PambiancoMagazine_n4_XVII

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Poste Italiane - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi - ANNO XVII - N°4 SETTEMBRE 2021

NUMERI, FATTIE PROTAGONISTI E PROTAGONISTI DELLA MODA DEL LUSSO NUMERI, FATTI DELLA MODA E DELELUSSO

07-408 LUGLIO/AGOSTO SETTEMBRE 2018 2021

COVER BY ANDREW STEVOVICH

MAGAZINE

La moda sperimenta l’ENTROPIA. Si torna a sfilare ma in ordine sparso e dovunque. Il DIGITALE resta una sfida aperta come i NFT. Intanto, l’Italia batte tutti in CINA


Il tempo dedicato alle persone che amiamo è il fondamento del nostro destino.

Lando Simonetti


Photo credits: theartofpolo

La Martina manifesto

Soul and Purpose In La Martina crediamo che esista davvero la possibilità di prenderci “tempo”: tempo per noi stessi e per le persone che amiamo, tempo per contemplare il nostro pianeta e per prendercene finalmente cura. Fin dalle origini abbiamo fondato La Martina su un semplice valore universale: l’Integrità. Per noi, Integrità significa rispetto per gli altri e per la natura, in intima connessione con i principi ispiratori del Polo. Principi immortali che guideranno le future generazioni chiamate a custodire le sorti del mondo. Per questa ragione è vitale riscoprire il valore e la qualità della nostra quotidianità, per dedicarla ai nostri figli e alla trasmissione di un retaggio che li ispiri alla costruzione di un mondo più pulito, più equo e più giusto. Per un futuro davvero a misura d’uomo.




LIFE IN COLOURS





editoriale

La scienza contro il fumo sostenibile di David Pambianco

L

a scienza apre una nuova prospettiva nella comunicazione della sostenibilità dei brand. E, probabilmente, ha iniziato a sgonfiare una ‘bolla’ pericolosa. Infatti, nel giro di un lasso di tempo estremamente ridotto, in rapporto all’impatto del fenomeno, il fattore green ha senza dubbio travolto il mondo della moda e del lusso. I protagonisti si sono trovati immersi in un sistema che, dalla filiera a monte fino al consumatore finale, ha cambiato i paradigmi del mercato, con un cliente che oggi impone un posizionamento sostenibile. Di fronte a tale cambiamento, imprese e brand hanno reagito come hanno dimostrato di saper meglio fare in passato. Agendo, cioè, sul fronte dell’immagine e della comunicazione. Questo si è tradotto in una moltiplicazione di iniziative spesso più di facciata che strutturali, attraverso la pubblicazione di bilanci sociali, l’adesione a network e iniziative ambientali, il ripensamento di linee di prodotto e del loro packaging. Ma questa creazione di ‘fumo’ comincia a essere percepita con un certo fastidio. In un recente report sui consumatori, realizzato da un’autorevole società di analisi, emerge come gli italiani siano tra i più attenti alla sostenibilità: il 74% presta attenzione all’impatto ambientale dei propri acquisti, ma il 63% è scoraggiato dal marketing ingannevole. Significa che due clienti su tre, ormai, recepiscono con grande diffidenza ciò che le aziende dichiarano (o proclamano) di fare sul fronte sostenibile. In altre parole, in uno scenario in cui tutti appaiono green, la sfida è quella di essere più credibili e autorevoli degli altri. Un esempio di come affrontare la sfida è stato messo nero su bianco, in piena estate, da un comunicato di Armani. Come già altre aziende, il gruppo ha annunciato i propri obiettivi di riduzione delle emissioni. Ma con una precisazione cruciale: gli obiettivi sono stati approvati dalla Science Based Targets initiative (SBTi), progetto che connette alcune tra le principali organizzazioni internazionali della sostenibilità, e certifica a livello scientifico la veridicità degli impegni delle aziende. Fissare gli obiettivi sostenibili sulla base di ‘science based target’, sposta le strategie aziendali dal piano comunicativo a quello strutturale. Oggi si contano, sul sito di SBTi, sette aziende italiane aderenti al progetto. Sono una quota minima rispetto al numero dei protagonisti del made in Italy. È chiaro, quindi, che il vincolo scientifico garantirà una quota ridotta di annunci sostenibili. Ma traccia la strada per innalzarne, finalmente, la credibilità.

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sommario

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Attualità Usa e Cina trainano l’export italiano

La domanda del fashion made in Italy è esplosa nel semestre. La leva è lo sconfinato mercato domestico delle due regioni, col turismo bloccato. Nel Paese del Drago, l’Italia diventa leader per esportazioni.

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Dossier Si torna a sfilare in presenza. In ordine sparso 40

Scenario Orologi, resale luxury a 32 mld $ nel 2025

Con l’autunno riprendono le fashion week in formato fisico. Ma, a differenza del periodo pre-Covid, rimane aperto il canale digitale. E con il web che consente una sorta di indipendenza dai calendari delle settimane della moda, oggi si sfila ovunque, e con i tempi preferiti. Tra i motori della crescita del settore delle lancette, l’usato porta rivenditori e maison a dotarsi di servizi specifici. La concorrenza arriverà anche dall’online.

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Fenomeni Nft e moda, bolla o rivoluzione?

I Non-Fungible Token, certificati di autenticità digitale, hanno sedotto il mondo del fashion, da Louis Vuitton a Gucci fino Burberry e Dolce & Gabbana. Amplificando lo spazio del digitale e il concetto stesso di arte.

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Tecnologia Febbre da shopping: indossa ora, paga dopo

Si moltiplicano i sistemi che i colossi dell’e-commerce e del fintech mettono in campo per semplificare le transazioni, nell’interesse di consumatori e retailer. L’obiettivo? Maggiore rapidità, efficacia e sicurezza.

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Tendenze Tempi moderni

Le collezioni cruise si intersecano con le proposte maschili per la primavera/estate 2022. Il guardaroba femminile si ravviva grazie a stampe fiorate. Il menswear rielabora le righe, classico senza tempo.

In copertina: Andrew Stevovich Queen, 2020 Olio su tela, 25.4 x 20.32 cm Courtesy of Adelson Galleries, New York/Palm Beach

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Cover story pag. 92

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Questa rivista è stampata con inchiostri cobalt free e priva di oli minerali

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overview

A Londra lo shopping torna ai livelli pre-Covid

Secondo i dati di New West End Company, che rappresenta circa 600 aziende e retailer su Oxford Street, Regent Street, Bond Street e a Mayfair, ad agosto il passaggo di persone è aumentato del 12% rispetto allo stesso periodo del 2019. L’unico dato in calo è quello dell’ultima settimana del mese, che segna un +8% rispetto allo alla settimana precedente, ma un -39% rispetto all’ultima settimana di agosto 2019.Il tutto avviene mentre Oford Street, una delle principali arterie commerciali, vive finalmente la fase di restyling, annunciata negli scorsi anni e fortemente voluta dal sindaco di Londra, Sadiq Khan, che la renderà per lo più pedonale, con una netta riduzione delle emissioni. Il Westminster City Council ha investito nel progetto 150 milioni di sterline (quasi 175 milioni di euro). La scorsa primavera la capitale inglese è stata tra le prime fashion destination a vivere un ritorno alla normalità con il graduale allentamento delle restrizioni anti-Covid.

Zalando tra i big dell’indice Dax

L’-etailer con sede a Berlino debutterà nell’indice della Borsa di Francoforte che riunisce i titoli a maggiore capitalizzazione il 20 settembre, consolidando così la sua posizione tra i più influenti rivenditori di moda online.Le sue azioni sono quotate sull’indice MDax dal 2015. Nonostante il loro prezzo sia sceso dal massimo storico raggiunto alla fine di giugno, negli ultimi sei anni hanno seguito un trend generalmente al rialzo, permettendo al colosso dell’e-commerce di rivendicare un posto all’interno del Dax.

Alibaba stanzia 15 mld $ per la ‘prosperità comune’

A poche settimane dall’appello del presidente della Repubblica popolare per una virata socialista nella politica economica del Paese, le grandi corporation cinesi sono scese in campo.. In particolare, il gigante dell’e-commerce Alibaba è uscito ufficialmente allo scoperto e ha promesso di investire 100 miliardi di yuan (15 miliardi di dollari/13 miliardi di euro) nel progetto del governo di Pechino, seguendo l’esempio di altri colossi nazionali come Tencent, Geely Automobile e Pinduoduo. Le risorse saranno erogate entro il 2025 e stanziate al servizio delle pmi e dello sviluppo delle aree rurali.

La scommessa di Saks, diventa anche coworking

Saks Fifth Avenue che ha inaugurato in cinque dei suoi lussuosi department store un nuovo spazio ibrido che combina retail e coworking. Il target del progetto sperimentale su cui la catena di grandi mall ha voluto scommettere sono i pendolari, sia part-time sia full-time, che potrebbero beneficiare della nuova fusione spaziale tra vendita al dettaglio e uffici.Gli spazi previsti dall’iniziativa, promossa in joint venture con la società immobiliare americana WeWork, avranno una superficie che si estenderà fino a

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18mila metri quadri, progettati con un design innovativo.I primi ad aprire i battenti saranno i cinque spazi newyorkesi, ma la casa madre sembra già interessata al mercato di Los Angeles per il prossimo futuro

Per Gap il “miglior Q2 in oltre 10 anni”

Gap ha annunciato, infatti, che le vendite nette di Old Navy sono aumentate del 21% nel secondo trimestre rispetto ai livelli del 2019, mentre Athleta è aumentato del 35% sempre rispetto al 2019.Nel secondo quarter, le vendite nette sono aumentate del 29% a 4,21 miliardi di dollari, segnando “il più alto secondo trimestre in oltre una decade”, ha scritto la società in una nota, e superando le stime di 4,13 miliardi di dollari e in crescita del 5% rispetto al 2019. Gap prevede una crescita delle vendite nette per l’anno fiscale 2021 di circa il 30% rispetto a una previsione precedente nell’intervallo medio-basso del 20 per cento.

Whp Global rileva i diritti mondiali di Lotto I diritti internazionali di Lotto passano nelle mani di Whp Global. La gestione mondiale dello storico marchio sportivo italiano, con sede in provincia di Treviso, è stata rilevata dal gruppo americano controllato dal fondo Oaktree per una cifra ancora non divulgata. Il brand si unirà quindi a Joseph Abboud, Anne Klein e ToysRus, già nelle scuderia di Whp, con cui metterà in atto nuove strategie di sviluppo.

Hermès fa +33% sul semestre 2019

Sfreccia a +77% il primo semestre di Hermès, che si è concluso alla fine di giugno con ricavi a 4,23 miliardi di euro. Un risultato che supera del 33% a valuta costante anche il primo semestre del 2019 pre-pandemia.Il reddito operativo, intanto, è ammontato a 1,72 miliardi di euro (contro i 535 milioni del 2020), trainato soprattutto dal boost nelle vendite del secondo trimestre, con un incremento del 127% a valuta costante rispetto al medesimo quarter dello scorso anno. L’utile netto ha raggiunto gli 1,17 milioni di euro.

Pvh a +46% nel Q2 e alza la guidance

Continua la corsa verso il post-Covid di Pvh che ha archiviato il secondo trimestre, terminato lo scorso 1°agosto, con un +46% rispetto al periodo corrispondente del 2020, registrando ricavi pari a 2,3 miliardi di dollari (circa 1,95 miliardi di euro). Si consolida il trend di ripresa emerso nel primo trimestre del fiscal year, con profitti generati delle vendite dirette in rialzo del 19% rispetto al secondo quarter dell’anno precedente.

Tessile-moda, rinnovato il Ccnl

Siglato il rinnovo del contratto collettivo dei lavoro (Ccnl) del tessile-abbigliamento-moda. L’ipotesi di contratto è stata sottoscritta dai sindacati Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil e dalle rappresentanze di Smi-Sistema Moda Italia e avrà validità dal 1° aprile 2020 al 31 marzo 2024.

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overview

Rosso compra il 6% della holding Beyond e investe nella lingerie

Nuovo investimento per Mr. Diesel. Red Circle Investments, veicolo di investimento di Renzo Rosso, fondatore del marchio Diesel e del Gruppo Otb, ha acquisito il 6% della holding Beyond Investment, costituita da Banca Generali e da un gruppo di famiglie imprenditoriali italiane per investire in private equity e venture capital in imprese ad alto potenziale di crescita sia italiane sia internazionali.La prima acquisizione della holding è la quota di maggioranza di Adore Me, azienda di intimo fondata una decina di anni fa da Morgan Hermand-Waiche e che punta alla quotazione. Il veicolo dell’operazione è stata la newco Be-In Adore Me nel cui capitale, oltre a Beyond Investment, sono presenti fra gli altri Fabio Bariletti ex ceo di Kairos e i banchieri Roberto Nicastro e Dante Roscini.

Nike, ferie extra contro lo stress da pandemia

Un regalo intangibile, ma prezioso quello di Nike ai suoi dipendenti dell’Oregon: una settimana di ferie extra. Dopo un anno complesso e per certi versi irripetibile, da lunedì 31 agosto a venerdì 3 settembre l’azienda statunitense si è fermata per consentire al suo team di prendersi una pausa rigenerante.Per quanto apparentemente curiosa, la decisione presa dal colosso dello swoosh non è stata un unicum. Anche l’app di incontri Bumble ha concesso ai suoi 700 dipendenti sparsi in tutto il mondo di staccare la spina e concentrarsi su sé stessi nel mese di giugno e la società di servizi finanziari Citigroup ha invitato il personale a fare a meno delle riunioni su Zoom il venerdì.

Amazon studia lo sbarco in Europa del canale Luxury Stores

Amazon sarebbe al lavoro per aprire anche in Europa il suo canale Luxury Stores, dedicato alle vendite di brand del lusso e inaugurato negli Usa un anno fa. Secondo quanto anticipato da Wwd, il lancio dovrebbe avvenire a novembre, anche se la gamma di marchi che si uniranno rimane top secret. Secondo alcune fonti, uno dei marchi che si unirà è Dundas, che sta già vendendo sul sito US Luxury Stores, ma l’indiscrezione non è stata confermata dai diretti interessati. Luxury Stores è stato lanciato un anno fa negli Stati Uniti come piattaforma solo su invito per i membri Prime situati all’interno dell’app Amazon, ma successivamente è stato aperto a un pubblico più ampio negli Usa

Lvmh, primo semestre da incorniciare: utile netto +62% su 2019 Lvmh archivia il primo semestre del 2021 con risultati non solo di gran lunga migliori rispetto all’anno pandemico del 2020, ma in netta crescita anche rispetto al 2019. Il colosso francese ha visto decuplicare l’utile netto rispetto al 2020 arrivando a quota 5,3 miliardi di euro, registrando un aumento del 62% sul

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primo semestre 2019, prima della pandemia. I ricavi del gruppo di Bernard Arnault sono ammontati a 28,7 miliardi, in crescita del 53% (+11% sul 2019), registrando una performance sostanzialmente in linea con il consensus degli analisti che puntava su ricavi per 28,4 miliardi.

Covid archiviato: Kering, nei primi sei mesi, è a +7,7% sul 2019

Kering brinda sui risultati del primo semestre. La multinazionale parigina ha chiuso la prima metà del 2021 con un balzo in avanti del 53,3% rispetto al medesimo periodo del 2020 e con un incremento del 7,7% sul 2019 pre-pandemia. Il fatturato complessivo si è attestato a 7,7 miliardi di euro mentre l’utile operativo ha raggiunto i 2,23 miliardi. Gucci si riconferma il fiore all’occhiello della scuderia Kering. La maison guidata da Marco Bizzarri ha chiuso la prima metà dell’anno con ricavi da 4,4 miliardi di euro, con un aumento rispetto al medesimo periodo del 2020 del 50,3% su base comparabile che l’ha riportata ai livelli pre-pandemia.Le vendite generate nei negozi a gestione diretta, che rappresentano il 91% del fatturato totale della fashion house, sono cresciute del 59% e del 6,3% su, rispettivamente, i primi sei mesi del 2020 e del 2019.Ottimi risultati arrivano anche delle altre insegne del gruppo francese con Saint Laurent a +58,2% e Bottega Veneta a +45%. In crescita anche la divisione eyewear del gruppo Kering che ha chiuso in rialzo il primo semestre dell’anno con un fatturato di 383 milioni di euro in aumento del 61,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Prada a +60% nell’H1. Retail oltre i livelli pre-pandemia

Il Gruppo Prada chiude la prima metà dell’anno con vendite retail che superano i livelli del 2019. Secondo quanto comunicato dalla fashion house, i ricavi netti della prima metà del 2021 hanno toccato quota 1,501 miliardi di euro, in crescita del 60% a cambi correnti (+66% a cambi costanti), rispetto al primo semestre 2020. Le vendite retail, in progressione del 60% rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno, hanno appunto evidenziato un aumento dell’8% rispetto al primo semestre 2019 (entrambi i dati sono a cambi costanti, precisa la nota), con una forte accelerazione nel secondo quarter. In un confronto con il 2019 il wholesale perde invece 37 punti percentuali, riflesso della “politica selettiva” del gruppo.

