Icoloridelghibli

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4. Guai, guai, guai

Torniamo dunque a quel 1932 in cui tutto successe: dopo la vendita della proprietà mio padre con mia madre e noi figli dovette trasferirsi. Traslocammo in una villa di nuova costruzione che prendemmo in affitto a Ceretolo. Mio padre si diede a commerciare ortaggi e con carretto e cavallo cominciò una nuova attività di ortolano che però non tardò a rivelarsi insufficiente a mantenere tutti noi. Vendette allora il vendibile e decise di acquistare una vacca. In capo a due anni non ci fu più né vacca né villa che perdemmo per l’indisponibilità di denaro sufficiente a mantenerne l’affitto. Ci trasferimmo allora questa volta in un’abitazione di molto minori pretese in una casa detta “Bosco” per il fatto di trovarsi isolata nella selva. Qui il pane ci venne a mancare e la scarsità divenne fame, vera fame... Mia madre fu costretta a fare la stagione da mondina nelle risaie del Piemonte, la nostra sorella maggiore fu mandata a Milano a servizio dai signori e se mangiavamo era anche grazie a parte dei soldi del suo stipendio. Mio padre infine si prestava a fare il bracciante quando ne trovava occasione. Abituato com’era a comandare il garzone, si capisce quanto amaro dovette sembrargli il pane guadagnato in quel modo. Allora eravamo ancora “solo” sei fratelli. Una sorella a soli 15 anni di età si trovò di punto in bianco a dover andare a servizio

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