I parchi delle sorgenti progetto v 01 ed 6

I PARCHI DELLE SORGENTI di PONTECAGNANO FAIANO

IL PROGETTO 2017 Ed.01.6

ASSOCIAZIONE PICENTIAE HISTORIAE CULTORES - HISTORIA MAGISTRA “MARIO MONTEFUSCO” CodiceFiscale:95162700652 Via Vittorio Emanuele, 172 84098PontecagnanoFaiano(Sa)

SOMMARIO 1

Prefazione.................................................................................................................................................. 3

2

introduzione .............................................................................................................................................. 3 2.1 Lo Stato Attuale ................................................................................................................................ 4 2.1.1 Settebocche ............................................................................................................................... 4 2.1.2 Formola ..................................................................................................................................... 5 2.2

3

La Proposta di Massima ................................................................................................................... 6

Motivazioni del progetto .......................................................................................................................... 7 3.1

Aspetti Archologici ........................................................................................................................... 7

3.2

Aspetti storici .................................................................................................................................... 8

3.3

Aspetti geologici................................................................................................................................ 9

3.4 Aspetti naturalistici ......................................................................................................................... 16 3.4.1 Sette Bocche ............................................................................................................................ 16 3.4.2 Formola ................................................................................................................................... 17 3.5 4

Aspetti Economico Sociali .............................................................................................................. 18

La proposta ............................................................................................................................................. 18 4.1 Parco Naturale delle Settebocche .................................................................................................. 18 4.1.1 Definizione dell’area ............................................................................................................... 19 4.1.2 Utilizzo Attuale e Destinazione Urbanistica .......................................................................... 20 4.1.3 Ripristino Ambientale ............................................................................................................. 20 4.1.4 Utilizzo Scientifico .................................................................................................................. 22 4.1.5 Proposte per la gestione e manutenzione ............................................................................... 22 4.2 Parco urbano del Formola .............................................................................................................. 22 4.2.1 Definizione dell’area ............................................................................................................... 24 4.2.2 Utilizzo attuale E Destinazione urbanistica ........................................................................... 24 4.2.3 Percorsi e arEe attrezzate........................................................................................................ 25 4.2.4 Percorso naturalistico ............................................................................................................. 25 4.2.5 Aree attrezzate......................................................................................................................... 26 4.2.6 Proposte per la gestione e manutenzione ............................................................................... 27

5

I Possibili Finanziamenti ........................................................................................................................ 27

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1

PREFAZIONE

Il documento è stato elaborato grazie al contributo di: Alberto Alfinito - Geologo, Adele Basso – Architetto Chiara Brancaccio – Scienziato Ambientale Federico Arcangelo Marra – Informatico e Project Manager Domenico Negro – Geologo Felice Nicotera – Scrittore Amedeo Rossi – Archeologo Francesco Santoro – Architetto E grazie al sostegno di.

Raffella Di Leo – Presidente di Italia Nostra provincia di Salerno Stefano Parisi – Presidente Consorzio Irrigazione Faiano e Formola

2

INTRODUZIONE

Le sorgenti delle “Settebocche” e del “Formola” rappresentano la ragione storica per cui la comunità di Pontecagnano Faiano esiste e si è sviluppata nel tempo. Grazie al contributo delle loro acque si è potuto coltivare e per lungo tempo anche dissetarsi, oltre a rappresentare un patrimonio naturalistico. Per tale motivo riteniamo che la loro tutela sia un obbligo comune ed è necessario prendere iniziative in tal senso come ad esempio creare due piccoli parchi naturali che le inglobino e le proteggano visto che l’università di Napoli, veniva a studiare la biodiversità presente nell’ecosistema attorno alla sorgente delle Settebocche.

Purtroppo tutto questo negli ultimi anni è stato totalmente devastato compromettendo quel delicato equilibrio. Tutto è testimoniato sia da foto satellitari sia da foto scattate nei pressi delle sorgenti.

Non riteniamo che tutto sia perduto se faremo in modo di rendere pubbliche le aree che ospitano le sorgenti cercando di ricostruire quell'ecosistema così frettolosamente distrutto. Non solo conserveremo memoria delle nostre origini ma tuteleremo un ecosistema ancora fondamentale per la nostra comunità e restituiremo alla collettività uno spazio naturale di cui poter godere.