Levi Strauss compra Beyond Yoga

Levi Strauss fa il suo ingresso nel mondo dell’activewear attraverso l’acquisizione di Beyond Yoga, marchio di abbigliamento sportivo con sede a Los Angeles. Beyond Yoga opererà come una divisione autonoma e la sua cofondatrice Michelle Wahler continuerà a ricoprire il ruolo di CEO. Nei piani c’è l’espansione del marchio al di fuori degli Stati Uniti e l’ampliamento della rete retail.

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©2021 Clinique Laboratories, LLC

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overview

Q1 in progressione del 178% per Capri Holdings

Primo trimestre dell’anno fiscale 2022 positivo per Capri Holdings che ha totalizzato ricavi per 1,25 miliardi di dollari (1,05 miliardi di euro), in aumento del +178% sull’anno precedente, nel periodo terminato il 26 giugno 2021. Michael Kors totalizza 871 milioni di dollari di fatturato (+184%), Jimmy Choo arriva a 142 milioni (+178%), Versace è a quota 240 milioni (+158%). La società ha nuovamente rivisto al rialzo le aspettative per l’esercizio in corso. I ricavi attesi sono ora 5,3 miliardi di dollari, in aumento del 3 per cento.

Tiffany disruptive, il claim cancella l’heritage

Twitter debutta nel social commerce

Anche Twitter fa il suo ingresso nello mondo del social commerce, presidiata, al momento, da Facebook e Instagram. A fine luglio è stato lanciato in versione pilota lo ‘Shop Module’, per il momento disponibile solo negli Stati Uniti e in lingua inglese. I visitatori possono scorrere tra gli articoli, fare click su ciascun prodotto per saperne di più e poi eventualmente acquistarlo, grazie a un browser in-app. Si tratta quindi di un vero e proprio sistema di e-commerce interno al social network.

El Corte Inglés vuole un polo moda da quattro miliardi

Tiffany torna a far parlare di sé. Il motivo si chiama ‘Not your mother’s Tiffany’ ed è l’ultima campagna pubblicitaria del celebre gioielliere newyorkese, che ha tappezzato le vie della Grande Mela e Los Angeles, nonché i profili social del marchio.Uno slogan che, strizzando l’occhio al più datato claim di una nota casa automobilistica Usa (‘Not your father’s Oldsmobile’), sembra indirettamente annunciare un nuovo corso per l’azienda di preziosi, recentemente entrata nell’orbita di Lvmh. Volti giovani e inediti popolano il nuovo visual di Tiffany, che con questa scelta dichiara l’intento di riposizionarsi verso un nuovo target.

Secondo quanto anticipato dalla stampa spagnola, El Corte Inglés punta alla creazione di un polo moda da 4 miliardi di euro di fatturato e stia cercando un partner per questo obiettivo. Tra i potenziali target ci sarebbero Cortefiel, Pedro del Hierro, Springfield o Women’Secret, realtà integrate nel gruppo Tendam. Ad oggi ci sarebbero stati solo colloqui informali tra le due parti, senza l’avvio di trattative specifiche. Per raggingere gli obiettivi del piano quinquennale, El Corte Inglés non punterà però sul solo commercio al dettaglio, ma procederà allo sviluppo di altre attività esistenti (viaggi, servizi assicurativi e finanziari) e all’ingresso in nuovi business come logistica, operatore mobile, fornitura energetica e servizi di sicurezza

Aeffe cresce del 30,9% nell’H1

Il gruppo Moncler a +57% nei sei mesi

Aeffe archivia con successo i primi sei mesi del 2021. Nel periodo i ricavi consolidati del gruppo romagnolo cui fanno capo i marchi Moschino, Philosophy di Lorenzo Serafini, Alberta Ferretti e Pollini, sono stati pari a 155 milioni di euro, in crescita del 30,9% a tassi di cambio costanti (+30,4% a tassi di cambio correnti). Molto positivo il secondo trimestre dell’anno (+76%) riportandosi a livelli superiori a quelli prepandemia (74,9 milioni di euro rispetto ai 71,1 milioni di euro nel secondo trimestre 2019). L’area della Greater China e il Middle East hanno trainato la crescita riportando, rispettivamente, una progressione del 50% e del 68% mentre le vendite in America hanno registrato una crescita pari all’88 per cento.

Pitti cambia date 2022, uomo e bimbo insieme

Pitti Immagine ha deciso di replicare la formula estiva, accorpando Pitti Uomo (edizione numero 101) e Pitti Bimbo (edizione numero 94) in un’unica manifestazione di tre giorni, che andrà in scena dall’11 al 13 gennaio 2022. Un cambiamento rispetto al calendario annunciato al termine degli appuntamenti dedicati alla P/E 2022. Alla base, l’evoluzione dello scenario legato all’emergenza sanitaria e alle ripercussioni sugli spostamenti internazionali.Resta, invece, confermata in uno slot autonomo alla Stazione Leopolda la 90esima edizione di Pitti Filati, che slitta di una settimana, dall’1 al 3 febbraio 2022.

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Nel primo semestre dell’anno i ricavi consolidati del Gruppo Moncler sono stati pari a 621,8 milioni di euro, in crescita del 57% a tassi di cambio costanti rispetto ai 403,3 milioni del primo semestre 2020 e dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel fatturato del primo semestre di quest’anno 565,5 milioni di euro derivano dal marchio Moncler (+43% a tassi di cambio costanti rispetto al 2020, +1% rispetto al 2019) mentre, consolidati per il solo secondo trimestre, 56,2 milioni di euro provengono da Stone Island. Se l’acquisizione fosse avvenuta il primo gennaio 2021, specifica la nota, i ricavi consolidati sarebbero stati pari a 709,9 milioni.

Armani, il 2020 chiude in calo del 25%. Primo semestre a +34%

Armani chiude il primo semestre dell’anno con un incremento del 34%, sostenuto soprattutto dalla ripresa dei volumi di vendita in Cina e negli Stati Uniti già dall’inizio dell’anno e più recentemente anche in Europa.”L’obiettivo - sottolinea Giorgio Armani nella nota - è di tornare entro il 2022 ai livelli precedenti alla pandemia, con oltre 4 miliardi di euro di fatturato indotto e oltre 2 miliardi di euro di fatturato diretto”. Nel corso del 2020, il gruppo ha registrato un calo del fatturato del 21%, attestatosi a 3,3 miliardi di euro (valore comprensivo delle licenze). I ricavi consolidati del gruppo, invece, sono stati pari a 1,6 miliardi di euro, con un calo del 25% rispetto all’esercizio 2019.

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overview

Settore orafo globale: +52% nel primo quarter 2021

Dopo un 2020 in forte contrazione (-35%), la domanda mondiale di gioielli in oro ha registrato un rimbalzo nel primo trimestre del 2021 (+52% in quantità). È quanto emerge dal Focus sul settore orafo a cura della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, che precisa come anche le esportazioni italiane di gioielli in oro abbiano reagito positivamente, con una crescita del 18,4% in valore e del 12,5% in quantità, grazie a buoni risultati diffusi su molti dei principali sbocchi commerciali.A mettere a segno la progressione più netta è il mercato cinese (+211%). In netto recupero anche l’India (+38,8%), altra piazza fondamentale per la gioielleria in oro. Dati positivi anche in altri Paesi significativi per l’export italiano, come la Russia (+10%), Hong Kong (+9,5%) e gli Stati Uniti (+6,4 per cento).

Selfridges in vendita per 4 mld £

La famiglia Weston, proprietaria di Selfridges, ha messo all’asta la celebre catena britannica, fissando un prezzo di partenza di 4 miliardi di sterline (circa 4,7 miliardi di euro). Secondo il Guardian, la famiglia avrebbe nominato consulenti di Credit Suisse per supervisionare l’asta e intenderebbe inviare i documenti di vendita a un’élite di potenziali acquirenti nelle prossime settimane. Gli asset in palio includono i quattro negozi di Selfridges nel Regno Unito (a Londra, Manchester e Birmingham) così come i grandi magazzini Brown Thomas e Arnotts in Irlanda e De Bijenkorf nei Paesi Bassi. Oltre a quelle nominate, il gruppo controlla anche la catena canadese Holt Renfrew. Selfridges è presente nel mondo con 25 negozi. Il più famoso resta il flagship store in Oxford street a Londra.

Geox, sei mesi a +8,4% sul 2020

Per Geox ricavi pari a 264 milioni di euro (+8,4% a cambi correnti, +10,1% a cambi costanti) grazie al forte recupero nel secondo trimestre (+90,5% sul 2020, +91,6% a cambi costanti) caratterizzato dalla progressiva, e ad oggi completa, riapertura dei negozi. A luglio, dichiara il gruppo di calzature di Montebelluna, prosegue il trend positivo delle vendite comparabili nei negozi a gestione diretta (+23% su luglio 2020), in avvicinamento ai livelli pre-pandemia (-6% rispetto a luglio 2019), nonostante il perdurare di restrizioni alla mobilità.

‘Bello e ben fatto’, export potenziale da 82 mld euro

La manifattura di qualità italiana, pur fortemente colpita nelle esportazioni mondiali dai lockdown imposti dal Covid, continua ad avere un alto potenziale di crescita sul fronte delle vendite all’estero. Secondo il tradizionale rapporto di Confindustria sul Bello e Ben Fatto (che riguarda appunto diversi settori di eccellenza

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italiana tra cui la moda), la manifattura di qualità italiana ha un export potenziale da 82 miliardi di euro. Il margine di miglioramento delle posizioni fin qui acquisite, si ripartisce per oltre tre quarti nei Paesi avanzati (62 miliardi di euro) e per la restante parte negli emergenti (20 miliardi di euro). Per la moda in senso allargato il potenziale sfiora i 14 miliardi nei mercati avanzati e ammonta a 6,4 miliardi negli emergenti.

Mango crede nel 2021: vendite oltre il 2019

Mango che ha chiuso il primo semestre 2021 con un incremento delle vendite del 21% rispetto al 2020, “avvicinandosi ai livelli 2019” riporta il gruppo nella nota. Risultati positivi supportati dalle importanti performance dei mesi di maggio e giugno dove le vendite avrebbero già superato i livelli pre-Covid. Il retailer ha così alzato le previsioni per il secondo semestre e per l’intero esercizio fiscale 2021 con vendite che dovrebbero superare quelle del 2019. “I risultati ottenuti finora ci rendono ottimisti per il secondo semestre, in cui ci attendiamo una ripresa delle vendite superiore ai dati del 2019. Ci aspettiamo di tornare a vedere utili quest’anno” spiega Toni Ruiz, CEO di Mango.

Luxottica, multa di 125 mln dall’Antitrust francese

L’Autorità francese per la concorrenza ha inflitto una multa di oltre 125 milioni di euro a Luxottica, primo fornitore mondiale di occhiali, per aver “imposto agli ottici prezzi di vendita al dettaglio e per aver vietato di vendere su Internet”. Due altri gruppi, Lvmh e Chanel, si sono visti infliggere multe rispettivamente di 500mila e 130mila euro. Il primo per lo stesso motivo di Luxottica, il secondo per il solo divieto della vendita online.

Xinjiang boomerang. Il Barça dice no a H&M

L’onda lunga della querelle politica sul cotone dello Xinjiang che, da mesi, sta infiammando i rapporti commerciali tra Cina e Occidente, tocca anche il mondo sportivo e le sponsorizzazioni. Secondo quanto riportato dalla stampa spagnola, H&M e il team dell’FC Barcelona avrebbero interrotto le trattative (che erano in fase avanzata) per far diventare il colosso svedese del fast fashion il nuovo sponsor dell’outwear dei giocatori della squadra di calcio. A far propendere FC Barcelona verso la cancellazione dell’accordo ci sarebbero le preoccupazioni per la scelta dichiarata di H&M di non voler utilizzare il cotone dello Xinjiang. Di fronte agli scontri accesi in atto tra governo cinese (e opinione pubblica del Paese) da una parte e governi occidentali e colossi di moda dall’altro, il team spagnolo avrebbe deciso di non schierarsi né direttamente né indirettamente, evitando dunque di scegliere come sponsor un marchio nell’occhio del ciclone.

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attualità

Dall’altro in basso: Nanjing Road a Shanghai (ph. David Veksler su Unsplash); Times Square a New York (ph. Luca Bravo su Unsplash)

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attualità di Milena Bello

USA e CINA trainano l’export italiano. I consumi interni fanno da LOCOMOTIVA La domanda del fashion made in Italy è letteralmente esplosa nel semestre. La leva è lo sconfinato mercato domestico delle due regioni, col turismo bloccato. Nel Paese del Drago, l’Italia diventa leader per esportazioni.

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i dice che il lusso sia anticiclico e resiliente, e questo 2021 ne sta dando una prova. L’alto di gamma è stato tra i primi settori ad annusare la ripresa dopo il tracollo del Covid. Lo confermano le stime dell’update del Monitor Consensus di Altagamma pubblicate lo scorso maggio secondo cui, nello scenario migliore, i consumi di lusso nel mondo potrebbero tornare ai livelli pre-Covid già quest’anno. Ma sono forse i dati sulle semestrali dei grandi nomi del panorama luxury a darne una prova concreta. Lvmh, Kering, Hermès e Prada sono alcune delle maison che hanno archiviato il primo semestre dell’anno superando addirittura le performance della prima metà dell’anno 2019, quando ancora il mondo era lontano dall’idea di una pandemia globale. Al di là delle strategie delle singole maison, c’è un dato comune piuttosto evidente che traspare dai bilanci semestrali dei grandi gruppi della moda. Dietro allo sprint delle vendite ci sono due regioni, Cina e Stati Uniti, da sempre cruciali per il fashion, che nell’era post lockdown stanno guadagnando terreno grazie al loro sconfinato mercato interno e alle dinamiche di revenge shopping. E che, nei primi sei mesi dell’anno, stanno facendo vivere al made in Italy una vera età dell’oro dal punto di vista della domanda. Mentre per il mercato domestico italiano, per il momento, si attende invece sostanzialmente la ripresa dei flussi turistici per recuperare le posizioni perse.

IL PRIMATO SOTTO LA GRANDE MURAGLIA La Cina, che si appresta diventare nel 2025 il primo mercato del lusso a livello globale, continua a registrare una corsa alla spesa domestica. Secondo Bain & Company, gli acquisti di prodotti di lusso da parte dei consumatori cinesi saliranno del 27%, ma sempre più saranno fatti entro i confini nazionali, anche grazie alle politiche di Pechino

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per favorire gli acquisti duty free in destinazioni come Hainan e Macau, dove il governo nel 2020 ha aumentato il tetto della spesa tax free da 3 a 12mila euro. Nonostante gli annunci delle autorità cinesi per la redistribuzione del reddito, e delle pressioni di Pechino per stimolare gli acquisti di prodotti Made in China, la via della prosperità è già segnata e non dovrebbe tradire le aspettative, tanto che i primi sei mesi dell’anno sono stati scoppiettanti dal punto di vista delle importazioni di prodotti moda in Cina dal mondo: +46% secondo i dati comunicati a Pambianco Magazine da Ice Pechino. Tra le best performers c’è proprio l’Italia che passa in prima posizione nella classifica dei principali partner commerciali in Cina per il macro settore fashion con un incremento del 96% rispetto al primo semestre 2020 e un valore di 6 miliardi di dollari, pari al 12% della quota di mercato. Di fronte alle forti difficoltà da parte dei cinesi di fare acquisti all’estero e all’impossibilità di viaggiare da parte dei ‘daigou’ (gli ‘intermediari’ che acquistano all’estero prodotti della moda per conto terzi), molti si sono affidati alle piattaforme e-commerce e, da qui, l’incremento delle importazioni dall’estero. A questo si aggiunge la ‘chiusura’ di Hong Kong, tradizionale canale di ingresso in Cina di molti prodotti di alto di gamma. Con le restrizioni logistiche, ora le importazioni ‘affiorano’ gioco-forza nelle statistiche ufficiali. STATI UNITI IN GRANDE SPOLVERO Generose iniezioni di liquidità, una economia che, secondo la Federal Reserve, dovrebbe crescere quest’anno del 7% (la velocità maggiore dal 1984) e del 4,9% nel 2022, e una Borsa in ottima forma, favoriranno l’aumento della spesa della classe media nel Paese nordamericano. Anche la moda italiana è pronta a trarre profitto dal fiorente mercato statunitense e dalla storica attenzione verso il made in Italy, seppur, per il momento solo nel segmento a valle della filiera. Interpellato da Pambianco Magazine, il presidente di Confundustria Moda Cirillo Marcolin commenta con fiducia il ritorno allo shopping Oltreoceano: “Il fashion italiano fa tendenza anche in America, per questo trovo normale che alla ripartenza dell’economia sia associata anche una ripartenza del consumo di beni non primari, di lusso. In questo quadro, tuttavia, è importante evidenziare che, ad oggi, di questa ripartenza beneficia soprattutto il cosiddetto ultimo miglio, mentre il resto della nostra filiera produttiva, composta prevalentemente di piccole e medie imprese, registra ancora qualche difficoltà”. I dati elaborati da Ice New York confermano questo trend positivo. A livello globale, le importazioni di prodotti moda (in senso allargato) sono aumentate del 5,2% nel periodo tra gennaio e giugno rispetto allo stesso lasso di tempo del 2020. L’Italia (al sesto posto) fa un balzo addirittura dell’83,9%, recuperando ampiamente le perdite del primo semestre 2020 (-14,8%) a quota 5,6 miliardi di dollari con una netta ripresa di tutti i settori a valle della filiera, ma con una timida risalita della domanda di parte del mondo tessuti. L’ITALIA ASPETTA I FLUSSI TURISTICI L’Italia, come spesso accade, merita un discorso a parte. Il mercato interno italiano, che ovviamente non ha le dimensioni per competere con i grandi motori internazionali quali Cina e Usa, è stato anche parzialmente penalizzato dalle chiusure spot di inizio anno a causa dei vari lockdown. Ma Marcolin è positivo sull’Italia: “Per quanto ancora in difficoltà, abbiamo fiducia che anche il mercato interno avrà presto un importante rimbalzo, che sarà spinto anche dalla ripresa dei flussi turistici e dal ritorno a pieno regime delle Fashion Week e del sistema fieristico”.

