Umanissime storie - Estratto

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ALESSANDRO DEHO’

UMANISSIME STORIE

NELLE PRIME PAGINE

DELLA BIBBIA

Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia

nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena

PAOLINE Editoriale Libri

© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2025

Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it • www.paolinestore.it edlibri.mi@paoline.it

Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI)

ISBN 978-88-315-5805-1

Introduzione

Mentre scrivo, un temporale, fuori, ha deciso di prendere alla gola questo pezzo dimenticato di mondo, di scuoterlo, di rovinargli addosso lacrime di pioggia rabbiose. Il vento piega i rami degli alberi che sembrano poter cedere da un momento all’altro, il vento ulula il suo richiamo ma non riesce a disperdere la nube che si è aggrappata a questa cima appenninica. La stufa intanto protegge la vita del fuoco, atto di calorosa resistenza. Dulcinea, il mio cane, ha preso posto sulla poltrona davanti a me e dorme, apre raramente gli occhi, come per controllare che io non me ne sia andato, poi li richiude. E sbuffa. Il silenzio è totale, anche quello esterno intendo. Così mi ritrovo immerso in una solitudine feroce, di quelle che ti spingono spalle al muro; mi capita spesso, soprattutto quando le giornate trasformano casa mia in un rifugio, quando intorno sembra non esserci nulla, quando ci sono io solo con me stesso… In quei momenti la domanda arriva: che cosa mi è rimasto di questi quasi cinquant’anni di vita? O meglio, che cosa è rimasto di queste mie vite che si sono succedute per quasi cinquant’anni? Perché davvero l’impressione è di aver già vissuto molte volte. L’infanzia, la vita in oratorio, il periodo di servizio civile, l’esperienza da infermiere, il seminario, la pastorale con i ragazzi, quella con

gli adulti da parroco, e ora questa, nel silenzio… Che cosa è rimasto in mezzo a tutti questi cambiamenti? L’impressione, quando ci penso, è che sono nato, morto e rinato molte volte, che dire «Alessandro Deho’» non basti. Quale degli Alessandro? Di quale periodo? Credo sia sensazione condivisa da molti: viviamo tante vite e spesso non riusciamo nemmeno più a riconoscerci in quello che siamo stati.

Per me, però, un filo rosso che lega tutte le esperienze c’è, di questo sono sicuro; alcune volte evidente, altre volte più sotterraneo, quasi invisibile, ma c’è sempre stato: è il rapporto con la parola di Dio. Con la Bibbia. Letta a fumetti da bambino, ascoltata da preti appassionati da ragazzo, amata ritradotta da preti rivoluzionari nella mia adolescenza, studiata in seminario, pregata da prete… Insomma una compagna di viaggio, fedele, lei, ai miei continui mutamenti. Così quando don Paolo Rossi, il parroco di Romano di Lombardia, parrocchia bergamasca dove sono nato, mi chiese tempo fa di scrivere un “editoriale biblico” per il notiziario parrocchiale, io ho ringraziato e colto l’occasione al volo: avrei riletto la Bibbia dall’inizio, senza saltare un versetto, e poi avrei provato a condividere qualcosa di questa mia esperienza con i parrocchiani del mio paese. Ma che cosa fosse un “editoriale biblico” non era per nulla chiaro. E non lo è nemmeno ora. Sono andato per tentativi. E questo credo sia il primo pregio di questa raccolta: tentativi. Prove diverse: per stile, per approccio, per finalità; modalità diverse di interrogare il testo e di ritradurlo. Forse è questo uno dei segreti della Sacra Scrittura, la capacità di arrivare al cuore, di parlare in modo diverso a ogni stagione della vita.

Una continuità però c’è: in questi scritti ho tentato di mantenere la semplicità. Di non cercare per forza l’interpretazione originale, di mantenere il registro di uno scambio tra amici, di condividere il gusto buono di parole che sono calde, affidabili, buone. Per far questo, sono tornato a leggere il testo con pazienza e a studiare con obbedienza. Sono tornato dai miei maestri, che ringrazio. In queste pagine ci sono le dispense dei docenti di Scrittura del seminario di Bergamo, c’è tanto André Wenin, c’è il Beauchamp dei Cinquanta ritratti biblici, ci sono vari commentari che ho consultato con piacere, ci sono tanti compagni di viaggio. Abbraccio e ringrazio ognuno di loro.

