocardia" (letteralmente "sclerosi del cuore"). Il termine "sclerosi" è interessante. La medicina chiama sclerosi "l'addensamento e aumento di compattezza delle strutture di so­ stegno di un organo, per aumento quantitativo e retrazione del connettivo fibroso, poco vascolarizzato e costituito da fibre colla­ gene ispessite, fuse in fasci grossolani". Questa definizione è quasi incomprensibile per i profani, ma "sclerosi" può, figurativamente anche significare: "perdita di capacità di adattamento ai mutamen­ ti", da cui, "durezza di cuore" è: "mancanza di flessibilità o elastici­ tà", inflessibilità, insensibilità, asprezza, severità, incapacità ad es­ sere comprensivi e compassionevoli, ostinazione, caparbietà, catti­ veria. La "durezza di cuore" è una malattia dello spirito umano? Esito a chiamarla "malattia", perché la malattia non necessariamente è (o deriva) da una colpa morale. Una malattia la si può compassione­ volmente tollerare, mentre la "durezza di cuore" è cosa della quale ci si può e ci si deve indignare, come fa qui Gesù. La "durezza di 40


cuore" è colpevole e da condannare. La cosa, al tempo stesso, rat­ trista molto (come pure qui essa rattrista Gesù), perché non è una condizione che si possa curare, è umanamente irrimediabile. Quando il cuore umano, già fonte di ogni male (vedi Marco 7:14­ 23), si indurisce, può emettere solo veleni e tramare omicidi. La durezza del cuore è il nostro nemico, e può farci sembrare persino “inutile” Gesù. Di fronte alla "durezza di cuore" si possono solo prendere delle "misure di contenimento" per moderarne le conseguenze negative, come, ad esempio, il divorzio è una misura ("male minore") per venire a capo di un rapporto ormai compromesso ["È per la durez­ za del vostro cuore che Mosè scrisse per voi quella norma" (Marco 10:5)]. La "durezza di cuore", strettamente legata all'incredulità (Marco 16:14; Romani 2:5), appartiene all'essenza del peccato. Significa rifiutare di ravvedersi e di credere alle promesse di Dio (Salmo 95:8; Ebrei 3:8­15: 4:7). Esso caratterizza l'ostinata indisponibilità ad aprirsi all'amore di Dio (2 Cronache 36:13; Efesini 4:18) ed il suo corollario – insensibilità ai bisogni del prossimo (Deuterono­ mio 15:7; Efesini 4:19). Venire a capo della "durezza di cuore" «agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio» (Marco 10:27). Essa, infatti, può essere sanata solo con un radicale "trapianto di cuore", come promette Iddio stesso quando preannuncia la grazia della conversione del cuore, della rigenerazione spirituale, resa possibile quando lo Spirito di Cristo opera sulla personalità uma­ na. "Io darò loro un medesimo cuore, metterò dentro di loro un nuo­ vo spirito, toglierò dal loro corpo il cuore di pietra, e metterò in loro un cuore di carne (...) Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne" (Ezechiele 11:19; 36:26).

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PREGHIERA Signore, ti ringrazio per avermi dato, con la mia conversione a Cristo, un nuovo cuore, un cuore che volentieri Ti ama e Ti serve. Fa' sì che esso giammai si indurisca, non esprimi alla tentazione ma liberami dal male, affinché io ami Te e il mio prossimo come Cristo, di tutto cuore. Amen.

16 Distanza di sicurezza “7 Poi Gesù si ritirò con i suoi discepoli verso il mare; e dalla Galilea una gran folla lo seguì; 8 e dalla Giudea, da Gerusa­ lemme, dalla Idumea e da oltre il Giordano e dai dintorni di Tiro e di Sidone una gran folla, udendo quante cose egli face­ va, andò da lui. 9 Egli disse ai suoi discepoli che gli tenessero sempre pronta una barchetta, per non farsi pigiare dalla fol­ la. 10 Perché, avendone guariti molti, tutti quelli che aveva­ no qualche malattia gli si precipitavano addosso per toccarlo. 11 E gli spiriti immondi, quando lo vedevano, si gettavano davanti a lui e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!» 12 Ed egli ordinava loro con insistenza di non rivelare la sua identità” (Marco 3:7­12).

La potenza di guarigione di Gesù è riconfermata, la Sua popolarità diventa sempre più grande, la Sua identità non lascia spazio ad equivoci. Ne rendono testimonianza persino "gli ambienti" dai quali meno se l'aspetterebbe, quello degli "spiriti immondi"! Gesù, però, non persegue la popolarità a tutti i costi, non dice "basta che si parli di me: chiunque lo faccia va bene!". Gesù "mette dei palet­ ti", Egli intende mettere una "distanza di sicurezza" fra Lui e i Suoi "sostenitori". Gesù persino vuole che vengano messe delle "tran­ senne", per così dire, fra Lui e l'irruenza della folla "per non farsi pigiare". È facile, infatti, essere equivocati, è facile essere sfruttati, 42


usati in modo inopportuno. Gesù persino fugge quando alcuni vor­ rebbero farlo re: "...Gesù, quindi, sapendo che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo" (Giovan­ ni 6:15). Gesù intende mettere anche oggi una necessaria "distanza di sicu­ rezza" fra Lui e molti dei Suoi pretesi sostenitori: dobbiamo, infat­ ti, stare lontani da coloro che abusano del nome di Gesù per servi­ re solo i loro fini, i loro interessi. Quanti "spiriti immondi", infatti, vi sono fra coloro che pure gridano e predicano: "Tu sei il Figlio di Dio"! Questo non ci deve sorprendere o scandalizzare: lo stesso fe­ nomeno c'era anche allora. Dobbiamo avere discernimento. Vi sono intere chiese ed organizzazioni "cristiane" con i loro "emi­ nenti" ecclesiastici e leader che abusano e sfruttano il nome di Gesù (vantando grandi cose) per i loro fini di potere. Vi sono "po­ polari" predicatori ed evangelisti che gridano e sbraitano il nome di Gesù ai quali Gesù ordinerebbe di tacere e che noi faremmo meglio a non andarli ad ascoltare e finanziarli. I loro giochi im­ mondi spesso sono stati smascherati e dei tribunali hanno condan­ nato i loro inganni. Come non tutti coloro che dicono "Signore, Signore!" sono veri cri­ stiani che fanno la volontà di Cristo, così non tutti coloro che "pre­ dicano Cristo" sono da ascoltare e seguire. Una chiesa vale l'altra? Una messa, un culto, una riunione religiosa è tutto la stessa cosa e "va bene"? Un qualsiasi predicatore televisivo che si riferisca a Cri­ sto è da ascoltare e "va bene"? "Bravo quel prete... bravo quel pre­ dicatore!" ...un momento; usiamo discernimento! Sarà anche "bra­ vo", ma chi è, che cosa dice, che cosa sottintende, che cosa na­ sconde? Abbracciamoci tutti quanti con un bel "ecumenismo"? No, grazie. Non la pace a tutti i costi e senza discernimento! Gesù dis­ se: "Guardate di non farvi ingannare; perché molti verranno in nome mio, dicendo: "Sono io"; e: "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro" (Luca 21:8). Mi rendo conto che tutto questo sia più facile a dirsi che a farsi. Il discorso è indubbiamente "rischioso" ma bisogna farlo. Come ave­ 43


re discernimento? I caos oggi è più grande che mai. La tentazione più grande è quella di "ritirarci nel privato". Potremmo anche cer­ tamente farlo, a condizione che questa sia un'opportunità per pre­ gare, studiare con attenzione la Parola del Signore, approfondire, conoscere, leggere, confrontare... Dobbiamo acquisire sane facoltà critiche: non possiamo permetterci di non farlo.

PREGHIERA Signore Iddio, leggo come il Tuo Figliolo Gesù Cristo, mio Signore, Salvatore e Maestro, usasse nel Suo ministero terreno prudenza e di­ scernimento. Ti chiedo perdono per la mia faciloneria ed ingenuità. Ti prego di darmi il necessario discernimento ed opportunità di co­ noscere ed approfondire. Che il caos di questo mondo non mi confon­ da, intimidisca o scoraggi. Tienimi stretto a Te. Amen.

17 Ministri di Cristo “13 Poi Gesù salì sul monte e chiamò a sé quelli che egli volle, ed essi andarono da lui. 14 Ne costituì dodici per tenerli con sé 15 e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demò­ ni. 16 Costituì dunque i dodici, cioè: Simone, al quale mise nome Pietro; 17 Giacomo, figlio di Zebedeo e Giovanni, fratello di Giacomo, ai quali pose nome Boanerges, che vuol dire figli del tuono; 18 Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo 19 e Giuda Iscariot, quello che poi lo tradì” (Marco 3:13­19).

Quanto avviene in questo testo presenta tratti di valenza simbolica che non devono sfuggirci, altrimenti rischiamo di non compren­ derne il messaggio. Gesù "sale sul monte". Dire "monte" significa dire il "luogo elevato" dal quale "dominare" su tutto e su tutti. E', per così dire "la reggia" 44


dalla quale il Sovrano autorevolmente parla, legifera, governa, convoca, assegna incarichi. Iddio convoca Mosè sul Monte Sinai perché egli riceva la Sua Legge e la proclami ed amministri al po­ polo. Gesù è il Re, il Signore, che si compiace di chiamare "per te­ nerli con sé" e coinvolgerli nell'esecuzione dei Suoi regali proposi­ ti, "quelli che egli vuole", quelli che saranno i Suoi ministri. Essi, così, "vanno a lui". Sarebbe impensabile mettere in discussione la Sua volontà, le Sue scelte. Egli ha il diritto del Sovrano ed essi lo riconoscono e Gli ubbidiscono con fiducia. È lì, sul monte, presso di Lui, il Signore, che essi ricevono l'incarico di "predicare", cioè di portare nel mondo la Sua Parola. È pure lì che essi ricevono la po­ tenza, l'autorità (delegata) di esercitare la Sua podestà, forza, le risorse "militari" per combattere e sconfiggere i nemici del Suo re­ gno "il potere di scacciare i demoni". Coloro che il Signore Gesù convoca, consacra e invia sono dodici di numero. Il numero 12 rimanda la nostra attenzione alle 12 tri­ bù che costituiscono il popolo eletto di Dio, Israele. Dio è Re ed ha il Suo popolo. Egli ha sempre avuto, fin dall'inizio, un popolo elet­ to su cui governare. Con Gesù e in Gesù, Dio "ristruttura", riorga­ nizza, riforma il Suo regno, costituisce la chiesa cristiana, compo­ sta ora non più da una sola etnia, ma da gente di ogni nazione. Gli apostoli sono 12 per significare cosi l'intera astensione del popolo di Dio. Essi hanno ciascuno "giurisdizione" su una parte di esso. Nessuna parte del popolo di Dio sarà priva di ministri di Dio che "lo amministrano" a Suo nome. In ogni "provincia" del Suo regno vi sono "funzionari" del Re. "È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambi­ ni sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore; ma, 45


seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connes­ so mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio svi­ luppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare sé stesso nell'amore" (Efesini 4:11­15). Non si tratta, infine, di "anonimi funzionari", ma di persone con il proprio nome, personalità, carattere, storia, talenti, di cui il Signo­ re tiene conto, rispetta e dota di ulteriori capacità. Egli li conosce ciascuno per nome. Interessante, inoltre, che ad alcuni di loro Egli dia un soprannome per evidenziarne la personalità o per indicare ciò che devono essere. Simone, ad esempio, riceve il soprannome di "Pietro" per richiamarlo a quella fermezza che forse egli non ha, ma che dovrà come apostolo, sviluppare. Non abbiamo oggi lo spazio per sviluppare tutti questi ricchissimi temi con le loro implicazioni. Ringraziamo, però, il Signore che Egli ci provvede Suoi ministri. Preghiamo per loro, sosteniamoli, perché siano quello che il Signore si aspetta da loro. Non è un compito facile. Certo possiamo anche, se necessario, "criticarli", ma dobbiamo farlo in modo costruttivo.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio perché Tu , nella Tua sapienza, come Re del Tuo popolo, lo organizzi affinché sia funzionale ai Tuoi propositi. Ti ringrazio per i ministri della Tua chiesa. Prego per loro affinché siano conservati fedeli, non si scoraggino ed abbiano sempre tutte quelle risorse che servono loro per ben svolgere la funzione alla quale Tu li chiami. Mi sottometto volentieri a coloro che sono fedeli al Tuo mandato. Dammi, infine, di servirti diligentemente nei compiti che Tu hai affidato a me personalmente. Amen.

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18 Il peccato imperdonabile “20 Poi entrò in una casa e la folla si radunò di nuovo, così che egli e i suoi non potevano neppure mangiare. 21 I suoi parenti, udito ciò, vennero per prenderlo, perché dicevano: «È fuori di sé». 22 Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Egli ha Belzebù, e scaccia i demòni con l'aiuto del principe dei demòni». 23 Ma egli, chiamatili a sé, diceva loro in parabole: «Come può Satana scacciare Satana? 24 Se un regno è diviso in parti contrarie, quel regno non può durare. 25 Se una casa è divisa in parti contrarie, quella casa non potrà reggere. 26 Se dunque Satana insorge contro sé stesso ed è diviso, non può reggere, ma deve finire. 27 D'altronde nessuno può entrare nel­ la casa dell'uomo forte e rubargli le sue masserizie, se prima non avrà legato l'uomo forte; soltanto allora gli saccheggerà la casa. 28 In verità vi dico: ai figli degli uomini saranno perdo­ nati tutti i peccati e qualunque bestemmia avranno proferita; 29 ma chiunque avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non ha perdono in eterno, ma è reo di un peccato eterno». 30 Egli parlava così perché dicevano: «Ha uno spirito immondo»” (Marco 3:20­30).

I suoi parenti ... vennero per prenderlo, perché dicevano: «È fuori di sé» (20). È certamente possibile non comprendere, equivocare sull'identità di Gesù e la valenza della sua opera. Il vocabolario, con "equivocare" dà il seguente significato: sbagliare nell’interpre­ tare parole, comportamenti o fatti, capire una cosa per un’altra. Sinonimo di "equivocare" è: fraintendere, prendere fischi per fia­ schi, prendere lucciole per lanterne, travisare. Non è un peccato in sé stesso ed è certamente perdonabile, giustificabile, se è un atteg­ giamento sincero, aperto e disponibile ad approfondire ulterior­ mente. Grazie a Dio, anche l'ignoranza e il pregiudizio possono es­ sere superati. Diversi discepoli di Gesù, a quel tempo, pure spesso 47


non comprendevano o travisavano tante cose che Gesù diceva. "Gesù gli rispose: «Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo" (Giovanni 13:7); "...il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Pa­ dre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tut­ to quello che vi ho detto" (Giovanni 14:26). Paolo era un avversario di Gesù prima di essere illuminato su di Lui e convertito: "Prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma misericordia mi è stata usata, perché agivo per ignoranza nella mia incredulità" (1 Timoteo 1:13). "Egli ha Belzebù, e scaccia i demòni con l'aiuto del principe dei de­ mòni... Ha uno spirito immondo..." (22). Altra cosa è l'ostinato ri­ fiuto, pieno di ostilità e cattiveria. L'atteggiamento di chi "proprio non vuole saperne" di Gesù e nemmeno è disposto a considerare "ipoteticamente" quello che Egli dice, anzi, che attribuisce l'opera di Gesù a Satana stesso. Gesù qui risponde dicendo che la cosa è del tutto illogica. Ai Suoi avversari, però, non importa la logica, non importano le evidenze, non importano i ragionamenti, non vogliono stare neppure ad ascoltare. Non c'è peggior cieco di chi non vuole vedere. L'uomo ricco di cui Gesù ci parla in un altro testo, capisce solo quando è ormai troppo tardi (nell'aldilà) che Dio aveva ragione quando gli parlava anche attraverso la straziante condizione del povero Lazzaro, affamato, alla sua porta. Aveva preferito ignorar­ la, non vedere. "È comodo" far finta di niente, giustificare il pro­ prio comportamento empio ed egoista. Quando si rende conto del­ le conseguenze eterne della propria ostinazione, questi vorrebbe che Lazzaro comparisse dall'aldilà per avvertire i suoi fratelli che si comportavano allo stesso modo. "Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento". Abraamo disse: "Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli. Abraamo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita"»" (Luca 16:27­28). 48


Bastano le Scritture per comprendere chi è Gesù e perché sia ve­ nuto, ma le ascolteranno i moderni "scribi" che ritengono di non aver bisogno di Lui e che anzi, insultandolo e complottando per farlo morire, vorrebbero farlo tacere? Questa è la bestemmia con­ tro lo Spirito Santo, la cui voce pure odono, ma che solo vogliono soffocare. Saranno perdonati? No, il loro peccato è senza remissio­ ne.

PREGHIERA Signore, ci sono tante cose che ancora non comprendo, ma Ti do fi­ ducia. Mi affido alla verità della Tua Parola, alla Persona di Cristo, mio Signore e Salvatore. Invoco il Tuo santo spirito affinché mi illu­ mini e mi sospinga a fare sempre meglio la Tua volontà. Amen.

19 Rapporti familiari “31 Giunsero sua madre e i suoi fratelli; e, fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare. 32 Una folla gli stava seduta in­ torno, quando gli fu detto: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle là fuori che ti cercano». 33 Egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?» 34 Girando lo sguardo su coloro che gli sedevano intorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 35 Chiunque avrà fatto la vo­ lontà di Dio, mi è fratello, sorella e madre»” (Marco 3:31­ 35). Coraggio... se siete incompresi, e magari anche osteggiati, dai vo­ stri famigliari a causa del vostro impegno e coerenza al seguito di Cristo, siete in buona compagnia! Gesù lo è stato per primo. Nel testo di ieri, "I suoi parenti (...) vennero per prenderlo, perché di­ cevano: «È fuori di sé»" (Marco 3:21). Non è chiaro perché qui ora la madre e i fratelli di Gesù l'avessero 49


mandato a chiamare, ma è evidente che Gesù non trova che sia un motivo valido per acconsentire alla loro richiesta, anzi, quasi li di­ sconosce, li "ripudia"! È forse innervosito dalla loro importunità, dal fatto che ha cose più importanti da fare che occuparsi delle cose che essi vorrebbero che Egli si occupasse? Molto probabil­ mente è così. Sembrano dargli del pazzo, del fanatico, del perdi­ tempo! "Torna a casa a lavorare che c'è bisogno di te, pelandrone! Perdigiorno! Scansafatiche!". Altro che "Gesù lavoratore!". Qui Maria, la madre di Gesù, in questo come pure in altri testi dei vangeli, non ci fa bella figura! Sembra non rendersi conto di chi sia suo figlio, di quale sia la sua missione. Questo nonostante l'an­ nuncio dell'angelo prima della sua nascita (Luca 1:26­37), le pro­ fezie su di Lui durante la Sua infanzia (Luca 1:25­36 ), lo "strano" Suo comportamento una volta, quand'era ragazzo al tempio (Luca 1:41­52). Forse è consapevole dei "guai" in cui si stava per cacciare cacciando e, con comprensibile spirito materno, vorrebbe impedir­ glielo? Probabilmente. Anche Pietro vorrà dissuadere Gesù dall'an­ dare alla croce, "Ma Gesù, voltatosi, disse a Pietro: «Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini»" (Matteo 16:23). In ogni caso non è la Maria mitizzata dal Cattolicesimo, ma sem­ plicemente una madre, non meglio né peggio di tante altre. Nel Nuovo Testamento la troviamo soltanto più fra i cristiani di Geru­ salemme (che si prendono cura di lei) e un fratello di Gesù guida la comunità. Meno male, sennò c'era da disperare sui parenti! Inoltre, in tutto il resto del Nuovo Testamento (documento di base della fede cristiana) non c'è un singolo riferimento su Maria. Quel che se ne dirà nei secoli successivi non è che mitologia influenzata dal paganesimo. Lo stesso può dirsi della pregiudiziale negazione che pure il Cattolicesimo fa, che Gesù abbia avuto fratelli naturali, giustificata con abili sofismi. La madre di Gesù, i Suoi fratelli, la Sua famiglia naturale, è messa da Gesù in secondo piano rispetto alle esigenze del Regno di Dio. Certo, Gesù farà tutto il necessario per provvedere a Sua madre (si 50


veda ad esempio l'affidamento che ne fa a Giovanni, prima di mo­ rire in croce, in Giovanni 19:27), ma i propositi di Dio sono più vasti della semplice osservanza dei doveri verso la nostra famiglia naturale. Gesù mette in evidenza qui quanto sia importante la comunità cri­ stiana (più che la famiglia!) e quando sia prioritario fare, in ogni caso, la volontà rivelata di Dio. La famiglia di Gesù è il suo popolo fedele, coloro che lo ascoltano con attenzione e fiducia e Gli ubbi­ discono. Nella famiglia di Gesù entrano a far parte uomini e don­ ne allorché, rispondendo all'annunzio dell'Evangelo, sono adottati da Dio come Suoi figli e figlie e resi coeredi con Cristo dei beni di famiglia! Onoriamo allora la nostra famiglia naturale come la Scrittura ci insegna, ma onoriamo ancora di più la famiglia spiri­ tuale di Cristo, i nostri fratelli e sorelle nella fede, vivendo in pace con loro e con loro collaborando per la causa di Cristo.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio di avermi chiamato a far parte ed inseri­ to, per Tua grazia, nella Tua famiglia spirituale come Tuo figlio adottivo. Sostienimi e stimolami, Te ne prego, ad onorarla con la mia presenza, contributo ed impegno fedele. Nel contempo, Signore, dammi sapienza per trattare con la mia famiglia naturale come si conviene, testimoniando ad essa amore e coerenza con la mia confes­ sione di fede. Amen.

20 Chi capisce le parabole di Gesù? 1 Gesù si mise di nuovo a insegnare presso il mare. Una gran folla si radunò intorno a lui. Perciò egli, montato su una bar­ ca, vi sedette stando in mare, mentre tutta la folla era a terra sulla riva. 2 Egli insegnava loro molte cose in parabole (...) 51


10 Quando egli fu solo, quelli che gli stavano intorno con i dodici lo interrogarono sulle parabole. 11 Egli disse loro: «A voi è dato di conoscere il mistero del regno di Dio; ma a quelli che sono di fuori, tutto viene esposto in parabole, af­ finché: 12 "Vedendo, vedano sì, ma non discernano; udendo, odano sì, ma non comprendano; affinché non si convertano, e i peccati non siano loro perdonati"». 13 Poi disse loro: «Non ca­ pite questa parabola? Come comprenderete tutte le altre pa­ rabole? (...) 33 Con molte parabole di questo genere espone­ va loro la parola, secondo quello che potevano intendere. 34 Non parlava loro senza parabola; ma in privato ai suoi disce­ poli spiegava ogni cosa" (Marco 4:1,10­13,33­34).

Gesù "insegnava loro molte cose in parabole" (2). Se andiamo a consultare il vocabolario o la wikipedia per cercare il significato del termine "parabola", troviamo ad esempio: "...nell’antichità clas­ sica, parallelo che si stabiliva per chiarire un argomento più difficile accostandolo a uno più chiaro e più noto; ciascuno dei brevi racconti di cui si serviva Cristo per spiegare in modo chiaro, con esempi tratti dalla vita di tutti i giorni, verità di fede o insegnamenti morali"; come pure: "La parabola è un racconto breve il cui scopo è spiegare un concetto difficile con uno più semplice o dare un insegnamento morale". Spiegare un concetto difficile con un'illustrazione che lo semplifi­ chi? In realtà non è così! Qui c'è un fondamentale equivoco su che cosa sia la "parabola", almeno nell'uso che ne fa Gesù. Gesù usa le parabole non per rendere più facili certi concetti, ma per renderli più oscuri, più ambigui , per discriminare, per selezio­ nare il suo uditorio ! Il testo biblico di oggi evidenzia questo chiaramente. Gesù dice ai Suoi discepoli, cioè al circolo di persone che Lo seguono con fiducia ed ubbidienza, desiderando imparare da Lui: "A voi è dato di conoscere il mistero del regno di Dio; ma a quelli che sono di fuori, tutto viene esposto in parabole" (11). I "misteri del regno di Dio" sono immediatamente accessibili a co­ loro che verso Gesù sono totalmente disponibili e privi di pregiudi­ 52


zi, ma agli altri, coloro che non Gli sono disponibili e che, anzi, spesso Gli sono ostili, questi "misteri" vengono esposti attraverso­ l'ambiguità della parabola . La parabola, infatti, non dice chia­ ramente che cosa Gesù intenda . Perché Gesù con alcuni na­ sconde e non spiega ? Lo dice il testo: "...affinché: "Vedendo, veda­ no sì, ma non discernano; udendo, odano sì, ma non comprendano; affinché non si convertano, e i peccati non siano loro perdonati" (12). Questo concetto può sembrare stupefacente per alcuni, ma questa è un'ulteriore evidenza di come Dio (e Gesù con Lui) discrimini fra il Suo uditorio. Ad alcuni è dato di capire, ad altri no . Non dipende dalla loro maggiore o minore intelligenza, ma dall' ele­ zione . L'apostolo Paolo afferma: "Quello che Israele cerca, non lo ha ottenuto; mentre lo hanno ottenuto gli eletti; e gli altri sono sta­ ti induriti" (Romani 11:7) [verbo modo passivo, non "hanno indu­ rito", ma "sono stati induriti"]. Gesù qui cita il profeta che afferma come alcuni vedano ma non discernino, odano ma non compren­ dano, affinché NON si convertano. La grazia della conversione è preclusa ad alcuni ! Perché? Per­ ché nessuno la merita! Se Dio sceglie, ad insindacabile Suo giudi­ zio, di salvare qualcuno, è per grazia! Questo potrà non piacere, ma è esattamente ciò che Gesù e tutto il Nuovo Testamento inse­ gna. Gesù dice: "In quella stessa ora, Gesù, mosso dallo Spirito San­ to, esultò e disse: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai [a coloro che si ritengo­ no] sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli! Sì, Pa­ dre, perché così ti è piaciuto!" (Luca 10:21). I presuntuosi scribi e farisei che, pieni di pregiudizi contro Gesù, coglievano ogni occasione per farlo cadere in fallo e che complot­ tavano contro di Lui, che cosa avrebbero capito dalle parabole? Nulla, nulla che avrebbero potuto usare contro Gesù per accusar­ lo. "Chi vuol capire capisce", dice un modo di dire italiano. La pa­ rabola implica riflessione e disponibilità, come pure, senza dubbio, l'ulteriore spiegazione da parte di Gesù. Al popolo indistintamente 53


Gesù parla con parabole, difatti, "Non parlava loro senza parabola; ma in privato ai suoi discepoli spiegava ogni cosa" (34). Lo stesso vale per la predicazione dell'Evangelo, la salvezza attraverso l'ope­ ra di Cristo in croce: "...noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio" (1 Corinzi 1:23,24). PREGHIERA Signore Iddio, io vengo a Te ed alla Tua parola con completa disponi­ bilità e senza pregiudizi. Non comprendo ogni cosa ma vengo a Te con fiducia affinché Tu mi insegni ed io possa capire sempre meglio la verità. Ti ringrazio che la Tua grazia ha abbattuto in me ogni re­ sistenza verso il Tuo figliolo Gesù Cristo ed il Suo Evangelo affinché io faccia parte dei Tuoi e sia salvato. Non lo meritavo in alcun modo, o Signore. Che grazia stupefacente! Amen.

21 Un seme vivente “[Gesù] diceva loro nel suo insegnamento: 3 «Ascoltate: il se­ minatore uscì a seminare. 4 Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; e gli uccelli vennero e lo mangiaro­ no. 5 Un'altra cadde in un suolo roccioso dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; 6 ma quando il sole si levò, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì. 7 Un'altra cadde fra le spine; le spine crebbero e la sof­ focarono, ed essa non fece frutto. 8 Altre parti caddero nella buona terra; portarono frutto, che venne su e crebbe, e giunse­ ro a dare il trenta, il sessanta e il cento per uno». 9 Poi disse: «Chi ha orecchi per udire oda». (...) 14 Il seminatore semina la parola. 15 Quelli che sono lungo la strada, sono coloro nei quali è seminata la parola; e quando l'hanno udita, subito vie­ ne Satana e porta via la parola seminata in loro. 16 E così 54


quelli che ricevono il seme in luoghi rocciosi sono coloro che, quando odono la parola, la ricevono subito con gioia; 17 ma non hanno in sé radice e sono di corta durata; poi, quando vengono tribolazione e persecuzione a causa della parola, sono subito sviati. 18 E altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine; cioè coloro che hanno udito la parola; 19 poi gli impegni mondani, l'inganno delle ricchezze, l'avidità delle altre cose, pe­ netrati in loro, soffocano la parola, che così riesce infruttuosa. 20 Quelli poi che hanno ricevuto il seme in buona terra sono coloro che odono la parola e l'accolgono e fruttano il trenta, il sessanta e il cento per uno»” (Marco 4:3­9,14­20)

È uno "sport" comune in questo mondo disprezzare e vilipendere la Bibbia e il messaggio dell'Evangelo. È vero, vi è chi, pur profes­ sandosi cristiano, ne abusa in molte maniere e così contribuisce ad aumentare nel mondo il disprezzo per Dio e per ciò che è santo, "Infatti il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani, come sta scritto" (Romani 2:24 CEI). La parola, il messaggio, l'annuncio della Bibbia, però, è come un seme vivo che, quand'è seminato, non se ne sta inerte, indifferen­ te, passivo, ma, vibrando di vita, cresce, si muove, genera. Esso ha un enorme potenziale di produttività quand'è seminato ed accolto nella società umana, nel cuore umano. Esso cade nelle realtà più diverse, in situazioni e persone qualitativamente diverse e può fruttare "il trenta, il sessanta e il cento per uno" (20), ma indub­ biamente è potente ed efficace. La Parola di Dio, quando Egli la manda, attraverso l'opera di fedeli Suoi servitori, non è mai superflua, inutile: "...così è della mia pa­ rola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata" (Isaia 55:11). La fiducia che il popolo di Dio fedele ha sempre avuto verso la Parola, senza mai stancarsi di seminarla per ogni dove, non è mai venuta meno. L'Apostolo così esorta il suo discepolo Timoteo: "Ti scongiuro, davanti a Dio e a Cristo Gesù che deve giudicare i vivi 55


e i morti, per la sua apparizione e il suo regno: predica la parola, in­ sisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza. Infatti verrà il tem­ po che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie vo­ glie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle fa­ vole. Ma tu sii vigilante in ogni cosa, sopporta le sofferenze, svolgi il compito di evangelista, adempi fedelmente il tuo servizio" (2 Timo­ teo 4:1­5). Attenzione, però: quando dico "fiducia nella Parola di Dio" non in­ tendo la superstiziosa credenza di alcuni che le frasi della Bibbia di per sé abbiano una sorta di potere magico tale da eventualmen­ te trasformare chi capitasse di leggerle (alcuni, infatti, "evangeliz­ zano" lasciando in giro a caso frasi della Bibbia stampate su picco­ le strisce di carta...). Per "fiducia nella Parola di Dio" intendo "fidu­ cia nel Dio della Parola", fiducia in Dio il quale ancora oggi sceglie di rivelarsi attraverso la fedele comunicazione del messaggio bibli­ co. La scelta delle parole o delle frasi della Bibbia da usare, cosi pure come il linguaggio che usiamo, deve essere il più possibile comprensibile al pubblico che lo riceve, evitando concetti difficili ed equivocabili, come pure evitando il più possibile il "gergo evan­ gelico" (salvo spiegarlo). È vero che bisogna seminare, secondo questa parabola, dovunque e con fiducia, ma sempre in modo in­ telligente... PREGHIERA Signore iddio, è attraverso la Tua Parola che hai agito su di me per portarmi al ravvedimento ed alla fede in Cristo. Ti ringrazio e Ti loro per coloro che Tu hai utilizzato per chiamarmi a Te. Fa' sì che anch'io fedelmente e con intelligenza non solo continui a nutrirmi della Tua Parola, ma che io la semini con fiducia, sicuro che non an­ drà mai sprecata ma sarà o dichiarando la salvezza o dichiarando la perdizione di molti. Amen. 56


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Pubblicità “21 Poi diceva ancora: «Si prende forse la lampada per metter­ la sotto il vaso o sotto il letto? Non la si prende invece per met­ terla sul candeliere? 22 Poiché non vi è nulla che sia nascosto se non per essere manifestato; e nulla è stato tenuto segreto, se non per essere messo in luce. 23 Se uno ha orecchi per udire oda»” (Marco 4:21­23).

Oggi è più che mai il tempo della pubblicità: si fa a gara per met­ tere in maggiore evidenza il proprio prodotto da vendere o le pro­ prie idee da diffondere. Si spendono molti soldi per la pubblicità. Recentemente anche gli atei pubblicizzano a grandi lettere la loro negazione di Dio e la loro ambizione a voler vivere allegramente senza scrupoli di coscienza e sensi di colpa. Certo, sono liberi di farlo, ma ...questo è strano: non ci dovrebbe essere bisogno oggi di pubblicizzare l'ateismo, visto che già la grande maggioranza della popolazione vive come se Dio non esistesse! Questa pubblici­ tà solo rivela, in realtà, che i promotori di questa campagna sono loro che non riescono a liberarsi dell'idea di Dio, idea che eviden­ temente li assilla, com'è naturale, perché il cuore umano non po­ trà mai trovare pace fintanto che non riposa in Dio. Per quanto si tenti di soffocare il pensiero di Dio e la verità deviando l'attenzio­ ne della gente sulla menzogna, la luce riesce sempre, prima o poi, a farsi strada smascherando l'inganno. La luce di Dio brilla forte sul candeliere della coscienza umana. La luce di Dio brilla, non può essere nascosta o soffocata, essa prevarrà, nonostante i tenta­ tivi umani di nasconderla dalla vista, anzi, ne metterà in luce tutta la vanità e la futilità. Abbiamo però anche, come cristiani, la responsabilità dell'annun­ zio, della proclamazione esplicita dell'Evangelo di Cristo con la te­ stimonianza aperta delle nostre parole e della nostra vita, per la Sua gloria. L'apostolo Pietro, descrivendo la dignità ed i compiti 57


dei cristiani, dice: "Voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio rega­ le, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché pro­ clamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa" (1 Pietro 2:9). Al centro del nostro annuncio, della nostra "pubblicità" ci deve essere Cristo, la Sua persona, la Sua opera, le Sue virtù efficaci ancora oggi, non la nostra chiesa, non la nostra persona, piena di incoerenze e contraddizioni. No­ stro dev'essere il diligente impegno dimostrato esemplarmente dall'apostolo Paolo, quando scrive; "...abbiamo rifiutato gli intrighi vergognosi e non ci comportiamo con astuzia né falsifichiamo la pa­ rola di Dio, ma rendendo pubblica la verità, raccomandiamo noi stessi alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio. Se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della perdizio­ ne, per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo ha accecato le menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio. Noi infatti non predichiamo noi stes­ si, ma Cristo Gesù quale Signore, e quanto a noi ci dichiariamo vo­ stri servi per amore di Gesù; perché il Dio che disse: «Splenda la luce fra le tenebre», è quello che risplendé nei nostri cuori per far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo" (2 Corinzi 4:1­6).

PREGHIERA Signore iddio, nulla ti è nascosto e tutto sarà rivelato dalla Tua luce sfolgorante. Fa' si che con la mia vita coerente e con la mia parola fedele, io proclami te ed il Tuo Evangelo apertamente senza temere. Illuminare gli angoli bui del mio cuore e del mondo potrà anche es­ sere sgradito, ma la Tua luce è a salvezza nostra e di questo oscuro mondo. Amen.

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23 Discernimento e diligenza 24 Diceva loro ancora: «Badate a ciò che udite. Con la misura con la quale misurate sarete misurati pure voi; e a voi sarà dato anche di più; 25 poiché a chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha» (Marco 4:24­25).

Nel tempo della pubblicità, come abbiamo osservato ieri, siamo sommersi da messaggi di ogni tipo. Potremmo anche dire di esser­ cene fatta l'abitudine e di non ascoltarli nemmeno più, ma dobbia­ mo fare molta attenzione a noi stessi, perché, anche se pensiamo di non ascoltarli, essi si insinuano nel nostro subconscio e ci condi­ zionano in modo molto sottile. Per questo è assolutamente neces­ sario sviluppare facoltà critiche, attento discernimento. Gesù, così, ci avverte dicendo: "Badate a ciò che udite". È lo stesso di quanto ci dice l'Apostolo: "Esaminate ogni cosa e ritenete il bene" (1 Tes­ salonicesi 5:21), e "Aborrite il male e attenetevi fermamente al bene" (Romani 12:9). In modo particolare questa esortazione riguarda coloro che odono l'Evangelo, la Parola di Dio: esso non è un messaggio come tanti altri: è ciò che il nostro Creatore e Signore vuole comunicarci. Non possiamo permetterci di ignorarlo perché da quello che ne faccia­ mo dipende la nostra vita stessa. Gesù ribadisce qui quel che ci di­ ceva poco prima: "Se uno ha orecchi per udire oda" (Marco 4:23), gli orecchi sono fatti per ascoltare affinché la mente diligentemen­ te valuti. Esaminate questo messaggio con attenzione, considerate bene quanto vi udite, "prendetene nota", riflettete. Per alcuni la predicazione è "qualcosa da sopportare", come chi per qualche motivo va in chiesa ma, se avesse potuto scegliere, non ci sarebbe andato... È qualcosa, pensa, "che non vale la pena di prestarci troppa attenzione" ed allora, mentre ascoltano, la loro mente vaga altrove. Può anche darsi che ci siano predicatori inetti, ma questo 59


non è una scusa per non ascoltare con diligenza, "Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione" (1 Corinzi 1:21). È per questa ragione che, indipen­ dentemente dalla qualità del predicatore, quando odo la predica­ zione io presto diligente attenzione, prendo nota, cerco di identifi­ carne i punti, la struttura, le implicazioni di quanto ascolto. ...al­ meno per rispetto di chi parla! Per rafforzare questa esortazione, qui Gesù aggiunge: "Con la mi­ sura con la quale misurate sarete misurati pure voi", nel modo in cui noi trattiamo Dio, Dio pure tratterà noi... Se Lo prendiamo se­ riamente, come dovremmo, Egli forse non ci onorerà? Dio ci ha affidato dei talenti (in particolare risorse intellettuali e sensi funzionanti), dobbiamo utilizzarli e svilupparli. Lo è stesso è per la conoscenza: se ne facciamo uso per la gloria di Dio e il be­ neficio di altri, essa crescerà sensibilmente. "poiché a chi ha sarà dato" (25). Doni e grazie moltiplicano quando le si esercita, e Dio promette di benedire la mano della persona diligente: "La mano dei diligenti dominerà, ma la pigra sarà tributaria" (Proverbi 12:24). Se, però, non facciamo uso di ciò che ci è stato dato, lo perderemo (come un muscolo non usato che si atrofizza) perché è come se ci sia stato dato invano, è come se non l'avessimo: "Chi non ha sarà tolto anche quello che ha". Sotterrare un talento (Vedi Matteo 25:14ss) e non investirlo significa tradire la fiducia di chi ce l'ha dato e vuol dire pregiudicarselo. Doni e grazie non usate arrugginiscono! PREGHIERA Signore, ti ringrazio per tutti i doni e talenti che tu mia hai dato. Voglio utilizzarli con riconoscenza, affinché tu non me l'abbia dati invano ed eventualmente me li tolga. Ti ringrazio anche per le mie potenziali capacità, aiutami a svilupparle per la Tua gloria, per il bene degli altri e per il mio stesso bene. Che io soprattutto ascolti di­ 60


ligentemente la Tua parola predicata o scritta, perché è cosìi che Tu hai deciso di parlarmi. Amen.

24 Senza fretta e senza ansia 26 Diceva ancora: «Il regno di Dio è come un uomo che getti il seme nel terreno, 27 e dorma e si alzi, la notte e il giorno; il seme intanto germoglia e cresce senza che egli sappia come. 28 La terra da sé stessa dà il suo frutto: prima l'erba, poi la spiga, poi nella spiga il grano ben formato. 29 Quando il frutto è ma­ turo, subito il mietitore vi mette la falce perché l'ora della mie­ titura è venuta» (Marco 4:26­29).

Gesù, con queste parabole, desidera evidenziare il modo in cui na­ sce e si sviluppa il regno di Dio nel mondo. Quando la Parola di Cristo trova il buon terreno di una persona che l'accoglie volentie­ ri, i suoi buoni effetti non tardano a manifestarsi. Di questo pos­ siamo essere sicuri. L'opera di Dio negli eletti non sarà frustrata da niente e da nessuno, ma non tutto accade subito, c'è uno sviluppo graduale di cose buone, così come graduale è lo sviluppo del gra­ no. Non dobbiamo aspettarci tutto subito, ma ci vuole il suo tem­ po. L'opera della grazia in un'anima comincia dalle piccole cose, come dice, in altro contesto, il profeta: "Chi potrebbe infatti di­ sprezzare il giorno delle piccole cose?" (Zaccaria 4:10). Apprezzia­ mo anche le piccole cose buone, quelle grandi verranno a suo tem­ po e, in ogni caso, il trionfo dell'opera di Dio sarà completo solo in cielo. Il seminatore, ministro di Cristo, semina, trasmette con fiducia la Parola di Dio. Non sta in ansia, come se tutto dipendesse da lui. Quando ha compiuto il suo dovere, quando ha svolto ciò che gli compete, può anche andare a dormire tranquillo! C'è chi non rie­ sce a dormire, tutto preoccupato, perché pensa "Come potrò far crescere quel seme?", che cosa potrò escogitare per spingere quelle 61


persone alle quali ho predicato la Parola, a produrre buoni frutti di vita cristiana? No, il ministro di Cristo che conosce la potenzialità del seme e, soprattutto, conosce Dio, non sta in ansia. Ha fiducia nel seme, ha fiducia in Dio. Il raccolto sarà garantito quando, come e dove Dio ha stabilito. L'importante è compiere diligente­ mente e fedelmente il nostro compito. Ci sono cose che possiamo e dobbiamo compiere noi, il resto è compito di Dio. Vi è anche certamente diversità di operazioni svolte da persone di­ verse. Non tutto può e deve dipendere da una sola persona, dal solo ministro (evangelista o pastore che sia). Qui sta la funzione della comunità cristiana. Dio dà talenti e compiti diversi ad ogni credente per servire allo sviluppo e progresso del regno di Dio nei singoli credenti, individualmente e come gruppo. L'Apostolo scrive: "Che cos'è dunque Apollo? E che cos'è Paolo? Sono servitori, per mezzo dei quali voi avete creduto; e lo sono nel modo che il Signore ha dato a ciascuno di loro. Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere; quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere! Ora, colui che pianta e colui che annaffia sono una medesima cosa, ma ciascuno riceverà il proprio premio secondo la propria fatica" (1 Corinzi 3:5­8). "È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'e­ dificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo (...). Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso (...) trae il proprio svi­ luppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare sé stesso nell'amore" (Efesini 4:11­16). PREGHIERA Signore, Ti ringrazio per quanti Tuoi figlioli, Tuoi ministri, hai usato e stai usando per aver fatto nascere e per far crescere in me il regno di Dio. Che io sempre li onori come si conviene. Ti ringrazio, inoltre, 62


perché nell'opera del Tuo regno Tu vuoi coinvolgere anche me. Fa sì che io li metta a buon frutto svolgendo diligentemente i compiti che mi affidi secondo i talenti che mi hai dato. Farò ogni cosa per bene alla Tua gloria e poi potrò riposare con fiducia, sapendo che sei Tu a far crescere. Amen.

25 Un seme insignificante? “30 Diceva ancora: «A che paragoneremo il regno di Dio, o con quale parabola lo rappresenteremo? 31 Esso è simile a un granello di senape, il quale, quando lo si è seminato in terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; 32 ma quando è seminato, cresce e diventa più grande di tutti i legumi; e fa dei rami tanto grandi, che all'ombra loro posso­ no ripararsi gli uccelli del cielo»” (Marco 4:30­32).

Signore, quello che ti proponi è impossibile!": quante volte i disce­ poli di Gesù avrebbero usato questa o simili espressioni di fronte alla "impossibilità" di sanare, di risolvere i "casi disperati" che Gli erano presentati. Quanti malati "inguaribili" nel loro corpo, nella loro mente, nel loro spirito... non solo malati, ma anche persone già morte! Ogni volta, però, Gesù li avrebbe sorpresi, anzi, scon­ certati, con la Sua potenza. Per Lui niente pareva essere impossibi­ le. Per Lui tutto era "Si può fare". Che dire, poi, dei Suoi propositi, delle Sue ambizioni, della Sua missione in questo mondo? Di fron­ te alle potenze di questo mondo, di fronte alla terrificante potenza di Satana che controlla cuori e menti d'intere popolazioni, che mai avrebbero potuto fare loro, pochi e completamente privi di risorse? "Si può fare", però, ancora sarebbe stata la risposta di Gesù. È per questo che Gesù li incoraggia, non solo operando l'ap­ parentemente impossibile, ma raccontando loro parabole come quella del testo di oggi, del granello di senape, "il più piccolo di tutti i semi che ci sono sulla terra", eppure... 63


Una volta, quando i Suoi discepoli gli confessano di essere stati in­ capaci di risolvere un problema che era stato loro sottoposto e Gliene chiedono la ragione, Egli risponde: "...a causa della vostra poca fede; perché in verità io vi dico: se avete fede quanto un granel­ lo di senape, potrete dire a questo monte: "Passa da qui a là", e pas­ serà; e niente vi sarà impossibile" (Matteo 17:20). Un'altra volta, di fronte all'impossibilità di staccare il cuore di un uomo dall'asservi­ mento alle sue ricchezze ed al suo egoismo, Gesù risponde: Certo, "...È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio». Ed essi sempre più stupiti dicevano tra di loro: «Chi dunque può essere salvato?». Gesù fissò lo sguardo su di loro e disse: «Agli uomini è impossibi­ le, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio»" (Marco 10:25­27). Ancora, di fronte all'oggettiva impossibilità di far pervenire un uomo o una donna alla salvezza persino attraverso l'impegno dei suoi sforzi virtuosi, l'Apostolo scrive: "Ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto; man­ dando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne" (Romani 8:3), cioè, l'opera di Gesù rende possibile ciò che è impossibile alle ope­ re umane. È la grazia di Dio in Gesù Cristo, e solo in Lui e con Lui. È vero, l'Evangelo della grazia di Dio in Gesù Cristo, quando è se­ minato in un cuore umano, nella società umana... "...ma che pen­ sate possa fare: ci vuole ben altro!", dice la "sapienza" umana. "Provate,", però, a seminarlo, ne sarete sorpresi. Infatti, "...quando è seminato, cresce e diventa più grande di tutti i legumi; e fa dei rami tanto grandi, che all'ombra loro possono ripararsi gli uccelli del cielo". Quando l'Evangelo di Cristo è vissuto e predicato esso si diffonde nel suo cuore ed "attraverso le sue vene" raggiunge tutto il suo corpo e, attraverso le sue membra si diffonde nella società. Non c'è opposizione che possa resistergli! "...così la chiesa, per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria, aveva pace, ed era edificata; e, cam­ 64


minando nel timore del Signore e nella consolazione dello Spirito Santo, cresceva costantemente di numero" (Atti 9:31). La diffusione di un cristianesimo contraffatto pare irresistibile? La verità dell'Evangelo, però, prevarrà su di esso. La diffusione di fal­ se religioni come l'Islam pare irresistibile? La verità dell'Evangelo, però, prevarrà su di esso. La diffusione dell'empietà e dell'ateismo pare irresistibile? La verità dell'Evangelo, però, prevarrà su di esso. Gesù disse: "Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me!" (Giovanni1 4:1).

PREGHIERA Signore, ho fede in Te, ma sovvieni alla mia incredulità di fondo che mi fa vedere le cose in una prospettiva sbagliata, giganti invincibili quando Tu, invece, sei il più forte, il più forte di tutto e di tutti! Ri­ consacro a Te tutta la mia vita, con fiducia. Amen.

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26 Paura + Paura + Paura = .... “35 In quello stesso giorno, alla sera, Gesù disse loro: «Passia­ mo all'altra riva». 36 I discepoli, congedata la folla, lo presero, così com'era, nella barca. C'erano delle altre barche con lui. 37 Ed ecco levarsi una gran bufera di vento che gettava le onde nella barca, tanto che questa già si riempiva. 38 Egli stava dor­ mendo sul guanciale a poppa. I discepoli lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che noi moriamo?» 39 Egli, svegliatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!» Il vento cessò e si fece gran bonaccia. 40 Egli disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» 41 Ed essi furono presi da gran timore e si dicevano gli uni gli altri: «Chi è dun­ que costui, al quale persino il vento e il mare ubbidiscono?»” (Marco 4:35­41).

La paura è una condizione, o sentimento, naturale per tutti noi umani. Di fronte a ciò che ci minaccia, essa ci allerta e ci spinge a cercare le necessarie contromisure per proteggerci, per difenderci. Alla paura subentra l'ansia quando non troviamo i modi ed i mezzi per affrontare la situazione di pericolo, o quelli che abbiamo non sembrano esserci d'aiuto. Può essere la paura di affrontare soffe­ renza e morte, paura dell'incognito che pensiamo nascondere ulte­ riori minacce, anche solo paura di trovarci eventualmente in situa­ zioni di pericolo. Può essere anche la paura di sbagliare e di essere poi giudicati negativamente, rimproverati. Le paure possono esse­ re tante e più o meno fondate, ma ci accompagnano costantemen­ te, in quella che sempre di più è "la giungla" di questo mondo. La paura, così, ci paralizza, ci blocca, ci impedisce di agire. Sebbene Iddio, nella Sua Parola, ci comandi di non mettere noi stessi inutilmente in situazioni rischiose, di agire in modo saggio e responsabile e di premunirsi di adeguate “assicurazioni” in caso di 66


necessità, pure egli ci incoraggia spesso ad “avventurarci” anche in situazioni potenzialmente pericolose non solo perché ce lo coman­ da, ma soprattutto perché Lui ci accompagna. E’ il caso del testo biblico di oggi. Il tempo “non prometteva bene”, eppure Egli dice ai Suoi discepoli: “Passiamo all’altra riva”. Potevano fidarsi di Lui. Egli aveva dimostrato di saper padroneggiare praticamente su tut­ to ciò che attenta all’integrità umana: necessità fisiche e spirituali, malattie di ogni tipo, addirittura la morte. Ora Gesù avrebbe di­ mostrato potenza persino sulle forze della natura. Forse che que­ sto sarebbe stato “troppo” per Lui? Probabilmente lo pensano, per­ ché partono quella sera già indubbiamente preoccupati. Infatti “congedata la folla,” (immaginiamoci piuttosto rapidamente), “lo presero, così com'era, nella barca”. Non c’era infatti “tempo da perdere” prima che la situazione atmosferica precipitasse... Quello che temevano, così, accade. “Sarebbe stato meglio riman­ dare la partenza”, probabilmente pensavano, “Sarebbe stato più saggio”, ma non avevano avuto il coraggio di contraddire Gesù. La situazione diventa allucinante: “Ecco levarsi una gran bufera di vento che gettava le onde nella barca, tanto che questa già si riem­ piva”. Per di più, come se niente fosse, Gesù “stava dormendo sul guanciale a poppa”. Pareva essere caduto, infatti, per la stanchez­ za, in un sonno profondo. Questa situazione drammatica li fa cadere in una concatenazione di “paure” che, come una spirale discendente, fa loro dimenticare tutte le “lezioni” che fin ora avevano appreso con Gesù e su Gesù. Si tratta di tre tipi di paura: (1) la paura di cadere in acqua ed an­ negarvi, di perdere la vita; (2) la paura che Gesù, “irresponsabile” nel farli partire e persino ora, per qualche motivo non faccia nulla per loro, che non sia in grado di gestire la situazione, o che dorma tanto da non accorgersi di quel che sta accadendo; (3) la paura, di fronte alla reazione di Gesù (che comunque aveva la situazione sotto controllo, noi ora lo sappiamo), di non essere stati all'altezza di quello che da loro Egli si sarebbe aspettato (la paura di essere in qualche modo puniti oppure respinti, vista la Sua stupefacente potenza). 67


Non solo paura, quindi, ma anche “gran timore”, terrore, cioè “mega­paura” (potremmo tradurre così il termine originale greco qui usato). Quel giorno essi avrebbero imparato una lezione di straordinaria importanza: Gesù merita la più completa fiducia, in ogni circostanza. La fede in Gesù è tale da farci vincere ogni pau­ ra: bisogno, malattia, Satana, la morte, le circostanze della vita... Certo, siamo chiamati ad agire con senso di responsabilità, ma se Gesù ci chiama ad agire anche in situazioni oggettivamente ri­ schiose, non dobbiamo presumere di essere più saggi di Lui. Egli sarà con noi e provvederà ad ogni evenienza. Non abbiamo motivo nemmeno ad avere paura di Lui nemmeno se con le nostre incoe­ renze e scarsa fede Lo deludiamo. Apparteniamo a Lui e nulla ci potrà separare dal Suo amore. “Che diremo dunque riguardo a queste cose? Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. Chi ci se­ parerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (...) Infat­ ti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondi­ tà, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 8:31­39).

PREGHIERA Signore, tu sai quanto io sia sempre stata una persona paurosa. Tu, però, mi hai accolto misericordiosamente fra i Tuoi e mi accompagni sempre, assicurandomi del Tuo amore e della Tua presenza. Questo è più che sufficiente per farmi vincere ogni paura. Che io ti ubbidisca sempre e con fiducia. Amen. 68


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Una società contaminata da purificare “1 Giunsero all'altra riva del mare, nel paese dei Geraseni. 2 Appena Gesù fu smontato dalla barca, gli venne subito incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo, 3 il quale aveva nei sepolcri la sua dimora; nessuno poteva più te­ nerlo legato neppure con una catena. 4 Poiché spesso era stato legato con ceppi e con catene, ma le catene erano state da lui rotte, e i ceppi spezzati, e nessuno aveva la forza di domarlo. 5 Di continuo, notte e giorno, andava tra i sepolcri e su per i monti, urlando e percotendosi con delle pietre. 6 Quando vide Gesù da lontano, corse, gli si prostrò davanti 7 e a gran voce disse: «Che c'è fra me e te, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Io ti scongiuro, in nome di Dio, di non tormentarmi». 8 Gesù, infat­ ti, gli diceva: «Spirito immondo, esci da quest'uomo!» 9 Gesù gli domandò: «Qual è il tuo nome?» Egli rispose: «Il mio nome è Legione perché siamo molti». 10 E lo pregava con insistenza che non li mandasse via dal paese. 11 C'era là un gran branco di porci che pascolava sul monte. 12 I demòni lo pregarono di­ cendo: «Mandaci nei porci, perché entriamo in essi». 13 Egli lo permise loro. Gli spiriti immondi, usciti, entrarono nei porci, e il branco si gettò giù a precipizio nel mare. Erano circa duemila e affogarono nel mare. 14 E quelli che li custodivano fuggirono e portarono la notizia in città e per la campagna; la gente andò a vedere ciò che era avvenuto. 15 Vennero da Gesù e vide­ ro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che aveva avuto la legione; e s'impaurirono. 16 Quelli che avevano visto raccontarono loro ciò che era avvenuto all'indemoniato e il fat­ to dei porci. 17 Ed essi cominciarono a pregare Gesù che se ne andasse via dai loro confini. 18 Com'egli saliva sulla barca, l'uomo che era stato indemoniato lo pregava di poter stare con lui. 19 Gesù non glielo permise, ma gli disse: «Va' a casa tua dai tuoi, e racconta loro le grandi cose che il Signore ti ha fat­ te, e come ha avuto pietà di te». 20 Ed egli se ne andò e comin­ 69


ciò a proclamare nella Decapoli le grandi cose che Gesù aveva fatte per lui. E tutti si meravigliavano" (Marco 5:1­20).

