ARCHITETTURA DI PAROLE | Concorso nazionale di scrittura 2019 | Quaderno 1

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Passeggiare sul molo di Sestri, le notti d’inverno, è come camminare sull’orlo di un abisso nero. Galleggiano in bilico, su di esso, le luci del promontorio, vegliando tacite sul sonno degli uomini, correndo fitte lungo la costa e dissipandosi nell’ascendere al cielo, a segnare quell’invalicabile confine oltre al quale la terra inevitabilmente sprofonderebbe. È l’inverno l’artefice del miraggio: desatura le superfici del giorno e priva di riflessi la notte, fondendo il cielo e il mare in un’unica nera voragine spaziale. Passeggiare sul molo di Sestri, le notti d’inverno, è come bere vertigine e anelare alla terra, con la stessa brama con cui la città si artiglia alla roccia, in virtù di quell’eterno vacillare, affacciata sul continuo mutare dei propri confini. Tutto ciò che è costruito, avvicinandosi al mare, si degrada più velocemente, vivendo un invecchiamento accelerato: gli spigoli si smussano addomesticandosi alle intemperie, gli intonaci si arrendono all’umidità, il colore sfuma, la calce si sgretola, la pietra… La pietra conosce come resistere più a lungo. Non poteva essere diversamente, poiché è antica almeno quanto il mare. Per questo è l’unica che osa sporgersi nel buio, dal promontorio, sul baratro. 55


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