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attualità

Made in Italy vola in Cina e Usa Verso i due Paesi, nei primi sei mesi dell’anno, l’export del sistema moda italiano è cresciuto a doppia cifra

IMPORTAZIONI IN CINA (GENNAIO-LUGLIO 2021)

6.074

Italia

5.629

Francia

+96,59%

+57,86%

Giappone

5.100

+22,71%

Vietnam

5.010

+29,35%

3.626

Corea del Sud 0

1.750

+18,07%

3.500

5.250

7.000

IMPORTAZIONI IN USA (GENNAIO-GIUGNO 2021)

18.315 +15,5%

Cina

11.948 +21,9%

Vietnam

10.497 +100,8%

India

6.578

Svizzera*

5.877

Messico

5.598

Italia

0

5.500

-67,9% +28,5%

+83,9% 10.000

15.000

20.000

*Nel 2020 la Svizzera ha registrato un notevole migliramento della propria posizione grazie alle importazioni Usa nella categoria HTS 7108 Oro (compreso l’oro platinato), greggio o semilavorato, o in polvere Fonte: Ice Pechino e Ice New York Valori in milioni di dollari americani Le tabelle complete sono scaricabili nella versione online dell’articolo pubblicato su www.pambianconews.com

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©Annie Spratt (Unsplash)

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attualità di Laura Bittau

Una grande GELATA CINESE frena il lusso. Xi Jinping mette i ricchi nel MIRINO Il presidente annuncia una stretta verso l’autarchia e, soprattutto, una politica di riequilibrio della ricchezza. A metà agosto, le griffe crollano in Borsa. Può essere l’inizio di una nuova fase nel ciclo del mercato luxury.

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a ripresa post-Covid del lusso è finita sotto una doccia gelata cinese in pieno agosto. Con tanto di tracollo azionario delle grandi maison. A generare il terrore ‘rosso’, lo scorso 17 agosto, è stato l’annuncio del presidente della Repubblica popolare Xi Jinping che ha delineato una nuova virata in direzione socialista. L’obiettivo è la ‘prosperità comune’, ha detto, progetto economico che prevede politiche per la redistribuzione del reddito. Una posizione che, in molti, hanno interpretato come un aumento delle tasse per le classi sociali più agiate, con, all’orizzonte, un drastico ridimensionamento dell’élite dei super ricchi, nell’ottica di una lotta alle disuguaglianze che risponde alla crescente insofferenza popolare per la disparità di reddito nel Paese. Un gap in cui il 20% del gruppo più ricco guadagna oltre 10 volte di più del 20% più povero, all’interno di uno spettro economico sempre più polarizzato. IL NUOVO NAZIONALISMO DEI CONSUMI FA TREMARE IL LUSSO Un campanello d’allarme per i nomi della moda che trovano nei facoltosi asiatici uno dei target preminenti. Le ripercussioni sui titoli fashion globali, infatti, non hanno tardato ad arrivare: i titoli del comparto di alta gamma hanno accusato in soli due giorni, attorno a metà del mese, una flessione a due cifre. Martedì 17 e mercoledì 18 agosto, Lvmh ha perso complessivamente l’11%; Kering negli stessi due giorni, il 12%, Hermès l’8%, Richemont il 7% e Moncler il 10 per cento. Il tonfo ha interessato soprattutto i big del lusso, ma, secondo gli analisti, non mancheranno le conseguenze anche per i marchi di fascia media come Adidas e Nike. Il clima in Cina aveva già iniziato a cambiare: il precedente invito del presidente a

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comprare locale, rilanciando il mercato interno, lasciava intendere un proposito autarchico che, insieme al boicottaggio di alcuni marchi stranieri in seguito alla controversia dello Xinjiang, stava spaventando il lusso occidentale e premiando il made in China, soprattutto nel segmento dello sportswear. Il nuovo nazionalismo cinese dei consumi rischia di ripercuotersi in modo pesante sull’universo luxury che, da ormai un decennio, ha trovato nella terra del Dragone un traino imprescindibile per la crescita dei brand d’alta gamma. Traino che nell’anno e mezzo di pandemia si è trasformato quasi in un baluardo e che ora viene messo in discussione dalla lotta ai super ricchi dichiarata dal presidente cinese. UN PANORAMA DESTINATO A CAMBIARE Quale potrà essere, dunque, il nuovo equilibrio sul mercato cinese? C’è chi rassicura, come Bank of America, secondo cui l’emergente classe media cinese continuerà a essere uno dei motori dell’economia nazionale, potenziata dal piano di prosperità comune promosso da Xi Jinping. Altri analisti, però, come Flavio Cereda, managing director luxury equity di Jefferies, ridimensionano la portata di questo fenomeno compensatorio, affidando ancora ai super ricchi le sorti del lusso. Ma rimane possibilista su un plausibile cambiamento di scenario in un futuro non di certo prossimo, che corrisponderà verosimilmente al momento in cui la classe media farà il salto in avanti. “Tra 5-7 anni sì, al momento direi proprio che è irrilevante. Infatti, si vedano i prezzi in Borsa. Non è certo la classe media che ha fatto ripartire il lusso”, ha spiegato. Per quanto riguarda i possibili scenari su come la strategia di politica economica si concretizzerà, il manager esclude che il governo cinese possa optare per una super tassa sui beni di lusso, che finirebbe per affossare la ripresa faticosamente conquistata con il sopirsi della crisi pandemica. “In realtà, al momento, la stretta fiscale è meno importante – ha aggiunto Cereda - rispetto alla visibilità eccessiva ricercata dai superricchi e alle spese stravaganti. Sono principalmente loro che hanno fatto ripartire la spesa nel lusso in Cina, fatti localmente e quindi facilmente controllabili”. Ha poi proseguito: “Quindi per ora l’impatto arriva dal messaggio che bisogna cambiare rotta. Una riduzione della spesa, dovesse avvenire, sarebbe un’ulteriore botta. In Cina ci sono altri metodi per indirizzare i comportamenti, si pensi al credito sociale. Ed esiste poi un rischio di interventi diretti sul mercato, per esempio sui prezzi di vendita o le piattaforme digitali”. Secondo l’analista, inoltre, non esiste il rischio di uno spostamento di reazione oltre frontiera per gli acquisti, considerato che la Cina già patirà almeno fino al 2022 le limitazioni imposte agli spostamenti, congelando temporanemante il travel retail che tradizionalmente vede l’ex Celeste Impero migrare alla volta dell’Occidente per acquistare capi e accessori delle grandi maison europee e statunitensi. “Se prima solo un terzo degli acquisti veniva fatto in Cina - ha spiegato ancora Cereda - adesso la fetta ammonta al 90%, il resto è rappresentato dai Daigou (modalità di acquisto tramite la mediazione di terze parti, ndr.) Si tornerà quantomeno al 70% nel momento in cui scatterà il via libera ai viaggi”. Per quanto riguarda le previsioni su eventuali player o settori che potrebbero giovare da questo nuovo scenario, l’analista di Jefferies Cereda è cauto. “Io sui prossimi due anni non vedo scenari positivi. L’incertezza rimarrà fino ad almeno ottobre 2022. Si ripartirà, ma dai livelli più bassi e i multipli di luglio 2021 non credo si rivedranno. Ci vuole pazienza ma il grande bull market del lusso è passato. È normale, e adesso riprendiamo da multipli diversi”, ha concluso. Il nuovo ordine all’interno della Repubblica Popolare potrebbe quindi rappresentare un vero e proprio spartiacque per il lusso internazionale, che dovrà ricalibrare aspettative e trend e probabilmente forgiare nuove dinamiche.

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dossier

Si torna a sfilare in presenza. In ordine sparso Le fashion week autunnali sanciscono la ripresa delle passerelle in formato fisico. Ma con due differenze strutturali dal pre-Covid. La prima è che rimane aperto il canale digitale che amplifica le opportunità di ingaggio, rendendo l’evento visibile a un pubblico senza limiti. La seconda differenza consegue dalla prima: le versioni digitali consentono alle sfilate una sorta di indipendenza dai calendari delle settimane della moda. Ed ecco che si sfila ovunque, e con i tempi preferiti a ciascuno. SETTEMBRE 2021 PAMBIANCO MAGAZINE

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dossier

Dall’alto in senso orario: sfilata couture Valentino Des Ateliers (courtesy of Valentino), collezioni primavera/estate 2022 di Saint Laurent, Burberry e Moschino

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dossier di Marco Caruccio

Sfilate in ANARCHIA di tempi e di luoghi. Così la moda senza limiti diventa POP L’allestimento in location fuori dal circuito delle fashion week, tipico delle cruise collection, inizia a essere replicato anche per gli appuntamenti stagionali tradizionali. Risultato: si moltiplica la frammentazione.

L

a moda non si ferma mai. La moda è dappertutto. Per una volta cliché e luoghi comuni potrebbero rivelarsi più veri di quanto si pensi, almeno per quanto concerne l’allestimento delle sfilate nell’era post-Covid. Già da diversi anni le cruise collection hanno abituato gli addetti ai lavori a viaggi intercontinentali per presenziare ai défilé delle maison del lusso, soprattutto francesi, allestiti ai quattro angoli della Terra e condivisi in diretta sulle più disparate piattaforma social. Ora, però, la strategia inizia ad essere replicata anche per gli appuntamenti stagionali tradizionali. Inoltre, complice l’impennata degli show digitali agevolata dall’emergenza sanitaria, la frammentazione appare evidente.

EXTRA EXCLUSIVE Nel 2007 Fendi sfilò lungo la Grande Muraglia, nel 2013 Giorgio Armani celebrò la linea couture Privé con una lunga passerella a New York, nel 2015 Riccardo Tisci festeggiò nella Grande Mela i dieci anni al timone creativo di Givenchy con uno show faraonico. Quelli che una volta venivano descritti come ‘eventi speciali’ si susseguono oggi con una frequenza in costante crescita. Alcune label hanno scelto di abbandonare le tradizionali tempistiche dettate dalle fashion week alla ricerca di un’indipendenza sempre più marcata. Alle canoniche capitali della moda si affiancano location inedite mentre si programmano eventi in date lontane dai consueti calendari redatti dagli enti specializzati, magari per pochi invitati dal vivo ma condivisi online in tutto il mondo. THE SHOW MUST GO ONLINE Il protrarsi della pandemia da Covid-19 ha ulteriormente modificato le modalità di fruizione degli show. Gli ambìti inviti alle sfilate, centellinati a causa di location che

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gli uffici stampa spesso reputano ‘complicate’, sono stati sostituiti da vere e proprie campagne globali affinché tutti possano assistere agli eventi con un semplice click. Le passerelle digitali, che si tratti di sfilate o veri e propri mini film, azzerano qualsiasi gerarchia o seniority. Negli ultimi mesi sembra essersi concretizzato nella moda quanto già espresso da Andy Warhol nell’ambito della Pop Art americana: “Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca Cola, sai che anche il Presidente beve Coca Cola, Liz Taylor beve Coca Cola, e anche tu puoi berla. Una Coca Cola è una Coca Cola e nessuna quantità di soldi ti farà avere una Coca Cola migliore di quella che sta bevendo il barbone dietro l’angolo”. Lo scorso aprile la collezione ‘Aria’ di Gucci è stata vista da milioni di persone contemporaneamente collegandosi online, tra queste probabilmente c’erano anche Anna Wintour, le quotidianiste solitamente sedute in prima fila, celebrities, instagrammer, tiktoker, fashion editor, buyer così come gli studenti delle accademie di settore, le fashion victim o, semplicemente, i curiosi che passavano di lì, a portata di wifi. Senza spingere per accaparrarsi il posto standing migliore. Gli show digitali occupano uno slot nei calendari ufficiali ma sovente vengono condivisi anche in maniera autonoma. ANY TIME, ANY PLACE Quasi impossibile elencare le sfilate allestite fuori calendario e lontano dalle fab four della moda: New York, Londra, Milano e Parigi. Dopo aver svelato le ultime collezioni ready to wear a Milano anziché a Parigi, a luglio Pierpaolo Piccioli ha portato la couture di Valentino a Venezia con lo scenografico show Des Ateliers, alle Gaggiandre presso l’Arsenale, luogo espositivo della Biennale. La Serenissima ha anche ospitato la sfilata maschile di Saint Laurent e le collezioni Alta Moda, Alta Sartoria, Alta Gioielleria e Alta Orologeria di Dolce & Gabbana. Sempre nel capoluogo veneto Rick Owens ha allestito le ultime tre sfilate in diverse location della città. Marc Jacobs ha annunciato con sole due settimane di anticipo lo show autunno/inverno 2021-22 a New York, il 28 giugno lo stilista americano ha sfilato lontano dal calendario della Nyfw, manifestazione che a settembre vedrà il ritorno di numerosi brand statunitensi e l’arrivo di Moschino per la sfilata donna primavera/estate 2021. Proprio il marchio di Aeffe ha condiviso online un vero e proprio musical dedicato alla collezione maschile p/e 2021 e alla resort femminile. Tra gli show virtuali più cliccati ci sono stati quello di Gucci, che ha svelato anche la collaborazione con Balenciaga, gli short movie pensati per la Z generation di Celine e il menswear di Burberry, tra dune del deserto, piste da motocross e castelli fiabeschi. Lontani dall’ombra della Torre Eiffel.

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dossier

Nella foto, alcuni momenti di Pfw

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dossier di Andrea Guolo

A Milano e Parigi la moda torna FISICA. Ma non dimentica il DIGITAL per il b2c Show nuovamente in presenza per settembre. Attese e conferme per i buyer europei e Usa, mentre per l’Asia occorre attendere ancora. Capasa (Cnmi) e Morand (Fhcm) concordano: la pandemia è stata l’occasione per dare agli eventi un impatto mediatico globale.

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ulla sarà più come prima, ma il risultato del passaggio pandemico è destinato a essere vincente. A settembre si torna in presenza? Sì, e per le due maggiori fashion week mondiali (Milano e Parigi) le attese sono alte, ma il digitale resta al centro delle strategie e degli investimenti delle società organizzatrici. Se da un lato il ricorso all’online ha dimostrato quello che la maggior parte degli operatori già aveva messo in preventivo, ovvero l’impossibilità di sostituzione degli eventi fisici, dall’altro ha espresso almeno una parte del proprio potenziale in termini di engagement per il grande pubblico e di attrazione di piccoli buyer che non hanno le risorse o la possibilità di viaggiare in Europa per toccare con mano le nuove collezioni. Tra tesi e antitesi, la sintesi che ne deriva promette ottimi risultati.