Questo racconto di Marco è molto vivace, ricco di circostanze e particolari. Non si tratta di un “semplice esorcismo” come gli altri. Esso è composto da diverse scene, come un dramma in miniatura. Come tale potrebbe distrarre la nostra attenzione di lettori moder­ ni su questioni non pertinenti e perderemmo il messaggio per stra­ da... Di fatto il racconto è molto evocativo: ci dice molte cose su Gesù, la Sua opera, e la condizione umana. Vale la pena non limi­ tare la nostra riflessione solo ad oggi, ma trattarne altri aspetti an­ che in quelli che seguono. Il paese dei Geraseni si trovava nell'ambito di una confederazione di dieci cittadine di lingua greca (la Decapoli) che godevano di au­ tonomia comunale, la cui popolazione era prevalentemente paga­ na. Qui è la prima regione pagana visitata da Gesù. Alieni dalla fede e dagli ideali di Israele, i Geraseni si facevano, senza tanti scrupoli, "gli affari propri". Li troviamo infatti occupati con grandi allevamenti di maiali (qui ce n'è uno di duemila capi). È un alleva­ mento che evidentemente stava loro molto a cuore, anzi, che è il valore principale della loro vita, più importante ancora della soli­ darietà sociale (rappresentata qui dal "povero pazzo", incatenato, emarginato e difficilmente "gestibile"), e certamente più importan­ te di Gesù stesso, "elemento di disturbo" che poi "incoraggiano" ad andarsene via. Gesù e i Suoi discepoli, così, lasciano il territorio "protetto" dalla fede di Israele per recarsi in una zona abitata da una popolazione che vive esplicitamente nel paganesimo. La figura di Gesù e l'eser­ cizio della Sua potenza salvatrice, non riguarda solo gli Israeliti (non è una loro "questione interna"), ma ha valenza universale. Egli è "il Salvatore del mondo" (Giovanni 4:42; 1 Giovanni 4:14). L'accento del testo è messo su situazioni, luoghi e persone che, se­ condo la fede ebraica sono da considerarsi "contaminate", sporche e "impure", dalle quali bisognava stare alla larga e che prevedeva­ 70


no, per gli israeliti rituali di purificazione (se ne avessero avuto in qualche modo a che fare). Qui il vangelo non è interessato ad avallare il concetto israelita di impurità rituale, ma ad evidenziare "la sostanza" della contaminazione. Essa è prodotta dal peccato (fomentato da Satana). Gesù la condanna e la "risolve". Gesù non se ne sta alla larga ma vi entra dentro direttamente ("mette le mani in pasta"), ed affronta la situazione di petto. Tutto è qui da "purificare": non solo l'uomo posseduto da uno spirito immondo (un uomo la cui vita è contaminata moralmente e spiritualmente e questo lo sta distruggendo), ma anche il paese dei Geraseni stesso (un paese di gente pagana che non conosce né Dio né la Sua legge di giustizia). Notiamo qui anche come quest’uomo abiti fra i sepolcri (vive come morto in un mondo di morti) e "un gran branco di porci" (un'eco­ nomia assunta ad idolo e basata sull'ingiustizia). Gesù collega espressamente gli spiriti immondi con i porci. Gesù condanna così una società ingiusta e disumana. Essa è controllata dal nemico di Dio, ma che essi non pensino che la cosa, alla fine dei conti, con­ venga loro, essa comunque "non paga", "non rende" come loro si aspetterebbero, difatti, "il branco si gettò giù a precipizio nel mare" (13). Gesù "purifica" l'uomo che Gli si prostra davanti dagli spiriti immondi e la regione stessa dai porci... I Geraseni, però, a Gesù preferiscono i loro porci... Potremmo qui giocare con l'espressione italiana corrispondente e dire: I Geraseni vogliono continuare a fare "i loro porci comodi". Gesù non permette all'uomo guarito di seguirlo, ma vuole che ri­ manga in quella società, come costante sua istanza critica e riman­ do a Gesù: "Va' a casa tua dai tuoi, e racconta loro le grandi cose che il Signore ti ha fatte, e come ha avuto pietà di te" (19).

PREGHIERA Signore Iddio, il peccato contamina ogni cosa intorno a me e la ren­ de brutta e sporca. Ti ringrazio cheTu non Te ne sei rimasto lontano, disgustato, abbandonandolo al suo destino, come avrebbe meritato, 71


ma che sei venuto quaggiù per purificare in Cristo anche me, che ne facevo parte. Continua, Te ne prego, quest’opera di purificazione nel­ la mia vita, liberandomi da tutto ciò che Ti dispiace e che mi priva delle benedizioni di una vita in perfetta comunione con Te. Amen.

28 La vittima di una società ingiusta, sì ma... Leggi ancora: Marco 5:1­20.

Riprendiamo la riflessione sul testo di Marco 5 che ci parla dell’in­ demoniato di Gerasa, riflettendo sulla figura di quest’uomo. La sua situazione è pure una parabola di tanto che avviene oggi pure nel­ la nostra società moderna. Quando Gesù scende dalla barca, subito "un pazzo" (un indemo­ niato) Gli va incontro. E’ come se già Lo conoscesse e gli si prostra davanti. Certo, i demoni che dimorano in lui "sanno", avvertono spiritualmente chi è Gesù, ma c'è una sostanziale differenza fra Gesù ed altri che, scendendo dalle loro barche, magari in quello stesso luogo, andavano a trattare d'affari con i Geraseni. Certo essi non avrebbero "perso tempo" con ...pazzi e mendicanti “fastidiosi”, da cui certo "non se ne ricava nulla"! Forse l'uomo posseduto da uno spirito immondo voleva parlare con qualcuno. In Gesù trova qualcuno che, invece di respingerlo, lo sta ad ascoltare e la cui compassione e disponibilità era diventata cosa nota. La sua gente non aveva tempo per lui, è impegnata nei loro affari e questo disa­ bile è loro di fastidio, per questo l'aveva emarginato e cercato di incatenerlo. "Il pazzo" abitava in qualche caverna naturale o artificiale, posta in mezzo ai giardini o ai campi, un posto tranquillo e abbastanza iso­ lato. Si trattava evidentemente di un luogo poco frequentato dalla popolazione locale, la quale anzi avrà pensato a questa soluzione per meglio tutelarsi: espellerlo dalla città, relegandolo presso un 72


cimitero! La sua forza, però, non era comune: era così esagitato che, pur essendo stato più volte legato, prima ai piedi, poi anche alle braccia, con ceppi e catene, aveva sempre infranto gli uni e spezzato le altre. Volevano tenerlo in catene finché non fosse gua­ rito. Per un certo tempo la società si era illusa di averlo "domato"; solo dopo l'ultimo insuccesso nessuno aveva più riprovato a inca­ tenarlo. Indubbiamente non passava inosservato, anzi, rifiutava di "starsene buono" e nascosto! Quest'uomo, continuamente, notte e giorno, con la massima esasperazione, vagava tra i sepolcri e sui monti (tra la "morte" e la "vita", la nostra condizione), gridando a perdifiato tutto il suo odio per l'esistenza. Per di più si percuoteva con delle pietre (5), era autolesionista. Era, così, pure vittima di sé stesso. Non lo avevano recluso perché violento nei rapporti con gli altri, ma per timore che lo diventasse. Da com'è descritto, pare che quest'uomo soffrisse di una forte lacerazione fra il suo inappagato desiderio soggettivo e la realtà esterna, a lui ostile. Il vangelo qui sembra suggerire che quest'uomo è una povera vitti­ ma della società in cui vive. Egli la respinge e ne è respinto, ma "assorbe" i demoni che la fanno da padrone nella sua società mate­ rialista ed idolatra e giunge così alla follia (in un modo o in un al­ tro tendono solo alla sua distruzione). Quei demoni, lo sconvolgo­ no perché non riesce ad accettare "i valori" della sua società, socie­ tà che giudica repulsiva ed alienante. Non volendosi integrare in un sistema che non accetta, vi si oppone nel modo che oggi ver­ rebbe giudicato psicotico, cioè senza freni e controlli. La sua con­ testazione alla società in cui vive non è quindi costruttiva, ma istintiva, primitiva, semplicemente individualistica. Gesù chiedendogli come si chiama, gli vuole far prendere coscien­ za che l'identità che ha assunto dai demoni da cui è dominato è alienante e distruttiva. C'è in lui una sorta di sfasamento fra la sua consapevolezza che la società in cui vive è malata ed alienante e la sua capacità positiva di trasformare le cose. La sua reazione non è costruttiva, ma auto­distruttiva. Inoltre, il fatto che i demoni in lui siamo molti "una legione" sem­ 73


bra indicare che fossero diversi a pensarla come lui, ma che solo lui lo manifestasse pagando di persona. La sua "follia" era forse l'e­ sigenza da parte sua di manifestare, di dimostrare la sua opposi­ zione allo stile di vita dei suoi concittadini "soddisfatti" di sé? Quella del "pazzo" era così forse una provocazione irrazionale con­ tro la sua gente. Gesù lo sta ad ascoltare. La sua “protesta”, però, deve percorrere altre vie. Prima deve essere liberato interiormente mediante l’opera che solo Gesù può fare in lui: allora potrà tornare fra i suoi con uno spirito ed una potenza nuova.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio che tu sia venuto “dalle mie parti” e che Ti sia preso tempo proprio per me, ascoltandomi e prendendoti cura di me. Sento tutto il peso del peccato e dell’ingiustizia che mi circon­ da, e vorrei gridare contro di essa. Anch’io, però, devo essere liberato interiormente. Solo dopo potrò fare una differenza nel mio ambien­ te. Opera in me con decisione. Amen.

29 Solidarietà anti­economica? Leggi ancora: Marco 5:1­20.

Eccoci alla terza riflessione su sul racconto evangelico della libera­ zione dell’indemoniato di Gerasa. Ci sono altri aspetti di quanto qui avviene, che dobbiamo esaminare. Il dialogo che avviene fra Gesù e "il pazzo" sembra essere parte della "terapia" di Gesù tesa a liberarlo dai demoni di cui era vitti­ ma, emanazione della sua stessa società, per poi rimandarlo fra la sua gente a dimostrare costruttivamente come la sua critica alla sua società dovesse prendere ben altra piega. Gesù, così, qui guari­ 74


sce sia i singoli che la società dalla sindrome autodistruttiva che si sviluppa sia tra i sostenitori di questa società ed i suoi critici. In­ dubbiamente quella di Gesù è una "critica sociale" del tutto diver­ sa da quelle che sono comuni in questo mondo! A questo punto esplodono le contraddizioni della situazione, e per il meglio. Il testo sembra implicitamente riconoscere che i demoni provengono, come abbiamo detto, dalla società stessa, sono un'e­ manazione del suo stile di vita "sporco" e "capitalista". I demoni, cacciati da quell'uomo che ne viene così liberato, vogliono tornare da dove sono venuti, dai beni materiali della regione, ma ritornan­ dovi li distruggono. Una società basata solo sui "valori" del denaro e del materialismo non può reggere. Prima o poi "esplode", va in pezzi, che sia esso (diremmo oggi) capitalismo o comunismo (en­ trambi materialistici). "Il pazzo", così si prende una rivincita suoi suoi compaesani che l'avevano emarginato, dimostrandosi persona dotata di quella di­ gnità che essi gli avevano negato. La sua guarigione "costa" la di­ struzione di innumerevoli beni, cosi come la solidarietà indubbia­ mente è "anti­economica" ed implica da parte sua, notevoli, ma necessari sacrifici. È Gesù che si rende così responsabile della di­ struzione di quei beni. Della cosa ne saranno poi consapevoli i Ge­ raseni stessi, che inviteranno Gesù ad andarsene come "non conve­ niente" alle loro ambizioni e stile di vita. Ecco così che, finalmente, "l'indemoniato" lo troviamo "seduto, ve­ stito e sano di mente, lui che aveva avuto la legione" (15). La cosa "spaventa" la popolazione, che così vede pregiudicati i propri "inte­ ressi". Il prezzo da pagare per la salute di un loro concittadino per loro è troppo alto... Prima loro avevano paura della follia, ora del­ la guarigione... Prima temevano di contagiarsi, ora temono di do­ versi ricredere sui "valori" in cui investono la loro vita. Il fatto che le cose siano cambiate così all'improvviso li sconcerta, li sgomen­ ta: "il matto" non è più lo stesso! Ritrova una normalità che però li lascia in dubbio se non fosse loro più convenuto che lui rimanesse "matto" o indemoniato... La sanità di quell'uomo è scomoda, per­ 75


ché ora, parlando razionalmente di quel che gli è avvenuto, li avrebbe automaticamente non solo criticati nel loro precedente comportamento verso quell'uomo, ma avrebbe pure criticato lo sti­ le di vita che essi non avrebbero comunque avuto intenzione di cambiare! È più conveniente, dunque, tenersi i pazzi ed emarginarli, che far guarire i pazzi e permettere loro di parlare normalmente e così es­ sere sconfessati? Quella guarigione si rivela un attentato alla sicu­ rezza economica di quella gente, del loro stile di vita. La sua gua­ rigione non viene, per altro nemmeno riconosciuta come tale: l'uo­ mo continua ad essere considerato "l'indemoniato".

PREGHIERA Signore, apprendo dallo stesso comportamento di Gesù come l’amore costi fatica, sacrificio, impegno, anche denaro. Non permettere che io mi ritiri da questo sacrificio perché l’essere umano ed il suo bene vale più del denaro e del risparmio. Ciò che è investito nell’amore ritorne­ rà in profitti ben più grandi di quelli monetari. Trasformami sempre di più, o Signore, ad immagine di Cristo.

30 Una nuova identità Leggi ancora: Marco 5:1­20.

Un’ultima riflessione riassuntiva su questo ricco episodio dell’E­ vangelo secondo Marco. Se lo rileggete, dovrà esservi chiaro il tipo di falsità che il folle ge­ raseno condannava girando nudo per i monti, il tipo di logica che contestava urlando a squarciagola: era l'ipocrisia dei rapporti umani basati unicamente sul profitto o l'interesse individuale. Ecco perché spezzava i ceppi e le catene, per dimostrare la sua ir­ 76


riducibile diversità alla rassegnazione dei più, la sua invincibile smania di libertà totale, assoluta, estranea a qualsiasi forma di compromesso, insofferente a qualsiasi forma di coercizione. Ecco perché gridava il suo odio contro l'esistenza, contro l'ambiente in cui aveva trascorso il suo passato e che, ad un certo momento, gli era apparso ipocrita, formale, falso. Correva a più non posso sui monti per essere libero dall'orrenda cupidigia di chi vende se stes­ so per guadagnare tutto, per essere libero ­"nudo" com'era­ dagli schemi e dalle convenzioni, dai formalismi e dalle etichette della sua gente. Egli tuttavia era consapevole anche di un altro fondamentale aspetto: con il suo atteggiamento deviante, egli non aveva ottenu­ to altro che il disprezzo di chi l'aveva segregato in quel ghetto, la finta compassione di chi aveva gravemente ammalato la propria li­ bertà non nell'eccezione della follia ma, quel che è peggio, nella normalità della vita quotidiana. Ecco perché si martoriava il corpo, si infliggeva da solo i colpi della propria sconfitta. La sua era una follia che lo costringeva ad essere vittima delle sue stesse debolez­ ze: quanto più la sua carica aggressiva pretendeva d'essere convin­ cente, tanto più doveva pagare il prezzo d'una insopportabile emarginazione. Quest'uomo si era ribellato, nell'irragionevolezza dei suoi pensieri, nell'istintività delle sue emozioni, che pur partivano da un fondo di verità. "Legione" aveva visto giusto: di fronte alla prova dei por­ ci, la coscienza dei geraseni si sarebbe rivelata più "immonda" del­ la sua. L'ex­folle non amava stare con la sua gente. Nella follia pensava d'essersi ritrovato, d'aver realizzato le sue inconsce aspirazioni alla felicità, ma la disperazione, la solitudine e l'autolesionismo dimo­ stravano proprio l'illusorietà della scelta compiuta. Affermando ir­ razionalmente la propria identità, la propria presenza che son si poteva ignorare, in una dinamica di mera contrapposizione, aldilà di qualsiasi forma di socialità e mediazione, alla fine egli era giun­ to a odiare se stesso, a non sapersi accettare. 77


Gesù non l'aveva guarito dall'incapacità di "essere", ma dall'impos­ sibilità di "diventarlo", liberandolo dal pregiudizio di credere che la cupidigia altrui fosse l'unica fonte del suo male o che il rapporto mercantile fosse unicamente caratterizzato da esosità e specula­ zione. Gesù ricostruisce la sua identità su nuove basi. Gesù gli offre una prospettiva di vita nuova, senza strapparlo dal suo ambiente naturale e sociale: lo invita a riprendere il rapporto con gli amici di un tempo e con i parenti, a riconciliarsi con loro, perché è solo facendo comunità ch'egli potrà vincere la situazione conflittuale, antagonistica della sua regione. Gesù lo esorta con fi­ ducia a tornare nella "abitazione domestica", per spiegare ai "suoi" il significato del sacrificio dei maiali, ovvero la misericordia di Gesù.

PREGHIERA Signore Iddio, in Te soltanto io posso trovare la mia identità più vera e assumere il ruolo che più mi compete: figliolo adottivo ed amato di Dio, rifatto ad immagine di Cristo, impegnato nella società a testi­ moniare nuovi valori, un modo di pensare e d’essere in comunione con Te. Aiutami a trovare così la mia collocazione nella società come Tuo testimone e servitore del Tuo regno. Amen.

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31 Oltre ogni limite "21 Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. 22 Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedu­ tolo, gli si gettò ai piedi 23 e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva». 24 Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno (...) 35 Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!». 37 E non permise a nessuno di se­ guirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giaco­ mo. 38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. 39 Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40 Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. 41 Pre­ sa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!». 42 Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43 Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare" (Mar­ co 5:1­24; 35:43).

Hai superato ogni limite", dice il genitore o l'insegnante ad un gio­ vane restio e ribelle ad ogni disciplina e che gode a fare ciò che non è permesso, aumentandone sempre di più "la dose". Il volere superare i limiti consentiti fa parte della nostra natura, anzi, è sta­ ta da sempre la tentazione dell'essere umano sin da quando Sata­ na aveva proposto ad Adamo ed Eva: "Dio sa che nel giorno che ne 79


mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio" (Genesi 3:5). Essere come Dio, però, non lo potremo mai essere ed andare oltre i limiti consentiti lo facciamo solo a nostro danno. C'è, però, un modo buono per superare i nostri (attuali) limiti, cioè quello di essere liberati da Cristo dalle conseguenze (limitanti) dei nostri peccati e diventare gradualmente quel che eravamo destinati ad essere nei progetti originali di Dio per noi. Dopo essere andato uscito dai limiti allora consentiti ed avere af­ fermato la sovranità di Dio (e quindi la Sua opera di salvezza) an­ che nel territorio (straniero) dei Geraseni, Gesù "passa di nuovo all'altra riva" (21). È forse segno che Egli intende ritornare in pa­ rametri conosciuti, "sicuri" ed accettabili? Non proprio, perché in questa occasione Egli dimostra di saper andare "oltre ad ogni limi­ te" conosciuto, quello della morte stessa. La Sua fama di compassionevole guaritore era ormai riconosciuta anche "fra i capi della sinagoga", fra i leader religiosi del popolo. Ecco che così Giairo, uno di loro, si rivolge a Gesù implorandolo di intervenire a guarire la sua figlioletta malata, ormai agli estremi, imponendole le mani. Quella "estremità", però, non c'è uomo che possa superare, difatti, poco dopo, giunge la notizia che quella bambina, nel frattempo, era morta. Gli mandano così a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?» (35). Ogni spe­ ranza ormai è perduta, nemmeno il più grande fra i guaritori po­ trà farci più nulla! Quando Gesù pretende di superare anche quel limite, qual è la reazione? "Essi lo deridevano" (40), difatti, per Gesù la morte é si­ mile al sonno. Dice: "La bambina non è morta, ma dorme" (39). Ai limiti dell'umanamente possibile vi sono solito strepiti e pianti. Sembra che Gesù (come risulta anche da altri testi) non li sopporti molto... Una volta, infatti, di fronte all'incapacità dei Suoi discepo­ li a scacciare uno spirito immondo, Gesù risponde: "O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conducimi qui tuo figlio" (Luca 9:40­41). Nel nostro caso: "Caccia­ ti tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e 80


quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina" (40), e la restituisce alla vita, fra il grande stupore generale (42). Gesù davvero l'impossibile diventa possibile. "Agli uomini è impos­ sibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio" (Marco 10:27). In Gesù si manifesta, in modo unico ed irripetibile, Dio stesso e con Gesù si può veramente "superare ogni limite", natural­ mente nel bene. Con Gesù ed in Gesù sono avvenute ed avvengo­ no ancora cose umanamente inimmaginabili. Una vecchia serie te­ levisiva era intitolata "Ai confini della realtà" ed immaginava cose irreali. Con Gesù ed in Gesù, però è la realtà estende i suoi confi­ ni. Non andiamo tanto alla ricerca del sensazionale, delle guarigioni fisiche (che possono anche essere contraffatte o finalizzate non al bene ultimo della persona). Gesù, guarendo e risuscitando dava dei segni (unici) della realtà futura. Non dobbiamo necessaria­ mente pretendere di ripetere queste cose. Il più grande miracolo, perà, rimane quello della conversione a Cristo di una persona in­ durita, egoista e "impermeabile" all'Evangelo. Sembrava impossibi­ le, ma Paolo confessa e dice: "prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento" (1 Timoteo 1:13). Dio l'ha convertito e ne ha fatto una persona nuova, "oltre ogni limite" dell'immaginabi­ le. Può avvenire ed avviene ancora oggi. Preghiamo che il Signore conceda il miracolo della conversione a Cristo: è quel che più con­ ta.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio che in Cristo Tu ti spingi oltre l'umana­ mente possibile. Ti ringrazio perché il peccato, la malattia e la morte non sono confini insuperabili. Qui e sicuramente nel nuovo cielo e nella nuova terra essi sono superati. dammi il coraggio di testimo­ niare la fede in Te anche se qualcuno dovesse per questo mettermi in ridicolo o dire che credo a cose impossibili. Non lo sono. Amen. 81


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Trasfusioni di sangue... “25 Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: 28 «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». 29 E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male. 30 Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». 31 I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?». 32 Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33 E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accadu­ to, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34 Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guari­ ta dal tuo male»” (Marco 5:25­34).

Anche in questo episodio del vangelo troviamo una sorta di com­ piacimento (costruttivo) nel mettere in luce favorevole la trasgres­ sione di regole stabilite, l'andare "oltre i limiti". A trasgredire deli­ beratamente le regole non è, in questo caso, Gesù, ma una donna, afflitta per molto tempo da persistenti perdite di sangue, che pren­ de l'iniziativa (provocatoria) di andare a toccare Gesù per "strap­ pargli" quella guarigione che pensa di non potere normalmente ot­ tenere. Queste perdite di sangue (molto di più del normale ciclo mestrua­ le che già rendeva una donna "impura") erano tali da emarginarla completamente. La gente doveva fare attenzione a non toccarla, altrimenti avrebbe dovuto sottoporsi a complicati rituali di purifi­ cazione. Non solo per rispetto delle regole, ma anche per paura superstiziosa e pregiudizio, nessuno molto probabilmente aveva 82


più toccato, nemmeno sfiorato, questa donna. Neanche l'avrebbe fatto suo marito. Sappiamo quanto può essere frustrante e alie­ nante la "deprivazione sensoriale", il contatto fisico affettivo man­ cante, e questo era continuato per ben dodici anni, come se non bastasse l'indebolimento per le perdite di sangue! Sicuramente per lei era "cosa da impazzire"! Le persone possono essere oggi più o meno riservate, ma non fac­ ciamo mancare agli altri il nostro amorevole abbraccio di incorag­ giamento: "Salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio" (1 Corinzi 16:20). Oltre a tutto, frustrazione dopo frustrazione, questa donna aveva tentato di guarire in tutti i modi. Sicuramente benestante, "aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando" (26). Allora certamente la medicina era arretrata e primitiva. In ogni caso il vangelo mette con questo in evidenza quanto questa donna fosse delusa dalla società, delusa dalla religione che stabiliva senza al­ cuna compassione le sue regole, delusa dai medici e dai guaritori. Spesso " i guaritori" di questo mondo non solo non guariscono ve­ ramente, ma solo ti sfruttano senza scrupolo! Era così umanamen­ te priva di speranza. La disperazione umana, però, è un limite che può essere valicato in Cristo e con Cristo. Quella donna aveva sentito parlare di Gesù, Qualcuno che mai aveva deluso alcuno che Gli si fosse rivolto. Gesù stava passando dalle sue parti. Non c'è tempo da perdere. Bisogna andare e "toc­ carlo"! Ecco così che prende l'iniziativa di sfidare le regole stabilite ed andare a toccare Gesù. Aveva forse pensato: "Che mi importano le regole! Voglio guarire! Credo che Gesù possa farlo. Gesù è un uomo ed un israelita osservante, certo non verrebbe da me, don­ na, per impormi le sue mani e guarirmi. Gli sottrarrò di nascosto, così, la Sua potenza andando io a toccarlo". Potremmo pensare che la sua fosse solo superstizione o autosuggestione, ma Gesù, "...avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla di­ cendo: «Chi mi ha toccato il mantello?»" (30). la "imposizione del­ le mani" non è un rito magico, ma il contatto amorevole e solidale è sicuramente terapeutico e questa donna se lo procura! In un 83


modo o in un altro, il contatto fiducioso con Gesù è decisivo. La folla Lo stringe tutt'attorno, ma "non lo tocca". Tanti si interessano di Gesù ancora oggi, ma non stabiliscono con Lui un contatto risa­ nante. Ecco così come questa donna che, perdendo sangue, perdeva ener­ gia vitale, da Gesù riceve una sorta di "trasfusione di sangue". Non a caso il Nuovo Testamento dice: "Ma se camminiamo nella luce, com'egli è nella luce, abbiamo comunione l'uno con l'altro, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato" (1 Giovan­ ni 1:7). Della realtà proclamata da quest'ultimo versetto, la guari­ gione della donna dalle perdite di sangue potrebbe essere illustra­ zione e parabola.

PREGHIERA Signore, mi accosto a Te con fiducia. Ti ringrazio del Tuo abbraccio amorevole e, soprattutto, Ti ringrazio che hai versato il Tuo sangue sulla croce per far sì che io fossi perdonato e guarito. Che io, come Tuo discepolo, possa portare un simile contatto terapeutico a tante persone che hanno bisogno del mio amore e della mia solidarietà. Amen.

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33 Alla base di tutto la fiducia! “1 Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo se­ guirono. Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinago­ ga. 2 E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? 3 Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui. 4 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5 E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. 6 E si meravigliava della loro incredulità. Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando” (Marco 6:1­6).

La doppia natura e identità di Gesù di Nazareth ha sempre posto problemi ed ancora pone problemi a tanta gente. Gesù è un perso­ naggio storico, un uomo vissuto in un determinato luogo ed in de­ terminato tempo, con un'ascendenza naturale: "Non è costui il car­ pentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?" (3). Gesù di Nazareth, però, nasconde una realtà soprannaturale che è rivelata a coloro che "hanno occhi per vedere". Molti ancora oggi dicono: "Gesù di Nazareth è un personaggio indubbiamente straordinario (come vi sono stati e vi sono ancora) ma sempre e solo un uomo come tanti" e così Lo liquidano distanziandosene. Ne apprezzano magari le virtù, "l'esempio", ma non li coinvolge "più di quel tanto" (questo per loro può essere anche comodo). Se si dice loro che in Gesù si nasconde Dio stesso che, in Lui, in modo unico ed irripetibile, si fa uomo per operare la trasformazio­ ne e la salvezza eterna di uomini e donne in ogni tempo e paese, 85


essi dicono, magari, che si tratti solo di un mito, di "un'esagerazio­ ne" promossa da gruppi di potere politico e religioso per i propri fini. No, l'apostolo Paolo afferma al riguardo di Gesù, in sintonia con tutti gli autori del Nuovo Testamento: "...riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la ri­ surrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore. Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome" (Romani 1:3­5). L'identità profonda di Gesù, prima solo "intuita" dai Suoi discepoli, diventa progressivamente loro sempre più chiara. Benché Gesù ab­ bia dato tante prove di non essere "uno fra i tanti", ma di essere, in modo unico ed irripetibile, Dio con noi, esse non possono essere utilizzate come "prove inconfutabili" per persuadere qualcuno. Al­ lora come oggi, infatti, queste prove sono messe sistematicamente in questione da persone scettiche, incredule e con pregiudizi, qua­ lunque cosa si dica loro. Solo lo Spirito Santo li potrà illuminare. In presenza di scetticismo, incredulità e pregiudizio l'opera di Gesù non potrà che essere anche oggi limitata, non perché questo vanifichi la Sua potenza, ma perché la fede, la fiducia in Lui, sta alla base di ogni "transazione", fra noi e Lui, che voglia aver "suc­ cesso". "E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì" (5). "Or senza fede è impossibile piacergli; poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ri­ compensa tutti quelli che lo cercano" (Ebrei 11:6).

PREGHIERA Signore Iddio, Ti accolgo nella mia vita con fiducia, non per il van­ taggio che eventualmente ne potrei avere, ma per quel che Tu sei. Dammi di poter onorare la Tua gloria e la Tua maestà con fiduciosa ubbidienza e di crescere nella conoscenza della Tua persona ed amo­ re. Amen. 86


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Le nostre responsabilità “7 Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. 8 E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; 9 ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche. 10 E diceva loro: «En­ trati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. 11 Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vo­ stri piedi, a testimonianza per loro». 12 E partiti, predicavano che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, unge­ vano di olio molti infermi e li guarivano” (Marco 6:7­13).

Come "apprendisti del mastro artigiano" i discepoli di Gesù qui di­ ventano "apostoli", cioè, letteralmente "inviati". Le lezioni di Gesù non sono solo lezioni teoriche, ma anche pratiche. Pur non avendo ancora "completato i loro studi" (Gesù continuerà personalmente la Sua opera ancora per qualche tempo, ed essi ancora non hanno ricevuto la pienezza dello Spirito Santo) essi possono e devono co­ minciare a impratichirsi in quella che sarà la loro futura missione di ministri dell'Evangelo. Benché in questo testo vi siano espressi concetti importanti, non dobbiamo necessariamente trarre dai suoi dettagli regole univer­ sali normative per ogni attività evangelistica (l'evangelizzazione). Dovranno, due per due (buona regola pratica per sovvenire i limiti del singolo evangelista), fare un breve giro di alcune settimane nella regione loro circostante, fra i loro compatrioti. Nel nome e con la potenza di Gesù, essi dovranno chiamare uomini e donne al ravvedimento ed alla fede in Cristo, attaccando frontalmente le forze del male. Non serviranno loro valigie e provviste: potranno godere temporaneamente, ma con discrezione, della generosa e grata ospitalità dei simpatizzanti. 87


Il messaggio che portano, l'Evangelo di Cristo, non sono proposte o "consigli per gli acquisti", ma un'ambasciata, un comando del Re dei re. Potrà anche essere ignorato o respinto, ma la cosa non ri­ marrà senza conseguenze per i suoi destinatari ribelli. In ogni caso, i messaggeri avranno fatto il loro dovere e la responsabilità di aver respinto un annuncio così importante, sarà interamente dei destinatari increduli (vedi Ezechiele 33:1­8). L'azione di scuotersi la polvere di sotto ai piedi (ben compresa a quei tempi) sarebbe servita loro di espressivo segno in questo sen­ so. Diffondere con la parola e l'esempio l'Evangelo è essere respon­ sabilità permanente della comunità cristiana che così ubbidisce al mandato del Signore Gesù: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battez­ zandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, inse­ gnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente» (Matteo 28:18­20). Il commentatore Matthew Henry, su questo testo rileva: "Sebbene gli apostoli fossero consapevoli della loro grande debolezza e non si attendessero vantaggi mondani, in obbedienza al loro Maestro e dipendendo dalla Sua forza, essi partono [in missione]. Non avrebbero intrattenuto la gente solleticando la loro curiosità, ma li avrebbero esortati a ravvedersi dai loro peccati e volgersi a Dio. I senvitori di Cristo possono sperare di volgere molti dalle tenebre a Dio, e di guarire anime con la potenza dello Spirito Santo" (Mat­ thew Henry, Concise Commentary on the Bible" Mark 6:7­13)1. 1 Testo originale della citazione: "Though the apostles were conscious to themselves of great weakness, and expected no wordly advantage, yet, in obedience to their Master, and in dependence upon his streng­ th, they went out. They did not amuse people with curious matters, but told them they must repent of their sins, and turn to God. The servants of Christ may hope to turn many from darkness unto God, and to heal souls by the power of the Holy Ghost" (Matthew Henry, Concise commentary on the Bible" Mark 6:7­13). 88


Questo è importante: trasmettere l'Evangelo non è intrattenere la gente suscitando la loro curiosità con "effetti speciali", sovvenire ai bisogni che pensano d'avere (che spesso non includono il Cristo), intavolare discussioni teoriche o dispute, ma, facendo del bene, promuovendo la liberazione da tutto ciò che guasta e sporca la vita e la dignità umana, "predicare la conversione", cioè chiamare ad una radicale revisione del modo di pensare e di vivere in vista dell'avvento del regno di Dio, dimostrando che in Cristo tutto ciò è desiderabile e possibile. Evangelizzare non è tanto dire alla gente "Dio ti ama", ma chiama­ re al ravvedimento ed alla fede in Cristo come unica via d'uscita dalle conseguenze temporali ed eterne dei propri peccati.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio che l'Evangelo della grazia di Dio mi ha raggiunto attraverso l'opera fedele dei Tuoi inviati. Li ho accolti con fiducia e disponibilità come pure ho accolto seriamente il loro mes­ saggio di ravvedimento e di fede nella Persona ed opera del Tuo Fi­ glio Gesù Cristo. Ti prego di aiutarmi a vincere ogni timore e a co­ municare a mia volta ad altri ancora il Tuo Evangelo. Amen.

35 Non ti illudere: non ti lascerà mai in pace! "14 Il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui». 15 Altri invece dicevano: «È Elia»; altri dicevano ancora: «È un profeta, come uno dei profeti». 16 Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è ri­ suscitato!». 17 Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. 18 Giovanni diceva a 89


Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello». 19 Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo ucci­ dere, ma non poteva, 20 perché Erode temeva Giovanni, sapen­ dolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltar­ lo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. 21 Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo com­ pleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli uffi­ ciali e i notabili della Galilea. 22 Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». 23 E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». 24 La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». 25 Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi dia subito su un vas­ soio la testa di Giovanni il Battista». 26 Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto. 27 Subito il re mandò una guardia con l'or­ dine che gli fosse portata la testa. 28 La guardia andò, lo deca­ pitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ra­ gazza e la ragazza la diede a sua madre. 29 I discepoli di Gio­ vanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo pose­ ro in un sepolcro" (Marco 6:14­29).

Sulla vicenda di Giovanni il battezzatore nel corso della storia essa ha sempre attirato l'interesse di molti: sono stati dipinti quadri, scritti romanzi e prodotti interi film. I vangeli la raccontano molto bene. È la storia pure di tanti predicatori fedeli nel corso della sto­ ria, sia dell'antico popolo di Dio, che della chiesa cristiana. È la prova che la parola di Dio, quand'è annunciata fedelmente, tocca le coscienze e brucia, brucia tanto da essere insopportabile per molti che, pur di farla tacere, riescono a far eliminare fisicamente, in un modo o in un altro, il predicatore che l'annuncia. Neanche questo, però, servirà loro: anche morti, i predicatori della Parola di Dio parlano ancora e "non ti lasciano in pace". "Per fede 90


Abele offrì a Dio un sacrificio più eccellente di quello di Caino (...), benché morto, egli parla ancora" (Ebrei 11:4). Strano, vero? Già, si illudono coloro che vorrebbero far tacere la Parola di Dio. Essa è insopprimibile e "non ti lascerà in pace" fin­ tanto che non raggiunge il suo scopo: condannare il peccato e sal­ vare da esso il peccatore. "Infatti la parola di Dio è vivente ed effi­ cace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore" (Ebrei 4:12). Giovanni, da vivo, spaventava Erode, e Giovanni lo spaventava an­ cor di più da morto. Erode aveva accolto molte cose della predica­ zione di Giovanni. Non basta, però, osservare "qualcosa" della Pa­ rola di Dio, bisogna seguirla nella sua interezza anche nelle cose "più scomode". Erode rispettava Giovanni fintanto che non lo toc­ ca nella faccenda di Erodiade. Allo stesso modo molti amano la buona predicazione, basta però che stia lontano dal loro ...peccato favorito. Quel peccato non confessato ed abbandonato, però, lo ro­ derà fino alla morte! Sopprimere i richiami della propria coscienza è possibile però solo fino ad un certo punto. Povero Giovanni. Come disse, però un commentatore: "È meglio che i peccatori perseguitino i ministri di Dio per la loro fedeltà, piuttosto che maledirli in eterno per la loro infedeltà. In ogni caso, benché le vie di Dio siano insondabili, possiamo essere sicuri che Egli sempre ricompenserà i Suoi servitori per ciò che devono sop­ portare o per quel che perdono per amor Suo.

PREGHIERA Signore Iddio, confesso che molte volte la Tua Parola mi è scomoda e difficile da accettare. Spesso mi tocca sul vivo e mi spinge a cambia­ re. Non voglio, Signore, però, trovare più scuse o peggio, cercare di sopprimere i Tuoi richiami. Anche se può far male, è per il mio bene. Ti prego, infine, per i predicatori fedeli, affinché Tu li sostenga e be­ nedica, come pure per i predicatori infedeli, affinché si ravvedano e 91


Ti servano veramente. Amen.

36 Ora riposatevi un po' “30 Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tut­ to quello che avevano fatto e insegnato. 31 Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. 32 Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. 33 Molti però li vi­ dero partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad ac­ correre là a piedi e li precedettero” (Marco 6:30­33).

Quante attività, quanti incontri, quanti spostamenti, quanto stress per Gesù e per i Suoi discepoli fin ora. Neanche un solo un mo­ mento di pace. "C'è poco tempo", Gesù sembrerebbe pensare, "non dobbiamo sprecare neanche un istante, avanti... avanti...". È così che la pensa Gesù?. No, diligenza e senso di responsabilità include anche il sen­ so che tutto è nelle fedeli mani del Signore che realizza tutti i Suoi propositi a tempo e a luogo. Non dobbiamo stare in ansia. C'è spa­ zio per il riposo e l'inazione, anzi, è necessario proprio per poter operare con efficacia. Ecco così che Gesù invita i Suoi discepoli a riposarsi per un po': «Venite in disparte, in un luogo solitario, e ri­ posatevi un po'». La Parola del Signore sospinge il cristiano a compiere i propri do­ veri lavorativi, qualunque essi siano, con impegno, dedizione, one­ stà e serietà. La Riforma protestante, prendendo sul serio il mes­ saggio biblico, vede il lavoro "secolare" come una vocazione divi­ na. Essa rifiuta, infatti, la distinzione fra "sacro" e "secolare", lavo­ ro "normale" e lavoro fatto "per il Signore". Ogni lavoro è un atto di servizio, reso a Dio. per la Sua gloria, e per gli altri. Il cristiano 92


fedele alla Bibbia compie ogni lavoro, anche il più "umile", con de­ dizione, "come per il Signore". "Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore" (Colossesi 3:22). Il cristiano, però, non è ...uno stacanovista [chi mostra eccessivo zelo nello svolgere il proprio lavoro]. Deve anche riposare. Una voce in noi in certi momenti grida: "Ora basta, fermati e riposa", e bisogna ascoltare questa voce e trovare modo di rigenerare il cor­ po e lo spirito, senza avere sensi di colpa. Gesù lo sapeva e, per Sé e per i Suoi discepoli, nonostante l'urgenza del lavoro che doveva­ no compiere, dice: "Adesso stacchiamo per un po: Venitevene ora in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi" Riposo, però, vuol dire anche godere del silenzio e della quiete per percepire la voce del Signore che proprio nel silenzio ci parla. Oggi siamo immersi in troppo rumore. Come se non bastasse è sempre più comune che la gente vada in giro con auricolari ed ascolti musica in continuazione. È come se ci impermeabilizzassi­ mo per non udire il Signore che ci parla. Quando stiamo ad ascol­ tarlo? È nel silenzio, infatti, che udremo la voce di Dio. "Dio gli disse: «Va' fuori e fermati sul monte, davanti al SIGNORE». E il SI­ GNORE passò. Un vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spez­ zava le rocce davanti al SIGNORE, ma il SIGNORE non era nel ven­ to. E, dopo il vento, un terremoto; ma il SIGNORE non era nel terre­ moto. E, dopo il terremoto, un fuoco; ma il SIGNORE non era nel fuoco. E, dopo il fuoco, un suono dolce e sommesso" (1 Re 19:11­ 12).

PREGHIERA Che renderò al Signore per tutti i benefici che mi ha concesso? Bene­ dirò, loderò e ringrazierò Te tutti i giorni della mia vita. Tu sei de­ gno, o Signore di ogni onore, lode e benedizione. Amen. 93


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Senza pastore? “34 Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, per­ ché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose” (Marco 6:34).

Vi è chi orgogliosamente afferma di non aver bisogno di una guida morale e spirituale perché ritiene di essere autonomo, autosuffi­ ciente e responsabile, salvo poi cadere preda di abili manipolatori che gli fanno fare quel che vogliono illudendolo magari d'essere è libero. Altri, invece, sono sottoposti a guide inette ed oppressive e non sanno come liberarsene e trovare valide alternative. Altri an­ cora, infine, sono abbandonati a sé stessi senza che nessuno se ne occupi. È vero, noi non siamo pecore e non vogliamo essere "pecoroni": siamo uomini e donne chiamati ad essere responsabili per noi stes­ si. L'individualismo, però, così valorizzato nel nostro tempo, non è giusto né sano: viviamo nel contesto di una società e abbiamo ne­ cessariamente bisogno di essere guidati e curati in modo saggio, maturo e competente. Questo vale anche e soprattutto nell'ambito della nostra vita spirituale, individualmente e come comunità cri­ stiane. Non stiamo ora a discutere quale sia il modo migliore per gestire la comunità cristiana (se il congregazionalismo, il presbite­ rianesimo o l'episcopato): ciascuno ha i suoi vantaggi e svantaggi. Certo non vogliamo dittature di alcun tipo, ma una guida è neces­ saria. Gesù "si commuove", si rattrista, perché vede intorno a sé masse umane sbandate e sfruttate, e ne ha compassione. Farebbe altrettanto oggi di fronte alle vittime delle dittature, dell'inettitu­ dine o dell'individualismo, la nostra generazione. Ecco così che: "...si mise a insegnare loro molte cose". Del Suo insegnamento ab­ biamo ancora bisogno. In primo luogo Gesù è il Pastore di cui abbiamo bisogno, il buon 94


pastore. Egli può e vuole prendersi cura di noi. I cristiani sono co­ loro, sbandati e perduti, sono stati trovati e raccolti dall'Unico che fedelmente si occupa di loro per il tempo e per l'eternità. "Eravate infatti come pecore erranti, ma ora siete tornati al pastore e custode delle anime vostre" (1 Pietro 2:25). Gesù ancora oggi dice: "Io sono il buon pastore; il buon pastore depone la sua vita per le pecore. Ma il mercenario, che non è pastore e Or il mercenario fugge, perché è mercenario e non si cura delle pecore. Io sono il buon pastore, e co­ nosco le mie a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge; e il lupo rapisce e disperde le pecore e le mie conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e depongo la mia vita per le pecore" (Giovanni 10:11­15). Gesù, poi, raccoglie le Sue "pecore" nell'ambito della comunità cri­ stiana. Essa è chiamata a prendersi cura di chi ne fa parte secondo le istruzioni di Cristo, della Parola di Dio. In essa operano non dei successori di Cristo (Cristo rimane il sommo pastore e non delega il suo compito a nessuno) ma dei responsabili locali (che possono essere chiamati "anziani", pastori o "vescovi", cioè sovrintendenti) che devono seguire fedelmente e con competenza le istruzioni di Cristo: "Esorto gli anziani che sono fra voi, io che sono anziano con loro e testimone delle sofferenze di Cristo e che sono anche partecipe della gloria che dev'essere rivelata: pascete il gregge di Dio che è fra voi, sorvegliandolo non per forza, ma volentieri, non per avidità di guadagno ma di buona volontà, e non come signoreggiando su colo­ ro che vi sono affidati, ma essendo i modelli del gregge. E quando apparirà il sommo pastore, riceverete la corona della gloria che non appassisce" (1 Pietro 5:1­4). Nella comunità cristiana non ci devono essere leader, fuehrer, duci... e nemmeno qualcuno che si faccia chiamare "padre": "Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Pa­ dre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide [in altre traduzioni "maestri" o "dottori"], perché una sola è la vostra Guida, il Cristo" (Matteo 23:9,10). 95


PREGHIERA Ti ringrazio, Signore, perché ero come una pecora errante e tu mi hai trovato e portato a far parte del Tuo gregge. Ti prego per la mia comunità cristiana (o gruppo di credenti) affinché sia condotta in modo valido e competente e fedele da una persona veramente consa­ crata a Te ed al Tuo popolo. Ti ringrazio per tutto ciò che mi provve­ di in Cristo. Amen.

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38 Le sfide di Cristo “35 Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; 36 conge­ dali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare». 37 Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo an­ dar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». 38 Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? An­ date a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pe­ sci». 39 Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull’erba verde. 40 E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta. 41 Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. 42 Tutti mangiarono e si sfamarono, 43 e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. 44 Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini” (Marco 6:35­44).

Che pretesa, Signore! Dare noi da mangiare a tutta questa gente? È assurdo!". Il tema del "andare oltre i limiti del normalmente pos­ sibile" sembra essere un tema sul quale il vangelo insiste. Indub­ biamente facciamo fatica ad accettarne l'idea. Si potrebbe dire: "Finché si tratta di Cristo, Lui evidentemente è in grado di farlo, ma noi... che possiamo fare noi?". Il meno che si possa dire è che ...manchiamo di "fantasia" e creatività perché ­ anche senza anda­ re nel miracolistico ­ potremmo senz'altro fare molto di più di quello che pensiamo. E poi, come cristiani, abbiamo Cristo accanto a noi, con le Sue ri­ sorse, non è vero? È forse questo solo "un modo di dire", una real­ tà "bella da credere", ma di fatto inconseguente, irreale? Di fatto, pavidi come siamo, esitiamo ad affidarci a Cristo nello spingerci 97


"oltre i limiti" forse perché temiamo di cadere nelle illusioni dei "fanatici" e dei "settari". Certo, questo rischio c'è, com'era successo ad alcuni di cui parla la Scrittura e che avevano cercato di cacciare degli spiriti maligni in nome di Gesù, ma falliscono miseramente perché non erano in condizione di farlo. Eppure c'è chi ha osato ed osa "l'impossibile", ha successo e "passa alla storia". Perché non potremmo essere noi fra questi? Nel nostro episodio Gesù, con grande pazienza e compassione (prima per i suoi discepoli inetti), insegna loro una lezione impor­ tante: il poco può essere moltiplicato più di quanto pensiamo, an­ che senza aspettarci necessariamente miracoli grandiosi come questo. Cominciamo con quello che abbiamo e potremmo avere delle "sorprese", potremmo persino avanzarne. Gesù, dunque, insieme a coloro che Gli appartengono, è Colui che provvede per questa umanità bisognosa e spesso ingrata. In ogni epoca vi sono sempre stati cristiani fedeli che hanno seguito Gesù sulla via del servizio amorevole e generoso e non si sono lasciati intimidire da niente e da nessuno. Che noi si possa essere così nel­ la nostra generazione.

PREGHIERA Signore Iddio, le sfide che mi lanci in Cristo mi talvolta mi spaventa­ no. Aiutami a vincere la mia timidità e a cominciare a servirti anche con il poco che eventualmente io avessi, sicuro che il bene che potrà fare, per grazia Tua, moltiplicherà. Amen.

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39 La chiesa: che impresa! "45 Ordinò poi ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull'altra riva, verso Betsàida, mentre egli avrebbe licenziato la folla. 46 Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare. 47 Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra. 48 Vedendoli però tutti affati­ cati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l'ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare, e voleva ol­ trepassarli. 49 Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma», e cominciarono a gridare, 50 perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. Ma egli subito rivolse loro la parola e disse: «Coraggio, sono io, non temete!». 51 Quindi salì con loro sulla barca e il vento cessò. Ed erano enormemente stupiti in se stessi, 52 perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito" (Marco 6:45­52).

Gesù ordina ai Suoi discepoli di salire in barca e di precederlo sul­ l'altra riva attraversando il mare. È un'immagine della chiesa cri­ stiana che attraversa il mare infido e tempestoso di questo mondo. Prendervi posto (nella barca della chiesa) è un preciso comando del Signore, come pure Suo comando è procedere remando (impe­ gnandovisi). Spesso non è un compito facile far parte della chiesa ed impegnar­ visi facendola avanzare per giungere là dove il Signore la vuole far arrivare. Il Signore Gesù sembra mancare e tutto dipendere solo da noi, soprattutto quando c'è "vento contrario". "Vento contrario" possono essere le "difficoltà ambientali" esterne: con quanta forza, infatti, il mondo fa opposizione in molti modi alla chiesa. Spesso, però, le difficoltà sono pure interne: magari a "remare" sono solo pochi e di questo giustamente se ne lamentano; quante discussio­ ni, poi, possiamo immaginare avvenissero anche fra i discepoli mentre remavano! Ci pare allora un compito ingrato far parte del­ la chiesa e operare in essa. Possiamo immaginare persino qualcu­ 99


no dei discepoli tentato di tornare indietro a terra abbandonando la barca e "l'impresa", e un altro magari, desiderare remare da solo rinunciando alla presenza degli altri che "sono più d'imbarazzo che d'aiuto". Sono tentazioni da resistere, perché così vorrebbe dire disubbidire al Signore. Allora "stringiamo i denti" e stoicamente ci impegnia­ mo come se tutto dipendesse da noi, facendoci magari dall'ansia, dimentichi delle chiare promesse di Cristo: "Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è ri­ suscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. Chi ci sepa­ rerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?" (Romani 8:31­35). Gesù, infatti, non ha "abbandonato la barca". I Suoi di­ scepoli non devono dimenticare che Egli "è salito sul monte a pre­ gare", intercedendo per loro: questo dev'essere loro di conforto. Nessuno pensi che la preghiera sia comoda ed un sottrarsi all'im­ pegno: la preghiera fa parte dell'impegno (Vi ricordate come una volta Gesù, nel pregare, sudasse sangue?). Gesù non ha abbando­ nato la Sua barca. Egli "è alla destra di Dio e anche intercede per noi". Non c'è difficoltà che possa ostacolare Cristo ad apparire accanto al Suo popolo, quando giunge l'ora stabilita. Allora Egli calma le loro paure, si fa conoscere loro, non prima, però, di essere stato alquanto equivocato circa la Sua identità. Spesso la Sua presenza, infatti, non viene riconosciuta: nella Parola, neile ordinanze del Battesimo e della Cena, nel volto di coloro che la chiesa è chiama­ ta a soccorrere. Grazie a Dio, però, nonostante tutto, i più sensibili e percettivi spiritualmente riconoscono la presenza confortante di Gesù: non erano stati abbandonati «Coraggio, sono io, non teme­ te!». Quel Gesù che aveva ordinato loro di precederli, ora sembra oltre­ 100


passarli! Le nostre paure sono così soddisfatte, se i nostri errori di giudizio sono corretti. Che i discepoli abbiano Cristo con loro e tutto andrà bene. La presenza di Cristo deve essere perseguita, però, attraverso lo studio della Parola e della preghiera, perché al­ cune volte la chiesa cristiana viene intesa come un'impresa del tut­ to umana dove Cristo e la spiritualità non sembra trovare spazio, se non solo marginale. Questo succede quando il cuore dei discepoli "si indurisce" e non si rammentano più di che cosa Iddio ha operato per loro nel passa­ to. Allora è come se le loro attuali difficoltà fossero nuove! Consi­ deriamo allora anche noi la storia della chiesa, confrontiamoci con essa ed impariamone le lezioni!

PREGHIERA Signore, vogliamo prendere seriamente il comando di Gesù di salire sulla barca della chiesa e remare. Spesso è molto difficile farlo, ma possiamo godere del Tuo aiuto ed intercessione, della Tua promessa presenza. Gli chiediamo perdono per il nostro spirito rinunciatario e timoroso;, perdono per il nostro individualismo e gelosie; perdono per le nostre inutili discussioni; perdono quando pensiamo di poter far tutto con le sole nostre forze perché sembra che Tu l'abbia abban­ donata. Grazie, o Signore, di non aver abbandonato la Tua barca! Amen.

40 Solo e sempre del bene “53 Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret. 54 Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe, 55 e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che sta­ vano male, dovunque udivano che si trovasse. 56 E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pre­ 101


gavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano” (Marco 6:53­56). Accostarsi a Gesù è sempre in qualche modo "terapeutico". Avere a che fare con Lui anche solo per poco (come allora toccare anche solo la frangia del Suo mantello), quand'è fatto con fiducia, fa sempre del bene. Certo, la situazione migliore è quella del disce­ polo, di chi si impegna con Lui e verso di Lui, ma anche oggi nu­ merose sono le testimonianze che confermano come anche occu­ parsi in minima parte di Gesù, possa fare del bene. Qualche tempo fa ho letto di personale addetto alla lavorazione di un film su Gesù testimoniare come il solo fatto di esserci lo avesse colpito e in qualche misura benedetto. Come questo sia possibile non so, ma è un dato di fatto! Forse dipende proprio da chi è Gesù e dalla Sua missione, cioè quella di fare del bene. Occuparsi "di re­ ligione" (indiscriminatamente) non fa, però, sempre del bene. Non faceva bene a molti "religiosi" del tempo di Gesù, ed a quelli che li stavano ad ascoltare, perché imponevano ai fedeli pesanti fardelli ["Ed egli disse: «Guai anche a voi, dottori della legge, perché cari­ cate la gente di pesi difficili da portare, e voi non toccate quei pesi neppure con un dito!" (Luca 11:46)]. Giustificati sono quindi mol­ to spesso i pregiudizi che molti oggi hanno verso la religione e le pratiche religiose, anche "cristiane". Con Gesù, però, non corrono rischi! Non è vero quel che molti sembrano anche credere, cioè che qua­ lunque cosa si creda vada bene, o "Tutti credono in qualcosa" e questo li rende più contenti... Può darsi che li renda più contenti per un poco, ma credere alla menzogna, coltivare delle supersti­ zioni, a lungo andare "non paga", e certamente "non salva" presso Dio. Dio ha posto le Sue condizioni rispetto a ciò che davvero può "salvare" una persona: faremmo meglio a prenderle sul serio. Quelle "condizioni" si trovano in Gesù Cristo. Non è mai quindi cosa indifferente accostarsi a Gesù, soprattutto se è fatto "con buone intenzioni", con disponibilità. Non è mai 102


"sprecato" anche quel poco che si fa per far conoscere, per presen­ tare una persona a Gesù, per portarla a Lui. Quell'interesse magari dapprima superficiale può trasformarsi per quella persona, prima o poi, in "un rapporto salvifico", e questo è ciò che più conta! "Tut­ ti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori" (Giovanni 6:37).