La associazione “PICENTIAE HISTORIAE CULTORES” ha raccolto l’esigenza di dover tutelare le sorgenti presenti sul territorio del comune di Pontecagnano Faiano e farsi promotrice di tutte le iniziative necessarie per creare dei piccoli parchi naturali di proprietà pubblica a protezione di tali sorgenti, coinvolgendo e stimolando le istituzioni a tutti i livelli, locale, provinciale, regionale, nazionale ed europeo, affinché vengano utilizzate le risorse economiche per la tutela ambientale. Parliamo della sorgente denominata delle “Settebocche”, in località Faiano, e le sorgenti del fiume “Formola” in località S. Antonio.

Per meglio sostenere e supportare le suddette iniziative nelle sedi istituzionali abbiamo ritenuto fondamentale avvalerci del supporto di ITALIA NOSTRA e del CONSORZIO di IRRIGAZIONE FAIANO E FORMOLA, che è il gestore e utilizzatore delle acque delle suddette sorgenti., verificando insieme il percorso da intraprendere per il raggiungimento degli obbiettivi che ci siamo posti.

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2.1 2.1.1

LO STATO ATTUALE SETTEBOCCHE

Purtroppo negli ultimi anni l’area delle “Settebocche” è stata totalmente devastata compromettendo un ecosistema ricco di biodiversità. Tutto è testimoniato sia da foto satellitari sia da foto scattate nei pressi della sorgente che abbiamo raccolto e che alleghiamo.

Le foto satellitari mostrano il progressivo depauperamento, partendo dal 2005 ad oggi, mostrando dapprima una folta vegetazione costituita da alberi di alto fusto che coprivano l’intera area, tanto che il corso del fiume era totalmente nascosto, fino al quasi completo disboscamento tanto che il corso del fiume e la stessa sorgente è completamente visibile. Questo è confermato dalle foto fatte prima e dopo il disboscamento evidenziando la inciviltà con cui sono stati abbattuti tutti gli alberi.

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2.1.2

FORMOLA

Per quanto riguarda le sorgenti del “Formola”, esse, pur stando vicino al centro abitato sono state abbastanza preservate ricadendo in una zona riservata dal PRG a standard urbanistici, mai realizzati. In questo modo hanno potuto “resistere” all’aggressione edilizia ed alla incivile consuetudine di abbandonare rifiuti ovunque. In ogni caso come si evince dalle foto satellitari anche quest’area ha subito un drastico disboscamento. Tuttavia anche per queste sorgenti riteniamo necessario ripristinare la flora e la fauna che nel tempo sono stati distrutti per dare spazio alle coltivazioni. Data la loro collocazione esse potrebbero essere inserite in un parco cittadino più ampio da mettere a disposizione di tutta la città.

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2.2

LA PROPOSTA DI MASSIMA

Per proteggere le sorgenti andrà prevista una area di rispetto abbastanza ampia che andrà recintata e custodita, regolandone l’accesso. Nelle suddette aree andrà ripristinata la flora originale attraverso la piantumazione di essenze e ove possibile anche la fauna. Nelle immagini satellitari viene indicato un perimetro di massima per ogni parco che ovviamente andrà verificato con i dati catastali e di proprietà. Per fare ciò andrà interessata l’Amministrazione Comunale per la precisa identificazione delle aree, a cui suggeriremo i possibili strumenti di finanziamento e supportarla nell’identificare il percorso istituzionale più rapido ed efficace per la creazione dei parchi.

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3 3.1

MOTIVAZIONI DEL PROGETTO ASPETTI ARCHOLOGICI

Il comparto territoriale di Pontecagnano restituisce testimonianze del Neolitico Recente, dell’Eneolitico e in minor quantità del Bronzo recente. Di queste fasi attestazioni ne abbiamo sia sulla riva sinistra del fiume Picentino, presso il ponte di Pontecagnano, sia in loc. Sant’Antonio. In particolare lo scavo della necropoli sulle sponde del Picentino ha rivestito un importante e significativo avanzamento della ricerca archeologica per quanto riguarda l’Eneolitico e soprattutto la facies cultura del Gaudo, ampiamente attestata nella necropoli. Altre notizie di rinvenimenti di età eneolitica provengono da Podere Cossesso e dalla sorgente di ASSOCIAZIONE PICENTIAE HISTORIAE CULTORES - HISTORIA MAGISTRA “MARIO MONTEFUSCO” CodiceFiscale:95162700652 Via Vittorio Emanuele, 172 84098PontecagnanoFaiano(Sa)

S. Benedetto. Queste aree insediative perdurano con soluzione di continuità fino alla Media età del Bronzo (XV-XIV sec.a.C.). Dopo un momento di stasi nell’occupazione del territorio, si ricorda solo un insediamento del Bronzo Recente individuato durante gli scavi per l’allargamento dell’A3, dalla Prima Età del Ferro, tra X e IX sec. a.C., abbiamo la nascita di un vasto insediamento proto urbano di facies villanoviana conosciuto soltanto attraverso le sue necropoli e che occupa parte dell’attuale cittadina di Pontecagnano.