Fuori intanto il tempo peggiora, il fuoco trema nella stufa, fa freddo. È vero, la Scrittura mi ha accompagnato in modo fedele in tutti questi anni, ma sento che non si tratta della potenza di un libro, non sono le tante pagine lette ad avermi salvato da certi diluvi di smarrimento, da certi esodi, da certe piaghe. Il libro è stato un mezzo, il vero compagno fedele del viaggio è stato, ed è, il Vivente, il Risorto, che non solo dalle pagine della Bibbia mi ha raggiunto. Leggere, meditare, pregare, mi ha aiutato a sentirlo vivo, qui, ora, anche adesso, in questa natura apparentemente violenta e inospitale. Non è un libro a salvarci la vita; a salvarla e a rendere sensato il nostro cammino è l’esperienza personale con il Risorto. La Bibbia è, alla fine, una raccolta di testimonianze di persone che lo hanno incontrato. Le pagine che vi apprestate a leggere non sono il raffinato resoconto di un pensatore, ma il tentativo di un uomo che sente di essere continuamente raggiunto dal Signore. Immeritatamente. Un uomo che continuerà a morire

ma anche a risorgere grazie alla fedeltà amante del Padre. Un uomo che spera che le sue parole possano servire, almeno in piccola parte, ad aiutare chi leggerà a sentirsi chiamato per nome dall’Eterno.

ADAMO

BACIARE LA TERRA

Genesi 2

La bacio. Quando nessuno mi vede. Mi inginocchio e la bacio, con pudore, con passione, con gratitudine. Sento le mie labbra e spero di donarle lo stesso brivido che provo io.

Mi avvicino, e lei, che sembra sempre fredda e distratta, fa finta di non accorgersi. E poi la chiamo: “madre”, sottovoce, perché lei ascolta. Quando nessuno mi vede mi stendo sulla corteccia del mondo, nel limite più estremo della vita, appena prima della sepoltura, e la bacio, la terra, che mi è madre. Arrivo da lì. Lo sento, siamo fatti dello stesso impasto di materia calda e di acqua, e poi di un bacio, come di un respiro. Tutto respira.

Mi avvicino piano e la bacio, la terra. Lo faccio spesso, lo faccio per ricordarmi da dove sono arrivato. Dove sto andando. Diranno che era un paradiso. Per me lo è ancora. Scacciato dall’illusoria perfezione, ho imparato ad amare anche ciò che non avevo coltivato, innamorato del selvatico, del selvaggio, della libertà.

E poi bacio così ogni cosa che vola, cammina, striscia, scava. Bacio la vita che nasce e quella che muore, bacio i frutti prima di mangiarli e gli occhi della donna che amo, bacio i cuccioli d’uomo e di animale, bacio il vento, e lui sorride.

Mi chiamo Adamo, e sono nato da un bacio.

Spesso vorrei tornare nel suo grembo. So che succederà, la chiamano morte, sembra una fine, per me invece la sepoltura è una semina. Ma se non hai mai imparato a baciare la terra, questa cosa non la capisci. Adam, il mio nome, è fatto di terra, terra sono, e terra ritornerò. Non ho mai smesso di essere terra, terra baciata dal Soffio che crea, quando il Creatore, visto da nessuno, si chinò a baciare questa massa immensa di fuoco e aria e acqua e terra. Solo le cose baciate prendono vita, non puoi baciare solo chi ti piace, devi baciare ciò che vivrà grazie al tuo soffio. Il bacio non sancisce l’amore, lo permette.

Sei baci, e poi il settimo a sé stesso. A baciare il tempo che paziente aveva sostenuto la creazione.

La chiamo “madre”, la terra, e chiamo “padre” il cielo, e mi sento sempre più figlio dell’acqua e del vento, mi appoggio alle montagne e mi abbandono alle onde del mare. Il silenzio è il mio liquido amniotico, sono frutto dell’amore penetrante degli elementi, adoro il ciclo delle stagioni.

Sì, anche quel frutto rubato, in fondo, lo sento padre, è lui che mi ha permesso di rinascere a libertà, e questo non posso negarlo. Che sia questo, crescere? Che sia questa la vera anima delle uniche due azioni che ci sono state chieste?

Quel giorno, che poi è ogni giorno, è il respiro originario di ogni istante, quel giorno lui ha deciso di disegnare sul nulla quello che ora chiamiamo creato, da rimanere senza fiato, e lo continua a creare e ricreare con evoluzioni costanti. In mezzo a quel creato due azioni: “coltivare” e “custodire”. A noi definirle compito o privilegio. Ché origine di ogni peccato è considerare obbligo un privilegio.