PREGHIERA Signore, fin da piccolo Tu mi hai sempre attirato, e quando sono ve­ nuto a Te non sono rimasto deluso, anzi, non sono mai stato deluso da Te nel corso della mia vita cristiana. Mi hanno deluso e rattrista­ to, piuttosto, molte chiese e persone religiose e da loro mi sono allon­ tanato perché non ho riconosciuto in esse la Tua voce, la Tua presen­ za. Fa' sì che io ti renda sempre buona testimonianza: che per il Tuo Figlio Gesù Cristo, io possa essere "una buona pubblicità". Amen.

41 Tradizioni e Parola di Dio “1 Allora si radunarono vicino a lui i farisei e alcuni scribi venuti da Gerusalemme. 2 Essi videro che alcuni dei suoi discepoli prendevano i pasti con mani impure, cioè non lavate. 3 (Poiché i farisei e tutti i Giu­ dei non mangiano se non si sono lavate le mani con grande cura, se­ guendo la tradizione degli antichi; 4 e quando tornano dalla piazza non mangiano senza essersi lavati. Vi sono molte altre cose che osserva­ no per tradizione: abluzioni di calici, di boccali e di vasi di rame). 5 I farisei e gli scribi gli domandarono: «Perché i tuoi discepoli non seguo­ no la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». 6 E Gesù disse loro: «Ben profetizzò Isaia di voi, ipocriti, com’è scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me. 7 Invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. 8 Avendo tralasciato il comandamento di Dio vi at­ tenete alla tradizione degli uomini» (Marco 7:1­8). 103


Nel capitolo 7 (1­23) Gesù si confronta con i tradizionalisti religio­ si del suo tempo. Per ragioni pratiche suddivideremo la nostra ri­ flessione sull'argomento su tre giorni, evidenziandone alcuni aspetti fra tanti che si potrebbero trattare. In evidenza qui mi sem­ brano tre punti importanti: 1) Gesù opera una chiara distinzione fra tradizione religiosa e Pa­ rola rivelata di Dio. I moderni studi sullo sviluppo della religione e della fede ebraico­cristiana in particolare (accolti da quei cristiani che si vantano di leggere la Bibbia "in modo scientifico"), non fan­ no una sostanziale differenza fra l'origine della Bibbia e lo svilup­ po delle tradizioni religiose del cristianesimo. Applicando l'ideolo­ gia evoluzionista allo studio della religione, considerano la Bibbia come l'accumularsi di tradizioni religiose che sono state poi accol­ te come normative ed eventualmente considerate "Parola di Dio". Mentre il Protestantesimo conservatore "congelerebbe" la tradizio­ ne al primo secolo d. C. con la chiusura del Canone, il Cattolicesi­ mo accoglie ed integra gli sviluppi successivi della fede cristiana come altrettanto autorevoli. A meno di non considerare Gesù stes­ so "ignorante" o consapevolmente ingannevole su questo "fatto", Gesù distingue chiaramente e mette in contrapposizione ciò che é tradizione umana e ciò che è Parola rivelata di Dio (l'Antico Testa­ mento prima e poi gli Apostoli designati da Dio a scrivere il Nuovo Testamento). Ecco cosi come la lettura "scientifica" della Bibbia la relativizza e la mette in questione, facendo così eco alla tentazione primordiale di Satana (Genesi 3). 2) C'è una fondamentale differenza fra seguire delle tradizioni re­ ligiose ed un autentico rapporto personale con Dio fatto di fiducia ed ubbidienza alla Sua volontà rivelata. Quanta gente, anche oggi, si considera religiosa ed "a posto con Dio" quando segue, bene o male, i precetti tradizionali della sua chiesa di appartenenza, le sue pratiche o credenze, e non ha alcun reale rapporto personale con Dio (un impegno di preghiera ed ubbidienza alla volontà rive­ lata di Dio). È ingannata e, in buona fede, si auto­inganna. Il van­ gelo suona così per loro un campanello d'allarme, una salutare 104


"sveglia". 3) Gesù condanna il formalismo religioso. Se la categoria di perso­ ne a cui mi riferivo prima si può dire "in buona fede", ci sono tra­ dizionalisti e formalisti religiosi molto più in mala fede. Gesù li considera "ipocriti". Portano solo una maschera di religiosità, men­ tre il loro cuore è ben lontano da Dio. La loro religione, il loro se­ guire delle tradizioni religiose, è solo una convenienza sociale per servire a qualche loro malcelato interesse. "Cercate il SIGNORE, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentre è vicino. Lasci l'empio la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al SIGNORE che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare" (Isaia 55:6­7).

PREGHIERA Signore Iddio, fa' che sempre meglio io prenda seriamente il Tuo Fi­ glio Gesù Cristo, abbia con Lui un rapporto personale vero e profon­ do e mi sottoponga alla Sua critica. Non voglio essere critico verso la Tua parola, ma critico verso me stesso e le tradizioni religiose e intel­ lettuali della mia chiesa, verificandole attentamente con la tua Paro­ la e respingendo decisamente quanto non ne è conforme. Acuisci in me, Te ne prego, senso critico e discernimento. Amen.

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42 L'arte di distorcere le Scritture... “9 Diceva loro ancora: «Come sapete bene annullare il comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra! 10 Mosè infatti ha detto: Onora tuo padre e tua madre; e: Chi maledice padre o madre sia con­ dannato a morte. 11 Voi, invece, se uno dice a suo padre o a sua ma­ dre: “Quello con cui potrei assisterti è Corbàn” (vale a dire, un’offerta a Dio), 12 non gli lasciate più far niente per suo padre o sua madre, 13 annullando così la parola di Dio con la tradizione che voi vi siete tra­ mandata. Di cose simili ne fate molte»” (Marco 7:9­13).

Diceva loro ancora: “Come sapete bene annullare il comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra!” (9). Gli antichi giudei erano molto abili a giustificare le loro tradizioni ed idee con sofi­ sticate argomentazioni, torcendo le Sacre Scritture. Essi, così, di­ sattendevano “con la coscienza pulita” ciò che Dio vi comanda. Lo stesso capita oggi: spesso ci dimostriamo molto bravi a giustificare i nostri comportamenti ed idee portando la Parola di Dio dalla no­ stra parte! Con abili manipolazioni riusciamo a farle dire quel che vogliamo noi, “dimostrando” che essa intende magari il contrario di ciò che essa palesemente afferma. Quanti “rinomati teologi”, allo stesso modo, sono esperti nel ragio­ nare e nello “spiegare” la Scrittura e giungono a far dire alla Paro­ la di Dio il contrario di ciò che essa intende. Pretendendo di essere “guida delle chiese”, in realtà, con i loro abili ragionamenti, torco­ no le Scritture servendo gli interessi di ideologie estranee. È capi­ tato e capita ancora molto spesso: guerre, razzismo, nazismo, co­ munismo, femminismo, sincretismo ecc. hanno trovato chi, in cer­ ca di consensi, riusciva a giustificare queste cose “con la Bibbia alla mano”. Forse che la Bibbia è come plastilina e si presta a giu­ stificare qualsiasi cosa, basta essere bravi nell'arte di manipolarla? No. L'abuso che si può fare di una cosa buona, non ne invalida l'u­ 106


so legittimo. A volte le Sacre Scritture possono essere distorte in buona fede, quando non ci avvediamo dei nostri presupposti che, come occhia­ li colorati o inadatti, ci fanno vedere in esse cose che non ci sono o in modo distorto; altre volte queste distorsioni sono operate con­ sapevolmente e in mala fede. Non è sempre facile identificare la manipolazione illecita: il vero senso delle Scritture esiste ed è ac­ cessibile: non dobbiamo disperare pensando di non essere all’al­ tezza di comprenderle rettamente, altrimenti Iddio non ce le avrebbe date come regola autorevole della nostra fede e della no­ stra condotta. E’ necessario, però, uno studio diligente della Parola di Dio, fatto in spirito di preghiera e confrontando la Scrittura con la Scrittura, perché essa è sempre coerente con sé stessa, per quanto alcuni possano dire di no. Dobbiamo leggerla nello Spirito di Cristo, e questo è accessibile a chiunque. Dobbiamo resistere a chi pretende di essere l’indiscutibile esperto di Sacre Scritture. Spesso le pretese di questi “esperti” possono essere smascherate identificando i presupposti che li portano a dire quel che dicono, e che invalidano i loro ragionamenti. “esaminate ogni cosa e ritenete il bene” (1 Tessalonicesi 5:21). L'apostolo Pietro fa riferimento a coloro che anche allora torceva­ no i concetti espressi dall'apostolo Paolo nelle sue lettere: “ ...e questo egli fa in tutte le sue lettere, in cui tratta di questi argo­ menti. In esse ci sono alcune cose difficili a capirsi, che gli uomini ignoranti e instabili travisano a loro perdizione come anche le al­ tre Scritture” (2 Pietro 3:16). Instabili perché seguono le tenden­ ze di questo mondo, sono “ignoranti” del Signore, privi del Suo Spirito; non sono radicati nella fede nell'inerranza delle Scritture come Parola di Dio e soggetti “ad ogni vento di dottrina” (Efesini 4:14). Le nostre “tradizioni” (religiose o intellettuali) possono così “an­ nullare” la Parola di Dio. Che Iddio ci dia di leggerla in modo og­ gettivo. Non avrebbe potuto essere una lettura corretta della Bib­ bia, fatta secondo lo Spirito di Cristo, quella che negava la solida­ 107


rietà verso i propri genitori bisognosi in forza del principio per il quale le risorse consacrate a Dio sono inalienabili. Gesù certamen­ te avrebbe privilegiato la solidarietà e l'amore verso chi è nel biso­ gno prima di qualsiasi altra esigenza, per quanto religiosa potesse apparire.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti prego di darmi discernimento per saper valutare in modo appropriato chi si presentasse a me come “esperto” nel com­ prendere la Tua parola e lo facesse in modo fraudolento ed inganne­ vole. Aiutami, però, anche a rendermi conto pure degli stessi miei presupposti qualora influissero in modo negativo sulla mia corretta lettura delle Scritture. Amen.

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43 La terapia decontaminante di cui abbiamo biso­ gno "14 Poi, chiamata la folla a sé, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete: 15 non c'è nulla fuori dell'uomo che entrando in lui possa contaminarlo; sono le cose che escono dall'uomo quelle che contaminano l'uomo. 16 Se uno ha orecchi per udire oda.» 17 Quando lasciò la folla ed entrò in casa, i suoi discepoli gli chiesero di spiegare quella parabola. 18 Egli disse loro: «Nean­ che voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che dal di fuori entra nell'uomo non lo può contaminare,19 perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e se ne va nella la­ trina?». Così dicendo, dichiarava puri tutti i cibi. 20 Diceva inoltre: «È quello che esce dall'uomo che contamina l'uomo; 21 perché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono catti­ vi pensieri, fornicazioni, furti, omicidi, 22 adultèri, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo maligno, calunnia, super­ bia, stoltezza. 23 Tutte queste cose cattive escono dal di dentro e contaminano l'uomo»" (Marco 7:14­23).

Il Giudaismo del tempo di Gesù prevedeva rituali di purificazione spesso molto complessi. Il mondo era considerato sporco (in tutti i sensi) e pieno di agenti contaminanti che attentavano all'integrità della persona. Quando non era possibile starne lontano (i maggio­ ri agenti contaminanti, moralmente e spiritualmente, erano identi­ ficati nel paganesimo), dopo esserne stati in contatto, era necessa­ rio “decontaminarsi”, “ripulirsi”, purificarsi. Tutto questo non solo portava ad ingiusti pregiudizi e fobie, ma anche anche ad un vuoto formalismo. Questi rituali di purificazio­ ne diventavano più che altro segnale indicatore di perbenismo: chi li seguiva era considerato “una persona a posto” e quindi queste osservanze tendevano a nutrire ipocrisia. Gesù e i Suoi discepoli, 109


benché in linea di principio condividessero l'idea che la contami­ nazione morale e spirituale in questo mondo sia una realtà, da cui la necessità di purificarsene, non erano così fanatici come gli altri al riguardo: Gesù insegnava ad avere un ragionevole e responsabi­ le discernimento. Ciò che Gesù soprattutto qui mette in rilievo è che mentre i suoi contemporanei erano così attenti alle contaminazioni che proveni­ vano dall'esterno, essi non si avvedevano che la causa maggiore di contaminazione era in loro, nel loro stesso cuore. Quando un uomo o una donna, infatti, infrange ciò che la legge morale di Dio condanna e, invece di confessare ed abbandonare questi peccati, compiacente li coltiva, essi diventano per la sua vita una causa di contaminazione molto più grande di una qualsiasi cosa che pro­ venga dall'esterno. Questi potenti agenti contaminanti sono identi­ ficati da Gesù come: cattivi pensieri, fornicazioni (abusi sessuali e volgarità), furti, omicidi, adultèri (infedeltà coniugale), cupidigie (avidità), malvagità (meschinità), frode (inganni), lascivia (com­ portamenti indecenti), sguardo maligno (invidia), calunnia (insul­ ti), superbia, e stoltezza. I rituali di purificazione che essi pratica­ vano, di fatto, non avevano alcuna efficacia per purificarli dalle conseguenze di tutto questo, anzi, diventavano un comodo prete­ sto per “sentirsi a posto”, “puliti”, mentre in realtà non lo erano. Come possono essere trattati questi agenti contaminanti per esser­ ne purificati? Prima di tutto Gesù insegna ai Suoi discepoli a rico­ noscerli come essi siano peccati che offendono Dio e comportano per noi e gli altri conseguenze letali; poi a confessarli a Dio e risol­ versi ad abbandonarli. Gesù è “l'agente di purificazione”, il solo ef­ ficace, del quale noi tutti abbiamo bisogno. Egli non solo ci guada­ gna il perdono di Dio, ma è Colui che nei Suoi discepoli opera una graduale “terapia di decontaminazione” nell'ambito della comuni­ tà cristiana. È questa la decontaminazione di cui abbiamo bisogno e che il battesimo rappresenta. Facciamo molta attenzione a non cadere noi stessi nel vuoto ed inutile ritualismo che qui Gesù con­ danna: non è il battesimo o una qualsiasi altra cerimonia rituale 110


che ci possa purificare, ma l'effettivo impegno a sottoporsi alla te­ rapia di purificazione che Gesù vuole attuare in noi nell'ambito della comunità cristiana, che così deve diventare autentica “comu­ nità terapeutica”.

PREGHIERA Signore Iddio, liberaci dal formalismo ingannevole ed impegnaci in un'autentica opera di purificazione del nostro cuore da tutto ciò che guasta noi, i nostri rapporti con gli altri e soprattutto i nostri rap­ porti con Te. Amen.

44 Consapevoli di esserne indegni "24 Poi Gesù partì di là e se ne andò verso la regione di Tiro. Entrò in una casa e non voleva farlo sapere a nessuno; ma non poté restare nascosto. 25 anzi subito, una donna la cui bambina aveva uno spirito immondo, avendo udito parlare di lui, venne e gli si gettò ai piedi. 26 Quella donna era pagana, sirofenicia di nascita; e lo pregava di scacciare il demonio da sua figlia. 27 Gesù le disse: «Lascia che prima siano saziati i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini». 28 «Sì, Signore», ella rispose, «ma i cagnolini, sotto la tavola, mangiano le briciole dei figli». 29 E Gesù le disse: «Per questa parola, va', il demonio è uscito da tua fi­ glia».30 La donna, tornata a casa sua, trovò la bambina cori­ cata sul letto: il demonio era uscito da lei" (Marco 7:24­30).

Dobbiamo fare un piccolo sforzo per entrare nell'ordine di idee del contesto nel quale anche l'episodio evangelico di oggi si pone. Po­ tremmo, infatti, facilmente fraintendere persino le parole di Gesù in questo racconto. Gesù, infatti, qui potrebbe addirittura sembrar­ ci sgarbato ed ingiusto nel rispondere, nel modo che fa, alla donna 111


pagana che umilmente si accosta a Lui con fede per chiedergli la guarigione della sua figliola afflitta da uno spirito immondo. Notiamo in questo racconto alcuni punti rilevanti: (1) Lo spirito immondo dal quale è afflitta la figlioletta di questa donna testimonia della contaminazione morale e spirituale della cultura in cui vive. Il peccato contaminava la sua società, come ogni altra società, e mieteva le sue vittime. Il mondo (e lo stile di vita di cui noi siamo compiacenti complici) contamina anche i no­ stri figli e spesso tragicamente. (2) Questa donna soffre (è personalmente toccata nella sua stessa famiglia) di questa tragica realtà, ne è consapevole e ne vuole es­ sere liberata. Viene a sapere così dell'effettivo potere purificatore di Gesù e, benché Egli sia nascosto, Lo va a cercare e Lo trova (“...non poté restare nascosto”, 24). Prendere coscienza della real­ tà e delle conseguenze del peccato ci deve portare a cercare in Cri­ sto la soluzione che in Lui è nascosta. Egli si farà trovare da chi Lo cerca! (3) Benché i Giudei abusino del concetto di contaminazione e del fatto che essi sono il popolo eletto di Dio, Gesù conferma la validi­ tà di questi concetti. La fede ebraica prima e cristiana poi è giusta­ mente discriminante. (a) Dio ha ed ha sempre avuto, nell'ambito di questa uma­ nità condannata dal peccato, un Suo popolo, eletto per grazia a salvezza. Questo popolo è oggetto dell'amore esclusivo di Dio, di particolari benedizioni ed è sicuramen­ te privilegiato. Non è vero che Dio ami tutti allo stesso modo: la Bibbia lo testimonia ed in questo Egli è perfetta­ mente giusto. (b) La contaminazione morale e spirituale dell'essere umano è un fatto. Il peccato contamina la creatura umana e Gesù è venuto per purificarla. (4) L'insistenza e la fede della donna, in un certo qual senso, “la 112


qualifica” a ricevere le benedizioni di Cristo e “viene assunta” (no­ nostante provenga dal paganesimo) come parte integrante del po­ polo di Dio. In Cristo il popolo di Dio si estende dalla stirpe ebrai­ ca a gente di ogni tipo e nazione. (5) Giudei e Gentili (ebrei e non ebrei) sono così accomunati dalla stessa realtà di peccato, entrambi sono chiamati a riconoscere i guasti da esso arrecati e che Gesù è la risposta della loro risoluzio­ ne. Non c'è salvezza al di fuori di Gesù di Nazareth, che è il Cristo, il Messia, né per gli ebrei, né per tutti gli altri.

PREGHIERA Signore Iddio,vengo umilmente al Tuo Figliolo Gesù Cristo, così come aveva fatto questa donna sirofenicia. So di non avere diritto naturale alcuno al tuo amore ed alle Tue benedizioni, ma Ti prego di concedermi la grazia di poter far parte anch'io del Tuo popolo eletto. Voglio essere puro da ogni peccato e libero da tutte le sue conseguenze. Amen.

45 Orecchie aperte all'Evangelo "31 Gesù partì di nuovo dalla regione di Tiro e, passando per Sidone, tornò verso il mar di Galilea attraversando il territorio della Decapoli. 32 Condussero da lui un sordo che parlava a stento; e lo pregarono che gli imponesse le mani. 33 Egli lo condusse fuori dalla folla, in disparte, gli mise le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 poi, alzando gli occhi al cielo, sospirò e gli disse: «Effatà!» che vuol dire: «Apri­ ti!». 35 E gli si aprirono gli orecchi; e subito gli si sciolse la lin­ gua e parlava bene. 36 Gesù ordinò loro di non parlarne a nes­ suno; ma più lo vietava loro e più lo divulgavano; 37 ed erano pieni di stupore e dicevano: «Egli ha fatto ogni cosa bene; i sor­ di li fa udire, e i muti li fa parlare»" (Marco 7:31­37). 113


Gesù, in questo episodio, ritorna nella Decapoli, abitata prevalen­ temente, come abbiamo già visto in precedenza, da una popola­ zione pagana. La Sua fama si era già notevolmente diffusa e mala­ ti e bisognosi in gran numero guardavano a Lui con speranza. Ecco così che alcuni portano fiduciosamente a Gesù un sordomu­ to, del quale Egli volentieri si occupa dandogli la capacità di udire e di parlare fluentemente. Gesù opera tutto questo in privato, ma la gente non può fare a meno di diffondere ancora di più la buona notizia al riguardo di Gesù e delle Sue straordinarie opere. Egli non fa altro che bene, tutto quel che Gesù fa è fatto per bene. Anche nel caso sottoposto oggi alla nostra attenzione, è necessario andare oltre al fatto in sé stesso ed esterne il significato nel suo contesto originario, come pure nella nostra stessa situazione. Una prima riflessione che si potrebbe fare al riguardo riguarda la sordità spirituale. Predicare l'Evangelo è indispensabile: è un no­ stro preciso mandato. Spesso, però, la predicazione raggiunge orecchie sorde che non comprendono, per le quali il messaggio cristiano è privo di senso. Oltretutto, il parlare, il comunicare di questa nostra società è “inarticolato”, confuso, contraddittorio. Si dice che nella società post­moderna le parole perdano completa­ mente del loro significato oggettivo, e che tutto diventi soggettivo, relativo, confuso. Ciascuno dà loro il senso che vuole (non si con­ cepisce più un significato univoco ed oggettivo per le nostre parole e concetti). Il risultato finale, in questo modo, è solo “una Babilo­ nia”. Il nostro tempo post­moderno, a dire il vero, non è meno “Babilonia” di quanto fossero “sensati” ed intellettualmente quali­ ficati (dal punto di vista di Dio) dello stesso modernismo! In una società, allora, così “sorda” ed inarticolata, Gesù non utiliz­ za primariamente una comunicazione verbale, ma usa il tatto e la vista! È come se qui volesse dire che spesso le parole non sono tanto efficaci quanto vorremmo e che dovremmo pure usare (forse in prima istanza) altri metodi di comunicazione, “far uso di altri sensi”. Non che la parola non sia importante, ma Gesù fa appello ad altri sensi (vista e tatto) per rimettere in funzione la capacità 114


uditiva e la favella. Quando questa è ristabilita, allora diventa ve­ ramente irrefrenabile come quella dell'ex­sordomuto che comincia improvvisamente a parlare bene!

PREGHIERA O Signore, spesso la predicazione, anche quando è fatta bene, rag­ giunge orecchie sorde. Dammi di “integrarla” con quell'amore che coinvolge tutti gli altri sensi ed allora, grazie a Te, questo si trasfor­ merà nel miracolo di orecchie aperte e di lingue sciolte che proclama­ no la Tua verità.

46 Compassione e creatività “1 In quei giorni c'era di nuovo una folla grandissima, e poiché non avevano da mangiare, Gesù, chiamati a sé i discepoli, disse loro: 2 "Io ho pietà di questa gente; poiché da tre giorni sta con me e non ha da mangiare. 3 Se li rimando a casa digiuni, ver­ ranno meno per strada; perché alcuni di loro sono venuti da lontano". 4 I suoi discepoli gli risposero: "Come si potrebbe mai saziarli di pane qui, in un deserto?" 5 Egli domandò loro: "Quanti pani avete?" Essi dissero: "Sette". 6 Egli ordinò alla fol­ la di accomodarsi per terra; e presi i sette pani, dopo aver reso grazie, li spezzò e diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla; ed essi li distribuirono. 7 Avevano anche pochi pesciolini; ed egli, dopo aver detto la benedizione, comandò di distribuire anche quelli. 8 Tutti mangiarono e furono saziati; e dei pezzi avanzati si raccolsero sette panieri. 9 Erano circa quattromila persone. Poi Gesù li congedò” (Marco 8:1­9).

È la seconda volta che Gesù compie il miracolo di moltiplicare pane e pesci per sfamare la moltitudine che Lo segue. Le circostan­ ze sono le stesse dell'episodio precedente (Marco 6:35). Fra i due 115


racconti vi sono alcune differenze. Nel primo racconto le necessità dei molti convenuti vengono rile­ vate dai discepoli di Gesù, i quali poi vengono sfidati da Gesù a provvedere essi stessi, anzi, a contare su Gesù anche per l'umana­ mente impossibile. Nel secondo racconto, è Gesù stesso che, rile­ vando simili necessità da parte della folla che era allora convenu­ ta, manifesta loro la Sua compassione. Indubbiamente, la compas­ sione è la nota dominante del ministero terreno di Gesù e dei Suoi discepoli. Ci si deve seriamente così domandare se la compassione sia altresì la nota dominante del nostro essere cristiani e delle no­ stre comunità cristiane: non può essere altrimenti, sia nei riguardi delle persone intorno a noi che nell'ambito della stessa comunità cristiana. “Così dunque, finché ne abbiamo l'opportunità, facciamo del bene a tutti; ma specialmente ai fratelli in fede” (Galati 6:10). Sono forse indifferente e pretenzioso, oppure sono come Gesù? In secondo luogo, la ripetizione del miracolo mette in particolare rilievo come la bontà di Dio in Cristo sia davvero inesauribile. Al Suo popolo Iddio continua a dire: “Da tempi lontani l'Eterno m'è apparso. 'Sì, io t'amo d'un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà” (Geremia 31:3). La bontà di Cristo è davvero inesauribile: Egli ripete questo miracolo per mostrare come Egli sia sempre lo stesso nel soccorrere coloro che Lo seguono e e nel supplire ai loro bisogni. Così come i nostri bisogni e necessità, anche i Suoi favori si rinnovano. Il popolo di Dio lo sperimenta ancora oggi, pur con­ sapevole di non meritare una simile bontà. In terzo luogo, nel primo miracolo, Gesù aveva usato tutto il pane disponibile, cinque pani, per sovvenire a tutti i Suoi ospiti, e così fa ora. In effetti, in questi miracoli hanno una matematica piutto­ sto strana: cinque pani per cinquemila uomini e dodici ceste di avanzi. Qui sette pani per quattromila persone e sette panieri di avanzi. Non stiamo a speculare su un possibile “messaggio segre­ to”. Pensiamo piuttosto come tutto possa e debba essere adattato alle circostanze. Sono io “elastico” e creativo nel mio modo di af­ frontare le situazioni in cui mi trovo? 116


In quarto luogo, i segni della grazia e della bontà di Dio verso il Suo popolo sono davvero molti: quanto spesso è vero, però che ce ne dimentichiamo e disperiamo nelle nostre afflizioni. Inoltre, i se­ gni che Gesù dava della Sua divina identità erano altresì molti: quanti, allora come oggi, si ostinano a non trarne le dovute con­ clusioni? Questo sarà il tema della riflessione di domani.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti chiedo perdono per la mia indifferenza, egoismo e pretenziosità. Insegnami ad essere compassionevole e creativo come Gesù, nel cui nome elevo verso di Te la mia preghiera. Amen.

47 Passare oltre “10 E, subito, salito sulla barca con i suoi discepoli, andò dalle parti di Dalmanuta. 11 Allora vennero i farisei e si misero a di­ scutere con lui, chiedendogli, per metterlo alla prova, un segno dal cielo. 12 Ma egli, dopo aver sospirato nel suo spirito, disse: "Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: nessun segno sarà dato a questa generazione". 13 E, la­ sciatili, salì di nuovo sulla barca e passò all'altra riva” (Marco 8:10­13).

È sicuramente necessario avere discernimento e non “farsi incan­ tare” da falsi cristi. Lo stesso Gesù ce ne mette in guardia: “Sorge­ ranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti” (Marco 13:22). Il “senso critico” però, può diventare patologico e farci sospettare di tutto e di tutti, soprattutto quando vogliamo difendere le nostre posizioni, rite­ nendole al di sopra di ogni contestazione, perfette, assolute. Di più, mettere in discussione qualunque cosa, può diventare un vero e proprio vizio, un gioco intellettuale, che ci impedisce (e questo, 117


a volte, può “fare comodo”) di accogliere la verità ed agire in base ad essa. Forse era questo l'atteggiamento di questi ed altri farisei, “esperti di religione” e ligi osservanti di quella che consideravano l'ortodossia. Mentre gran parte della popolazione (che essi disprezzano) viene a Lui con disponibilità e fiducia, non rimanendone delusi, essi vengono, infatti, a Gesù per discutere con Lui e per “metterlo alla prova”. Gli chiedono “un segno dal cielo”, una prova incontestabi­ le, proveniente da Dio, che Egli è veramente quel che lascia inten­ de d'essere. Non ne aveva, però, date già abbastanza di prove? Che cosa avrebbero ancora voluto? In effetti, Gesù era, secondo i loro canoni, sicuramente non orto­ dosso, fuori dagli schemi, non classificabile, anticonformista, di­ scutibile. Avrebbe Gesù voluto discutere della Sua identità e del Suo operato con coloro che, però, non erano disposti a mettere in discussione sé stessi e che, anzi, erano ciechi nei loro pregiudizi? No, non avrebbero avuto da Lui alcun (altro) segno. Con loro Gesù non è a ansioso di giustificare Sé stesso né cerca la loro approvazione. Anche l'Apostolo Paolo dirà: “A me poi pochissimo importa di essere giudicato da voi o da un tribunale umano” (1 Co­ rinzi 4:3). Il profondo sospiro dello spirito di Gesù (scuotendo tristemente la testa) era per la durezza del loro cuore, la malignità della loro mente, l'insincerità delle loro intenzioni. Essi, infatti, non avevano a cuore la ricerca della verità, ma solo si proponevano di farlo ca­ dere in una trappola. Gesù, così, proprio Colui che accoglie uomini e donne e li guarisce, passa loro oltre, li lascia “a bocca asciutta” come una generazione perversa ed indurita, una con la quale non ne valeva la pena di discutere. Allo stesso modo, non dobbiamo neanche noi stare in ansia per convincere a tutti i costi coloro che pregiudizialmente ci sono avversi e che, di fatto, non hanno alcu­ na intenzione di prendere sul serio ed esaminare ciò che siamo in Cristo e che cosa ci proponiamo nel nostro impegno. Passiamo ol­ tre. Il mondo è vasto. Non abbiamo bisogno della loro approvazio­ 118


ne.

PREGHIERA Signore Iddio, dammi senso di discernimento, ma guardami dall'at­ teggiamento ipercritico di coloro che, mettendo in discussione ogni cosa, prendono questo come l'atteggiamento più conveniente per non mettere sé stessi in discussione. Amen

48 Responsabilità e fiducia rispettosa “14 I discepoli avevano nella barca solo un pane, perché aveva­ no dimenticato di prenderne degli altri. 15 Egli li ammoniva dicendo: "Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Ero­ de!". 16 Ed essi si dicevano gli uni agli altri: "È perché non ab­ biamo pane". 17 Gesù se ne accorse e disse loro: "Perché state a discutere del non aver pane? Non riflettete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? 18 Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate? 19 Quando io spezzai i cinque pani per i cinquemila, quante ceste piene di pezzi raccoglieste?" Essi dissero: "Dodici". 20 "Quando spezzai i sette pani per i quattromila, quanti panieri pieni di pezzi rac­ coglieste?" Essi risposero: "Sette". 21 E diceva loro: "Non capite ancora?" (Marco 8:14­21).

Dopo ben due episodi in cui Gesù moltiplica pani e pesci per nutri­ re la folla che L'aveva seguito, i discepoli di Gesù ancora non com­ prendono bene la lezione che ne devono trarre. “E diceva loro:'Non capite ancora?'" (21). Quanto avviene ora che ripartono in barca per proseguire la missione, sarà per loro un'occasione im­ portante di “ripasso”. Come degli studenti “lenti di comprendonio” anche per noi è spesso necessario che Iddio ripetutamente ci inse­ gni lezioni basilari di vita cristiana, affinché esse si radichino bene 119


in noi. In effetti, testi come quelli di oggi ci possono sembrare par­ ticolarmente enigmatici! Questa, però, non è una scusa per non approfondire: Gesù, infatti, come fa per i Suoi discepoli di allora, potrebbe per questo ammonirci, esasperato per la nostra lentezza eppure disposto, con infinita pazienza, a ripetere la lezione. I discepoli riprendono il viaggio e non provvedono per il loro so­ stentamento (erano in tredici) che un solo pane. “Avevano dimen­ ticato di prenderne altri” (14). Perché erano stati negligenti nel provvedere il cibo necessario? Forse perché presumevano che Gesù, in qualche modo, avrebbe provveduto, aspettandosi così un altro segno miracoloso. Gesù sembra qui insegnare a loro ed a noi che nella prospettiva cristiana responsabilità personale e fiducia nell'intervento provvidenziale di Dio, vanno sempre di pari passo. Essi avrebbero dovuto pensare di provvedere loro stessi, tanto quanto possibile, il necessario, ma non avrebbero dovuto, in ogni caso, stare in ansia, fiduciosi che Gesù, in qualche modo, avrebbe loro sopperito. I cristiani, infatti, non pretendono che Dio miraco­ losamente provveda alle loro necessità ma responsabilmente, per quanto possibile, fanno ciò che è umanamente necessario. Hanno però fiducia che Dio provvederà loro se, come e nella misura ne­ cessaria, secondo le promesse della Sua grazia sovrana. Responsabilità e fiducia si contrappone così al “lievito dei Farisei e di Erode”, cioè a pretese ed incredulità: pretese nell'intervento mi­ racoloso di Dio e fondamentale incredulità che Egli lo voglia o lo possa fare. Si tratta di un “lievito” corruttore che “fermenta” pure in molti cristiani oggi. Da una parte, infatti, vi sono coloro che presumono che Dio intervenga miracolosamente (dove e quando essi dicono), pensando così di poterlo manipolare, e, nel contem­ po, non credono che Egli lo possa fare (per quanto sorprendente questo possa apparire). C'è infatti una stretta correlazione fra la pretesa (che Dio intervenga) e l'incredulità. Quanti sono, infatti, coloro che non ottenendo il miracolo che si aspettavano “perdono la fede”! I cristiani autentici, però, anche quando Dio non risponde nel modo che avrebbero voluto, continuano ad aver fede in Lui, ri­ 120


spettando la sovrana e saggia volontà di Dio, anche quando non la comprendessero. Dio, dunque, provvede, ma si aspetta da noi senso di responsabili­ tà e fiducia rispettosa nell'intervento di Dio.

PREGHIERA Signore Iddio, confessiamo di essere spesso dei discepoli duri di comprendonio... Dacci, te ne prego di poterci impegnare responsa­ bilmente e, nel contempo, avendo fiducia nella Tua opera provvi­ dente.

49 Gesù guarisce un cieco a Betsaida (1) “22 Giunsero a Betsaida; fu condotto a Gesù un cieco, e lo pre­ garono che lo toccasse. 23 Egli, preso il cieco per la mano, lo condusse fuori dal villaggio; gli sputò sugli occhi, pose le mani su di lui, e gli domandò: 'Vedi qualche cosa?'. 24 Egli aprì gli occhi e disse: 'Scorgo gli uomini, perché li vedo come alberi che camminano'. 25 Poi Gesù gli mise di nuovo le mani sugli occhi; ed egli guardò e fu guarito e vedeva ogni cosa chiaramente. 26 Gesù lo rimandò a casa sua e gli disse: 'Non entrare neppure nel villaggio'” (Marco 8:22­26).

Anche in questo episodio del vangelo si può scorgere, per chi ha occhi in grado di vederlo (possiamo qui ben dirlo), molto più che la “semplice” guarigione di un uomo afflitto da cecità. È la parabo­ la che illustra come un uomo o una donna, attraverso la grazia di Dio in Gesù Cristo, giunga ad aprire gli occhi sulla propria condi­ zione di peccatore, veda in Cristo il proprio Salvatore, e, dopo aver ricevuto da Lui la grazia della salvezza, veda ogni cosa sotto una nuova luce. Ciò che questo testo rivela è molto. Divideremo così la riflessione su giornate diverse. Tratteremo del: (1) il cieco e 121


la sua condizione; (2) l'elezione; (3) Dio fa uso di mezzi; (3) gra­ dualità nell'opera di Dio; (4) Gesù abbandona una città impeni­ tente. Il cieco e la sua condizione. L'umanità, nel suo stato naturale, sin dal tempo della Caduta, è in condizione di cecità spirituale. Lo possiamo verificare ogni giorno attorno a noi. Uomini e donne non vedono quanto essi siano miserevoli peccatori condannati e destinati solo al peggio. Non vedono Cristo quale Egli è veramen­ te, né la gloria della Sua persona, né l'entità della grazia che Lui porta. Non vedono quanto la Sua opera di salvezza sia per loro in­ dispensabile ed insostituibile. Sono ciechi rispetto al fatto che Cri­ sto sia la via della vita e della pace e rispetto alla potenza delle ve­ rità espresse dall'Evangelo, come pure della gloria del mondo a ve­ nire di cui Cristo è anticipazione. Quest'uomo non sembra essere particolarmente interessato ad una possibile cura per la sua cecità e deve essere portato a Cristo dai suoi amici, sensibili al caso e sol­ leciti per lui. Così è per coloro che Dio non ha spiritualmente rige­ nerato: sono insensibili al loro caso, disinteressati alla cura per la loro cecità, non se ne danno pensiero e non cercano di esserne li­ berati. È logico, quindi, che non si avvalgano dei mezzi che per questo sono provveduti, ma tocca ai loro amici, parenti e cono­ scenti, spiritualmente risvegliati al bisogno di Cristo e della Sua grazia, a portarli a Lui, sottoponendoli ai mezzi della grazia e pre­ gando per loro. Essi pregano affinché Cristo eserciti su di lui la Sua potenza salvifica e gli dia vista spirituale, affinché si renda conto in quale condizione si trovi e quanto egli abbia bisogno di Lui. L'elezione. La prima cosa che Cristo qui compie, è condurlo “per mano” fuori dal suo villaggio, separarlo dagli altri. Separati sono coloro ai quali Iddio concede la grazia dell'elezione a salvezza ed efficacemente così chiama e conduce a Sé. Essi sono coloro che Dio ha affidato a Cristo affinché siano salvati. “Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi” (Giovanni 17:9). Coloro sui quali Cristo opera salvezza 122


sono portati “fuori” con Lui, affinché non abbiano più comunione con le opere infruttuose delle tenebre. “Non vi mettete con gli infe­ deli sotto un giogo che non è per voi; infatti che rapporto c'è tra la giustizia e l'iniquità? O quale comunione tra la luce e le tenebre?” (2 Corinzi 6:14).

PREGHIERA Signore Iddio, ti ringrazio di avermi eletto a salvezza per la Tua gra­ zia, chiamato a far parte del Tuo popolo e che mi hai aperto gli occhi sulla mia condizione e sul bisogno che avevo di Cristo. È un'opera del tutto immeritata. Fa sì che sempre io Te ne sia riconoscente. Amen.

50 Gesù guarisce un cieco a Betsaida (2) “22 Giunsero a Betsaida; fu condotto a Gesù un cieco, e lo pre­ garono che lo toccasse. 23 Egli, preso il cieco per la mano, lo condusse fuori dal villaggio; gli sputò sugli occhi, pose le mani su di lui, e gli domandò: 'Vedi qualche cosa?'. 24 Egli aprì gli occhi e disse: 'Scorgo gli uomini, perché li vedo come alberi che camminano'. 25 Poi Gesù gli mise di nuovo le mani sugli occhi; ed egli guardò e fu guarito e vedeva ogni cosa chiaramente. 26 Gesù lo rimandò a casa sua e gli disse: 'Non entrare neppure nel villaggio'” (Marco 8:22­26).

Dopo aver trattato ieri, di questo episodio: (1) il cieco e la sua condizione; (2) l'elezione; tratteremo oggi, e concluderemo, con: (3) Dio fa uso di i mezzi; (3) gradualità nell'opera di Dio; e: (4) Gesù abbandona una città impenitente. L'uso di mezzi. Per guarire quest'uomo Gesù fa uso strumentale di persone e gesti. Iddio spesso sceglie di operare indirettamente: per realizzare i Suoi propositi, Egli fa uso di mezzi, strumenti, media­ zioni. Quel che accade ha sempre una causa prima, Dio, ed una 123


causa seconda, gli strumenti di cui fa uso. Causa seconda sono co­ loro che Gli hanno portato quest'uomo cieco, come pure qui la Sua saliva e le Sue mani. Causa seconda è pure la Sua decisione di av­ valersi della nostra preghiera per agire. I mezzi, però, non hanno un'efficacia a sé stante senza la potenza che Egli sceglie di imparti­ re loro, la Sua volontà di grazia. Persino l'uso della Parola non sa­ rebbe sufficiente in sé stesso senza la Sua volontà di avvalersene. Niente di “magico” o di automatico, dunque. I mezzi della grazia non hanno un potere di per sé stessi e non possono essere manipo­ lati dalla nostra volontà. Rammentate la richiesta di Simon Mago? "'Date anche a me questo potere, affinché colui al quale imporrò le mani riceva lo Spirito Santo'. Ma Pietro gli disse: 'Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai creduto di poter acquistare con denaro il dono di Dio'”(Atti 8:19,20). Gradualità. Quest'uomo, quando riceve la vista, ha dapprima una visione imperfetta delle cose. Non poteva distinguere bene una cosa dall'altra. Così, nelle prime fasi della conversione, l'anima il­ luminata ha ancora una visione imperfetta delle cose, in particola­ re di Cristo, della gloria e della pienezza della Sua persona, dell'ef­ ficacia del Suo sangue, dell'eccellenza della Sua giustizia, della ca­ pacità, disponibilità e Sua adeguatezza come Salvatore; e special­ mente di quelle dottrine dell'Evangelo più profonde e distintive. Come quest'uomo, più tardi, ha una visione chiara e distinta delle cose, così è con i veri credenti in Cristo. Vedono sempre meglio le cose dalla prospettiva di Dio, finché un giorno, le vedranno com­ pletamente così come sono: “Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quan­ d'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'e­ gli è” (1 Giovanni 3:2). I credenti nell'Antico Testamento vedevano le cose, ma non tanto chiaramente come quelli del Nuovo Testa­ mento. L'oggetto delle promesse e delle loro speranze era lontano da loro. “Tutti costoro sono morti nella fede, senza ricevere le cose promesse, ma le hanno vedute e salutate da lontano, confessando di essere forestieri e pellegrini sulla terra” (Ebrei 11:13). Mosè stesso aveva un velo sul suo volto. Per noi, però, questo velo è stato tolto 124


e distinguiamo chiaramente la gloria del Signore Gesù Cristo e le verità dell'Evangelo. “...non facciamo come Mosè, che si metteva un velo sul volto, (…) sino al giorno d'oggi, quando leggono l'antico patto, lo stesso velo rimane, senza essere rimosso, perché è in Cristo che esso è abolito” (2 Corinzi 3:13­14). Oggi vediamo solo in parte come attraverso un antico specchio. “Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente, come anche sono stato perfettamente conosciuto” (2 Corinzi 13;12). Quanto chiaramente vedremo le cose nella Nuova Gerusalemme, laddove “non sarà più necessario il sole e la luna”, ma Cristo; “La città non ha bisogno di sole, né di luna che la illumini, perché la gloria di Dio la illumina, e l'Agnello è la sua lampada” (Apocalisse 21:23). Lasciati al loro destino.“Gesù lo rimandò a casa sua e gli disse: "Non entrare neppure nel villaggio". Gesù qui proibisce a quest'uo­ mo guarito di attardarsi nel suo villaggio soprattutto perché i suoi abitanti erano notoriamente increduli ed impenitenti. Cristo aveva operato meraviglie fra di loro, eppure non si erano ravveduti, anzi, avevano disprezzato Lui, la Sua dottrina ed i Suoi miracoli. Gesù decide così di ritirarsi da loro. Allo stesso modo Cristo tratta con nazioni e località che persistentemente respingono l'Evangelo. Egli glielo sottrae ordinando ai Suoi ministri di non predicarglielo più, di non più condividere con loro la buona notizia della vita e della salvezza in Lui. Così era accaduto ai Giudei impenitenti: “Ma Paolo e Barnaba dissero con franchezza: "Era necessario che a voi per primi si annunziasse la Parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna, ecco, ci rivolgiamo agli stra­ nieri” (Atti 13:46). Allo stesso modo Dio aveva minacciato la chie­ sa di Efeso: “Ma ho questo contro di te: che hai abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi” (Apocalisse 2:4,5). Il destino di quella popolazione che persistentemente respinge il Si­ gnore era stabilito già nell'Antico Testamento: “Ebbene, ora vi farò conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: le toglierò la siepe e vi 125


pascoleranno le bestie; abbatterò il suo muro di cinta e sarà calpe­ stata. Ne farò un deserto; non sarà più né potata né zappata, vi cre­ sceranno i rovi e le spine; darò ordine alle nuvole che non vi lascino cadere pioggia” (Isaia 5:5­6). In altre parole, Iddio ordina ai Suoi ministri di non predicarvi più l'Evangelo. È determinato a ritirarsi da loro, di non aver più a che fare con loro. Ecco così che Cristo e i Suoi discepoli si allontanano da quel luogo, com'è detto nel versetto che segue.

PREGHIERA Signore Iddio,Ti ringrazio per l'ampiezza e la profondità della sa­ pienza che mi riveli in Cristo. Che io abbia sempre maggiore diligen­ za e desiderio di approfondirla e di comunicarla presso chiunque io riscontri aperto a riceverla. Fa sì che io lo faccia con competenza ed umiltà. Amen.

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51 La Sua identità e la nostra "27 Poi Gesù se ne andò, con i suoi discepoli, verso i villaggi di Cesarea di Filippo; strada facendo, domandò ai suoi discepoli: "Chi dice la gente che io sia?". 28 Essi risposero: "Alcuni, Gio­ vanni il battista; altri, Elia, e altri, uno dei profeti. 29 Egli do­ mandò loro: "E voi, chi dite che io sia?" E Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo". 30 Ed egli ordinò loro di non parlare di lui a nes­ suno" (Marco 8:27­30).

Conoscere la nostra identità, "sapere chi siamo", è molto di più che vedere ciò che dice di noi la nostra carta di identità o il passapor­ to, per quanto già importante questo sia. Oggi i sistemi di ricono­ scimento biometrico possono identificare le nostre caratteristiche biologiche e comportamentali, ma non ci aiutano a sapere "chi sia­ mo", quale sia il senso della nostra vita. Indubbiamente oggi siamo di fronte ad una nostra marcata crisi di identità. La globalizzazio­ ne rende sempre di più irrilevante la nostra identità nazionale, l'e­ cumenismo e l'ateismo quella religiosa. Le distinzioni di classe e di reddito in tempo di livellamento sociale e crisi economica non sono rilevanti. La nostra identità professionale, in periodo di di­ soccupazione, è quanto mai labile, così pure come i nostri titoli di studio. È chiaro che la nostra identità non può essere determinata dalla futilità dell'adesione ad una squadra sportiva`... Se poi dia­ mo retta allo scientismo evoluzionista, noi non saremmo che il prodotto del caso, "animali" non più rilevanti che formiche, "vuoti a perdere". I discepoli di Gesù di Nazareth, però, hanno trovato e ancora tro­ vano in Lui la loro vera identità. Salvati dalla futilità e dall'anoni­ mato, essi trovano negli eterni progetti di Dio per il creato e per ciascuno di loro il senso della loro vita. Non sono più anonime pe­ dine, ma persone conosciute personalmente ed amate, dotate di 127


dignità, individualità e funzioni uniche nel quadro dei progetti eterni di Dio con Gesù ed in Gesù. Seguendo con fiducia Gesù di Nazareth, essi intendono che Egli non è uno fra tanti e come tanti, ma è il Cristo, cioè l'Unico ed il solo consacrato da Dio dall'eternità come il Salvatore del mondo, il Salvatore del genere umano. Egli è "il Cristo", cioè, letteralmen­ te, "l'unto", il consacrato da Dio alla funzione di Re per eccellenza, Sacerdote per eccellenza, e Profeta per eccellenza, secondo a nes­ suno, senza precedenti e senza successori, irripetibile, Colui che "vanta innumerevoli tentativi di imitazione" e che nessuno è mai riuscito ad uguagliare e mai eguaglierà. Egli, Gesù, il Cristo, è Co­ lui che determina la nostra identità e destino, temporale ed eter­ no. Ogni creatura umana si confronta e si confronterà con Lui, che lo voglia oppure no. Nell'Apocalisse Gesù afferma: "Io sono l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, il principio e la fine. Beati quelli che la­ vano le loro vesti per aver diritto all'albero della vita e per entrare per le porte della città! Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna. Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per attestarvi queste cose in seno alle chie­ se. Io sono la radice e la discendenza di Davide, la lucente stella del mattino" (Apocalisse 22:13­16). L'Apostolo Paolo riassume l'identità di Gesù come di Colui che, "..pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, pren­ dendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esterior­ mente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. Perciò Dio lo ha sovranamente innalza­ to e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre" (Filippesi 2:6­11). Che ciascuno di noi, seguendo Gesù con fiducia, comprenda la Sua identità e in Lui trovi la propria identità e funzione. È una cer­ tezza! Egli ci dice anche oggi: "Chi dunque mi riconoscerà davanti 128


agli uomini, anch'io riconoscerò lui davanti al Padre mio che è nei cieli" (Matteo 10:32).

PREGHIERA Signore Iddio, Tu sei venuto a cercarmi personalmente per redimer­ mi salvandomi dalla futilità della vita in questo mondo decaduto e condannato. Tu mi hai mostrato l'Eterno amore che hai per me e mi hai restituito alla dignità ed alla sensatezza, dandomi un preciso po­ sto da occupare nei Tuoi eterni progetti, l'unica cosa che veramente mi renda realizzato. Te ne sono riconoscente. Aiutami a conoscerti sempre meglio e a parlare agli altri di Te, della Tua identità e centra­ lità peril destino d'ogni creatura umana. Amen.

52 Avere il senso delle cose di Dio "31 Poi cominciò a insegnare loro che era necessario che il Fi­ glio dell'uomo soffrisse molte cose, fosse respinto dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, e fosse ucciso e dopo tre giorni risuscitasse. 32 Diceva queste cose apertamente. Pietro lo prese da parte e cominciò a rimproverarlo. 33 Ma Gesù si voltò e, guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro dicendo: "Vat­ tene via da me, Satana! Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini". 34 Chiamata a sé la folla con i suoi discepoli, disse loro: 'Se uno vuol venire dietro a me, ri­ nunzi a sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35 Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e del vangelo, la salverà. 36 E che giova all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua? 37 Infatti, che darebbe l'uomo in cambio della sua anima? 38 Perché se uno si sarà vergognato di me e delle mie parole in questa gene­ razione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergo­ gnerà di lui quando verrà nella gloria del Padre suo con i santi 129


angeli'" (Marco 8:31­38).

È curioso che proprio lo stesso Pietro, che prima aveva compreso ed espresso apertamente la verità che Gesù è il Cristo, il Signore, il Salvatore del mondo, e non "una qualsiasi" fra le tante figure reli­ giose, seppure meritevoli, ora venga fortemente rimproverato da Gesù di "non avere il senso delle cose di Dio". Il meno che si possa dire al riguardo è che anche il migliore fra i credenti pure ha in sé stesso molte contraddizioni e risente sempre in qualche modo del­ la sua natura di peccatore che gli impedisce di vedere ogni cosa nella prospettiva di Dio. Non è forse vero che, come credenti, com­ prendiamo sì molte cose, ma altre facciamo ancora fatica a "dige­ rirle"? Una di queste cose "difficili a digerire", anche per molti che profes­ sano la fede cristiana, è la necessità del sacrificio espiatorio di Cri­ sto sulla croce. La Scrittura afferma, infatti, che Gesù ha personal­ mente pagato, morendo in croce, la conseguenza penale dei pec­ cati di coloro e per coloro che si affidano a Lui, tanto che essi ne sono liberati, sono riconciliati con Dio e destinati all'eterna beati­ tudine in comunione con Dio. Gesù qui dice espressamente che "era necessario" che Lui soffrisse, morisse e poi risuscitasse. Oggi ci sono persino degli "eminenti teologi" che mettono in discussione e respingono questo concetto, proponendo "interpretazioni alter­ native" della vicenda di Gesù che muore in croce. Ad un "eminente teologo" di questo genere Gesù pure oggi direbbe: "Vattene via da me, Satana! Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini". Il principio del sacrificio espiatorio, inoltre, deve diventare pure, per i discepoli di Gesù "uno stile di vita". Dobbiamo imparare, in­ fatti, per amore di Dio e del nostro prossimo, a "rinunziare a noi stessi" e a "prendere la nostra croce", cioè ad essere disposti, anche dolorosamente, a rinunciare ai nostri interessi per dedicarci al bene delle altre persone, come aveva fatto Gesù. Benché. infatti, l'auto­preservazione sia per tutti noi un istinto naturale, dobbiamo 130


pure essere disposti a mettere a rischio la nostra stessa vita per amore di Gesù e del Suo Evangelo. Potremmo, infatti, vivendo egoisticamente, pregiudicarci la nostra stessa anima, cosa che vale molto di più del nostro stesso corpo. Per molti sembra che questo non importi. Negano questa realtà o si illudono che "alla fine tutto comunque andrà loro bene". Anche in questo caso, dimostrano di non avere "il senso delle cose di Dio" (che vede le cose in modo molto più realistico di tutto il nostro "realismo"). È possibile, infine, che qualcuno "si vergogni" di Gesù e della Sue parole "in questa generazione adultera e peccatrice"? Capita molto spesso quando ci si trattiene, per paura di essere derisi o respinti, di manifestare di stare dalla parte di Gesù e delle verità che Egli insegna. Oggi, inoltre, la "correttezza politica" impone che si ten­ gano le nostre idee per noi stessi, in privato, astenendoci dal pro­ clamarle e dall'esporle. Dicono che si debba fare "per rispetto delle altre posizioni". In realtà è solo l'ideologia dominante che vuole ri­ manere incontrastata. Il cristiano, a tempo e a modo, non teme di esprimere e vivere le sue idee, qualunque ne sia il costo, che piac­ cia o non piaccia. Siamo disposti a rischiare per Gesù? Se la rispo­ sta che diamo è no, allora "anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di no quando verrà nella gloria del Padre suo con i santi angeli'".

PREGHIERA Signore Iddio, insegnami e radica in me, te ne prego, "il senso delle tue cose", l'unica visione realistica possibile del mondo. Aiutami a comprendere meglio il senso della morte e risurrezione del Tuo Figlio Gesù Cristo. Aiutami a praticare nella mia vita l'amore sacrificale per Te e per gli altri, disposto pure per questo a soffrire, se fosse ne­ cessario. Che io mai mi vergogni di te! Amen.

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53 Che gusto ha la morte? "Diceva loro: «In verità vi dico che alcuni di coloro che sono qui presenti non gusteranno la morte, finché non abbiano visto il regno di Dio venuto con potenza»" (Marco 9:1).

