Opera News n°11

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agosto 2013 - 4,00 euro Copia Omaggio

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il riciclo dei materiali edili PAG. 2

quando sembra proprio legno PAG. 28

sommario

PERIODICO SEMESTRALE DI MATERIALI, COMPETENZE E POSATORI

CHE SQUADRA! PAG. 36

Direttore Editoriale Roberto Raineri Direttore Responsabile Simone Giglioli Direttore Scientifico Luca Troiano

Ufficio Pubblicità Qlabdesign 0544.240146 Per scrivere alla redazione info@opera-adesivi.it

Fotografie Archivio Opera Alan Venzi Dremstime.com

IN PRIMO PIANO Il ruolo dell’edilizia nella tutela dell’ambiente

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MERCATO I pagamenti alle imprese: diritto o agonia?

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PRODOTTO IN VETRINA Scudo Revolution

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CICLI APPLICATIVI Posa di piastrelle di grande formato

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SALUTE Agenti chimici pericolosi: i nuovi simboli

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TEST DI LABORATORIO Normativa EN 1324-2007

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NEWS Notizie da Opera, dall’Italia e dal mondo

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TENDENZE Le caratteristiche delle piastrelle effetto legno

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IL RIVENDITORE Edilmostra, vincere grazie alla nicchia

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CHE SQUADRA! Edilceramica e Edilpavimenti: da azienda nasce... azienda

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FORUM LEGALE Cantiere: chi è responsabile in termini di sicurezza?

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MARMI E PIETRE L’uomo e la pietra nell’antichità

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L’ESPERTO RISPONDE Domande frequenti dei posatori e glossario dei termini professionali

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Collaboratori Stefania Arvizzigno Maria Pia Balducci Fabrizio Ferla Federico Mancini Vito Persichella Giuseppe Rizzo Michele Sommaruga Giovanni Tuzio

Coordinamento Editoriale Federico Mancini Editore Edizioni Moderna / Ra Stampa Tipografia Moderna / Ra

Opera srl Via degli Scavi 19/21 47122 Forlì (FC) Tel.0543.720093 Fax 0543.796016 www.opera-adesivi.it


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PRIMO PIANO

TESTI Simone Giglioli

Il riciclo dei materiali edili Come l’edilizia può fare la sua parte nella tutela dell’ambiente È vero, l’edilizia rappresenta il motore più importante delle economie moderne. Il settore, insieme a tutti i comparti ad esso legati è un elemento fondamentale per la crescita e la ricchezza di un Paese. Tuttavia, dobbiamo anche ammettere che proprio il mondo delle costruzioni è uno di quelli che, insieme all’energia, influisce maggiormente sull’ambiente. Per questo da diverso tempo molti osservatori dedicano una particolare attenzione al riciclo dei materiali edili derivanti dalle lavorazioni in cantiere e dalle demolizioni degli edifici. Quando parliamo di riciclo dobbiamo cominciare col distinguerlo, ai fini di una maggiore chiarezza, in tre categorie: primario, secondario e terziario. La prima di queste, indicato anche come “riuso”, comprende il riutilizzo degli scarti di lavorazione direttamente in cantiere. Questa attività fa sì che i rifiuti prodotti vengano ridotti, risultando così


PRIMO PIANO la meno impattante sull’ambiente e, al tempo stesso, la meno dispendiosa. La seconda categoria, invece, contempla un intervento di tipo meccanico sul rifiuto, in seguito al quale la qualità del prodotto subisce un calo sensibile, che porterà probabilmente a un futuro utilizzo diverso da quello originale. È poi la volta del riciclo terziario, con il quale si definisce un trattamento chimico in grado di produrre un materiale praticamente uguale a quello di partenza. Volendo tracciare un processo standard di questa attività, possiamo suddividere il processo di riciclo dei materiali edili in quattro grandi fasi: a) la formazione del rifiuto di cantiere; b) la raccolta del/ dei prodotto/i dismesso/i; c) la fase di trattamento dei rifiuti; d) la ricollocazione sul mercato dei prodotti derivati dagli impianti di riciclaggio. Naturalmente, non sempre esistono le condizioni necessarie per intraprendere l’attività di riciclo. Questa, per quanto importante, deve comunque risultare conveniente. Per questo é fondamentale che, insieme alla sostenibilità economica dell’operazione, vi sia una buona fonte

di approvvigionamento del materiale, un mercato nel quale ricollocarlo e il bilancio energetico del processo risulti positivo. In presenza di condizioni favorevoli, il riciclaggio dei materiali provenienti da attività di costruzione e demolizione si configura come ovvia soluzione al problema dello smaltimento e presenta vantaggi economici per più di un soggetto. Nel caso del produttore, infatti, riciclare consente di limitare i costi di smaltimento. Allo stesso tempo il titolare dell’impianto dedicato al riciclo ottiene un vantaggio commerciale e il suo cliente ha la possibilità di acquistare un prodotto a un prezzo più conveniente di quello dei materiali tradizionali dal quale è stato ottenuto, ma dalle prestazioni assolutamente paragonabili. In tutto questo ci guadagna anche l’ambiente, grazie ad un minor impiego delle risorse non rinnovabili. Momento fondamentale della fase di riciclaggio dei materiali in edilizia è quello della demolizione (totale o parziale) di un manufatto. Ecco perché la valorizzazione di quei rifiuti derivanti da questa attività

è strettamente legata al mondo in cui è organizzata (oltre che, naturalmente, dalla qualità degli stessi prodotti). La demolizione di un manufatto deve infatti

Il pavimento eco-sostenibile Il “riciclo in edilizia non è limitato solo alle macerie ed ai detriti da cantiere, ma può partire anche dalle materie finite. Vi siete mai chiesto se tutti gli sforzi che facciamo per fare la raccolta rifiuti differenziati serva realmente a qualcosa? Ebbene si... serve realmente a qualcosa... almeno per quanto riguarda il vetro! Sul mercato infatti è ormai facilissimo trovare (a prezzi equivalenti a quelli dei prodotti tradizionali) piastrelle realizzate con vetro riciclato. Sono moltissime infatti le imprese italiane, che costituiscono l’eccellenza della produzione mondiale, ad aver avviato il processo produttivo di questi rivestimenti che entrano di diritto come prodotti principe della bioedilizia. Il rottame di vetro diviene quindi un vero e proprio prodotto da commercializzare o riutilizzare all’interno dell’impianto di produzione, con il vantaggio di consentire anche un risparmio di materia prima e di energia: infatti 1 tonnellata di sfridi di vetro sostituisce circa 1,2 tonnellate di materie prime e l’introduzione di rottame nel forno in quantità pari a 10% consente un risparmio di energia del 2-3%. Tale riduzione è da imputarsi al fatto che le reazioni chimiche endotermiche, connesse alla fusione, sono già avvenute, comportando minori temperature del forno e dunque diminuzioni delle quantità di emissioni in atmosfera. La raccolta del vetro in Italia è stata avviata in via sperimentale nel 1976, anticipando tutti gli altri materiali che attualmente sono interessati da raccolta differenziata. Dal 1997 l’avvio a riciclo dei rifiuti in vetro è organizzato da Co.Re.Ve - Consorzio per il recupero del vetro, costituito dai principali gruppi vetrari nazionali al fine di risolvere lo smaltimento dei rifiuti vetrosi, convertendoli in risorsa. Grazie all’impegno del Consorzio ma soprattutto alla sensibilizzazione dei cittadini, l’Italia si colloca al terzo posto in Europa, dopo Germania e Francia, per quantità assolute di vetro riciclato e ai primi posti nella classifica relativa al tasso di riciclo. Tali dati fanno ulteriormente riflettere se si pensa ai vantaggi in termini energetici che si ottengono impiegando vetro di riciclo: si è stimato che l’impiego di una bottiglia per venti cicli commerciali comporti un risparmio del 20% di energia rispetto alla plastica, una riduzione delle emissioni in atmosfera del 92%, un risparmio idrico di oltre il 96%. Naturalmente anche i benefici relativi alla riduzione del volume dei rifiuti e dei costi di smaltimento fanno del riciclaggio del vetro la migliore strada da intraprendere per favorire la salvaguardia del territorio. Quando si parla del riciclo del vetro però tutti pensiamo alle bottiglie e ai barattoli... Vi siete mai chiesti che fine fanno i televisori a tubo catodico (elemento in vetro) che la quasi totalità degli italiani sostituisce con quelli a schermo LCD? Ebbene, anche i nostri vecchi televisori vengono riciclati e riutilizzati proprio per la realizzazione di piastrelle.... e questo è un progetto tutto italiano! Precursore di questa rivoluzione è stata Ceramiche Refin, sede a Casalgrande in provincia di Reggio Emilia, che tre anni fa ha lanciato il progetto Glass Plus per la realizzazione di piastrelle con impasto ceramico contenente materiali post-consumo riciclati. Il risultato è un prodotto adatto alla realizzazione di edifici ecosostenibili secondo uno dei più rigidi protocolli internazionali. Secondo l’azienda emiliana, partendo dalla stima di raccolta di 75mila tonnellate di televisori e monitor per il 2012, con le piastrelle nate dal progetto Glass Plus si potrebbero rivestire 83mila appartamenti, con un grande risparmio di energia, una riduzione dell’81 per cento delle emissioni di CO2 e, anche, un minor consumo di risorse non rinnovabili. Le ricadute sulla vita quotidiana potrebbero essere rilevanti, con benefici in termini di riduzione dei rifiuti. Una piastrella in gres porcellanato da 60×60 centimetri e peso medio di 7/8 chilogrammi contiene 1,5 chilogrammi di vetro proveniente dai vecchi televisori. Da qui, potenzialmente per un appartamento di 70 metri quadrati potrebbe essere riutilizzato il vetro di trenta televisori medi, pari a 300 chilogrammi di materiale riciclato. Ma in Italia le aziende che producono piastrelle da vetro riciclato sono moltissime e i modelli sono altrettanto numerosi. Nulla ci vieta quindi, quando ristrutturiamo le nostre case, di fare una scelta ecosostenibile. Arch. Stefania Arvizzigno www.globalhome.it

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RUBRICA PRIMO PIANO

tener conto della necessità che il materiale destinato ad essere riciclato sia il più possibile omogeneo. Sarebbe pertanto da prediligere una demolizione selettiva. Con questo termine viene definito un modus operandi che separa i rifiuti per frazioni omogenee, mirata a separare elementi riusabili da quelli che invece non lo sono, così da allontanare anche le sostanze inquinanti. Attualmente questa modalità risulta ancora poco praticata, in quanto comporta costi elevati dovuti al massiccio impiego di mano d’opera necessaria a tale suddivisione. Strategicamente i due tipi di demolizione (selettiva e non selettiva) mostrano notevoli differenze. Se quest’ultima, infatti, va considerata in un’unica fase, la prima si suddivide invece in più momenti e richiede una più attenta pianificazione delle attività, dalla progettazione degli spazi di cantiere alla programmazione dei tempi di lavoro, fino al coordinamento dei macchinari, degli uomini impiegati e delle operazioni. Un’adeguata pianificazione della demolizione sarebbe pertanto necessaria, se l’obiettivo è quello di ottenere rifiuti di qualità. In particolar modo, si dovrebbe pensare a isolare quei componenti riusabili per poi eventualmente nobilitarli tramite pulizia, manutenzione e, eventualmente, un adeguato trattamento. A volte, da una demolizione di tipo selettivo provengono dei materiali che non necessitano invece nessun trattamento e possono essere subito riutilizzabili.

È il caso dei mattoni fatti a mano o dei coppi, che possono essere ad esempio reimpiegati per la costruzione di rustici. Le maggiori difficoltà legate alla demolizione selettiva si evidenziano nella raccolta di prodotti complessi, composti da più materiali. In questo caso, invece, il solo costruttore non è sufficiente a gestire l’intera attività e deve coinvolgere altri soggetti: è il caso dei produttori di questi beni, che conoscono i componenti e il loro assemblaggio, degli operatori dedicati al disassemblaggio e dei produttori di materiali riciclati. A incidere sulla tecnica di demolizione sono una serie di fattori, quali, solo per citarne alcuni, la localizzazione del cantiere, la destinazione del manufatto (sociale, residenziale ecc.), la tipologia costruttiva, l’organizzazione del cantiere e le dimensioni dell’intervento. Oggi sono numerosi i manufatti che sono stati realizzati grazie all’impiego dei materiali provenienti da precedenti cicli costruttivi. Non è più raro, infatti, imbattersi in un edificio di questo tipo, ma probabilmente resta ancora molto da fare affinché il riciclo dei materiali sia una strada sempre più seguita dai costruttori. Perché ciò avvenga, osservano alcuni, occorre porre in essere quelle condizioni che incentivino i costruttori a sviluppare una sensibilità sempre maggiore nei confronti del tema. Al di là della leva fiscale, gli operatori del settore potrebbero essere incentivati a unire le forze per quanto riguarda il recupero dei materiali.

Visto che, in mancanza di alcune condizioni il riciclaggio risulta non sostenibile e livello economico, soprattutto quando si parla di piccoli interventi edilizi, si potrebbero incentivare quelle forme di collaborazione a livello territoriale fra più costruttori. In questo modo, ad esempio, si potrebbe far sì che, al costo maggiore di una demolizione selettiva, corrisponda un risparmio notevole nel trasporto dei materiali fino a quelle strutture specializzate nel disassemblaggio e recupero dei vari componenti presenti all’interno di un materiale.


PRIMO RUBRICA PIANO

Per un materiale, tante destinazioni I non addetti ai lavori saranno sorpresi, ma sono spesso numerosi, o almeno diversi gli impieghi che possono essere fatti di una sola materia recuperata in campo edile o in altri comparti produttivi. Abbiamo scelto di illustrare qui sotto i potenziali impieghi legati ad alcune categorie di materiali. È un elenco che non ha la pretesa di essere esaustivo, ma che, pensiamo, possa almeno dare un’idea delle notevoli potenzialità esistenti.