Le informazioni sull’abitato, le cui prime tracce sono emerse negli scavi degli anni 60, sono state ampliate mediante lo scavo della terza corsia dell’autostrada A3/Salerno-Reggio Calabria. Fondamentale per l’identificazione dei limiti dell’abitato antico si sono rivelate le indagini della Fondazione Lerici.

Alla prima metà del VII sec. a.C. risale la più antica documentazione dell’abitato, mentre all’inizio del VI sec. a.C. data l’insediamento etrusco-sannitico pianificato in senso urbano. In questa fase si osserva una più precisa ridefinizione delle vocazioni dei settori (abitativa, artigianale) e la nascita di due santuari. L’abitato subirà una “rifondazione” tra il VI e V a.C. con l’imposizione di un impianto per strigas e di una nuova perimetrazione. In questo periodo non c’è una presenza capillare nel territorio che risulta sfruttato per scopi agricoli ma privo di forme stanziali stabili. Dopo le trasformazioni derivanti dall'arrivo dei Sanniti e in particolare dalla metà del IV secolo a.C. registriamo un aumento del popolamento nel territorio della cittadina italica. In particolare la sorgente di S. Benedetto sembra essere luogo di frequentazione anche nel IV sec.a.C. Non è escluso che la zona delle sorgenti fosse sede di un luogo di culto dedicato alle acque.

Questo sistema insediativo, sebbene sia entrato in crisi nel 268 a.C. quando i Romani fondano Picentia, mostra nella zona collinare la nascita e il persistere di alcune fattorie come in località Torre Morese (villa rustica di III-II sec.a.C.) e in loc. Limiti (villa rustica di età medio-imperiale). La città dotata dalla seconda metà del III a.C. di un nuovo impianto regolare, che occupa solo una parte dell’insediamento arcaico e classico, vive fino al II sec. d.C. e in una forma ulteriormente ridotta fino al VI sec. d.C. (bibliografia: SANTORIELLO A.; ROSSI A(2006). Aspetti e problemi delle trasformazioni agrarie nella piana di Pontecagnano (Salerno): una prima riflessione. ANNALI DI ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA. Vol. 11-12. Pag.244-25; A.ROSSI, “Contesto ambientale e dinamiche insediative tra l’Età del Ferro e l’Età arcaica”, in L. Cerchiai &P.Gastaldi (ed), Pontecagnano: la città, il paesaggio, la dimensione simbolica, in AIONArchStAnt, 2004-2005, 11-12 (n.s.), pp. 225-234; C.PELLEGRINO, A.ROSSI, (ed) “Pontecagnano I.1. Città e campagna nell’Agro Picentino (Gli scavi dell’autostrada 2001-2006)”, Fisciano, 2011).

3.2

ASPETTI STORICI

La riappropriazione della memoria di un “passato per niente estraneo al presente”, al fine di meglio comprendere e salvaguardare la realtà in cui viviamo, ci obbliga a rivolgere lo sguardo alle sorgenti delle “Settebocche” e del “Formola”, motivo delle ragioni storiche per cui la comunità di Pontecagnano Faiano si è sviluppata nel tempo. Verso la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, alcuni borghesi illuminati capirono che bisognava incanalare e ordinare le acque per irrigare i campi e per animare le numerose macine di mulini presenti sul territorio. Le acque, autentica fonte di vita, contribuirono a far crescere una fiorente attività agricola e per lungo tempo a coprire il fabbisogno idrico della popolazione. Le prime tracce relative a un regolamento delle acque le troviamo nell’Istrumento per notar Vito Sarlo di Salerno, del 2 agosto 1794, con l’alligato istrumento per notar Alessandro Vitelli di Napoli, del 19 luglio 1794, contenente commutazione in denaro delle prestazioni in generi dovute alla Regia Badia di S. Benedetto di Fajano dai suoi reddenti possessori di terreni irrigui nell’Agro di Fajano con le acque delle sorgenti Fajano e Formola. Dalla lettura si evince “come da più di due secoli fu agitata e continuata nei Tribunali della Capitale di Napoli dispendiosissima lite fra gli Abbati Comendatizii del Nobile Monastero di S. Benedetto di questa città di Salerno, e li possessori della massima parte dei territori siti nel Feudo di Faiano per i terraggi pretesi dagli