Questo versetto, di fatto, conclude il capitolo precedente, in cui Gesù preannuncia, con la Sua morte e risurrezione, la Sua gloriosa futura venuta: in Gesù e con Gesù, infatti, il Regno di Dio si mani­ festa irresistibilmente. La gloria di Cristo, però, non si sarebbe ma­ nifestata soltanto in un lontano futuro. Era evidente (per chi ave­ va occhi per vederla) nel Suo ministero terreno; alcuni discepoli scelti l'avrebbero veduta nell'episodio della Trasfigurazione; poi nella Sua Risurrezione e, per quanto riguarda la vita terrena degli Apostoli, nell'avvenimento della Pentecoste. Il Regno di Dio viene con potenza, infatti, quando, con la sua forza invincibile, prevale sul peccato, sulla malattia e sulla morte. Gli Apostoli sarebbero stati testimoni, nell'ambito stesso della loro vita terrena, del Regno di Dio che si diffonde nel mondo con potenza, attraverso la predi­ cazione dell'Evangelo. Probabilmente l'attenzione dei lettori moderni del vangelo cade qui pure sulla strana espressione, riprodotta letteralmente dall'ori­ ginale greco (e non presente come tale nelle moderne versioni di­ namiche delle Scritture): "non gusteranno la morte". Si tratta sem­ plicemente di un'espressione semitica per indicare "l'esperienza" della morte, in bene o in male. Gesù dice: "Alcuni fra voi, qui pre­ senti, non faranno esperienza della morte prima di aver visto il Regno di Dio venire con potenza". Indubbiamente la morte è un'esperienza che la maggior parte di noi vorrebbe evitare se potesse... Essa, però, è ineluttabile (a meno che Gesù non ritorni prima). "Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricon­ 132


durrà con lui quelli che si sono addormentati. Poiché questo vi di­ ciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali sare­ mo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore. Consola­ tevi dunque gli uni gli altri con queste parole" (1 Tessalonicesi 4:14­18). Il timore che abbiamo di essa può essere sublimato e vinto solo nella prospettiva di Cristo. Il credente che si affida a Cristo, infatti, muore serenamente e con la certezza che entrerà, attraverso la morte, per grazia di Dio, in una dimensione diversa dell'esistenza, dove farà esperienza della grande gioia della comunione con Dio. Questo gli sarà possibile perché Cristo lo ha riconciliato con Dio pagando Egli stesso il prezzo della sua salvezza dal peccato e dalle sue conseguenze. La Scrittura afferma: "Poiché dunque i figli han­ no in comune sangue e carne, egli pure vi ha similmente parteci­ pato, per distruggere, con la sua morte, colui che aveva il potere sulla morte, cioè il diavolo e liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi per tutta la loro vita" (Ebrei 2:14­ 15). Allora si potrà veramente dire che il credente gusterà il dolce gusto della morte, non perché essa sia bella in sé stessa (anzi, è orribile), ma perché essa rappresenterà l'accesso alla piena comu­ nione con il Signore. Dopo avere in questa vita gustato che il Si­ gnore è buono (1 Pietro 2:3) godremo della Sua pienezza. L'Apo­ stolo Paolo la pregustava quando scriveva: "Siamo dunque sempre pieni di fiducia, e sappiamo che mentre abitiamo nel corpo siamo assenti dal Signore (poiché camminiamo per fede e non per visio­ ne); ma siamo pieni di fiducia e preferiamo partire dal corpo e abitare con il Signore. Per questo ci sforziamo di essergli graditi, sia che abitiamo nel corpo, sia che ne partiamo" (2 Corinzi 5:6­8).

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PREGHIERA Ti confesso che l'idea della morte mi spaventa e preferirei non pensarci. Ti prego,però, di aiutarmi a vederla nella Tua prospettiva e di poter morire serenamente desiderosi di passare, attraverso la morte, alla perfetta comunione con Te. Non c'è altra cosa che più mi importi. Amen.

54 Rivelazione "2 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e li condusse soli, in disparte, sopra un alto monte. E fu trasfi­ gurato in loro presenza; 3 le sue vesti divennero sfolgoranti, candidissime, di un tal candore che nessun lavandaio sulla ter­ ra può dare. 4 E apparve loro Elia con Mosè, i quali stavano conversando con Gesù. 5 Pietro, rivoltosi a Gesù, disse: «Rabbì, è bello stare qua; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia». 6 Infatti non sapeva che cosa dire, perché era­ no stati presi da spavento. 7 Poi venne una nuvola che li coprì con la sua ombra; e dalla nuvola una voce: «Questo è il mio di­ letto Figlio; ascoltatelo». 8 E a un tratto, guardatisi attorno, non videro più nessuno con loro, se non Gesù solo. 9 Poi, men­ tre scendevano dal monte, egli ordinò loro di non raccontare a nessuno le cose che avevano viste, se non quando il Figlio del­ l'uomo fosse risuscitato dai morti. 10 Essi tennero per sé la cosa, domandandosi tra di loro che significasse quel risuscitare dai morti. 11 Poi gli chiesero: «Perché gli scribi dicono che pri­ ma deve venire Elia?» 12 Egli disse loro: «Elia deve venire pri­ ma e ristabilire ogni cosa; e come mai sta scritto del Figlio del­ l'uomo che egli deve patire molte cose ed esser disprezzato? 13 Ma io vi dico che Elia è già venuto e, come è scritto di lui, gli hanno anche fatto quello che hanno voluto»" (Marco 9:2­13).

La questione dell'identità di Gesù rimane fondamentale. Per quan­ 134


to i discepoli di Gesù Gli diano fiducia, l'incertezza e il dubbio sono tentazioni costanti. Gesù, così, concede a Pietro, Giacomo e Giovanni, apostoli che dovranno essere determinanti per la tra­ smissione della Parola di Dio, una rivelazione speciale ed inequi­ vocabile. Lo stesso accadrà anche più tardi per l'Apostolo Paolo. Parlando delle rivelazioni che gli erano state concesse, egli scrive: "Bisogna vantarsi? Non è una cosa buona; tuttavia verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore. Conosco un uomo in Cristo, che quat­ tordici anni fa (se fu con il corpo non so, se fu senza il corpo non so, Dio lo sa), fu rapito fino al terzo cielo. So che quell'uomo ... udì pa­ role ineffabili che non è lecito all'uomo di pronunziare" (2 Corinzi 12:1­3). In questa esperienza, che le parole umane riescono a malapena a descrivere, Gesù rifulge d'uno splendore senza paralleli. Il Suo ful­ gore morale e spirituale è irriproducibile. Gesù è "d'un tal cando­ re" che uomini e donne del passato, del presente o del futuro, per quanto eccellenti possano essere, non Lo possono né uguagliare né certamente. Giovanni Lo rivedrà nella visione dell'Apocalisse: "Il suo capo e i suoi capelli erano bianchi come lana candida, come neve; i suoi occhi erano come fiamma di fuoco; i suoi piedi erano si­ mili a bronzo incandescente, arroventato in una fornace, e la sua voce era come il fragore di grandi acque. Nella sua mano destra te­ neva sette stelle; dalla sua bocca usciva una spada a due tagli, affila­ ta, e il suo volto era come il sole quando risplende in tutta la sua for­ za" (Apocalisse 1:14­16). Gesù trasfigurato compare accanto a due "grandi" dell'Antico Te­ stamento. Essi evidentemente Lo riconoscono: è Colui che tanto, durante la loro vita, avevano atteso, prefigurato e preparato: "Tut­ ti costoro sono morti nella fede, senza ricevere le cose promesse, ma le hanno vedute e salutate da lontano" (Ebrei 11:13). Non Gli parla­ no "alla pari", perché Gesù e superiore a loro e persino agli angeli: "Così è diventato di tanto superiore agli angeli, di quanto il nome che ha ereditato è più eccellente del loro" (Ebrei 1:4). Ad un certo punto Mosè ed Elia "scompaiono", infatti: "...non videro più nessu­ 135


no con loro, se non Gesù solo" (8). Il ruolo dell'Antico Testamento è terminato, e Gesù, il Messia, rimane incontrastato. Gesù, in questa visione, viene ulteriormente convalidato dalla voce di Dio Padre: «Questo è il mio diletto Figlio; ascoltatelo» (7). Gesù è, infatti, l'eterno Figlio di Dio. "Gesù disse loro: «... colui che viene a me, non lo caccerò fuori; perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nessuno di quelli che egli mi ha dati, ma che li risusciti nell'ultimo giorno. Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque con­ templa il Figlio e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno»" (Giovanni 6:35­40). Così è stato per Pietro, Giacomo, Giovanni e glia ltri, così è per noi.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio che Tu Ti sei compiaciuto di rivelarmi il Tuo Figlio Gesù Cristo come mio salvatore e signore. Fa che io giam­ mai mi distacchi da Lui e che io possa accompagnare a Lui altre per­ sone affinché esse Lo riconoscano come l'unica loro speranza. Amen.

55 La frustrazione di Gesù per certi suoi discepoli... "14 Giunti presso i discepoli, videro intorno a loro una gran folla e degli scribi che discutevano con loro. 15 Subito tutta la gente, come vide Gesù, fu sorpresa e accorse a salutarlo. 16 Egli domandò: «Di che cosa discutete con loro?» 17 Uno della folla gli rispose: «Maestro, ho condotto da te mio figlio che ha uno spirito muto; 18 e, quando si impadronisce di lui, dovun­ que sia, lo fa cadere a terra; egli schiuma, stride i denti e rima­ ne rigido. Ho detto ai tuoi discepoli che lo scacciassero, ma non hanno potuto». 19 Gesù disse loro: «O generazione incredula! 136


Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò? Por­ tatelo qui da me». 20 Glielo condussero; e come vide Gesù, su­ bito lo spirito cominciò a contorcere il ragazzo con le convulsio­ ni; e, caduto a terra, si rotolava schiumando. 21 Gesù doman­ dò al padre: «Da quanto tempo gli avviene questo?» Egli disse: «Dalla sua infanzia; 22 e spesse volte lo ha gettato anche nel fuoco e nell'acqua per farlo perire; ma tu, se puoi fare qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». 23 E Gesù: «Dici: "Se puoi!" Ogni cosa è possibile per chi crede». 24 Subito il padre del bambino esclamò: «Io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità». 25 Gesù, vedendo che la folla accorreva, sgridò lo spirito immon­ do, dicendogli: «Spirito muto e sordo, io te lo comando, esci da lui e non rientrarvi più». 26 Lo spirito, gridando e straziandolo forte, uscì; e il bambino rimase come morto, e quasi tutti dice­ vano: «È morto». 27 Ma Gesù lo sollevò ed egli si alzò in piedi. 28 Quando Gesù fu entrato in casa, i suoi discepoli gli doman­ darono in privato: «Perché non abbiamo potuto scacciarlo noi?» 29 Egli disse loro: «Questa specie di spiriti non si può fare uscire in altro modo che con la preghiera»" (Marco 9:14­ 29).

Pietro, Giacomo e Giovanni sarebbero stati molto volentieri su quel monte, dove Gesù aveva dato loro il privilegio di essere par­ tecipi della Sua gloria celestiale. Gesù, però, in un certo qual sen­ so, li costringe a tornare in questo mondo, pieno di cose sgradevo­ li e di responsabilità da assolvere. Quello che subito trovano è la somma frustrazione degli altri di­ scepoli che non erano riusciti a scacciare "uno spirito muto e sor­ do" che affliggeva il figlio d'un uomo di quel paese. Era venuto, in­ fatti, pieno di speranza, a cercare Gesù; aveva trovato solo alcuni Suoi discepoli; aveva chiesto loro di operare la desiderata libera­ zione ma essi non vi erano riusciti. A tutto questo Gesù reagisce innervosito e li chiama: "Generazione incredula"! Era come se dicesse: "Possibile che devo sempre fare tutto io?". Evidentemente riteneva che tale opera di liberazione 137


fosse nelle possibilità dei Suoi discepoli. Gesù, infatti, poco dopo, alla domanda dei discepoli sul perché non fossero riusciti a fare quel che era stato loro richiesto, non dice: "Perché vi siete assunti un onere che non vi compete: solo io posso realizzare queste cose", ma mette in rilievo come la preghiera fiduciosa avrebbe ri­ solto la situazione. Essi avrebbero dovuto fare appello a tutte le ri­ sorse che Dio mette a disposizione del Suo popolo, ed essi avreb­ bero avuto successo nel liberare quel povero ragazzo afflitto. Pos­ siamo infatti immaginare quei poveri (possiamo ben dirlo) disce­ poli di Gesù che, intimoriti da quella situazione e dalle responsabi­ lità che erano state domandate loro, si erano affannati a cercare di fare come avevano visto fare Gesù confidando solo nelle proprie forze, ma avevano fallito. Verosimilmente essi avevano dimentica­ to di attingere fiduciosamente nella preghiera presso Dio le risorse di cui avevano bisogno. Quando si tratta di spiriti maligni (e ne abbiamo a che fare anche noi continuamente, vi assicuro), essi solo occupano lo spazio che noi concediamo loro. L'Apostolo scrive: "Non fate posto al diavolo" (Efesini 4:27), e questo vale per la nostra mente, per la nostra casa e famiglia, per il nostro lavoro, per tutto. Se la nostra mente è colma di pensieri che riguardano Dio, la Sua Parola, le Sue pro­ messe, la Sua sapienza; se la nostra vita è vissuta in spirito di pre­ ghiera, di consapevole comunione con il Signore; se rapportiamo consapevolmente tutto ciò che facciamo, diciamo, pensiamo, sia­ mo, con il Signore, lasciando che il Suo Spirito "riempia ogni in­ terstizio" della nostra esistenza, vi sarà più posto per il diavolo, ed egli non potrà che fuggire da noi sconfitto, "con la coda fra le gambe", perché non troverà modo di insinuarsi in qualche ambito della nostra vita e opprimerci nei tanti modi in cui solo il diavolo può fare. Giacomo scrive: "Sottomettetevi dunque a Dio; ma resiste­ te al diavolo, ed egli fuggirà da voi" (Giacomo 4:7). Quei discepoli frustrati avrebbero dovuto dire: "Spirito muto e sor­ do che opprimi la vita di questo ragazzo, tu non hai titolo alcuno ad impadronirti di questa creatura che appartiene solo a Dio. Fac­ 138


ciamo quindi appello allo Spirito di Dio che per grazia ci è stato donato: Ti preghiamo: estendi la Tua presenza anche in questo ra­ gazzo, coinvolgilo in Te e nella Tua potenza, entra in lui, nel nome di Gesù". Se lo avessero fatto con fiducia, Iddio gliel'avrebbe con­ cesso e il suo Regno avrebbe fatto un passo in avanti estendendosi nella vita di quelle persone. La presenza stessa di Gesù è irresisti­ bile. Ecco perché può dire: «Spirito muto e sordo, io te lo coman­ do, esci da lui e non rientrarvi più».. Dove, infatti, c'è Cristo, invo­ cato, creduto, vissuto con fede ed ubbidienza, non c'è più spazio per Satana. In una certa realtà vi possono essere più spiriti malva­ gi, ma dove c'è veramente lo Spirito Santo, nessuna "coabitazione" è possibile. Che il Signore, dunque, non debba mai dire tristemen­ te di noi: "O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò?". Quanto Egli si deve arrabbiare nel vedere la nostra generazione pavida ed incredula di cristiani!

PREGHIERA Signore iddio, grazie per le risorse che, per la tua grazia, Tu ci metti a disposizione per lottare e vincere contro il male che c'è in noi ed in­ torno a noi. Dacci di non essere pavidi e timidi, dacci di non intimi­ dirci di niente e di nessuno, dacci di riempire ogni spazio della realtà che viviamo di te e della tua salutare presenza. Amen.

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56 Credere e comprendere "30 Poi, partiti di là, attraversarono la Galilea; e Gesù non vo­ leva che si sapesse. 31 Infatti egli istruiva i suoi discepoli, di­ cendo loro: «Il Figlio dell'uomo sta per essere dato nelle mani degli uomini ed essi l'uccideranno; ma tre giorni dopo essere stato ucciso, risusciterà». 32 Ma essi non capivano le sue parole e temevano d'interrogarlo" (Marco 9:30­32).

Per la seconda volta qui Gesù preannuncia la Sua sofferenza, mor­ te e risurrezione. Che lo ripeta più volte è quanto mai necessario: non è, infatti, cosa che i Suoi discepoli “digeriscono” facilmente. Infatti non ne comprendono la necessità, anzi, fanno finta di aver capito. Hanno paura di chiedere a Gesù ulteriori spiegazioni. Forse si vergognano della loro lentezza a comprendere. Se non capisci, chiedi, fatti spiegare ancora e poi ancora, se necessario, non te ne vergognare. È una questione così importante che non puoi fare semplicemente finta di aver capito. Alla croce di Cristo succede qualcosa di importanza capitale per il tuo destino eterno: là Gesù ha pagato per la tua salvezza, Con la Sua risurrezione Egli certifi­ ca che la Sua opera redentrice è avvenuta, è stata compiuta. Certo, l'efficacia dell'opera di Cristo non dipende dalla tua comple­ ta comprensione di quanto vi accade. Fede è affidarsi a Lui, aver fiducia in Lui anche se non comprendi del tutto. Una volta, però, che Cristo ti ha assicurato la tua salvezza, hai il dovere di appro­ fondire, di averne maggiore intelligenza, sia per poter meglio apprezzare ed esserne riconoscente, che poter spiegare ad altri il contenuto dell'Evangelo. La questione è ricorrente nella storia del pensiero cristiano: devo comprendere prima di poter credere, oppure devo credere per po­ ter comprendere? Certo, sono chiamato alla fede in Lui anche se non comprendo tutto quanto questo implichi, ma dopo aver credu­ 140


to, allora sarò in condizione di poter comprendere.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio che il Tuo Figliolo Gesù Cristo ha pagato per me il prezzo della mia salvezza. Non comprendo tutta l'estensio­ ne di questo fatto, ma ho fiducia nell'annuncio del Tuo Evangelo. Dammi, però, di comprendere sempre meglio e di approfondire la co­ noscenza di quanto è avvenuto sul Golgota. Che io poi lo possa spie­ gare anche agli altri.

57 I valori del mondo sovvertiti "33 Giunsero a Capernaum; quando fu in casa, domandò loro: «Di che discorrevate per strada?» 34 Essi tacevano, perché per via avevano discusso tra di loro chi fosse il più grande. 35 Allo­ ra, sedutosi, chiamò i dodici e disse loro: «Se qualcuno vuol es­ sere il primo, sarà l'ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36 E preso un bambino, lo mise in mezzo a loro; poi lo prese in braccio e disse loro: 37 «Chiunque riceve uno di questi bambini nel nome mio, riceve me; e chiunque riceve me, non riceve me, ma colui che mi ha mandato»" (Marco 9:33­37).

Poco prima i discepoli di Gesù avevano ammesso di non aver com­ preso il senso delle parole di Gesù quando preannuncia loro la Sua sofferenza, morte e risurrezione. La discussione che avviene fra di loro e che Gesù li sorprende a fare, lo dimostra ulteriormente: an­ cora ragionano come la gente di questo mondo. Vi sono aree della loro vita che ancora non sono convertite al modo di pensare, par­ lare ed agire che Gesù esemplifica ed insegna loro. La conversio­ ne, infatti, non è qualcosa che avviene una volta per sempre all'i­ nizio del nostro cammino cristiano, ma qualcosa di permanente, allorché sottoponiamo la nostra vita a costante analisi critica e la 141


conformiamo all'immagine di Cristo. "...fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo" (Efe­ sini 4:13). Possiamo immaginarli mentre discutono ­ è così "umano" che lo facciano... ­ chi fra di loro occupa il posto di preminenza fra gli apostoli: sarà forse Pietro, "il principe degli apostoli"? "Eh no, aspetta un momento... anche noi, Giacomo e Giovanni, siamo im­ portanti: non ha forse Gesù dato anche a noi il privilegio di farsi vedere nella Trasfigurazione in tutta la Sua gloria?". "Ma che dite, sono io, Giuda, che gestisco la cassa della comunità, ad essere il più importante. Senza uno che sapesse amministrare il denaro come me, nessuno di voi e nemmeno Gesù potrebbe svolgere la Sua missione!". Che potrebbe poi dire Giovanni, "il discepolo che Gesù amava" (Giovanni 21:20)? Oppure Paolo, al quale Iddio affi­ da la redazione della maggior parte degli scritti del Nuovo Testa­ mento? Iddio, però, aveva provveduto anche per Paolo (non si sa mai). Egli infatti afferma: "E perché io non avessi a insuperbire per l'eccellenza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi affinché io non insuperbi­ sca" (2 Corinzi 12:7). Già, avremmo spesso bisogno che qualcuno spesso "ci schiaffeg­ giasse" per tenere a bada la nostra umana presunzione. Ci dimen­ tichiamo forse che ciò che siamo, abbiamo e facciamo dipende solo dalla grazia di Dio, è dono Suo? Nell'episodio di oggi i disce­ poli, alla domanda di Gesù, tacciono, perché si rendono conto quanto inopportune siano le loro discussioni su quest'argomento. Quanto spesso anche oggi leader cristiani, predicatori, conferen­ zieri, comunità, vorrebbero primeggiare quanto ad influenza e po­ tere. Una "sana competizione" è necessaria, ma dobbiamo compe­ tere quanto all'eccellenza del nostro umile e non ostentato servi­ zio. Gesù, così, vede attorno un bambino, lo mette al centro fra di loro e lo addita come "il più importante" nel regno di Dio. Allora i bam­ 142


bini non avevano importanza nella società, ma Gesù dice che per Lui i più importanti sono proprio coloro che il mondo disprezza e mette da parte, come le classi meno privilegiate, gli emarginati, i poveri, i malati, gli invalidi, proprio quando il mondo esalta chi è ricco, sano, bello, ha potere, cultura, educazione, fama, notorietà... Occuparsi di chi "non conta" nella società, valorizzarlo, "riceverlo", è "anticonformista" ed è ciò che più Dio apprezza. La "grandezza" sta nel mettersi al servizio degli umili, "riceverli", e quando noi "li riceviamo", accogliamo Cristo, e quando accogliamo Cristo, accogliamo Dio, il più grande! L'apostolo Giacomo scrive: "Infatti, se nella vostra adunanza entra un uomo con un anello d'oro, vestito splendidamente, e vi entra pure un povero vestito malamente, e voi avete riguardo a quello che veste elegantemente e gli dite: «Tu, siedi qui al posto d'onore»; e al povero dite: «Tu, stattene là in piedi», o «siedi in terra accanto al mio sga­ bello», non state forse usando un trattamento diverso e giudicando in base a ragionamenti malvagi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto quelli che sono poveri secondo il mondo per­ ché siano ricchi in fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il povero! Non sono forse i ricchi quelli che vi opprimono e vi trascinano davanti ai tribunali? Non sono essi quelli che bestemmiano il buon nome che è stato invo­ cato su di voi?" (Giacomo 2:2­7).

PREGHIERA Signore Iddio, prosegui con decisione il lavoro di trasformazione che hai iniziato in me quando mi hai convertito e portato a far parte dei Tuoi discepoli. Che materiale duro da lavorare spesso mi dimostro! "Passa su di me la Tua lima e la Tua pialla", non importa se mi farà un po' male. Voglio diventare sempre meglio ciò che a Te piace. Ren­ dimi umile e servizievole. Che io non aspiri ad altro che a farti piace­ re sempre. Amen.

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Il copyright su Cristo? "38 Giovanni gli disse: «Maestro, noi abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome, [e che non ci segue;] e glie­ lo abbiamo vietato perché non ci seguiva». 39 Ma Gesù disse: «Non glielo vietate, perché non c'è nessuno che faccia qual­ che opera potente nel mio nome, e subito dopo possa parlar male di me. 40 Chi non è contro di noi, è per noi. 41 Chiun­ que vi avrà dato da bere un bicchiere d'acqua nel nome mio, perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa" (Marco 9:38­41).

È stata sempre una tentazione costante nelle chiese e nei movi­ menti cristiani, quella di pretendere di esercitare uno stretto con­ trollo su tutti coloro che predicano l'Evangelo o parlano di Cristo per garantire che la cosa avvenga secondo le (loro) regole. Insom­ ma, su Cristo si può avere il "copyright"? Si potrebbe dire che qualche volta esso sarebbe necessario al fine di evitare abusi, ma la pretesa di alcune chiese o gruppi particolarmente "presuntuosi" che vorrebbero monopolizzare Cristo, è da resistere, anzi, Cristo stesso la condanna. "Dobbiamo vietarlo?", "No, non glielo vietate". Può ben essere che alcuni parlino di Cristo in modo inadeguato, ma non gli sono ne­ cessariamente contrari. Può anche essere che alcuni predichino un Evangelo in modo, a nostro giudizio, "difettoso" o persino decisa­ mente ..."sovrabbondante". C'è infatti chi predica l'Evangelo e chi dice di predicare, ad esempio, "il pieno Vangelo". Però, chi stabili­ sce quali debbano essere i criteri di "pienezza" o di "ortodossia"? Si tratta di criteri discutibili. Certo, l'Evangelo deve essere conforme alle Sacre Scritture. L'apo­ stolo Paolo è molto severo su questo punto: "Mi meraviglio che così presto voi passiate, da colui che vi ha chiamati mediante la 144


grazia di Cristo, a un altro vangelo. Ché poi non c'è un altro van­ gelo; però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annun­ ziasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema. Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema" (Galati 1:6­9). Chi però può dire oggi di predicare un Evangelo "col marchio di garanzia"? Le pretese di tante chiese e gruppi che pretendono di avere le "giuste credenzia­ li", sono per lo meno discutibili. Certo, noi crediamo che il nostro annuncio sia corretto secondo i principi biblici riaffermati dalla Ri­ forma e cerchiamo di esserne coerenti. Abbiamo pure il dovere di denunziare quelli che riteniamo essere vangeli falsati o difettosi, ma, in bene o male, dobbiamo rallegrarci quando Cristo è onorato ed il suo nome proclamato, anche quando, ad esempio, un autore laico ne apprezza le virtù, anche se non lo fa come faremmo noi. Il panorama di un mondo cristiano estremamente frammentato può confondere molto e farci disperare. Grazie a Dio, però, persi­ no sulla base di vangeli decisamente difettosi, Iddio porta ancora tanti uomini e donne alla conversione a Cristo ed alla salvezza, e “demoni vengono scacciati”. Com'è possibile questo? Per la grazia, misericordia e stupefacente pazienza di Dio. L'Apostolo scrive: "Vero è che alcuni predicano Cristo anche per invidia e per rivalità; ma ce ne sono anche altri che lo predicano di buon animo. Questi lo fanno per amore (...) ma quelli annunziano Cristo con spirito di rivalità, non sinceramente (...). Che importa? Comunque sia, con ipocrisia o con sincerità, Cristo è annunziato; di questo mi ralle­ gro, e mi rallegrerò ancora" (Filippesi 1:15­18). Il vero credente, prima o poi, giunge a riconoscere gli errori o difetti di chi gli ave­ va annunciato un Evangelo difettoso e ne farà ammenda. Di que­ sto dobbiamo avere fiducia. Dobbiamo così guardarci da ogni atteggiamento settario che ci renderebbe più simili ai Farisei che allo spirito di Gesù. Spirito tol­ lerante non vuol dire necessariamente compromettere l'Evangelo ma valorizzare la carità: “...seguendo la verità nell'amore, crescia­ 145


mo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo” (Efesini 4:15), naturalmente premiando, in nome di Cristo, chi riteniamo proclami Cristo correttamente.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringraziamo perché nonostante che talvolta il pec­ cato corrompa il retto annuncio dell'Evangelo, nella Tua grazia Tu ti compiaci di continuare a portare alla salvezza i tuoi eletti. Ti ringra­ ziamo che questo continua ad avvenire pure nonostante i nostri di­ fetti ed incoerenze. Vogliamo perseguire la correttezza dottrinale e denunciare l'errore: sappiamo che è nostro dovere. Liberaci però dal­ l'atteggiamento settario, perché si rivelerebbe controproducente. Amen.

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59 Avvertimento a chi è motivo di scandalo "42 «E chiunque avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono, meglio sarebbe per lui che gli fosse messa al collo una macina da mulino e fosse gettato in mare. 43 Se la tua mano ti fa cadere in peccato, tagliala; meglio è per te entrare monco nella vita, che avere due mani e andartene nella geenna, nel fuoco inestinguibile, 44 dove il verme loro non muore e il fuoco non si spegne. 45 Se il tuo piede ti fa cadere in peccato, taglia­ lo; meglio è per te entrare zoppo nella vita, che avere due piedi ed essere gettato nella geenna 46 dove il verme loro non muore e il fuoco non si spegne. 47 Se l'occhio tuo ti fa cadere in pecca­ to, cavalo; meglio è per te entrare con un occhio solo nel regno di Dio, che avere due occhi ed essere gettato nella geenna, 48 dove il verme loro non muore e il fuoco non si spegne. 49 Poi­ ché ognuno sarà salato con il fuoco. 50 Il sale è buono; ma se il sale diventa insipido, con che gli darete sapore? 51 Abbiate del sale in voi stessi e state in pace gli uni con gli altri»" (Marco 9:42­51).

Il testo biblico di oggi sembra riprendere ed ampliare uno dei temi di ieri. Il cristiano e la comunità cristiana camminano su un una stretta passerella. Devono infatti evitare di cadere a sinistra nel permissivismo e liberalismo privo di discernimento, come pure de­ vono evitare di cadere a destra nel settarismo farisaico e nel rigo­ rismo, ipocrita, privo d'amore e di compassione. Cadere da una parte o dall'altra significa danneggiare la causa di Cristo e le per­ sone coinvolte. La comunità cristiana può causare (più o meno consapevolmente) molti danni, essere persino pericolosa! Per questo è necessario fare estrema attenzione a come ci comportiamo. Il nostro comporta­ mento potrebbe essere d'ostacolo alla crescita spirituale di qualcu­ no, soprattutto di coloro che sono "nati da poco" alla fede cristia­ 147


na. Certo, il vero cristiano non potrà mai decadere dalla grazia perché la sua salvezza è completamente nelle mani dell'opera di Dio e niente e nessuno potrà pregiudicarla, ma non dobbiamo prendere questo come scusa per non aspirare ad avere il più possi­ bile una condotta irreprensibile anche nelle piccole cose. Non è fa­ cile, ma questo deve essere, con l'aiuto di Dio, il nostro proponi­ mento. Personalmente ne ho viste così tante (cose negative e pregiudizie­ voli) nel corso della mia vita cristiana, sia in singoli cristiani che in comunità, che davvero è un miracolo di Dio se ancora non ho ab­ bandonato tutto, "sbattendo la porta in faccia" alle chiese e andan­ domene senza rimpianto. "Ho resistito" ciononostante. Non così al­ tri che ­ ne ho conosciuti ­ , di fronte al cattivo, anzi, pessimo esempio di alcuni cristiani e comunità, si sono allontanati dalle chiese, ripromettendosi di non metterci più piede, e persino si sono allontanati dalla fede. "Infatti il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani, come sta scritto" (Romani 2:24). Devo anch'io sempre chiedermi: "Sono stato forse occasione di scandalo per qualcuno? Come potrei metterci rimedio?". Le parole di Gesù in questo testo sono estremamente dure: la re­ sponsabilità dei cristiani nel loro comportamento ed esempio è enorme! Quanto spesso siamo negligenti e superficiali in questo! Possiamo scandalizzare in questioni di grave incoerenza morale, ma anche nelle piccole cose; nelle parole che diciamo e nelle lette­ re o E­Mail alle quali nemmeno ci peritiamo di rispondere! Abbia­ mo certo sempre le nostre scuse per giustificare le nostre azioni o non azioni, ma anche non rispondere gentilmente ad una E­Mail, mancare di onorare le proprie promesse, non pagare qualche debi­ to (di varia natura), non restituire quanto preso a prestito, ecc. può avere effetti negativi più gravi di quanto si pensi e fare perde­ re ogni fiducia nelle chiese! Spesso le chiese "parlano bene ma raz­ zolano male" ed altri le superano quanto a correttezza! La chiesa cristiana è dunque irrimediabilmente corrotta a tutti i li­ velli tanto che è meglio coltivare la fede in privato o solo con alcu­ 148


ne persone? Così recentemente mi hanno detto. No, bisogna ono­ rare la chiesa perché "è un'idea di Dio": ci deve essere e deve fun­ zionare come Dio ha detto nella Sua Parola. Se però vituperiamo il nome di Cristo con il nostro comportamento, dovremo affrontare la ben giustificata ira di Dio nei nostri riguardi, e subirne tutte le conseguenze, come Gesù mette bene in chiaro nel testo di oggi.

PREGHIERA Signore Iddio, aiutami a vigilare su me stesso affinché il mio com­ portamento e testimonianza cristiana, anche nelle piccole cose, sia il più possibile irreprensibile. Non voglio scandalizzare ma edificare, non voglio essere causa di vituperio per la chiesa e la causa cristiana, ma dare a Te ed al Tuo Evangelo ogni onore e gloria, sempre. Amen.

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60 Usa e getta? “1 Poi Gesù partì di là e se ne andò nei territori della Giudea e oltre il Giordano. Di nuovo si radunarono presso di lui delle folle; e di nuovo egli insegnava loro come era solito fare. 2 Dei farisei si avvicinarono a lui per metterlo alla prova, dicendo: «È lecito a un marito mandar via la moglie?» 3 Egli rispose loro: «Che cosa vi ha comandato Mosè?» 4 Essi dissero: «Mosè per­ mise di scrivere un atto di ripudio e di mandarla via». 5 Gesù disse loro: «È per la durezza del vostro cuore che Mosè scrisse per voi quella norma; 6 ma al principio della creazione Dio li fece maschio e femmina. 7 Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre, e i due saranno una sola carne. 8 Così non sono più due, ma una sola carne. 9 L'uomo, dunque, non separi quel che Dio ha unito». 10 In casa i discepoli lo interrogarono di nuovo sullo stesso argomento. 11 Egli disse loro: «Chiunque manda via sua moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; 12 e se la moglie ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio»" (Marco 10:1­11).

In un tempo come il nostro dove prevale il consumismo anche nei rapporti umani ("Sto con te fintanto che mi servi, fintanto che mi piaci, e poi quando non mi convieni più trovo un 'modello miglio­ re' e ti getto via"), la questione posta a Gesù da quei farisei: «È le­ cito a un marito mandar via la moglie?» rimane molto rilevante. Per loro, però, non si trattava di una domanda sincera, perché era posta solo "per metterlo alla prova". Qualunque cosa Gesù avesse da dire, avrebbero comunque continuato a fare quel che volevano, contestandolo pregiudizialmente. Il fatto sta, però, che per quanto si giustifichi il nostro comporta­ mento nel campo di ripudio e di divorzio, la nostra coscienza bene rileva il fatto che "c'è qualcosa che non va", che non dovrebbe es­ 150


sere così. Difatti, il progetto iniziale di Dio per l'uomo e per la donna, prima di essere guastato dal peccato, era la permanenza ed unicità del loro rapporto: esiste per te un partner ideale, "quello che fa al caso tuo" (quello che Dio ti fornisce) e con il quale for­ mare un'unità umana e spirituale che dura tutta la vita tanto da non aver alcuna necessità d'altri a quel livello. Una cosa, però, è il progetto creativo iniziale, "l'ideale" a cui dob­ biamo tendere e la realtà che oggi viviamo, guastata in ogni modo dal peccato. Di fronte ai danni dei rapporti umani prodotti dal peccato, il Signore Iddio, attraverso la Sua legge (data tramite Mosè e che include quanto da Lui prescritto attraverso la Bibbia), fornisce delle "misure contenitive", delle "concessioni" che, benché "non ideali", servono a rimediare, a "tamponare" in qualche misura le conseguenze del peccato. Queste "misure contenitive" includono il divorzio, che Dio accoglie e "regolamenta" per sovvenire alla "durezza" del cuore umano, per proteggere gli innocenti, per ga­ rantire i loro diritti e necessità e, compassionevolmente, provvede­ re anche ai colpevoli la possibilità di "rifarsi una vita" quando si ravvedono dai loro peccati, "imparando la lezione". L'ideale del matrimonio come Dio l'aveva previsto sin dall'inizio, però, non può essere imposto a forza, ma deve rimanere l'obiettivo a cui responsabilmente il credente deve tendere. Esiste, infatti, il "fariseismo" di chi abusa delle concessioni di Dio al riguardo del divorzio giustificando troppo facilmente il proprio comportamen­ to, ma c'è anche il fariseismo di chi ti vorrebbe costringere spieta­ tamente in una situazione insostenibile in forza di un principio as­ soluto che oggi non è sempre realizzabile. Pur affermando il prin­ cipio dell'indissolubilità del matrimonio, Gesù rimane compassio­ nevole e comprensivo di fronte a situazioni concrete che devono e possono essere "riaggiustate" in qualche modo. In ogni caso Gesù qui denunzia ogni abuso delle concessioni di Dio esortando i credenti al senso di responsabilità, facendo tutto il possibile, con l'aiuto di Dio, per tendere verso l'ideale. Con la pre­ ghiera e con l'impegno devo chiedere a Dio che mi faccia trovare il 151


partner "giusto per me" e che mi aiuti giorno per giorno a risolvere gli inevitabili problemi dei rapporti umani secondo la Sua sapien­ za.

PREGHIERA Signore Iddio, ti ringrazio per tutto ciò che hai provveduto affinché la mia vita sia realizzata compiutamente secondo i tuoi progetti ori­ ginali. Aiutami a comprendere ed a vivere nel migliore dei modi ciò che Tu hai stabilito per la mia vita. Ti ringrazio anche per la Tua stupefacente pazienza e compassione quando provvedi a "tamponare e fasciare le ferite" che altri mi hanno causato o che io stesso ho cau­ sato, permettendomi di vivere nel migliore dei modi anche se "non è l'ideale". Ti ringrazio, infine, per le risorse che metti a mia disposi­ zione per vivere responsabilmente e con impegno secondo la Tua vo­ lontà. Amen.

61 Gesù benedice i bambini "13 Gli presentavano dei bambini perché li toccasse; ma i disce­ poli sgridavano coloro che glieli presentavano. 14 Gesù, veduto ciò, si indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomi­ glia a loro. 15 In verità io vi dico che chiunque non avrà rice­ vuto il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà affatto». 16 E, presili in braccio, li benediceva ponendo le mani su di loro" (Marco 10:13­16).

In quei giorni l'interesse per Gesù e tutto quel che rappresentava, pareva essere per i Suoi discepoli, "una questione per persone ma­ ture". Suscitava infatti intensi dibattiti politici e religiosi, aveva a che fare con la guarigione morale e spirituale di peccatori, malati, indemoniati ecc. Che potevano avere a che fare con tutto questo 152


dei bambini? Sarebbero stati solo di imbarazzo, un fastidio. Acco­ starli a Gesù sarebbe stato persino "inappropriato". Coloro che glieli portavano, però, avevano compreso, a questo riguardo, più dei Suoi stessi discepoli. Genitori e tutori comprendevano quale buona influenza Gesù avrebbe avuto sui loro bambini, perché da Gesù irradiava nient'altro che amore, pace, sapienza, forza di vita e di guarigione, particolarmente necessaria proprio quando i bam­ bini in questo mondo sono sottoposti a così tante influenze corrut­ trici. Ecco così che Gesù si indigna dell'atteggiamento dei Suoi di­ scepoli, additando proprio quei bambini (non sappiamo che età avessero) come esempio, modello di apertura verso il Regno di Dio, senza pregiudizi e malizia. Ecco così che Gesù li benedice e, valorizzandoli, raccomanda a tutti di prendersene sempre amore­ vole cura. Il nostro atteggiamento al riguardo di bambini e "religione", in modo particolare bambini e Gesù, oggi è molto ambivalente e Gesù se ne indignerebbe tanto se non più di allora. In alcuni c'è la tendenza opposta, l'idea cioè che Gesù riguardi solo il mondo dei bambini. Gesù e "il vangelo" per alcuni è solo "una bella favola" che "certo" non può interessare gli adulti! Certi genitori portano e lasciano i bambini "in chiesa" (magari per il catechismo, la scuola domenicale o "il culto familiare") e loro se ne escono, "passando più tardi a riprenderseli", come se la cosa non riguardasse loro, "gli adulti" che ...hanno "ben altre cose da fare". Hanno l'idea che la chiesa riguardi solo i bambini, come una volta certi uomini pen­ savano che riguardasse "solo le donne". Stupefacente! D'altro can­ to, in ambienti molto secolarizzati, c'è oggi l'idea che i bambini debbano essere tenuti alla larga dall'influenza "della religione", come se si trattasse di qualcosa di negativo, con il pretesto, magari che "non bisogna influenzare" i bambini e che ...decideranno da grandi se interessarsi di religione oppure no! Il presupposto, natu­ ralmente, è che solo loro abbiano il diritto di influenzare i bambini con l'ideologia laicista ed umanista e che "la religione" sia solo un "primitivo" retaggio del passato. La comunità cristiana, coloro che credono e vivono l'insegnamento 153


di Gesù, valorizza i bambini e sa che è estremamente importante accompagnarli a Gesù, lasciare che Egli li benedica, li istruisca nei Suoi valori, impartisca loro il Suo Spirito, li educhi ad una vita vera e significativa, quella che solo Gesù può dare. La comunità cristiana ed i genitori cristiani sanno quanto è importante che i bambini apprendano Gesù e la Sua Parola il più presto possibile, non solo affinché possano continuare a portare avanti la nostra co­ munità cristiana ed i valori dell'Evangelo quando gli altri non ci saranno più, ma perché sono persuasi che solo Gesù, solo l'educa­ zione cristiana può formare uomini e donne realizzati in ciò che più conta nella vita, uomini e donne in armonia con Dio e con la Sua volontà. Essi, infatti, sono ricettivi: dobbiamo proteggerli dai disvalori di questo mondo e dal nostro spesso cattivo esempio e la­ sciare che assorbano tutto ciò che Gesù è e rappresenta. Non c'è migliore atto d'amore che possiamo fare loro. Le persone che quel giorno avevano portato i loro bambini da Gesù lo avevano com­ preso.

PREGHIERA Ti ringraziamo, Signore, per tutti coloro che ci hanno accompagnato a Gesù fin da piccoli, continuando a darci un buon esempio su ciò che significa essere cristiani. Questo ha favorito la nostra conversio­ ne alla fede cristiana. Dà anche a noi, Te ne preghiamo, lo stesso apprezzamento verso i bambini e persuadici sempre di più come sia importante portarli a Cristo con la nostra parola e con il nostro esempio, affinché crescano come uomini e donne realizzati e benedet­ ti da Te. Amen.

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62 Altarini segreti "17 Mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse e, inginoc­ chiatosi davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» 18 Gesù gli dis­ se: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. 19 Tu sai i comandamenti: "Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dire falsa testimo­ nianza; non frodare nessuno; onora tuo padre e tua madre"». 20 Ed egli rispose: «Maestro, tutte queste cose le ho osserva­ te fin dalla mia gioventù». 21 Gesù, guardatolo, l'amò e gli disse: «Una cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». 22 Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, per­ ché aveva molti beni. 23 Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!» 24 I discepoli si stu­ pirono di queste sue parole. E Gesù replicò loro: «Figlioli, quanto è difficile [per quelli che confidano nelle ricchezze] entrare nel regno di Dio! 25 È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entra­ re nel regno di Dio». 26 Ed essi sempre più stupiti dicevano tra di loro: «Chi dunque può essere salvato?» 27 Gesù fissò lo sguardo su di loro e disse: «Agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio»” (Marco 10:17­27).

Un tale "che aveva molti beni", "un ricco", va da Gesù e Gli chiede: "Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". Focalizzando la sua vita sull'arricchirsi, vorrebbe così aggiungere ai suoi beni an­ che "l'eredità celeste". Secondo i criteri di questo mondo certamen­ te egli "sa come si vive". Non è nemmeno un "materialista puro" perché non disdegna, anzi cerca di integrare nella sua visione del mondo, i "valori spirituali". Onora la moralità e la religione ed ha 155


un occhio di considerazione anche per Gesù, che considera un "maestro buono", Uno dal quale certamente potrà "ricavarne" qual­ cosa di buono! Non ha quindi pregiudizi verso Gesù. Qui non è scritto, ma possiamo immaginare che i discepoli di Gesù vedano di buon occhio uno così che si inginocchia davanti a Gesù e che sa­ rebbe sicuramente molto utile per sostenere e finanziare il movi­ mento cristiano! ...solo che Gesù "se lo lascia scappare" con le Sue "solite" espressioni massimaliste! Che cosa c'era che "non andava" in quest'uomo e, soprattutto, che cos'è che "non va" in Gesù che sembrerebbe sfidare (e non è la prima volta) "le regole del buon senso"! Questi sono i nostri ragionamenti, non è vero? Gesù non disprezza quest'uomo, anzi, "lo ama" (21), lo guarda con simpatia. Gesù, però, guarda anche oltre la sua condizione esterio­ re, al di là della sua moralità, religiosità e indubitabile disponibili­ tà. Gesù guarda nelle profondità del suo cuore e vi scopre un at­ teggiamento di fondo non buono che, al fine di correggerlo, sfida con una richiesta appositamente "esagerata": "Va', vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e se­ guimi". Gesù così lo mette alla prova: se la supera, potrà sicura­ mente seguirlo e conseguire il "tesoro in cielo" al quale ambisce. Gesù non pretende questo necessariamente da tutti (dare tutto quel che si possiede ai poveri per seguire Gesù "nudi"), ma potreb­ be da noi personalmente pretendere di "smantellare il nostro alta­ rino segreto" (quello che ci sta particolarmente a cuore), oppure di rinunciare al nostro "peccato favorito", qualora questo fosse per noi più importante di Dio. La promozione del regno di Dio, infatti, deve essere per il discepolo di Gesù, la sua prima ambizione, an­ che se questo significasse "non guardagnarcene nulla", non averne alcun profitto personale. Gesù dice: "Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più" (Matteo 6:33). Questo testo non si rivolge necessariamente ai ricchi di beni mate­ riali, ma a tutti coloro che "accumulano per sé stessi" una qualsiasi cosa e mettono Dio in qualche modo, in secondo piano. Dato che 156


tutti (chi più o chi meno) hanno cose a cui non vorrebbero rinun­ ciare mai e sono difficilmente disposti a mettere davvero Dio al primo posto (non semplicemente ad "aggiungerlo" ad altre cose), i discepoli di Gesù si chiedono: «Chi dunque può essere salvato?» (27); infatti "...è più facile che un cammello etc.". La vera conver­ sione a Dio è dunque impossibile? Certo, noi possiamo produrre solo conversioni false o "discutibili". Quando però un uomo o una donna davvero mettono Dio al primo posto nella loro vita è suc­ cesso davvero un miracolo, un miracolo della grazia e della poten­ za di Dio. È per questo che Gesù dice: «Agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio» (27), un miraco­ lo simile a quello che era avvenuto nel caso di Zaccheo che, dopo aver accolto Gesù in casa sua, dice: "«Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; se ho frodato qualcuno di qualcosa gli rendo il quadruplo». Gesù gli disse: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa" (Luca 19:8­9). Diciamo allora al Signore: "Tu mi hai punito, come un vitello non domato; convertimi, e io mi convertirò, poiché tu sei il SIGNORE, il mio Dio" (Geremia 31:18).

PREGHIERA Signore Iddio, anche se la cosa potrebbe essermi alquanto "scomo­ da", identifica e distruggi "gli altarini" segreti nella mia vita, affin­ ché io ti metta davvero al primo posto e Ti renda l'onore e la glo­ ria che Ti appartiene. Amen.

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63 Che cosa ce ne ricaviamo? "28 Pietro gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito». 29 Gesù rispose: «In verità vi dico che non vi è nessuno che abbia lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o campi, per amor mio e per amor del vangelo, 30 il quale ora, in questo tempo, non ne riceva cento volte tan­ to: case, fratelli, sorelle, madri, figli, campi, insieme a persecu­ zioni e, nel secolo a venire, la vita eterna. 31 Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi primi»" (Marco 10:28­31).

...a forza di sentir parlare di croce, di rinuncia, di vendere tutto e darlo ai poveri, i discepoli si preoccupano e Pietro, con quel suo: «Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito», è come se timidamente dicesse a Gesù: "Abbiamo investito in Te ogni cosa, ma alla fin fine, cosa ne ricaviamo? ". Sì, abbiamo la­ sciato casa, famiglia, amici... La domanda è comprensibile e Gesù non li rimprovera per questo. No, non devono temere come se Gesù prospettasse loro solo "retri­ buzioni spirituali nell'aldilà". La prospettiva di Gesù è integrale: "anima e corpo" vanno sempre assieme, nel nuovo cielo e nella nuova terra ma anche "quaggiù"! Se loro considerano i beni e le soddisfazioni di questa vita nel modo giusto, nella giusta prospet­ tiva, se ne fanno uso secondo la volontà di Dio e non come un fine in sé stesso per soddisfare la propria concupiscenza, anche nel mezzo di persecuzioni e rinunce essi potranno godere di concrete soddisfazioni. Potranno certo aver lasciato famigliari ed amici non compatibili e resistenti ai valori dello stile di vita cristiano, ma nel­ l'ambito della comunità cristiana trovano innumerevoli "case, fra­ telli, sorelle, madri, figli...". Sì, il cristiano vede che l'ambito dei suoi rapporti sociali si estende molto più di prima e diventano rap­ porti sociali "di qualità", non superficiali ed interessati, come spes­ 158


so accade in questo mondo. Una volta, quando Sua madre e i Suoi fratelli naturali erano venu­ ti a cercare Gesù per "riportarselo a casa" allontanandolo dalla Sua missione, Egli risponde: "Mia madre e miei fratelli son quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Luca 8:21). Senza disprezzare per questo i Suoi diretti famigliari, Gesù è come se dicesse che la Sua famiglia naturale "non gli manca", per­ ché fra quelli che veramente fanno la volontà di Dio, Egli ne ha trovati innumerevoli altri "familiari", e non rimpiange minima­ mente i primi. La comunità cristiana diventa veramente famiglia. Inoltre, la vera comunità cristiana (come testimonia la chiesa che troviamo negli Atti degli Apostoli) condivide i propri beni tanto che in essa non vi sarà mai qualcuno che si trovi privo del necessa­ rio, anzi... Certo, in certe situazioni, il cristiano può trovarsi solo ed isolato e la cosa può essere pesante. Questa solitudine, però, può essere an­ che colpa della sua negligenza perché non cerca sufficientemente la compagnia e l'aiuto di fratelli e sorelle in fede, oppure può esse­ re colpa della negligenza di chiese o cristiani che non fanno abba­ stanza, come dovrebbero, per conoscere, visitare ed integrare il cristiano isolato (la comunità cristiana primitiva aveva istituito la funzione dei diaconi per occuparsi, per esempio, delle vedove, dei malati e dei poveri). Quand'anche la negligenza non fosse il caso, ci sono tanti modi in cui il cristiano isolato e bisognoso può sovve­ nire alle sue necessità chiedendo al Signore, in preghiera, che le Sue promesse si realizzino stimolando la responsabilità e creativi­ tà sua e dei cristiani della zona in cui vive. In ogni caso il Signore può e vuole provvedere "agli ultimi" e rim­ provera "i primi" che, se non fanno quel che devono, potrebbero perdere ciò di cui sono tanto fieri.

PREGHIERA Signore Iddio, aiutami a non farmi prendere dall'ansia quando, per 159


seguirti, mi ritrovo privo di quel conforto materiale ed umano che altri, che pure non Ti conoscono, sembrano avere. Aiutami a mettere in funzione ed utilizzare tutte le risorse che Tu metti a disposizione dei Tuoi per sovvenire alle loro necessità. Voglio però fare il primo passo per occuparmi io stesso degli altri e troverò in loro i membri della Tua famiglia. Amen.

64 Salita a Gerusalemme "32 Mentre erano in cammino salendo a Gerusalemme, Gesù andava davanti a loro; essi erano turbati; quelli che seguivano erano pieni di timore. Egli prese di nuovo da parte i dodici, e cominciò a dir loro le cose che stavano per accadergli: 33 «Noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà dato nelle mani dei capi dei sacerdoti e degli scribi. Essi lo condanneran­ no a morte e lo consegneranno ai pagani, 34 i quali lo scherni­ ranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e l'uccideranno; ma, dopo tre giorni, egli risusciterà»" (Marco 10:32­34).

Comincia la salita verso Gerusalemme. Non è un sentiero difficile, ma consapevoli di quello che sta per succedere a Gesù, è come se fosse una scalata su una parete alpina di grande difficoltà e peri­ colo. È come andarsi apposta a cacciare tra le fauci del leone: è "un suicidio". A Gerusalemme è stanziata la classe politica e reli­ giosa dominante che vi dispiega tutto il suo terrificante potere. Gesù procede con decisione davanti a loro. Nessuno riuscirà a per­ suaderlo a desistere. Lo seguono, turbati e pieni di timore i Suoi discepoli. Per la terza volta Gesù preannuncia il Suo arresto, soffe­ renza e morte. Non possono più dire di non aver capito quel che vuol dire. Più chiaro di così... Non l'ha detto, poi, solo una volta, "per sbaglio". È chiaro che non si recano a Gerusalemme per innescare una rivo­ 160


luzione. In un certo senso sì, ma non quella che pensano. Sono di­ sarmati e "disorganizzati": nulla è stato predisposto per un'even­ tuale insurrezione; non vi saranno truppe alleate pronte a venire in loro soccorso. Conta forse su "legioni di angeli"? Chissà. "Da come Gesù ne parla, la cosa 'non si prospetta bene'". Il senso di tutto questo continua a sfuggire a molti fra loro. La cosa che più li sconcerta è l'annuncio, dopo la morte di Gesù, della Sua risurrezione. Cosa davvero inaudita, "assurda" perché senza precedenti. Sì, non è facile questa fiducia perché le realtà di cui Gesù parla non è mai stata sperimentata prima, né da loro, né da nessun altro. Era stata solo adombrata nelle profezie, intuita, pregustata in parte nell'episodio della Trasfigurazione. La potenza di Gesù, inoltre, non era manifesta nelle Sue opere di guarigione? Non aveva forse risuscitato anche dei morti? Sì, ma si sa quanto la mentalità umana riesca sempre a razionalizzare ogni cosa, a inter­ pretare la realtà solo sulla base delle esperienze passate. Se voglia­ mo comprendere Gesù, però, questo non lo possiamo fare, perché siamo di fronte all'inaudito, al "senza precedenti". Non possiamo pretendere di spiegarlo completamente. Solo dopo, dopo l'espe­ rienza della risurrezione ed alla sua luce, retrospettivamente, com­ prenderanno il senso di quanto era avvenuto. Non prima. Così an­ che noi. Che fare, allora? Certo continuare, per quanto perplessi, a dargli fiducia. Egli sa quel che sta facendo. Questo vale anche per noi. La realtà di Gesù spesso va oltre alle nostre esperienze passate. Non possiamo leggerla in quella luce. Gesù dice: "Io faccio ogni cosa nuova". Che avverrà alla nostra morte? Come sarà il nuovo cielo e la nuova terra? Difficile immaginarlo. Pretendere di poterlo fare è stupido. Bisogna dargli fiducia. Gesù non l'ha mai tradita. È com­ prensibile essere turbati e timorosi come quei discepoli. Essi, però, procedono, continuano a seguirlo. Altri Gli voltano le spalle e tor­ nano indietro. Non sono disposti a seguire Gesù fino a quel punto. Loro no, proseguono. Gli danno fiducia. Così dobbiamo fare noi anche fra le incertezze della vita. 161


PREGHIERA Signore Iddio, la vita cristiana coerente è senza dubbio un difficile sentiero in salita. Spesso mi coglie la paura e l'incertezza. Talvolta mi sembra di non farcela, che le forze mi manchino, o peggio, che lassù non ci sia nulla se non un burrone dal quale cadere e sfracel­ larsi. Turbato e timoroso, però, come i discepoli fedeli di Gesù, io procedo, dandogli fiducia. Io credo, ma sovvieni tu alla mia incre­ dulità. Amen.

