Khadija

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nente: cento balle di riso e di datteri, otto di tabacco, dieci di cordami, dodici di conterie, cinquanta sacchetti di piombo. Nulla facevano ancora i sessanta caricatori, più i capi dei cammellieri, i guardiani dei cammelli e dei muli, vari servi e i due dragomanni. La massa ieratica dei cammelli magnifici e solenni d’un tratto si scompose arruffata da una prepotente folata d’aria e tutta si agitò riscaldata dai raggi del sole e incendiata da un calore che le diede un fremito. E perse ogni controllo. Ma solo per pochi secondi, perché gli animali furono subito domati e caricati, avvolti in una nuvola di imprecazioni, di balzi e strattonamenti, bastonate e fughe e zampe riprese saldamente da funi rodenti e casse che volavano oltre la linea dell’orizzonte per finire sulla polvere. Lasciammo la città quando tutto fu in ordine e i cammelli ripresero per magia la loro solennità di sacerdoti del deserto, quieti e ammansiti da un sole che battezzava con forza l’inizio del giorno e del nostro viaggio. Celebrammo la partenza brindando all’Italia e alla nostra salute, con l’ultima bottiglia di champagne regalataci ad Aden. L’inglese chiuse la fila dei muli, volle essere ultimo. Andava sussurrando alle nostre spalle: “La ilaha illa’llah. Non v’è altro dio che Dio. La ilaha illa’llah”. La sua voce, mentre ci allontanavamo da Zeila, cresceva di tonalità sino a farsi grido alto in quel deserto che ci aspettava. Non vi è altro dio che Dio: fu una ingiunzione alla nostra superbia, fu un urlo di dolore per ciò che quel viaggiare andava a distruggere. Inconsapevoli portavamo la nostra morte e l’inglese lo sapeva, anche lui attratto da un andare che si sarebbe fatto distruzione, ma ad Allah, Dio di quella terra cieca, chiedeva perdono, perdono e misericordia a Dio misericordioso. Non capimmo il suo dire e lo lasciammo fare. Le sue stranezze ci sarebbero divenute comprensibili solo molto tempo dopo, quando di quella esplorazione avremmo consumato tutto. Lasciammo il console e lo stesso figlio di Abu-Baker a Tocoscia, perché vollero accompagnarci sino alla foresta di tamarischi. Stanchi per l’emozione, li abbracciammo fraternamente. 80


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