Calcestruzzo

Il materiale che indubbiamente più abbonda nei rifiuti provenienti da demolizione. In Italia la prassi più consolidata è quella del reimpiego del materiale riciclato per materiali a prestazioni minori come asfalto, sottofondi e massetti. Visto lo scarso valore economico, il suo riciclo richiede un’attenta valutazione di carattere economico, che consideri aspetti quali la vicinanza del centro di trattamento al cantiere in cui viene prodotto (se non, addirittura, nel cantiere stesso).

Alluminio

Una volta riciclato l’alluminio presenta caratteristiche del tutto simili al materiale primario. Quando questo subisce un adeguato processo di depurazione, mirato a liberarlo dai corpi estranei, questo materiale può essere impiegato per la realizzazione di attrezzi, serramenti e una vasta serie di componentistica.

Plastica

Oggi la tecnologia consente di reimpiegare la plastica in svariati modi: isolanti, tubazioni, pavimentazioni e laterizi. Benché la sua miscela sia costituita dalla materia recuperata tramite la raccolta differenziata, anche la plastica eterogenea è stata negli ultimi anni impiegata per realizzare arredi per esterni o pavimentazioni.

Vetro

Da tempo il materiale recuperato, sia pre-consumo, cioè derivante dalla produzione originale, che post-consumo trova un impiego per la produzione di pavimenti, piastrelle, smalti e isolanti.

Acciaio

Nel nostro paese la materia in questione viene recuperata dai processi produttivi originali, dalla fase seguente al consumo (ad esempio la rottamazione delle macchine) e, non ultimo, dalle demolizioni di strutture industriali, civili e ferroviarie. Ugualmente all’alluminio, anche l’acciaio è potenzialmente impiegabile in innumerevoli modi nel campo dell’edilizia: si va dalle strutture portanti ai pali, fino ai tondini e alle lamiere.

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Un lavoro fatto ad arte è destinato a durare nel tempo.


Qlab design ravenna

Adesivi, sigillanti e malte tecniche per l’edilizia Via degli Scavi 19/21 - 47122 ForlÏ (FC) - Tel. 0543 720093 - Fax 0543 796016 - info@opera-adesivi.it - www.opera-adesivi.it


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MERCATO

TESTI simone giglioli

I pagamenti alle imprese: diritto o agonia? Italia fanalino di coda nelle tempistiche di saldo del debito da parte della Pubblica Amministrazione È un primato che di certo non ci fa onore. Dati alla mano, infatti, l’Italia è il Paese le cui amministrazioni pagano con maggiore ritardo i fornitori privati. I dati presentati recentemente da Intrum Justitia mostrano come la PA italiana saldi le fatture in 170 giorni, mentre in Europa la media è di soli 61 giorni. Abbiamo detto media, poiché il gap con alcuni paesi virtuosi è a dir poco imbarazzante. Se prendiamo le tre maggiori economie del continente - vale a dire Francia, Inghilterra e Germania - rileviamo che la tempistica è rispettivamente di 60, 41 e 36 giorni. È un quadro che lascia sconsolati. Eppure qualcosa si sta muovendo, anche se per alcuni osservatori troppo lentamente, vista la moria di piccole medie imprese che si registra in Italia da diverso tempo, in

parte causata proprio dal mancati introiti legati alle commesse pubbliche. Rispetto allo scorso anno l’attesa è diminuita di 10 giorni, una leggera inversione di tendenza legata sia alla nuova legge nazionale entrata in vigore dal primo gennaio di quest’anno, con la quale si è recepita la Direttiva europea contro i ritardi dei pagamenti, sia al fatto che nel Paese si è diffusa una certa sensibilità nei confronti di questo problema. Inoltre questo piccolo miglioramento si deve, almeno in parte, anche a una maggiore sensibilità nei confronti di questo problema. Non illudiamoci: una rondine non fa primavera, visto che anche la Grecia, penultima in graduatoria, ha accorciato le tempistiche, tagliando i suoi ritardi di 15 giorni. Il vero cambiamento è atteso nei prossimi mesi, quando si

dovrebbero iniziare a vedere gli effetti positivi del decreto approvato dal Governo Monti a inizio aprile. Con questo provvedimento si consentirà lo sblocco di 40 miliardi di Euro in dodici mesi, a partire dalla metà di quest’anno. I pagamenti dei debiti commerciali delle amministrazioni verso imprese, cooperative e professionisti saranno di 20 miliardi quest’anno e 20 il prossimo. Sempre nel 2014 si dovrebbe programmare, all’interno della Legge di stabilità il completamento, del processo di liquidazione, tramite la previsione di appositi stanziamenti, sotto forma di titoli del debito pubblico, dei crediti in precedenza ceduti dalle imprese al sistema bancario. Le PA, pertanto, in virtù di questo decreto hanno già potuto avviare i pagamenti dal lunedì seguente la pubblicazione del decreto legge sulla


mercato PAESI ITALIA GRECIA SPAGNA PORTOGALLO CIPRO BELGIO FRANCIA REPUBBLICA SLOVACCA UNGHERIA BULGARIA LITUANIA SLOVENIA REPUBBLICA CECA IRLANDA ROMANIA OLANDA AUSTRIA SVIZZERA REGNO UNITO POLONIA LETTONIA GERMANIA DANIMARCA NORVEGIA SVEZIA ISLANDA ESTONIA FINLANDIA MEDIA EUROPEA

Pubblica Amministrazione 2012 2013 Var. 2013-2012 180 170 -10 174 159 -15 160 155 -5 139 133 -6 83 85 +2 73 69 -4 65 60 -5 62 57 -5 57 55 -2 52 52 +0 56 51 -5 45 49 +4 42 45 +3 48 45 -3 45 45 +0 44 43 -1 44 42 -2 42 42 +0 43 41 -2 39 38 -1 38 37 -1 36 36 +0 37 35 -2 34 34 +0 35 34 -1 34 33 -1 25 25 +0 24 24 +0 65

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Elaborazione Ufficio Studi CGIA di Mestre su dati Intrum Justitia Gazzetta ufficiale. Il decreto prevede la creazione di un Fondo destinato al pagamento dei debiti di Regioni, Province e Comuni. A metà maggio, intanto, un nuovo decreto, firmato dal ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, ha allentato sensibilmente i cordoni del Patto di stabilità, per un totale di 4,5 miliardi nei confronti di Comuni e Province. Per l’esattezza, la ripartizione dei fondi in esubero rispetto ai vincoli del Patto di Stabilità, consentirà ai Comuni di spendere 3,5 miliardi extra rispetto agli investimenti prefissati, e un miliardo, invece, finirà nelle casse delle Province. In considerazione del fatto che i termini per fissare il pagamento delle fatture scadute verso i privati sono di 30 giorni, se i primi stanziamenti saranno erogati quest’oggi, entro un mese i destinatari dovranno aver ricevuto il saldo messo a bilancio. Si tratta, nello specifico, principalmente di lavori pubblici, il comparto che più di tutti gli altri tra le relazioni produttive di pubblica amministrazione e aziende ha sofferto del rosso della PA. Naturalmente, trattandosi di 4,5 miliardi – appena un decimo del computo totale delle risorse sbloccate con il decreto 35/2013 –

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mercato

dovranno seguire ulteriori provvedimenti analoghi, destinati non più solo agli enti locali, ma a tutti gli istituti pubblici che si sono iscritti alla distribuzione delle risorse, avendo debiti insoluti nei confronti delle imprese che hanno prestato la loro opera. Nel complesso, sono stati calcolati circa 17mila enti che hanno presentato la documentazione necessaria per partecipare alla diffusione dei finanziamenti, anche se, in totale, i debiti della PA verso le aziende ammontano a circa 90 miliardi, come certificato da Bankitalia. Ma un’incertezza di fondo rimane. E non dipende solo dalla tempestività con la quale il Governo dovrà fare approvare quei

provvedimenti necessari a sbloccare le risorse necessarie ai soggetti debitori. È anche una questione di numeri. Secondo la CGIA di Mestre, associazione che riunisce artigiani e pmi, il calcolo fatto dalla Banca d’Italia non tiene conto delle aziende con meno di 20 addetti, delle imprese che operano nel settore della sanità e nei servizi sociali ed è aggiornata solo al 31 dicembre 2011, dunque il debito della Pubblica Amministrazione verso le imprese fornitrici potrebbe oscillare tra i 120/130 miliardi di euro. “Ricordo che le aziende con meno di 20 addetti – ha confermato il segretario Giuseppe Bortolussi - costituiscono il 98% del totale delle imprese presenti nel nostro

Paese. Pertanto, i 91 miliardi di debiti in capo della Pubblica amministrazione stimati dalla Banca d’Italia sono decisamente sottodimensionati, visto che non tengono in considerazione gli importi che le piccole e micro imprese devono incassare dallo Stato centrale, dalle Regioni e dagli Enti locali. Nonostante siano centinaia di migliaia i commercianti, gli artigiani e i piccoli imprenditori che forniscono materiali o servizi o che eseguono manutenzioni o ristrutturazioni in moltissimi Comuni, nelle scuole o negli ospedali, a queste imprese non viene riconosciuta nemmeno la dignità statistica”.

Pagare le imprese è un fatto di dignità La buona notizia è che alcune amministrazioni sul territorio hanno cominciato a effettuare i primi pagamenti resi possibili grazie al decreto che ha sbloccato i debiti della pubblica amministrazione. La cattiva notizia è che, se andrà tutto come programmato, questa sarà la classica goccia nell’oceano. Se prendiamo come esempio virtuoso il Comune di Cesena, che si è mosso tempestivamente in questo senso, di fatto potrà coprire solo il 10%, circa 2 milioni e 800 mila euro, dei 21 milioni di debiti che ha nei confronti delle imprese. Il tema dei debiti della pubblica amministrazione è complesso e dibattuto a livello nazionale, e per le nostre imprese è diventato ormai una questione vitale. La carenza di liquidità che ne deriva ingenera un meccanismo distorto nel mercato: chi non viene pagato fatica a sua volta a pagare i propri fornitori, non viene più affidato dalle banche ed entra così in una spirale negativa che lo trascina sempre più in basso. Dal nostro osservatorio vediamo così molte imprese solide e competitive che rischiano di vedere messa a repentaglio la loro stessa esistenza per colpa dei ritardi della pubblica amministrazione. Tra l’altro si sta ingenerando un meccanismo a catena che rischia di far saltare tutto un sistema: le imprese non rispettano gli accordi commerciali, crescono conflittualità e contenziosi. Sono lontani purtroppo i tempi in cui bastava una stretta di mano per accordarsi su forniture di svariate decine di migliaia di euro! La crisi fa aumentare esponenzialmente le contestazioni e i problemi a incassare non solo dal pubblico, ma anche dal privato. Per questo CNA Forlì-Cesena ha promosso una campagna di sensibilizzazione per far conoscere le nuove opportunità legate

ai contratti nelle relazioni commerciali tra imprese. Perché tutelare i propri interessi attraverso la redazione di un contratto non è mancanza di fiducia, ma una modalità trasparente, moderna ed efficace per regolare i rapporti di lavoro. Riducendo i problemi di incasso e di contestazioni sul lavoro svolto. Tornando ai pagamenti della pubblica amministrazione, è certo che un sacrosanto principio va rispettato: chi ha lavorato deve essere pagato. Non possiamo fare la fine di 10 mesi fa, quando le cose non hanno funzionato per chiara responsabilità della pubblica amministrazione. Questo il messaggio che Rete Imprese Italia, a cui CNA aderisce insieme con le altre associazioni che rappresentano le piccole imprese, ha portato in Parlamento sul tema dei debiti della pubblica amministrazione. Non possiamo illudere quattro milioni e mezzo di imprese. È fondamentale che il diritto dei creditori debba essere garantito. Le risorse stanziate dal decreto sono insufficienti rispetto all’esigenza di pagare l’ammontare dei debiti accumulati verso il sistema delle imprese. È decisivo che i fondi stanziati entrino quanto prima nel ciclo produttivo e che le risorse trasferite dalle Regioni agli enti locali siano utilizzate esclusivamente per pagare i debiti commerciali. Chiediamo poi di prevedere una “clausola di salvaguardia” per consentire alle imprese di attivarsi in caso di inadempienza delle pubbliche amministrazioni. E un’altra proposta importantissima: introdurre la compensazione secca, che rappresenta l’unica soluzione realmente efficace per sopperire alle mancanze delle amministrazioni. Va introdotta la

possibilità di prevedere un meccanismo di compensazione fra debiti della pubblica amministrazione verso le imprese e debiti fiscali e contributivi delle imprese verso la pubblica amministrazione. Questa sì che sarebbe una boccata di ossigeno per le imprese. E ne vogliamo fare anche una questione di giustizia. Pagare le imprese che hanno lavorato è un fatto di dignità. Uno Stato che non paga e mette una montagna di tasse, e per di più se non paghi le imposte nei termini stabiliti ti carica di interessi mostruosi, che Stato è? Franco Napolitano Direttore generale CNA Forlì-Cesena


RUBRICA

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CNA Forlì-Cesena www.cnafc.it


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PRODOTTO IN VETRINA

scudo revolution Guaina cementizia polimerica impermeabilizzante monocomponente Nato 2 anni fa nei laboratori Opera, a seguito di un naturale sviluppo delle offerte e delle richieste del mercato, Scudo Revolution è il risultato evolutivo dell’esperienza ultradecennale e di ricerca nell’ambito delle guaine cementizie elastiche, affiancandosi (ma non sostituendo) lo storico Scudo! Le nuove resine in polvere hanno permesso di elaborare la formula per questo tipo di impermeabilizzante, evoluzione del classico bi-componente. Scudo Revolution è la protezione definitiva contro le infiltrazioni d’acqua, efficace anche in caso di spinta idraulica negativa. Idoneo per la protezione del calcestruzzo contro il degrado ed il decadimento meccanico provocato dalla carbonatazione e dagli agenti aggressivi. Unisce semplicità di applicazione e lavorabilità, a prestazioni meccaniche di esercizio d’eccellenza. Aderisce sui supporti più difficili e conserva la propria elasticità anche con temperature ampiamente al disotto di zero gradi. Inoltre utilizza la tecnologia di abbattimento delle polveri in fase di miscelazione.