65 Onore e gloria, ma su altre strade... "35 Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, si avvicinarono a lui, dicendogli: «Maestro, desideriamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». 36 Egli disse loro: «Che volete che io faccia per voi?» 37 Essi gli dissero: «Concedici di sedere uno alla tua destra e l'altro alla tua sinistra nella tua gloria». 38 Ma Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete voi bere il calice che io bevo, o essere battezzati del battesimo del quale io sono battezzato?» Essi gli dissero: «Sì, lo possiamo». 39 E Gesù disse loro: «Voi certo berrete il calice che io bevo e sarete battez­ zati del battesimo del quale io sono battezzato; 40 ma quanto al sedersi alla mia destra o alla mia sinistra, non sta a me con­ cederlo, ma è per quelli a cui è stato preparato». 41 I dieci, udi­ to ciò, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. 42 Ma Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che quelli che son reputati principi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. 43 Ma non è così tra di voi; anzi, chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro ser­ vitore; 44 e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti. 45 Poiché anche il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prez­ zo di riscatto per molti»" (Marco 10:35­44). 162


Strana preghiera quella di Giacomo e Giovanni. Una preghiera alla quale Gesù risponde negativamente. Perché? "Voi non sapete quel­ lo che chiedete" (38). Preghiere ingenue... preghiere presuntuose... preghiere che Dio, nella Sua saggezza, è meglio che non risponda o che vi risponda diversamente. Siamo delusi per il fatto che Dio non ci abbia risposto nei termini, nella misura, quan­ do, dove e come avevamo pregato? Non dovremmo, Lui sa meglio di noi se e quando risponderci. Dobbiamo dargli fiducia. In ogni caso verifichiamo che il contenuto delle nostre preghiere sia com­ patibile con lo spirito e la volontà di Cristo. Stavano salendo verso Gerusalemme turbati e timorosi, ma qual­ cuno di loro forse ancora sperava in un qualche miracoloso attac­ co al potere, un colpo di stato da parte di Gesù! Ecco così come la preghiera di Giacomo di e Giovanni fosse basata sul fatto che an­ cora non avevano compreso come la via della gloria, per Gesù, non avrebbe percorso i canoni di questo mondo e, in ogni caso, sa­ rebbe stata ...la gloria del crocifisso! "Non credo che voi intendiate essere crocifissi con me, uno alla mia destra ed uno alla mia sini­ stra... mi dispiace, ma quei posti sono già riservati ...a due ladroni!". Gesù, poi, indirettamente, dice che Giacomo e Giovanni avrebbero seguito Gesù sulla via del martirio, il loro "calice amaro", il loro "battesimo di sangue". L'indignazione degli altri discepoli rivela altrettanta incomprensio­ ne della realtà: "Come vi permettete di chiedere per voi stessi dei privilegi? E noi? Chi siamo forse? Il 'primato' va a Pietro, non a voi due...". Quanto sono stupidi tutti quanti, diremmo noi. Eppure, nel corso della storia, quanti "ecclesiastici" hanno rincorso "i valori" di questo mondo pretendendo gloria, onori e ricchezze accanto ai potenti, e persino pretendendo di essere più grandi ed importanti dei potenti di questo mondo! Quanti "papi", "cardinali", presunti "vicari di Cristo" sono stati e sono alla ricerca di questa gloria! ...e questo non solo nel Cattolicesimo romano, ma anche nell'Ortodos­ sia orientale e nel Protestantesimo. Quanti predicatori ed evange­ listi, pure, vantano per sé stessi fama, notorietà, potenza, risorse! Quanti "papetti" ambiscono al potere persino in una piccola comu­ 163


nità... Comprenderemo mai la lezione di Cristo? Così non deve essere fra noi. Vogliamo essere "primi" nel regno di Dio? Diventiamo allora i servitori di tutti. Aspiriamo a fare i lavori più umili. C'è chi si of­ fende perché è costretto "ad abbassarsi" facendo quanto il mondo considera disonorevole: quello è un onore per Cristo. I valori di Cristo sono capovolti rispetto a quelli che prevalgono quaggiù. Possiamo pretendere di essere cristiani se non lo comprendiamo e lo pratichiamo? La via di Cristo è: "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere ser­ vito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti". [Notate, fra parentesi, quel "per molti", non "per tutti"]∙ PREGHIERA Signore Iddio, quanto spesso dovresti rimproverarmi perché ancora non comprendo "lo stile" del Tuo Figlio Gesù Cristo e ambisco a ciò che il mondo considera importante. Perdonami, imprimi in me sem­ pre di più la Tua via, per essere quel che Tu vuoi. Amen.

66 Coraggio, Egli ti chiama “46 Poi giunsero a Gerico. E come Gesù usciva da Gerico con i suoi discepoli e con una gran folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco mendicante, sedeva presso la strada. 47 Udito che chi pas­ sava era Gesù il Nazareno, si mise a gridare e a dire: «Gesù, fi­ glio di Davide, abbi pietà di me!» 48 E molti lo sgridavano per­ ché tacesse, ma quello gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!» 49 Gesù, fermatosi, disse: «Chiamatelo!» E chia­ marono il cieco, dicendogli: «Coraggio, àlzati! Egli ti chiama». 50 Allora il cieco, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51 E Gesù, rivolgendosi a lui, gli disse: «Che cosa vuoi che ti faccia?» Il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io ricuperi la 164


vista». 52 Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». In quell'istante egli ricuperò la vista e seguiva Gesù per la via" (Marco 10:46­52).

Ieri abbiamo visto che Giacomo e Giovanni si erano accostati a Gesù con una richiesta. Egli risponde alla supplica di quest'uomo, cieco e mendicante, allo stesso modo: «Che cosa vuoi che ti faccia?». Gesù sembra quasi rassegnato che la gente vada a Lui solo per chiedere. Preghiera non è solo richiesta, è anche esprime­ re la gioia della comunione. In ogni caso Gesù è consapevole di es­ sere venuto, nel Suo grande amore, per fare per noi qualcosa, per farci del bene. Non si tratta, però, di "qualsiasi cosa", ma ciò che davvero ci serve per renderci persone integre. Giacomo e Giovanni non avevano bisogno, per essere davvero integri, completi, di posi­ zioni di potere, di supremazia, o di onori particolari. I bisogni che avvertiamo, non sono necessariamente ciò che necessitiamo più d'ogni altra cosa. Ci rende integri, realizzati e completi l'essere, il pensare e l'agire come Gesù: vivere la Sua pace nell'amore che si dona, a Dio ed al nostro prossimo. È infatti il rapporto di fiducia con Dio, la comunione con Lui che può soddisfarci veramente. In Lui i nostri bisogni di base trovano risposta, ma in Lui troviamo molto di più. Gesù rende la vista a quell'uomo cieco, ma gli dice: «Va', la tua fede ti ha salvato». Questo è molto più che dire: "Va', ora ci vedrai", ma: "La tua fede in me, oltre a restituirti una facoltà fisica, per quanto importante, ti ha reso 'salvo', integro, completo, come essere umano destinato alla comunione con Dio. Hai confessato la tua fede in me: il 'Figlio di Davide', il Messia, il Salvatore. Io ti ho dato, così, 'la chiave' non solo della visione fisica, ma, ancor di più, la chiave della 'visione spirituale'. Seguendomi tu scoprirai sempre nuove dimensioni della vita umana, quelle che dovevate avere fin dall'inizio, prima che il peccato guastasse ogni aspetto della vostra esistenza". Quell'uomo, così, "segue Gesù per la via". Come non vedere in questo l'inizio per lui del cammino della vita cristiana. Lo troverà certo impegnativo, ma molte saranno per lui 165


le soddisfazioni. Notate anche quel "gettato via il mantello, balzò in piedi". Per an­ dare da Gesù e con Gesù, dobbiamo lasciare "il mantello" che co­ pre i nostri peccati, affinché Lui li rilevi e ce e liberi. Dobbiamo la­ sciare i nostri "stracci di giustizia", poveri, rattoppati e puzzolenti, con i quali ci coprivamo. Se pure ci servivano in qualche modo in questo mondo, certo non sono sufficienti, adatti, per comparire degnamente davanti a Dio. Gesù ci coprirà con il Suo "mantello", nuovo, ricco e caldo, tanto che sembreremo figli di re. Il nostro "mantello" è pesante ed ingombrante. Non ci serve: Senza di esso possiamo balzare in piedi liberi e correre verso Gesù, che ci done­ rà quanto ci occorre. Sono immagini, ma riflettete quanto siano pertinenti: che cos'è che "ci ingombra" per raggiungere liberamen­ te Gesù? Non c'è nulla che valga la pena di portarci dietro quando andiamo a Gesù. "... che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giu­ stizia, santificazione e redenzione" (1 Corinzi 1:30).

PREGHIERA Signore Iddio, Tu che oggi sei venuto a me attraverso questo testo del vangelo, elevo verso di Te la voce della mia preghiera per implorarti che Tu, nel Tuo amore, mi venga in soccorso. Solo Tu puoi davvero rispondere ai miei bisogni. Al Tuo richiamo, così, corro verso di Te fi­ ducioso, abbandonando i miei stracci, affinché Tu sii il mio tutto. Amen.

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67 Il legittimo Sovrano nei Suoi possedimenti "1 Quando furono giunti vicino a Gerusalemme, a Betfage e Be­ tania, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi di­ scepoli, 2 dicendo loro: «Andate nel villaggio che è di fronte a voi; appena entrati, troverete legato un puledro d'asino, sopra il quale non è montato ancora nessuno; scioglietelo e conduce­ telo qui da me. 3 Se qualcuno vi dice: "Perché fate questo?" ri­ spondete: "Il Signore ne ha bisogno, e lo rimanderà subito qua"». 4 Essi andarono e trovarono un puledro legato a una porta, fuori, sulla strada, e lo sciolsero. 5 Alcuni tra quelli che erano lì presenti dissero loro: «Che fate? Perché sciogliete il pu­ ledro?» 6 Essi risposero come Gesù aveva detto. E quelli li la­ sciarono fare. 7 Essi condussero il puledro a Gesù, gettarono su quello i loro mantelli ed egli vi montò sopra. 8 Molti stendeva­ no sulla via i loro mantelli; e altri, delle fronde che avevano ta­ gliate nei campi. 9 Coloro che andavano avanti e coloro che ve­ nivano dietro gridavano: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 10 Benedetto il regno che viene, il regno di Davide, nostro padre! Osanna nei luoghi altissimi!». 11 Gesù entrò a Gerusalemme nel tempio; e dopo aver osservato ogni cosa in­ torno, essendo già l'ora tarda, uscì per andare a Betania con i dodici" (Marco 11:1­11).

Gesù giunge così a Gerusalemme per l'ultima parte del Suo servi­ zio terreno. Gerusalemme era "la capitale" scelta da Dio come sede principale del culto a Lui dovuto e centro d'irradiazione del Suo regno. Avrebbe ben presto perduto, però, il suo ruolo nei propositi di Dio. Gesù aveva detto: "....credimi; l'ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre.(...) Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spiri­ to e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori" (Giovanni 4:21,23). Gesù entra, così, in quella che si potrebbe ben dire esse­ 167


re la Sua città, là dove c'è il Suo tempio. La regalità di Gesù si dimostra nella Sua accoglienza trionfale. il popolo Lo riconosce come il promesso Messia, discendente di Da­ vide e "legittimo erede al trono" (chi vi comandava allora non ave­ va titolo alcuno per farlo). Non sorprende che la cosa "preoccupi" chi occupa il potere e una tale entrata in città fa sì che vengano convocate "riunioni d'emergenza" del governo. Gesù entra in città sicuramente in modo diverso dai "normali potenti": lo fa in groppa ad un umile asinello, ma questo corrisponde a quanto le antiche profezie avevano preannunciato. "La cosa" non sfugge a chi cono­ sce le Scritture. Notate pure come Gesù, il Signore, il Re, abbia titolo a disporre d'ogni cosa, e questo, altresì è riconosciuto: "Se qualcuno vi dice: "Perché fate questo?" rispondete: "Il Signore ne ha bisogno... (...) E quelli li lasciarono fare". Quando Egli dice a noi ed a ciò che pos­ sediamo: "Il Signore ne ha bisogno", come rispondiamo? Ricono­ sciamo in questo il Suo diritto e sovranità? A differenza, però, dei potenti di questo mondo, Egli restituisce quanto chiede di poter usare! Non lo sfrutta e poi lo getta via, come ad esempio fa Satana con chi lo serve: chi pensa di averne profitto si sbaglia. Il nostro proverbio dice: "Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi"! Gesù, così, entra nella Sua città e "osserva ogni cosa intorno", compie un'ispezione. Quale sarà il risultato della Sua ispezione, la Sua valutazione dopo l'ispezione? È quello che vedremo domani. Se Gesù venisse, però, ad "ispezionare" la nostra vita oppure la no­ stra chiesa, come la troverebbe? In alcuni paesi è sorta l'iniziativa del "visitatore misterioso" che entra senza presentarsi come tale, per verificare la qualità di una comunità cristiana e del culto do­ menicale. Alcune comunità cristiane chiedono appositamente di essere visitate (senza preavviso!) per poter fare una sana verifica critica di sé stesse. Come risulteremmo noi?

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PREGHIERA Signore Iddio, ti accolgo nella mia vita come il legittimo Sovrano e Signore. Hai titolo a me stesso ed a tutto ciò che possiedo. Utilizzami per la Tua gloria e rileva, Te ne prego, laddove io non fossi abbastan­ za utile a Te o persino d'ostacolo al Tuo regno. Col Tuo perdono e con il Tuo aiuto mi impegno a cambiare. Amen.

68 Portare frutto a gloria di Dio "12 Il giorno seguente, quando furono usciti da Betania, egli ebbe fame. 13 Veduto di lontano un fico, che aveva delle foglie, andò a vedere se vi trovasse qualche cosa; ma, avvicinatosi al fico, non vi trovò niente altro che foglie; perché non era la sta­ gione dei fichi. 14 Gesù, rivolgendosi al fico, gli disse: «Nessuno mangi mai più frutto da te!» E i suoi discepoli udirono" (Marco 11:12­14).

Gesù una volta racconta una parabola a proposito di un ammini­ stratore disonesto e negligente: "Un uomo ricco aveva un fattore, il quale fu accusato davanti a lui di sperperare i suoi beni. Egli lo chia­ mò e gli disse: 'Che cos'è questo che sento dire di te? Rendi conto del­ la tua amministrazione, perché tu non puoi più essere mio fattore'" (Luca 12:1­2). Qui troviamo che Gesù visita il Suo popolo, il popo­ lo eletto, il popolo che doveva rappresentare Dio in questo mondo, e "fa un'ispezione": Li trova intenti a servire diligentemente il loro Signore? Ahimè no. Tante "belle foglie", ma nessun frutto. Vuole raccogliere quanto Gli spetta, ma non trova "neanche un fico". Tut­ to questo è bene rappresentato dalla "parabola vivente" che Gesù rappresenta con il fatto di andare, avendo fame, a cercare dei frut­ ti da mangiare presso un promettente albero e di non averne tro­ vati. ...non era però la stagione dei fichi! "Che senso ha tutto questo?", 169


si potrebbe chiedere qualcuno a questo punto. Queste parole sem­ brano essere la ragione per la quale Gesù, logicamente, non avreb­ be dovuto aspettarsi di trovare dei fichi. Il senso di queste parole, però, è diverso. Potrebbe significare: "Il tempo della raccolta dei fi­ chi non era giunto, e quindi, non essendo stati ancora raccolti, avrebbe dovuto ben trovarne"! O forse perché, benché si sarebbero dovuti aspettare fichi, non era stata una stagione propizia, un buon anno. Da un albero, però, così apparentemente rigoglioso si sarebbero dovuti attendere fichi. Oppure ancora, perché sembran­ do essere un albero promettente, benché non del tutto in stagione, certamente se ne sarebbero dovuti trovare. In ogni caso Gesù non ne trova, ed ecco le sue parole di maledizione. Le parole di maledizione di Gesù verso quest'albero ci sembrano assurde, quasi "un irrazionale scatto d'ira" del tutto non in linea con il carattere che abbiamo imparato a conoscere in Gesù. Se però riflettiamo bene, pensiamo ad un coltivatore che si aspetta che le sue piante producano frutto. Se una di queste piante, nono­ stante la cura che vi ha prodigato, persiste a non produrre frutto, il coltivatore, "senza tante storie" elimina quella pianta e la sosti­ tuisce con un'altra. Un'altra volta Gesù dice: "Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. .... In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli" (Giovanni 15:5­8). Così sembra essere per lo storico popolo di Israele verso il quale pure Gesù dice: "Nessuno mangi mai più frutto da te!". Che cos'è questo se non la fine della funzione storica della nazione di Israele nei piani di Dio? Israele, in quanto nazione storica termina qui la sua funzione, il suo significato religioso e diventa tanto quanto qualsiasi altra nazione. Il popolo di Dio, infatti, con Gesù diventa sovranazionale. Al popolo di Dio apparterranno gente d'ogni cul­ tura, lingua e nazione, "Giudei e greci" e tutti gli altri... Il popolo 170


di Dio autentico sarà formato da discepoli di Gesù fedeli, non im­ porta a quale nazione terrena appartengano. Quella "terra promes­ sa" non avrà più alcuna importanza, quella Gerusalemme non avrà più il significato religioso di prima. Non importerà più dove si an­ drà ad adorare Dio. Gerusalemme potrà continuare al massimo ad essere un bel museo di ricordi, ma per i cristiani non avrà più al­ cun significato religioso. Facciamo però attenzione all'ammonimento dell'apostolo Paolo scrive: "Allora tu dirai: «Sono stati troncati i rami perché fossi inne­ stato io». Bene: essi sono stati troncati per la loro incredulità e tu ri­ mani stabile per la fede; non insuperbirti, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te. Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; ma verso di te la bontà di Dio, purché tu per­ severi nella sua bontà; altrimenti, anche tu sarai reciso. Allo stesso modo anche quelli, se non perseverano nella loro incredulità, saran­ no innestati; perché Dio ha la potenza di innestarli di nuovo" (Ro­ mani 11:19­23). Abbiamo "udito" anche noi quanto Gesù qui dice?

PREGHIERA Signore Iddio, da me Tu Ti aspetti che produca buoni frutti alla Tua gloria. Fa' sì che io mi tenga sempre stretto a Cristo e che sia diligen­ te nell'ubbidirti. Che la mia fedeltà Ti dia gloria e che io non debba mai essere in condizione di essere messo da parte per la mia negli­ genza e vergogna. Amen.

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69 Troppo chiasso "15 Vennero a Gerusalemme e Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare coloro che vendevano e compravano nel tempio; ro­ vesciò le tavole dei cambiavalute e le sedie dei venditori di co­ lombi; 16 e non permetteva a nessuno di portare oggetti attra­ verso il tempio. 17 E insegnava, dicendo loro: «Non è scritto: "La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti?" Ma voi ne avete fatto un covo di ladroni». 18 I capi dei sacerdoti e gli scribi udirono queste cose e cercavano il modo di farlo morire. Infatti avevano paura di lui, perché tutta la folla era piena d'ammirazione per il suo insegnamento. 19 Quando fu sera, uscirono dalla città" (Marco 11:15­19).

Potremmo immaginare il complesso del tempio di Gerusalemme, dal punto di vista esteriore, ad uno di quei popolari santuari catto­ lico­romani che vi sono in diverse zone d'Italia. C'è la parte dedi­ cata al culto vero e proprio, ma tutt'attorno fervono molte attività "sussidiarie" come negozietti per la vendita di "articoli sacri" e "souvenir", mercatini, bar e ristoranti per accogliere ed intrattene­ re i pellegrini, ecc. guide turistiche portano i visitatori ad ammira­ re le opere d'arte ivi contenute e vi spiegano la storia del santua­ rio... insomma, intorno al luogo di culto fervono molte attività, molte delle quali indubbiamente commerciali. Per chi vuole "pre­ gare veramente", c'è, semmai una piccola cappella segretata, per­ ché altrimenti la troppa confusione impedirebbe il necessario si­ lenzioso raccoglimento del fedele. Sicuramente tutte queste attivi­ tà sono "giustificate": si troverebbe, infatti, il motivo della loro esi­ stenza, come "c'era un motivo" per la presenza dei cambiavalute e dei venditori d'animali per i sacrifici allora nel tempo di Gerusa­ lemme. Di fronte a queste "legittime giustificazioni" Gesù, indub­ biamente era Lui il "disturbatore" e i suoi gesti "del tutto inappro­ priati", "fuori luogo". Allora ed oggi considereremmo giustificato 172


l'arrivo della "sicurezza" o della polizia per far tornare tutto "alla normalità". Tutte le nostre giustificazioni, però, non reggono di fronte al fatto che Gesù, nel tempio, era "il padron di casa" ("folle pretesa", avrebbero detto) che, in modo indubbiamente brusco ma legitti­ mo, desiderava riportare quell'istituzione alla sua funzione origi­ naria: essere autentica "casa di preghiera", luogo dell'incontro del popolo credente con il suo Dio. Doveva essere luogo aperto e di­ sponibile, per questo, "a tutte le genti" (qui riecheggia la predica­ zione degli antichi profeti d'Israele). Lì, nel silenzioso raccogli­ mento, uomini e donne avrebbero elevato le loro preghiere a Dio, ascoltato la lettura e la spiegazione della Parola di Dio, elevato verso di Lui il canto dei Salmi. I sacrifici cruenti, comunque, anche secondo la parola dei profeti, sarebbero cessati, non solo perché Cristo (sacrificio ultimo) li avrebbe resi superflui, ma perché sa­ rebbero stati "spiritualizzati" dall'offerta e consacrazione a Dio dei credenti stessi. Sia per quanto riguarda il cuore umano, che là dove la comunità cristiana si riunisce (che è come un tempio), Cristo viene come Re, si siede sul Suo trono e tutta l'attenzione deve essere concentrata su di Lui. Niente e nessuno (per quanto giustificabile) deve distur­ bare quel silenzioso raccoglimento che permette al singolo ed alla comunità di rapportarsi con il suo Dio. "Ma il SIGNORE è nel suo tempio santo; tutta la terra faccia silenzio in sua presenza!" (Abacuc 2:20); "Sta' in silenzio davanti al SIGNORE, e aspettalo" (Salmo 37:7); "È bene aspettare in silenzio la salvezza del SIGNORE. (...) Si sieda solitario e stia in silenzio quando il SIGNORE glielo impone!" (Lamentazioni 3:26,28); "Ogni creatura faccia silenzio in presenza del SIGNORE, perché egli si è destato dalla sua santa dimora" (Zac­ caria 2:13). Quante volte nei locali di culto delle comunità evan­ geliche c'è "troppo chiasso" (per un motivo o per un altro). La composta spiritualità ricettiva del silenzio è da riscoprire, nelle no­ stre comunità cristiane, ed anche nella nostra stessa testa! 173


PREGHIERA Il mio cuore e la mia comunità cristiana sia sempre meglio, o Si­ gnore, il luogo dove Ti incontro nel silenzio e nel composto racco­ glimento. Voglio ascoltarti con attenzione, Signore e ubbidirti, vo­ glio elevare verso di Te parole e pensieri ben meditati, quelli che provengono dal mio cuore; voglio elevare verso di Te il canto dei Salmi con partecipazione e consapevolezza. Caccia da me ogni fonte di disturbo! Nel nome di Cristo. Amen.

70 Musei senza vita "20 La mattina, passando, videro il fico seccato fin dalle radici. 21 Pietro, ricordatosi, gli disse: «Maestro, vedi, il fico che tu maledicesti è seccato». 22 Gesù rispose e disse loro: «Abbiate fede in Dio! 23 In verità io vi dico che chi dirà a questo monte: "Togliti di là e gettati nel mare", se non dubita in cuor suo, ma crede che quel che dice avverrà, gli sarà fatto. 24 Perciò vi dico: tutte le cose che voi domanderete pregando, credete che le avete ricevute, e voi le otterrete. 25 Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate; affinché il Padre vostro, che è nei cieli vi perdoni le vostre colpe. 26 [Ma se voi non perdonate, neppure il Padre vostro che è nei cieli perdonerà le vostre colpe.]»" (Marco 11:20­26).

A volte guardiamo la persistenza di certe istituzioni religiose rigo­ gliose dal punto di vista umano, potenti ed arroganti, che respin­ gono il Cristo annunciato dal Nuovo Testamento e prive dei frutti di giustizia che piacciono a Dio. D'altro canto guardiamo la fatica che quelle fedeli fanno per sopravvivere: questo ci rattrista e scon­ certa. Quegli alberi, però, che Gesù maledice non potranno preva­ lere: seccheranno e diventeranno solo un museo di animali impa­ gliati, privi di vita. Evitiamo di diventare custodi di musei come 174


questi: Dio non si lega ad istituzioni religiose, quali che siano le loro pretese... Gesù ci dice: Abbiate fede in Dio!", osate uscire fuo­ ri dalla "città murata e ben protetta", persistete ad essere fedeli, nonostante le difficoltà: non sarà mai sprecato. Gesù, poi, coglie quest'occasione per insegnarci come sia necessa­ rio pregare con fiducia. Iddio si compiace di operare attraverso la preghiera dei Suoi figli. Le Sue promesse al riguardo di preghiere che osano credere ciò che è umanamente impossibile, nelle cose in armonia con la volontà rivelata di Dio, garantiscono alla preghiera stupefacente potenza spirituale. Non dobbiamo però esitare ca­ dendo nel dubbio o nella disperazione. A volte Dio "ritarda" l'esau­ dimento della preghiera. Certo non è "sadico" nel metterci in que­ sto alla prova, ma dobbiamo persistere, sapendo che i Suoi tempi sono sempre secondo sapienza. La preghiera perseverante purifica il cuore e rimuove le montagne della corruzione, spianandole af­ finché la grazia di Dio prevalga. Credere nella grazia di Dio vuol dire vivere la grazia nei nostri rapporti gli uni con gli altri perdo­ nando. Chi comprende di essere immeritatamente perdonato in Cristo, come potrebbe essere spietato ed intollerante verso gli al­ tri? Non è che Dio ci perdoni sulla base di quanto perdoniamo (questo sarebbe salvezza per opere, e non grazia), ma noi mostria­ mo quanto realmente abbiamo compreso la grazia che Dio ha avu­ to per noi nella misura in cui perdoniamo.

PREGHIERA Signore Iddio, quanto debole e titubante è la nostra preghiera, quan­ ti dubbi e paure... Perdonaci e rafforza la nostra fede affinché Tu ti compiaccia di operare attraverso la nostra preghiera cose grandi, alla gloria del Tuo santo nome. Aiutaci, infine, a vivere nello spirito della grazia nei nostri rapporti con gli altri. Anche in questo siamo molto carenti. Amen

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Ne vale la pena di stare lì a discutere? "27 Poi vennero di nuovo a Gerusalemme; mentre egli passeg­ giava nel tempio, i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani si avvicinarono a lui e gli dissero: 28 «Con quale autorità fai que­ ste cose? O chi ti ha dato l'autorità di fare queste cose?» 29 Gesù disse loro: «Io vi farò una domanda; rispondetemi e vi dirò con quale autorità io faccio queste cose. 30 Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». 31 Essi ragionavano così tra di loro: «Se diciamo: "dal cielo", egli dirà: "Perché dunque non gli credeste?" 32 Diremo invece: "da­ gli uomini?"...» Essi temevano il popolo, perché tutti pensavano che Giovanni fosse veramente profeta. 33 Risposero a Gesù: «Non lo sappiamo». Perciò Gesù disse loro: «Neppure io vi dico con quale autorità faccio queste cose»" (Marco 11:27­33).

In questo testo troviamo Gesù che passeggia per i vasti porticati e cortili del tempio di Gerusalemme. Non sta facendo "quattro passi" ma, come i maestri ed i filosofi del tempo, mentre cammina, espo­ ne ai Suoi discepoli ed alla gente i Suoi insegnamenti. Molti ne sono affascinati e Lo seguono. Ai maggiorenti del tempio la cosa proprio non garba. Vanno così da Lui e Gli chiedono: "Chi ti ha dato l'autorizzazione per fare quello che fai? Mostraci le carte! Chi ti ha dato questa autorità? Ne hai la facoltà?". Gesù, infatti, non poteva vantare di aver conseguito diplomi presso scuola alcuna, di essere discepolo di un qualche maestro riconosciuto, di essere sa­ cerdote, o scriba, o avere la patente di maestro... Gesù risponde loro con un'altra domanda: quando Giovanni, il battezzatore, predicava, riscuoteva molto successo e, benché nean­ che lui avesse certificazioni ufficiali di profeta, nessuno aveva osa­ to contestargli la sua indubitabile autorità morale e spirituale. Era stato, è vero, arrestato ed ucciso, ma solo perché diceva verità sco­ mode che al re Erode non garbavano. Chi lo aveva "autorizzato" a 176


predicare ed a battezzare? Era qualcosa che proveniva da Dio op­ pure lui era solo emissario discutibile di qualcuno? Non conveniva loro dare una risposta chiara a questa domanda, perché, compia­ centi alla sua tragica sorte, la sua scomparsa era stata loro como­ da. Ora non avrebbero certo osato prendere posizione al riguardo per non inimicarsi il popolo che aveva creduto in lui, ma neanche si sarebbero conformati a quanto predicava. La loro ipocrisia, così, non meritava da parte di Gesù una risposta sulla Sua propria "au­ torizzazione". A che sarebbe servito? Sarebbe stata solo occasione e pretesto di contesa. Non era una domanda ispirata da reale inte­ resse: non l'avrebbero comunque preso sul serio, né sarebbero sta­ ti ad ascoltarlo per imparare da Lui. Non era forse vero che pensa­ vano di sapere già tutto loro? Non vantavano forse essi stessi pa­ tenti di maestro? Spesso anche oggi si incontrano persone ­ magari esponenti o so­ stenitori di una qualche presuntuosa religione, chiesa o sétta ­ che vogliono discutere con te, evangelico, le tue dottrine o posizioni, oppure ti chiedono di giustificare il tuo operato di cristiano. Ne vale la pena di stare lì a discutere? Spesso no, perché in realtà non ti prenderebbero seriamente. Per loro tu sei in errore e loro hanno ragione. Vogliono solo contestarti, mettere in questione quanto credi, dici o fai, eventualmente "convertirti" al loro modo di vede­ re le cose. Non vale la pena di "vincere" con loro o tentare, con la tua dialettica, di "sbaragliarli". Qualunque cosa dicessi, sarebbe squalificata ai loro occhi, non la esaminerebbero seriamente. Sono loro che devono catechizzarti, farti ingoiare il loro "pacchetto dot­ trinale". Devi allora saper discernere quando le loro domande sono sincere ed ispirate da autentico interesse. Allora sì che si può e si deve rendere loro ragione della speranza che c'è in noi, testi­ moniare della nostra fede, esporre le nostre persuasioni. In ogni caso, per quanto riguarda questi "capi dei sacerdoti, scribi ed anziani", essi avrebbero dovuto capire che l'autorità d Gesù proveniva da Dio, dato che nessuno aveva mai fatto o osato dire quel che Gesù faceva e diceva. Che aspettassero ancora tre o quat­ tro giorni e la Sua risurrezione avrebbe detto loro chi Gli aveva 177


dato autorità, perché essa l'avrebbe dichiarato con potenza Figlio di Dio ed essi, respingendolo, ciononostante, sarebbero stati di­ chiarati nemici di Dio.

PREGHIERA Signore Iddio, dammi la saggezza di saper discernere se e come ri­ spondere a chi mi fa domande sulla mia fede o posizione. Aiutami, in quel caso, farlo con rispetto, calma e competenza. Dammi anche l''umiltà necessaria per esaminare quanto credo o faccio per appren­ dere cose nuove o per modificarlo, qualora fossi Tu, o Signore, attra­ verso altre persone, a volermi parlare. Amen.

72 Gesù, il primo “protestante”! "1 Poi cominciò a parlare loro in parabole: «Un uomo piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pi­ giare l'uva e vi costruì una torre; l'affittò a dei vignaioli e se ne andò in viaggio. 2 Al tempo della raccolta mandò a quei vigna­ ioli un servo per ricevere da loro la sua parte dei frutti della vi­ gna. 3 Ma essi lo presero, lo picchiarono e lo rimandarono a mani vuote. 4 Egli mandò loro un altro servo; e anche questo insultarono e ferirono alla testa. 5 Egli ne mandò un altro, e quelli lo uccisero; poi molti altri che picchiarono o uccisero. 6 Aveva ancora un unico figlio diletto e quello glielo mandò per ultimo, dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio". 7 Ma quei vignaioli dissero tra di loro: "Costui è l'erede; venite, uccidia­ molo e l'eredità sarà nostra". 8 Così lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori dalla vigna. 9 Che farà dunque il padrone della vigna? Egli verrà, farà perire quei vignaioli e darà la vigna ad altri. 10 Non avete neppure letto questa Scrittura: "La pietra che i costruttori hanno rifiutata, è diventata pietra angolare; 11 ciò è stato fatto dal Signore, ed è una cosa meravigliosa ai 178


nostri occhi?"». 12 Essi cercavano di prenderlo, ma ebbero pau­ ra della folla; perché capirono che egli aveva detto quella para­ bola per loro. E, lasciatolo, se ne andarono" (Marco 12:1­12).

La polemica di Gesù contro le istituzioni religiose israelite aumen­ ta sempre più di intensità. Benché prenda la forma di parabola, chi deve capire capisce benissimo, infatti: "...capirono che egli ave­ va detto quella parabola per loro" (12). Non si tratta di una pole­ mica gratuita: Gesù dice assolutamente la verità (come sempre, d'altronde). È una verità scomoda: quale sorte, infatti, hanno spes­ so avuto i messaggeri che Dio manda al Suo popolo "per ricevere da loro la sua parte dei frutti della vigna" (2)? Vengono messi a ta­ cere, insultati, picchiati, feriti, uccisi... Che fine ha fatto soltanto, di recente (nel proseguire il racconto del vangelo) Giovanni il bat­ tezzatore? Che fine farà Gesù? Sembra qui che Gesù "se la vada proprio a cercare", ma la verità non si può tacere. È necessario denunciare abusi, ingiustizie, ipo­ crisia, corruzione, falsità... Non si può far finta di niente. Non si può tollerare tutto questo "per amor di pace", cercando di evitare tutti i "rischi". L'onorabilità di Dio va difesa, così come i diritti di ogni essere umano, fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Pur senza farci illusioni che potremo cambiare significativamente le cose nell'attuale nostra società, non dobbiamo e non possiamo tol­ lerare ingiustizie. Dobbiamo testimoniare che cosa significa vivere secondo verità e giustizia, denunciare ciò che è sbagliato ed agire creativamente per correggerlo. Iddio vuole che ciascuno di noi, Suoi figli, testimoni dello "stile di vita" del Suo regno, anche ri­ schiando, "pagando di persona". Valutiamo ciò che possiamo e dobbiamo fare nella situazione in cui ci troviamo. Da notare, inoltre, come questa ed altre denunce simili fatte da Gesù, essa si rivolge contro le istituzioni religiose che dovrebbero rappresentare Dio e la Sua causa, non contro empi pagani ed atei... Le istituzioni ecclesiastiche, come ogni altra realtà umana contaminata dal peccato, possono corrompersi moralmente e spiri­ tualmente, non servendo più Dio come dovrebbero. Le istituzioni 179


religiose cristiane non sono "sacre ed inviolabili". Dio stesso fa sì che il Suo tempio sia distrutto quando non Gli serve più come do­ vrebbe, oppure che il Suo popolo sia disperso, che una chiesa si di­ sintegri, che scompaia, che sia sostituita da altre più fedeli ecc. La chiesa è importante agli occhi di Dio, ma se essa, come sale, "per­ de il suo sapore", a che serve? Viene gettata via come disutile, si estingue e viene sostituita. Una riforma (anche radicale) o una ri­ costruzione è talvolta necessaria. Nell'attuale clima culturale, inoltre, dominato dal "politicamente corretto", dalla "tolleranza" e dalla "pace religiosa", si dice che non si possa più criticare o contestare una religione o una chiesa. Dob­ biamo resistere a questa tendenza "castrante" denunciando il male e l'errore quando è necessario, senza timore. Certo dobbiamo farlo con saggezza, intelligenza e certamente nello spirito di Cristo. Cri­ sto, però, "non andava tanto per il sottile". Se c'era da dire qualco­ sa (magari in forma di parabola), la diceva, anche se poteva appa­ rire "insultante" e anche se gli sarebbe costato...

PREGHIERA Signore Iddio, la Tua Parola spesso è davvero tagliente e critica dura­ mente il comportamento mio e della comunità cristiana. Che io ac­ cetti volentieri queste riprensioni come opportunità per essere meglio quel che Tu vuoi. Dammi di testimoniare i Tuoi valori con coraggio, disposto a pagare in qualche modo di persona per essere giustamente "protestante". Amen.

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73 Contribuzioni o dimissioni! "13 Gli mandarono alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo con una domanda. 14 Essi andarono da lui e gli dissero: «Maestro, noi sappiamo che tu sei sincero, e che non hai ri­ guardi per nessuno, perché non badi all'apparenza delle perso­ ne, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito, o no, paga­ re il tributo a Cesare? Dobbiamo darlo o non darlo?» 15 Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro, ché io lo veda». 16 Essi glielo portarono ed egli disse loro: «Di chi è questa effigie e questa iscrizione?» Essi gli dissero: «Di Cesare». 17 Allora Gesù disse loro: «Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Ed essi si meravigliarono di lui" (Marco 12:13­17).

Come abbiamo visto nella riflessione di ieri, Gesù è sincero, non ha riguardi per nessuno, perché non bada all'apparenza delle per­ sone, ma quando deve dire qualcosa la dice e insegna la via di Dio secondo verità. Questo Gli viene apertamente riconosciuto anche dagli avversari. Essi sanno che Egli non li teme, che non è servile e compiacente verso le autorità, che Egli dice la verità anche quan­ do "non è conveniente" dirla. Gesù è una persona libera. Dovrem­ mo esserlo noi altrettanto. Alcuni farisei ed erodiani (servi del potere costituito per quanto ingiusto ed oppressivo) evidentemente invidiano la libertà di Gesù. Essa è una tacita critica del loro comportamento (servono infatti governanti corrotti, guadagnandoci) e quindi vogliono dan­ neggiarlo, o fare in modo che si danneggi da solo. Chiedendogli se sia giusto pagare imposte al governo straniero che li domina, vor­ rebbero ipocritamente passare da "patrioti" e mettere Gesù in con­ dizione di essere o accusato di collaborazionismo oppure di essere un sovversivo. Gesù, però, non è né l'uno né l'altro. A chi appartie­ 181


ne il sistema economico imposto loro? Al governo di Roma. Essi fanno uso della moneta che batte, quindi "restituiscano" a quel go­ verno quanto esso chiede di restituirgli. Bene o male essi facevano parte del sistema "impero romano" e ne godevano pure gli indubi­ tabili vantaggi. Roma non era solo "oppressione", ma anche orga­ nizzazione efficiente della società. C'erano anche vantaggi a farne parte. Se fai parte del sistema e te ne avvantaggi, fa quel che ti chiede, altrimenti emigra o "datti alla macchia", ma non criticarlo e poi avvalertene a tuo profitto. In ogni caso noi facciamo pure parte del "sistema" di Dio e ne go­ diamo i benefici. Che cosa facciamo per "rendergli" quel che Egli ci chiede? In che modo contribuiamo alla causa di quel Regno di cui siamo parte? Farisei ed erodiani appartenevano (bene o male) al popolo di Dio. In che modo se ne dimostravano riconoscenti? In che modo contribuivano all'avanzamento della causa di quel re­ gno? Certamente non vi contribuivano opponendosi a Gesù, il fi­ glio di Dio, Suo principale promotore! Possiamo più o meno criticare l'organizzazione di cui facciamo parte (sia statale che ecclesiastica) e lamentarci della qualità dei suoi servizi ma, se ne siamo parte, dobbiamo contribuirvi, fare la nostra parte e non semplicemente avvantaggiarcene. Non c'è alter­ nativa o contribuire, secondo quanto ci viene chiesto, o "dare le di­ missioni". Questo non esclude che noi non si possa criticare (co­ struttivamente) l'istituzione o cercare (legittimamente) di cam­ biarla. Troppe tasse da pagare (allo stato o alla chiesa)? La rispo­ sta non è passare all'illegalità (alla negligenza, all'inganno o "fur­ bescamente" chissà a che altro), ma utilizzare ogni mezzo legale affinché le cose siano secondo giustizia e i nostri diritti siano ri­ spettati. Una volta Iddio stesso si era giustamente lamentato del Suo popolo in questi termini: "L'uomo dev'egli derubare Iddio? Ep­ pure voi mi derubate. Ma voi dite: 'In che t'abbiam noi derubato?' Nelle decime e nelle offerte" (Malachia 3:8). Non potete contribuire? Se ne può sempre discutere ed arrivare ad un equo accordo. Dio non è un esattore delle imposte spietato! "Evadere le 182


imposte" può convenire solo fino ad un certo punto. Se poi non si vuole proprio contribuire, meglio "dare le dimissioni", emigrare... Si può decidere di dare le dimissioni dalla chiesa e non avvalersi più dei servizi che offre. Dobbiamo però anche valutare se ci con­ venga "dare le dimissioni da cittadino del regno di Dio". Nessuno, infatti, può presumere di continuare a farne parte sottraendosi alle proprie responsabilità! PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio dei benefici che ricevo dalla società di cui faccio parte, come pure dal far parte del Tuo regno. Che io mai mi sottragga alle responsabilità che questo comporta e che faccia la mia parte, quella che mi è richiesta, sempre proporzionata alle mie possi­ bilità. Amen.

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74 Miopi, dalle prospettive limitate “18 Poi vennero a lui dei sadducei, i quali dicono che non vi è risurrezione, e gli domandarono: 19 «Maestro, Mosè ci lasciò scritto che se il fratello di uno muore e lascia la moglie senza fi­ gli, il fratello ne prenda la moglie e dia una discendenza a suo fratello. 20 C'erano sette fratelli. Il primo prese moglie; morì e non lasciò figli. 21 Il secondo la prese e morì senza lasciare di­ scendenti. Così il terzo. 22 I sette non lasciarono discendenti. Infine, dopo tutti loro, morì anche la donna. 23 Nella risurre­ zione, quando saranno risuscitati, di quale dei sette sarà ella moglie? Perché tutti e sette l'hanno avuta in moglie». 24 Gesù disse loro: «Non errate voi proprio perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? 25 Infatti quando gli uomini ri­ suscitano dai morti, né prendono né danno moglie, ma sono come angeli nel cielo. 26 Quanto poi ai morti e alla loro risur­ rezione, non avete letto nel libro di Mosè, nel passo del «pruno», come Dio gli parlò dicendo: "Io sono il Dio d'Abraa­ mo, il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe"? 27 Egli non è Dio dei morti, ma dei viventi. Voi errate di molto»" (Marco 12:18­27).

Quando i nostri contemporanei esprimono il loro scetticismo a proposito della dottrina cristiana sulla risurrezione dei morti, o la rifiutano del tutto come una fantasia consolatoria priva di fonda­ mento, essi non ci dicono nulla di nuovo. Non si tratta di alcuna "evoluzione del pensiero" perché già al tempo di Gesù c'era chi la negava e la derideva come assurda. Ne abbiamo qui un esempio: questi sadducei (una corrente religiosa del Giudaismo di quel tem­ po) cercano di persuadere Gesù che credere alla risurrezione dei morti e predicarla voglia dire incorrere ben presto in tali e tanti paradossi e contraddizioni da renderla del tutto insostenibile. For­ se l'esempio che fanno non è dei più brillanti, ma gli argomenti certo non mancano (ieri ed oggi) per dichiararla insostenibile, ma­ 184


gari avvalorati dal razionalismo e dallo scientismo moderno. Cer­ to, c'è sempre ancora chi crede oggi allo spiritismo, alla reincarna­ zione ecc. ma si tratta di altra cosa. Gesù, che conosce più di qualsiasi altro per esperienza diretta come stiano le cose, a questi "negazionisti" ribatte con fermezza dicendo: (1) voi siete in errore, e di molto; (2) voi non ricevete la chiara testimonianza e rivelazione a questo riguardo delle Sacre Scritture; (3) la realtà della risurrezione è molto diversa da quella della quale oggi fate esperienza, non potete paragonare l'una al­ l'altra; (4) Dio è vita ed è potente: può fare molto di più di quello che ritenete possibile. Di fatto Egli concede alle creature umane, per Suo decreto e volontà, che essi continuino la loro esistenza personale in una dimensione diversa; (5) per questo Dio è chiama­ to "il Dio dei viventi", non dei morti! In breve: le vostre prospettive sono molto limitate. Siete miopi! I moderni "negazionisti" della dottrina cristiana sulla risurrezione, sulla base dei loro presupposti materialisti ed atei, insieme a quei cristiani che li seguono, vanificano l'annuncio dell'Evangelo. Ad essi pure Gesù dice: "Non errate voi proprio perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio?", concetto ribadito dall'apostolo Paolo: "Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini" (1 Corinzi 15:19). È necessario, però, oggi anche controbattere coloro che pur con­ templando un'esistenza ultraterrena, immaginano un aldilà dove tutti saranno "felici e beati", senza giudizio, senza ravvedimento e senza fede in Gesù Cristo, l'unico che ci possa aprire questa di­ mensione e garantirla. Essa, infatti, è dono della grazia di Dio solo in Cristo e con Cristo. La Scrittura afferma: "Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio, così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola per por­ tare i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza" (Ebrei 9:27­28), come pure: "...perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure pre­ destinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché 185


egli sia il primogenito tra molti fratelli; e quelli che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati" (Romani 8:29­30). Al seguito di Cristo, "conosciamo" davvero le Scritture e la potenza di Dio!

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringraziamo di avere aperto la nostra mente e la nostra vita a realtà stupefacenti ed inimmaginabili, e questo solo per il Tuo amore e la Tua grazia. Dacci di sapere testimoniare nostra fede con coraggio e sapienza nella nostra generazione. Amen.

75 Amore: verticalmente ed orizzontalmente "28 Uno degli scribi che li aveva uditi discutere, visto che egli aveva risposto bene, si avvicinò e gli domandò: «Qual è il più importante di tutti i comandamenti?» 29 Gesù rispose: «Il pri­ mo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore: 30 Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua". 31 Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stes­ so". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi». 32 Lo scriba gli disse: «Bene, Maestro! Tu hai detto secondo ve­ rità, che vi è un solo Dio e che all'infuori di lui non ce n'è alcun altro; 33 e che amarlo con tutto il cuore, con tutto l'intelletto, con tutta la forza, e amare il prossimo come sé stesso, è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34 Gesù, vedendo che ave­ va risposto con intelligenza, gli disse: «Tu non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno osava più interrogarlo" (Marco 12:28­34).

Dopo aver vinto una disputa verbale con un uomo che appartene­ 186


va alla corrente religiosa dei sadducei sul tema della risurrezione, Gesù suscita il compiacimento di uno scriba, loro avversario. Gesù non cade, però, nella logica dei gruppi contrapposti. Sebbene Gesù possa essere d'accordo con alcune persuasioni ora dell'uno ora dell'altro, nessuno lo farà mai "membro onorario" del suo rag­ gruppamento. Gesù sfugge, infatti, ad ogni classificazione, e sicu­ ramente riesce ad innervosire non poco i militanti di tutti i gruppi! È così ancora oggi per chiunque vorrebbe "tirare Gesù dalla sua parte". In ogni caso, non si tratta di ciò che vuol fare questo particolare scriba che Gesù loda perché ha compreso il succo della religione biblica: non riti, non cerimonie, non sacrifici, ma amore, amore to­ tale, supremo ed incondizionato verso Dio e verso ogni creatura umana, che è fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Se com­ prendiamo questo, anche noi avremo dimostrato "intelligenza". Anche di noi Gesù potrebbe allora dire: "Tu non sei lontano dal re­ gno di Dio" e lo raggiungiamo quando ci affidiamo completamente a Gesù seguendolo. Notiamo qui, a scanso di equivoci, che l'amore del quale Gesù par­ la e che Egli vive appieno, non ha a che fare con ciò che dice oggi l'umanesimo religioso, quando afferma che quel che più conta in ogni religione, anzi, quel che più conta in assoluto, sia l'amore. Ammesso che qualcuno riesca oggi veramente ad amare il suo prossimo come sé stesso, per amore oggi si intende esclusivamente la "dimensione orizzontale" dell'amore, il quale non include neces­ sariamente né è semplicemente assimilabile a quella verticale, cioè l'amore totale ed incondizionato verso Dio. Chi, infatti, oggi mette tanto in evidenza la centralità dell'amore, spesso trascura e persi­ no ignora l'amore verso Dio, come se questo non fosse altrettanto e forse più importante ancora. Amore verso Dio, significa comple­ ta personale consacrazione a Lui, completa fiducia ed ubbidienza alla Sua Parola. Se riesci ad amare Dio ed il tuo prossimo completamente, in modo puro, assoluto ed incondizionato, allora ...non hai bisogno del Sal­ 187


vatore: davanti a Dio sei salvo, giustificato. Ma, come afferma la Scrittura: "Certo, non c'è sulla terra nessun uomo giusto che faccia il bene e non pecchi mai" (Ecclesiaste 7:20). Solo Gesù, privo di peccato, ha potuto fare questo completamente, avere cioè un amo­ re totale ed incondizionato verso Dio e le altre persone. Ecco per­ ché abbiamo bisogno di Cristo: da soli non potremmo mai soddi­ sfare i requisiti di salvezza che Iddio ha posto nella Sua Parola e salvarci dalle conseguenze del peccato. Solo Gesù ha espiato la pena che, a causa dei nostri peccati, noi meritiamo. Solo la Sua perfetta giustizia lo ha meritato. Il cristiano è così quella persona che, riconoscendo la giustizia della condanna che i suoi peccati meritano, se ne ravvede e si affida completamente a ciò che il Sal­ vatore Gesù Cristo per noi ha conseguito. Affidandosi a Gesù e se­ guendolo, gli viene accreditato quanto gli serve per la sua salvez­ za. Fatto questo, allora potrà cominciare ad amare Dio ed il suo prossimo con lo spirito di Cristo.

PREGHIERA Signore Iddio, insegnami ad amare come ami Tu: quando lo prati­ cherò, dimostrerò verso di Te la riconoscenza e la lode che Ti sono dovute. Amen.

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76 Non lasciamoci intimidire "35 Gesù, mentre insegnava nel tempio, disse: «Come mai gli scribi dicono che il Cristo è Figlio di Davide? 36 Davide stesso disse per lo Spirito Santo: "Il Signore ha detto al mio Signore: 'Siedi alla mia destra, finché io abbia messo i tuoi nemici sotto i tuoi piedi'". 37 Davide stesso lo chiama Signore; dunque come può essere suo figlio?». E una gran folla lo ascoltava con piace­ re" (Marco 12:35­37).

In questo frammento del vangelo di Marco vediamo Gesù che rap­ porta il Suo insegnamento a quanto gli scribi, esperti di religione, insegnavano al popolo. Gli scribi non solo erano meticolosi copisti delle Sacre Scritture, ma assorbiti nel loro studio, avrebbero dovu­ to saperle interpretare meglio di chiunque altro. Sembravano non intendere, però, che il Cristo, il Messia, benché discendente del re Davide e legittimo erede del suo trono, non sarebbe stato un sem­ plice ed umano suo discendente, ma avrebbe avuto una tale statu­ ra morale e spirituale da superare qualsiasi altro grande personag­ gio, cosa di cui lo stesso Davide era consapevole. Possiamo essere grati di quegli eruditi che dedicano la loro vita allo studio ed alla comunicazione delle Sacre Scritture, ma nessu­ no di loro gode d'infallibilità. Non ci si può affidare ad essi senza discernimento. Spesso citiamo quel tale o tal altro teologo o predi­ catore. Possono esserci utili, ma non si può dipendere esclusiva­ mente da loro senza andare indipendentemente noi stessi alle fon­ ti, alla Parola di Dio. Diciamo: "Questo l'ha detto il teologo ***". Per quanto valente possa essere, però, non è garanzia di indiscuti­ bile verità. Dobbiamo confrontarlo con altri e, soprattutto, con­ frontarlo con le Sacre Scritture. Spesso, è vero, questi "grandi teo­ logi" ci intimidiscono quando fanno ragionamenti complicati dei quali noi non crediamo essere all'altezza ed allora riteniamo di do­ 189


verci piegare alla loro competenza, attenendoci fiduciosamente al risultato dei loro studi. Dovremmo usare maggior discernimento. Diciamo di non aver tempo per uno studio accurato delle Scrittu­ re, ma nessuno di noi può e deve sentirsi esonerato dal farlo. Per quanto degni di fiducia possano essere, non possiamo delegare loro quel che noi dovremmo fare. Gesù, così, sfida non solo l'istituzione religiosa, ma anche i suoi ri­ conosciuti interpreti. Questa è l'estensione della Sua contestazio­ ne. Con questo Gesù condanna la nostra eccessiva dipendenza da interpretazioni "di seconda mano" e ci esorta ad andare sempre "alle fonti". Non esistono "interpreti autorizzati" che noi non si possa eventualmente mettere in discussione applicandovi stru­ menti critici. "Una gran folla lo ascoltava con piacere" Gesù. È libe­ ro, fresco, genuino, "di prima mano". Anche noi dobbiamo ascol­ tarlo sempre con piacere quando ci parla dalle Sacre Scritture.

PREGHIERA Signore, che i cavilli e i paroloni degli esperti non mi incutano più rispetto di quanto essi meritano, cioè di essere solo discutibili fonti secondarie. Che io ascolti prima di tutto Te, o Signore, con immutato piacere.

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77 Sincerità, verità e coerenza “38 Nel suo insegnamento Gesù diceva: «Guardatevi dagli scri­ bi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ed essere salutati nelle piazze, 39 e avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti; 40 essi che divorano le case delle vedove e fan­ no lunghe preghiere per mettersi in mostra. Costoro riceveran­ no una maggior condanna»" (Marco 12:38­40).