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anzidetti Abbati e negati dai suddetti possessori dei territori di detto Feudo”. Già nei primi decenni del 1500, l’Abbate Commendatario della suddetta Badia di S. Benedetto di Salerno era in lite contro molti possessori di territori siti nel tenimento del Feudo di Faiano per riscuoterne le prestazioni che d’altri possessori solea esigere. A quell’epoca il Feudo di Fajano comprendeva un bosco nominato la Foresta, le sue acque perenni, il Molino a grano, le Mortelle, il Palazzo, la Chiesa intitolata S. Giuliano, cinque altre chiese dirute, certe case a Lamia vicino al Palazzo, un Molino di macina mortelle e terre seminatorie. Nel 1904, i singoli proprietari, costituirono il legale Consorzio d’Irrigazione delle acque sorgenti delle falde del Monte una volta dei Reali Demani e che costituivano il piccolo fiume di Fajano e delle altre acque denominate della Formola nascenti al di sotto della via Provinciale, nel perimetro del comune di Montecorvino Pugliano e delle quali i medesimi si sono sempre avvalsi, per proprio diritti e per concessione perpetua, per i bisogni dei loro terreni a mente dello istrumento 19 luglio 1979 per notar Vitelli di Napoli e di altri titoli relativi a singoli possessori, e come dalla ripartizione eseguita nel 15 giugno 1811 dal ’Ing. Matteo D’Amato. Il perimetro delle proprietà irrigate con tali acque era limitato ad occidente dalla linea d’irrigazione con le acque del fiume Picentino, ad oriente dal torrente Asa, e si estendeva a mezzodì sino al mare, corrispondendo nello insieme alla estensione di circa tomoli 1660 della misura locale, come dall’anzidetta perizia D’Amato, pari ad ettari 650 circa. Il Consorzio aveva per oggetto di provvedere alla conservazione e difesa dei diritti degli utenti ed al riparto della spesa relativa all’irrigazione.

3.3

ASPETTI GEOLOGICI

Prima di affrontare gli aspetti più strettamente geologici delle aree in oggetto si ritiene opportuno affrontare e chiarire una questione strettamente terminologica che servirà a rendere più chiaro nel seguito tutti quei caratteri climatici ovvero paleoclimatici, sedimentologici, idrologici, chimici, mineralogici, geochimici, ma anche geologici, geomorfologici etc. che compongono il quadro geo-ambientale generale di un’area, come quella di Faiano-Pontecagnano, nelle loro diverse componenti.

Nell’attuale orientamento della terminologia scientifica internazionale si tende a fare una distinzione tra “Travertini” e “Tufi Calcarei” basata essenzialmente sui caratteri genetici di tali depositi così come riportato in I “Travertini” in Italia: proposta di una nuova nomenclatura basata sui caratteri genetici (diCapezzuoli&Gandinin Il Quaternario - Italian Journal of QuaternarySciences 17(2/1), 2004, 273-284).

In particolare in Italia, con il termine Travertino, si fa riferimento ad una ampia varietà di carbonati di origine continentale.Bisogna preliminarmente dire che sia i “Travertini” sia i “Tufi Calcarei”sono depositi e/o rocce di origine sedimentaria di ambiente continentale costituite prevalentemente da carbonati. Tali tipi di carbonati possono essere deposti in diversi ambienti continentali da acque lacustri, palustri e/o fluviali derivanti da sorgenti calde o fredde e formatisi in diverse condizioni chimico-fisiche, biologiche e climatiche.

In sostanza per giungere ad una classificazione genetica affidabile bisogna tenere in conto soprattutto dei caratteri petrologici affiancati da quelli geochimici.

Pertanto solo i depositi concrezionari collegati a sorgenti idrotermali possono essere denominati Travertini (termine nato per i depositi formatisi intorno alle sorgenti calde di Tivoli tradotto in inglese Travertine). La particolarità dei Travertini è che sono relativamente poco influenzati dai fattori climatici, sono caratterizzati da facies prevalentemente cristalline disposte secondo una regolare laminazione, mostrano alti tassi di accrescimento, scarso contenuto organico e un arricchimento in C13, Carbonio Inorganico Disciolto Totale (TDIC), Magnesio, Stronzio e Zolfo.