La possibilità di scegliere una membrana impermeabilizzante monocomoponente rende più facile il trasporto del prodotto e lo stoccaggio in magazzino, riducendo tempo ed i costi. La posa di piastrelle direttamente su Scudo Revolution è possibile utilizzando uno dei collanti ad adesioni migliorate della serie RT (RT Universal, RT Hi-Tech, RT Rapid).

PREPARAZIONE I supporti devono essere piani, solidi, consistenti e privi di parti asportabili, puliti da polvere, grassi, oli disarmanti, vernici, cere, ruggine, efflorescenze. Riparare con Fibrocem eventuali buchi o irregolarità e con Eposan fessure e crepe di ritiro. Su supporti in calcestruzzo eliminare sbavature di getto e concedere almeno 30 giorni di stagionatura. Prima dell’applicazione saturare con acqua il supporto ed eliminare quella in eccesso con aria compressa, aspiraliquidi o panni


PRODOTTO IN VETRINA assorbenti in modo da ottenere un supporto leggermente umido ma con la superficie asciutta. Le vecchie pavimentazioni devono essere decerate, sgrassate e lavate. Per questo utilizzare Detergente Basico. Proteggere preventivamente dai raggi diretti del sole le superfici su cui applicare il prodotto. Per superfici esterne effettuare sempre i giunti di dilatazione in corrispondenza a quelli del massetto.

LAVORAZIONE Per ottenere una omogenea miscelazione versare in un recipiente 4.8 litri di acqua pulita, e poi aggiungere la polvere di Scudo Revolution, mescolando con agitatore meccanico a basso numero di giri per evitare un eccessivo inglobamento d’aria sino ad ottenere un impasto privo di

grumi. Nella stagione calda non esporre ai raggi diretti del sole le confezioni di Scudo Revolution prima dell’utilizzo. Non aggiungere inerti o leganti idraulici al prodotto. Non utilizzare il prodotto che sta indurendo ripristinandone la lavorabilità con acqua. Per la posa delle piastrelle attendere circa 4 giorni dalla stesura di Scudo Revolution e posare a fuga larga (almeno 3 mm) utilizzando un adesivo tipo RT Universal o Aquaria. Per piscine utilizzare S9 Ultrawhite + Isoflex (rapporto 1:1 con acqua) o Aquaria. Nell’impermeabilizzazione di terrazze, balconi o piscine si consiglia sempre l’inserimento, nel primo strato di Scudo Revolution, di Rete in Fibre di vetro. Fare attenzione durante la fase di impermeabilizzazione, ai giunti di dilatazione e al raccordo tra superficie orizzontale e quella verticale dove va utilizzato Scudoband o Scudoband Adesivo.

conservazione SCUDO REVOLUTION si conserva per 12 mesi nelle confezioni originali ed in luogo asciutto. DATI TECNICI E APPLICATIVi

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CAMPI DI IMPIEGO Per la protezione del calcestruzzo (pilastri, travi, ecc...) dal degrado e dal decadimento meccanico provocato dalla carbonatazione e dagli agenti aggressivi Per l’impermeabilizzazione elastica e per l’isolamento di strutture portanti di vasche e piscine prima della posa di rivestimenti ceramici Per l’impermeabilizzazione di docce, terrazze, tetti, prima della posa di rivestimenti o coperture Per l’impermeabilizzazione di vecchi balconi per la successiva posa di nuovi pavimenti senza demolire gli esistenti Per la rasatura flessibile su strutture, in calcestruzzo prefabbricato, soggette a vibrazioni e deformazioni Come guaina impermeabile e protettiva di muri contro terra Come rasante elastico per intonaci micro-fessurati.

avvertenze QUALITà e AMBIENTE

Applicare sempre in più strati, RT Rapid è sottoposto addel accurato e attendendo l’asciugatura precedente costante controllo presso i nostri laboper sovrapporre il successivo ratoriapplicare come previsto dallesuperiori normative Non in spessori ai 2in vigore UNI EN ISO 9001/2000. mm per mano Non applicare con temperature inferiori a +5°C Proteggere dalla pioggia per almeno 72 h Nel caso di posa su sottofondi molto porosi (tipo massetti alleggeriti o argilla espansa) prevedere dei camini di sfogo ogni 25 m² per lo sfiato dell’umidità presente nel sottofondo Non applicare su sottofondi a base gesso o anidride senza utilizzo di Primer GS Non applicare su superfici metalliche, legno o bituminose.

Classificazione di pericolo secondo direttiva 99/45/CE

irritante

Peso specifico dell’impasto

1,50 g/cm³

Durata dell’impasto

circa 60 minuti

Temperatura di applicazione

da +5°C a +35°C

Acqua d’impasto

24% (4,8 lt ogni sacco)

Tempo medio d’attesa per applicazione 2a mano

circa 4 ore

Tempo di attesa posa ceramica

3-4 giorni

Spessore massimo per mano

2 mm

Spessore massimo raggiungibile

5 mm

Bassa emissione di sostanze organiche volatili

EC2

Monocomponente

Temperatura d’esercizio:

da -30°C a +70°C

Resistente a spinta idraulica negativa

caratteristiche principali

Permeabile al vapore

PRESTAZIONI FINALI - EN 14891 requisito

valore

QUALITà e AMBIENTE

Adesione iniziale

≥ 0,5 N/mm²

2,15 N/mm2

Adesione dopo immersione in acqua

≥ 0,5 N/mm²

1 N/mm2

Adesione dopo azione del calore

≥ 0,5 N/mm²

3,00 N/mm²

Adesione dopo cicli disgelo

≥ 0,5 N/mm²

1,10 N/mm²

Adesione dopo immersione in acqua satura di calce

≥ 0,5 N/mm²

1,00 N/mm²

Adesione dopo immersione in acqua clorata

≥ 0,5 N/mm²

1,00 N/mm²

Impermeabilità all’acqua a 1,5 bar per 7 gg (spinta positiva)

nessuna penetrazione

nessuna penetrazione

Impermeabilità all’acqua a 1,5 bar per 7 gg (spinta negativa)

non richiesto

nessuna penetrazione

Pallet 1200 kg

Crack - bridging ability in condizioni standard

≥ 0,75 N/mm

1,10 N/mm²

Consumo 1,2 kg/m2 per mm di spessore

Crack - bridging ability a basse temperature (-20°)

≥ 0,75 N/mm2

0,82 N/mm²

Allungamento finale

non richiesto

30%

Permeabilità al vapore EN 52615

non richiesto

410 μ

Voce doganale

38245090

2

Rilevazione dati a +23°C / 50% U.R. e assenza ventilazione. I dati possono essere sensibilmente modificati dalle condizioni di messa in opera.

SCUDO REVOLUTION è sottoposto ad accurato e costante controllo presso i nostri laboratori come previsto dalle normative in vigore UNI EN ISO 9001/2008.

ASPETTO Polvere grigia Confezioni 20 kg


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CICLI APPLICATIVI

TESTI Federico Mancini FRAMES In House Production

POSA DI PIASTRELLE DI GRANDE FORMATO Sono numerosi gli accorgimenti necessari quando si scelgono piastrelle di questo tipo I prodotti in uso sono raffigurati a margine delle fasi di lavorazione Le tendenze in architettura degli ultimi anni hanno optato verso una maggior presenza dell’utilizzo di piastrelle di grande formato. Intendiamo con ‘grande formato’ piastrelle il cui lato può essere lungo fino a 60cm. Naturalmente la scelta e la posa di queste piastrelle prevede una maggiore attenzione e l’utilizzo di particolari prodotti ed accorgimenti. Una delle difficoltà più comuni si riscontra prima della posa. L’applicatore, infatti, deve fare una attenta valutazione della planarità del fondo, in quanto non sarebbe possibile aggiustare, al momento della posa, eventuali irregolarità (come è possibile, invece, con piastrelle più piccole o mosaici). Nel caso di grandi formati, il fondo deve essere perfetto e totalmente planare. Nel caso non fosse completamente livellato si può

intervenire con un autolivellante (Planirapid Autolivellante o Planirapid Autolivellante Maxi) o con una rasatura (Rasoplan Tixo, ad esempio, che permette di rasare ed incollare dopo sole 3 ore). Piastrelle così grandi, inoltre, possono subire elevate dilatazioni, soprattutto quando posate in situazioni estreme. In questi casi, sarebbe meglio posare con giunti di dilatazione ogni 4mt e non posare all’esterno mattonelle scure in quanto assorbirebbero molto più calore e si surriscalderebbero, provocando quindi un aumento delle dimensioni che potrebbe comportare il distacco o la rottura. I giunti di dilatazione permettono di contenere questo problema - soprattutto in considerazione che questi formati, per un volere estetico, vengono molte volte posati senza fuga. L’utilizzo del

giunto, benché possa essere visto come un abbruttimento estetico nella pavimentazione è però tecnicamente un valore aggiunto, sinonimo di durata negli anni. Non per ultimo, la scelta del collante; fondamentale in questo tipo di posa è l’utilizzo di un collante antiscivolo. Il peso delle piastrelle, infatti, al momento della posa, andrebbe a schiacciare il cordone di collante, non permettendo all’applicatore di sistemare ed abbassare il livello della piastrella dove necessario. L’utilizzo di una colla tissotropica sostiene il peso della piastrella e permette all’applicatore di aggiustarla ed abbassarla solo dove vuole. In caso di posa a rivestimento la tissotropia del collante riduce o evita lo scivolamento verticale.


CICLI APPLICATIVI

Fase 1 Pulizia

Fase 2 Impasto Adesivo

Fase 2.1 Versare SPM Autobagnante nel

Fase 2.2 Mescolare con agitatore meccanico a basso numero di giri fino ad ottenere un impasto omogeneo e privo di grumi.

Fase 2.3 Lasciare riposare l’impasto per alcuni minuti e poi rimescolare brevemente.

Fase 3.1 Stesura dell’impasto

Premessa di ogni buona adesione è un’accurata pulizia del supporto per rimuovere polvere, parti incoerenti, tracce di oli, cere o quant’altro possa compromettere le adesioni.

Versare in un recipiente acqua pulita.

recipiente contenente l’acqua.

Stendere l’adesivo preparato mediante spatola dentata che dovrà avere idonea misura a secondo del formato da posare (dente a U).

Posare il pavimento prestando attenzione che aderisca bene con l’adesivo steso ed una volta posizionata la piastrella vibrarla con energia. Rispettare i giunti di frazionamento in fase di posa.

Dopo circa 4 ore si può procedere alla sigillatura della fughe.

Fase 4.1 Sigillatura fughe

Fase 5 Impasto Sigillante

Fase 5.1 Versare la polvere del sigillante Sigilcolor nel recipiente contenente l’acqua.

Fase 5.2 Mescolare con agitatore meccanico

Fase 5.3 Lasciare riposare l’impasto per alcuni minuti e poi rimescolare brevemente.

Fase 4 Posa

a basso numero di giri fino ad ottenere un impasto omogeneo e privo di grumi.

Versare in un recipiente acqua pulita

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CICLI APPLICATIVI

Fase 6 Sigillatura Fughe

Fase 6.1 Dopo circa 20 minuti verificare la

Fase 6.2 Una volta verificata la consistenza

Fase 7 Sigillatura giunti

Fase 7.1 Procedere alla sigillatura mediante Elastogum Colabile

Fase 7.2 I giunti perimetrali, sopra il

Riempire le fughe stendendo l’impasto del sigillante con una spatola in gomma, procedendo in direzione trasversale alle fughe.

Inserire correttamente Joint 100 nel giunto

consistenza dello stucco

dello stucco è possibile procedere con la pulizia.

battiscopa ed in corrispondenza di colonne e pilastri devono essere sigillati con Poliflex 555

soluzioni opera POLIFLEX 555 Adesivo sigillante poliuretanico monocomponente igroindurente. Riempitivo poliuretanico elastico per giunti di frazionamento che richiedono particolare capacità d’allungamento. Prodotto professionale verniciabile, aderisce a tutti i materiali comunemente in uso in edilizia ed in modo particolare su vetro acciaio e alluminio. Ottima resistenza agli agenti atmosferici e chimici. L’assenza di appiccicosità superficiale lo rende pulito e pulibile nel tempo. ELASTOGUM COLABILE Sigillante poliuretanico colabile bicomponente per giunti di dilatazione Riempitivo bi componente epossi-poliuretanico colabile, per giunti di frazionamento sottoposti ad intenso traffico pedonale e carrabile. Prodotto professionale, aderisce a tutti i materiali comunemente in uso in edilizia. Ottima resistenza agli agenti atmosferici e chimici ed elevata resistenza all’abrasione. L’assenza di appiccicosità superficiale lo rende pulito e pulibile nel tempo.

SIGILCOLOR Sigillante cementizio idrorepellente, effetto goccia e antimuffa, per fughe fino a 15 mm Stucco minerale tecnico ad elevate prestazioni, per fughe da 0 a 15 mm, genera una finitura superficiale fine, compatta, a prestazioni migliorate. Formulato per sviluppare una speciale reologia che facilita la scorrevolezza sotto l’azione della spatola per un agevole e completo riempimento della fuga ed una pratica pulizia delle superfici. L’esito finale sarà una fuga effetto seta, facilmente pulibile, antimuffa, antibatterica, idrorepellente ad effetto goccia. La vasta gamma di 27 colori garantisce un design affine ad ogni soluzione e materiale. SPM AUTOBAGNANTE Adesivo cementizio in polvere autobagnante a presa rapida per posa di gres porcellanato, ceramica e materiale lapideo Adesivo per piastrelle, ad elevate prestazioni per spessori fino a 20 mm; formulato con specifici additivi genera un impasto in grado di distribuirsi sul retro della piastrella garantendo la totale bagnatura. SPM Autobagnante sviluppa una presa rapida ed è idoneo per posare tutti i tipi di piastrelle, inoltre si presta per la rasatura agevole di supporti orizzontali in cemento e calcestruzzo.