Pare che vesti lunghe fino ai piedi, i cosiddetti "paramenti sacri", considerati simbolici, abbiano sempre attribuito a chi li portava, in molte culture attraverso la storia, grande dignità. Erano e spesso sono ancora segno di grande distinzione, dell'importanza del ruolo che si occupa, segno della "persona importante", insignita di titoli, dotata di potere, eminente. Figure politiche e religiose portavano queste lunghe vesti in occasioni cerimoniali, ma non solo, per di­ stinguersi, attirare rispetto, incutere timore, mostrare l'onore che doveva essere loro dato. Tutto questo era estraneo al movimento cristiano originale. Il contrario era raccomandato: al cristiano e il ministro cristiano Gesù dice: "I vostri fianchi siano cinti, e le vostre lampade accese" (Luca 12:35), cioè, se avete vesti lunghe, tiratele su, legatevele alla vita, affinché non vi siano di ingombro, di in­ ciampo, quando ...dovrete rapidamente fuggire, tanto comune era per i cristiani, più che l'onore, la persecuzione! "Fianchi cinti", o "cingersi i lombi" diventa così espressione per indicare "prontezza per l'azione"...non c'è tempo né luogo per "cerimonie". I "paramenti sacri" diventano molto spesso "copertura" per la pro­ pria ambizione, vanità, falsa attribuzione. C'è infatti anche l'e­ spressione: "andare sotto mentite spoglie" ed anche il proverbio italiano: "l'abito non fa il monaco", oppure: "le briglie d'oro non fanno migliore il cavallo". Nell'attaccare l'untuosa ipocrisia degli scribi, Gesù mette in guardia il Suo uditorio, noi compresi, contro 191


lo sfoggiare un'importanza che non si ha (con vesti particolari op­ pure no), vantare quel che non si è, aspirare all'applauso degli al­ tri, l'atteggiamento di chi dice o mostra: "Guarda quanto sono im­ portante", quindi: "...mi devi rispetto, onore, ubbidienza", "qui co­ mando io"... soprattutto quando non ne abbiamo titolo o comun­ que la cosa non corrisponde alla realtà. Notevole è, per esempio. nell'ambito protestante, l'ambizione di ministri di culto di tendenza liberale, lontani e spesso ostili alla tradizione ed all'ortodossia cristiana, se non decisamente apostati, che amano portare, nel culto, ma non solo, vesti, paramenti e sim­ boli della tradizione storica cristiana, mentre tutto questo non im­ porta ai predicatori fedeli? Sì, vorrebbero che la gente li ricono­ scesse come autentici esponenti e continuatori della tradizione cri­ stiana quando, in realtà, non ne avrebbero titolo alcuno. Vorrebbe­ ro far vedere d'essere, più o meno consapevolmente, quel che non sono. In realtà, non fanno che portare discredito alla fede cristiana perché la gente, poi, associa le loro aberrazioni alla simbologia cri­ stiana tradizionale. Meglio allora abbandonare tutto questo "arma­ mentario cerimoniale", che, comunque, il Nuovo Testamento non ha mai né prescritto né esemplificato, badando, più che all'appa­ renza, alla "sostanza"! Il Signore Iddio, in ogni caso, non sarà "im­ pressionato" dalla nostra apparenza esteriore. "Ma tu desideri che la verità risieda nell'intimo: insegnami dunque la sapienza nel segre­ to del cuore" (Salmo 51:6). Questo "sfoggio" potrebbe far parte anche della nostra vita? Fac­ ciamo forse vedere, con l'apparenza esteriore, quel che non siamo? PREGHIERA Signore Iddio, scuotimi e rimproverami, se mai io volessi far credere alla gente d'essere quel che non sono. Purificami e fa sì che sincerità, verità e coerenza siano la caratteristica della mia vita. Amen.

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Tutto per amore "41 Sedutosi di fronte alla cassa delle offerte, Gesù guardava come la gente metteva denaro nella cassa; molti ricchi ne met­ tevano assai. 42 Venuta una povera vedova, vi mise due spic­ cioli che fanno un quarto di soldo. 43 Gesù, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico che questa povera vedova ha messo nella cassa delle offerte più di tutti gli altri: 44 poiché tutti vi hanno gettato del loro superfluo, ma lei, nel­ la sua povertà, vi ha messo tutto ciò che possedeva, tutto quan­ to aveva per vivere»" (Marco 12:41­44).

Amore per Dio ed amore per il nostro prossimo: questi due concet­ ti fondamentali della fede biblica che sempre vanno assieme ["L'uomo, dunque, non separi quel che Dio ha unito" (Marco 10:9)] erano e rimangono espressi nella raccolta delle offerte durante il culto. La cosa può parere fastidiosa per alcuni, ma fa parte del cul­ to, della religione biblica, dare il proprio contributo per sostenere non solo l'istituzione che serve Dio, ma soprattutto i bisognosi, con volenterosi atti di solidarietà. "La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo" (Giacomo 1:27); "Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi, a casa, metta da parte quello che potrà secondo la prosperità concessagli" (1 Corinzi 16:2). Non vediamo alcuna esitazione o taccagneria in coloro che Gesù osserva quel giorno nel tempio mettere del denaro nella cassa del­ le offerte, in proporzione alle loro disponibilità. Ricchi e poveri sono qui consapevoli delle loro responsabilità. C'è, però, una diffe­ renza fra i donatori che Gesù vede nel tempio. Le offerte dei ricchi sono generose ("molti ricchi ne mettevano assai"), ma la cosa "non costa" loro molto, perché, in fondo, si tratta "del loro superfluo". Quella povera vedova, però, pur mettendo nella cassetta solo due spiccioli, "vi ha messo tutto ciò che possedeva, tutto quanto aveva per vivere"! e quindi molto più degli altri, qualitativamente parlan­ do. 193


Gesù qui non sta incoraggiando, come qualcuno potrebbe pensare, l'atto (per altro irresponsabile) di privarsi d'ogni cosa, persino del­ l'essenziale, per Dio e per gli altri. Gesù, che vede quel che sta nel cuore dell'uomo, aveva visto nel gesto di quella povera donna la migliore illustrazione di ciò che aveva detto poco prima: "Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua (...) Ama il tuo prossimo come te stesso" (12:30,31). Quella donna, con la sua of­ ferta, dimostrava di amare Dio con tutta sé stessa ed il suo prossi­ mo nella stessa misura in cui avrebbe usato quei due spiccioli per comprarsi da mangiare. Non è scritto, ma certamente Gesù avrebbe detto a quella donna: "Apprezzo il tuo stupefacente ed esemplare gesto di aver voluto dare tutto quanto possedevi per Dio e per i bisognosi, dimentican­ do te stessa, ma tieni per te almeno uno di quegli spiccioli...". Inol­ tre sicuramente Gesù avrebbe esortato la comunità a provvedere molto meglio ai suoi bisogni (la chiesa primitiva era esemplare nella pratica della solidarietà). Non è questo, però, il punto. Gesù, anche qui, mette in evidenza come lo "stile di vita" del regno di Dio sia dare tutto sé stessi, spassionatamente e senza riserve, di tutto cuore, a Dio ed agli altri. L'amore di Dio e di chi Gli appartie­ ne significa essere disposti, se necessario, persino al sacrificio del­ la propria vita per sovvenire ai bisogni dell'altro. In questo Gesù stesso dava ed avrebbe dato l'esempio supremo: "Da questo abbia­ mo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli" (1 Giovanni 3:16); "Nes­ suno ha amore più grande di quello di dar la sua vita per i suoi ami­ ci" (Giovanni 15:13). Gesù ci invita ad avere lo spirito di questa vedova che amava con tutto sé stessa, non come l'atteggiamento di chi dice: "Te lo do, tanto non ne ho bisogno...", ma "Te lo do, anche se ne ho bisogno". A Dio ed agli altri aveva dato tutto il suo essere. Sapeva che di di­ pendere da Dio per il suo prossimo respiro, il suo prossimo pasto, il suo prossimo mattino. Conosceva la verità di che cos'era: dipen­ 194


dente da Dio per ogni cosa, eppure disposta a non risparmiare nulla per amore.

PREGHIERA Signore Iddio, di fronte alla generosità di chi ama veramente e che Tu tanto apprezzi, mi sento così carente... Quant'è vero che penso più che altro a me stesso e, che nel donare così poco a Te ed agli al­ tri, temo di perdere ciò di cui ho bisogno. Aiutami a vivere fiduciosa­ mente secondo il Tuo spirito ed esempio, con responsabilità, saggezza e totale dedizione. Amen.

79 Solo pietre "1 Mentre egli usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli dis­ se: «Maestro, guarda che pietre e che edifici!» 2 Gesù gli disse: «Vedi questi grandi edifici? Non sarà lasciata pietra su pietra che non sia diroccata»" (Marco 13:1­2).

Le grandi opere architettoniche, frutto dell'ingegno umano, sono sempre state occasione di meraviglia e fierezza. Con i mezzi che abbiamo noi oggi si possono realizzare opere assolutamente stupe­ facenti, ma pensate alle famose "Sette meraviglie del mondo anti­ co", veramente impressionanti per la maestosità e bellezza delle loro strutture, anche se il fatto che siano state edificate spesso con i lavori forzati di migliaia di schiavi, ridimensionano in noi moder­ ni, la nostra ammirazione... Pensate poi ai grandi edifici religiosi, alle grandi e maestose cattedrali sparse per l'Europa, meta non solo di pellegrinaggi e turismo da tutto il mondo. I discepoli di Gesù erano altresì ammirati per la magnificenza del tempio di Ge­ rusalemme, fieri di un'opera che non aveva da invidiare i grandi templi del paganesimo. Certamente l'Iddio vero e vivente è degno degli edifici più grandi e più belli... 195


Il Signore Gesù, però, sembra non condividere tutto questo entu­ siasmo, come dimostra la Sua reazione alle espressioni di uno dei Suoi discepoli: «Vedi questi grandi edifici? Non sarà lasciata pietra su pietra che non sia diroccata»! Perché mai "gettare acqua sul fuoco" in questo modo sul nostro entusiasmo? Non apprezza forse Gesù la bellezza delle realizzazioni umane? Anche in questo caso i Suoi valori sono molto diversi dai nostri. Il tempio di Gerusalem­ me era magnifico, ma era stato trasformato in "un covo di ladroni" (Marco 11:17) e il Signore Iddio, che non guarda tanto all'appa­ renza ma alla sostanza, benché quel tempio Egli l'avesse voluto, avrebbe permesso che fosse distrutto. Non sarebbe stata la prima volta: a che servono quegli edifici, pur belli, se non vengono utiliz­ zati per gli scopi stabiliti da Dio da un popolo fedele che Lo serve con integrità di cuore e di spirito? Che se ne fa Dio di templi così? Si accontenta forse che siano opere d'arte visitate dai turisti? Fra l'altro, il loro mantenimento costa molto. Non potrebbe quel dena­ ro essere meglio impiegato? Al tempo del profeta Geremia Iddio aveva detto: "Non ponete la vostra fiducia in parole false, dicendo: 'Questo è il tempio del SI­ GNORE, il tempio del SIGNORE, il tempio del SIGNORE!" Ma se cambiate veramente le vostre vie e le vostre opere, se praticate sul se­ rio la giustizia gli uni verso gli altri, se non opprimete lo straniero, l'orfano e la vedova, se non spargete sangue innocente in questo luo­ go, e non andate per vostra sciagura dietro ad altri dèi, io allora vi farò abitare in questo luogo, nel paese che allora diedi ai vostri padri per sempre. Ecco, voi mettete la vostra fiducia in parole false, che non giovano a nulla. Voi rubate, uccidete, commettete adulteri, giu­ rate il falso, offrite profumi a Baal, andate dietro ad altri dèi che prima non conoscevate, e poi venite a presentarvi davanti a me, in questa casa sulla quale è invocato il mio nome. Voi dite: "Siamo sal­ vi!" Perciò commettete tutte queste abominazioni. È forse, agli occhi vostri, una spelonca di ladri questa casa sulla quale è invocato il mio nome? Ecco, tutto questo io l'ho visto", dice il SIGNORE" (Geremia 7:4­11). 196


No, il Signore Gesù non piange su pietre in rovina (dei sassi non Gli importa più di quel tanto), ma piange quando "pietre viventi" (il popolo che Dio ha chiamato ad appartenergli, questo sì che Gli importa) è in spiritualmente in rovina a causa dei suoi peccati e fa ostruzionismo all'avanzata del Suo regno! Chiese­museo che solo raccontano della vita che vi era presente in epoche passate, che vadano pure in rovina (anche se questo può scandalizzare i cultori dell'arte): saranno così di testimonianza di ciò che accade quando il popolo di Dio non è più fedele al suo mandato. Abbandonato quel magnifico luogo di culto, Dio continuerà a benedire i Suoi fe­ deli che si riuniscono altrove, nelle case oppure in un semplice ca­ pannone: là farà sentire la Sua presenza reale!

PREGHIERA Signore Iddio, che noi si abbia magari meno cura dei nostri edifici e maggiore cura della nostra vita spirituale, che è ciò che più conta ai Tuoi occhi. Fa sì che nessuno si illuda di essere chiesa occupandosi semplicemente di amministrazione e di edifici ecclesiastici, ma pren­ dendosi cura della qualità della vita cristiana, sia dei singoli che del­ le comunità, secondo l'insegnamento della Tua parola. Amen.

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80 È necessario che ciò avvenga "3 Poi, mentre era seduto sul monte degli Ulivi di fronte al tem­ pio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea gli domandarono in disparte: 4 «Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno del tempo in cui tutte queste cose staranno per com­ piersi?». 5 Gesù cominciò a dir loro: «Guardate che nessuno v'inganni! 6 Molti verranno nel mio nome, dicendo: "Sono io"; e ne inganneranno molti. 7 Quando udrete guerre e rumori di guerre, non vi turbate; è necessario che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine. 8 Perché insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in vari luoghi; vi sa­ ranno carestie. Queste cose saranno un principio di dolori. (...) 10 E prima bisogna che il vangelo sia predicato fra tutte le gen­ ti" (Marco 13:3­10).

La profezia di Gesù sulla distruzione del tempio di Gerusalemme lascia sconcertati i Suoi discepoli . "Possibile?". Hanno imparato a fidarsi delle cose che Gesù dice loro, anche quando non le com­ prendono bene. Una cosa del genere pure li spaventa. Mandano così una loro "delegazione" a domandare a Gesù in disparte ulte­ riori chiarimenti. Quello che Gesù dice loro porta le caratteristi­ che autentiche delle profezie degli antichi profeti di Israele: è un misto, una convergenza sia di cose che avverranno nel futuro prossimo che in un futuro più lontano. La profezia, però, non rive­ la mai date precise. Indica solo dei "segni", cose che "lasceranno intendere" la prossimità del momento profetizzato. Tutto però ri­ marrà sempre come sfocato alla vista. Presto comunque succederà per i discepoli di Gesù un avvenimen­ to non meno per loro spaventoso: il Suo arresto, sofferenza e mor­ te violenta. Sia la Sua morte (nell'anno 33 circa) che la distruzio­ ne del tempio di Gerusalemme (nell'anno 70 ad opera dei 198


Romani) si riveleranno momenti cruciali, la fine di un'epoca nei propositi di Dio e l'inizio di un'altra: il mondo che essi conoscono cambierà radicalmente. L'ansia che li coglie è totalmente giustifi­ cata. Quando Gesù ci dice: "È necessario che ciò avvenga" Egli ri­ badisce come ogni cosa si ponga nei progetti e decreti di Dio "per un motivo". Il figlio di Dio, benché possa soffrire, vede la sua vita in questa prospettiva ed affronta ogni cosa consapevole che tutto è nelle mani di Dio. Non c'è nulla che colga Dio di sorpresa. Tutto questo ci rassicura e conforta. Il "Che nessuno vi inganni" di Gesù è un solenne avvertimento ad evitare ogni genere di speculazione su questi avvenimenti come su ogni altro avvenimento apocalittico previsto o paventato. Guerre, terremoti, carestie, falsi cristi e falsi profeti ci sono sempre stati e ce ne saranno ancora: non dobbiamo lasciarcene impressionare, non dobbiamo lasciarci manipolare e sfruttare da abili propagan­ disti che fanno leva sulla nostra curiosità, sulle nostre paure ed ansie, sulla nostra voglia di essere protagonisti, sulla nostra sete morbosa del tragico, sul nostro desiderio di "salvarci"... Dobbiamo solo vivere la nostra vita "essendo sempre pronti", fedelmente, re­ sponsabilmente, come se tutto questo dovesse avvenire domani, sicuri che il Signore ci accompagnerà con la Sua forza e conforto. Anche quel "prima bisogna che il vangelo sia predicato fra tutte le genti" fa confluire avvenimenti a loro prossimi (entro l'anno 70 AD l'Evangelo di Gesù Cristo comincerà a raggiungere tutte le genti) con gli avvenimenti che segneranno la fine di questo mondo. La fine non verrà fino a quando tutti coloro che Dio ha eletto a sal­ vezza saranno giunti al ravvedimento ed alla fede. Nessuno di co­ loro che Dio ha predestinato a salvezza andrà perduto, qualunque cosa succeda. La predicazione dell'Evangelo avrà sicuramente suc­ cesso: salverà gli eletti e renderà inescusabili gli altri. Allora, pri­ ma dell'esecuzione del giudizio di Dio su questo mondo: "Egli manderà gli angeli a raccogliere i suoi eletti dai quattro venti, dal­ l'estremo della terra all'estremo del cielo" (Marco 13:27), ed essi saranno col Signore! 199


È fonte di grande conforto per i credenti sapere dunque che qua­ lunque cosa accada, Egli provvederà loro. Non ci spaventiamo per quel che ci accade o ci accadrà. Continuiamo ad essere fedeli nella fede e nell'amore. Continuiamo a testimoniare di Cristo e del Suo Regno. Vieni, Signore Gesù!

PREGHIERA Signore Iddio, che le difficoltà presenti e future non mi spaventino, anzi, mi confermino che tutto è nelle Tue mani e che Tu non mi ab­ bandonerai mai. Fa' sì, inoltre, che io non mi lasci ingannare da niente e da nessuno e che perseveri fedelmente fino alla fine. Amen.

81 Ne vale la pena "9 Badate a voi stessi! Vi consegneranno ai tribunali, sarete battuti nelle sinagoghe, sarete fatti comparire davanti a gover­ natori e re, per causa mia, affinché ciò serva loro di testimo­ nianza. (...) 11 Quando vi condurranno per mettervi nelle loro mani, non preoccupatevi in anticipo di ciò che direte, ma dite quello che vi sarà dato in quell'ora; perché non siete voi che parlate, ma lo Spirito Santo. 12 Il fratello darà il fratello alla morte, il padre darà il figlio; i figli insorgeranno contro i geni­ tori e li faranno morire. 13 Sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi avrà perseverato sino alla fine, sarà salvato" (Marco 13:9­13).

Rimaniamo talvolta allibiti di fronte all'idea stessa che i cristiani possano essere perseguitati. Il Signore Gesù insegna a fare solo del bene, ad essere amorevoli, onesti, diligenti, rispettosi... Il cristiano è una persona equilibrata, pacifica e libera... che disturbo potreb­ be mai dare? Di fatto il "disturbo" il cristiano lo dà a diversi livelli. Esistono regi­ 200


me oppressivi che vogliono controllare corpo, anima e spirito dei loro cittadini ed imporre a tutti la loro ideologia e/o religione e per questo non tollerano idee e comportamenti diversi da quanto loro ritengono buono ed utile. Il cristiano serve un solo Signore, Gesù Cristo. Certo rispetta leggi ed autorità ma solo nella misura in cui questo non contravvenga quanto stabilisce l'autorità ultima di Cristo com'è espressa dalle Sacre Scritture, che considera la re­ gola della sua vita. Tutto questo non è tollerabile da chi, in questo mondo, pretende completa sottomissione e conformità. Esiste, poi, un altro potere oppressivo, certamente collegato al pri­ mo, che non tollera i cristiani, e questo a livello spirituale. Il cri­ stiano, infatti, disturba "il principe di questo mondo" (Giovanni 12:31), che pure domina anime e corpi controllando le forze spiri­ tuali della malvagità e che è intento a danneggiare il più possibile Dio, le Sue creature e tutto ciò che è buono. Il cristiano è una per­ sona che è stata strappata al suo dominio. Ai cristiani di Efeso Pao­ lo scrive: "Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vo­ stre colpe e nei vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste se­ guendo l'andazzo di questo mondo, seguendo il principe della poten­ za dell'aria, di quello spirito che opera oggi negli uomini ribelli. Nel numero dei quali anche noi tutti vivevamo un tempo, secondo i desi­ deri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne e dei nostri pensieri; ed eravamo per natura figli d'ira, come gli altri" (Efesini 2:1­3). Strappato a questo dominio e destinato all'eterna salvezza, il cristiano serve ora Cristo, acerrimo nemico di Satana, Colui che si è impegnato (ed avrà successo) a cacciarlo fuori da questo mon­ do ed a sconfiggerlo. Pensate allora che verosimilmente Satana "lasci in pace" il cristiano? In ogni caso ...io non voglio stare dalla parte di chi sicuramente sarà sconfitto! Ho dato solo alcuni esempi generali, ma non è quindi "logico" che i cristiani siano perseguitati in tanti modi, dovunque, con metodi ora espliciti ora sottili, per neutralizzarli e distruggerli? Il nostro testo rileva pure i casi in cui un uomo o una donna sia il solo cri­ stiano nell'ambito di una famiglia e che gli stessi suoi famigliari 201


(che servono altri "signori") lo perseguitino contravvenendo persi­ no ai più elementari sentimenti di solidarietà nell'ambito dei loro legami familiari. Nessuna illusione: quando Satana domina cuori e menti, egli porta ad agire senza scrupolo alcuno. "Odiati da tutti a causa del mio nome!" Gesù disse: "Ricordatevi della parola che vi ho detta: "Il servo non è più grande del suo signo­ re". Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Giovanni 15:20). Vi spaventa tutto questo? Certamente nessuno che sia sano di mente gode ad essere perseguitato e se può evita tutto ciò che gli causa distretta e sofferenza. Quali sono le alternative, però, alla persecuzione? Rinnegare il Salvatore Gesù Cristo e "vivere in pace" e persino essere remunerati per averlo fatto? C'è chi l'ha fat­ to e lo fa ancora. Davvero conviene? Nessuno si illuda: viviamo in un mondo "in stato di guerra" (letteralmente o anche solo spiri­ tualmente). Da che parte vogliamo stare? Le forze dell'oppressione e della malvagità, per quanto arroganti siano pensando dare be­ nessere e di essere invincibili, non durano e non dureranno. Stare dalla parte di Cristo può essere incredibilmente difficile, ma alla fine sarà Lui a prevalere, la giustizia e l'amore autentico prevar­ ranno. Stiamo dalla Sua parte lottando con Lui e per Lui. È neces­ sario perseverare fino alla fine, resistere. Anche se ci dovremo pre­ sentare di fronte ad iniqui tribunali non ci preoccupiamo perché Dio stesso ci ispirerà che cosa dire in quelle circostanze e rendere­ mo testimonianza a Colui che è la verità. Gesù non aveva nascosto ai Suoi primi discepoli le difficoltà alle quali sarebbero andati incontro seguendolo, così come Lui non aveva loro nascosto che sarebbe stato arrestato, torturato ed ucci­ so violentemente. Sarebbe però anche risuscitato trionfando, insie­ me ai Suoi sulle forze del male e della morte. Di Gerusalemme non ci sarebbe più rimasta ben presto pietra su pietra, ma la co­ munità cristiana si sarebbe salvata e dispersa per portare la parola dell'Evangelo a tutto il mondo.

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PREGHIERA Che io non mi spaventi né mi scoraggi, o Signore, nel testimoniare coerentemente in questo mondo di appartenere solo a Te. Dammi la forza necessaria per affrontare ogni difficoltà, secondo le Tue pro­ messe. Dammi la fede di guardare sempre avanti, verso la Tua certa vittoria. Amen.

82 Cose "fuori posto" "14 Quando poi vedrete l'abominazione della desolazione posta là dove non deve stare (chi legge faccia attenzione!), allora quelli che saranno nella Giudea, fuggano ai monti; 15 chi sarà sulla terrazza non scenda e non entri in casa sua per prendere qualcosa, 16 e chi sarà nel campo non torni indietro a prende­ re la sua veste. 17 Guai alle donne che saranno incinte, e a quelle che allatteranno in quei giorni! 18 Pregate che ciò non avvenga d'inverno! 19 Perché quelli saranno giorni di tale tri­ bolazione, che non ce n'è stata una uguale dal principio del mondo che Dio ha creato, fino ad ora, né mai più vi sarà. 20 Se il Signore non avesse abbreviato quei giorni, nessuno scam­ perebbe; ma, a causa dei suoi eletti, egli ha abbreviato quei giorni" (Marco 13:14­20).

La profezia che Gesù esprime in queste parole si è avverata nel­ l'anno 70 AD con la distruzione di Gerusalemme ad opera dell'e­ sercito romano. L'assedio di Gerusalemme dell'anno 70 è l'episo­ dio decisivo della prima guerra giudaica, sebbene il conflitto ter­ mini con la caduta di Masada nel 73. L'esercito romano, guidato da Tito Flavio Vespasiano (il futuro imperatore Tito) assedia e conquista la città di Gerusalemme, occupata dai ribelli ebrei sin dall'inizio della rivolta, nel 66. A seguito della vittoria romana, la città e il suo tempio sono distrutti; la distruzione del principale 203


tempio ebraico è ricordata ancora oggi nell'annuale festa ebraica della Tisha BeAv, mentre l'arco di Tito, eretto per celebrare il trionfo del generale romano, si trova tutt'oggi a Roma. Gli ebrei stessi attribuiscono la distruzione del Tempio di Gerusa­ lemme e della città ad una punizione divina per il clima di odio che pervadeva la società ebraica in quel periodo. I cristiani credo­ no che gli eventi che riguardano l'assedio e la distruzione di Geru­ salemme siano il compimento di una profezia contenuta in Danie­ le 9 ["le sessantadue settimane un unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui. Il popolo d'un capo che verrà, distruggerà la città e il santua­ rio; la sua fine verrà come un'inondazione ed è decretato che vi sa­ ranno devastazioni sino alla fine della guerra" (Daniele 9:26)], e ri­ presa da Gesù quaranta anni prima che gli eventi avessero luogo. Vi sono però anche altri accenni, ad esempio Isaia 10:3 che parla di un "giorno del castigo", quando "la rovina arriverà da lontano". Nella sua Storia ecclesiastica, Eusebio di Cesarea ricorda che i cri­ stiani che vivevano a Gerusalemme all'epoca fuggono al momento del ritiro di Gaio Cestio Gallo, quattro anni prima dell'assedio, prendendo sul serio gli avvertimenti di Gesù. Il significato preciso dell'espressione "abominazione della desola­ zione" suscita molti dibattiti, ma sembra essere l'interpretazione migliore il fatto preannunciato dell'ingresso di pagani nel tempio e addirittura nel luogo santissimo (cosa che i giudei consideravano un'abominazione impensabile perché dei pagani non avrebbero dovuto mai entrarvi) e la conseguente sua profanazione e devasta­ zione. Avevano respinto il Cristo come un'abominazione, Colui che sarebbe stato la loro salvezza, ed ora Dio avrebbe loro causato un abominio che sarebbe stato la loro desolazione, come aveva detto Daniele e Geremia ["Egli stabilirà un patto con molti, per una setti­ mana; in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e offerta; sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore. Il devastatore commet­ terà le cose più abominevoli, finché la completa distruzione, che è de­ cretata, non piombi sul devastatore" (Daniele 9:27); "L'avversario ha steso la mano su quanto lei aveva di più caro; infatti ha visto i 204


pagani entrare nel suo santuario; quei pagani, riguardo ai quali tu avevi comandato che non entrassero nella tua assemblea" (Lamenta­ zioni 1:10)]. Nel tempio sarebbero cessati, infatti, e per sempre, i sacrifici. Indubbiamente "la fine del mondo", del loro mondo, la fine di un'era e l'inizio di un'altra (quella cristiana) con la diffusio­ ne dell'Evangelo di Cristo in ogni dove e la conversione a Lui di in­ numerevoli pagani. Gesù, il Cristo, il Messia, "il tempio di Dio", sarebbe stato Egli stes­ so profanato, vilipeso, trattato in modo abominevole: che altro se non lo svuotamento di tutto il mondo di cui tanto loro si vantava­ no ne sarebbe per loro conseguito? Pensate, altresì, a che cosa ac­ cade quando noi stessi, che la Scrittura chiama altresì "tempio di Dio", veniamo profanati dal peccato, che si pone "là dove non deve stare". Infatti: "E che armonia c'è fra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come disse Dio: «Abite­ rò e camminerò in mezzo a loro, sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo" (2 Corinzi 6:16). Quale pertinente avvertimento! Davvero "chi legge faccia attenzione" (a sé stesso!).

PREGHIERA Signore iddio, che io presti sempre attenzione alla Tua Parola ed agi­ sca su quella base: essa è la mia salvezza. Che io non permetta a nulla di abominevole ed impuro entri nella mia vita, affinché essa non sia lasciata desolata e distrutta. Amen.

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83 Pecore di Cristo e non pecoroni! "21 Allora, se qualcuno vi dice: "Il Cristo eccolo qui, eccolo là", non lo credete; 22 perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. 23 Ma voi, state attenti; io vi ho predetto ogni cosa" (Marco 13:21­23).

Gesù preannuncia ai Suoi discepoli che una situazione sociale, po­ litica e religiosa molto grave sarebbe ben presto avvenuta in Pale­ stina. Essa sarebbe risultata nella profanazione e distruzione del tempio e dell'intera Gerusalemme. Gesù prepara i Suoi discepoli ad allontanarsi dalla zona non appena fossero comparsi segni pre­ monitori e a non prestar ascolto ai rivoluzionari che stavano fo­ mentando la ribellione contro i Romani. Ispirati da motivazioni politiche e religiose, essi avrebbero infatti illuso la popolazione fa­ cendo loro credere che la rivolta avrebbe avuto successo e che sa­ rebbero stati ben presto indipendenti restaurando le glorie dell'I­ sraele del passato. Dei profeti (falsi profeti) avrebbero loro detto: "Dio è con noi e ci darà la vittoria! Coraggio: armatevi e ribellia­ moci all'oppressore!". Di fatto, Dio non era con loro. Aveva ben al­ tri progetti... La fine dell'Israele storico era segnata, l'era cristiana era iniziata e l'Evangelo sarebbe stato diffuso oltre la Palestina in tutto il mon­ do. Quello era un popolo che aveva respinto il Messia (il vero) e che ne proponeva altri di tempra ben differente, politicanti e vio­ lenti. Avrebbero trascinato dietro di sé con la loro foga retorica ed "effetti speciali" folle di persone entusiaste e prive di discernimen­ to con progetti illusori, improponibili e superati. Sarebbe stato solo un massacro. I discepoli di Gesù di Nazareth, "gli eletti", però, non sarebbero caduti nella trappola del fascino di questi personag­ gi e, a costo di essere considerati anti­patriottici, pusillanimi e di­ 206


sfattisti, essi sarebbero fuggiti dalla zona: Gesù li aveva preavverti­ ti. I discepoli di Gesù erano impegnati, infatti, anche loro, in ben altri progetti. Essi, e non i primi, erano i veri "progressisti": il futu­ ro apparteneva a loro e non a quelli che proponevano "vecchi pro­ getti". Di Gesù essi sono "le pecore" e "le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori. Quando ha messo fuori tutte le sue pecore, va davanti a loro, e le pe­ core lo seguono, perché conoscono la sua voce. Ma un estraneo non lo seguiranno; anzi, fuggiranno via da lui perché non conoscono la voce degli estranei" (Giovanni 10:3­5). Siamo pecore e non "pecoroni"! Rimaniamo fedeli alla Parola ed allo spirito di Gesù di Nazareth secondo le Scritture! Non diamo retta alle seduzioni di falsi cristi e falsi profeti. La massa va loro dietro e si prende gioco di noi, "stupidi" che "non vediamo" quanto siamo "fuori moda". I loro leader sanno parlare molto bene (hanno dietro esperti di pubbliche relazioni che suggeriscono loro come presentarsi e che fare per avere successo). Riescono persino a fare grandi prodigi. Noi, però, non ci cascheremo. Fedelmente perseve­ reremo e ci atterremo alle parole di Gesù. "Teste dure", si vedrà alla fine chi aveva avuto ragione. Mentre i sopravvissuti ancora ce­ lebrano quella (fallita) rivolta, noi guardiamo avanti.

PREGHIERA Signore, Tu ti sei compiaciuto di chiamarci a salvezza dietro Gesù di Nazareth ed insieme ad un popolo spesso incompreso e disprezzato, ma è il popolo degli eletti. Dacci forza per non lasciarci intimidire da chi si prende gioco di noi che non seguiamo le mode, i loro cristi ed i loro profeti. Dacci discernimento e perseveranza per continuare a camminare sulla via di Gesù di Nazareth. Sappiamo che la fiducia in Te non andrà mai delusa. Amen.

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84 Su un popolo le luci si spengono "24 Ma in quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscu­ rerà e la luna non darà più il suo splendore; 25 le stelle ca­ dranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno scrolla­ te" (Marco 13:24­25).

Ecco un altro frammento del discorso profetico di Gesù. Le profe­ zie di Gesù in questo Suo discorso riguardano la fine dell'Israele storico con la caduta di Gerusalemme e la sua dispersione. Queste profezie, però, sono oggi facilmente equivocabili per chi non è av­ vezzo al linguaggio biblico. Gesù, infatti, fa uso di immagini dal si­ gnificato chiaro per chi ha familiarità con la letteratura profetica dell'Antico Testamento e che per questo non possono essere prese semplicemente alla lettera. Sole, luna e stelle qui non sono da intendere letteralmente come i corpi celesti che noi chiamiamo in questo modo. Questo linguag­ gio trova il suo fondamento negli ammonimenti che Dio rivolge ad Israele tramite Mosè in Deuteronomio 28 qualora essi avessero in­ franto il patto che li lega a Lui. Gesù accusa l'Israele del Suo tem­ po di infedeltà a questo patto, infedeltà che culminerà nel rifiuto stesso del Messia verso il quale l'identità stessa di Israele era fina­ lizzata. Che altro, infatti, può succedere ad un popolo che perde la ragione stessa della sua esistenza se non oscuramento della sua luce, caduta e dispersione? Infatti, oscuramento e caduta di sole, luna e stelle nella Scrittura è simbolo di decadimento, rovina e morte. La vita di Israele si spegnerà così come per un uomo che muore la luce degli astri stessi si spegne, non serve più. Così Eccle­ siaste 12:3,4 descrive l'invecchiamento umano: "Ma ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i cattivi giorni e giungano gli anni dei quali dirai: «Io non ci ho più alcun piacere»; prima che il sole, la luce, la luna e le stelle si oscuri­ 208


no, e le nuvole tornino dopo la pioggia". Dio aveva promesso al riguardo di Israele: "La sua discendenza du­ rerà in eterno e il suo trono sarà davanti a me come il sole, sarà sta­ bile per sempre come la luna; e il testimone ch'è nei cieli è fedele" (Salmo 89:36­37). Di fronte, però, all'infedeltà dell'Israele istitu­ zionale, il corso del "fiume"della storia della salvezza sarebbe stato deviato prendendo una nuova direzione. Dio era prossimo a giudi­ care la nazione con la quale era legato da un patto sottraendole la sua gloria. Nel discorso di Pentecoste Pietro cita il profeta Gioele 2:31 e dice: "Il sole sarà cambiato in tenebre, e la luna in sangue, prima che ven­ ga il grande e terribile giorno del SIGNORE". Egli certamente non intendeva dire che alla venuta dello Spirito a Pentecoste, o quando secondo quanto era stato stipulato nel patto con Dio, quando Egli avrebbe fatto cadere il suo giudizio contro Israele, letteralmente sole, luna e stelle avrebbero cessato di brillare o sarebbero cadute dal cielo, ma che Israele sarebbe stato giudicato e "la fiaccola" dei propositi di Dio sarebbe passata ad un popolo nuovo, fatto di Giu­ dei e pagani credenti in Gesù ed uniti come una nuova realtà: la chiesa cristiana. L'appello di Pietro a Pentecoste è come una sfida a credere in Cristo dopo che il giudizio temporale è caduto sulla Gerusalemme apostata. Ecco così come il tema qui non è quello delle mutazioni fisiche che avranno luogo quando alla fine dei tempi Cristo tornerà per stabi­ lire il Suo regno celeste (come alcuni oggi suppongono), ma quel­ lo del giudizio di Dio che cade oggi su coloro che violano il suo patto. Questo principio generale si applica a molti dei giudizi par­ ticolari di Dio e certamente si applica al Suo giudizio finale. La gloria delle nazioni sarà oscurata e sarà come se la luce nel mondo sia da Dio stesso portata via. Israele era persuaso "di essere guida dei ciechi, luce di quelli che sono nelle tenebre" (Romani 2:17­18), ma, respingendo Cristo, luce del mondo, era diventato esso stesso "tenebre", la lampada del tempio si sarebbe definitivamente spenta. A coloro che seguono 209


Cristo, però, l'Apostolo scrive: "Ma voi siete una stirpe eletta, un sa­ cerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa" (1 Pietro 2:9).

PREGHIERA Gesù mi considera luce del mondo, ma le luci dei peccatori impeni­ tenti, dei credenti e della chiesa infedele si spengono e non servono più a nulla. Che la lampada della fede rimanga in me sempre bene accesa, che nulla di peccaminoso soffi mai sulla sua fiamma per spe­ gnerla, ed allora essa rischiarerà il cammino mio e di molti altri. Amen.

85 Viene sulle nuvole del cielo? "...allora si vedrà il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con grande potenza e gloria" (Marco 13:26).

Fra gli avvenimenti profetizzati da Gesù e che accompagneranno la fine e la dispersione dell'Israele storico, compare l'espressione di oggi, espressione che ha fatto e fa ancora sbrigliare la fantasia di molti, ieri ed oggi. Per comprendere i termini usati dal Signore nella Sua risposta ai discepoli sul Monte degli Ulivi, dobbiamo, però, ritornare alla Bibbia, e non ricorrere alla nostra immagina­ zione come degli scrittori di fantascienza... L'espressione "venire sulle nuvole del cielo" è ben stabilita nella Parola di Dio e non è da prendere alla lettera! Controllate le volte in cui ricorre nella Bib­ bia! Pendiamo un esempio fra i tanti dal profeta Isaia: "Oracolo sull'E­ gitto. Ecco, il SIGNORE cavalca una nuvola leggera ed entra in Egitto; gli idoli d'Egitto tremano davanti a lui e all'Egitto si scioglie 210


il cuore nel petto" (Isaia 19:1). Quando Dio era venuto a giudicare l'Egitto, in che modo viene simbolizzata la Sua potenza? Egli giun­ ge "cavalcando una nuvola leggera" e veloce. Il Signore non è fisi­ camente un invasore. Egli non ha bisogno che una nuvola fisica lo trasporti, semmai questo abbia un qualche senso. Egli viene come il Dio delle vendette negli avvenimenti che Egli causa nella storia umana. Le nuvole rappresentano la Sua presenza, controllo poten­ te e gloria, proprio come avveniva nel Tabernacolo nel deserto. Il nostro testo interpreta sé stesso. Egli viene: "con gran potenza e gloria". Cristo è venuto in gloria e giudizio e verrà ancora nel giudizio fi­ nale in tutta la sua gloria. Conoscetelo abbastanza bene tanto da non essere ingannati da coloro che puntando il dito qui e là e di­ cono: "Eccolo!". Essi indicano o falsi Messia o sono essi stessi falsi profeti. Che la Sua luce rivelatrice brilli sulla vostra vita. Siate pronti a confessare umilmente i vostri peccati ed a ravvedervi quando Egli getta il suo raggio di luce su di voi per rivelare la vostra negligen­ za e le vostre trasgressioni. Non fuggite per impedire alla luce di rivelare i vostri peccati. Pensare di poterlo evitare sarebbe come essere cadaveri spirituali che sono solo "cibo per gli avvoltoi". Quando l'orgogliosa gloria dei potenti si estinguerà del tutto, fate­ vi trovare fra coloro che acclamano il Messia e che fiduciosamente Lo seguono. Non siate fra coloro che piangono per aver perduto la loro propria gloria.

PREGHIERA Signore Iddio, ti accolgo oggi volentieri nella mia vita e Ti accoglierò domani quando verrai in tutta la Tua gloria a giudicare il mondo ed a portarmi via con Te. Per quanto curioso, non sto qui ora a cercare di immaginare come potrà avvenire tutto questo. So che lo farai, e questo mi basta. Amen. 211


86 Angeli mietitori? "Ed egli allora manderà gli angeli a raccogliere i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremo della terra all'estremo del cielo" (Marco 13:27).

Fra gli avvenimenti profetizzati da Gesù che avverranno nel tempo della fine storica di Israele, nel versetto 27 di questo testo, vedia­ mo come l'Evangelo raggiunga tutti gli eletti di Dio. Gli agenti che porteranno a compimento la raccolta di coloro che Iddio ha desti­ nato alla salvezza, gli eletti, vengono qui indicati come "angeli". Nella lingua greca "angelo" corrisponde al nostro termine "messag­ gero". Nella letteratura popolare dell'antica Grecia si trovano gli scritti di Senofonte. Nei suoi racconti di vita militare, egli parla spesso di messaggeri ("angeli" in greco) che portano i messaggi dei comandanti alle truppe sul fronte. Ovviamente questo termine aveva un uso ordinario oltre a quello che designa gli spiriti mes­ saggeri di Dio che talvolta Egli usa nei Suoi rapporti con gli uma­ ni. Nei vangeli si usa la stessa parola quando Giovanni manda "mes­ saggeri" ad informarsi su Gesù (ad esempio Luca 7:24). Lo stesso termine (angelos) è usato quando Gesù manda "messaggeri" in Sa­ maria per preparare il terreno (Luca 9:52). Un rapido esame sul­ l'uso di questa parola nel Nuovo Testamento greco, mostra come questo non sia un uso insolito del termine. È solo dal contesto che siamo in grado di stabilire se si tratta di un messaggero umano od una delle creature spirituali di Dio. Siamo giustificati nel guardare al contesto in cui questa parola vie­ ne usata qui in Matteo 24:31. Chi è che porta l'Evangelo agli eletti di Dio? Si tratta forse degli esseri spirituali del cielo? Oppure è lo stesso popolo di Dio sulla terra che è inviato per diffondere la Pa­ rola di Dio? La risposta a questa domanda è chiaramente quest'ul­ 212


tima. Come cristiani noi abbiamo il dovere di annunciare l'Evange­ lo, non aspettarci che lo facciano ...gli angeli di Dio dal cielo (che pure qualche volta Dio usa). Dio invia il suo popolo, i cristiani, come Suoi angeli, i Suoi mes­ saggeri a riunire i Suoi eletti dai quattro venti (dai quattro punti cardinali), e da un punto del cielo all'altro (da un orizzonte all'al­ tro). Questo modo di parlare è molto comune nella Scrittura e nel­ la letteratura di quei tempi, ben conosciuta dai primi destinatari di queste parole. La distruzione dell'Israele terreno, infatti, corri­ sponderà alla partenza dei cristiani per ogni dove che diffonderan­ no l'Evangelo della grazia in Dio in Gesù Cristo per raccogliere i credenti nella chiesa cristiana. In un certo senso è facile distinguere chi sono e saranno gli eletti. Identificheremo gli eletti in coloro che a questo Evangelo rispon­ dono con il ravvedimento dai propri peccati e con la fede ubbi­ diente in Gesù Cristo. Sei tu fra questi?

PREGHIERA Signore Iddio, ti ringrazio per tutti quei messaggeri che mi hanno portato l'annunzio dell'Evangelo di Gesù Cristo. Ti ringrazio che mi hai portato al ravvedimento ed alla fede, dandomi immeritatamente e per amore, la grazia della salvezza. Non comprendo il mistero del­ l'elezione, ma lo accetto con infinita riconoscenza, perché ad essa io non avevo titolo alcuno. In esso si manifesta la Tua grazia come nel­ la riprovazione si manifesta la Tua giustizia. Ti lodo e ti benedico per entrambe. Amen.

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87 La stagione fruttuosa dell'Evangelo "28 Ora imparate dal fico questa similitudine: quando i suoi rami si fanno teneri e mettono le foglie, voi sapete che l'estate è vicina. 29 Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte" (Marco 13:28­29).

I segni premonitori sono inconfondibili per chi ha occhi per vede­ re. Vale per la manifestazione del giusto giudizio di Dio sui pecca­ tori impenitenti, ma vale anche per le stagioni fruttuose ed abbon­ danti della grazia. La parabola illustra il punto che Gesù stava esponendo in questo contesto: una nuova stagione fruttuosa stava per iniziare. Stava per venire l'estate in senso spirituale per il Regno di Dio, L'inizio dell'era della Chiesa sarebbe stato un tempo di crescita per il re­ gno di Dio. Nell'ultima parte del periodo dell'Antico Testamento, solo i Giudei, una piccola parte dell'umanità, conoscevano la Paro­ la di Dio, e solo alcuni confessavano vera fede in quella Parola. Nel Nuovo Testamento, però, la Chiesa stabilita dall'Evangelo, si è diffusa per tutto il mondo. Sono molti ora che professano la vera fede, ed essi non sono limitati ad una nazione. Stava veramente per iniziare una stagione estiva feconda. Nel libro degli Atti ne ve­ diamo l'inizio, le gemme che spuntano. Alcuni affermano che nella Bibbia l'albero di fico rappresenta sem­ pre la nazione di Israele. Non è così. Nel Nuovo Testamento Israe­ le è rappresentato da molti simboli: una vite (Giovanni 15), un olivo (Romani 11), una massa di pasta (Romani 11:16), un gregge (molti riferimenti). Quando un fico è usato per rappresentare Israele, lo si mostra come sterile! Questo albero comune in quelle regioni, era talvolta usato per rappresentare la sterilità di Israele che non dava i frutti che Dio si aspettava perché non traeva da Lui la linfa vitale atta a produrli. Normalmente quest'immagine veni­ 214


va usata per rappresentare il cambio delle stagioni. Nel resoconto che fa Luca su queste parole di Gesù, vediamo come il nostro Signore non menzioni solo il fico quando rappresenta la crescita del regno. In Luca 21:29 troviamo un racconto parallelo. Là Gesù dice: "Guardate il fico e tutti gli alberi". Non c'è alcun ac­ cenno in quest'intera sezione, che possa suggerire come Gesù parli (come pensano alcuni) del ristabilimento della nazione di Israele in un lontano futuro dopo il Suo imminente giudizio. Dice l'esatto opposto. Gesù annuncia la fine di Israele come nazione e l'inizio di una nuova fase del popolo di dio, un regno spirituale fatto sia di Ebrei che di pagani credenti in Cristo. Le foglie sono segno dell'estate. Quando i discepoli vedono il re­ gno che comincia a portare frutto, essi sapranno che una stagione di abbondante raccolto è prossima. È esattamente ciò di cui faran­ no esperienza di lì a poco. Diffondendo il messaggio in tutto il mondo, essi saranno testimoni della convocazione degli eletti dai quattro venti. Il regno comincia con una grande stagione di cresci­ ta. Nel solo giorno di Pentecoste, il sermone di Pietro porta alla fede in Cristo più di 3000 persone. Quando Paolo e gli altri rag­ giungeranno altre nazioni, un'alluvione di nuovi credenti ingrosse­ rà le file della chiesa. Senza dubbio una stagione fruttuosa! Gesù aggiunge: "...quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, proprio alle porte". La presenza di Gesù è la speranza centrale ed il significato del Suo regno. Isaia dice che Egli sarà chiamato Emanuele. Questo nome è una combinazione di due pa­ role ebraiche Immanu­El, cioè "Con noi c'è Dio" o, come traducia­ mo, "Dio con noi". Quando il Regno si espande, sappiamo che Gesù è vicino a noi in due modi: sia come Giudice per segnare la fine del corrotto Israele, e come Salvatore, per raccogliere nel re­ gno tutti coloro che credono in Lui da tutte le nazioni del mondo.

PREGHIERA Signore Iddio, talvolta guardo la crisi spirituale della società d'oggi 215


con tristezza perché molti locali di culto cristiano sono semivuoti. Che la mia prospettiva, però, sia informata dalla Tua Parola e che si allarghi. Gli eletti giungeranno tutti alla conversione ed alla salvez­ za e grande è il loro numero in tutto il mondo anche nella nostra ge­ nerazione. Io Ti lodo, Signore, perché la tua opera va sempre a com­ pimento. Dammi di vedere le cose sempre meglio dalla Tua prospetti­ va! Amen.

88 Le parole di Gesù prese così come stanno "In verità vi dico che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute" (Marco 13:30).

Per tutte le affermazioni profetiche che Gesù fa nel discorso che stiamo esaminando in questi giorni, vi è un preciso quadro tempo­ rale: la Sua generazione". Non dobbiamo leggere la Bibbia fuori dal suo contesto. Troppo spesso, quando lo si è fatto, si è caduti in equivoci senza fine. Questa risposta e questi ammonimenti Gesù li dà, infatti, a coloro che lo stavano ascoltando in quel momento sul Monte degli Ulivi mentre contemplavano gli edifici del tempio. Non stava dipingendo scenari apocalittici per chi avrebbe letto le Sue parole migliaia di anni dopo. Anche questa affermazione mo­ stra un legame con ciò che Gesù aveva detto al riguardo dei Giu­ dei corrotti al Tempio nel capitolo precedente. Il contesto è quello delle specifiche domande dei Suoi discepoli. In Matteo 23:36 Gesù dice: "Io vi dico in verità che tutto ciò ricadrà su questa generazione". La parola qui usate per generazione è ge­ nea, tradotta generalmente "generazione". Una generazione è lo spazio di tempo intercorrente dalla nascita di un gruppo di perso­ ne al momento in cui "passeranno il testimone" ai loro figli. È un periodo di tempo arbitrario, compreso di solito fra 20 a 40 anni. Se prendiamo letteralmente queste cose, significa che Gesù stava 216


parlando di avvenimenti che avrebbero avuto luogo nell'ambito della vita di coloro che allora lo stavano ascoltando. Se le sue pa­ role si riferiscono alla distruzione finale di Gerusalemme nel 70 d. C. e all'inizio dell'epoca dell'espansione della chiesa apostolica, al­ lora tutto questo si sarebbe adempito nello spazio di una genera­ zione, meno di 40 anni, come indica questo brano. Se ci si libera dai condizionamenti di certa letteratura apocalittica che va oggi per la maggiore, si vedrà immediatamente come tutto questo abbia finalmente un senso, prenda forma. Non più compli­ cate e fantasiose costruzioni apocalittiche messe su assemblando versetti presi fuori dal loro contesto come se la Bibbia fosse un li­ bro di misteri esoterici! Troppi gruppi settari sono nati, cresciuti, fatto danni e sono morti leggendo la Bibbia in modo (è il meno che si possa dire) "discutibile". Vantandosi di essere "biblici", in realtà spesso, fraintendendo la Bibbia, l'hanno tradita ed hanno fatto sì che il mondo si prendesse gioco della fede cristiana per la loro dabbenaggine. Quel che Gesù afferma è verità ed avviene immancabilmente, ma va letto in modo oggettivo confrontando il messaggio dei vari scrittori biblici e rispettando anche la tradizione interpretativa del­ la chiesa cristiana. Molto raramente, se non mai, sorge qualcuno che può dire di aver finalmente compreso la Bibbia più di quanto avessero mai fatto le generazioni passate. Quanta "fanta­religione" è sorta nel corso della storia da personaggi che pensavano di sa­ perla più lunga di tutti gli altri venuti prima di loro ritenendo di essere "gli unti del Signore". Quando Gesù disse: "Tutti quelli che sono venuti prima di me, sono stati ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati" (Giovanni 10:8), potrebbe anche applicarsi a molti che sono venuti dopo di Lui. Attenzione ai falsi cristi ed ai falsi profeti! "Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abil­ mente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà" (2 Pietro 1:16). 217


PREGHIERA Ti ringrazio, Signore Iddio, per il dono meraviglioso che Tu ci hai fatto della tua parola scritta. Essa ci parla di te, ci rivela chi siamo e quale sia il nostro bisogno fondamentale. Essa soprattutto ci conduce verso il Tuo Figlio Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore. Ti ringra­ ziamo, infine, Signore, che in ogni epoca, tu non sei mai stato privo di un popolo che Ti fosse fedele. Aiutami ad esserne riconoscente apprezzando e imitando nel bene chi è venuto prima di me nella fede. Amen.

89 Una Parola certa e sicura "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeran­ no" (Marco 13:31).

In questo versetto (questa volta sì) Gesù, per un momento, guarda avanti nel tempo. Egli paragona la fine dell'attuale ordinamento con l'eternità della Sua Parola. Il discorso si volge dal tipo (la ca­ duta di Gerusalemme) all'anti­tipo: il giorno del giudizio. I giudizi di Dio seguono sempre un modello prestabilito perché ri­ velano verità eterne. Tutti i giudizi effettuati durante il tempo del­ la civiltà sulla terra mostrano i princìpi che convergeranno al giu­ dizio finale. Ecco perché molti degli stessi simboli usati si applica­ no ai vari giudizi nel tempo che Dio ha eseguito sui Suoi nemici, sia coloro che si erano opposti al Suo popolo, che su coloro che, all'interno del Suo popolo, si erano opposti a Lui. Nella lezione che Egli impartisce sul Monte degli Ulivi, Egli porta assieme i due grandi giudizi: il giudizio su Israele come realtà na­ zionale, che sarebbe avvenuto nello spazio di 40 anni, ed il giudi­ zio finale dell'umanità, che dovrà venire migliaia di anni più tardi. Nel 70 d. C. il Figlio dell'uomo sarebbe virtualmente venuto per 218


giudicare e la gloria di Israele si sarebbe oscurata, il suo orgoglio abbattuto. Il suo Tempio era stato inteso come testimonianza della presenza e del patto di Dio. Israele, però, lo aveva profanato nel­ l'incredulità e nella disubbidienza. Ecco così che Israele viene so­ stituito da un culto più vasto e spirituale in Cristo. I suoi simboli e sacrifici rappresentavano la venuta del Messia. Quando, però, il Messia giunge, il suo proposito è compiuto. La presenza di Dio si sarebbe manifestata nel popolo della Sua chiesa. Un giorno, allo stesso modo, anche tutta la gloria del mondo, quella di cui tanto l'uomo si vanta, sarà oscurata ed il suo orgoglio sarà sradicato. I cieli e la terra, sin dalla creazione, sono stati i te­ stimoni della presenza e del patto di Dio. Nella Legge Iddio chia­ mava cieli e terra come testimoni del Suo patto con Abraamo e Mosè. L'essere umano, però, profana la creazione di Dio e perverte la Sua verità. Vi sarà, così, un giudizio finale dove Dio porrà fine ai cieli e alla terra fisici come noi li conosciamo. Essi saranno rifor­ mati in una più grande presenza spirituale di Dio, qualcosa che si pone ben oltre alla nostra immaginazione, da questa parte della gloria. Lo scopo dell'universo fisico nella sua forma attuale sarà adempiu­ to. Avrà dichiarato l'opera di Dio e preparato il popolo di Dio a passare l'eternità con Lui. La configurazione fisica dell'ordinamen­ to presente sarà superata quando verrà l'ordine trascendente. Come Pietro descrive in 2 Pietro 3:10: "Il giorno del Signore verrà come un ladro: in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli ele­ menti infiammati si dissolveranno, la terra e le opere che sono in essa saranno bruciate". La fase conclusiva della fine di questo mondo, però, non è il tema principale del discorso di Gesù. Concentrarci su di esso come se parlasse della "fine del mondo" fa sì che noi manchiamo di inten­ dere la lezione principale di questo testo. Il suo tema è questo: l'intero ordinamento di questo mondo non è che temporaneo, la Parola di Dio è per sempre. Se la Sua Parola sopravviverà alla pre­ sente forma dell'ordinamento della realtà, essa certamente deve ri­ 219


manere importante per i Suoi apostoli e per la Sua Chiesa. La certezza del giudizio che verrà non annulla i doveri che attual­ mente abbiamo verso Dio. La temporaneità non può essere una scusa per ignorare l'eternità. Sebbene essi sarebbero stati testimo­ ni, nel corso della loro vita, della cadura di Israele, sebbene essi avrebbero visto il Tempo fatto tacere per sempre, il sacerdozio le­ vitico ritirato per sempre, e la sua stessa vita millenaria conclusa, eppure ciò che in tutto questo è rappresentato perdura. La Parola di Dio per loro non cesserà con questo giudizio nel tempo. Di fat­ to, sarà compito stesso di questi apostoli guidare la chiesa nella nuova era e chiarire come gli eterni principi di Dio siano all'opera nell'epoca in cui la forma esteriore del Tempio sarebbe divenuta il Tempio spirituale dell'anima del credente.