Coltivare, amare così tanto la terra, farci l’amore con tutto sé stessi, fecondarla di sogno prima che di semi, e vederla fiorire. Siamo al mondo per questo, capisci? Solo per questo. Guàrdati intorno, vedi deserto? Accusa te stesso. Non la baci abbastanza la terra, baciala! Amala! Sii poetico e visionario. Se non vedi il frutto maturo prima ancora di seminarlo, il frutto non verrà; se non hai capacità di trovare le parole per descrivere il gusto, non ci sarà nulla da assaporare né per te né per gli altri. Non sto esagerando, lo vedi bene anche nell’educazione dei figli, nell’economia, nella politica, a scuola o in parrocchia: se non vedi quello che ancora non c’è, la tua presenza nel mondo è inutile. Innamorarsi è sporgersi insieme verso l’inedito, è avere fame di futuro, è vederlo prima ancora che accada, e poi stupirsi, perché la vita quando accade, se è sognata, eccede.

E custodire. Cioè decidere che cosa abbiamo il gusto di non smarrire, che cosa pensiamo sia buono da mettere nelle mani dei nostri figli. Custodire, che non vuol dire preservare dall’usura e dal pericolo, quello è un malinteso dovuto al poco coraggio dell’essere umano, no, custodire è qualcosa di vivo: significa creare le condizioni perché ogni cosa risponda alla propria vocazione profonda, perché ogni cosa diventi quello per cui è nata. Vivere mille anni al riparo da ogni minaccia, protetto dalla furia degli eventi, non è custodia, è disgrazia. Custodire non è gesto di difesa ma azione spregiudicata di innamorati. Chieditelo, davvero. Questo è il segreto: chiedersi ogni giorno se l’oggetto del mio amore è stato messo nelle condizioni per donare al mondo la sua unicità. Ogni giorno devi chiedertelo, capisci? Custodire non è mettere sot-

to una teca, sorvegliare, uniformare, impedire il deperimento, ma aiutare lo svezzamento, creare le condizioni perché il seme si scopra solo un passaggio prima della fioritura. Custodire non è tranquillizzare, ma svegliare, scuotere, implorare ogni seme affinché trovi il coraggio di custodire la propria identità, sbocciando nello stupito inedito di un fiore.

Mi guardi con sorpresa, io chiudo gli occhi e respiro profondo, e sai perché lo faccio? Perché mi ricordo di quell’istante in cui il suo respiro mi esplose dentro mettendo in moto il cuore. Lo sai, vero, che i baci sono respiri creativi, sono il tentativo di non dimenticare quell’istante in cui tutto ebbe inizio. Un bacio appassionato è il suo respiro a rimetterci al mondo.

All’inizio di tutto c’è un bacio, sì, e anche una carezza. Noi siamo figli di un respiro e di mani che ci hanno plasmato, siamo figli adesso; non sto parlando del momento degli inizi ma di ogni inizio e di ogni nascita: ogni cosa nasce se baciata e accarezzata.

Che poi Gesù, il nuovo Adamo, venendo al mondo non ha chiesto altro, un bacio e una carezza, ha chiesto tutto.

Indice

Introduzione pag. 5

Adamo. Baciare la terra » 9

Noè. Ricominciare » 13

Babele. Benedire le differenze » 17

Abramo. Verso il nuovo » 23

Abramo. Accogliere la vita » 29

Abramo. Sentire il dolore » 35

Abramo. Diventare genitore » 41

Isacco. Elogio della normalità » 47

Giacobbe. Il ritorno a casa » 53

Giuseppe. Le verità familiari » 59

Giuseppe. Parole incarnate » 67

Giuseppe. Imparare a sognare » 75

Giuseppe. Riconoscere fraternità » 81

Mosè. Fedeli alla vita » 89

Mosè. L’illusione del fuoco » 95

Piaghe. Rileggere la vita » 101

Pasqua. Ricongiunzione eterna » 107

Io sono il popolo. Io sono il faraone » 113

Mormorazioni. Vivere la delusione » 119

Dieci parole. Il dono della libertà » 125

Leggi. La sacralità della vita pag. 135

Mosè. L’illuminato » 141

Levitico. Educazione al sacro » 147

Numeri. Il coraggio di credere » 153

Deuteronomio. Tutto parla di te » 159

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