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SALUTE

TESTI simone giglioli

Agenti chimici pericolosi: quali pericoli indicano i nuovi simboli I nuovi pittogrammi saranno gli unici in vigore dal giugno 2015 Entrato in vigore nell’Unione Europea il 20 gennaio 2009, il Regolamento CLP (Classification, Labelling and Packaging) ha introdotto un nuovo sistema di classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze e delle miscele. A partire dal 1 giugno 2015 questo abrogherà le precedenti Direttive Europee al termine di un periodo di transizione durante il quale sono applicabili sia il vecchio sistema che il nuovo. Opera sta già sostituendo sulle confezioni i vecchi pittogrammi con i nuovi in modo da armonizzare il packaging e renderlo comprensibile e di aiuto per tutti i clienti europei.


SALUTE Vediamo ora cosa intendono rappresentare i nuovi pittogrammi previsti dal regolamento. --

elenco pittogrammi

PITTOGRAMMA GHS 01 – AMBIENTE SOSTANZE O MISCELE ESPLOSIVE VECCHIO

NUOVO

E - Esplosivo

GHS 01 Bomba che esplode

Si tratta di quelle sostanze solide o liquide (nonché delle miscele) che in seguito a una reazione chimica possono sviluppare gas a una velocità, temperatura o pressione tali da da causare danni nell’area circostante. Pur non producendo gas, anche le sostanze pirotecniche rientrano in questa definizione.

PITTOGRAMMA GHS 02 – fiamma

Le sostanze o miscele infiammabili VECCHIO

NUOVO

F - Facilmente infiammabile F + - Altamente infiammabile

GHS 02

In base al regolamento 1272 del 2008 il simbolo in questione viene utilizzato per indicare quelle sostanze alle quali è connesso un rischio d’incendio. Fra queste sono associati: - i gas infiammabili, ovvero quegli aeriformi o quelle miscele aeriformi che con una pressione normale di 101,3 kpa e una temperatura di 20°, sono infiammabili se in miscela al 13% o meno con l’aria, o hanno un campo di infiammabilità con l’aria di livello 12. (la loro categoria di pericolo è valutata 1). gli aerosol infiammabili. - i liquidi infiammabili: con un punto di infiammabilità non superiore ai 60° (categoria di pericolo 1,2,3) - i solidi infiammabili, ovvero quei solidi, miscele e sostanze in polvere di carattere pastoso o granulare che possono infiammarsi facilmente a causa di un leggero contatto con una fonte di accensione, e che possono scatenare un incendio dovuto al semplice sfregamento (categoria di pericolo 1 e 2). - gli aerosol infiammabili. si tratta di quei recipienti in plastica, metallo o vetro, non ricaricabili, contenenti gas compresso, disciolto o liquefatto, con pasta, polvere o liquido, muniti di un dispositivo per l’espulsione del contenuto, sotto forma di schiuma, polvere o pasta allo stato liquido o gassoso (categoria di pericolo 1 e 2). - le sostanze o le miscele autoreattive. in questo caso ci si riferisce a quelle potenzialmente esplosive, imballate, le quali: non detonano e deflagrano velocemente ma possono esplodere a causa del calore nell’imballaggio (tipo b) o semplicemente del calore (tipo c), o che rispondono a determinate prove di laboratorio (tipo d,e,f). - i solidi piroforici( sostanze o miscele solide), che possono infiammarsi in meno di 5 minuti se vengono a contatto con l’aria (categoria di pericolo 1). - i liquidi piroforici (sostanze o miscele liquide) che, come i solidi, possono infiammarsi in meno di 5 minuti se vengono a contatto con l’aria (categoria di pericolo 1). - le sostanze e le miscele che che emettono gas infiammabili se entrano a contatto con l’acqua o possono addirittura diventare infiammabili (categoria di pericolo 1, 2 e 3). - le sostanze e le miscele autoriscaldanti (categoria di pericolo 1 e 2). - i perossidi organici, ovvero le sostanze organiche liquide o solide contenenti la struttura chimica bivalente - o – o.

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SALUTE

PITTOGRAMMA GHS 03 – FIAMMA SU CERCHIO Sostanze o miscele comburenti VECCHIO

NUOVO

O - Comburente

GHS 03

Di questa tipologia fanno parte: - i gas comburenti, ovvero quei gas, o miscele di gas, che, solitamente per apporto di ossigeno, sono in grado di provocare o favorire più dell’aria la combustione di altre materie. - i liquidi comburenti. in questo caso sono quelle sostanze o miscele liquide, che pur non essendo necessariamente combustibili, potrebbero comunque causare o favorire la combustione di altre materie. - i solidi comburenti, ovvero le sostanze o miscele solide che, pur non essendo necessariamente combustibili, potrebbero comunque causare o favorire la combustione di altre materie.

PITTOGRAMMA GHS 04 – BOMBOLA PER GAS Gas sotto pressione VECCHIO

Nessuna corrispondenza

NUOVO

Fanno parte della categoria quelli compressi, liquefatti, liquefatti refrigerati e quelli disciolti.

GHS 04

PITTOGRAMMA GHS 05 – CORROSIONE Sostanze o miscele corrosive VECCHIO

NUOVO

C - Corrosivo

GHS 05

I questa categoria sono invece incluse: - le sostanze corrosive per i metalli a causa di una particolare azione chimica. (categoria di pericolo 1). - le sostanze corrosive per la pelle, ovvero quelle che sostanze o miscele che portano alla distruzione del tessuto cutaneo, dunque alla necrosi dell’epidermide e di una parte del derma in almeno un animale in seguito all’esposizione della durata massima di quattro ore. - sostanze con effetti irreversibili per gli occhi e potenzialmente causa di gravi lesioni oculari (categoria di pericolo 1).

PITTOGRAMMA GHS 06 – TESCHIO E TIBIE INCROCIATE Tossicità acuta VECCHIO

NUOVO

T - Tossico T + - Molto tossico

GHS 06

Vi sono sostanze e miscele in grado di produrre effetti nocivi per la salute. Questi possono manifestarsi in seguito alla loro assunzione per via orale o cutanea, in una dose unica o in più dosi assunte nell’arco di 24 ore o dopo un’esposizione all’inalazione superiore alle 4 ore.


SALUTE PITTOGRAMMA GHS 07 – PUNTO ESCLAMATIVO Attenzione VECCHIO

NUOVO

Xi - Irritante Xn - Nocivo

GHS 07

Quando si utilizza il punto esclamativo vengono indicate diverse possibilità arrecare varie tipologie di danno. In particolare: - la sensibilizzazione cutanea, quando è in seguito al contatto con la pelle si sviluppa una una reazione allergica (categoria di pericolo 1). - la tossicità acuta, per inalazione, via cutanea o orale (categoria di pericolo 4). - l’irritazione oculare (categoria di pericolo 2). - l’irritazione cutanea (categoria di pericolo 2). - la tossicità specifica per gli organi bersaglio – esposizione singola con narcosi o irritazione delle vie respiratorie (categoria di pericolo 3).

PITTOGRAMMA GHS 08 – PERICOLO PER LA SALUTE PERICOLO PER LA SALUTE VECCHIO

NUOVO

T - Tossico, Mutageno, Cancerogeno

GHS 08

Con questo simbolo si indicano quelle sostanze che potenzialmente sono causa di malattie, le quali possono manifestarsi anche in seguito a un lungo periodo di esposizione. Si parla di: - sensibilizzazione delle vie respiratorie, quando una sostanza inalata finisce col provocarne un’ipersensibilità (categoria di pericolo 1). - tossicità specifica per organi bersaglio(esposizione singola), nel caso di sostanze o miscele caratterizzate da una tossicità specifica e non letale per gli organi bersaglio, derivante da un’unica esposizione (categorie 1 e 2). - tossicità specifica per organi bersaglio (esposizione ripetuta), nel caso, invece di quelle sostanze/miscele con tossicità specifica non letale per organi bersaglio, derivante da un’esposizione ripetuta. - tossicità in caso di aspirazione. - tossicità per la riproduzione, che vede le sostanze/miscele in grado di danneggiare la funzione sessuale e la fertilità delle donne e degli uomini adulti, nonché sullo sviluppo della progenie (categorie 1 e 2). - cancerogenicità (sostanze/miscele) che causano il cancro o ne aumentano l’incidenza). - mutagenicità sulle cellule germinali, nel caso di sostanze/miscele che potenzialmente possono causare mutazioni di queste cellule trasmissibili ai figli.

PITTOGRAMMA GHS 09 – AMBIENTE PERICOLO PER L’AMBIENTE ACQUATICO VECCHIO

NUOVO

P - Pericoloso per l’ambiente acquativo

GHS 09

Con questo pittogramma si richiama l’attenzione su due tipologie di pericoli: - quello acuto, con sostanze/miscele in grado di danneggiare un organismo acquatico sottoposto ad una esposizione di breve durata. - quello a lungo termine, con gli effetti avversi che avvengono durante determinate esposizioni in relazione al ciclo vitale dell’individuo.

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TEST DI LABORATORIO

TESTI VITO PERSICHELLA FEDERICO MANCINI

NOrmativa EN 1324-2007 La sollecitazione al taglio negli adesivi in dispersione In questo numero esamineremo la norma europea che descrive il metodo di prova da usare per la determinazione dell’adesione di un adesivo per piastrelle in ceramica in dispersione mediante sollecitazione al taglio, come regolato dalla EN 1324-2007. Come abbiamo già visto nel numero 5 di Opera News., la normativa EN 12004 regola gli adesivi per piastrelle e li divide in 3 categorie: cementizi, dispersione e reattivi. Quelli che vengono coinvolti per le prove di taglio sono gli adesivi in dispersione (lettera

D - come ad esempio il CK6) e quelli a base di resina reattiva (lettera R - prodotti come Fugapox o Resilex PU2).

forma di dispersioni polimeriche acquose, riempitivi e cariche minerali e additivi organici che sono pronti all’uso.

Tratteremo in particolar modo gli adesivi in dispersione e inizieremo a far riferimento alla normativa EN 12004 che ci dice quali requisiti deve avere un collante per avere la collante D.

Per essere considerato in dispersione in base alle normative, l’adesivo deve superare diverse prove: adesione iniziale al taglio, adesione a taglio dopo invecchiamento termico, tempo aperto in trazione (requisito per D1), scivolamento (D1T) e tempo aperto prolungato in trazione (D1TE). I test supplementari per raggiungere il D2 sono 2: l’adesione dopo immersione in acqua e

Un adesivo in dispersione - secondo le normative EN 12004 - è definito come una miscela di agenti leganti organici sotto


TEST DI LABORATORIO

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l’adesione a temperatura elevata. (tabella) I test devono essere effettuati in un ambiente a +23°C, con una percentuale di umidità relativa pari al 50 e una circolazione di aria nell’area di prova con velocità minore di 0,2 m/s. Gli adesivi da testare (in quantità minima pari a 2Kg), devono essere conservati per almeno 24 nelle condizioni di riferimento. Per la preparazione di ogni provino è necessario usare due piastrelle porose (di tipo P2). Sul lato non smaltato della prima piastrella è necessario posizionare una sagoma delle stesse dimensioni della piastrella con 23 fori di diametro ciascuno pari a 14,3 mm. L’adesivo verrà spalmato in modo da riempire completamente i fori della sagoma.

prestazioni finali secondo EN 1324

REQUISITO

metodo di prova

Adesione iniziale al taglio

≥ 1 N/mm2

7.2 della EN 1324:2007

Adesione al taglio dopo invecchiamento termico

≥ 1 N/mm2

7.4 della EN 1324:2007

Tempo aperto: adesione a trazione

≥ 0.5 N/mm2 dopo non meno di 20 min.

EN 1346

Scivolamento

≤ 0.5 N/mm

EN 1308

Tempo aperto prolungato: adesione a trazione

≥ 0.5 N/mm2 dopo non meno di 30 min.

EN 1346

Adesione dopo immersione in acqua

≥ 0.5 N/mm2

7.3 della EN 1324:2007

Adesione a temperatura elevata

≥ 1 N/mm2

7.5 della EN 1324:2007


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TEST DI LABORATORIO

Una volta rimossa la sagoma e lasciato riposare la prima piastrella per 2 minuti, viene posizionata la seconda piastrella sopra quella con già l’adesivo, sfalsata in modo da ottenere una sovrapposizione tra le due piastrelle con uno spostamento di 6mm, assicurandosi che i lati delle piastrelle siano tra loro paralleli.

Ogni prova dovrà essere condotta su 10 dieci provini. Le prove da superare sono 4:

minuto dalla rimozione del provino dalla stufa a circolazione d’aria).

1. adesione iniziale (i provini prima di essere valutati vengono condizionati come da riferimento, cioè per 14 giorni a +23°C e 50% umidità relativa); 2. immersione in acqua (condizionamento come riferimento per 7 giorni e successivamente altri 7 giorni in acqua a temperatura ambiente);

Dopo aver posizionato il provino su una superficie piana e caricatolo di una massa pari a 70N per 3 minuti è possibile procedere alle varie prove.