PREGHIERA Signore Iddio, io confesso che la Tua Parola, fattasi uomo in Cristo e Scrittura nella Bibbia, è verità. Io mi attengo ad essa con fiducia, persuaso che, nonostante le pretese di alcuni che la vorrebbero smon­ tare e negare, la verità della Tua Parola rimarrà. Dammi intendi­ mento, o Signore, per comprenderla e comunicarla rettamente. Amen.

90 Vegliate “32 Quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno li sa, neppu­ re gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma solo il Padre. 33 State in guardia, vegliate, poiché non sapete quando sarà quel momento. 34 È come un uomo che si è messo in viag­ gio, dopo aver lasciato la sua casa, dandone la responsabilità ai suoi servi, a ciascuno il proprio compito, e comandando al portinaio di vegliare. 35 Vegliate dunque perché non sapete 220


quando viene il padrone di casa; se a sera, o a mezzanotte, o al cantare del gallo, o la mattina; 36 perché, venendo all'im­ provviso, non vi trovi addormentati. 37 Quel che dico a voi, lo dico a tutti: "Vegliate"»" (Marco 13:32­37).

Forse che Gesù ha cambiato qui completamente il suo tema del Suo discorso secondo quanto abbiamo esaminato nei giorni passa­ ti in questo capitolo? Parla qui della "fine dei tempi", oppure della nostra morte corporale? Oppure Egli semplicemente ritorna ai Suoi avvertimenti sul prossimo giudizio di Israele? Dato che il contenuto di questi versetti non sono che principi generali che si applicano sempre a coloro che sono in vita quando un giorno si abbatterà il giudizio finale, poco importa. Qui non vi sono cose specifiche in rapporto o al giudizio imminen­ te del 70 d. C. o al distante giudizio finale al termine dell'era del­ l'Evangelo. I dettagli sono illustrazioni di come noi dovremmo vi­ vere, cioè come persone consapevoli che un giudizio deve venire, ma che non sanno esattamente quando. Ogni giudizio verrà alla stessa maniera. Verrà inaspettato. Quando studiamo la questione del ritorno promesso di Cristo, vediamo come essa sia sempre applicata ad una varietà di giudizi, non solo all'ultimo che deve ancora venire. L'intera sezione è simile alle le­ zioni precedenti che Gesù impartisce in Luca 12:35­53 e altre. Qui Egli riassume la questione. Il punto centrale che Egli vuole comunicare è molto chiaro. Non bisogna nemmeno tentare di capire quando questo giudizio si ab­ batterà. Il nostro dovere non è quello di predire quando, ma di es­ sere sempre pronti e continuare a servirlo fedelmente fino a quel giorno. Non stiamo quindi a fare inutili speculazioni, non indugia­ mo nel fantasticare scenari solo per soddisfare alla nostra carnale curiosità. Accontentiamoci di quanto ci è stato rivelato. Sembra qui risuonare la famosa espressione di Dante Alighieri che, nella sua Divina Commedia, scrive: "Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare". Essa viene ripetuta da Virgilio nell'Inferno per due volte in maniera esattamente uguale e per 221


una terza volta con qualche variazione. Il significato in prosa è più o meno "Questa è la volontà di chi detiene il potere, non chiedere altro". Nella Commedia, Dante, tramite Virgilio, la pronuncia per quietare degli spiriti infernali che protestano al passaggio dei due visitatori, in particolar modo contro Dante stesso che è persona vi­ vente. Il messaggio biblico corrispondente per noi dev'essere: "Alla legge! Alla testimonianza!». Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!" (Isaia 8:20). L'esortazione per ciascuno di noi deve continuare ad essere: Sii "ospitale, amante del bene, assenna­ to, giusto, santo, temperante, attaccato alla parola sicura, così come è stata insegnata, per essere in grado di esortare secondo la sana dottrina e di convincere quelli che contraddicono" (Tito 1:8); come anche quanto dice Pietro: "...abbiamo inoltre la parola profe­ tica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come a una lampa­ da splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori. Sappiate prima di tutto que­ sto: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un'interpreta­ zione personale; infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo" (2 Pietro 1:19­21).

PREGHIERA Signore Iddio, tu mi chiami a vegliare, a non dormire spiritualmen­ te, ma ad essere sempre pronto al Tuo ritorno, al momento in cui porrai fine a quest'ordine di cose attuale per compiere il nuovo cielo e la nuova terra secondo le Tue promesse. Dammi di essere fedele nei compiti che mi affidi, affinché al tuo ritorno, io possa "fare rapporto" in modo onorevole. Amen.

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91 Licenza di uccidere? "1 Mancavano due giorni alla Pasqua e alla festa degli Azzimi; i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di prendere Gesù con inganno e ucciderlo; 2 infatti dicevano: «Non durante la festa, perché non vi sia qualche tumulto di popolo»" (Marco 14:1­2).

Fallite le tecniche verbali per far cadere Gesù in contraddizione e così discreditarlo, gli avversari di Gesù passano alle "maniere forti": devono liberarsene il più in fretta possibile, basta con le chiacchiere! Si tratta di convocarlo con un pretesto, isolandolo dalla folla che potrebbe reagire, prenderlo trappola e "farlo spari­ re". La Sua critica verso le istituzioni "è intollerabile". È un "sov­ versivo" diverso ma non meno "pericoloso" dei rivoluzionari vio­ lenti. Lo Stato e la "chiesa" salvaguardano l'ordine pubblico, il diritto e la morale. È vero: "...perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non porta la spada in­ vano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una giusta punizione a chi fa il male" (Romani 13:4). Non è, però, sempre così: per que­ sto bisogna vigilare. Per quanto necessarie, pure le istituzioni sono contaminate dal peccato. Possono corrompersi e degenerare, di­ ventare ingiuste ed oppressive. Le istituzioni controllano il buon ordine della società, ma la società deve avere gli strumenti per controllare "il buon ordine" delle istituzioni. È necessaria un'istan­ za critica, profetica, libera ed indipendente, che "controlli i con­ trollori", che rilevi ingiustizie e degenerazioni, che chiami pure le istituzioni stesse alle loro giuste funzioni quando le disattendono e quindi al cambiamento ed alla riforma. Gesù era questa istanza critica, e così dev'essere il movimento cristiano. Quando però potere ingiusto e privilegio si incrostano nelle istitu­ 223


zioni, esse non ammettono la critica e reagiscono senza scrupolo alcuno per metterla a tacere, come fanno con Gesù. Poco importa se Gesù "viene da Dio". Avevano fatto parlare Giovanni il battezza­ tore. Tutto bene, ma "solo fino ad un certo punto"... Poi aveva co­ minciato "a dare fastidio" e si era provveduto a farlo tacere... Già, ci vuole poco per chi detiene il potere, scavalcare il fossato che se­ para legalità e criminalità; questo fossato è più stretto di quanto si creda. I "capi dei sacerdoti e gli scribi" come pure chi oggi occupa una si­ mile posizione, talvolta fa sì che il potere che hanno acquisito (in un modo o in un altro) faccia loro credere di poter avere la "licen­ za di uccidere". Si può giustificare, infatti, persino l'omicidio quan­ do c'è da difendere "gli interessi dello Stato", "un fine superiore", o spesso più verosimilmente, gli interessi privati dei "potenti", le loro ambizioni, i loro privilegi, ciò che ritengono "più conveniente" per la gente o per sé stessi. Credono di avere "licenza di uccidere". Le autorità costituite, sebbene siano (con riserva) da rispettare ed ubbidire, possono trasformarsi facilmente nella "bestia dell'Apoca­ lisse", ieri ed oggi. Romani 13 è controbilanciato da Apocalisse 13. Alle istituzioni è dato "...potenza, ...trono e una grande autorità", ma questo le può portare a farle diventare "una bestia" e ad avere "...una bocca che proferisce parole arroganti e bestemmie ... Essa aprì la bocca per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo nome" (Apocalisse 13:5,6). Allora: "Le fu pure dato di far guerra ai santi e di vincerli, di avere autorità sopra ogni tribù, popolo, lingua e nazione" (Apocalisse 13:7). Che Dio possa di fatto rendere questo possibile sconcerta non pochi credenti. Senza per questo giustificare in alcun modo ciò che operano gli iniqui, anche in questo Dio ha un piano. Gesù verrà arrestato, torturato ed ucciso violentemente, ma attraverso di questo, e alla faccia dei Suoi avversari, Dio realizzerà la reden­ zione del Suo popolo. "...quest'uomo, quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio, voi, per mano di iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma Dio lo risu­ 224


scitò, avendolo sciolto dagli angosciosi legami della morte, perché non era possibile che egli fosse da essa trattenuto" (Atti 2:23­24).

PREGHIERA Signore Iddio, quanto spesso è vero che le autorità degenerano e di­ ventano inique ed oppressive. Dacci, o Signore, di potere elevare quando è necessario la nostra voce di protesta contro di esse e di chiamarle al ravvedimento. Che i rischi che questo comporta non ci spaventino. Tacere e così salvarsi la vita non è ciò che ha fatto il no­ stro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Dà al movimento cristiano e a noi che ne facciamo parte maggiore consapevolezza del ruolo profeti­ co al quale Tu ci chiami. Desideriamo essere fedeli testimoni del Tuo Regno e dei princìpi che lo caratterizzano. Amen.

92 Soldi sprecati? "3 Gesù era a Betania, in casa di Simone il lebbroso; mentre egli era a tavola entrò una donna che aveva un vaso di alaba­ stro pieno d'olio profumato, di nardo puro, di gran valore; rot­ to l'alabastro, gli versò l'olio sul capo. 4 Alcuni, indignatisi, di­ cevano tra di loro: «Perché si è fatto questo spreco d'olio? 5 Si poteva vendere quest'olio per più di trecento denari, e darli ai poveri». Ed erano irritati contro di lei. 6 Ma Gesù disse: «La­ sciatela stare! Perché le date noia? Ha fatto un'azione buona verso di me. 7 Poiché i poveri li avete sempre con voi; quando volete, potete far loro del bene; ma me non mi avete per sem­ pre. 8 Lei ha fatto ciò che poteva; ha anticipato l'unzione del mio corpo per la sepoltura. 9 In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato il vangelo, anche quello che costei ha fatto sarà raccontato, in memoria di lei»" (Marco 14:3­9). 225


Il dovere che abbiamo di solidarietà, di assistenza verso ogni crea­ tura umana si trovi nel bisogno, fa parte dei principi fondamentali della fede ebraica e cristiana. La Scrittura ci insegna: "Così dun­ que, finché ne abbiamo l'opportunità, facciamo del bene a tutti; ma specialmente ai fratelli in fede" (Galati 6:10). Gesù insegna ai Suoi discepoli di prendersi cura dei poveri. Il termine “poveri” in­ clude tutti coloro che sono poveri in diversi modi: affamati, senza casa, stranieri, vedove, orfani, malati, deboli, oppressi, prigionieri, ciechi, esclusi... Nella prospettiva biblica la povertà non è solo un fatto economico. I poveri sono coloro che mancano delle risorse sociali, economiche, politiche per realizzare e vivere la propria re­ sponsabilità e la propria vocazione. Il comandamento di prendersi cura dei poveri significa prendersi cura di coloro che soffrono. Il cristiano, inoltre, è consapevole che l’attenzione nei confronti dei poveri e delle povertà vecchie e nuove non può essere lasciato alle sole sensibilità individuali, ma richiede una azione sociale e politi­ ca forte, sostenuta dalla prospettiva della giustizia. Quel giorno, a Betania, Gesù stava partecipando ad un ricevimen­ to in casa di un certo Simone, soprannominato "il lebbroso". Pro­ babilmente era stato guarito da Gesù stesso e celebrando il suo ri­ stabilimento, volevano onorare, con una festa, Colui che tanto si era interessato alla sua condizione, dimostrandogli in quel modo la loro gratitudine. Sebbene Gesù sia consapevole della Sua tragi­ ca sorte che sarebbe avvenuta di lì a pochi giorni, Egli nemmeno allora pensa a Sé stesso ed ai Suoi angosciosi problemi, ma accetta di rallegrarsi con quella gente. A volere onorare e ringraziare Gesù, però, non erano solo loro quel giorno, ma anche una donna che si fa largo fra quella compagnia e che Gli esprime la sua rico­ noscenza omaggiandolo di un preziosissimo olio profumato che seduta stante, effonde sul capo di Gesù. Il testo non dice che cosa Gesù avesse fatto per lei, ma la riconoscenza che aveva per Gesù era così grande che, per dimostrargliela, non esita ad acquistare ed offrirgli un profumo che, secondo le stime moderne, equivaleva a circa 300 giornate di lavoro di un bracciante! 226


I risparmi della sua vita "sprecati a quel modo? È una follia bell'e buona!" diremmo noi. È una reazione simile a chi oggi propone, per chi vuole onorare un defunto: "Non fiori, ma opere di bene", magari offerti ad un ospedale in suo nome. Sì, non sarebbe stato meglio usare quei soldi (cifra spropositata) per i poveri? Perché mai quello spreco? La nostra reazione "di grande saggezza" non sarebbe stata diversa da quelle persone indignate quel giorno. La nostra grande "coscienza sociale" non sarebbe stata da meno di quelle reazioni. Gesù, però, proprio Gesù, sembra non condivider­ la e rimprovera quella gente dicendo loro di lasciare quella donna in pace ad esprimere quello che aveva in cuore come lei riteneva giusto. Gesù sarebbe stato anche d'accordo a "meglio investire" quel denaro, ma in quel momento Egli non voleva in alcun modo reprimere l'espressione spontanea di quella donna. che aveva po­ sto Gesù al primo posto nel suo cuore. Certo, i poveri si possono e si devono aiutare, ma ancora oggi facciamo fatica a vedere come l'onore, il culto e la riconoscenza verso Gesù è un valore che viene persino prima della consapevolezza sociale! La dimensione "oriz­ zontale" dell'amore non può mai essere dissociata da quella "verti­ cale". Sta qui la differenza di fondo fra la fede cristiana e il "soli­ darismo sociale" al quale qualcuno oggi vorrebbe equipararla. La coscienza sociale non è più importante della consapevolezza di quel che Dio in Gesù ha fatto per noi. Il guadagno di 300 giornate di lavoro sarebbe ancora troppo poco per dimostrargliene ricono­ scenza! Gesù effonde la Sua intera vita, non risparmiandosi neppure la morte, e tra le più atroci, per noi (qui citata nel riferimento alla sua sepoltura). Dovremmo allora considerare una qualsiasi cosa troppo preziosa in suo paragone? Gli offriamo l'olio profumato del più grande nostro affetto? Amiamolo con tutto il cuore, anche se qualcuno dicesse che questo è "fanatismo". Lasciamo che dica. Che importa? Non ha compreso ancora chi è Gesù. La carità verso i po­ veri non potrà mai essere una scusa per sottrarre al Signore Gesù il culto, l'onore e la gloria di cui solo è degno. Cristo raccomanda questa donna all'attenzione dei credenti d'ogni epoca. Sicuramen­ 227


te è una lezione per noi della massima importanza. Cristo onorerà coloro che Lo onorano.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio con tutto me stesso, in ogni modo pos­ sibile, con tutto ciò che possiedo, per il dono stupefacente della salvezza che mi hai provveduto in Cristo. Che il mio amore ricono­ scente per te non conosca limiti e che io pure lo dimostri imitan­ doti nel modo in cui Ti donavi per gli altri. Amen.

93 Uno dei dodici "10 Giuda Iscariot, uno dei dodici, andò dai capi dei sacerdoti con lo scopo di consegnar loro Gesù. 11 Essi, dopo averlo ascol­ tato, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Perciò egli cercava il modo opportuno per consegnarlo" (Marco 14:10­ 11).

Nella storia del cristianesimo molti hanno coltivato l'illusione che si potesse creare in questo mondo una chiesa composta solo di "veri credenti", "perfetta", incontaminata... Per quanto il controllo e l'esercizio di una sana disciplina ecclesiastica sia necessario e le­ gittimo, vi saranno sempre, infiltrati fra i membri di una comunità cristiana, persone che ne fanno parte per motivi spuri, non giusti, persone che ne danneggiano la buona testimonianza, potenziali traditori e persino giurati nemici. Anche fra i discepoli di Gesù c'e­ ra "un Giuda". Come questo potesse essere tollerato da Gesù che pure "conosceva il cuore" di ciascuno, non sappiamo. Certamente aveva un ruolo da svolgere nei propositi di Dio ed è una lezione per tutti noi. Una volta Gesù aveva detto: "Il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni genere di pesci" (Matteo 228


13:47), come pure, in un'altra parabola: "'Signore, non avevi semi­ nato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c'è della zizza­ nia?'" Egli disse loro: 'Un nemico ha fatto questo'. I servi gli dissero: 'Vuoi che andiamo a coglierla?' Ma egli rispose: 'No, affinché, co­ gliendo le zizzanie, non sradichiate insieme con esse il grano. Lascia­ te che tutti e due crescano insieme fino alla mietitura; e, al tempo della mèsse, dirò ai mietitori: Cogliete prima le zizzanie, e legatele in fasci per bruciarle; ma il grano, raccoglietelo nel mio granaio'" (Mat­ teo 13:27­30). È anche vero che l'amore per il denaro può rovinare anche il cre­ dente più promettente. L'apostolo Paolo scrive: "...l'amore del de­ naro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori" (1 Timoteo 6:10). Alcuni giungono a ravvedersene, altri, come Giuda, scivola­ no sempre più in basso fino al punto di non ritorno. È la tragedia dell'umana cecità spirituale. Quel che Satana promette, allettando il cuore avido, egli mantiene solo in parte. Il piacere di aver rice­ vuto "un bel gruzzoletto" di denaro, però, dura relativamente poco. Il sapore diventa amaro. La coscienza comincia a rimordere e a "rovinare la festa" e alla fine neppure servirà "ritornare i soldi al mittente". Il danno irreparabile è stato fatto. Ringraziamo Dio che, però, trasforma il male in un bene e che tutto rimane sotto il Suo controllo. Esiste oggi molta letteratura che cerca di analizzare la figura di Giuda Iscariot e le motivazioni che lo spingono a tradire Gesù. Al­ cuni cercano di giustificarlo in vario modo e persino di difenderlo quasi per suscitare, nei suoi riguardi, la nostra compassione. Cosa non si farebbe oggi per "consegnare Gesù" ai chi promette di can­ cellarne persino la memoria! Non sopportano più "la propaganda" per Lui e per questo danno spazio a tutti i suoi (presunti) concor­ renti affinché abbiano anche loro "una chance". Che follia, che stu­ pidità. Quando Giovanni, nell'Apocalisse, Lo incontra, scrive: "Quando lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli pose la sua mano destra su di me, dicendo: «Non temere, io sono il primo 229


e l'ultimo, e il vivente. Ero morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli, e tengo le chiavi della morte e dell'Ades" (Apocalisse 1:17­18).

PREGHIERA Signore Iddio, riconsacro la mia vita a Te come fedele discepolo del Tuo Figlio Gesù Cristo. Fa sì che io Lo possa seguire sempre con fidu­ cia ed ubbidienza, rendendo a Lui una testimonianza coerente. Mi rattrista molto, Signore, vedere anche fra il Tuo popolo, persone del­ la cui onestà si potrebbe ben dubitare. Non perdo per loro, però, la speranza e prego affinché si ravvedano. Amen.

94 Sono forse io? "12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si sacrificava la Pa­ squa, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a pre­ pararti la cena pasquale?» 13 Egli mandò due dei suoi discepo­ li e disse loro: «Andate in città, e vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua; seguitelo; 14 dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la stanza in cui mange­ rò la Pasqua con i miei discepoli?" 15 Egli vi mostrerà di sopra una grande sala ammobiliata e pronta; lì apparecchiate per noi». 16 I discepoli andarono, giunsero nella città e trovarono come egli aveva detto loro; e prepararono per la Pasqua. 17 Quando fu sera, giunse Gesù con i dodici. 18 Mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico che uno di voi, che mangia con me, mi tradirà». 19 Essi cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l'altro: «Sono forse io?» 20 Egli disse loro: «È uno dei dodici, che intinge con me nel piatto. 21 Certo il Figlio dell'uomo se ne va, com'è scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Meglio sareb­ be per quell'uomo se non fosse mai nato!»” (Marco 14:12­21). 230


Le celebrazioni tradizionali della Pasqua ebraica comprendevano diversi riti. Uno di questi era il sacrificio per la remissione dei pec­ cati. In quell'occasione ogni fedele agiva come sacerdote, portava la propria vittima al tempio, la uccideva e ne consegnava il sangue al sacerdote il quale, con esso, ne aspergeva l'altare. Quel giorno qualcuno (Giuda) avrebbe consegnato la sua vittima (Gesù stesso) al carnefice, pensando di avvantaggiarsene e di fare la cosa giusta. Non sarebbe stato, però, per il perdono dei suoi peccati, ma per la sua stessa dannazione! Per altri sì, ma suo malgrado. Un altro rito era quello di una speciale cena in famiglia, la cena pasquale, in cui si doveva seguire un particolare rituale. Gesù, tro­ vandosi in quei giorni a Gerusalemme con i Suoi discepoli, aveva Egli stesso provveduto ad organizzare per loro questa cena in casa di un simpatizzante. Manda così due dei Suoi discepoli a preparar­ la. La cosa, per motivi prudenziali, doveva rimanere segreta (un traditore, però, si trovava nel loro stesso mezzo!). Essi sarebbero giunti nel luogo prefissato incontrando e seguendo un uomo che si sarebbe fatto riconoscere attraverso un segnale convenuto: avreb­ be portato una brocca d'acqua (compito di solito allora riservato alle donne). Gesù e i Suoi discepoli si recano così quella sera ("il primo giorno degli azzimi", cioè quando tradizionalmente si cuoceva pane non lievitato) nella grande sala predisposta per l'occasione ed iniziano questa cena rituale. È lì che Gesù rivela a tutti di essere consape­ vole che uno di loro l'avrebbe consegnato ai Suoi nemici. Si tratta­ va di una cosa che Giuda, evidentemente, si era ben guardato dal condividere con gli altri, i quali non avrebbero neanche mai so­ spettato una cosa del genere. Impossibile? Beh, a pensarci bene, essi si rendono di fatto conto non non potersi fidare nemmeno di sé stessi, nemmeno del loro cuore. Si rendono infatti conto della loro effettiva debolezza e che avrebbero potuto essere, nonostante le loro migliori intenzioni, potenziali traditori. Di Gesù si fidano, sanno che Egli è in grado di prevedere esattamente il futuro e so­ prattutto di leggere nel loro cuore. Per questo Gli chiedono con grande tristezza ed onestà: "Sono forse io che potrei incorrere in 231


una cosa del genere?". Il traditore dissimula i suoi piani facendo finta di essere amico di Gesù, partecipando "molto religiosamente" a questo rito, mangian­ do e bevendo, come se niente fosse, con tutti gli altri, ma covando in sé stesso atti malvagi. Quale ipocrisia! La nostra natura corrotta dal peccato ci rende capaci anche di questo! Non ci facciamo illu­ sioni sulla natura umana. Anche nelle nostre chiese si potrebbero nascondere "falsi fratelli". I discepoli di Gesù, in quella occasione, però, non puntano il dito l'uno verso l'altro, ma lo puntano verso sé stessi, mettendosi essi stessi al vaglio: «Sono forse io?». La Scrittura ci esorta all'esame di noi stessi. "Badate, fratelli, che non ci sia in nessuno di voi un cuore malvagio e incredulo, che vi allonta­ ni dal Dio vivente" (Ebrei 3:12). La cosa più sorprendente, però, è che Gesù non scopre il complot­ to per impedirlo! Gesù riafferma che dovrà essere così, che "è scritto". Egli lo rileva affinché sia ben chiaro che, pur essendo il tradimento di Giuda previsto, preordinato, in nessun modo questo lo giustificherà: Giuda rimane, infatti, responsabile e colpevole della sua avidità e malvagità. Per questo dovrà pagare e il suo ca­ stigo sarà grande tanto da desiderare che sarebbe stato meglio non essere mai nato. Il fatto che Dio acconsenta ad una persona di peccare e che quei peccati pure cooperino alla realizzazione dei Suoi progetti ultimi, non è tale da permetterle di dire: "Non pote­ vo fare altro che peccare", come se la cosa fosse stata ineluttabile. Nemmeno questo potrà essere motivo per renderla meno colpevo­ le o per ridurre la pena che merita. La responsabilità di chi pecca rimane inalterata. Prendiamo l'abitudine ad esaminare attenta­ mente il nostro cuore, la nostra vita, i nostri pensieri, il nostro comportamento, la nostra fede, la qualità del nostro impegno per Cristo. Se, confrontandoci con la Parola di Dio, ci troviamo in di­ fetto, non esitiamo a confessarlo ed a chiedere perdono al Signore, proponendoci ed impegnandoci, con il Suo aiuto, di percorrere la via della giustizia. 232


PREGHIERA Signore Iddio, aiutami ad esaminare me stesso seriamente per sradi­ care dal mio cuore e dal mio comportamento una qualsiasi cosa non Ti sia gradita, non corrispondente alla Tua volontà, non corrispon­ dente ai criteri di giustizia della Tua legge. Aiutami affinché la mia testimonianza cristiana sia, verso la mia comunità e verso il mondo, irreprensibile e questo affinché io sia sempre meglio conforme alla vocazione che ho ricevuta. Amen.

95 A Cena con l'Amico più grande e vero che ci sia "22 Mentre mangiavano, Gesù prese del pane; detta la benedi­ zione, lo spezzò, lo diede loro e disse: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, e tut­ ti ne bevvero. 24 Poi Gesù disse: «Questo è il mio sangue, il sangue del patto, che è sparso per molti. 25 In verità vi dico che non berrò più del frutto della vigna fino al giorno che lo berrò nuovo nel regno di Dio»" (Marco 14:22­25).

È duemila anni che si discute sul significato da darsi a queste pa­ role del Signore Gesù, trasmesse fino a noi come quelle dell'istitu­ zione della Santa Cena. Questo è il racconto più semplice che di essa abbiamo nel Nuovo Testamento, il più essenziale. Questo rac­ conto si limita a riportare le parole ed i gesti di Gesù in questa cir­ costanza. Il linguaggio che qui Gesù usa, non differisce da quello da Lui usato in altre circostanze, cioè un linguaggio parabolico, il­ lustrativo, suggestivo, da non prendersi letteralmente. Rammen­ tiamoci quando Gesù aveva parlato della necessità di "mangiare il Suo corpo" e molti se ne erano scandalizzati, Egli osserva: "Questo vi scandalizza? (...) È lo Spirito che vivifica; la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita" (Giovanni 6:61­ 63), cioè sono parole da intendersi in senso spirituale. 233


Per comprenderne il significato, è necessario collegarlo alla cele­ brazione della Pasqua ebraica (Esodo 12, che stavano appunto ce­ lebrando) ed a quello di patto (fra Dio ed il Suo popolo) suggella­ to dal sangue versato con un sacrificio. • Dio si è compiaciuto e si compiace di concedere la grazia della salvezza a peccatori che Egli estrae dalla massa del­ l'umanità perduta e che raccoglie in un popolo, il Suo po­ polo (prefigurato nell'Israele storico e che oggi si estende a gente d'ogni tipo nel mondo intero). A questo popolo Egli promette benedizioni eterne (prefigurate dal­ la liberazione di Israele dalla schiavitù d'Egitto e dalla terra che Egli loro concede). Dio suggella questo Suo impegno con un patto che Egli "firma" con il Suo stesso sangue (prefigurato dal sacrificio di un agnello), il sangue del Suo Figlio Gesù Cristo che muore in croce per assicu­ rare la salvezza dei Suoi eletti (i "molti" di cui qui si parla). Essi esprimono la loro adesione a questo patto (la loro consacra­ zione a Lui) partecipando con fede a questo pasto, questa Cena. Si nutrono così di questo agnello sacrificato, lo ricevono, "lo fanno proprio". Il pane ed il vino di questa Cena è figura, così, del sacrifi­ cio di Cristo sulla croce, ed i Suoi discepoli, così invitati a fare, "se ne appropriano". Gesù benedice e ringrazia per la grazia così generosamente prov­ veduta al Suo popolo ed invita i Suoi discepoli, allora ed in ogni tempo, a ripetere fiduciosamente questi gesti proclamando e ri­ confermando così ciò che avviene per loro con la sofferenza e morte di Cristo. Essi lo fanno con lo sguardo rivolto verso la risur­ rezione (Sua e loro) ed il compimento ultimo del Regno di Dio, dove essi finalmente Lo incontreranno "faccia a faccia". Notate come quanto Gesù compie sia "per molti" [non per tutti in­ distintamente, come oggi si sente dire]. Isaia profetizza: "Dopo il tormento dell'anima sua vedrà la luce, e sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il mio servo, il giusto, renderà giusti i molti, si caricherà 234


egli stesso delle loro iniquità" (Isaia 53:11); "Infatti, per condurre molti figli alla gloria, era giusto che colui, a causa del quale e per mezzo del quale sono tutte le cose, rendesse perfetto, per via di soffe­ renze, l'autore della loro salvezza" (Ebrei 2:10). Per questo leggia­ mo nell'Apocalisse della moltitudine di coloro che hanno "lavato le loro vesti nel sangue dell'Agnello" (Apocalisse 7:9­14). Che conforto, per ogni peccatore pentito che va con fiducia a Cri­ sto, che il Suo sangue sia sparso per molti! E se è per molti, perché non potrebbe essere anche per te che leggi queste parole? Se è per i peccatori, per peccatori raccolti in ogni dove, se è per "il primo dei peccatori", perché non può essere anche per te che (non a caso) ti accosti oggi con fede a Cristo? "Certa è quest'affermazione e degna di essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo" (1 Ti­ moteo 1:15).

PREGHIERA Signore Iddio, Ti lodo e Ti ringrazio perché Tu hai provveduto per me salvezza e benedizioni eterne in Cristo. Ti ringrazio che il Suo corpo è stato spezzato ed il Suo sangue è stato sparso per me. Con gioia e riconoscenza partecipo alla celebrazione della Santa Cena alla quale mi inviti e non vedo l'ora di incontrarti nel compimento ultimo del Tuo Regno. Amen.

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96 Il famoso gallo che canta "26 Dopo che ebbero cantato gli inni, uscirono per andare al monte degli Ulivi. 27 Gesù disse loro: «Voi tutti sarete scanda­ lizzati perché è scritto: "Io percuoterò il pastore e le pecore sa­ ranno disperse". 28 Ma dopo che sarò risuscitato, vi precederò in Galilea». 29 Allora Pietro gli disse: «Quand'anche tutti fosse­ ro scandalizzati, io però non lo sarò!» 30 Gesù gli disse: «In ve­ rità ti dico che tu, oggi, in questa stessa notte, prima che il gal­ lo abbia cantato due volte, mi rinnegherai tre volte». 31 Ma egli diceva più fermamente ancora: «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli al­ tri" (Marco 14:26­31).

L'ultima cena di Gesù con i Suoi discepoli termina con il canto del Hallel (i Salmi da 113 a 118, pure designati allora come inni) come era usanza dopo la cena pasquale. Il canto dei Salmi davve­ ro è adatto ed appropriato in ogni circostanza, anche la più dram­ matica. Come se non bastassero per turbare i discepoli le parole di Gesù sulla sua morte e sul tradimento di Giuda, ecco anche la predizio­ ne che tutti loro sarebbero stati scandalizzati per la sorte di Gesù, e persino il Suo rinnegamento da parte di Pietro. La tragica sorte di Gesù, infatti, nonostante tutto l'insegnamento che da Lui aveva­ no ricevuto e le esplicite predizioni della Sua sofferenza, morte e risurrezione, avrebbero fatto vacillare e cadere (grazie a Dio tem­ poraneamente) la loro fede in Lui mettendoli in fuga e facendoli tornare, a testa bassa per la vergogna, alle loro occupazioni prece­ denti. Avrebbero solo subito i commenti sarcastici della gente: "Ve l'avevamo detto! Che stupidi siete stati a seguire quel Gesù!". No­ nostante le fallaci loro rassicurazioni che questo non sarebbe suc­ cesso, Gesù ben conosceva la natura umana ed il loro carattere. 236


Tutto questo sarebbe avvenuto, ma, coraggio, Egli sarebbe risusci­ tato e Lui stesso li avrebbe preceduti in Galilea, non per tornare tutti "alla normalità" dopo il fallimento dei loro progetti, ma per proseguire la missione! Il "gallo che canta" dovrebbe essere anche per tutti noi "un prome­ moria" per rammentarci che le parole di Gesù sono verità sia per quanto riguarda la Sua missione (che verrà a sicuro compimento) ma anche sulla natura umana. Il significato e l'origine del simbolo del gallo che vediamo apposto sul campanile di molte chiese è controverso, ma facciamolo essere per noi il promemoria che tutto ciò che la Parola di Dio afferma è verità, anche se le apparenze po­ trebbero indicarci il contrario. Fidiamoci, non facciamoci "scanda­ lizzare" da certe cose che vi troviamo: esse sono verità. Prima o poi ne avremo la conferma. Prima o poi, eventualmente, le com­ prenderemo. Non illudiamoci sulla natura umana, non "presumiamo" troppo su noi stessi. "Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabil­ mente maligno; chi potrà conoscerlo?" (Geremia 17:9). Esso ci por­ ta a cadere non due, ma tre volte! Dio lo conosce, Dio ci conosce perfettamente. Dire ad una persona "Credi in te stesso! Conta su te stesso!" oppure "Va dove ti porta il cuore!" può essere talvolta uti­ le, ma il più delle volte si tratta di una fiducia "mal riposta". "È meglio rifugiarsi nel SIGNORE che confidare nell'uomo" (Salmo 118:8), è meglio confidare nella Sua grazia, nelle Sue promesse, nelle Sue risorse. I discepoli di Gesù, quelli che Egli aveva scelto, non erano certo "i migliori" disponibili (visti i loro fallimenti), ma vi sarebbero stati discepoli migliori di loro? No, siamo tutti fonda­ mentalmente gli stessi. Se non ti senti degno della grazia che Dio ti ha concesso, se ti senti inadeguato al compito al quale Dio ti chiama, non disperare: guarda ai discepoli di Gesù: quanta debo­ lezza, che delusione! Eppure la pazienza e l'amore di Gesù verso di loro sono straordinari. "Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccor­ ro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia" (Isaia 41:10). 237


PREGHIERA Signore Iddio, voglio essere realistico su me stesso: né presunzione, né disperazione. Tu mi hai chiamato non perché io avessi titoli, me­ riti o capacità particolari, ma per il Tuo amore e, nonostante la mia debolezza ed incapacità, Tu mi accompagnerai fedelmente fino alla fine verso gli obiettivi che per me Ti sei proposto, la mia salvezza. Fa' sì che io giammai dubiti la verità della Tua Parola, la verità delle Tue promesse, la verità di quanto Ti sei proposto di fare in Cristo. Amen.

97 Resistere e persistere attraverso la preghiera "32 Poi giunsero in un podere detto Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedete qui finché io abbia pregato». 33 Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e cominciò a es­ sere spaventato e angosciato. 34 E disse loro: «L'anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate». 35 Andato un po' più avanti, si gettò a terra; e pregava che, se fosse possibile, quell'ora passasse oltre da lui. 36 Diceva: «Abbà, Padre! Ogni cosa ti è possibile; allontana da me que­ sto calice! Però, non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi». 37 Poi venne, li trovò che dormivano e disse a Pietro: «Simone! Dormi? Non sei stato capace di vegliare un'ora sola? 38 Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 39 Di nuovo andò e pregò, dicendo le medesime parole. 40 E, tornato di nuovo, li trovò che dormivano perché gli occhi loro erano appesantiti; e non sapevano che rispondergli. 41 Venne la terza volta e disse loro: «Dormite pure, ormai, e riposatevi! Basta! L'ora è venuta: ecco, il Figlio dell'uomo è consegnato nelle mani dei peccatori. 42 Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce è vicino»" (Marco 14:32­42). 238


Gesù era sempre stato perfettamente cosciente di dove l'avrebbe condotto il Suo ministero: lo scontro con l'establishment politico e religioso, la loro determinazione a toglierlo di mezzo ed anche nel modo più terribile e vergognoso per uno che godeva di così tanta popolarità... Si proponevano, infatti, di distruggere non solo la Sua reputazione, ma anche il Suo corpo ed il Suo spirito. Lo stesso avrebbero cercato di fare anche con il Suo movimento: scoraggia­ re i Suoi seguaci, fare loro intendere che nulla avrebbero potuto fare contro "i principati e le podestà" di questo mondo, e così di­ sperderli, annientarli... È sempre stato l'obiettivo di Satana: vanifi­ care e distruggere tutto ciò che Gesù e chi Lo segue si propongo­ no, in tutti i modi possibili. Nonostante tutte le più terribili soffe­ renze, però, i propositi di Dio in Gesù e con Gesù si realizzano: a nulla potere, nonostante le loro pretese, sono i Suoi avversari. Queste sofferenze addirittura diventano funzionali alla realizza­ zione di questi stessi propositi: attraverso di esse Gesù ne esce vit­ torioso e più il movimento cristiano è represso e perseguitato, più cresce e si stabilisce. Come resistere, però, a queste enormi pressioni fisiche, mentali e spirituali? Con la preghiera, attraverso la quale, consapevolmente e costantemente, si è in comunione con Dio e dal quale si attingo­ no le forze necessarie per resistere e persistere. Questo è ciò che Gesù fa nel giardino del Getsemani. I Suoi, invece che fanno? Dor­ mono. "Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole" (38). Certo sono stanchi e devono riposare. Dormire, però, può anche essere una fuga dalla realtà. Alcuni, per le loro assillanti preoccu­ pazioni, non riescono a dormire; altri trovano nel sonno la fuga dalle preoccupazioni. Il sonno, la perdita di coscienza, è per loro come un anestetico. Certamente il sonno ha una funzione positiva, ma quel sonno, il sonno come fuga, è troppo simile a chi vorrebbe "annegare" le sue preoccupazioni, ansie e dolori nell'alcool o in al­ tre sostanze, o peggio, trovare nella morte "la soluzione" dei loro problemi. Questa fuga, però, non risolverà i problemi; potrà dare eventualmente nel sonno un sollievo temporaneo, ma bisogna sta­ 239


re svegli, resistere e persistere. "Stare svegli" in certe situazioni può significare uno sforzo tremendo: sangue, sudore, lacrime... è una lotta per rimanere lucidi, padroneggiare sé stessi, sfidare l'av­ versario che ti vorrebbe abbattere. Solo però nella preghiera è pos­ sibile realizzare questo. Gesù qui ne dà l'esempio. La Sua solitudine, però, nel farlo, è altresì sconfortante. Avrebbe bisogno di compagni di preghiera, uomini che Gli stanno accanto e che Lo accompagnano solidarmente, che condividono le Sue an­ sie e lotta interiore. Per ben tre volte Gesù va a cercare i Suoi di­ scepoli per averli accanto in questi terribili Suoi momenti. Che fanno, però? Dormono. C'è un senso per il quale necessariamente Gesù dovrà fare tutto da solo, perché solo Gesù può realizzare l'o­ pera di redenzione. Noi, o chiunque altro, non può in alcun modo collaborarvi. Solus Christus. In un altro senso, però, Gesù "ha biso­ gno" che i Suoi discepoli Gli stiano accanto e lo accompagnino alla croce, eventualmente con le loro croci... La Sua croce la porterà per un tratto qualcuno, ma solo Gesù potrà realizzare, senza la collaborazione di altri, l'opera della salvezza.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringrazio per la determinazione del Tuo Figlio Gesù Cristo a realizzare la mia salvezza. Gli è costato sangue, sudore e la­ crime, sofferenze terribili: lo voglio apprezzare sempre di più e apprendere da Lui a portare la mia croce con le forze che anch'io tro­ verò in comunione di preghiera con Te. Che nulla, nemmeno la mia stanchezza, si frapponga ad impedirmi di coltivare la necessaria mia comunione con Te. Amen.

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98 Con chi ci identificheremmo? "43 In quell'istante, mentre Gesù parlava ancora, arrivò Giuda, uno dei dodici, e insieme a lui una folla con spade e bastoni, in­ viata da parte dei capi dei sacerdoti, degli scribi e degli anziani. 44 Colui che lo tradiva aveva dato loro un segnale, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; pigliatelo e portatelo via sicuramente». 45 Appena giunse, subito si accostò a lui e disse: «Maestro!» e lo baciò. 46 Allora quelli gli misero le mani ad­ dosso e lo arrestarono. 47 Ma uno di quelli che erano lì presen­ ti, tratta la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli recise l'orecchio. 48 Gesù, rivolto a loro, disse: «Siete usciti con spade e bastoni come per prendere un brigante. 49 Ogni giorno ero in mezzo a voi insegnando nel tempio e voi non mi avete preso; ma questo è avvenuto affinché le Scritture fossero adem­ piute». 50 Allora tutti, lasciatolo, se ne fuggirono. 51 Un gio­ vane lo seguiva, coperto soltanto con un lenzuolo; e lo afferra­ rono; 52 ma egli, lasciando andare il lenzuolo, se ne fuggì nudo" (Marco 14:43­52).

Il momento più propizio per arrestare Gesù è venuto. È notte e Gesù con i Suoi è allo scoperto, isolato, nel giardino dove solita­ mente si recavano per la preghiera. Gli avversari di Gesù mandano addirittura, guidata da Giuda, "una folla con spade e bastoni". Non sanno bene, infatti, quale possa essere la reazione di Gesù e dei Suoi. La prudenza non è mai troppa. Qualcuno dei discepoli di Gesù tenta, infatti, di reagire con forza. Portava anche lui una spa­ da. Strana cosa per un discepolo di Gesù. Anche lui, forse, pensa­ va che la prudenza non fosse mai troppa. "Sì, sì, va bene, dobbia­ mo porgere l'altra guancia quando ci schiaffeggiano e non reagire, ma fino ad un certo punto...". Forse pensava di essere "più saggio" di Gesù, forse "più realistico", più "con i piedi per terra". È pure la tipica reazione di molti fra noi, fede sì, ma ...con riserva! In ogni 241


caso, è una reazione che, per quanto bene intenzionata, è solitaria e patetica, nessun altro reagirà, troppa sproporzione di forze. I di­ scepoli di Gesù fuggiranno spaventati, Lo abbandoneranno. Tutto avviene come era stato predetto. Questo non giustifica né gli av­ versari di Gesù, né i Suoi discepoli. Le cose vanno considerate sempre su due piani: quello di Dio e quello umano. Tutto avviene secondo i piani stabiliti da Dio, ma gli attori umani sono piena­ mente responsabili delle loro azioni. Il "bacio di Giuda" è diventato famoso. Il termine originale greco che lo descrive indica qualcosa di più che un formale accostamen­ to delle guance. È una sfacciata e riprovevole ipocrisia. Forse che pure in Giuda c'era un momento di pentimento? "A Gesù, in fon­ do, ero anche affezionato...". Prevale però l'attesa del tornaconto del suo gesto. Qualcuno suppone che il tradimento di Giuda fosse solo una mossa per "scuotere Gesù" e farlo passare all'azione (vio­ lenta), costringendolo a decidersi per ciò che egli riteneva "strate­ gicamente migliore". Questo, però, non attenua la sua colpa: se per profitto o per diversità di vedute da Gesù, Giuda ragiona se­ condo i criteri di questo mondo. Sembrano più saggi, ma alla fine si rilevano sempre disastrosi, inefficaci, fallimentari. Quante volte i politici prendono delle decisioni che sembrano ispirate da buon senso ma che poi si rileveranno avventate e controproducenti? Quante volte noi... Chi crede a Gesù, per quanto noi si possa esse­ re perplessi sul Suo particolare modo di pensare e d'agire, non ri­ marrà deluso. Alla fine si accorgerà che Gesù aveva ragione. Chi era quel giovane stranamente qui menzionato e che fugge? Uno che abitava lì vicino e che, svegliato dal trambusto e incurio­ sito, va a vedere che sta succedendo così "in pigiama", come si tro­ vava? La curiosità, però, lo mette in pericolo, come chi sull'auto­ strada si ferma per vedere com'è successo un incidente. Per molti è uno spettacolo vedere scorrere il sangue, la tragedia umana... Questo comportamento è riprovevole e pericoloso, per sé stessi e per gli altri. La curiosità per Gesù da sé stessa non salva, e peggio ancora andare solo alla ricerca di intrattenimento. C'è chi oggi tra­ 242


sforma il culto in intrattenimento. Un famoso predicatore disse: "Il mio compito è quello di pascere le pecore, non intrattenere le ca­ pre". Forse il giovane qui menzionato era lo stesso Marco: "Quel giorno c'ero anch'io!". Un famoso negro spiritual dice: "C'eri tu alla croce con Gesù?". Fra quali dei personaggi rappresentati in questo racconto ti collocheresti?

PREGHIERA Signore Iddio, che immagine deprimente di umanità vedo qui rap­ presentata! Che io, però, concentri la mia attenzione solo su Gesù, l'unico che valga la pena di ascoltare e di seguire. Riaffermo la mia fede in Lui, nella Sua Parola ed opera. Dammi di esserne sempre coe­ rente. Amen.

99 Le verità di questo mondo e la Verità "53 Condussero Gesù davanti al sommo sacerdote; e si riuniro­ no tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. 54 Pietro, che lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote, stava lì seduto con le guardie e si scaldava al fuoco. 55 I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche te­ stimonianza contro Gesù per farlo morire; ma non ne trovava­ no. 56 Molti deponevano il falso contro di lui; ma le testimo­ nianze non erano concordi. 57 E alcuni si alzarono e testimo­ niarono falsamente contro di lui dicendo: 58 «Noi l'abbiamo udito mentre diceva: "Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo, e in tre giorni ne ricostruirò un altro, non fatto da mani d'uomo"». 59 Ma neppure così la loro testimonianza era concorde. 60 Allora il sommo sacerdote, alzatosi in piedi nel mezzo, domandò a Gesù: «Non rispondi nulla? Che cosa te­ stimoniano costoro contro di te?» 61 Ma egli tacque e non ri­ spose nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò e gli dis­ 243


se: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?» 62 Gesù disse: «Io sono; e vedrete il Figlio dell'uomo, seduto alla destra della Po­ tenza, venire sulle nuvole del cielo». 63 Il sommo sacerdote si stracciò le vesti e disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testi­ moni? 64 Voi avete udito la bestemmia. Che ve ne pare?» Tutti lo condannarono come reo di morte. 65 Alcuni cominciarono a sputargli addosso; poi gli coprirono la faccia e gli davano dei pugni dicendo: «Indovina, profeta!» E le guardie si misero a schiaffeggiarlo" (Marco 14:53­65).

Gesù viene così arrestato e portato, presumibilmente prima di mezzanotte, in casa del sommo sacerdote dov'è organizzato un sommario processo preliminare per stabilire i capi d'accusa. Tutto avviene in modo palesemente iniquo. L'obiettivo è solo sbarazzarsi definitivamente di Gesù possibilmente con una condanna a morte emessa da un tribunale, ma bisogna trovare il modo di sostanziare delle accuse per giustificarla. Il tutto deve avere delle parvenze di legalità. Dovranno, infatti, giustificarsi di fronte al popolo. A com­ mettere abusi senza alcuno scrupolo sono solo, infatti, gli occu­ panti romani che governano con la logica del più forte: così biso­ gna che appaia. Non certo loro, che devono testimoniare fedeltà alle leggi di Dio e giustizia come valenti amministratori del Suo popolo. Immaginiamoli, così, a scartabellare leggi e cavilli: qualco­ sa si dovrà ben trovare! Non riescono, però, a trovare nulla che possa essere usato contro Gesù. Non si potrà fare altro che prezzo­ lare dei falsi testimoni: non è difficile, basta pagarli bene. Essi, però, si contraddicono: che almeno si mettano d'accordo! Così non va bene. Gesù tace. Non ne vale la pena di difendersi da queste ac­ cuse: non stanno in piedi neppure da sole. Alla domanda diretta, però: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedet­ to?» Gesù risponde. Egli solo è testimone verace. La convenienza personale non è criterio per determinare se dire o non dire la veri­ tà. Così, apertamente, Gesù afferma di essere l'atteso Messia, sot­ tolineandolo con la profezia di Daniele (7:13) che preannuncia la Sua esaltazione suprema. Gesù dice: «Io sono; e vedrete il Figlio 244


dell'uomo, seduto alla destra della Potenza, venire sulle nuvole del cielo». A questo il sommo sacerdote reagisce con i gesti tradiziona­ li dell'orrore di fronte ad una "intollerabile bestemmia". Il pretesto è trovato. La legge parla chiaro: "Chi bestemmia il nome del SI­ GNORE dovrà essere messo a morte; tutta la comunità lo dovrà lapi­ dare. Sia straniero o nativo del paese, se bestemmia il nome del SI­ GNORE, sarà messo a morte" (Levitico 24:16). Gesù, infatti, pro­ nuncia "a sproposito" il Nome impronunciabile: "Io sono" [Yah­ weh] e lo applica a Sé stesso. Non c'è possibile alternativa: o Gesù è il Messia, nel qual caso essi devono sottomettersi alla Sua autori­ tà, oppure è un folle impostore che deve essere sconfessato e tolto di mezzo. L'integrità del popolo di Dio "deve essere protetta" da si­ mili pericolosi personaggi... Verso un uomo "tanto presuntuoso" e "ridicolo", "degno solo di morte", molti presenti esprimono tutto il loro disprezzo con sputi e schiaffi e, per tanta "spudoratezza", solo si prendono gioco di Lui. Certamente non sa "come si vive in questo mondo". Non piegarsi di fronte alle "autorità costituite" e non conformarsi è solo da stu­ pidi, così come "da stupidi" è pregiudicarsi la stessa vita dicendo cose "non politicamente corrette". Se proprio Gesù è il Messia, do­ vrebbe usare senza scrupoli gli stessi metodi che usa questo mon­ do ed imporre la Sua supremazia. Merita certamente la morte chi è così "poco intelligente" da dire la verità in modo così "poco op­ portuno", e poi che cos'è la verità se non quanto di volta in volta è conveniente? Questa "mancanza di furbizia" è già in sé stessa mo­ tivo per discreditare ogni Sua pretesa...

PREGHIERA Signore Iddio, mi vergogno profondamente di far parte di questa umanità "da voltastomaco". In tante fra queste reazioni ritrovo tal­ volta anche me stesso. È solo questa umanità che merita inappellabi­ le condanna. È questa umanità, di cui io faccio parte, che merita di essere eliminata come un insulto intollerabile alla Tua santità. Eppu­ re, o Signore, in Cristo Tu hai voluto salvarne una parte concedendo­ 245


le la Tua grazia. Fra questa parte a cui concedi grazia Tu hai voluto includere anche me. Ti prego, procedi senza ritardo a sradicare da me tutto ciò che Ti dispiace. Nel nome di Gesù. Amen.

100 Fino in fondo "66 Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle serve del sommo sacerdote; 67 e, veduto Pietro che si scaldava, lo guar­ dò bene in viso e disse: «Anche tu eri con Gesù Nazareno». 68 Ma egli negò dicendo: «Non so, né capisco quello che tu dici». Poi andò fuori nell'atrio [e il gallo cantò]. 69 La serva, veduto­ lo, cominciò di nuovo a dire ai presenti: «Costui è uno di quelli». Ma lui lo negò di nuovo. 70 E ancora, poco dopo, colo­ ro che erano lì dicevano a Pietro: «Certamente tu sei uno di quelli, anche perché sei Galileo». 71 Ma egli prese a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo di cui parlate». 72 E su­ bito, per la seconda volta, il gallo cantò. Allora Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detta: «Prima che il gallo abbia cantato due volte, tu mi rinnegherai tre volte». E si abbandonò al pianto" (Marco 14:66­72).

Gesù, il santo di Dio, sta raggiungendo (trascinato) i punti più oscuri, profondi e squallidi del peccato umano, quelli che si na­ scondono dietro maschere di religione e di giustizia. Rammentate quanto Gesù aveva detto una volta: "Guai a voi, scribi e farisei ipo­ criti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro sono pieni d'ossa di morti e d'ogni immondizia" (Matteo 23:27). È di fronte a tali "tribunali" che Gesù sta compa­ rendo. In che mani è finito! La miseria umana è impietosamente presentata non solo nei com­ portamenti degli avversari di Gesù, ma anche, in altre forme, in quello che consideriamo il personaggio più rappresentativo dei di­ scepoli di Gesù: Pietro. È forse "il migliore"? È forse un esempio di 246


virtù? Possiamo proclamarlo "santo" e "metterlo sugli altari"? No, né lui né altri. Abbandoniamo ogni illusione sulla natura umana. È solo per grazia di Dio che qualcuno può cambiare, non certo per merito suo. l'apostolo Paolo scrive: "Per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che è con me" (1 Corinzi 15:10). Che vergogna per Pietro: altro che "roccia"! Nonostante tutta la sua precedente baldanza, egli fallisce miseramente la prova della fede, giungendo a rinnegare il suo Maestro e Signore! Certo, non è fuggito come gli altri, ma ha accompagnato Gesù (ad una certa di­ stanza) fino alla sede del Suo processo ma, pur riconosciuto come uno dei Suoi discepoli e identificato persino dal suo accento della Galilea, Pietro giura e spergiura di nemmeno conoscere questo Gesù di cui parlano... Strano: proprio quando Gesù aveva raggiun­ to il culmine della popolarità ed era sulla bocca di tutti, lui ...nem­ meno sapeva ciò di cui stavano parlando ...Pietro si trovava lì a passare per caso! Non è patetico? No, non condanniamo Pietro. Non è diverso da noi. Fra noi, certo, vi è chi potrebbe essere più o meno coraggioso e non aver paura di confessare apertamente di stare dalla parte di Gesù. Come avremmo reagito noi, però, se fossimo stati nella situazione di Pie­ tro? "Chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere" (1 Corinzi 10:12). Pietro senz'alcun dubbio aveva avuto un'autentica espe­ rienza di conversione a Cristo (non come Giuda), Lo amava inten­ samente e credeva in Lui, però anche con Pietro Iddio era lungi dall'aver finito con il processo di trasformazione che inizia con la conversione. Pietro aveva ancora molta strada da fare e, certamen­ te, l'esperienza del rinnegamento sarebbe stata una lezione per lui che non avrebbe più dimenticato, qualcosa che avrebbe senz'altro contribuito alla sua maturazione. Nessuno vorrebbe cadere e falli­ re, ma le cadute ed i fallimenti sono utilizzati da Dio per "inse­ gnarci qualcosa", renderci più forti. Cadute e fallimenti, nelle mani di Dio, per coloro che Gli appartengono, per gli eletti, sono tappe nel cammino della loro maturazione. Ravvedutosi, Pietro sarà ria­ 247


bilitato da Gesù stesso. Le lacrime di Pietro non saranno sprecate. Quelle di Giuda, invece, che non si ravvede, lo porteranno del tut­ to a fondo tanto da non poter più "risalire in superficie".