Mentre i depositi carbonatici continentali non termali, derivati cioè da acque fredde di origine sia fluviopalustre e/o di sorgente, possono essere denominati Tufi Calcarei (in inglese Calcareous tufa). Proprio i Tufi calcarei rappresentano gli estesi depositi attuali e fossili, anche terrazzati, che affiorano sia nell’area di

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Faiano-Pontecagnano sia nelle aree limitrofe come ad esempio Filetta di San Cipriano Picentino. Si tratta di incrostazioni carbonatiche su supporti formati prevalentemente da organismi vegetali superiori (briofite, giunchi, ecc.) con tassi di deposizione di norma bassi, sono influenzati dalle condizioni climatiche, e contengono basse concentrazioni di TDIC, di Stronzio e di Magnesio con accentuato impoverimento in C13.

In base a quanto fin qui detto, risulta chiaro che i depositi carbonatici presenti nell’area delle sorgenti del Formola di Faiano-Pontecagnano rappresentano un esempio di Tufi calcarei e proprio perché questo tipo di depositi carbonatici è influenzato dalle condizioni climatiche può essere utilizzato quale indicatore climatico ovvero può essere utilizzato nelle ricostruzioni paleoclimatiche.

Proprio i depositi di tufi calcarei di Faiano sono stati oggetto di uno studio specifico quali indicatori climatici da parte del C.N.R. (I travertini quaternari dell’Italia centro-meridionale quali indicatori climatici–E. Anzalone et al. – in Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del C.N.R.) nell’ambito del progetto VECTOR VULnerabilità di 5 sistemi COSTieri, impattodei cambiamenti climatici sul trasporto fluviale e sulle falde acquifere (coordinato dal prof. Bruno D’Argenio dell’Università Federico II di Napoli dell’Istituto Ambiente Marino Costiero). I risultati dello studio effettuato sui depositi di Faiano hanno dato l’opportunità di esaminare il sistema fossile interpretandone i processi, ma anche di effettuare confronti con i processi di precipitazione e i loro prodotti attualmente informazione lungo alcuni canali di irrigazione. A tal uopo, uno di questi canali è stato usato come laboratorio naturale, allestendovi cinque stazioni di prelievo, monitorate periodicamente. Il sistema carbonatico continentale di Faiano, già parzialmente analizzato negli anni ottanta (D’Argenio B. et al., 1983. I travertini di Pontecagnano (Campania). Geomorfologia, Sedimentologia, Geochimica. Bollettino Società Geologica Italiana, 102: 123-136.) è stato pertanto riesaminato in chiave moderna e a scalada millimetrica a metrica, per interpretarne l’evoluzione ambientale e i controlli genetici.

Gli studi condotti sono stati di tipo multidisciplinare (sedimentologico e geochimico isotopico) ed hanno consentito: a) di studiare questi depositi in termini di sistemi carbonatici continentali dove è possibile riconoscere differenti ambienti deposizionali la cui organizzazione interna è controllata non solo da fattori locali (morfologia, vegetazione igrofila, ecc.), ma anche da variazioni climatiche; b) di individuare, a scala metrica e centimetrica, una regolare organizzazione interna delle caratteristiche deposizionali che si riflette nella formazione di ritmi e sequenze ritmiche, troncate da ricorrenti superfici di discontinuità, che testimoniano la natura “pulsante” della crescita dei travertini (alternanza di periodi di accumulo e non deposizione e/o erosione); c) di interpretare la organizzazione verticale delle litofacies (punto b) e la regolare gerarchia di oscillazioni isotopiche dell’ossigeno e del carbonio in termini climatici, individuando dei trend regolari; d) di comprendere le variazioni climatiche registrate localmente per inquadrare i risultati ottenuti nelle problematiche di carattere generale; e) di riscontrare numerose analogie sedimentologiche e geochimiche tra il sistema fossile e quello attuale dell’area oggetto di studio.

I risultati ottenuti lasciano comunque numerosi problemi aperti relativi all’individuazione delle relazioni tra clima, idrologia e i tufi calcarei di Faiano ed in generale con tutti i depositi carbonatici continentali. Al fine di dare una risposta a tali problemi una particolare attenzione dovrà essere data all’analisi delle superfici di

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discontinuità e alle loro relazioni con le variazioni dei livelli di falda (ciclo idrologico), a loro volta regolate dal clima.