BUYER PRONTI Carlo Capasa, presidente di Camera Nazionale della Moda Italiana, ha espresso ottimismo, seppur mantenendo cautela: “C’è tanta voglia di tornare a Milano da parte dei buyer. Le conferme sono quasi tutte per gli eventi in presenza, poi quel che succederà all’ultimo momento non lo sappiamo perché non dipende da noi. Tutti gli operatori che ci hanno scritto durante l’estate da Europa e Usa sono pronti a partecipare, essendo vaccinati e abilitati al viaggio. Mancheranno ancora gli asiatici, e per Milano Fashion Week sarà un’edizione di mezzo, ma con uno sguardo positivo al futuro”. Anche Pascal Morand, presidente esecutivo della Federation de la Haute Couture et de la Mode (Fhcm), non ha nascosto le buone aspettative: “A settembre ci aspettiamo un’importante amplificazione del ritorno agli spettacoli fisici e più in generale degli eventi fisici. Abbiamo visto quanto gli stakeholders della Menswear Paris Fashion

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Week e della Haute Couture Week siano contenti del ritorno fisico delle sfilate. Allo stesso tempo, le mostre e gli eventi digitali sono stati ora pienamente adottati da case e designer. Ci saranno quindi ancora innovazioni per ottimizzare la comunicazione e gli eventi phygital. Tutto ciò dipenderà ovviamente anche dall’evoluzione della situazione sanitaria e dalle sue conseguenze. Lo seguiamo attentamente”. POTENZA DIGITALE È comunque assodato che la digitalizzazione delle ultime passerelle della moda ne ha ampliato il potenziale e il potere creativo. Così, per settembre, si profila un programma denso di eventi digitali e, soprattutto, con un forte supporto online per comunicare al mondo i contenuti degli show. “La Cina non viaggia – ha aggiunto Capasa – ma milioni di cinesi hanno assistito alle sfilate milanesi online nell’ultimo anno, grazie anche agli streaming show e agli accordi conclusi con The New York Times per gli Usa, The Asahi Shimbun per il Giappone e Tencent Video per la Cina continentale. In questo modo, abbiamo raggiunto tutto quel pubblico che in precedenza non poteva certo partecipare agli eventi. E poi continuano a esserci contenuti digitali specifici durante e al di fuori della fashion week. Ormai quello tra fisico e digitale è un binomio indissolubile”. Sulla stessa linea Morand: “I mezzi di comunicazione sono decuplicati e così pure la forza creativa. Non ci libereremo di questo arricchimento e di sicuro Paris Fashion Week assumerà diverse forme, adatte a ciascun pubblico. Gli eventi digitali non sostituiranno mai gli eventi fisici, la moda creativa aspira a un’emozione della vita reale. Sembra che in futuro le esperienze fisiche, arricchite dal digitale, saranno dedicate ai professionisti, mentre i video saranno maggiormente rivolti al grande pubblico”. Si profilano dunque investimenti differenziati delle società, una parte destinati alla modalità in presenza e un’altra a quella online. Secondo Capasa, “sono canali paralleli e viaggiano su logiche diverse, ma che si stanno assimilando. La sfilata è certamente un evento rivolto al b2b e ha superato la prova della pandemia, perché l’elemento emozionale della partecipazione non è sostituibile con il digital, mentre quest’ultimo apre al b2c per raggiungere un pubblico molto più ampio. E qui si crea un rapporto molto forte con i brand che sfilano, dando vita a grandi community caratterizzate dalla creazione costante di contenuti. La convivenza tra fisico e digitale porta così all’ibridizzazione dei canali e rappresenta un vantaggio per il mondo della moda”. Anche Morand ritiene che il digitale “stia arricchendo le esperienze fisiche” e dia la possibilità ai brand “di conversazioni con target diversi” con infinite possibilità di connessione. “Come federazione - ha precisato -, continueremo a sviluppare la piattaforma digitale che abbiamo creato con Launchmetrics e che ha riscosso molto successo grazie al supporto delle nostre partnership media in particolare youTube, Canal+ e ora Tencent. Abbiamo anche introdotto Nft e perseguiremo le possibilità di test offerte”. OCCASIONE PER I NEW BRANDS Gli organizzatori di Milano e Parigi sono convinti che l’accesso tramite il digitale potrà contribuire a moltiplicare la presenza di brand, diventando una modalità di accesso per le pmi e per marchi che non hanno ancora le risorse per entrare nel calendario delle sfilate. “Molti brand emergenti parteciperanno a settembre e lo faranno grazie al digitale, acquistando la visibilità necessaria per poi arrivare a organizzare l’evento fisico”, ha aggiunto Capasa. “I programmi della moda e dell’alta moda di Parigi – ha concluso Morand – mettono in mostra molti talenti emergenti. Nell’ultimo anno con la loro capacità di gestire i codici del digitale e portare novità, sono stati in grado di raggiungere una visibilità impressionante”. 38

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scenario

Dall’alto e in senso orario gli store di Orologeria Luigi Verga, Pisa Orologeria, Bartorelli Gioiellerie e Rocca 1794

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scenario di Giulia Sciola

L’orologio scommette sul SECONDO POLSO. Resale luxury a 32 MLD di dollari nel 2025 Tra i motori della crescita del settore delle lancette, l’usato porta rivenditori e maison a dotarsi di servizi specifici. La concorrenza arriverà anche dall’online. In Italia, a Milano, sbarca Watchfinder (Richemont) in formato phygital.

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l secondo polso si candida a diventare il segmento in più rapida crescita del mercato degli orologi di lusso. Ad alimentarne l’espansione non è solo il collezionismo, ma anche l’evoluzione delle abitudini di consumo del lusso e dei canali di vendita. Un tempo appannaggio di private dealers, il mercato dei segnatempo usati è diventato sempre più attraente anche grazie alla digitalizzazione e alle aste online. A confermarlo è il report di Business of Fashion e McKinsey & Company dal titolo ‘State of Fashion: Watches and Jewellery’, che fornisce un’overview su orologeria e gioielleria, riflettendo sul periodo 2019-2025. Nel futuro dell’industria delle lancette sono attesi tre cambiamenti principali: la rivoluzione della vendita al dettaglio, con 2,4 miliardi di dollari (circa 2 miliardi di euro) di ricavi annuali che dovrebbero spostarsi dai multimarca ai brand entro il 2025; un middle-market ridotto; un ruolo cruciale del resale: si stima che il mercato degli orologi usati raggiungerà dai 29 ai 32 miliardi di dollari di vendite entro il 2025 (a ottobre 2020 le stime di Boston Consulting Group attribuivano al pre-owned luxury watch market un valore di 18,6 miliardi di dollari). Mentre i brand lanciano progetti specifici per capitalizzare questo cambiamento, alcune piattaforme digitali affinano i loro modelli di business, attirando l’interesse dei grandi gruppi del settore. È il caso di Richemont che, nel 2018, ha rilevato Watchfinder & Co, specialista degli orologi luxury di seconda mano. Negli scorsi mesi, Watchfinder ha scelto Milano per il suo debutto phygital in Italia, con l’inaugurazione di un nuovo showroom, all’interno di Villa Mozart. I RIVENDITORI SI STRUTTURANO A essere attivi nel segmento, sono anche alcuni tra i più noti rivenditori italiani. “Il gruppo Verga 1947 è composto da tre società - ha spiegato a Pambianco Magazine

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scenario

Umberto Verga, presidente di Orologeria Luigi Verga -. La storica Orologeria Luigi Verga, concessionaria Rolex e Patek Philippe oltre ad altri marchi di prestigio, si occupa delle vendite di prodotti nuovi. Due società, Verga Vintage e Verga Ore Oggi, si occupano delle vendite del secondo polso”. Nelle proiezioni di fine 2021, il fatturato del secondo polso rappresenta, con 12 milioni di ricavi previsti, oltre il 37 per cento. Il semestre ha visto raddoppiare il turnover rispetto al 2020, caratterizzato dalle chiusure per pandemia. Il maggiore incremento si registra nel comparto del secondo polso con un +157 per cento. Pisa Orologeria ha invece lanciato Timeless che consentirà ai clienti più affezionati di rinnovare le proprie collezioni tramite un servizio di permuta. Timeless è dedicato a modelli acquistati al più tardi nel 2010, provvisti di garanzia e scatola originale, che possono essere commutati presso il flagship store di Pisa Orologeria a Milano (ad oggi non è prevista una successiva rivendita, da parte di Pisa, degli orologi usati).“È un servizio sempre più ricercato dai clienti di tutto il mondo e, come punto di riferimento per l’Italia, non potevamo non allinearci con quelle che sono le richieste degli interessati - ha commentato Chiara Pisa, AD di Pisa Orologeria -. Il nostro sguardo, infatti, non si limita solo all’acquirente classico, collezionista e intenditore, ma spazia lungo tutte le richieste e le esigenze di una clientela dalle mille sfumature”. Rocca 1794, insegna del Gruppo Damiani, non è ancora attiva nel segmento del secondo polso, ma apre a sviluppi futuri: “Stiamo studiando a fondo il progetto e, prima di implementarlo, vogliamo essere certi di trattarlo con l’usuale grande attenzione, competenza e cultura: proprio con quegli elevati standard che caratterizzano il servizio di assistenza che offriamo ai nostri clienti e appassionati”, ha spiegato Stefano Amirante, brand manager di Rocca 1794. L’azienda è presente nelle vie dello shopping delle principali città d’Italia e nei più noti aeroporti. A investire per l’espansione nel segmento è anche Bartorelli Gioiellerie: “Il secondo polso è sicuramente una fascia di mercato in crescita, ma non incide sul fatturato globale della nostra azienda – ha dichiarato Carlo Bartorelli, presidente e AD del gruppo -. È ancora una marginalità, per noi, anche se ne comprendiamo le potenzialità e proprio per questo stiamo investendo, sia in termini di comunicazione sia di servizi, per aumentare il suo valore”. Per quanto riguarda l’andamento del fatturato 2021, da inizio anno Bartorelli evidenzia un +30%, sia nell’orologeria sia nella gioielleria. “I risultati di vendita dei nostri negozi sono stati particolarmente significativi, nonostante le chiusure ad intermittenza, anche grazie alla forte organizzazione del business online”, ha concluso. PROPOSTE VINTAGE Tra le maison, a puntare i riflettori sul business del ‘secondo polso’ è stato, tra gli altri, Audemars Piguet che, già nel 2018 lo aveva inquadrato come ‘next big thing’ dell’industria orologiera. Oggi, a fare notizia, è il lancio di format legati al vintage, che nascono dalla volontà di preservare i modelli storici più amati e dare loro una seconda vita. Zenith, ad esempio, ha creato Zenith Icons, concept che offre la possibilità di acquisire una selezione curata di orologi Zenith vintage. Tutti gli orologi della collezione sono selezionati, restaurati e certificati dalla manifattura di Le Locle e venduti esclusivamente nelle boutique del marchio. Cartier, che da sempre propone per la vendita i suoi gioielli, orologi e accessori antichi, ha incrementato tale attività con la collezione Cartier Vintage, composta da orologi creati tra il 1970 e il 2010. La collezione Cartier Vintage è presente a Parigi, Londra e Singapore.

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fenomeni

Dall’alto in senso orario: il video ‘Gucci Aria’, l’opera ‘The First 5000 Days’ di Beeple e il visual di ‘Louis The Game’ (courtesy of Louis Vuitton)

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fenomeni di Laura Bittau

Il MISTERO degli NFT seduce la moda con prezzi da capogiro. Bolla o RIVOLUZIONE? I Non-Fungible Token, certificati di autenticità digitale, hanno sedotto il mondo del fashion, da Louis Vuitton a Gucci fino a Burberry e Dolce & Gabbana. Amplificando lo spazio del digitale e il concetto stesso di arte.

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nche la moda è entrata ormai a pieno titolo nell’enigmatico mondo degli Nft. Ma cosa indica davvero questo termine che, pur comparendo sempre più frequentemente, continua a mantenere un’aura di misteriosa opacità? Gli Nft, acronimo dell’espressione inglese ‘Non-Fungible Token’, sono dei certificati di autenticità digitale che designano, in quanto virtuali, dei contenuti intangibili e potenzialmente replicabili all’infinito. A renderli unici è la certificazione che avviene tramite blockchain, sistema che regola e registra transazioni e tracciamenti, e che, nel caso degli Nft, certifica opere d’arte e videogiochi, beni di lusso e, naturalmente, pezzi d’alta moda. Si tratta dunque di ‘informazioni digitali’ che fanno sì che il file cui sono associate abbia una sua individualità, una non fungibilità, appunto, che ne attesta e tutela la proprietà intellettuale. Con l’avvento della pandemia, lo scenario digitale ha prepotentemente conquistato sempre più spazio, fino a godere di un posto preminente all’interno del fashion system. Certo, la via della moda verso il mondo degli Nft è ancora lastricata di incognite, ma le potenzialità sono rivoluzionarie, anche in termini di redditività se si pensa che solo nella prima metà del 2021 questo mercato è arrivato a macinare circa 2,5 miliardi di dollari.

UNA SCOMMESSA SUL DIGITALE Lo scorso 11 marzo, l’opera digitale ‘The First 5000 Days’ di Mike Winkelmann, meglio conosciuto come Beeple, è stata venduta per 69 milioni di dollari dalla casa d’aste britannica Christie’s, spingendo sempre più in là il confine degli spazi presidiati dall’arte. È stata sempre Christie’s a mettere all’asta l’opera ispirata al fashion film ‘Gucci Aria’, co-diretto da Alessandro Michele e dalla fotografa e regista Floria

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fenomeni

Sigismondi. Si tratta di un born-digital, looped video da poco più di 4 minuti e 1.152 x 1.152 pixels che racchiude in sé il significato e la potenza della collezione ‘in carne e ossa’ e mantiene l’irriproducibilità di una vera e propria opera d’arte. Questo concentrato di creatività incorporea è stato venduto all’asta per 20mila dollari. Che salvaguardia la proprietà intellettuale e nel contempo ne amplia il raggio d’azione. Nel mese di marzo, la vendita di 600 sneaker digitali in versione Nft ha generato oltre tre milioni di dollari e, intanto, il target di questo nuovo universo si mostra in tutta la sua ampiezza. Non sono solo i collezionisti e i più facoltosi appassionati d’alta moda a rappresentare l’utenza del mercato Nft, ma la Generazione Z. In principio, infatti, era il gaming che rappresenta tutt’ora uno dei nuclei cardine del panorama Nft. Si deve tornare indietro alla fine del 2019, quando Louis Vuitton, in occasione dei mondiali di ‘League of Legends’, ha siglato una partnership con Riot Games, la casa madre dell’iconico e-sport fregiando con il suo monogram lo scrigno in cui era contenuto il trofeo del campionato. Ha dato così il via a una, fin a non molto tempo fa impensabile, sinergia tra il mondo dei videogiochi e quello delle case di moda. Prima incompatibili, i due mondi si sono ora incontrati nel terreno comune del digitale, diventato crocevia di innumerevoli manifestazioni. Come l’ammiraglia di Lvmh (reduce, tra l’altro, dal lancio del videogame a Nft ‘Louis The Game’ in occasione del suo bicentenario), anche Burberry ha appena fatto squadra con la protagonista del gaming Mythical Games, firmando il suo titolo di punta ‘Blankos Block Party’. La maison britannica è il primo nome del lusso a fare capolino in questo ecosistema di identità digitali con l’edizione limitata di Burberry Blanko, un Nft che può essere commercializzato all’interno del gioco. Da un lato, dunque, un target di giovani appassionati di videogame che tutt’a un tratto vede i propri universi ludici vestire i loghi più blasonati del fashion system, dall’altra la selezionata cerchia degli esperti d’arte. Entrambe due nicchie, ma con un forte potere di mercato. Ma le diramazioni degli Nft sono ancora più imprevedibili. La scorsa primavera la top model Kate Moss ha realizzato, con il collettivo artistico Moments in Time, tre short film, ciascuno dei quali la ritrae nella sua quotidianità, mettendoli sul mercato sotto forma di Nft. Intanto, anche Dolce & Gabbana debutta negli Nft presentando, in occasione dell’haute couture veneziana, una collezione di nove pezzi ‘tokenizzati’ in collaborazione con il marketplace Unxd, in prima linea nello sviluppo di nuove frontiere di lusso e cultura digitale. Cinque dei pezzi disegnati - due abiti, un completo maschile e due tiare - corrispondono ad altrettante versioni fisiche da cui ne è derivata la trasposizione digitale. La collezione si chiama ‘Genesi’, e in effetti sembra presagire e nel contempo celebrare l’avvento di un nuovo mondo in cui l’arte, e la moda insieme e come parte di essa, abbandona sempre di più la sua fisicità. Il prezzo è da capogiro: sei zeri, o forse persino di più, per un capo d’alta moda che può essere fruito solo in una dimensione virtuale. Eppure, nonostante la cifra, decine di migliaia di interessati si sono iscritti sul sito di Unxd per partecipare all’asta che ha attirato la crypto community di facoltosi investitori. MOLTEPLICI SCENARI Insomma, è chiaro il crescente interesse della moda nei confronti del fenomeno Nft. Ma, per esempio, secondo una recente analisi di Business of fashion, non tutti i marchi, soprattutto quelli più tradizionali, sono naturalmente portati a sperimentazioni virtuali di questa portata. Che aprono nuove frontiere. Dalla lotta alla contraffazione, dramma endemico del fashion e che nella blockchain potrebbe trovare una nuova prospettiva di soluzione, alla tracciabilità dei pezzi tokenizzati; fino alle implicazioni più concettuali: cosa significa possedere un’opera o un pezzo d’haute couture senza averlo tra le mani? Scenari ad altissimo potenziale. Gli Nft, dunque, si profilano come fenomeno detonante che cambierà la concezione dell’arte. O come detonatori di una bolla con effetti non solo virtuali. 46

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Nice to see you.