PREGHIERA Signore, sovvieni Tu alla mia debolezza: Tu mi conosci appieno. Ti ringrazio che nonostante tutto quel che sono, nonostante le mie ca­ dute e fallimenti, Tu ti prendi cura di me con tanto amore e pazien­ za. Sostieni il mio impegno. Amen. Le lacrime di Pietro Gesù guardollo, ed ei proruppe in pianto Guardo qual disse mai quanto quel disse? Goccia chi pianse mai amara tanto Qual di rimorso spina si trafisse? Cadde mai tanto in giù l'umano vanto? O tanto ingrato uom fu che si sentisse? Quando sì tristo fu del gallo il canto? Quai note triste sì memoria scrisse? Il suo Signor menavano al flagello: E Pietro col cor rotto se n' usciva D' empio cortil dall'orrido cancello ! Ma 'l Padre in ciel, che la preghiera udiva Porta per lui dal flagellato Agnello, Notava il pianto, e lui ribenediva. Guido Sorelli (1796­1847)

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Il capro espiatorio "1 La mattina presto, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, tenuto consiglio, legarono Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. 2 Pilato gli doman­ dò: «Sei tu il re dei Giudei?» Gesù gli rispose: «Tu lo dici». 3 I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose; 4 e Pilato di nuovo lo interrogò dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quan­ te cose ti accusano!» 5 Ma Gesù non rispose più nulla; e Pilato se ne meravigliava" (Marco 15:1­5).

Per "completare l'opera" e liberarsi definitivamente di Gesù, manca solo una cosa: l'autorizzazione delle autorità romane, le sole allora in Palestina che avevano la facoltà di condannare a morte qualcu­ no. Bisogna però trovare un motivo plausibile, delle accuse credi­ bili. Delle leggi religiose ebraiche ai romani importava ben poco. Ecco così che i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio tengono consiglio per farsi venire una qualche idea. Trovata: "...diciamo che Gesù è un sovversivo rivoluzionario che, proclamandosi re dei Giudei, cerca di prendere il potere, rovescia­ re le autorità costituite e cacciare i romani". Questo sarà ciò che diranno a Pilato, che certamente non avrebbe potuto ignorare la cosa: Gesù sarebbe così stato preso da loro in carico e condannato a morte assieme ad altri sovversivi e ribelli. Sarebbero stati così i romani a fare, per loro "il lavoro sporco". "Che bravi a scongiurare i complotti contro Roma!" avrebbe pensato Pilato, o no? A Pilato la cosa sembra poco credibile. A una domanda diretta: «Sei tu il re dei Giudei?», Gesù risponde in modo evasivo e di fronte alle molte accuse che gli piombano addosso, Egli non dice nulla, non tenta nemmeno di giustificarsi, di discolparsi. A Pilato, però, non gliela danno a bere. Pilato si rendeva conto che "i capi dei sacerdoti glie­ lo avevano consegnato per invidia" (15:10). Questi "sacerdoti" non si rendono conto che i loro complotti hanno 249


la valenza degli antichi riti che prevedevano come tutti i peccati del popolo dovessero essere deposti ritualmente su un capro, detto espiatorio. Gesù viene accusato di ogni sorta di peccati e Lui, inno­ cente, "porta via" su di sé l'iniquità di tutti coloro che, confessan­ dola, confidano in Lui, come se davvero Lui ne fosse responsabile. Ad essere "cacciato dal consorzio civile" è Lui, in vece nostra. "Quando avrà finito di fare l'espiazione per il santuario, per la tenda di convegno e per l'altare, farà avvicinare il capro vivo. Aaronne po­ serà tutte e due le mani sul capo del capro vivo, confesserà su di lui tutte le iniquità dei figli d'Israele, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati e li metterà sulla testa del capro; poi, per mano di un uomo che ha questo incarico, lo manderà via nel deserto. Quel capro porterà su di sé tutte le loro iniquità in una regione solitaria; esso sarà lasciato andare nel deserto" (Levitico 16:20­22). Gesù viene "caricato" di ogni sorta di peccati e con Lui saranno in­ chiodati definitivamente sulla croce. Solo che questo, per loro, capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, non varrà, perché non solo essi si ritengono "a posto" (nessun peccato da confessare e pretesa di giustizia), ma perché respingono con odio il Cristo stesso. Non risulta che della loro iniquità nessuno se ne sia ravveduto. Essere "dei religiosi" non servirà loro proprio a nulla senza ravvedimento e fede nel Signore Gesù Cristo. Mentre Gesù espia i peccati dei Suoi, per loro varrà quel che dice l'aposto­ lo Paolo, quando scrive: "Tu, invece, con la tua ostinazione e con l'impenitenza del tuo cuore, ti accumuli un tesoro d'ira per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio" (Romani 2:5). "Uomini d'Israele, ascoltate queste parole! Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra di voi mediante opere potenti, prodigi e segni che Dio fece per mezzo di lui, tra di voi, come voi stessi ben sa­ pete, quest'uomo, quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio, voi, per mano di iniqui, inchiodan­ dolo sulla croce, lo uccideste (...) Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso" (Atti 22:22,23,36). 250


PREGHIERA Signore Iddio, hai voluto che fossero deposti su Cristo Gesù tutti i miei peccati affinché io ne fossi liberato. Li confesso apertamente e senza riserve confido completamente in Lui, affinché attraverso la Sua opera io riceva il Tuo perdono e la Tua grazia. Amen.

102 Gesù: legato e trascinato, ma il solo ad essere ve­ ramente libero "6 Ogni festa di Pasqua Pilato liberava loro un carcerato, quel­ lo che la folla domandava. 7 Vi era allora in prigione un tale, chiamato Barabba, insieme ad alcuni ribelli, i quali avevano commesso un omicidio durante una rivolta. 8 La folla, dopo es­ sere salita da Pilato, cominciò a chiedergli che facesse come sempre aveva loro fatto. 9 E Pilato rispose loro: «Volete che io vi liberi il re dei Giudei?» 10 Perché sapeva che i capi dei sacer­ doti glielo avevano consegnato per invidia. 11 Ma i capi dei sa­ cerdoti incitarono la folla a chiedere che piuttosto liberasse loro Barabba. 12 Pilato si rivolse di nuovo a loro, dicendo: «Che farò dunque di colui che voi chiamate il re dei Giudei?» 13 Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!» 14 Pilato disse loro: «Ma che male ha fatto?» Ma essi gridarono più forte che mai: «Crocifiggilo!» 15 Pilato, volendo soddisfare la folla, liberò loro Barabba; e consegnò Gesù, dopo averlo flagellato, perché fosse crocifisso" (Marco 15:6­15).

Che esempio di "democrazia"! Il governatore militare delle forze di occupazione romane in Palestina che chiede alla gente ­ che di so­ lito domina senza tanti scrupoli ­ che cosa debba fare? Disposto poi a liberare "il re dei Giudei", una potenziale minaccia del potere di Roma? Di fronte poi alla "scelta" del popolo, Barabba, un peri­ coloso sovversivo, libera questi senza battere ciglio? Tutto questo 251


sembra avere poco senso. Come giudicare Pilato? È forse un go­ vernatore debole e pusillanime oppure un maestro nell'arte della manipolazione delle masse, un uomo che sa il fatto suo? È più probabile quest'ultima ipotesi. Evidentemente aveva compreso che Gesù non era una minaccia per l'ordine costituito, ma acconsente alla richiesta di mandare Gesù alla crocifissione per ingraziarsi il popolo ed i suoi capi. D'altro canto libera Barabba sicuro di poter avere comunque tutto sotto il suo ferreo controllo (sennò non l'a­ vrebbe certo fatto). Il popolo, poi, si illude di essere libero, ma è manipolato dai loro capi religiosi e politici che "gli mettono in boc­ ca" esattamente quel che devono dire: "Sia crocifisso!". Questi pen­ sano di essere furbi, ma a loro volta sono manipolati dal potere di Roma. Il tutto, infine, a dispetto delle intenzioni dell'uno o dell'al­ tro, è "manipolato" da Dio che realizzerà in Cristo i Suoi propositi. Tutto questo pare una eloquente illustrazione del Salmo 2: "Perché questo tumulto fra le nazioni, e perché meditano i popoli cose vane? I re della terra si danno convegno e i prìncipi congiurano insieme contro il SIGNORE e contro il suo Unto, dicendo: "Spezziamo i loro legami, e liberiamoci dalle loro catene". Colui che siede nei cieli ne riderà; il Signore si farà beffe di loro. Egli parlerà loro nella sua ira, e nel suo furore li renderà smarriti: "Sono io", dirà, "che ho stabilito il mio re sopra Sion, il mio monte santo". Io annunzierò il decreto: Il SIGNORE mi ha detto: "Tu sei mio figlio, oggi io t'ho generato" (Sal­ mo 2:1­6). Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, soltanto Lui, alla fine, pre­ vale: non il popolo, non i suoi capi, non i potenti imperialisti ro­ mani, ma Dio, nonostante tutta la vanagloria umana. Conviene dunque non prestarvi ascolto. Conviene farsi la domanda che s'era fatto Pilato: «Che farò dunque di colui che voi chiamate il re dei Giudei?». La risposta ce la dà lo stesso salmo che abbiamo citato: "Ora, o re, siate saggi; lasciatevi correggere, o giudici della terra. Servite il SIGNORE con timore, e gioite con tremore. Rendete omaggio al figlio, affinché il SIGNORE non si adiri e voi non peria­ te nella vostra via, perché improvvisa l'ira sua potrebbe divampa­ re. Beati tutti quelli che confidano in lui!" (Salmo 2:10­12). 252


Al tempo stesso prendiamo coscienza di chi domina questo mondo facendo credere alla gente che essa è libera. Che patetica illusio­ ne: i regimi politici ed ideologici sanno molto bene come manipo­ lare le masse, anche nelle cosiddette democrazie. Oggi soprattutto è il tempo della persuasione più o meno occulta dei mass media. Quante persone oggi che, pur credendosi libere, in realtà ne sono manipolate: pensano, parlano ed agiscono esattamente "come dice la pubblicità", i loro "programmi preferiti". La Scrittura, parlando ai cristiani di Efeso, descrive la loro vita prima di essere diventati cristiani: "...ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l'andazzo di questo mondo, seguendo il principe della potenza dell'aria, di quello spirito che opera oggi negli uomini ribelli. Nel numero dei quali anche noi tutti vivevamo un tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne e dei nostri pensie­ ri; ed eravamo per natura figli d'ira, come gli altri" (Efesini 2:2­3). Vera libertà, però, l'avevano ottenuta solo affidando la loro vita al Signore e Salvatore Gesù Cristo. È lo stesso testo di Efesini, infatti, che dice: "Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù, per mostrare nei tempi futuri l'im­ mensa ricchezza della sua grazia, mediante la bontà che egli ha avu­ ta per noi in Cristo Gesù. Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio" (Efesini 2:4­8). Gesù è condotto legato da uno e dall'altro, ma va esatta­ mente dove è stabilito che Egli vada per realizzare gli scopi stabili­ ti da Dio.

PREGHIERA Signore Iddio, aprimi gli occhi sulle ingannevoli libertà che pensa di avere in questo mondo l'arroganza umana. Persuadimi sempre me­ glio che la vera libertà la potrò avere solo in comunione di fede e di ubbidienza con Cristo. Il mondo Lo disprezza e vorrebbe solo liberar­ 253


sene: Ti ringrazio, o Signore, che mi hai liberato da tutte queste in­ gannevoli illusioni. Amen.

103 La vittoria di Satana? 16 "Allora i soldati lo condussero nel cortile interno, cioè den­ tro il pretorio, e radunarono tutta la coorte. 17 Lo vestirono di porpora e, dopo aver intrecciata una corona di spine, gliela mi­ sero sul capo, 18 e cominciarono a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!» 19 E gli percuotevano il capo con una canna, gli spu­ tavano addosso e, mettendosi in ginocchio, si prostravano da­ vanti a lui. 20 Dopo averlo schernito, lo spogliarono della por­ pora, lo rivestirono delle sue vesti e lo condussero fuori per cro­ cifiggerlo" (Marco 15:16­20).

Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna (...) Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti" (Isaia 53:3,5). Così afferma la profezia di Isaia, e così il Signore e Salvatore Gesù Cristo era stato trattato. Prima era stato umiliato e deriso in quan­ to sacerdote e profeta, ora si prendono gioco di Lui facendogli portare le insegne di un re. "Tu che tanto pretendevi di essere ora sei completamente sotto il nostro potere e di te faremo scempio. Non solo ti umiliamo, ma siamo in grado di distruggerti completamente. Ti distruggeremo moralmente facendoti fare la fine vergognosa dei peggiori elemen­ ti della nostra società. Ti distruggeremo spiritualmente lasciandoti nudo e senza più nulla che tu possa considerare tuo, piegando ogni tua resistenza e dimostrandoti che nessuno, nemmeno Dio verrà in tuo soccorso. Ti distruggeremo fisicamente; ti strappere­ 254


mo la vita stessa lacerando ogni brandello del tuo corpo". Che cos'è questo se non la rivalsa di Satana che pensa di frustrare e distruggere completamente tutto ciò che Dio aveva intrapreso per liberare le creature umane alla sua servitù? Persino il Figlio di Dio viene completamente sopraffatto. Chi è il più forte? Dio o Sa­ tana? Tutto questo Satana pensa di continuare a fare con i figlioli di Dio, anche oggi, quando ogni loro aspirazione viene infranta, quando sono privati di ogni cosa, della loro stessa salute e vita, quando sono umiliati e derisi: "Che cosa pretendete di fare? Non avete ancora imparato la lezione? Non avete ancora capito chi co­ manda quaggiù? O vi sottomettete e vi conformate al mio potere, oppure farete la fine di colui che chiamate vostro Signore, Salvato­ re e Maestro!". Di tutto questo Satana tenta di "persuaderci" ancora oggi. Se c'è qualcuno che ancora non ha "imparato la lezione", però, non sia­ mo noi, ma l'avversario stesso di Dio. Vorrebbe che ci dimentichia­ mo della risurrezione o che pensiamo ad essa come una patetica illusione. Attraverso l'umiliazione e la disfatta Cristo risorge dalla morte vittorioso. Il regno di Satana ha subito una ferita mortale. Ancora gli rimane un po' di forza e vita, ma sta "lentamente dis­ sanguando". Quel che dobbiamo comprendere è che l'opera di re­ denzione avviene proprio attraverso la sofferenza e morte di Cri­ sto. Essa non è strumento della Sua rovina, ma della Sua vittoria. I giorni di Satana, con tutte le sue opere, sono contati, il suo tempo sta per finire. La nostra fase storica sta per giungere a compimento (perché c'è un senso, nei propositi di Dio, uno scopo, anche per quello che ci accade oggi) e tutta la arroganza di Satana sarà per sempre ridotta a nulla quando egli sarà inabissato per sempre. È Dio che ha avuto la prima parola ed avrà anche l'ultima: "Io sono l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, il principio e la fine. Beati quelli che lavano le loro vesti per aver diritto all'albero della vita e per en­ trare per le porte della città! Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna. Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per attestarvi queste cose in seno 255


alle chiese. Io sono la radice e la discendenza di Davide, la lucente stella del mattino»" (Apocalisse 22:13­16). PREGHIERA Signore Iddio, contempo l'umiliazione e le sofferenze del Tuo Figlio Gesù Cristo e le vedo non come segno della Sua sconfitta, ma come strumento della Tua vittoria. Egli ha portato le conseguenze dei miei peccati affinché io ne fossi liberato. Nella Sua risurrezione io vedo il trionfo della Tua opera di redenzione. Signore, che io giammai mi scoraggi per le difficoltà e le sofferenze, ma perseveri sapendo che non sono inutili. Rispondono ai Tuoi piani, nonostante le pretese di Satana, ed alla fine con Cristo io trionferò su ogni cosa. Amen.

104 Un sacrificio perfetto "21 Costrinsero a portar la croce di lui un certo Simone di Cire­ ne, padre di Alessandro e di Rufo, che passava di là, tornando dai campi. 22 E condussero Gesù al luogo detto Golgota che, tradotto, vuol dire «luogo del teschio». 23 Gli diedero da bere del vino mescolato con mirra; ma non ne prese. 24 Poi lo croci­ fissero e si divisero le sue vesti, tirandole a sorte per sapere quello che ciascuno dovesse prendere. 25 Era l'ora terza quan­ do lo crocifissero. 26 L'iscrizione indicante il motivo della con­ danna diceva: Il re dei Giudei. 27 Con lui crocifissero due la­ droni, uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra. 28 E si adempì la Scrittura che dice: «Egli è stato contato fra i malfat­ tori»" (Marco 15:21­28).

La sofferenza di Gesù che ora deve portare Lui stesso al luogo del­ l'esecuzione il pesante asse di legno al quale verrà crocifisso è atroce. La stanchezza fisica, la mancanza di sonno, la schiena lace­ rata dalla flagellazione, la corona di spine sul capo, il sangue che perde... per quanto Gesù sia un uomo vigoroso, si tratta di uno 256


sforzo quasi insostenibile. Gli stessi suoi aguzzini si rendono conto che un tale trattamento sarebbe troppo per chiunque e così co­ stringono un uomo che passava di là per caso ad aiutare Gesù. Spiritualmente, però, quello che Gesù intende compiere lo può portare solo Lui: un qualsiasi aiuto, per quanto compassionevole possa essere, sarebbe inadeguato. Gesù è il solo che possa portare l'immane peso delle conseguenze del peccato affinché i Suoi ne siano liberati. "Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul le­ gno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue lividure siete stati guariti" (1 Pietro 2:24). Vino mescolato con mirra era una sorta di anestetico dato per compassione: "Date bevande alcoliche a chi sta per perire, e del vino a chi ha il cuore amareggiato" (Proverbi 31:6). Gesù lo rifiuta. Non fugge dalla sofferenza, nulla deve alleviare la Sua sofferenza, qua­ si che sottrarsene voglia dire non realizzare appieno lo scopo per il quale aveva accettato la Sua sorte. Altro è il "calice" dal quale vuo­ le bere. Nel giardino del Getsemani Pietro aveva voluto difenderlo con la spada, ma Gesù lo ferma e gli dice: "Non berrò forse il calice che il Padre mi ha dato?" (Giovanni 18:11). Nel giorno del giudizio gli empi berranno dal calice della giusta ira di Dio verso i peccato­ ri: "Egli pure berrà il vino dell'ira di Dio versato puro nel calice della sua ira" (Apocalisse 14:10). Ora, però, "il vino dell'ira di Dio" lo beve Lui al posto di coloro che da questa ira saranno salvati: "Tan­ to più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall'ira" (Romani 5:9). Gesù diventa così un sacrificio perfetto: persino le Sue vesti servi­ ranno per coprire qualcun altro, così come l'offerta di tutto Sé stesso "copre" una moltitudine di peccati. Come dice Pietro: "So­ prattutto, abbiate amore intenso gli uni per gli altri, perché l'amore copre una gran quantità di peccati" (1 Pietro 4:8). Per questo l'Apo­ stolo esclama: "Beati quelli le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. Beato l'uomo al quale il Signore non addebita affatto il peccato" (Romani 4:7). Il motivo della Sua condanna? Egli è re, ma "...i suoi concittadini 257


l'odiavano e gli mandarono (...) a dire: "Non vogliamo che costui re­ gni su di noi" (Luca 19:14). Così è di fatto per chi rifiuta oggi Dio ed il Suo Cristo: vogliono essere autonomi, re a sé stessi. Gesù per loro è degno di essere messo in mezzo a dei ladroni. Non è forse vero che i figli di questo mondo considerano Dio è un ladro uno che "ruba" la loro beneamata "autodeterminazione"? Di questa espressione in italiano ne hanno fatto persino una popolare be­ stemmia! Dio, però, è il legittimo sovrano dell'universo, nessuno può pensare di sottrarsi alla Sua autorità e vivere. "Degno è l'A­ gnello, che è stato ucciso, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sa­ pienza, la forza, l'onore, la gloria e la benedizione" (Apocalisse 5:12). "Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affin­ ché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre" (Filippesi 2:5­10).

PREGHIERA Signore Iddio, l'immagine di quell'uomo sfigurato dalle ferite e stra­ ziato dalla sofferenza è davanti ai miei occhi. Ancora non mi capaci­ to del tutto che proprio quello sia stato necessario per salvarmi dai miei peccati. Offrire tutto Sé stesso per me fino a quel punto! Quanto abominevoli e fatali sono i miei peccati. Che io della gravità dei miei peccati abbia sempre meglio consapevolezza, affinché sempre meglio io possa apprezzare quanto sia costato a Cristo il liberarmene. Amen. 258


105 Resistere per compiere la missione fino in fondo 29 "Quelli che passavano lì vicino lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Eh, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30 salva te stesso e scendi giù dalla croce!» 31 Allo stesso modo anche i capi dei sacerdoti con gli scribi, bef­ fandosi, dicevano l'uno all'altro: «Ha salvato altri e non può salvare sé stesso. 32 Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, affinché vediamo e crediamo!» Anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano" (Marco 15:29­32).

Le scene della passione di Cristo sono spaventose ed intollerabili. Quanto accade, però, dimostra fino a che punto Iddio sia giunto per assicurare la grazia della salvezza ai Suoi eletti. Quanto Egli si era prefisso e che aveva preannunciato nelle Scritture profetiche, giunge a certo compimento a lode e gloria del Suo nome. Non solo il danno, ma anche la beffa: anche questo Gesù ha dovu­ to sopportare, senza reagire, per pagare fino in fondo Lui stesso, nella Sua stessa carne, anima e spirito, il castigo che noi avremmo meritato. Davvero "il castigo per cui abbiamo la pace è su di lui" (Isaia 53:5). Davvero Gesù beve fino in fondo dalla coppa "di vino spumeggiante, pieno di mistura" del giudizio di Dio, quello che gli empi meritano e che, com'è loro promesso, "ne berranno fino alla feccia" (Salmo 75:8). Come se, infatti, non fossero state abbastanza le Sue sofferenze fi­ siche, Gesù sopporta la spietata derisione sia dei passanti, sia dei tronfi e trionfanti "capi dei sacerdoti con gli scribi", e persino di "quelli che erano stati crocifissi con lui". Si realizzano, così, anche in questo, le profezie del Salmo 22 che dicono: "Ma io sono un ver­ me e non un uomo, l'infamia degli uomini, e il disprezzato dal popo­ lo. Chiunque mi vede si fa beffe di me; allunga il labbro, scuote il capo, dicendo: «Egli si affida al SIGNORE; lo liberi dunque; lo salvi, 259


poiché lo gradisce!»" (Salmo 22:6­9). È un'ulteriore eco delle tenta­ zioni di Satana: "Se tu sei il Figlio di Dio, di' a questa pietra che di­ venti pane (...) Se tu sei il Figlio di Dio, gettati giù di qui" (Luca 4:3­ 9). Che altro potevano echeggiare se non le parole del diavolo, co­ loro che di Satana erano"figli"? Gesù aveva, infatti, loro detto una volta, rivelando la loro vera identità: "Voi siete dal diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro; egli fu omicida fin dal principio e non è rimasto fermo nella verità, perché in lui non c'è verità. Quando dice il falso, parla del suo perché è bugiardo e pa­ dre della menzogna" (Giovanni 8:44). Ecco così che Gesù resiste strenuamente fino alla fine, determina­ to a non cedere a niente ed a nessuno, pur di compiere l'opera alla quale era stato chiamato: "Io ho presentato il mio dorso a chi mi percuoteva, e le mie guance a chi mi strappava la barba; io non ho nascosto il mio volto agli insulti e agli sputi. Ma il Signore, DIO, mi ha soccorso; perciò non sono stato abbattuto; perciò ho reso la mia faccia dura come la pietra e so che non sarò deluso. Vicino è co­ lui che mi giustifica; chi mi potrà accusare? Mettiamoci a confronto simultaneamente! Chi è il mio avversario? Mi venga vicino! Il Signo­ re, DIO, mi verrà in aiuto; chi è colui che mi condannerà? Ecco, tutti costoro diventeranno logori come un vestito, la tignola li roderà. Chi di voi teme il SIGNORE e ascolta la voce del suo servo? Sebbene cam­ mini nelle tenebre, privo di luce, confidi nel nome del SIGNORE e si appoggi al suo Dio! Ecco, voi tutti che accendete un fuoco, che siete armati di tizzoni, andatevene nelle fiamme del vostro fuoco e fra i tizzoni che avete accesi! Questo avrete dalla mia mano: voi vi cori­ cherete nel dolore" (Isaia 50:6­11). Sì, Gesù è determinato a compiere fino in fondo la missione per la quale era venuto e, per quelli che gli sono stati affidati, Egli la compirà con certezza. "Perciò, entrando nel mondo, egli dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, ma mi hai preparato un corpo; tu non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora io ho detto: "Ecco, io vengo nel rotolo del libro è scritto di me; io vengo per fare, o Dio, la tua volontà"». Dopo aver detto: «Tu 260


non hai voluto e non hai gradito né sacrificio né offerta né olocausti né sacrifici per il peccato, che sono offerti secondo la legge», egli ag­ giunge: «Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà». Egli toglie il primo, per stabilire il secondo. Per mezzo di questa volontà, noi sia­ mo santificati mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre" (Ebrei 10:5­10).

PREGHIERA Signore Iddio, a Te salga la nostra lode e la nostra riconoscenza per tutto ciò che Cristo Gesù ha dovuto patire per assicurarci la salvezza. Certamente non potrebbero mai bastare le nostre espressioni di rico­ noscenza per magnificare l'amore stupefacente che Tu ci hai elargito attraverso la sofferenza e la morte di Gesù in croce. Che la nostra vita intera sia espressione della nostra riconoscenza. Fa' sì che siamo sempre meglio testimoni, in parole ed in opere, del Tuo amore. Amen.

106 Ha patito le pene dell'inferno "33 Venuta l'ora sesta, si fecero tenebre su tutto il paese, fino all'ora nona. 34 All'ora nona, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì lamà sabactàni?» che, tradotto, vuol dire: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» 35 Alcuni dei presenti, udi­ to ciò, dicevano: «Chiama Elia!» 36 Uno di loro corse e, dopo aver inzuppato d'aceto una spugna, la pose in cima a una can­ na e gli diede da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se Elia vie­ ne a farlo scendere». 37 Gesù, emesso un gran grido, rese lo spirito" (Marco 15:33­37).

Gesù, al momento del Suo arresto, aveva detto: "Questa è la vostra ora e la potestà delle tenebre" (Luca 22:53), l'ora in cui ogni luce scompare, l'ora in cui Dio stesso si ritira e non rimane altro che 261


l'orrore di ciò che solo il peccato umano, al culmine del suo trion­ fo, può realizzare. "Ora il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvagie" (Giovanni 3:19). La creatura umana che respinge Dio, trova e produce solo tenebre. Ora essi sono riu­ sciti persino a fare scempio del Cristo e ad ucciderlo. È l'inferno che il mondo peccatore causa e che merita, l'inferno nel quale il Cristo stesso scende, come dicono le espressioni del Credo. Dalla giusta pena di questo inferno Cristo, fra poco, ne uscirà trionfante portando con Sé, liberi, coloro che Gli appartengono, avendola espiata Egli stesso per loro. Il cristiano può infatti dire: "Hai patito le pene dell'inferno, e l'hai fatto per me, al posto mio, per liberar­ mene". In quel momento di tenebre Gesù, di questo inferno, ne patisce tutto l'orrore: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Te ne stai lontano, senza soccorrermi, senza dare ascolto alle parole del mio gemito!" (Salmo 22:1). Egli pronuncia le parole di questo Sal­ mo, imparate a memoria, perché i Salmi, "con sospiri ineffabili" (Romani 8:26), vengono sempre in soccorso di chi prega. Davvero i Salmi, meglio di qualunque altra composizione, sono adatti ad esprimere i sentimenti di ogni circostanza in cui il figliolo di Dio può venirsi a trovare. Naturalmente, coloro che stanno lì attorno, complici del crimine, equivocano completamente ciò che sta avvenendo e le parole stes­ se di Gesù. I Suoi nemici pensano di aver trionfato su di Lui ed ironizzano con sarcasmo. I superficiali e gli indifferenti guardano e con falsa compassione gli porgono da bere (ma si tratta di aceto) e dicono "Poverino". Sono contenti di non aver fatto loro quella fine perché pensano di aver fatto sempre bene a stare da Gesù "a distanza prudenziale". Gli indifferenti e chi ritiene di "rimanere neutrale" rispetto a Gesù, non avranno, però, una sorte migliore dei Suoi avversari. Gesù aveva detto: "Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde" (Matteo 12:30). Ecco così Gesù, con un grido (il cui contenuto è specificato da Gio­ 262


vanni: "Quando Gesù ebbe preso l'aceto disse: «È compiuto»" (Gio­ vanni 19:30), "rende lo spirito". "Rendere lo spirito" è più che un'e­ spressione figurata per "morire". La creatura umana, infatti, non è riducibile solo alla carne ed alle ossa. Se pure è possibile dire per l'empio: "Quando il suo spirito se ne va, egli ritorna alla terra, e in quello stesso giorno i suoi progetti periscono" (Salmo 146:4 ND), i progetti di Dio in Cristo si realizzano pienamente. Infatti: "Le tene­ bre non dureranno sempre su colei che ora è nell'angoscia" (Isaia 8:23).

PREGHIERA O Signore, non troppe parole, ma solo un riconoscente silenzio di contemplazione è opportuno di fronte alla sofferenza e morte del Tuo Figlio Gesù Cristo. La tristezza, però, è mutata ben presto in gioia, la gioia della risurrezione. Amen.

107 È la fine (del vecchio mondo) "38 E la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39 E il centurione che era lì presente di fronte a Gesù, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Veramente, quest'uomo era Figlio di Dio!». 40 Vi erano pure delle donne che guardavano da lontano. Tra di loro vi erano anche Maria Maddalena, Ma­ ria madre di Giacomo il minore e di Iose, e Salome, 41 che lo seguivano e lo servivano da quando egli era in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme" (Marco 15:38­ 41).

È proprio la fine. Di Gesù? No, di tutto ciò che rappresenta il tem­ pio di Gerusalemme. Non solo il tempio sarà distrutto da lì a pochi anni, ma quando Gesù, il Cristo, muore in croce, respinto feroce­ mente dalle istituzioni che Lo avrebbero dovuto accogliere, viene 263


strappata la tenda dietro alla quale solo i sacerdoti a questo desi­ gnati fungevano da intermediari fra Dio e il popolo. Non c'è più bi­ sogno né di loro né del tempio come luogo privilegiato della pre­ senza di Dio. La gloria di Dio è uscita da esso, strappando il velo. Quel luogo è stato sconsacrato. Gesù aveva una volta detto: "Nes­ suno cuce un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio; altri­ menti la toppa nuova porta via il vecchio, e lo strappo si fa peggiore" (Marco 2:21). Ora il credente, tramite la Persona e l'opera di Gesù, ha libertà di entrare nel luogo santissimo della presenza di Dio: "Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo per mezzo del sangue di Gesù, per quella via nuova e vivente che egli ha inaugurata per noi attraverso la cortina, vale a dire la sua carne, e avendo noi un grande sacerdote sopra la casa di Dio, avviciniamoci con cuore sincero e con piena certezza di fede" (Ebrei 10:19­21). Il tempio è ora Gesù, la cortina la Sua carne, il sacerdote è solo più Gesù. Quando accadono queste cose, altre cose inusitate avvengono, confermando il carattere del tutto rivoluzionario di ciò che Gesù opera. Mentre i discepoli (maschi) di Gesù fuggono (di loro non c'è traccia nel racconto di Marco attorno alla croce di Gesù), ri­ mangono solo le donne, quelle che fedelmente ed amorevolmente Lo avevano servito in Galilea. Esse non lo abbandonano. Non han­ no timore. Nessuno avrebbe dato loro fastidio perché per la socie­ tà d'allora esse non contavano. Contano però per Gesù e per il Suo movimento. Gesù valorizza appieno le donne tanto da farle poi di­ ventare prime testimoni ed annunciatrici della Sua risurrezione. C'è qui anche un'altra cosa sorprendente. Mentre qui vediamo gli israeliti e le loro istituzioni insultare e respingere il Messia, un pa­ gano (il centurione romano) confessa la sua fede in Lui, prefigu­ rando così l'ingresso nel popolo di Dio di uomini e donne d'altra nazione. Si tratta forse dello stesso ufficiale romano che era anda­ to una volta da Gesù per chiedergli ed ottenere la guarigione del suo servo? Fino all'ultimo Gesù "non si smentisce". Quel che Gesù porta e rap­ 264


presenta è nuovo e rivoluzionario, libero, anticonformista, anti­ istituzionale. Certo c'è una continuità con il passato (l'Antico Te­ stamento) e su di esso si fonda la Sua opera. Quel "vino", però, viene posto in "otri nuovi". Se fosse stato posto in otri vecchi, essi non avrebbero potuto resistere, o avrebbero fatto andar male il vino.

PREGHIERA Signore Iddio, Ti ringraziamo che attraverso il sacrificio di Cristo, il Suo corpo straziato, si è aperta per noi la via della comunione con Te. Egli è la porta, la porta aperta che lascia entrare chiunque confi­ di in Lui. Che nulla di "vecchio" in me sia di impedimento alla Tua opera. Rinnovami completamente. Amen.

108 La sepoltura non è l'epilogo "42 Essendo già sera (poiché era la Preparazione, cioè la vigilia del sabato), 43 venne Giuseppe d'Arimatea, illustre membro del Consiglio, il quale aspettava anch'egli il regno di Dio; e, fattosi coraggio, si presentò a Pilato e domandò il corpo di Gesù. 44 Pilato si meravigliò che fosse già morto; e dopo aver chiamato il centurione, gli domandò se Gesù era morto da molto tempo; 45 avutane conferma dal centurione, diede il corpo a Giuseppe. 46 Questi comprò un lenzuolo e, tratto Gesù giù dalla croce, lo avvolse nel panno, lo pose in una tomba scavata nella roccia; poi rotolò una pietra contro l'apertura del sepolcro. 47 E Maria Maddalena e Maria, madre di Iose, stavano a guardare il luogo dov'era stato messo" (Marco 15:42­47).

Gesù è morto: è certo e verificato. Che si facciano pure le ultime onoranze e poi finalmente non ci si penserà più. Morto e sepolto, un problema di meno. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore". 265


Così forse pensavano coloro che avevano voluto liberarsi per sem­ pre di Gesù. Non tutti, però, fra i membri del Consiglio erano stati della stessa opinione. C'erano anche persone buone che avevano disapprovato il complotto ma che non l'avevano potuto impedire, persone prive di malizia e pregiudizi, come Giuseppe d'Arimatea. Egli "aspettava il regno di Dio", l'avrebbe accolto con fiducia. Certo non l'avrebbe ostacolato come ritenevano di fare gli altri, per difendere, stupida­ mente, i propri interessi e privilegi. Non era stato del tutto persua­ so da quel Gesù, ma certo non l'avrebbe ostacolato, sicuro che se qualcosa è da Dio durerà e si affermerà, altrimenti verrà da solo discreditato e finirà in nulla, come era successo in altri casi. Non avrebbe potuto riparare le malefatte degli altri, ma almeno, con un "funerale decente", avrebbe onorato un uomo buono e genero­ so come Gesù. Giuseppe d'Arimatea è un uomo facoltoso e così provvede, con le proprie risorse, a che Gesù sia deposto in un'ono­ revole tomba, avvolto da un lenzuolo di buona qualità, e non get­ tato in un'anonima tomba comune, insieme ai nullatenenti ed ai criminali. Si adempie così, anche in questo caso, la profezia: "Gli avevano assegnato la sepoltura fra gli empi, ma nella sua morte, egli è stato con il ricco, perché non aveva commesso violenze né c'era sta­ to inganno nella sua bocca" (Isaia 53:9). Giuseppe d'Arimatea ha così il coraggio, interessandosi di Gesù, di esporsi. Che gli altri dicessero quel che volevano. Almeno un mi­ nimo di considerazione per un cadavere l'avrebbero potuta avere! I discepoli di Gesù sono terrorizzati, non osano tanto, si nascondo­ no. Meno male che ci sono le donne che guardano e controllano e poi parteciperanno a sistemare, ancor meglio, il cadavere di Gesù. Un commentatore cristiano ci esorta, sulla base di questo testo sul­ la sepoltura di Gesù, a pensare alla nostra propria morte e sepol­ tura. La cosa è appropriata, soprattutto in un tempo come il nostro dove si tende a "non pensare a queste cose". Perché mai non do­ vremmo farlo? L'apostolo Paolo scrive: "Fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non sia­ 266


te tristi come gli altri che non hanno speranza" (1 Tessalonicesi 4:13). Noi coltiviamo la speranza cristiana: dovremmo forse aver paura della morte? La Scrittura dice: "Poiché dunque i figli hanno in comune sangue e carne, egli pure [Gesù Cristo] vi ha similmente partecipato, per distruggere, con la sua morte, colui che aveva il po­ tere sulla morte, cioè il diavolo, e liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi per tutta la loro vita" (Ebrei 2:14,15). Giobbe diceva: "Il mio soffio vitale si spegne, i miei giorni si estinguono, il sepolcro m'aspetta!" (Giobbe 17:1), ma noi andia­ mo oltre e diciamo: "Poiché noi che siamo in questa tenda, gemia­ mo, oppressi; e perciò desideriamo non già di essere spogliati, ma di essere rivestiti, affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita" (2 Corinzi 5:4). Che questa possa essere la nostra fede ed esperienza: "Siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti. Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati; egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l'ha tolto di mezzo, inchio­ dandolo sulla croce; ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fat­ to un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della cro­ ce" (Colossesi 2:12­15).

PREGHIERA Le mie spoglie mortali saranno sepolte, così come debbo seppellire con Cristo i miei peccati. Con Lui però risorgo e risorgerò a nuova vita. Che questo pensiero mi sostenga nell'affrontare ogni evenienza della vita, con il Tuo aiuto, Signore. Amen.

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109 Siamo tutti contraddittori, eppure... "1 Passato il sabato, Maria Maddalena, Maria, madre di Gia­ como, e Salome comprarono degli aromi per andare a ungere Gesù. 2 La mattina del primo giorno della settimana, molto presto, vennero al sepolcro al levar del sole. 3 E dicevano tra di loro: «Chi ci rotolerà la pietra dall'apertura del sepolcro?» 4 Ma, alzati gli occhi, videro che la pietra era stata rotolata; ed era pure molto grande. 5 Entrate nel sepolcro, videro un giova­ ne seduto a destra, vestito di una veste bianca, e furono spaven­ tate. 6 Ma egli disse loro: «Non vi spaventate! Voi cercate Gesù il Nazareno che è stato crocifisso; egli è risuscitato; non è qui; ecco il luogo dove l'avevano messo. 7 Ma andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete, come vi ha detto». 8 Esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro, perché erano prese da tremito e da stupore; e non dissero nulla a nessuno, perché avevano paura" (Marco 16:1­8).

Egli è risuscitato! È la notizia più stupefacente che mai sia echeg­ giata in questo mondo di ingiustizie, sofferenza e morte. Gesù il Nazareno ha trionfato sul nemico ultimo dell'umanità. Dio non si è rassegnato a vedersi rovinare e distruggere la Sua magnifica creazione ed il Suo Figlio diletto. Un nuovo modo di essere, una nuova creazione ha fatto irruzione in questo mondo ed ha trionfa­ to su di esso. Chi investe in Gesù non è stato, non è e non sarà mai deluso! Chi si affida a Gesù sarà trascinato in un trionfo di vita! La speranza ha solide fondamenta. È bene non stare a discutere troppo sui dettagli del testo e a fare speculazioni, ma lo zelo di queste donne ad accertarsi che tutto fosse a posto alla tomba di Gesù è rimarchevole. Forse che tipica­ mente non si fidavano troppo di come un uomo, Giuseppe d'Ari­ matea, aveva disposto le cose? In ogni caso, impressiona la testi­ 268


monianza di fedeltà delle donne dei vangeli, fedeli fino all'ultimo. Ci sono, però, problemi pratici da affrontare ai quali non avevano pensato: «Chi ci rotolerà la pietra dall'apertura del sepolcro?». Inoltre, spaventate, prese da tremito e da stupore non hanno, sulle prime, il coraggio di raccontare la loro esperienza. Forse sono con­ sapevoli che non avrebbero loro creduto, che se la sono sognata, che hanno avuto un'allucinazione sospinte da un pio ma impossi­ bile desiderio. Di fatto ancora oggi c'è chi la pensa così e che cerca di "spiegare" razionalmente la risurrezione di Cristo. Non la nega­ no apertamente, ma la rendono "virtuale", ideale, mentale, spiri­ tuale... ma di fatto ne negano la sostanza e, "...se Cristo non è stato risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione e vana pure è la vostra fede" (1 Corinzi 15:14). La risurrezione di Cristo è primizia del nuovo cielo e della nuova terra, primizia della nuova creazio­ ne, di una realtà completamente diversa da ciò di cui noi oggi ab­ biamo esperienza. Come potremmo pretendere di spiegarla? Interessante, inoltre, qui è il messaggio dell'angelo: "Ma andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea", mes­ saggio che sottolinea in particolare la necessità di raccontare la cosa a Pietro? Perché? Perché è il capo degli apostoli e si distingue da loro? No. Perché Pietro ha rinnegato Cristo ed ora si trova in stato di particolare prostrazione pensando di "averla combinata grossa" e che Dio giammai lo perdonerà. Iddio, di fatto, vuole ras­ sicurare Pietro che, essendo egli pentito di quanto ha fatto, può essere perdonato e riabilitato. Cristo, di fatto, lo precederà in Gali­ lea sul campo del servizio. Cristo, così, lo esorta a smettere di piangere e di darsi da fare a portare avanti l'Evangelo della salvez­ za. La risurrezione di Cristo è così grande da coprire anche le sue mancanze e trascinare anche il povero Pietro nella vittoria del nuovo su tutto ciò che è vecchio. Gli "esperti" dicono che il vangelo di Marco terminasse original­ mente sulla nota dolente di una paura paralizzante e che quanto segue sia "un'aggiunta" posteriore di chissà chi. La cosa, però, non ha importanza. Iddio, nella Sua provvidenza, ha voluto che il ca­ none biblico comprendesse in Marco, ulteriori versetti e che, anzi, 269


vi fossero altri tre vangeli canonici che guardassero alla vicenda di Gesù da altre prospettive. La risurrezione trionfa anche su queste contraddizioni! PREGHIERA Signore Iddio, rendimi fedele come le donne che seguivano Gesù, ma dammi maggior coraggio di annunciare l'Evangelo, senza timore che esso venga respinto con disprezzo. Dammi la certezza che coloro che devono accoglierlo lo accoglieranno! Amen.

110 Aprirsi verso l'inimmaginabile "9 Or Gesù, essendo risuscitato la mattina del primo giorno della settimana, apparve prima a Maria Maddalena, dalla qua­ le aveva scacciato sette demòni. 10 Questa andò ad annunziar­ lo a coloro che erano stati con lui, i quali facevano cordoglio e piangevano. 11 Essi, udito che egli viveva ed era stato visto da lei, non lo credettero. 12 Dopo questo, apparve in modo diverso a due di loro che erano in cammino verso i campi; 13 e questi andarono ad annunziarlo agli altri; ma neppure a quelli cre­ dettero. 14 Poi apparve agli undici mentre erano a tavola e li rimproverò della loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che l'avevano visto risuscitato" (Marco 16:9­14).

Egli è risuscitato! Non dobbiamo pensare che, nel racconto di Marco, i discepoli di Gesù facciano una brutta figura, perché (per il momento) queste sono le contraddizioni della natura umana, anche di quella rigenerata dalla grazia di Dio. La loro incredulità sarà presto superata. Quante contraddizioni vi sono in ciascuno di noi, nonostante le nostre migliori intenzioni! Certamente questa non deve essere per noi una scusa: non c'è nessun merito nell'esse­ re increduli e duri di cuore. È chiaro che qui Cristo rimprovera 270


proprio per questo i Suoi discepoli, ieri ed oggi. Non permettiamo che la nostra titubanza ci impedisca di partecipare al trionfo della risurrezione. Lasciamoci portare da essa verso l'inimmaginabile! Non c'è migliore notizia che noi si possa portare a discepoli in la­ crime che parlare loro della risurrezione del Cristo. A chi è afflitto e nel cordoglio portiamo tutto ciò che abbiamo visto di Cristo. Al­ tre sono le consolazioni a buon mercato, non questa. Non stan­ chiamoci di annunciare loro il Cristo e gradualmente l'Evangelo asciugherà dai loro occhi ogni lacrima di dolore e di tristezza e li sospingerà verso la vita che assorbe ogni traccia di morte e la tra­ sforma. Cristo "appare" ancora oggi a uomini e donne di ogni tempo e pae­ se portandoli in modo stupefacente alla conversione. Ancora oggi vi sono uomini e donne che testimoniano come Cristo abbia scac­ ciato ogni sorta di "demoni" dalla loro vita. Com'è possibile? Che cos'è successo in loro? Molti non sanno trovarsene ragione, capaci­ tarsene. Sono "impazziti"? No, sono rinsaviti! Il loro mondo si tra­ sforma, nuove realtà cambiano il vecchio della loro vita: un nuovo modo di pensare e di vivere, quello di Cristo. Quale misterioso fe­ nomeno della psiche umana li porta ad una tale conversione dopo avere incontrato Cristo? Lo incontrano in tanti modi diversi. Le loro storie sono diverse. Un fatto solo è incontrovertibile: hanno incontrato Qualcuno che ha trasformato la loro vita dando loro amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, man­ suetudine, autocontrollo... No, non sono diventati "perfetti" ma guardano avanti al momento in cui tutto sarà compiuto perfetta­ mente. "Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove" (2 Corinzi 5:17). Affidarsi a Cristo, oggi stesso, significa incamminarsi con Lui, il vi­ vente, in una meravigliosa avventura che certamente presenta, in questo mondo, difficoltà. "Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella car­ ne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato 271


sé stesso per me" (Galati 2:20).

PREGHIERA Signore, Ti ringrazio che ancora oggi la potenza del Cristo risorto porta uomini e donne ad aprire la loro vita verso prospettive nuove ed inimmaginabili. Ti ringrazio perché Cristo ha toccato anche me! Che la mia vita Lo annunci senza paura al mondo intero. Amen.

111 Questioni serie ed essenziali "15 E disse loro: «Andate per tutto il mondo, predicate il van­ gelo a ogni creatura. 16 Chi avrà creduto e sarà stato battezza­ to sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato" (Marco 16:15­16).

Il racconto di Marco, rispetto agli altri evangelisti, come abbiamo visto, è più breve e sintetico. Non si perde in dettagli ma mette in evidenza ciò che più importa. Si affretta alla conclusione, ma non possono essere taciuti, dell'Evangelo, elementi essenziali come: il grande mandato, le conseguenze dell'accogliere o del respingere l'Evangelo, l'autorità degli apostoli, e l'Ascensione di Gesù. Il cristiano non solo riceve, ma ha il dovere di ritrasmettere. Acco­ gliendolo ne riceve un beneficio straordinario, ma quello che ha ri­ cevuto lo deve necessariamente condividere. Ogni creatura deve esserne fatta partecipe perché "la creazione aspetta con impazien­ za la manifestazione dei figli di Dio (...) nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio" (Romani 8:19,21). Cristo, infatti, ha la potenza di liberare dalla schiavitù della corruzione del peccato. Chi è stato liberato da Cristo si pre­ sta a diventarne lo strumento per la liberazione di altri ancora. 272


L'espressione: "Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salva­ to; ma chi non avrà creduto sarà condannato" può sembrare molto dura, certamente, come si direbbe oggi, non è "politicamente cor­ retta", eppure è la realtà che non possiamo nascondere illudendo la gente. Giovanni la mette in questo modo: "Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell'u­ nigenito Figlio di Dio. Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mon­ do e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie (...) Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi in­ vece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio ri­ mane su di lui" (Giovanni 3:17­19,36). Che altro potrebbe essere? L'umanità è schiava della corruzione del peccato, sottoposta alle sue fatali conseguenze, destinata solo al peggio. La grazia della salvezza è in Cristo, il Salvatore del mondo. Respingere il Salvatore significa rimanere nel peccato e in tutte le sue conseguenze. Non ci sono alternative. Non potremo salvare noi stessi né possiamo illuderci di avvalerci di altri presun­ ti salvatori. Non ci sarà alcuna "salvezza automatica" per noi senza ravvedimento e fede in Cristo. Salvati saranno solo coloro che, ravvedendosi dai propri peccati, accolgono Cristo come proprio Si­ gnore e Salvatore e suggellano nel battesimo questa loro apparte­ nenza a Lui. Tutto questo, però, deve corrispondere in noi a realtà: la conver­ sione deve essere in noi autentica. Non basterà una fede superfi­ ciale, "a parole", né essere stati sottoposti formalmente al battesi­ mo. Rammentiamoci di Simon Mago: professava di credere, era stato battezzato, ma di fatto era "pieno d'amarezza e prigioniero d'iniquità" (Atti 8:23). Esaminate: "...Se gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti secondo la verità che è in Gesù, avete imparato per quanto concerne la vostra condotta di prima a spogliarvi del vec­ chio uomo che si corrompe seguendo le passioni ingannatrici; a esse­ re invece rinnovati nello spirito della vostra mente e a rivestire l'uo­ 273


mo nuovo che è creato a immagine di Dio nella giustizia e nella san­ tità che procedono dalla verità" (Efesini 4:21­23).

PREGHIERA Signore, Ti ringrazio per coloro che mi hanno trasmesso fedelmente l'Evangelo e che sono stati strumenti nelle Tue mani per presentarmi Cristo e portarmi al ravvedimento ed alla fede. Che io lo possa a mia volta ritrasmettere con diligenza. Per questo intendo far mie tutte le risorse che metti a nostra disposizione per realizzarlo efficacemente. Che il ricordo del mio battesimo, infine, mi confermi sempre di più nel Tuo amore: il Tuo impegno ed il mio. Amen.

112 Evidenze dell'opera di Dio in noi “17 Questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: nel nome mio scacceranno i demòni; parle­ ranno in lingue nuove; 18 prenderanno in mano dei serpenti; anche se berranno qualche veleno, non ne avranno alcun male; imporranno le mani agli ammalati ed essi guariranno» 19 Il Signore Gesù dunque, dopo aver loro parlato, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. 20 E quelli se ne andarono a predi­ care dappertutto e il Signore operava con loro confermando la Parola con i segni che l'accompagnavano" (Marco 16:17­20).

La fede, se c'è ...si deve vedere. Non è una "questione privata", un semplice "stato della mente". L'Evangelo è "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Romani 1:16). e per"salvezza" non si intende soltanto la condizione esistenziale di beatitudine che se­ guirà la la nostra morte fisica, ma trasformazione della nostra realtà, nel presente, a livello individuale e sociale. L'Evangelo di Gesù Cristo (annunciato e vissuto correttamente secondo i canoni biblici) è efficace. I cristiani hanno le risorse necessarie a più livel­ 274


li per contrastare efficacemente al male ("scacciare demoni"), pro­ muovere comunicazione costruttiva ("nuove lingue"); essi agisco­ no per realizzare guarigione e liberazione. Godono della protezio­ ne ultima di Dio, il quale con certezza compirà ciò che in loro ha cominciato. Questi "segni" che accompagneranno la fede non vanno presi ne­ cessariamente alla lettera. Non dobbiamo aspettarci manifestazio­ ni miracolistiche strabilianti. Possono avvenire, ma sono facilmen­ te falsificabili. Fin troppe sétte sono nate e si sono diffuse preten­ dendo di avere "in esclusiva" questi segni del "vero cristiano" ed hanno così ingannato innumerevoli persone, portandole sulla via di dottrine erronee. Tutto questo, spesso, più che confermare l'E­ vangelo, l'hanno pregiudicato ad altri livelli. Gesù stesso era con­ sapevole che tali manifestazioni miracolistiche (ammesso che sia­ no autentiche e per un giusto fine) valgono solo fino ad un certo punto ["Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persua­ dere neppure se uno dei morti risuscita" (Luca 16:31)]. Quel che per Gesù più conta, e dal quale i Suoi discepoli potranno veramen­ te essere conosciuti, è l'amore: "Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri" (Giovanni 13:35). I cristiani manifestano il frutto dello Spirito, il quale così identificato dall'Apostolo: "Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo; contro queste cose non c'è legge. Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri" (Galati 5:22­24). Questo è ciò che veramente vale. Qualsiasi ciar­ latano può stupire con "effetti speciali"! Ecco così che Gesù, dopo aver terminato il Suo ministero terreno, ritorna presso Dio Padre in tutta la Sua gloria e dignità. Abbassa­ tosi per compiere l'opera della grazia fra di noi, e così nascosto, torna ad occupare il posto che Gli spetta, Lui che è detentore di ogni podestà in cielo e sulla terra. Egli finalmente siede, in un cer­ to senso, anche per finalmente riposare. Non rimane, però, inatti­ vo. "Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla 275


destra di Dio e anche intercede per noi" (Romani 8:34). Egli proteg­ ge i Suoi e li accompagna durante il cammino della loro fede; è con loro attraverso la morte e con loro dimorerà nella gloria dopo aver finalmente compiuto, per ciascuno di loro, i Suoi propositi di redenzione. È questa la certezza che caratterizza i cristiani che se ne vanno ad annunciare dappertutto l'Evangelo della grazia di Dio in Gesù Cristo. È questa la forza che li rende persistenti. "Perciò, fratelli miei ca­ rissimi, state saldi, incrollabili, sempre abbondanti nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore" (1 Corinzi 15:58). PREGHIERA Signore, hai cominciato a fare in me un'opera di grazia veramente stupefacente. Continua, Te ne prego, questa Tua opera fino al compi­ mento finale, rafforzandomi affinché io possa testimoniare con coe­ renza, nelle mie parole e nei fatti, la realtà e la potenza del Tuo Evangelo, a lode e gloria del Tuo santo Nome. Per Gesù Cristo, mio Signore e Salvatore. Amen. (Fine)

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