Inoltre, il trattamento matematico dei dati sedimentologici e isotopici, raccolti a scala da millimetrica a centimetrica, consentirà di quantizzare la durata dei vari ordini di cicli e quindi di comprendere meglio la natura del segnale climatico. Proprio il segnale climatico registrato dai Tufi calcarei potrà essere confrontato con quello di altri depositi carbonatici, non solo continentali, come gli speleotemi e i depositi lacustri, ma anche marini.

Infine, potrà risultare interessante investigare le relazioni che legano la formazione di un sistema deposizionale di travertino alle oscillazionicoeve sia della CO2atmosferica (carota di“Vostok”, Antartica, Petit et al., 1999 – Climate and atmospheric history of the past 420,000 years from the Vostokice core, Antarctica- Nature, 399(6735): 429-436.), siadel livello del mare (Antonioli et al., 2004 - 215-ka History of sea-leveloscillations from marine and continentallayers in Argentarola Cave speleothems (Italy). - Global and PlanetaryChange,43(1-2): 57-78) edella variazione di Ossigeno 18(δ18O).

I tufi calcarei dell'area di Pontecagnano sono organizzati in due corpi principali affioranti in Loc. Filetta e Faiano, situati rispettivamente a Nord e a Sud del Fiume Picentino. L'estensione totale è di circa 27 kmq e gli spessori stimati medi sono nell'ordine di 50-60 metri in affioramento (Amato, 2005). Secondo D'Argenio et al. (1983) queste due placche originariamente erano parte di un'unica lente. Tale considerazione è basata sull’osservazione delle analoghe caratteristiche geochimiche e tessiturali dei tufi calcarei delle due placche.

I tufi calcarei sono riferibili al Pleistocene superiore - Olocene (D'Argenio et al. 1983), in accordo con i rapporti stratigrafici che questi depositi presentano con i terreni adiacenti.

I tufi calcarei di Faiano-Pontecagnano si strutturano in terrazzi posti a quote differenti, separati da depressioni e paleoalvei (Amato et al., 2009). Tali terrazzi sono caratterizzati da intenso carsismo e superfici erosive al top (Amato et al., 2009).

I depositi di tufi calcarei sono presenti nel sottosuolo alternati a paleosuoli, piroclastiti e depositi argillosi e/o sabbiosi così come mostrato nelle figure a) e b) di seguito (Imbriale P. 2014 – I travertini quaternari della Campania: caratteri sedimentologici, geochimici e ipotesi genetica. – Università “Federico II” - Tesi di Dottorato di Ricerca in Scienze della Terra XXV Ciclo).

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Fig. a): Carta geomorfologica dell’area di Faiano-Pontecagnano. Fig. b): Schema dei rapporti stratigrafici delle unità sedimentarie affioranti nell’area di Faiano-Pontecagnano; nella legenda della sezione i tufi calcarei sono indicati come travertini. Traccia della sezione in Fig.a). Da Amato (2005).

Per i tufi calcarei fossili di Faiano in letteratura vengono riportati spessori di 90 metri e un’immersione tendenzialmente verso Sud (Anzalone, 2008). A Faiano vi è deposizione attuale di tufi calcarei in prossimità della sorgente San Benedetto e della sorgente Acqua Solfegna di Ornito. I tufi calcarei di FaianoPontecagnano derivano dalla circolazione delle acque nei Monti Picentini occidentali, e viene ipotizzata anche la circolazione all’interno di un acquifero dolomitico-evaporitico profondo, come suggerito da D'Argenio et al. (1983) in base alle concentrazioni in Mg, Sr e SO4.

I depositi fossili di tufi calcarei presentano facies soprattutto stromatolitiche, legate all'attività di comunità di cianofite e/o batteri, e facies di sabbie calcaree e tufo calcareofitoclastico grossolano, il che sembrerebbe indicare un ambiente di pendio da poco acclive ad acclive (D'Argenio et al., 1988). Nella porzione meridionale della placca di tufi calcarei probabilmente si era impostato invece un ambiente a gradinata di vasche. Le incrostazioni recenti invece, che si osservano anche lungo il canale Sette Bocche, presentano facies prevalentemente microermali, fitoclastiche (su foglie, frustoli, rami etc.) e, in misura minore, stromatolitiche (Anzalone, 2007) e la loro formazione può essere interpretata come in ambiente di pendio.