Bianca for yalea


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tecnologia di Giulia Mauri

INDOSSA ora, PAGA dopo. L’evoluzione delle abitudini di acquisto in ITALIA Si moltiplicano i sistemi che i colossi dell’e-commerce e del fintech mettono in campo per semplificare le transazioni, nell’interesse di consumatori e retailer. L’obiettivo? Maggiore rapidità, efficacia e sicurezza.

O

ltre all’evidente crescita delle funzioni e-commerce, accelerata dalla pandemia, il panorama dei metodi di pagamento registra una serie di rapidi cambiamenti. Con una direttrice chiara all’interno dei negozi: la preferenza per soluzioni cashless e smart. Soluzioni che stanno conquistando terreno anche in Italia. NOVITÀ ALL’ITALIANA Più del 63% dei pagamenti degli italiani vengono effettuati attraverso soluzioni cashless, la quasi totalità (95%) della popolazione utilizza le carte, mentre il 29% è già orientato verso i nuovi smart payments, quali digital wallet e app. Non solo, ben l’80% del campione sostiene di preferire in senso assoluto i metodi di pagamento diversi dal contante, giudicati più comodi, veloci e sicuri. E nel futuro? Continueranno a crescere i metodi digitali, anche se solo il 14% pensa che il contante sparirà del tutto. È questa la fotografia scattata dall’indagine di Ipsos realizzata per Adyen, piattaforma di pagamento internazionale che gestisce le transazioni di brand come Spotify e Microsoft, nonché di maison del made in Italy tra cui Prada, Ferragamo e Brunello Cucinelli. “La pandemia ha segnato un punto di svolta epocale, velocizzando la diffusione dei metodi di pagamento digitali e cashfree da parte dei consumatori su tutto il territorio nazionale”, commenta Philippe De Passorio, Country Manager di Adyen Italia, sottolineando che dalla ricerca non emergono differenze sostanziali tra regioni o piccoli e grandi centri. È durante questo periodo, infatti, che i consumatori hanno potuto maggiormente apprezzare le nuove modalità di acquisto e pagamento, più affini al loro stile di vita. Un processo di digitalizzazione accelerata che ha portato risultati importanti anche per il business di Adyen. A livello globale, nel 2020 la piattaforma ha registrato ricavi netti per 684

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tecnologia

milioni di euro, in crescita del 28% rispetto all’anno precedente. “Al di là dell’emergenza sanitaria – aggiunge De Passorio –, riteniamo che in Italia il processo di digitalizzazione dei processi di vendita e pagamento sia destinato a crescere, spinto dalle nuove esigenze di consumo che richiedono esperienze di acquisto sempre più fluide, a metà strada tra il negozio fisico e l’online”. Una motivazione su tutte: il cliente odierno “non ragiona in ottica di canali, ma di desideri. È il paradigma dell’omnicanalità che diventa il ‘new normal’”. SHOPPING A RATE Tra i protagonisti di questo trend, gli split payments, metodi di pagamento frazionato che stanno prendendo sempre più piede anche nel Belpaese. Ne è un esempio Scalapay, fintech guidata da Simone Mancini che, nel 2019, ha lanciato in Italia il sistema di pagamento ‘compra ora, paga dopo’, una formula che consente di acquistare beni e servizi su piattaforme di e-commerce o in negozi convenzionati dilazionando il pagamento in tre rate senza interessi. Il meccanismo è semplice. Un’ipotetica spesa da 90 euro effettuata oggi viene suddivisa in tre tranche: il cliente paga subito 30 euro; altri 30 euro tra un mese; e i restanti 30 euro tra due mesi. Il costo del servizio è totalmente gratuito per l’acquirente e viene finanziato da una commissione applicata ai venditori che, in cambio, incassano immediatamente l’intero importo della transazione. A credere nella potenzialità del mercato nostrano è anche Clearpay, la società fondata da Nick Molnar e Anthony Eisen nel 2014 e conosciuta come Afterpay al di fuori dell’Europa. Sbarcata lo scorso marzo in Italia, Clearpay è la soluzione di pagamento che permette ai consumatori di pagare in quattro rate nel tempo a interessi zero su siti e-commerce di moda, bellezza e lifestyle. Un focus settoriale testimoniato anche dagli accordi di partnership sottoscritti con la New York Fashion Week, la London Fashion Week, l’Australian Fashion Week e AltaRoma per la Fashion Week di Roma. “Si tratta di settori ad alta ripetitività di acquisto, di interesse per il nostro target”, afferma Federica Ronchi, country manager di Clearpay Italia. A desiderare modalità più convenienti per comprare online, che non comportino un indebitamento di lunga durata, preferendo le carte di debito rispetto alle carte di credito, sono prevalentemente Millennials e GenZ. “I giovani chiedono strumenti di pagamento agili che li aiutino a gestire le proprie finanze senza incorrere in costi aggiuntivi, e questo trend si sta diffondendo anche in Italia”, precisa. Ma a giovarne non sono soltanto i consumatori, bensì anche i brand affiliati. Per i rivenditori, Clearpay genera infatti un aumento medio del tasso di conversione del 22%, una crescita del ticket medio dal 20% al 40% e una riduzione del tasso di abbandono del carrello, oltre a una maggior fidelizzazione dei clienti e alla riduzione dei loro tassi di reso. Inoltre, rivela Ronchi, “la soluzione Clearpay funziona come un ‘Marketing Engine’: i brand e retailer che includono Clearpay tra le forme di pagamento hanno accesso a un ampio e crescente segmento di acquirenti. Clearpay porta traffico organico fortemente qualificato sugli store dei propri partner, incrementando la loro customer base”. Una risposta ai desideri espressi dai retailer italiani. Secondo uno studio di mercato condotto all’inizio di quest’anno da Casaleggio Associati e sponsorizzato da Klarna, la sfida del cambiamento si riflette anzitutto nella strategia digitale, votata al raggiungimento di tre obiettivi: l’acquisizione di nuovi clienti (34%), la fidelizzazione degli attuali (27%) e l’aumento dell’awareness (19%). Obiettivi che, con oltre 90 milioni di utenti attivi a livello globale, 2 milioni di transazioni al giorno e più di 250.000 retailer globali, Klarna mira a soddisfare. E i risultati non mancano. Grazie a una crescita diffusa in tutti i mercati, nel primo trimestre del 2021 la fintech attiva in 17 Paesi ha, infatti, raggiunto i 18,9 miliardi di dollari di fatturato lordo per merchandise, contro i 9,9 miliardi registrati nei tre mesi inaugurali del 2020. Anno in cui, riporta lo studio, il fatturato e-commerce in Italia è stato stimato in 48,25 miliardi di euro, valore appena impattato dalla pandemia. 50

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scenario

Photo Courtesy Ermenegildo Zegna

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scenario di Milena Bello

Tessile, febbre M&A. Ma questa volta scendono in campo i gruppi ITALIANI Nei primi sei mesi dell’anno sono state annunciate quasi una decina di operazioni. Segno che il settore è in pieno fermento. Protagonisti sono stati i grandi player del Made in Italy interessati a conquistare le piccole eccellenze.

F

are squadra, valorizzare l’eccellenza del made in Italy, trovare sinergie per superare il gap dimensionale delle aziende della filiera italiana del tessile e della supply chain del lusso. Non c’è stata occasione ufficiale nella quale non si sia sollevato il problema, tutto italiano, di un tessuto industriale formato da aziende di piccole dimensioni, abituate a pensare e agire in autonomia l’uno dall’altro. Gli auspici sono diventati proclami con le acquisizioni soprattutto da parte dei colossi francesi, Kering e Lvmh, dei gioielli della moda italiana. Ma poco o nulla si è smosso. Fino ad ora. Fino all’era post-lockdown che ha visto, invece, un certo fermento anche tra i produttori tessili e di accessori per i marchi di moda. Per una volta, le operazioni che hanno interessato le piccole e medie aziende del settore sono state quasi completamente portate avanti da gruppi italiani. “È un ottimo segnale di cambiamento”, commenta a Pambianco Magazine Marino Vago, presidente uscente di Smi-Sistema moda italia. “La filiera italiana è talmente variegata che le acquisizioni di questo tipo non possono che far bene e denotano una certa preoccupazione da parte dei gruppi nazionali di fronte alla possibilità di lasciarsi ‘scappare’ ancora delle aziende di punta da parte dei francesi. È una tendenza che spero porti anche a un reshoring”.

LA RISCOPERTA DELLA FILIERA ITALIANA Il 2021 si è aperto con un’ondata di operazioni importanti nel tessile-moda che hanno visto come protagonisti grandi gruppi del fashion, impegnati ad assicurarsi delle perle della supply chain della moda. Non è un caso. Il 2020 ha obbligato i marchi del lusso a portare avanti operazioni di risanamento dei bilanci e a ridurre i costi. Per chi ha saputo resistere all’anno infausto del Covid, e mantenere in cassa una buona liquidità

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scenario

finanziaria, si è aperto il momento degli investimenti per rafforzare la propria catena produttiva. E così, sono quasi una decina le operazioni di M&A annunciate nei primi sei mesi dell’anno, di cui ben cinque nel solo mese di giugno (vedere tabella). “Bisogna fare un distinguo tra chi ha portato avanti operazioni di acquisizioni finalizzate ad aumentare la propria offerta e uniformarla con nuovi marchi e chi, invece, si è indirizzato verso una verticalizzazione della produzione”, sottolinea Vago. “La filiera produttiva italiana è fatta di piccoli anelli, tante piccole aziende legate le une alle altre. Anche in passato ci sono state diverse operazioni finalizzate ad acquisire aziende in difficoltà, ma qui il discorso è diverso. Alcuni anelli produttivi sono così strategici che diventa fondamentale assicurarseli. In passato, l’hanno già fatto i francesi. Ora, anche i gruppi italiani della moda hanno scoperto l’importanza della filiera italiana”. Va letto in questo senso l’interesse, per esempio, da parte del Gruppo Zegna per alcune realtà industriali italiane poco conosciute al grande pubblico, ma di grande importanza industriale. Nel solo mese di giugno il gruppo, che ha appena annunciato la quotazione a Wall Street attraverso il veicolo-Spac di Investindustrial, si è aggiudicata Tessitura Ubertino e Filati Biagioli Modesto, quest’ultima operazione in un inedito tandem con Prada. Una scelta inedita che potrebbe aprire le porte a sinergie tra player del lusso a supporto della filiera tessile. “Questa acquisizione - precisa Vago - va letta come un contrattacco di fronte allo shopping straniero in Italia e serve per comunicare al mondo del lusso che anche i gruppi italiani sono interessati a portarsi ‘in casa’ il know how manifatturiero. Penso che dovremo aspettarci altre operazioni di questo genere”. Salvaguardare l’integrita della filiera è stato anche il motivo che ha spinto, in aprile, Ratti e Mantero (che già nel 2020 hanno sancito un’alleanza per sostenersi reciprocamente per la migliore gestione dei clienti) a entrare insieme nel capitale di Foto Azzurra. Oltre a Zegna, il panorama dello shopping a monte della filiera ha visto protagonisti anche gruppi meno conosciuti dal grande pubblico, ma di grande rilevanza industriale tra cui Cadica, gruppo specializzato nella fornitura di etichette, cartellini e packaging dal 2019 in mano al fondo d’investimento internazionale Hig Capital, che ha rilevato la maggioranza di Gruppo Grafico Etichetta 2000 a giugno con l’obiettivo di potenziare la gestione dei “dati variabili” (Qr Code, Rfid). O, ancora, a novembre 2020, Piacenza 1733, che ha rilevato lo storico Lanificio piemontese. SDOGANATE ANCHE LE AGGREGAZIONI Le acquisizioni nell’ambito del tessile sono strategiche anche dal punto di vista del gap dimensionale. “Le piccole aziende vengono integrate e verticalizzate il che consente di avere una struttura più forte e poter attirare anche manager che, normalmente, vengono ingaggiati in aziende consolidate. Diverso il discorso se l’operazione viene portata avanti in un concetto di holding, dove l’azienda acquisita può beneficiare di una struttura di un certo livello”, spiega Vago. Ne è un esempio il caso delle operazioni messe a segno da Matteo Marzotto attraverso la società Ambria Holding con cui ha acquisito il controllo delle aretine Zeta Catene e Galvanica Formelli. C’è anche un’altra strada che è stata sdoganata in epoca Covid, ovvero l’aggregazione tra aziende tessili. Oltre al caso di Mantero e Ratti, nel 2021 anche il big bergamasco Albini Group ha stretto una alleanza con la toscana Beste per lo “sviluppo comune di nuovi prodotti e progetti” e per l’uso sinergico delle strutture industriali e know how. Una novità per un settore spesso additato come restio ad aprirsi a soluzioni ‘in condivisione’ per superare il gap dimensionale all’estero. Ma l’era Covid sta sparigliando tutte le carte. E il tessile italiano è intenzionato a mantenere il suo primato nel mondo.

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scenario

Cresce il fermento a monte della filiera Principali operazioni M&A in Italia tra 2020 e 2021

Acquirente

Acquisita

Periodo

Etichetta 2000

giugno 2021

????

1

Cadica

2

Ermenegildo Zegna e Prada

Filati Biagioli Modesto

giugno 2021

3

Ermenegildo Zegna

Tessitura Ubertino

giugno 2021

4

Riri Group

Amom

giugno 2021

5

Gruppo Muzinich

Canepa

giugno 2021

6

Ratti e Mantero

Foto Azzurra

aprile 2021

7

Ambria Holding

Zeta Catene e Galvanica Formelli

marzo 2021

8

Gruppo Reda

Lanieri

novembre 2020

9

Piacenza 1733

Lanificio Piemontese

novembre 2020

10

Remmert

Nastrificio veneto*

novembre 2020

* fusione per incorporazione

11

Riri Group

2 frame

gennaio 2020**

** da acquisizione nasce nel novembre 2020 la nuova azienda Cobrax Metal Hub

Fonte: Pambianco

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WHAT’S NEW? Tempi moderni

di Marco Caruccio

Le collezioni cruise si intersecano con le proposte maschili per la primavera/estate 2022. Il guardaroba femminile si ravviva grazie a stampe fiorate dal sapore retrò mixate a una vivacità cromatica animata da colori agrumati. Il poncho viene inaspettatamente eletto nuovo capo must have, niente a che vedere però con quelli indossati da Betty Suarez, star di ‘Ugly Betty’. Il menswear rielabora le righe, classico senza tempo che fa capolino su completi formali e maglie tricot. La tendenza activewear non si ridimensiona, come testimoniano le numerose tracksuit pensate per chi ama essere in forma senza strafare. Il denim si conferma il passe-partout per i fashionisti della Z Generation ma, allo stesso tempo, viene utilizzato per blazer sartoriali.


Resort

N°21

Antonio Marras

La DoubleJ

Philosophy di Lorenzo Serafini

GRAZIE DEI FIORI

Sempre graditi, soprattutto se di ispirazione retrò. Le nuove stampe fiorate sembrano in realtà tratte da wallpaper anni 50, intrise di colori saturi e accostamenti a contrasto. Gli abiti di Philosophy di Lorenzo Serafini ricordano i look impeccabili di Doris Day, quelli di Antonio Marras sono perfetti da indossare durante i cocktail a bordo piscina, come in un film con Liz Taylor.

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Chanel

Emilio Pucci

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Stella Jean

Vivetta


tendenze

Dsquared2 Blumarine

Victoria Beckham

Versace

RAINBOW SUIT

Dalle nuance pastello alle tonalità sorbetto passando per flash fluo. I nuovi tailleur pantalone rinnegano i colori classici e optano per pigmenti inaspettati. Modalità evidenziatore per Versace, Victoria Beckham e Blumarine. Più romantiche le scelte cromatiche di Msgm, Ports 1961 e Stella McCartney. Innegabilmente metropolitano il suit ideato da Dsquared2.

Ports 1961

Stella McCartney

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MSGM

St. John

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tendenze

Chloé Missoni

Burberry

Etro

PONCHO PRIDE

L’indumento che ha contraddistinto per anni l’ingenua protagonista del serial televisivo ‘Ugly Betty’ rinasce a nuova vita. Il poncho acquista una connotazione glamour grazie al neo-minimal di Chloé e al maxi tartan pensato da Riccardo Tisci per Burberry. Versione matelassé per Missoni, patchwork secondo Thom Browne e d’ispirazione gipsy-chic nel lookbook di Etro.