3. azione del calore (condizionamento come riferimento per 14 giorni più altri 14 giorni in una stufa a circolazione d’aria forzata a 70°C e 24 ore alle condizioni di riferimento); 4. adesione ad alta temperatura (come azione del calore ma la valutazione dell’adesione viene effettuata dopo 1

Al termine del condizionamento sarà necessario posizionare i provini nella pressa per la prova di taglio (lo stesso dispositivo utilizzato per la prova di elasticità ma, utilizzando un pistone piatto, posizionato sotto una morsa inclinata) ed applicare una forza di taglio muovendo la macchina alla velocità di 5 mm/min fino alla rottura del provino. Il valore alla rottura del provino, comparato con quelli riportati dalla norma, decreta se il collante è D2.

CK6 migliora e diventa D2TE I laboratori Opera hanno sensibilmente migliorato la formulazione di CK6, l’adesivo elastico in pasta pronto all’uso per la posa di piastrelle ceramiche in interno. La nuova “ricetta” ha permesso di superare le prove di laboratorio richieste per catalogare il prodotto, in base alla normativa EN 12004, come D2TE (prima era catalogato D1TE) ed avere, quindi, una maggiore resistenza all’adesione, all’acqua e alle alte temperature (è infatti il superamento delle 2 prove aggiuntive - quella in immersione e all’alta temperatura - che decretano la categoria D2). Il prodotto è, ora, più resistente all’acqua e all’umidità - riducendo al massimo i rischi di distacco di mattonelle - nonché più resistente all’invecchiamento. Inoltre è aumentata anche la viscosità e tissotropia, permettendo l’uso del CK6 anche su formati superiori al 20x20 o dove sono presenti supporti flessibili.


NEWS

NEWS DA OPERA, daLL’ITALIA e DAL MONDO Il sito internet si amplia in 5 lingue Il nuovo restyling del sito internet aziendale www.opera-adesivi.it ha previsto anche la traduzione del sito e dei suoi contenuti in numerose lingue. Oltre a quella italiana, al momento sono disponibili le versioni in lingua inglese, francese, tedesca e greca. Ogni versione del sito contiene, oltre a notizie ed approfondimenti di settore, anche i cataloghi di tutti i prodotti completi di schede tecniche scaricabili in formato pdf. In fase di continuo aggiornamento e completamento è anche la sezione riguardante le schede di sicurezza: consultabili previa richiesta effettuabile nelle pagine dei singoli prodotti.

Opera e la pallavolo, con il Volley Team Club di San Donà di Piave (VE) Opera rinnova il suo amore ed impegno per lo sport con una collaborazione con il Volley Team Club di San Donà di Piave (VE). L’associazione sportiva dedicata alla pallavolo – uno sport che negli ultimi 20 anni ha annoverato sempre più giocatori e appassionato migliaia e migliaia di spettatori – vede la sua nascita nel 1980 come società Arci Uisp con lo scopo di offrire la possibilità di effettuare attività motoria. Nel corso degli anni la società si è ampliata e rafforzata, sviluppando squadre che partono dal micro volley, passano alle giovanili e alla squadra in serie C, fino alla “prima squadra” che gioca nel campionato nazionale di B1.

Opera introduce la tecnologia “No Dust” Opera si prende cura dei posatori ad aggiunge ad alcuni dei suoi prodotti iniziando con la gamma RT Universal - la tecnologia “No Dust”.

no dust

Sviluppato nei laboratori Opera, RT Universal No Dust utilizza polimeri e additivi di ultima generazione a basso contenuto di sostanze volatili ad alto potere adesivo è particolarmente apprezzato dall’applicatore per la sua plasticità e assenza di polvere al momento dell’uso. L’additivo antipolvere “No Dust”, aggiunto alla formulazione di RT Universal permette di abbassare sensibilmente la tensione di polveri che solitamente si sviluppa al momento dell’apertura del sacco e nei processi di miscelazione.

In questo modo viene tutelata maggiormente la salute del posatore ed agevolato il suo lavoro in tutte quelle situazioni di cantiere dove è necessario limitare lo sviluppo di polveri. RT Universal NO DUST è ideale per posare su impianti di riscaldamento a pavimento e compone, in abbinamento al massetto Basecem Pronto, un sistema per la realizzazione di pavimenti ad elevata conducibilità termica, in grado di massimizzare il rendimento dell’impianto in termini di efficienza e uniformità del calore. L’adesivo RT Universal NO DUST è catalogato in classe C2TE in base alla normativa EN 12004.

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NEWS

NEWS DA OPERA, daLL’ITALIA e DAL MONDO Costruire: 100 giorni per un permesso Come se non bastasse la crisi, ora ci si mette anche la burocrazia a rendere la vita più difficile a chi opera nell’edilizia. È quanto emerge dagli ultimi dati divulgati dal Politecnico di Milano, tramite l’Osservatorio Permanente sulla Pubblica Amministrazione Locale (OPPAL), struttura nata cinque anni fa proprio per monitorare tempistiche e modalità di approvazione della PA locale italiana. Le cifre, riguardanti il 2011 parlano chiaro: se nell’anno precedente l’attesa media per ottenere un permesso era in media di circa

83 giorni, quello successivo ha visto la tempistica arrivare a una media di 100 giorni. Questo rapporto si è basato su un campione d’indagine di 110 province, coinvolte tramite la compilazione di un apposito questionario. Tra i Comuni più virtuosi sono figurati Aosta e Como, mentre i più lenti sono risultati Isernia e Lucca, con rispettivamente 300 e 390 giorni d’attesa. Una delle cause principali di questi tempi lunghi è stata la carenza del personale tecnico.

In Italia cresce l’energia dal vento Enel Green Power ha messo in esercizio 64 nuovi megawatt derivanti da impianti eolici. Ad essere collegati dall’ente italiano sono stati gli impianti di Potenza - Pietragalla in Basilicata e di Cutro (Crotone) in Calabria. Le nuove strutture produrranno congiuntamente 139 milioni di KWh annui, con un risparmio dell’emissione di anidride carbonica pari a 36mila tonnellate. Particolarmente rilevante sarà l’intervento in territorio calabrese. Collegato alla linea dell’alta tensione grazie a un cavidotto sotterraneo lungo 18 chilometri, l’impianto di Cutro, infatti, è costituito da 23 aerogeneratori da 2 MW ciascuno e un capacità totale è di 46 MW. Una volta a regime l’impianto potrà raggiungere circa 100 KWh annui di energia pulita, e potrà evitare l’emissione di ben 26 mila tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera.

Lavori pubblici, pagamenti in ritardo per 19 miliardi di euro In media occorrono 8 mesi per vedersi pagati gli interventi da parte della Pubblica Amministrazione, ma alcune volte si può arrivare anche ai 2 anni di attesa. Non è uno scherzo per le imprese italiane, già abituate a “tirare la cinghia” in una fase recessiva come quella attuale. A questo dato se ne aggiunge un altro, forse ancora più preoccupante: i pagamenti in ritardo per i lavori pubblici effettuati hanno raggiunto quota 19 miliardi. La cifra esorbitante è stata divulgata dall’Osservatorio Congiunturale dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili. Il maggior responsabile, stando a quanto dichiarato dai vertici dell’associazione legata a Confindustria è il Patto di Stabilità, a causa del quale la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare negli anni a venire. Senza le modifiche ritenute necessarie dai costruttori, infatti, ma anzi, con un suo ulteriore irrigidimento previsto, nel prossimo triennio la situazione potrebbe aggravarsi, pesando soprattutto sulle spalle delle piccole e medie imprese.


NEWS

NEWS Da OPERA, daLL’ITALIA e DAL MONDO Un museo o una vasca da bagno Davvero insolita la forma della nuova ala del museo Stedelijk di Amsterdam. Per l’intervento di ampliamento di un edificio costruito nel 1895, l’architetto Mels Crouwel della Benthem Crowel Architects ha progettato una nuova struttura che ricorda, soprattutto se vista dal basso, una vasca da bagno. Dall’alto e all’interno però la musica cambia. La nuova ala misura 10 mila metri quadrati e “riposiziona” l’intero edificio all’interno della famosa Museum Plaza della città, dove alloggiano il Rijks (a sua volta oggetto di ampio rinnovamento), il Museo Van Gogh e la Concertgebouw. Inaugurata

lo scorso settembre, la nuova ala ha ospitato una prima mostra temporanea delle opere in grande scala e installazioni di artisti come Carl Andre, Rodney Graham, Joan Jonas, John Knight, Barbara Kruger, Melvin Moti e Diana Thater. A questa farà seguito un’attesa retrospettiva su Mike Kelley.

John Lewis Marshall e Jannes Linders Benthem Crouwel Architects

Quando le tende “sentono” il sole Curiosa e innovativa la soluzione individuata dallo studio di architettura Aedas per proteggere le due torri Al Bahar realizzate ad Abu Dhabi dall’aggressività dei raggi solari tipica dei paesi arabi. Per queste due nuove strutture gemelle di 24 piani (ciascuna è alta 145 metri) è stato infatti pensato un sistema a tendaggio costituito da singole “tapparelle” sensibili alla presenza del sole. La loro capacità di sentire l’alternarsi di luce e ombra anche nel corso della singola giornata aziona un sofisticato meccanismo in grado di aprirsi e chiudersi a seconda del caso. Questo sistema concepito dallo studio inglese, presente in oltre 20 Paesi, è stato chiamato Mashrabiya, in omaggio alle finestre degli antichi edifici del mondo arabo, dotate di un reticolo protettivo pensato proprio per proteggere gli ambienti esterni dai caldi raggi solari. Vincitrici di numerosi premi, come l’Innovation award 2012 di CTBUH (Council on Tall Buildings Urban Habitat), le due torri saranno interamente destinate ad accogliere gli uffici di alcune delle numerose società presenti negli Emirati.

In Danimarca i porti si rilanciano con gli... Iceberg

In tutto il mondo ci sono progettisti che pensano di riqualificare aree urbane con soluzioni in grado di richiamare

alcuni paesaggistici tipici dei loro Paesi. A farlo, e in modo alquanto suggestivo, sono stati i due studi danesi JDS/Julien De Smedt Architects e CEBRA. In collaborazione con Luis Paillard e SeARCH, gli architetti danesi hanno infatti progettato un complesso residenziale che riprende la forma degli iceberg. Il progetto in questione ha preso forma nella città danese di Aarhus, con la finalità di rilanciare il vecchio terminal portuale per i container, in disuso da diverso tempo. Al posto dello stoccaggio e del transito delle merci, il progetto Iceberg è parte integrante di un piano urbanistico generale, concepito

per rigenerare l’area e offrire alla cittadinanza nuovi spazi abitativi (un terzo dei 200 appartamenti previsti è stato destinato ad un uso residenziale a prezzi calmierati). Per mediare fra la necessità di un’elevata densità abitativa e i limiti d’altezza previsti dal piano generale cittadino, gli architetti hanno pianificato un alternanza di strutture alte intervallate da vasti spazi collocati molto più in basso, così da consentire ad ogni abitazione un’adeguata quantità di luce naturale. L’intervento, in fase di completamento, ha riguardato un’area di circa 21mila mq.

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tendenze

TESTI ARCH. GIOVANNI TUZIO IMMAGINI ENERGIE KER

Quando sembra proprio legno Impatto visivo e praticità, le caratteristiche delle piastrelle effetto legno Nella progettazione d’interni, e nello specifico caso dei rivestimenti, l’utilizzo di materiali come la pietra naturale, il legno, i metalli offre la possibilità di creare innumerevoli effetti cromatici e di stile. Spesso però i costi di questi materiali, la loro inadeguatezza per motivi di praticità, igiene o manutenzione ne limitano l’impiego favorendo l’utilizzo di materiali alternativi che possano imitarne l’aspetto estetico aumentandone in alcuni casi la praticità. In questi ultimi anni, grazie alla ricerca in ambito tecnico ed estetico si è riusciti a riprodurre sul gres porcellanato gli effetti ossidati dei metalli, le striature e le cromie delle rocce, i nodi e le venature del legno, unendo così alla praticità che contraddistingue questo materiale un aspetto estetico innovativo. Il gres porcellanato effetto legno fonde insieme l’estetica di un pavimento ligneo


TENDENZE

con la praticità tecnica di un rivestimento ceramico, il design e l’impatto visivo di un parquet unito alla compattezza ed alla resistenza di un rivestimento in gres. Scegliere tali tipi di rivestimento implica non solo fattori estetici e pratici ma anche economici e di attenzione al rispetto dell’ambiente. Se la delicatezza del parquet spesso ne scoraggia l’utilizzo o lo limita ad alcuni ambienti, la resistenza del gres regala invece a questo materiale un ruolo da protagonista in tutti gli ambienti interni ed esterni. Abrasioni, agenti chimici, acqua e fonti di calore non costituiscono un problema per questo tipo di materiale, inoltre la possibilità di riprodurre con sorprendente

veridicità i colori e gli effetti di numerose essenze apre nuove possibilità per l’arredamento dei moderni ambienti. Il materiale fa registrare in linea di massima costi inferiori rispetto ai tradizionali pavimenti in legno, salvo eccezioni che vedono il prezzo uguale o addirittura superiore. Sono sicuramente più bassi i costi di manutenzione di tali componenti, (non ne è prevista una straordinaria tranne casi particolari) e risulta molto più semplice la pulizia. Di contro, il gres richiama solo l’effetto del legno, la gamma di prodotti è varia anche in termini di qualità e finiture, ma per quanto vicino al vero possa essere, l’effetto al tatto e ad un’attenta analisi trasmette la diversità

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dal materiale naturale. Altro elemento che potrebbe giocare a suo sfavore è la scarsa capacità di isolare acusticamente o termicamente. Le piastrelle ed i listoni in gres porcellanato sono ottenuti tramite il processo di sinterizzazione di argille ceramiche, feldspati, caolini e sabbia, materie prime che vengono prima macinate, poi finemente atomizzate fino a raggiungere una polvere a granulometria omogenea adatta alla pressatura. La cottura avviene ad una temperatura di circa 1230°C in particolari forni dove la materia prima è portata gradualmente alla temperatura massima. Una volta raggiunta la temperatura massima la si mantiene