I campionamenti dei tufi calcareieseguiti nell’area di Pontecagnano hanno interessato due placche principali: in località Malche, nei pressi di Filetta e Faiano (così come mostrato nella figura di seguito indicati rispettivamente con Ma e Fa).

(da Imbriale P. 2014)

Nell'affioramento osservato in Loc. Malche, il deposito di tufo calcareo risulta di colore biancastro, degradato e alternato a paleosuoli. Sono stati prelevati due campioni di tufo calcareo che mostrano caratteristiche differenti. Il primo campione, Ma1 si presenta fortemente degradato e alterato, molto vacuolare, poroso e scarsamente cementato come mostrato nella foto c) di seguito.

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(da Imbriale P. 2014)

Il secondo campione, Ma2, è stato prelevato a pochi metri di distanza dal primo affioramento, lungo un taglio verticale. Questo secondo campione si presenta più compatto e cementato con una minore porosità.

Per entrambi i campioni si riconosce un tufo calcareo di tipo fitoclastico e fitoermale (vedi foto d) d seguito.

(da Imbriale P. 2014)

Qui di seguito si mostrano invece le microfotografie relative sezioni sottili dei due campioni raccolti presso l’affioramento di Faiano (Fa1 e Fa2)

Microfotografia della sezione sottile del campione Fa1. (da Imbriale P. 2014)

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Microfotografia della sezione sottile del campione Fa2. (da Imbriale P. 2014)

La descrizione dei depositi di tufo calcareo riportata nella legenda del foglio geologico Salerno n°467 pubblicato in scala 1:25.000 nell’ambito del progetto CARG a cura dell’ISPRA (ex Servizio Geologico Nazionale), ma derivante dal rilevamento geologico in scala 1:10.000 è la seguente: “Depositi travertinosi (travertini di Faiano) costituiti da travertini fitoclastici e fitoermali con intercalazioni

di sabbie travertinose e lenti di ciottolame poligenico, da travertini microermali, stromatolitici e fitoclastici in livelli clinostratificati e da travertini micro-fitoermali in drappeggi sub-verticali. Sono sormontate da coperture prevalentemente argillose eluvio-colluviali di origine vulcanoclastica o da spessi livelli pedogenici rossastri sabbioso-argillosi. Spessore circa 80 m.”

Si segnala inoltre che tali tipi di affioramenti assumono anche un particolare significato, in termini geologici, anche e soprattutto dal punto di vista sismo-tettonico, in quanto è stato osservato che i depositi di calcareous tufaprecipitano solo da alcune tra le principali sorgenti basali dei massicci carbonatici della regione solo in corrispondenza di faglie attive.

Infatti, non tutte le sorgenti basali dei massicci carbonatici della Campania depositano travertino e la deposizione non sembra essere relazionata alla portata delle sorgenti. Si osserva, in particolare, che alcuni importanti acquiferi carbonatici della Campania, fortemente carsificati e con importanti sorgenti basali (M. Picentini, M. Alburni, M. Cervati, M. di Sapri etc.), non danno luogo a deposizione di travertino. Inoltre, alcune placche sono associate ad acquiferi non carbonatici, ad esempio i travertini di Villamaina che affiorano in una zona interna della catena dove gli acquiferi principali non sono costituiti dai carbonati mesozoici ma da depositi terrigeni di flysch. Altro caso è dato dai travertini di Monticchio Bagni, associati ad un acquifero vulcanico (M.Vulture).

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La chimica delle sorgenti e i valori isotopici del carbonio indicano chiaramente che solo i piccoli corpi di travertino non mappabili, deposti da sorgenti minori e di alta quota, mostrano valori fortemente negativi del δ13C. Tali valori, compresi tra -7,59 e -9,77‰ PDB indicano una origine organica del carbonio negli acquiferi superficiali. Diversamente, i principali depositi di travertino della regione (mtb) mostrano valori isotopici del carbonio positivi, indipendentemente dal tipo di acquifero da cui scaturiscono le acque (vulcanico, carbonatico, flysch) e dal tipo di facies e fabrics che li caratterizzano. Tali valori risultano confrontabili con i valori isotopici ottenuti da altri Autoriper i travertini delle stesse aree. I valori positivi del δ13C indicano chiaramente un significativo contributo da parte del carbonio inorganico, che può avere origine crostale e, al contempo, che il contributo del carbonio organico (derivato dal suolo) è minore.