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Gabriela Hearst

Alberta Ferretti

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Thom Browne

A.L.C.



tendenze

Balmain

MM6 Maison Margiela

Moschino

Fendi

ARANCIONE RINFORZATO

Il colore vitaminico per antonomasia acquista una saturazione inedita. L’arancione non è più protagonista dell’emergenza sanitaria ma del nuovo guardaroba femminile primaverile. Gli stilisti lo scelgono per completi sartoriali e abiti leziosi. Niente a che vedere con le tonalità da zucchero filato, l’ingrediente principale è la vivacità dal sapore agrumato.

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Christopher John Rogers

Zimmermann

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David Koma

Giambattista Valli



Menswear

Moschino Luca Larenza

Issey Miyake

Prada

TUTTI IN RIGA

Possono rendere omaggio alle classiche marinière francesi oppure ricordare i gessati indossati dai gangster di Little Italy. Le righe sono protagoniste dei look maschili, da quelli più formali rivisitati da Luca Larenza, alla versione multicolor vista sulla passerella di Prada. Andrea Pompilio le accosta liberamente sui capi della collezione speciale realizzata per Harmont & Blaine.

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David Catalan

Dries Van Noten

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Federico Cina

Andrea Pompilio x Harmont & Blaine



tendenze

Paul Smith Etro

Giorgio Armani

Ermenegildo Zegna XXX

OVERSIZE

Le dimensioni contano. Quelle degli shorts di stagione appaiono sempre più ampie. Milano e Parigi puntano su maxi bermuda che coniugano praticità ed eleganza (Giorgio Armani, Hermès) strizzando l’occhio ai volumi del panorama hip-hop (Msgm, Paul Smith). Un inno alla joie de vivre permea quelli proposti da Etro in tonalità neo hippie, con le sneakers in coordinato.

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Dior Men

Hermès

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Missoni

MSGM



tendenze

Tod’s Brioni

Fendi

Diesel

DENIM FEVER

Dai blazer destrutturati di Y/Project ai giubbotti animalier pensati da Fausto Puglisi per Roberto Cavalli. La famosa tela di cotone non conosce fasi d’arresto e viene anzi utilizzata per i look più disparati. Glenn Martens, come prevedibile, elabora un nuovo lessico stilistico per il suo esordio alla direzione creativa di Diesel ma tutto parte dagli immancabili blue jeans.

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Lemaire

Vìen

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Y/Project

Roberto Cavalli


tendenze

JW Anderson Undercover

Kiton

Louis Vuitton

NEW ACTIVEWEAR

Da non confondersi con lo sportswear da specialisti. La tendenza active elegge a must have le tracksuit di ispirazione retrò più che i capi in tessuti tecnici di ultima generazione. La tuta da tempo libero entra nei guardaroba maschili in versione high luxury, elaborata da Virgil Abloh per Louis Vuitton. Per chi non rinuncia alla coolness rivolgersi alle stampe pop di JW Anderson.

Serdar

Numero 00

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Ktn

Spyder

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Lo shopping è una delle attività online più popolari. Ciò che desideri è alla portata di un click in modo veloce, semplice, comodo, ma anche indiretto, impersonale e generico. La necessità del cliente di avere un rapporto più umano con il venditore, di ricevere un consiglio professionale, di risolvere un’incertezza in merito al capo di abbigliamento prima di acquistarlo, non potrà mai scomparire. Per questo motivo, il nostro customer care, formato da addette alla vendita professionali, è in grado di risolvere ogni tuo dubbio. Accedi alla nostra selezione di brand e acquista i tuoi capi preferiti. Goccia.shop è il posto giusto per scoprire tutte le tendenze moda del momento.


Le aziende si raccontano

in collaborazione con:

MICAM

ELSY

AERRE PARTNERS

BONAUDO

ALEX DE PASE

SOPRA STERIA ITALIA

RETAILTUNE


Bonaudo

Bonaudo, le chiavi strategiche per far fronte alla ripresa post-Covid Rispondere alle richieste sempre più rapide dei clienti attraverso una struttura sostenibile e all’avanguardia, continuando a salvaguardare l’eccellenza dei propri prodotti, 100% Made in Italy. La ricetta di Bonaudo per continuare a rivestire un ruolo di primo piano nella filiera della pelle. Affrontare la ripresa rimanendo fedeli alla qualità consolidata nel tempo o sfruttare la crisi per evolvere i paradigmi di business, abbracciando il cambiamento. Per Bonaudo non si è trattato di un bivio, ma di una strada a doppia corsia. La conceria specializzata nelle forniture di pelli per il top di gamma ha, infatti, retto alla crisi economica indotta dall’emergenza sanitaria archiviando il 2020 con un calo di fatturato su base annua di circa il 20 per cento. Numeri che, considerato l’anno nefasto per la filiera della moda, appaiono rassicuranti e consentono ai vertici del gruppo di guardare con fiducia al prossimo futuro. “Come quasi la totalità delle aziende, eravamo imprepa-

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rati a un evento di tale portata. Tuttavia, non lo eravamo a reagire al cambiamento – commenta il presidente e amministratore delegato Alessandro Iliprandi –. Ci siamo presentati sani alla crisi, con un’ottima clientela, composta dai maggiori brand del lusso, che ci hanno dato fiducia e hanno concentrato le proprie produzioni, seppur chiaramente di quantità inferiori, presso aziende che, come la nostra, sono state in grado di assicurargli maggiore qualità e serietà”. Costanza qualitativa e relazioni solide con i propri clienti, sostenute dalla disponibilità di strutture moderne e impianti attrezzati, a cui la proprietà ha deciso di riservare importanti investimenti.

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“In questo anno e mezzo – prosegue Iliprandi – ho ritenuto che la strategia più corretta fosse quella di rinforzare gli investimenti sulle linee di produzione, perché sono fiducioso che quando il mercato ripartirà in maniera più strutturale e organica bisognerà farsi trovare pronti”. Con una sapiente gestione sul lungo periodo, la solidità finanziaria è dunque rimasta intatta. E ora si tratta di attendere la chiusura dell’anno per ripristinare i consueti flussi produttivi. “Stiamo recuperando posizioni e per la fine del 2021, o al più tardi l’inizio del 2022, prevediamo di ritornare ai livelli del 2019 – è il pronostico dell’AD, che dal 1994 tiene le redini del gruppo –. Al momento, infatti, non stiamo ancora assistendo a una ripresa generalizzata, perché diverse aziende si sono ritrovate con grandi scorte di magazzino”. Nel frattempo, per intercettare la ripresa, Bonaudo punta non solo sull’ampliamento della gamma di prodotto, ma anche sul perfezionamento del servizio, “sartoriale”, per rispondere alle richieste dei clienti che sempre più spesso desiderano articoli customizzati e su misura, consegnati in tempi rapidi. Il tutto, senza perdere di vista il controllo della filiera e una gestione oculata dei processi di acquisto, che garantiscono alla clientela una produzione sostenibile e tracciata. “Abbiamo avviato vent’anni fa un processo di rinnovamento totale dell’azienda in una direzione che una volta veniva definita ‘ecologica’, oggi ‘sostenibile’”, spiega Iliprandi, che ha fatto della sensibilità alle problematiche dell’impatto ambientale un valore imprescindibile nella costruzione dei siti produttivi, situati in Veneto, Lombardia e Toscana. “Bonaudo è sicuramente all’avanguardia da questo punto di vista e il nostro lavoro non potrà che essere sempre più apprezzato perché è, di per sé, ‘green’ – aggiunge, definendosi un’industriale dall’animo artigianale –. Basti pensare che prendiamo un prodotto di scarto della macellazione e lo trasformiamo in un prodotto di lusso”. Una posizione sostenuta, ricorda l’AD, anche dal governo italiano. È entrato, infatti, in vigore il Decreto Legislativo n. 68 del 9 giugno 2020 che stabilisce il vero significato della parola ‘ecopelle’. Questo termine, che fino a poco tempo fa ingannava e confondeva il consumatore, oggi può essere utilizzato solo per indicare i derivati da spoglie animali, ossia per la vera pelle a ridotto impatto ambientale e non per materiali sintetici o nati dal petrolio come le materie plastiche.

Alessandro Iliprandi, presidente e CEO

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Sopra Steria Italia

Digitalizzazione della supply chain: l’obiettivo è il taglio di costi ed emissioni In un mercato che si evolve a favore della costante condivisione di informazioni, la filiera integrata consente di governare i processi e la collaborazione con i diversi stakeholder. Positive anche le ricadute nella gestione degli sprechi. Pianificare ed eseguire operazioni della catena di approvvigionamento in modo da renderla resiliente e da ridurre l’impatto ambientale, in risposta a norme internazionali sempre più stringenti e alla maggiore attenzione dei clienti alla sostenibilità. Lavorano in funzione di questi obiettivi le soluzioni per l’evoluzione del manufacturing di Sopra Steria, leader europeo nella trasformazione digitale, già partner dei principali brand internazionali del Fashion & Luxury. La supplier collaboration abilita l’integrazione e la collaborazione tra brand e filiera produttiva (fornitori e façon) sui processi di acquisto (gestione ordini per fornitori di materia prima, negoziazione, consignment stock), di produzione (piani di consegna, avanza-

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mento fasi di produzione, dichiarazioni di consumo materiali in distinta), di pianificazione e di spedizione. “La digitalizzazione della supply chain permette di ottimizzare il modo in cui un’azienda gestisce i terzisti e l’intera filiera produttiva” - ha spiegato Marco Distefano, Vertical Consulting Manager per Omnichannel Execution & Operations di Sopra Steria. “Attraverso l’integrazione degli stakeholder coinvolti nel processo produttivo è possibile una gestione più precisa e tempestiva della pianificazione, sia in fase di approvvigionamento dei materiali che di avanzamento e consumo della produzione demandata a façonisti. La riduzione del livello di incertezza sull’avanzamento della produzione dei façonisti esterni permette

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una gestione più efficiente delle scorte, riducendo sia i casi di fermo produttivo per carenza di materiali che le sovra giacenze per mancanza di visibilità sulla situazione consumi”. Il tracciamento dell’informazione su piattaforma digitale centralizzata permette di ottenere informazioni puntuali su quando e quanto produrre e di controllare l’approvvigionamento del magazzino. Governare il consumo del materiale significa evitare sprechi e inefficienze: ad esempio, applicare algoritmi di AI al controllo qualità dei pellami permette di ottimizzare e ridurre gli scarti. Questi sono solo alcuni degli aspetti che suggeriscono come i sistemi di integrazione della supply chain non vadano semplicemente a vantaggio di una riduzione di costi per le aziende, ma anche dell’ambiente. I clienti sono molto attenti ai temi di sostenibilità ambientale: le aziende del fashion impegnate a produrre capi in un’ottica di economia circolare devono raccogliere, lungo tutta la catena, informazioni relative all’impatto ambientale dei capi prodotti e preventivarne costi e impatti per lo smaltimento. Per questo le informazioni devono essere tracciate e certificate: la Blockchain, registro condiviso e immutabile per la registrazione di transazioni, è lo strumento adatto per garantire l’inalterabilità dei dati. “Oggi c’è una sempre maggiore richiesta di condivisione delle informazioni, in chiave di economia circolare - ha aggiunto Mauro Strada, Deputy Market Director Fashion di Sopra Steria. La digitalizzazione e la collaborazione all’interno dei processi di Supply Chain non culmina più sola-

mente nel garantire maggiore efficienza produttiva. Tracciabilità completa nel ciclo di vita di un prodotto vuol dire anche consapevolezza delle complessità che dovrò andare ad affrontare all’ultimo stadio di vita del prodotto”. Perchè dunque scegliere Sopra Steria? In primis perchè il Gruppo è stato precursore di questi temi, con soluzioni ad hoc sviluppate già otto anni fa per uno dei principali marchi del Fashion & Luxury. Le competenze di Sopra Steria Group coprono i processi end to end in differenti ambiti: dalla strategia all’ecommerce, dalla Blockchain all’integrazione e all’AI. Per abilitare la collaboration con fornitori e terzisti, Sopra Steria suggerisce di avvalersi di una soluzione di mercato modulare e flessibile che è in grado di dare una copertura completa delle aree operative del business Fashion & Luxury. Oltre a partnership con player affermati come BeSight, il Gruppo sposa il concetto dell’open-innovation con un’attenzione particolare alle start-up e università. L’obiettivo è favorire la condivisione per la valorizzazione delle idee e lo sviluppo di soluzioni sempre più innovative. L’impegno di Sopra Steria Group, la cui volontà è fare della tecnologia digitale un acceleratore della transizione energetica, si concretizza anche nell’ambizioso obiettivo di raggiungere le “zero emissioni” entro il 2028. La sostenibilità quindi non è solo un’opportunità di business, ma parte integrante del DNA ed elemento imprescindibile per il futuro del pianeta. Obiettivo che Sopra Steria condivide con tutti i suoi stakeholder.

Marco Distefano - Vertical Consulting Manager per Omnichannel Execution & Operations Sopra Steria Italia

Mauro Strada – Deputy Market Director Fashion Sopra Steria Italia

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Alex De Pase

Alex De Pase mixa l’arte dei tatuaggi allo streetwear, nel segno dello stile Il marchio italiano di calzature sportive ingloba la passione per i tattoo con le tendenze in voga tra i giovanissimi della Z Generation. Affiancato da un noto showroom, la griffe è già pronta per inedite sfide creative; alla conquista di nuovi mercati oltre confine. L’arte dei tattoo incontro la moda. Le calzature Alex De Pase fondono il fascino dell’inchiostro indelebile con il mondo delle sneakers. Il brand nasce nel 2018 da un’idea dell’omonimo tatuatore realistico che, insieme a Pierluigi Giglio, amico e fondatore del collettivo Kardif, dà il via al progetto stilistico con focus sulle calzature sportive. La società si compone di una cordata di investitori italiani che fanno capo all’imprenditore Massimo Ivone nel ruolo di amministratore. Ne fa parte lo stesso Alex De Pase che, insieme al collettivo Kardif, segue la parte creativa del brand. Per quanto concerne la distribuzione globale (fatta eccezione per le Americhe), sin dalla prima stagione è stato siglato un deal con Studiozeta, noto showroom con importanti spazi espositivi a Milano e Parigi. Dopo aver consolidato il know how nel segmento delle calzature, Alex De Pase punta ad espandere la propria visione stilistica inglobando

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altre merceologiche nel settore della pelletteria. Il brand è stato commercializzato a partire dal 2020 ma, nonostante le difficoltà legate all’emergenza sanitaria, i buyer internazionali hanno immediatamente mostrato un interesse concreto nei suoi confronti. Ad oggi la label è presente in 6 boutique tattoo selezionate ad insegna Alex De Pase e in circa 25 doors tra i top buyes nel mondo. Già con la stazione primavera/estate 2022 si sta lavorando all’ampliamento del mercato russo, area che è al momento l’obiettivo primario di sviluppo. In agenda c’è anche il consolidamento nel Middle East con una rappresentazione più importante, spronati dagli ottimi riscontri ricevuti durante le prime campagne vendita. Le previsioni per la prossima stagione puntano al raddoppio del fatturato e a una crescita a doppia cifra per il 2022. Il marchio ha già inaugurato il proprio store online e conta 14mila Instagram follower.

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Elsy Elsy

Elsy entra nel Registro speciale dei marchi storici italiani L’albo delle eccellenze del made in Italy ospita ora anche il brand piemontese specializzato in abbigliamento per bambine. Una realtà al femminile e familiare che da 60 anni è fedele alla sua vocazione: cura dei dettagli, ricercatezza e selezione delle materie prime. Elsy, brand piemontese di abbigliamento moda per bambine, fa il suo ingresso nel Registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale. Istituito dal Ministero dello sviluppo economico, il Registro è uno strumento pensato per tutelare la proprietà delle aziende storiche italiane e le eccellenze nazionali. Uno strumento, dunque, verso la valorizzazione del made in Italy attraverso innovazione, sostenibilità e competitività internazionale e in cui Elsy è l’unica azienda italiana produttrice di abbigliamento moda per bambine a essere stata inserita. “Essere annoverati tra i marchi storici di interesse nazionale ci riempie di orgoglio e testimonia il valore storico della nostra azienda”, hanno commentato Roberto e Michele Brussino, titolari di Elsy. “Ancora oggi, dopo oltre 60 anni di attività, l’ascolto, la perseveranza, la passione e lo spirito creativo permangono come valori che orientano il nostro operato e accompagnano la nostra mission: vestire la bam-

bina che diventerà donna custodendo uno stile in piena sintonia con le caratteristiche del made in Italy”. Elsy, infatti, nasce nel 1958 da una passione di famiglia: la signora Elsy è riuscita a coronare il suo sogno di disegnare e confezionare vestiti per bambine, creazioni delicate e femminili, realizzate con passione dalle mani di tante donne. Da allora quella della moda per bambine è diventata una vera e propria vocazione per il marchio, che la persegue mantenendo ben salde le proprie radici. Oggi come allora, il team è prevalentemente femminile e continua a lavorare per garantire la continua ricerca e innovazione stilistica che hanno permesso a Elsy di diventare un punto di riferimento nel settore e affermarsi, negli anni, come una bandiera del made in Italy nel suo settore. Cura dei dettagli, meticolosa selezione dei tessuti e ricercatezza estetica definiscono il concetto di eleganza con cui Elsy, oggi riconosciuto dal Mise, veste le bambine da 60 anni.