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tendenze costante, e successivamente il materiale viene raffreddato sino a temperatura ambiente. Il processo di cottura determina la ceramizzazione, detta anche greificazione dell’impasto, attribuendo così al materiale le caratteristiche tipiche di resistenza alle abrasioni e impermeabilità. Durante la fase di cottura la materia precedentemente pressata subisce delle deformazioni dovute al restringimento dimensionale. Tecnicamente le norme UNI definiscono porcellanato la ceramica che possiede un coefficiente di assorbimento all’acqua minore dello 0,5% (UNI EN 176 ISO BI). L’elevata idrorepellenza del gres favorisce anche l’antigelivià, per cui questo materiale si presta per la pavimentazione di superfici scoperte sottoposte all’azione degli agenti atmosferici. Elevata resistenza alla flessione, alta resistenza alle abrasioni, agli urti ed ai prodotti chimici sono le caratteristiche meccaniche specifiche del prodotto che lo rendono, come già accennato, idoneo ad ambienti pubblici o privati, interni o esterni. Il gres porcellanato solitamente di colore beige chiaro può essere colorato nella fase di atomizzazione per cui il prodotto finito viene chiamato colorato in massa. Il processo di colorazione delle polveri o la colorazione e la lucidatura post composizione, permettono di riprodurre venature, sfumature e altri effetti riconducibili a pietre, legni e altri elementi. Nel caso specifico del legno è possibile riprodurre le essenze più svariate, il rovere nelle varie tinte, il ciliegio o l’acero solo per citarne alcune. Il mercato offre svariate dimensioni, forme più o meno quadrangolari, listelli e listoni di grande formato, la cui lunghezza e larghezza varia in funzione delle geometrie e dei disegni che si intende riprodurre. Questa possibilità permette di ottenere qualsiasi aspetto del rivestimento senza rinunciare alle caratteristiche del materiale ceramico. Il gres porcellanato effetto legno come tutti i prodotti edili ha prezzi che possono variare in funzione di molteplici fattori,

soluzioni opera Il prodotto più idoneo per la posa di piastrelle in gres porcellanato è RT Universal, colla per pavimenti e rivestimenti ad alte prestazioni, specifica anche per sovrapposizione e posa su sistema di riscaldamento a pavimento. RT Universal genera un impasto tissotropico con tempo aperto dilatato, idoneo per la posa di grandi formati anche in ambienti sottoposti alle sollecitazioni più gravose. La versione “No Dust” – addittivata dell’antipolvere “No Dust” – permette di ridurre l’emissione di polveri che si sviluppa al momento dell’apertura del sacco e nei processi di miscelazione, a tutela della salute e del lavoro del posatore.

La piastrelle con effetto legno devono essere fugate utilizzando una colorazione simile ed adatta all’effetto scelto. La gamma di colori Sigilfuga FS (per la posa a fuga stretta da 0 a 4 mm) o Sigilcolor (idrorepellente, effetto goccia e antimuffa, per fughe fino a 15 mm) include numerose sfumature e nuance del legno o accostabili ad una piastrella effetto legno: dal marrone chiaro, al cuoio, cotto, terra, beige, rovere, tortora fino alla nuova colorazione “Moka”.


TENDENZE il formato, il design, la colorazione e le caratteristiche tecniche. La colorazione e la lucidatura determinano la riproduzione più o meno fedele dell’essenza, pertanto quanto più vicina al vero tanto più costosa, la classificazione secondo le norme UNI influisce ulteriormente sui prezzi che aumentano quando il prodotto è considerato di prima qualità e pertanto rispondente ai parametri richiesti per la certificazione. I costi minori sono in linea di massima riferibili a prodotti qualitativamente di scarso pregio declassati per il non rispetto dei parametri UNI ad esempio, prodotti non rettificati che esplicitano i loro “difetti” soprattutto in fase di posa in opera. La posa in opera avviene mediante le tecniche tradizionali utilizzate per i più comuni pavimenti ceramici. Qualora la posa avvenga su superfici molto sollecitate, è bene curare in modo particolare la composizione della malta e assicurarsi che lo spessore dello strato da realizzare non sia inferiore ai 4-6 mm. Inoltre può essere molto vantaggioso interporre tra il solaio e lo strato di allettamento una guaina per l’impermeabilizzazione della posa.

Tra i formati in commercio, quelli più in uso sono i listelli o listoni, che una volta posati in opera più si avvicinano come effetto a quello dei tradizionali parquet. Allo scopo di rendere più realistico possibile l’effetto del pavimento ligneo la tendenza è quella di ridurre al minimo le fughe tra un elemento e l’altro fino alla loro totale assenza, possibile però solo nei casi di prodotti rettificati perfettamente complanari. Qualora le fughe si rendessero necessarie, per sopperire alla non perfetta planarità degli elementi o per questioni tecniche legate alla posa in opera, possono essere ridotte al minimo ed essere debitamente colorate in funzione dell’essenza che il gres riproduce ed allo scopo di rendere più omogeneo possibile l’effetto d’ insieme. Dal punto di vista progettuale è importante realizzare un disegno di come si intenda realizzare la posa in opera, tenendo conto, che in funzione di quest’ultima possono aumentare gli scarti di materiale dovuti ai tagli (ad esempio con disposizioni a correre in diagonale), oppure l’accentuazione di eventuali irregolarità degli ambienti qualora si decidesse per una posa a correre in orizzontale o verticale degli elementi.

ENERGIE KER

Attenti alle nuove tendenze estetiche così come alle nuove tecniche che riproducono l’infinita gamma di variazioni naturali, Energie Ker ha sviluppato negli ultimi anni diverse linee di ceramiche in grès porcellanato colorato massa con effetto legno. Tra le più interessanti troviamo le linee Woodstock, Urban Forest e Xylon dove le idee più eccentriche risultano le più originali:osare è un imperativo morale. Unicità, tradizione concretezza e design sono i punti di forza delle serie. I legni Energie Ker traggono spunto dalle asce più consumate dei vissuti pescherecci, dalla natura e dalla città per uno stile di vita in continuo cambiamento. Grazie alla tecnologia digitale il legno assume stonalizzazioni capaci di rendere un’armonia unica, creando ambienti del passato saturi di storie e sapori e proiettarli nell’odierno e nel moderno... Il calore e l’intimità degli ambienti realizzati rende gli spazi personali ed avvolgenti, densi di tradizione reinterpretata, perfetti per ristrutturazioni di pregio come pure adatti per soluzioni di attualità e stile. Il calore del legno e la qualità del grès rendono questo materiale eternamente bello. Fin dal 1991 quando si è specializzata nella produzione di gres porcellanato naturale, smaltato e colorato Energie Ker non ha mai trascurato l’attenzione a una ricerca costante e metodica finalizzata alla produzione di articoli tecnici e qualitativamente elevati adatti ai requisiti estetici più disparati. www.energieker.it

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RUBRICA IL RIVENDITORE

TESTI Simone Giglioli

IL CENTRO CONGRESSI DI OPERA HA SOSTENUTO L’IMPEGNO CON LE MIGLIORI MAESTRANZE

EDILMOSTRA Via E. Fermi, 19 00058 Santa Marinella (Roma) Tel 0766 536096

vincere grazie alla nicchia Edilmostra punta da oltre quarant’anni punta sui prodotti di fascia alta Il successo duraturo di un’attività commerciale può dipendere da molti fattori. C’è chi ha puntato tutto sui prezzi bassi, o su una strategia di marketing aggressiva. Ci sono invece realtà come la società Edilmostra, con sede a Santa Marinella, in provincia di Roma, che hanno scelto di puntare sui prodotti di nicchia, appartenenti alla fascia alta del mercato. Una scelta che in oltre quarant’anni di attività è stata ampiamente ripagata da un successo commerciale crescente, legato a commesse prestigiose. “Il nostro raggio d’azione – spiega Enzo d’Emilio, fondatore e titolare dell’impresa – riguarda principalmente Roma, il litorale laziale, fino all’Argentario, ma non mancano, tra le nostre referenze, anche commesse sulle isole (come Capri e Lampedusa), o nell’area delle

Dolomiti e all’estero (ad esempio Cannes, in Francia). Si tratta però di episodi abbastanza sporadici”. La vostra rivendita presenta una grande varietà di categorie merceologiche. “Il nostro showroom ha una superficie di 600 mq, suddivisi su tre livelli. Qui il cliente ha una possibilità di scelta molto vasta. Si va dalle vasche idromassaggio ai prodotti idrosanitari, dagli accessori e i mobili per il bagno alle cucine complete, fino ai caminetti e agli elettrodomestici da incasso”. Ma quanto contano le piastrelle per il business di Edilmostra?


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magazzino, anche perché trattando prodotti di nicchia acquistiamo dai nostri fornitori materiale già prenotato dai nostri clienti”. Di certo, in questo momento a subire la crisi del settore costruzioni sono maggiormente quelle realtà che lavorano specialmente con il settore pubblico. “La qualità dei nostri prodotti ci porta invece a lavorare principalmente con i privati, ma negli anni qualche commessa pubblica di prestigio l’abbiamo ottenuta, anche se come fornitori delle ditte appaltatrici. Mi viene in mente, tanto per fare un esempio, la vendita di rivestimenti per il museo del Vittoriano a Roma”. A proposito di rivestimenti, trova che ci siano in questo periodo dei prodotti che vanno più di altri? “Ultimamente noto un certo apprezzamento nei confronti dei formati grandi, dalle tinte pastello, per quanto riguarda gli interni. Per gli esterni viene apprezzato molto il rivestimento con effetto roccia”. Negli ultimi tempi i rivestimenti ceramici ad effetto legno sono stati sempre più presi in considerazione come alternativa al parquet. “Dipende dai casi. Il parquet continua a resistere. Certo, il rivestimento ceramico rappresenta una valida alternativa, in particolari contesti edilizi, come quelli nei centri abitati a ridosso del mare, dove il rivestimento in legno è a maggiore rischio d’usura, per via della sabbia”.

“Ha un ruolo di primo piano per il nostro giro d’affari. Diciamo che ne copre circa il 50%”. In base a cosa scegliete di commercializzare un determinato prodotto? “Noi puntiamo sulla qualità. Abbiamo scelto infatti di commercializzare solo quei prodotti ad alto valore aggiunto, di nicchia, richiesti da quei progettisti e quei clienti che vogliono realizzare immobili di alto livello Talvolta si tratta di personaggi famosi, anche se preferisco non fare nomi per tutelare la loro riservatezza. Giusto per fare un esempio, nell’ambito dei mosaici abbiamo scelto di commercializzare solo quelle marche che rappresentano il top, come Bisazza e Mirage”. C’è chi osserva, almeno in altri settori, che anche nei periodi di crisi il cosiddetto “alto di gamma” è quello evidenzia sempre un calo minore. Avendo il polso costante della situazione, si sente di condividere questa opinione, almeno nelle sue piazze di riferimento? “Posso dire che anche nei prodotti di livello superiore qualche flessione è stata registrata, ma di certo è stata minore rispetto a quella accusata dai prodotti di qualità media o bassa. Nel nostro caso, comunque, non ci sono mai degli eccessi di stock nel nostro


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Come tenete aggiornato il vostro parco prodotti? “Essendo presenti sul territorio dal ‘69, abbiamo sviluppato un dialogo costante con i grandi marchi e quindi siamo costantemente informati sulle loro novità di prodotto. Detto questo, cerchiamo anche di capire quali sono i nuovi trend, visitando le fiere più importanti del settore”. Da quante persone è composta Edilmostra? “In tutto siamo una decina. Fra questi ci sono anche ragazzi esperti, che si occupano di curare e proporre al cliente dei progetti (ovviamente per la parte che compete loro)”. Lei ha tre figli. Pensa che entreranno anche loro nella vostra società? “Vedremo. Penso che un settore come il nostro sia destinato ad essere sempre più difficile e competitivo”. Per quali ragioni? “Da quando ho avviato questa attività il mondo dell’edilizia è molto cambiato. Con internet, ad esempio, i clienti sono sempre più informati su prezzi e caratteristiche dei prodotti e si affidano più difficilmente a un unico rivenditore di fiducia”. Quindi è più difficile un rapporto duraturo? Probabilmente lo sarà sempre di più. In quarant’anni di attività col 90% dei clienti ho sviluppato un rapporto di totale fiducia e amicizia, tramite una grande attenzione alle loro necessità. Non mi sono mai limitato alla sola proposta commerciale, ma ho sempre cercato di offrire un servizio di consulenza, anche recandomi direttamente nei cantieri. A volte rifletto sul futuro di un lavoro come il mio, e penso che sarà difficile per i giovani che vogliono intraprendere questa strada sviluppare un rapporto simile”. Crede che, come è avvenuto in altri mercati, a farla da padrone saranno sempre di più le grandi strutture commerciali? “Dipende. Non so se questo potrà avvenire anche per la mia fascia di mercato. Le grandi reti, in genere, puntano ai grandi numeri, e difficilmente riescono a seguire la commercializzazione dei prodotti di nicchia, visto che richiede un approccio particolare, diverso da quello necessario per i prodotti di media e bassa qualità”.


RUBRICA

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CHE SQUADRA!

