Khadija

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e col conte eravamo rimasti d’accordo di vederci il giorno dopo e anche con l’inglese. Mi voltai e vidi i marinai che mi salutavano e Besbes al centro che agitava il suo libro. Le mille e una notte mi riconsegnava all’avventura, lasciandomi preda di tante, troppe fantasie che avrei smaltito col tempo. La carrozza prese a correre in uno scenario che andava dissanguandosi di luce. Sulla cima della montagna nuvole di nibbi lanciavano al cielo grida querule. La strada si andava infilando in un arco che feriva la roccia a metà tra un costone e una vecchia fortificazione che gli arabi dicevano fosse la tomba di Abele, il primo uomo ucciso da un uomo. Lasciammo il cuore del cratere. I serbatoi di Aden che raccoglievano l’acqua piovana erano incassati nella gola del cratere, abbarbicati alle rocce scure. Le antiche vasche scivolavano, una dopo l’altra a gradoni, come piscine nate dal nulla. Ognuna prendeva l’acqua da quella sopra e a sua volta la cedeva a quella sotto, in un rituale sacro da cui sgorgava la vita. Cadeva l’ora del muezzin e l’eco della preghiera sul vulcano mi riconsegnò alla barca, quando era nel mare solo un punto nero contro il giallo del sole, che si rubava il silenzio del deserto per farlo morire nello sciaquio delle onde. In quelle notti la cetra e le voci che la inseguivano, romanzando storie d’amore, mi lasciavano dentro una nostalgia e un languore tormentoso. La sera si stava depositando su Aden. I due vulcani al tramonto finirono divorati dalla notte e anche noi divenimmo solo scure figure smarrite nella città antica, annullate da un sole che se ne andava e che ci stava portando lontano dalla realtà come un pulviscolo sabbioso. Una preghiera corse lunghissima a celebrare il nostro ingresso nel mondo delle ombre. La voce del muezzin terminò la sua corsa, poi riprese a suonare forte e fu un bizzarro urlo di lupo che correva senza sosta. Ci infilammo tra le due montagne e la strada si riempì degli indiani di cavalleria, armati di lancia, spada e carabina. Trottavano su piccoli cavalli arabi scortati da dromedari veloci ed eleganti che mangiavano la strada in una danza. Sotto la cresta irregolare del vulcano Ash Shams, il sole, si alzavano al 59


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