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MICAM

MICAM torna in presenza. E rafforza la sinergia tra fisico e digitale Il salone promosso da Assocalzaturifici presenta una nuova formula che, in accordo con i protocolli sicurezza, concentra in tre giorni le novità per la P/E 2022. Al via anche la seconda puntata della compagna comunicativa. Dal 19 al 21 settembre MICAM, il salone internazionale promosso da Assocalzaturifici, tornerà in presenza con una nuova formula che concentra in tre giorni, invece di quattro, la visita negli stand. Gli operatori italiani e internazionali potranno scoprire in anteprima le collezioni primavera/estate 2022 e i trend del settore, in tutta sicurezza, grazie ai protocolli sanitari attivati con Fiera Milano. “Finalmente ripartiamo con la formula tradizionale – spiega Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici e MICAM – le aziende hanno la necessità di tornare ad incontrare i buyer e di riallacciare le relazioni. Abbiamo lavorato senza sosta per fornire tutti gli strumenti per rilanciare le occasioni di business, le contrattazioni di ordini, sostenendo le imprese italiane nella penetrazione dei mercati internazionali. La sinergia tra presenza fisica e virtuale verrà rafforzata”. La piattaforma MICAM Milano Digital Show affiancherà l’evento fisico dal 15 settembre al 15 novembre 2021, permettendo ai brand di programmare le visite e gli 78

incontri con i buyer prima, durante e dopo la fiera. A settembre tornerà anche l’innovation hub MICAM X. Completeranno la rassegna di settembre la quarta edizione del progetto Emerging Designers, l’area evento dedicata a 12 designer internazionali di calzature; Micam Start-up Boot Camp dedicato alle migliori start up innovative del settore calzaturiero e Italian Artisan Heroes, la nuova area, promossa da Assocalzaturifici e dedicata alle migliori produzioni italiane in private label. Prosegue poi la campagna di comunicazione legata alle fiabe con la seconda puntata: MICAM Glass Slipper. La scarpetta di cristallo diventata icona di stile sarà protagonista di tre capitoli a partire da settembre. Si inizierà in autunno con ‘Glamorous disaster’ che mostrerà il tentativo vano della protagonista di crearsi da sola un look per il gran Ballo. Gli scatti di campagna, ad opera del fotografo Fabrizio Scarpa, sono corredati da uno short-film per ciascun capitolo, con la regia di Daniele Scarpa.

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Aerre Partners

La sede milanese di Aerre Partners e Riccardo Adamo, founder e CEO

Aerre Partners si fa in quattro La società fondata da Riccardo Adamo, figura di riferimento dell’head hunting, inaugura tre nuove business unit, ampliando l’offerta dei servizi rivolti ai clienti di moda e lusso. Al via anche a un sito rinnovato e una app che anticipa un nuovo approccio ai processi di scouting. Aerre Partners si rinnova. La società dal 2004 specializzata nella ricerca di designers e talent executives nel settore moda e lusso amplia il proprio business e punta ancora sull’innovazione, inaugurando tre nuove divisioni, come raccontato dal founder e CEO Riccardo Adamo. Aerre Partners ha ampliato le sue aree di competenza. Quale strategia avete? Il rinnovato scopo della mission aziendale passa attraverso l’ampliamento dell’offerta di servizi di qualità sempre più votati all’eccellenza, mantenendo nel contempo l’elevato livello di specializzazione in cui crediamo da oltre 30 anni. Come si rapportano le nuove branche con l’area dedicata all’head hunting? Il nuovo assetto prevede 4 business units: Aerre Talent, espressione storica della società, leader nella ricerca di designers e talent executives; Aerre Lab, dedicata al mondo della creatività; Aerre

Trademark, dedicata ai servizi di consulenza brands & licensing; Aerre D/Vision, specializzata nell’offerta di servizi e contenuti digitali personalizzati. Se le prime due sono complementari, le altre sono autonome nella gestione. Che ruolo ha la digitalizzazione in questo nuovo corso? Il digitale ha rivoluzionato logiche ormai consolidate. Aerre D/Vision nasce dalle esperienza di partnership di chi è cresciuto con la rivoluzione tecnologica, con l’obiettivo di supportare i nostri clienti in questa trasformazione. Abbiamo creato un network specializzato di società che siano in grado di offrire servizi di alta qualità, con alleanze strategiche e partecipazioni. Oggi siamo in grado di offrire servizi digital attraverso due società altamente specializzate, operanti nel mondo della digital transformation strategica e nell’ambito dei contenuti digitali; la content factory, tra l’altro, si è appena quotata in borsa su Aim Italia, con nostra immensa soddisfazione.

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RetailTune

PRODUCT DISTRIBUTION LOCAL BRAND AWARENESS

LISTING APP B2B

STORE LOCATOR

REVIEW MANAGEMENT

CONCIERGE PAGE

SHOWCASE STORE CATALOG PAID LOCAL CAMPAIGNS

ORGANIC LOCAL CAMPAIGNS

SEO LOCAL

Claudio Agazzi, founder di RetailTune

La rivoluzione del Drive to Store inizia dalla Concierge Page di RetailTune L’innovazione strategica del Drive to Store al servizio dei retailer grazie alla piattaforma tecnologica RetailTune, che governa in maniera centralizzata dati riguardanti i punti vendita - monomarca e multibrand - intercettando gli utenti in tempo reale. Le esperienze di Pinko, GORE-TEX e Gaudì. I clienti di ogni segmento, dalla grande distribuzione al fashion, dal beauty ai servizi, sono sovente persi nella babele di informazioni, siti e strumenti utilizzati dai brand per entrare in contatto con loro. Una sfida alla comprensione per il cliente e alla gestione per l’impresa. La piattaforma tecnologica RetailTune, fin dalla fondazione nel 2018, si è posta un duplice obiettivo: mettere ordine nel caos e utilizzare in modo virtuoso questo enorme flusso di comunicazioni per avvicinare il cliente al punto vendita, sia esso monomarca o multibrand. A tal fine, è nata la Concierge Page, una pagina contenente le principali informazioni per il Drive to Store: immagini, orari, indirizzo, contatti, ma soprattutto attività di promozione mirate come campagne ed eventi in corso. Al suo interno, sono disponibili servizi e strumenti esclusivi pensati in ottica concierge quali lo showcase, una vetrina digitale che mette in evidenza 3 prodotti presenti nel punto vendita, e

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il catalogo prodotti, una sezione sull’assortimento disponibile nello store considerato. L’utente può così consultare gli articoli suddivisi per categoria e chiedere informazioni sui prodotti prenotandoli in negozio mediante la compilazione di un form. La Concierge Page diventa, inoltre, il punto di arrivo dell’utente che consulta i touchpoint coinvolti nel progetto: da Google My Business alle pagine Facebook Location. Tra le aziende che hanno adottato il modulo multimarca di RetailTune, occorre citare Gaudì, che ha valorizzato la distribuzione attraverso un piano ad hoc, e GORE-TEX, che ha migliorato posizionamento e notorietà dei prodotti a livello locale tramite il coinvolgimento dei punti vendita DF Sport Specialist. La geolocalizzazione, che intercetta gli utenti e li porta nel punto vendita più vicino, ha rafforzato anche l’approccio Customer Centric di Pinko, che a fine settembre lancerà con RetailTune un progetto ricco di importanti novità.

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giro poltrone JOSHUA SCHULMAN Capri Holdings

FEDERICO MARCHETTI Ynap Federico Marchetti volta pagina. Fondatore di uno degli e-tailer più influenti del panorama moda e lusso, dal 2000 Marchetti ha guidato Yoox conducendola nel 2009 alla quotazione in Borsa e nel 2015 alla fusione con Net-a-porter. Dopo aver lasciato il suo ruolo di CEO a Geoffroy Lefebvre, Marchetti era rimasto presidente per guidare la transizione del gruppo.

Joshua Schulman è salito al timone di Michael Kors e, a settembre 2022, succederà a John D. Idol nel ruolo di CEO dell’intero gruppo Usa. Il manager arriva da Tapestry, in cui è stato AD del marchio Coach, ma ha alle spalle esperienze di rilievo anche in Bergdorf Goodman, Jimmy Choo, Saint Laurent e Gucci.

ISABELLE GUICHOT Smcp Il gruppo francese Smcp ha nominato Isabelle Guichot nuova CEO e direttrice in seguito alle dimissioni di Daniel Lalonde, per otto anni alla guida della società. Guichot è entrata in Smcp nel 2017 come CEO di Maje, con oltre 25 anni di carriera nel settore del lusso.

EMANUELE FARNETI Condé Nast Emanuele Farneti ha dato l’addio a Condé Nast, dando le dimissioni da direttore di Vogue Italia, Uomo Vogue e Ad, ruolo che ricopriva dal 2017. La sua erede in Vogue sarà Francesca Ragazzi, nominata head of editorial content della testata. La scelta risponde a un più ampio piano di revisione aziendale che prevede la sostituzione della figura dei direttori con quella dei coordinatori.

MARCO GOBBETTI Salvatore Ferragamo

FEDELE USAI Dolce & Gabbana Fedele Usai torna nel fashion world. Il manager cagliaritano è stato arruolato da Dolce & Gabbana per il ruolo di group communication & marketing officer. Usai si occuperà dello sviluppo delle strategie di comunicazione e marketing aziendali a livello globale e di contribuire all’evoluzione del brand italiano.

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Marco Gobbetti torna in Italia. Dopo quasi cinque anni, l’executive lascia la poltrona di CEO di Burberry per prendere il timone di Salvatore Ferragamo in qualità di direttore generale e amministratore delegato. Intanto la maison britannica è alla ricerca di una nuova guida che subentri all’AD uscente.

NATHALIE VERDEILLE Tiffany & Co. Tiffany & Co. ha scelto Nathalie Verdeille come vicepresidente, direttrice artistica della gioielleria e dell’alta gioielleria. Precedentemente alla guida del design di alta gioielleria di Chaumet, in Tiffany, entrata nell’orbita di Lvmh, Verdeille riporterà ad Alexandre Arnault, presidente esecutivo e responsabile del prodotto e comunicazione.

DANIELA OTT Aura Blockchain Consortium Aura Blockchain Consortium, il progetto di Lvmh, Prada e Cartier per creare una blockchain globale aperta a tutti i marchi luxury, ha arruolato Daniela Ott come segretario generale, che riporterà direttamente al cda del consorzio.

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Ipse DIXIT di Laura Bittau

“È proprio grazie a quel capitalismo umanistico che oggi mi viene così benevolmente riconosciuto che abbiamo coltivato la dignità morale ed economica dell’essere umano, la garbata crescita, l’armonia tra il profitto e il dono e il rispetto del Creato del quale, per la piccola parte alla quale sono stato chiamato, mi sento fedele e premuroso custode”. Brunello Cucinelli, presidente esecutivo e direttore creativo della sua omonima maison, ha raccontato la visione imprenditoriale in virtù della quale è stato insignito del premio ‘Design of the Year’ dalla rivista Gq.

“Non dobbiamo dimenticare che la moda è creatività e fabbrica insieme: proprio questo connubio vincente ha permesso di dare vita al Made in Italy”. Maria Grazie Chiuri, direttrice creativa di Dior Donna, si è lasciata andare a una chiacchierata informale ma profonda durante l’intervista per Il Muschio Selvaggio, tra moda, femminismo e identità.

«Direi che la couture è probabilmente la cosa più interessante di cui la moda possa occuparsi oggi. Portarla nella modernità e comunicarla al pubblico di oggi. Molte persone nemmeno sanno che Balenciaga è un marchio con oltre cent’anni di storia, pensano che abbia iniziato con la sneaker Triple S. Quindi, in un certo senso, è un atto educativo, mette sotto i riflettori ciò che in effetti è la cosa più importante della moda, l’espressione più pura della moda stessa». Fonte: Demna Gvasalia, creative director Balenciaga. Wwd, intervista del 7 luglio

“Creare un gruppo non è soltanto una questione di numeri e bilanci ma, in primo luogo, di senso di appartenenza e cultura comune. Questo è vero oggi più che mai”. In occasione della riunione con Carlo Rivetti e i team dei loro brand, Remo Ruffini, presidente e CEO di Moncler, ha descritto la sua idea di gruppo imprenditoriale, all’insegna di capitale umano e valori condivisi.

“La moda riguarda lo storytelling e non esiste alcun mezzo che possa essere paragonato alla magia di vedere una collezione dal vivo”. Wes Gordon, creative director di Carolina Herrera, ricorda l’importanza della dimensione fisica per il mondo della moda, che in questa direzione si prepara a ripartire oltreoceano, con la New York Fashion Week.

“Credo che la moda debba creare bellezza e suscitare curiosità e interesse. Se succede questo si vede, e si va oltre. La moda può essere un messaggio politico forte”.

«Molti stanno facendo sembrare che la moda si stia assumendo le proprie responsabilità sulla crisi climatica, spendendo cifre stellari in campagne pubblicitarie in cui si usano parole come ‘sostenibile’, ‘etico’, ‘verde’. Ma cerchiamo di essere chiari: questo non è quasi mai nient’altro che puro greenwashing. L‘industria della moda contribuisce enormemente all’emergenza climatica ed ecologica. Non puoi produrre moda in serie o consumare in modo sostenibile nel mondo così come è modellato oggi. Questo è uno dei tanti motivi per cui avremo bisogno di un cambiamento di sistema». Fonte: Greta Thunberg, climate activist. Vogue Scandinavia, intervista del 10 agosto

Durante la settimana dell’haute couture a Venezia Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, ha messo in scena un défilé che voleva incarnare la moda come specchio di un mondo che cambia.

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master di Alessia Perrino

Pambianco ACADEMY, tutti i Master online Le tematiche scelte sono in linea con le ultime tendenze in materia di gestione aziendale, nettamente caratterizzate dalla richiesta di nuovi punti di riferimento per ripensare i modelli di business.

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ogliamo diventare il punto di riferimento nella formazione professionale dei settori fashion, design e beauty. La necessità di orientarsi nei nuovi scenari del consumo rende necessario per i professionisti un aggiornamento costante, verticale e dal forte orientamento digital e sostenibile”, ha commentato David Pambianco, a proposito di Pambianco Academy, la piattaforma di formazione realizzata da Pambianco. Freschi di realizzazione gli ultimi Master lanciati: “Linkedin per le risorse umane” e “Startup e Growth Hacking”. Il primo ha l’obiettivo di insegnare a costruire un profilo Linkedin efficace per HR Manager e Recruiting Manager, mentre il secondo insegna a utilizzare il framework del growth hacking per la propria Start-up o per un determinato asset aziendale. Il Master in “Social Media Management e New Media” ha l’obiettivo di insegnare tutti gli strumenti necessari per poter creare un percorso di strategie social nella propria azienda, o per iniziare un percorso come libero professionista. Recentemente aggiornato, il Master “Aprire e gestire un e-commerce: come sviluppare una strategia di vendita efficace” ha l’obiettivo di far comprendere ai partecipanti come poter avviare e utilizzare in maniera efficace questo canale di vendita, sia attraverso canali proprietari che marketplace. Affronta un tema quanto mai attuale il Master “Sostenibilità nel Fashion, Design e Beauty”, che si propone di fornire ai partecipanti gli strumenti per avviare e gestire un percorso di sostenibilità all’interno della propria azienda. Il Master più venduto continua a essere “Digital marketing and online strategy”, in cui parliamo di: rivoluzione digitale, come scegliere la piattaforma e-commerce e come gestire il CRM, fondamenti di base della SEO, Content Marketing, luxury Brand Storytelling, Social Media e Community Marketing, e ancora Email Marketing, Influencer marketing, marketing automation e molto altro. La proposta si avvale di un sistema di formazione con video-lezioni sempre disponibili, docenze di professionisti qualificati e numerose testimonianze di manager delle più importanti aziende di settore. Per info e costi, potete visitare il sito academy.pambianconews.com o scrivere alla nostra Sales Manager Chiara Gentilini c.gentilini@pambianco.com. 84

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fenomeni

Dall’alto in senso orario, una stories dal profilo Instagram di Giulia De Lellis, un post di Clio Zammatteo in arte Cliomakeup e un post dal profilo Instagram di Alicia Keys

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fenomeni di Chiara Dainese

La BELLEZZA? Quella vera è SENZA FILTRO. E le influencer si schierano a favore In UK si è aperto il dibattito sui vincoli ai ritocchi social di viso e corpo. In Norvegia il divieto è già legge. Ora anche Pinterest si è schierata a favore di immagini reali con una nuova policy di body neutrality.