TESTI simone giglioli

Da azienda nasce... azienda Edilceramica e Edilpavimenti, parla Marino Marini Non è così raro che nel corso della sua storia un’impresa passi dalle mani del fondatore a quelle dei suoi eredi. Di certo più raro è che da una realtà imprenditoriale ne nasca un’altra autonoma, attiva nello stesso settore, gestita dai figli del fondatore. A raccontarci questa storia è Marino Marini, titolare di Edilceramica, società con sede a legale a Sabbionara di Avio, in provincia di Trento. Il signor Marini vanta oltre mezzo secolo sul campo, anzi sul cantiere, nelle vesti di posatore. Ancora oggi, benché sia settantenne e pensionato, infatti, la passione per il suo lavoro lo porta da un cantiere all’altro del territorio. “Nonostante la mia età - spiega – ho capito che la vita del

pensionato, iniziata nel 2002, non faceva per me. Visto che mi annoiavo, ho voluto continuare questo lavoro, anche se tenendo dei ritmi più blandi rispetto a quelli del passato, quando mi ritrovavo in alcuni casi a trascorrere anche più di cento ore settimanali direttamente in cantiere”. È un amore per il lavoro che ha saputo trasmettere anche ai suoi figli, come accade a diversi artigiani. “Sin da piccoli, ho cercato di coinvolgere i miei tre ragazzi (Andrea, Stefano e Federico) nel mio lavoro. Volevo che prima di scegliere le rispettive strade conoscessero da vicino l’attività del padre”. Evidentemente è riuscito a comunicare

efficacemente il suo entusiasmo e la sua passione per il mondo della posa, visto che i tre sono rimasti a lavorare con lei. “Diciamo che sono riuscito a far comprendere l’importanza della posa (una posa di qualità, naturalmente) per l’edilizia. Andrea ha prima proseguito gli studi diventando perito elettronico e poi dedicandosi part-time alla nostra attività, mentre gli altri due hanno scelto di lavorare subito con me, una volta terminata la scuola dell’obbligo”. Nonostante la passione condivisa i tre hanno però voluto raggiungere una propria autonomia. “Come, del resto è giusto che avvenga in ogni famiglia. Pur continuando a


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carriera ho cercato, quando era possibile, di proporre delle soluzioni alternative, offrendo nuove soluzioni, diverse da quelle consuete, anche quando si trattava del semplice rivestimento di un bagno”. L’azienda dei suoi figli, visto il successo commerciale, ha iniziato a strutturarsi con l’ingresso di nuove figure. L’organico

collaborare con me, tre anni fa hanno scelto di avviare una propria società, la Edilpavimenti, così da poter gestire in piena libertà anche le rispettive commesse”. Ad accomunare le due società è anche la struttura amministrativa e commerciale di Ala, anch’essa in provincia di Trento. “È una sede polivalente. Su una superficie complessiva di 900 metri quadrati, infatti, si trovano il magazzino dei rivestimenti, gli uffici e lo showroom”. Oltre a questa struttura, le vostre attività sono accomunate anche da un ricco sito internet. “L’artefice della sua creazione è stato Andrea. Oltre ad essere appassionato di elettronica (lavora per metà giornata presso una multinazionale svedese), nutre da sempre un grande interesse nei confronti

della rete. Così ha scelto nel tempo di sviluppare autonomamente questo sito internet”. È un sito veramente ricco di informazioni. “In effetti lo è. Credo che tra le sue pagine più interessanti vi sia la parte del rendering. Il nostro sito consente al cliente/ utente, di visionare una simulazione della posa, prima che questa venga realizzata. In questo modo può rendersi conto se davvero la soluzione immaginata per il bagno di casa, o qualsiasi altra zona, sia davvero la soluzione ideale”. Insomma: non solo la posa, ma una vera e propria progettazione. “Io e i i miei figli siamo sempre stati convinti che non bisogna mai accontentarsi del servizio offerto, ma cercare di offrire sempre qualcosa di meglio. Di diverso. Anche io, del resto, durante la mia


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Edilceramica Marini Marino e Edilpavimenti Showroom e Uffici Via Corso Trento, 3 38016 Ala (TN) Tel 0464 667773 edilcer.marini@virgilio.it si è arricchito con l’ingresso di un geometra, una figura importante proprio per migliorare l’approccio progettuale del lavoro e, da qualche tempo, si è unita anche la nipote Alice. È lei che copre l’assenza di Andrea quando per metà giornata si trova sull’altro posto di lavoro. “Dopo essere stata adeguatamente formata da mio figlio, ha iniziato ad occuparsi della progettazione sulle piante degli immobili fornite dai clienti”. Ma qual è oggi il vostro raggio d’azione? “La nostra attività viene svolta nel nostro ambito territoriale. Diciamo che ci muoviamo circa di 30 km, non di più”. Evidentemente avete già sufficiente lavoro... “Per fortuna sì. Anche se la crisi è innegabile, a noi non mancano mai le commesse. Avendo lavorato con impegno

e passione per mezzo secolo, sono riuscito a conquistarmi un buon numero di clienti affezionati, compresi i loro discendenti. Certo, forse si guadagna qualcosa in meno, ma è perché le famiglie hanno ultimamente meno soldi da investire per le abitazioni nuove. Fortunatamente per noi c’è ancora una richiesta sostenuta per quello che riguarda le ristrutturazioni”. Pubbliche o private? “Quasi esclusivamente private. Il nostro target principale sono infatti le abitazioni (appartamenti e ville) del circondario”. Ma perché non siete interessati alle commesse pubbliche? “Non è tanto una questione di disinteresse. Il fatto è che le commesse pubbliche sono presuppongono sempre delle gare che vedono premiare solo il contenimento dei prezzi. E noi, puntando invece alla massima

qualità possibile, che innegabilmente presenta soluzioni con costi maggiori, non riusciamo a essere competitivi. Detto questo, qualche soddisfazione me la sono tolta ugualmente in passato, con le commesse pubbliche, come la posa per la piazzetta situata nel centro storico medioevale prospiciente il castello dei Castelbarco nel Borgo di Sabbionara di Avio”. Ma dopo mezzo secolo di posa, e aver visto i suoi figli sviluppare un’azienda nel suo stesso settore, non ha proprio voglia di ritirarsi?”. “Questo è un lavoro che ho svolto e continuo a svolgere con grande passione. Finché la salute non manca, perché mai dovrei smettere?”.


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La cultura aziendale È ammirevole come, da una semplice foto, apparentemente così tecnica, così fredda e così immobile, Andrea Marini riesca a comunicarci tanto! E vuole prendere proprio come esempio questa foto, quella relativa alla preparazione per un intervento di una posa in opera di un sottofondo, per dimostrarci la loro filosofia aziendale. Andrea ci tiene a sottolineare come la ditta si avvalga esclusivamente di mezzi messi in sicurezza: camion con gru per carico e scarico delle macchine ed attrezzature di lavoro (che sono tutte verificate periodicamente come previsto dalle norme di sicurezza cantiere). Inoltre, tutti in azienda hanno un occhio di riguardo sulla salute della persona, anche attraverso l’aiuto di consulenti esterni, per monitorare ed aver cura di informare tutti i collaboratori: questo tipo di lavoro può risultare molto gravoso per la salute ed il corpo (schiena e ginocchia in primis) ed è importante che tutti sappiano come comportarsi correttamente quando lavorano. La chiama “cultura aziendale”, Andrea, da mettere sempre in primo piano! Ammirevole.

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Il sito di un’azienda che guarda al futuro “Covavo l’idea da tempo e lo scorso anno ho deciso di metterla in pratica. Non sono un informatico, sono un autodidatta e ho strada facendo, cercando proprio in rete idee e suggerimenti utili, tanto per le questioni più tecniche, che per gli aspetti più “frivoli”, come la scelta delle musiche”. Difficilmente un’azienda di posatori si dota di un sito così strutturato. Minimalista nella grafica, quello messo online da Marini è uno strumento di grande utilità per il cliente. Oltre a visionare i prodotti, il visitatore può scaricare i cataloghi dei fornitori e se è un cliente acquisito, può visionare direttamente online il rendering del progetto per la propria abitazione. “Naturalmente si tratta di una parte riservata, alla quale può accedere solo il cliente interessato”. Oltre a questa parte, sul sito ve ne sono altre per spiegare e raccontare l’azienda, le sue iniziative, le attività di formazione svolte e, perché no, la propria visione dell’essere impresa, basata sulla responsabilità sociale e sulla sostenibilità”. Non è certo il classico sito/vetrina, quello sviluppato da Andrea Marini per promuovere l’attività di Edilceramica e Edilpavimenti. Chi navigando in internet approda all’indirizzo www.mariniceramiche.com trova uno strumento che va ben al di là della semplice presentazione dei prodotti. Il sito presenta infatti numerose pagine, nelle quali il visitatore può si visionare le foto dei prodotti, ma anche acquistarli online (nel caso dell’arredobagno) e dare un’occhiata ad alcuni esempi di rendering sviluppati per alcuni progetti.

“Con questo sito – conclude Marini – vorrei promuovere nel corso del tempo l’importanza che noi attribuiamo al prodotto italiano. Non è solo una questione di “nazionalismo”. Noi siamo davvero convinti che il made in italy sia un patrimonio da tutelare, specialmente in settori come quello dei rivestimenti ceramici, dove ancora, nonostante la crisi, le nostre aziende rappresentano un’eccellenza a livello mondiale. Nel nostro piccolo noi cerchiamo di farlo proponendo prodotti italiani”.

Il cantiere nel Lazio: a sinistra la situazione attuale del muro ristrutturato con calce aerea e a destra il muro trattato con calce idraulica.


RUBRICA

Una nuova idea di legno In una realtà complessa e sfaccettata come quella odierna, il desiderio di un ritorno al passato si fa sempre pIù pressante. Coniugare la moderna tecnologia con emblemi di un tempo lontano diviene un imperativo categorico. Pensate alla libertà di navigare in totale autonomia: solcare i fiumi e i laghi con il proprio armo, immersi nella natura più incontaminata e cimentarsi nella quotidiana sfida per la supremazia. Il legno è il sovrano di questo mondo, un mondo che pensavamo perduto, ma che oggi Energie Ker intende riproporvi, nell’ambito di una linea esclusiva, in cui il ricordo dell’opera incessante di piccoli artigiani intagliatori, è stato impresso a futura memoria sui pannelli in esposizione. Una vera e propria foresta urbana: noi siamo come loro, vogliamo essere liberi, vogliamo essere gli artefici del nostro futuro e vogliamo prendervi per mano ed accompagnarvi in questo entusiasmante viaggio.

www.energieker.it

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FORUM LEGALE

TESTI Avv. MARIA LUISA CALIENDI mlcaliendi@gmail.com

Cantiere: chi è responsabile in termini di sicurezza? Le varie figure e le responsabilità, in base a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione Con una recente decisione, sentenza n.6363/2011, la Corte di Cassazione, ha riconosciuto la penale responsabilità del datore di lavoro non solo per gli infortuni occorsi al lavoratore, ma anche per quelli occorsi a terzi che sostino occasionalmente in cantiere. A prescindere, quindi, dalla sussistenza o meno di un rapporto di lavoro, il datore è responsabile dell’ambiente di lavoro e dei rischi ad esso connessi; spesso, purtroppo, si tende a considerare in senso restrittivo l’ambiente di lavoro in netto contrasto con il dettato normativo e con il trend giurisprudenziale in atto. Le norme che disciplinano la sicurezza sul lavoro (T.U. n.81/2008), infatti, non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori, ossia per eliminare il rischio che i lavoratori (e solo i lavoratori) possano subire danni

nell’esercizio della loro attività, ma sono poste anche a tutela dei terzi, cioè di tutti coloro che, per una qualsiasi legittima ragione, accedono all’ambiente di lavoro. Il primo concetto su cui occorre fare chiarezza è quindi quello di “ambiente di lavoro”. La giurisprudenza, da ultimo con la sentenza n. 2814/2011, ha stabilito che per ambiente di lavoro deve intendersi tutto il luogo o lo spazio in cui l’attività lavorativa si sviluppa. In tale luogo hanno il diritto recarsi o sostare, anche in momenti di pausa, riposo e sospensione dal lavoro, coloro che sono autorizzati ad accedere al cantiere e coloro che vi accedano per ragioni connesse all’attività lavorativa. A titolo esemplificativo è stata ritenuta la penale responsabilità del datore di lavoro per

l’infortunio occorso al lavoratore all’interno dell’ambiente di lavoro, infortunio avvenuto in un momento di riposo dall’attività lavorativa (pausa pranzo). La vigilanza e la sicurezza sul luogo di lavoro devono essere effettuate a 360 gradi: il cantiere deve essere sempre un luogo sicuro per tutti, anche per i terzi che vi accedano legittimamente. Il datore di lavoro (al pari degli altri titolari di analoghe e contestuali posizioni di garanzia) è, in generale, il soggetto su cui incombe, in forza della disposizione di cui all’art. 2087 cod. civ. e di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, l’obbligo giuridico di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, l’incolumità fisica e la salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro. Inoltre, ha il dovere di accertarsi che


FORUM LEGALE IL CAPOCANTIERE Tra i vari soggetti che si possono individuare all’interno del sistema di responsabilità penale disegnato dal legislatore in materia di sicurezza sul lavoro un ruolo chiave è stato assegnato dalla più recente giurisprudenza e alla luce delle modifiche introdotte dal D.Lvo 81/2008 alla figura del capo-cantiere. In particolare una recentissima sentenza ha ribadito che il capocantiere assume la qualità di garante dell’obbligo di sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l’esecuzione sicché egli risponde penalmente in caso di lesioni occorse ai dipendenti (Cass. 2013).

l’ambiente di lavoro abbia i requisiti di affidabilità e di legalità quanto a presidi antinfortunistici, idonei a realizzare la tutela del lavoratore, e di vigilare costantemente affinché le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l’opera. Deve altresì attivarsi per controllare fino alla pedanteria che i lavoratori assimilino le norme antinfortunistiche nella ordinaria prassi di lavoro. Tale onere di informazione e di assiduo controllo si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze di altri, venendo per la prima volta a contatto con un ambiente e delle strutture ad essi non familiari, e che perciò possono riservare insidie non note. Sussiste, pertanto, un cosiddetto “rischio aziendale” connesso all’ambiente, che deve essere coperto da chi organizza il lavoro. È importante ribadire che le norme di prevenzione degli infortuni sono stabilite non solo per la protezione dei lavoratori ma, come sopra illustrato, anche dei terzi, che si trovino esposti al pericolo del lavoro effettuato da altri nell’ ambiente o ai pericoli dell’ambiente stesso, poiché la sicurezza collettiva assume, in tale settore, vera e propria rilevanza giuridica meritevole di tutela penale. In conclusione, si assiste sempre di

più nelle decisioni dei tribunali ad una espansione della responsabilità del datore di lavoro (o degli altri soggetti preposti) che è chiamato a rispondere, civilmente e penalmente,quale destinatario di un onere particolarmente gravoso, per il mancato rispetto delle norme in materia a prescindere quindi da ogni rapporto di dipendenza diretta con l’impresa.

È stato affermato più volte dalla giurisprudenza che in materia di prevenzione degli incidenti sul lavoro, il capo cantiere, anche in assenza di una formale delega in materia di sicurezza sul lavoro, è destinatario diretto dell’obbligo di verificare che le concrete modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative all’interno del cantiere rispettino le norme antinfortunistiche. Il capo cantiere, infatti, è la persona adatta a controllare la corretta applicazione delle norme per la prevenzione di incidenti in cui possono essere coinvolti i dipendenti (ovvero terze persone estranee ai lavori) e deve verificare che le concrete modalità delle prestazioni lavorative all’interno del cantiere rispettino le predette norme. In via generale, a prescindere da formali nomine, in tema di infortuni sul lavoro chiunque abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, è tenuto ad attuare le misure di sicurezza, a disporre e ad esigere che esse siano rispettate. A nulla rileva, inoltre, che vi siano altri soggetti contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo (datore di lavoro, delegati o preposti): tutti coloro che rivestono posizioni di preminenza rispondono individualmente e per intero e l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitare ad ognuno dei titolari di tale posizione.

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MARMI E PIETRE

TESTI Michele Sommaruga Geologo in Verona

L’UOMO E LA PIETRA NELL’ANTICHITÀ

Il sito archeologico di petra, in Giordania

Storia di un intenso rapporto, dalle caverne ai marmi lavorati dell’Età classica Il rapporto dell’uomo con la pietra affonda le sue radici nei tempi più remoti, alla scala dei milioni d’anni; ovviamente, di esso vi è testimonianza più copiosa e durevole che non di quello riferibile ad altri materiali più deperibili quali il legno o parti di animali (ossa e tendini). Tuttavia, l’uso di essa non è caratteristico della sola specie umana: le scimmie antropomorfe utilizzano talvolta pietre quali percussori, ma anche altre specie ne usufruiscono nella loro quotidianità: alcuni tipi di uccelli (facevano così pure varie tipi di dinosauri) inghiottono ciottoletti quarzosi detti appunto gastroliti, per migliorare l’efficienza dello sminuzzamento del cibo nello stomaco; insetti come le Friganee trascorrono lo stadio larvale nelle acque dolci protette da un astuccio mobile o fisso al fondo, costituito da pietruzze agglutinate

con seta; infine, numerosi animali e piante pioniere trovano riparo nelle cavità di ogni dimensione presenti nelle rocce. Per tornare agli umani, già i primi ominidi, abbandonato l’ambiente forestale, si rifugiavano in grotte o ripari sotto roccia che li proteggevano dalle intemperie e dai predatori; ma l’aspetto più caratterizzante e specifico dei nostri antenati è stato l’uso sempre più sofisticato delle pietre quali utensili d’uso quotidiano (percussori, lame, punte da offesa, da scavo e persino da trapanatura). Se le pietre arrotondate ben si prestavano a pigiare e molare, quelle aguzze consentivano operazioni più raffinate quali il taglio e la sagomatura di pelli e pezzi di legno; pertanto, utili erano quelle che, opportunamente percosse e fratturate, si scheggiavano

spontaneamente in lame e punte: atte a questo scopo erano soprattutto le ossidiane (vetri vulcanici prodotti da una rapida solidificazione delle lave) e le selci, varietà di silice amorfa o formata da cristalli molto piccoli, impura, che si trova inclusa sotto forma di noduli o letti in rocce di diversa composizione, specie nei calcari. In rapida carrellata seguiamo questa attitudine umana: due milioni e mezzo d’anni fa viveva in Africa l’Homo habilis, detto così per la sua capacità di produrre strumenti; gli successe l’Homo erectus, ormai estinto da quasi 500.000 anni alla comparsa dell’Homo sapiens; entrambi questi ultimi furono sempre più abili nel lavorare la pietra. Circa 190.000 anni fa, infine, importanti mutazioni produssero l’uomo moderno,


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Resti dell’antico insediamento Maya di Tulum, in Messico (Foto: Giorces) detto magnanimamente sapiens sapiens. In questa trafila evolutiva, la forma dei manufatti litici è così caratteristica di ogni epoca e livello tecnologico, da essere usata per datare i reperti in assenza di altri indicatori.

Ma solo 35.000 anni fa le capacità umane di idealizzazione subirono un vero salto quantico, ancora una volta registrato dalla pietra: esso è testimoniato dai primi graffiti e disegni parietali tracciati su massi e dirupi, ma soprattutto sulle pareti di numerose grotte, specie in quelle franco-pirenaiche.

Essi raffigurano in modo talora possente e straordinariamente moderno animali ed esseri umani e sembra siano stati prodotti da sciamani sotto l’effetto di droghe vegetali in grado di suscitare visioni oniriche scambiate per reali comunicazioni con mondi contigui al nostro, di cui si cercava poi di fissare la memoria dell’incontro. Il passo successivo fu quello di scolpire ossa e pietre a raffigurare figure umane soprattutto femminili, ma anche animali, quali cavalli, cervi, uccelli, ecc. In quelle epoche gli uomini erano nomadi cacciatoriraccoglitori e la produzione artistica su e con pietra era limitata a piccoli oggetti trasportabili; l’uso funzionale grandioso e celebrativo della pietra, tuttavia, fiorì dopo la scoperta dell’agricoltura, avvenuta circa 10.000 anni fa nella Mezzaluna fertile e poi indipendentemente in altre regioni della Terra. L’uomo divenne stanziale: a partire dal Medio-Oriente furono edificati i primi villaggi stabili: successivamente sorsero vere città-stato, abitate da complesse società diversificate in classi sociali e, infine, dei grandi imperi. Nel Nord Europa furono erette grandi steli isolate o allineate, oggi dette Dolmen e Menhir; esse commemoravano grandi capi, particolari eventi o il ritmo dell’apparente danza solare, come il complesso di Stonehenge in Inghilterra; tali civiltà, diffuse anche nel Mediterraneo, come, ad esempio, a Malta, furono dette megalitiche.

Alcuni dei principali giacimenti di marmo dell’Età Classica

In tale mutato contesto urbano e sociale,


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MARMI E PIETRE e munito di lunga punta; per disgaggiare i blocchi si usavano cunei simili agli odierni, ma con testa più piccola del corpo. Per facilitare il trasporto del materiale estratto, venivano scelte pareti rocciose prossime ai fondovalle, si scopriva il fronte e la sommità dell’affioramento e poi si isolavano i blocchi a forma di parallelepipedo con tre scanalature verticali tra loro perpendicolari, scalzandoli infine alla base mediante cunei.

Marmo pentelico, caratteristico della Grecia, impiegato per la costruzione del Partenone (Foto: MM) le classi dominanti avviarono un utilizzo sempre più massiccio di pietre di ogni tipo e dimensioni, non solo a scopi difensivi (sino a produrre mura ciclopiche), ma anche a testimoniare la loro ricchezza e grandezza o la potenza delle religioni e delle divinità. Testimonianze di quel passato, in primo luogo delle antiche civiltà medio-orientali, sono i resti di Persepoli in Persia, le possenti mura delle città fenicie, ma, sopra ogni altra, le immense piramidi egiziane, le sfingi, i templi con immensi colonnati e le enormi statue scolpite nei dirupi collinari. Ancor oggi ci domandiamo quali sistemi siano stati posti in opera per trasportare quei blocchi di enorme peso e dimensioni anche da grandi distanze; gli Egiziani li staccavano in cava con cunei di legno infissi a rifiuto e poi imbevuti d’acqua a dilatare; per il taglio usavano arnesi di ferro temprato e per la lisciatura sabbie abrasive e pezzi di granito con duri corindoni incastrati; per il trasporto, infine, utilizzavano corde, rulli, macchine elevatrici e navi . Col fiorire dell’epoca classica, la civiltà greca si avvalse dei marmi nell’arte scultoria (in cui eccelse) e nell’architettura, sia portante che ornamentale. Numerose cave, dette latomie, furono così aperte in Italia, nelle Isole Egee e altrove; da esse venivano estratti marmi pregiati come il Lychnites a grana lucente, dell’Isola di Paros, il più celebre dei marmi antichi, oppure quello del Monte Pentelico in Attica, candido e a grana fine, simile allo Statuario delle Alpi Apuane, con il quale fu edificato il Partenone, o il Tenaro, stimato il più bello dei marmi neri ed estratto dall’omonimo promontorio greco. Gli Etruschi, rivali dei Greci, ebbero scali commerciali come quello della città di Luni, emporio di marmi apuani; essi utilizzavano anche l’alabastro, estratto da masse gessose, specialmente per produrre urne cinerarie. La conquista romana di entrambe le sponde del Mediterraneo unificò il commercio delle pietre da taglio: a partire dall’ultimo

secolo della Repubblica, l’attività estrattiva raggiunse dimensioni mai viste e un uso sfarzoso soprattutto dei marmi, a celebrare la grandezza imperiale e la potenza delle famiglie più illustri. A Roma e nelle città delle province più ricche, affluirono i graniti e i porfidi egiziani, i pregiati marmi greci ed italiani, e pure quelli dell’Asia minore e della Numidia; ne ricordiamo qui alcuni, come il Giallo Antico o Numidico o Libico del Monte Maurasido nelle coste di Barberia, di colore zafferano gradante al bianco, macchiato di giallo scuro o dorato; il Nero d’Egitto o di Lucullo, il console che primo lo usò a Roma, percorso da poche vene bianche lunghe e strette, che veniva scavato in un’isola del Nilo, e il Bianco e Giallo d’Armenia Minore detto Fengite per il suo splendere a specchio. In questo fermento, i migliori scultori ed architetti greci furono chiamati a Roma e nelle principali città dell’Impero per abbellire i panorami cittadini e gli scorci privati. Un intatto riflesso di questo splendore classico sono le facciate della città Nabatea di Petra in Giordania, conquistata da Traiano, interamente scolpite nei rilievi rupestri e le numerose rovine di grandi città diffuse su entrambe le sponde del Mediterraneo. Le cave romane erano quasi tutte patrimonio imperiale, più raramente di privati; alcune impiegavano anche migliaia di lavoratori attinti tra gli schiavi, i condannati e successivamente fra i Cristiani. Essi erano divisi in corpi o collegi a seconda della specializzazione e venivano amministrati da un prefetto del fisco imperiale e sorvegliati da un centurione e dal suo presidio militare. Si lavorava con vari strumenti testimoniati da quelli rinvenuti nelle Alpi Apuane: la picchetta, simile al martello da muratori, terminava con una punta ricurva di acciaio e aveva un manico di quercia; la mazzetta, anch’essa simile all’odierna, aveva testa piatta quadrata a un estremo e punta piramidale all’altro; il piccone era diritto

Ogni blocco veniva contrassegnato con una incisione o un inserto in piombo recanti il suo numero progressivo, il nome della cava d’origine nonché del procuratore, del soldato e del servo preposti. Il taglio delle pezzature era eseguito con scalpelli e la recisione in tavole avveniva mediante seghe; per le perforazioni si usavano trapani, mentre la messa in opera si compiva con l’uso di macchine a carrucole e con argani atti al sollevamento e alle girate. Il trasporto su lunghe distanze procedeva via mare con le navi onerarie o lapidarie anche perché di fatto le cave più importanti erano per lo più ubicate lungo le coste marine (Luni, Imetto, Pentelico, Paros, Chio, Mileto, ecc.) o lungo i fiumi (Siene, Filea, Alabastron, ecc.). Alcune cave, però, si trovavano in zone dell’interno, come quelle del granito grigio e del porfido del Monte Claudiano, distante 130 km da Cenopoli sul Nilo o del Marmo di Alabanda, in Caria, distante 100 km dalle coste del Mar Egeo. In Italia rinomate furono le cave di marmo di Luni, quelle di granito delle isole d’Elba e del Giglio e altre di siti Alpini o prealpini, come quelle aperte presso Verona e Brescia. Il tracollo dell’Impero romano d’occidente condusse al declino pressoché totale di questa attività nelle sue Province, ma l’estrazione e la lavorazione del marmo continuò nella sua divisione orientale, anche se con l’utilizzo di un minor numero di cave. Così, per più di cinque secoli, le tecnologie e le professionalità legate all’uso della pietra subirono un regresso culturale e tecnologico, mentre nuove cave di conci già bell’e pronti divennero proprio gli antichi monumenti classici, rovinati o abbattuti dai barbari, vennero poi saccheggiati dalle popolazioni sopravviventi. Ma l’uso della pietra per costruire enormi complessi architettonici proseguiva in remote civiltà quali quella Maya e l’Azteca in centro America e nei grandi regni dell’Asia meridionale. Nell’undicesimo secolo, quando nuove disponibilità economiche resero possibile la costruzione delle grandi cattedrali gotiche, vecchie tecnologie conservate a oriente e reimportate dagli arabi, nonché nuove conquiste tecnologiche consentirono la ripresa dell’attività estrattiva, la scoperta di nuovi bacini estrattivi e la creazione progressiva di un mercato globale: ma questa è storia più moderna e altrettanto complessa, che può essere oggetto di un altro articolo.


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