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pparire è più importante che essere? Oppure no? “Se non avete nulla da nascondere mostratevi senza filtri”. Questo è il monito recente della campagna #filterdrop lanciata dalla make-up artist Sasha Pallari, che ha decisamente colpito nel segno, alimentando un profondo dibattito in Gran Bretagna in merito all’opportunità di vincolare l’utilizzo dei ‘filtri’ nei post delle influencer sui prodotti cosmetici. Qualche chilometro più a nord, il tema è addirittura diventato una questione di intervento istituzionale. La Norvegia, infatti, ha redatto un provvedimento che modifica una legge esistente ed è stato approvato il 2 giugno dal Parlamento, e stabilisce che in tutte le pubblicità fotoritoccate con filtri o altri sistemi per modificare forme e dimensioni del corpo, ma anche colore e grana della pelle, dovrà essere presente un avviso standard che sarà realizzato dal Ministero della Famiglia. Vale in generale per tutte le pubblicità, per quanto se ne stia parlando soprattutto in relazione ai social network e al settore della bellezza. Era da tempo che in Norvegia si discuteva della cosiddetta ‘kroppspress’, espressione che letteralmente significa ‘pressione riguardo al corpo’. Presentando la modifica della legge sulla pubblicità al parlamento il ministro della Famiglia Kjell Ingolf Ropstad aveva detto che “gli standard di bellezza diffusi dalla pubblicità contribuiscono alla bassa autostima tra le persone giovani”. Ropstad ha ammesso che contrastarne l’influenza è difficile, ma pensa che l’obbligo di segnalare i ritocchi possa aiutare. “Si spera che la misura dia un contributo utile e significativo per arginare l’impatto negativo che tale pubblicità ha in particolare sui bambini e sui giovani”, sottolinea la ministra norvegese Erna Solberg. Questa legge, tra le prime al mondo, tiene conto di come la continua (sovra)esposizione di giovanissimi e adolescenti a canoni di bellezza irraggiungibili possa essere causa di un rapporto conflittuale con il proprio corpo.

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fenomeni

L’obiettivo, dunque, è quello di combattere i contenuti che giocano sull’insicurezza sociale, la cattiva coscienza, la bassa autostima o contribuiscono alla pressione sul corpo. “I filtri dovrebbero essere una cosa divertente, qualcosa che usi per ridere o perché ti piace l’idea di avere una farfalla sul viso - ha dichiarato l’influencer Annijor Jørgensen al quotidiano locale Verdens Gang - e non dovrebbero servire a creare un falso ideale di bellezza”. Molti influencer norvegesi, come Janka Polliani che ha 185mila follower su Instagram e Kristin Gjelsvik che ne ha 202mila, hanno detto di essere favorevoli alla nuova legge; alcuni, tra cui Polliani, pensano che dovrebbe riguardare tutte le immagini ritoccate e non solo quelle pubblicitarie. Ma lo stato può regolamentare solo le seconde. INFLUENCER SENZA RITOCCO Si chiama Rebecca Ferguson, vive a Dubai ed è un’influencer che ha capito come fare qualcosa di buono e giusto per chi la segue. In un video, Rebecca ha mostrato come oggi sia facile modificare non solo le foto, ma anche i filmati attraverso apposite app, migliorando così il proprio corpo: “Posso rendere la mia vita più piccola, allungare le mie gambe, cambiare il mio viso... Per questo, quando guardate un profilo, ricordate che la perfezione non esiste e ricordate chi siete: voi stessi”. Il video è effettivamente impressionante e dimostra quanto ormai la mania di ritoccarsi per tendere a una inesistente perfezione stia degenerando. Star senza make-up che postano i loro scatti al naturale ormai non si contano. Antesignano di questo approccio è stato il brand Dove che nel 2004, da tre anni in Italia, ha lanciato il Progetto Autostima per promuovere programmi atti a generare un cambiamento, educare, e ispirare le ragazze, verso una definizione più ampia della bellezza e aiutarle a sentirsi più sicure di sé. Ricerche dimostrano che la scarsa autostima è un ostacolo per i giovani nella loro vita quotidiana, e per ricostruire la fiducia in loro stessi bisogna cambiare i modelli di bellezza più autentici, non ritoccati. Con il supporto di genitori, insegnanti, mentori e organizzazioni giovanili, Dove offre programmi di costruzione dell’autostima e della fiducia in se stessi ai giovani di tutto il mondo. Sempre in Italia, Clio Zammatteo in arte ClioMakeUp si schiera contro i ‘bagliori’ artificiosi dei filtri Instagram e sul pericolo dell’uso dei filtri soprattutto per i più giovani. In un post che la ritraeva al naturale ha scritto: “Non è tutto oro quello che luccica.Inizialmente, non sembra ci sia molta differenza: solo la pelle un po’ più chiara, il naso leggermente più stretto, i pori meno dilatati, l’incarnato più luminoso, gli occhi più brillanti... Alla fine sono sempre io, non c’è molta differenza, e allora perché quando quel filtro così apparentemente innocuo scompare mi sento più brutta, meno adeguata? E ancora perché le altre sono meglio di me? Non basta che la loro vita sia migliore della mia, hanno tutto: amore, soldi, successo, fama, vestiti, trucchi, viaggi e anche la bellezza... Quante cose che passano nella testa sopratutto di persone più fragili, come i più giovani gli adolescenti, o gli insicuri, i timidi... Pensieri che con il tempo posson far male, tanto male... E per cosa? Per realtà distorte”. E non è l’unica a farsi paladina di una vera bellezza. Tra le skininfluecer italiane più seguite che non hanno avuto timore di mostrare il viso con acne e senza ritocchi da filtri o da app di face morphing sui social, ci sono l’attrice Matilda De Angelis e la conduttrice televisiva Aurora Ramazzotti, nonché l’influencer Giulia De Lellis. A livello internazionale, prima di ClioMakeUp, un’altra beauty guru si era schierata contro l’abuso dei filtri Instagram, soprattutto nelle pubblicità di creme e trucchi. Si tratta di Huda Kattan, fondatrice del brand Huda Beauty. “Quando abbiamo lanciato la linea skincare Wishful abbiamo deciso che volevamo fare una campagna senza trucchi, senza Photoshop, senza modelli famosi e senza filtri: dopotutto parliamo di cura della pelle, quindi non ha senso usare makeup ed editing. Quando ci siamo guardati intorno alla ricerca di altri marchi per vedere chi altro lo stesse facendo ne abbiamo trovati pochissimi”, ha raccontato Kattan in un post Instagram. 88

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Prima di loro, paladina di una bellezza più reale era stata Alicia Keys con il movimento social #nomakeup: da anni la cantante ha messo da parte eyeliner, rossetti, mascara e polveri presentandosi alla maggior parte degli eventi pubblici al naturale, per dire basta a un’immagine femminile sempre ‘perfetta’, dando avvio anche su Instagram alla moda di mostrarsi senza trucco e senza filtri. Nel 2020 poi è passata dalla teoria alla pratica entrando nel mondo della bellezza con la linea di skincare e ‘soulcare’ SoulKeys. “Ho imparato che è lo spirito a rendere bella una persona. La bellezza riguarda il modo in cui ci connettiamo, il modo in cui controlliamo il nostro spirito, il modo in cui accettiamo e amiamo noi stessi; è prestare attenzione a ciò che non puoi vedere, ma che senti dentro”, ha detto la cantante. Infine, anche la nuova linea skincare Luce lanciata da Alessia Marcuzzi è nata con l’invito social a mostrarsi senza trucchi e senza filtri, per liberare e mostrare la propria luce. Ed è così, al naturale, che la stessa Marcuzzi si mostra nelle foto social e di campagna del marchio, che ha appena aggiunto alle referenze viso una nuova linea pensata “per tutti i tipi di corpo”, senza distinzioni di genere. “Valorizza la tua unicità, allontanati dagli stereotipi, prenditi del tempo da riservare a quello che ti fa sentire bene. Sono le nostre particolarità a renderci speciali! Sii felice di non assomigliare a nessuno stereotipo. Sii orgoglioso di essere quello che sei. Metti in luce la naturale bellezza del tuo corpo”, si legge in un post del marchio. EFFETTO PINTEREST Pinterest, il social che propone immagini che sono d’ispirazione per creare la vita che si ama, ha scelto di abbracciare una politica che dia spazio a tutti, indipendentemente dalla taglia o dalla corporatura. A partire dal 1 luglio 2021, Pinterest ha aggiornato le policy sugli annunci e vieta qualsiasi annuncio che contenga immagini o frasi riguardanti la perdita di peso. “Come la nostra comunità di Pinners cresce - riporta una nota - così fanno le ricerche di argomenti come l’alimentazione sana, lo stile di vita sano e i consigli di fitness. Continueremo a fornire contenuti utili e pertinenti per coloro che li cercano, vietando al contempo i contenuti che mostrano, razionalizzano o incoraggiano i disturbi alimentari e altri tipi di autolesionismo. Per esempio, ogni volta che gli utenti cercano parole chiave relative ai disturbi alimentari, blocchiamo i risultati della ricerca e li indirizziamo a organizzazioni esperte, in modo che possano trovare ulteriori risorse”. La speranza è che altre organizzazioni e aziende riflettano sui danni che possono comportare certi annunci e adottino politiche che promuovano un cambiamento significativo.

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Dior inaugura a Firenze

Firenze accoglie una nuova boutique Dior nel centro storico in via Strozzi. Distribuito su due piani, lo spazio rivela un decor esaltato da toni tenui e dall’arredo a cura di Zachary A. Design e Alexandre Biaggi. Al centro, un dipinto dello Studio A+N dialoga con un’opera in ceramica realizzata da Louise Frydman. Il nuovo indirizzo fiorentino ospita l’intero universo femminile Dior con la collezione prêt-à-porter A/I 2021-22 di Maria Grazia Chiuri, un guardaroba arricchito da accessori e borse della maison. A questi si affiancano gioielli e orologi immaginati da Victoire de Castellane.

Per Off-White nuovo flagship a Parigi

Off-White inaugura un nuovo flagship store a Parigi, all'incrocio tra Rue de Castiglione e Rue du Mont Thabor. Il negozio, sviluppato con Amo, il ramo creativo dello studio di architettura Oma, ospita al piano terra i pezzi più esclusivi e sperimentali del brand fondato da Virgil Abloh e si pone come hub per collaborazioni e progetti speciali. Ai piani superiori prevale un'atmosfera intima con una selezione di pezzi della Homeware collection al mezzanino e la proposta kids. Il terzo piano rappresenta, invece, un ritorno alle radici del marchio con i capi più amati di Off-White, dal denim alle sneakers.

Versace arriva a SoHo, New York

Versace apre nel quartiere di SoHo a New York una nuova boutique situata sulla 111 Greene Street. Lo spazio si sviluppa su una superfice di 285 metri quadrati e vende le collezioni readyto-wear e gli accessori sia per uomo che per donna. Caratterizzato da pavimenti di marmo decorati con il motivo a Greca e sculture a testa di Medusa, il negozio incarna il dna del brand grazie al concept dell’archistar Gwenael Nicolas, utilizzato anche per il flagship parigino.

Moncler si sposta a Los Angeles

Moncler annuncia la relocation della boutique di Los Angeles nel nuovo spazio al 340 di North Rodeo Drive, il quartiere dello shopping di lusso a Beverly Hills. Sviluppata su due livelli con una superficie di vendita di 375 metri quadri, la boutique svela un’atmosfera in cui l’heritage distintivo di Moncler, ispirato al mondo della montagna, si fonde con lo stile della città californiana. Il piano terra è dedicato alle collezioni Moncler, mentre il secondo piano riserva un'esperienza di shopping personalizzata con aree pensate appositamente per appuntamenti privati. Una terrazza all’aperto è dedicata, infine, agli eventi speciali.

Zimmermann apre in Toscana

Zimmermann prosegue la sua espansione retail in Europa con l'apertura di una boutique a Forte dei Marmi. Il negozio di 48 metri quadrati situato

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in Piazzetta Tonini 12 è stato progettato dal team dello Studio McQualter e riflette pienamente l’estetica femminile delle collezioni del marchio. L'interno è caratterizzato da pavimenti in marmo proveniente dalle montagne locali delle Alpi Apuane e dal soffitto a doppia altezza accentuato da un drappeggio stampato Zimmermann che contribuisce al gioco di suddivisione dello spazio.

Hublot approda a Forte dei Marmi

Hublot inaugura una nuova boutique a Forte dei Marmi, in partnership con il gruppo Bartorelli Gioiellerie. L’opening nella località balneare toscana, in via Giovanni Montauti, rappresenta per quest'ultimo il primo passo di una nuova strategia di sviluppo. "Non solo punti vendita multibrand con l’insegna Bartorelli Gioiellerie, ma oggi, in un mercato che evolve sempre più rapidamente, la famiglia ha compreso l’importanza di essere presenti nella distribuzione italiana in partnership con i brand più prestigiosi del lusso", dichiara il gruppo a cui è affidata la gestione della boutique.

Aspesi sbarca a Saint Tropez

Dopo la ricollocazione nel mese di marzo della boutique di Madrid in Calle Lagasca 88 e l’apertura del primo store nel centro di Verona, in corso Porta Borsari 37, Aspesi inaugura un nuovo negozio a Saint Tropez in Rue de la Ponche 9. Lo store di 40 metri quadrati racchiude i colori tipici della Costa Azzurra e della Provenza, trascinando i dettagli e i materiali del gusto tropézienne all’interno della boutique.

Ludovica Mascheroni nel Quadrilatero Ludovica Mascheroni, azienda italiana specializzata in arredamento e abbigliamento, apre la sua prima boutique/showroom nel Quadrilatero della moda e del lusso di Milano, al civico 13 di via Gesù. La boutique si sviluppa su tre livelli per un totale di 250 metri quadrati ed è stata pensata e progettata come un appartamento. Una vera e propria casa, dove tutto può essere realizzato su misura, dagli abiti all’arredo, per offrire il massimo della personalizzazione.

Pinko conquista Nizza e Londra

Dopo i negozi di Parigi, Saint-Tropez e Cannes, Pinko apre una nuova boutique all'interno del Cap 3000, a Saint-Laurent-du-Var, il più grande centro commerciale balneare della Costa Azzurra. Lo spazio di 94 metri quadrati su un unico livello è dedicato all'abbigliamento, alle borse e agli accessori delle collezioni P/E e A/I. Inoltre, il marchio italiano inaugura il suo quarto store nella capitale britannica, al 45 di Brompton Road. Situata tra i grandi magazzini Harrods e Harvey Nichols, la boutique si estende su due piani, coprendo una superficie di circa 100 metri quadrati, e ospita anche una Vip suite per un'esperienza di shopping personalizzata.

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Courtesy of Adelson Galleries, New York / Palm Beach

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Mistero e Rinascimento nei ritratti di ANDREW STEVOVICH

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mbientati nel mondo contemporaneo, i dipinti di Andrew Stevovich ritraggono uomini e donne comuni in situazioni e luoghi quotidiani come ristoranti, bar, cinema oppure in spiaggia o sui mezzi pubblici, trasmettendo sempre un senso di mistero. Il loro design nitido, i colori brillanti e le meticolose finiture in superficie ricordano le opere rinascimentali da cui era attratto fin da bambino quando visitava le sale della National Gallery of Art di Washington, luogo in cui è cresciuto. Le principali influenze sullo sviluppo del suo lavoro includono Giotto, Duccio, Sassetta, Fra Angelico e altri artisti italiani, così come anche Paul Gauguin ed espressionisti tedeschi come Erich Heckel. Come pittore figurativo, lavora a olio e pastello. Nato in Austria nel 1948, Stevovich si è trasferito negli Stati Uniti con la sua famiglia nel 1950. È cresciuto a Washington, DC, si è laureato alla Rhode Island School of Design e ha conseguito il Master in Fine Arts presso il Massachusetts College of Arts. Dal 1981 è rappresentato da Warren Adelson a New York City, prima alla Coe Kerr Gallery e dopo il 1991 alle Adelson Galleries. Stevovich oggi vive e lavora in Massachusetts ed è presente in molte importanti collezioni pubbliche e private. Il suo lavoro è stato oggetto di numerose mostre personali sia negli Stati Uniti che all’estero.

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