L’ipotesi del maggiore contributo di fluidi di derivazione profonda è in accordo con le caratteristiche geochimiche delle principali sorgenti alimentatrici dei depositi mappabili, che mostrano un’elevata mineralizzazione e soventepresenza di emissioni gassose associate.

Le relazioni spaziali tra estesi depositi di travertino e faglie estensionali che mostrano evidenze di attività recente suggeriscono che la risalita di fluidi di derivazione profonda arricchiti in CO2 avviene lungo faglie attive, come suggerito da numerosi studi. Infatti, molti Autori riconoscono il ruolo delle zone di faglia, principalmente faglie attive, nella migrazione e degassamento di fluidi di derivazione profonda in aree non idrotermali.

In Appennino meridionale è stata osservata la co-presenza di faglie attive, collapsesinkholes e corpi di travertino mappabili (ovvero estesi). Queste evidenze suggeriscono una connessione tra dissoluzione di carbonati, incentivata da un contributo addizionale di CO2, e precipitazione di carbonati in superficie, lungo faglie attive,generalmente di tipo estensionale.

I corpi di depositi travertinosi della Campania si concentrano lungo importanti faglie con importanza regionale (lunghezza maggiore di alcuni km) che mostrano segni di attività nel tardo-Quaternario. I travertini mostrano inoltre una spiccata relazione con l’età, infatti i depositi più recenti, del Pleistocene superiore– Olocene, si trovano lungo o presso le terminazioni laterali di faglie che risultavano attive durante quello stesso intervallo di tempo. Queste caratteristiche sono coerenti con quanto osservato da diversi autori per altre zone del mondo. I depositi più antichi, riferibili al Pleistocene inferiore-medio, analogamente si rinvengono all’interno o ai margini di depressioni tettoniche interessate da tettonica estensionale nel corso del Pleistocene medio - inferiore. I dati raccolti indicano che l'origine dei calcareous tufa dell'Appennino meridionale è simile a quella dei travertini dell'Appennino centrale e settentrionale, in quanto in entrambi i casi la precipitazione del travertino è connessa alla presenza di una CO2 addizionata in profondità alle acque meteoriche di origine carsica. In Appennino meridionale, questo addizionamento è legato alla presenza di faglie attive che, dopo i campi idrotermali, rappresentano le principali vie di risalita per il degassamento della CO2.

La prevalenza di tessiture del tipo tufa in Italia meridionale sembra essere relazionata alle basse temperature di precipitazione, compatibili con una precipitazione da acque provenienti da sorgenti non termali o a bassa termalità, che si sono raffreddate dopo pochi metri dall'emergenza, in un ambiente di tipo fluviale. Il sistema deposizionale dei travertini è infatti di tipo “dinamico”, ossia allontanandosi dal punto di emissione dell’acqua variano le caratteristiche chimico-fisiche della soluzione e variano perciò anche le caratteristiche dei travertini deposti da zone più prossimali verso zone più distali.

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Il fattore che guida la precipitazione di gran parte dei depositi mappabili è rappresentato da una supplementare sorgente di CO2, fornita da fluidi di derivazione profonda in risalita lungo faglie attive.

Questa circostanza è stata trattata in numerosi studi, anche per altre aree.

Il contributo di una CO2 supplementare può produrre una maggiore aggressività delle acque che interagiscono con le rocce portando ad un aumento della mineralizzazione delle acque. Infatti, le sorgenti che derivano da circuiti idrogeologici superficiali di origine esclusivamente meteorica possono precipitare solo corpi di calcareous tufa di dimensione limitata, non confrontabili con quelle dei corpi mappabili. Il ruolo del degassamento della CO2 in relazione all'origine di travertini, spesso in aree di fagliazione attiva, è stato evidenziato in molti studi ed hanno dimostrato ad esempio che la precipitazione dei travertini nell’area del Grand Canyon è determinata da una fonte supplementare di CO2, fornita da fluidi di derivazione profonda, alle acque meteoriche.

3.4

ASPETTI NATURALISTICI

Le due aree trattate in tale documento, le sorgenti “Sette Bocche” èFormola”, sono caratterizzate da aspetti naturalistici differenti.

3.4.1

SETTE BOCCHE

Le sorgenti “Sette Bocche” nascono in un contesto poco urbanizzato, in un’area ad altissimo pregio naturalistico; il sito, infatti, si trova alle falde dei Monti Picentini, pur non ricadendo all’interno dell’omonimo Parco Regionale. Le sorgenti delle “Sette Bocche”, inoltre, distano soli 2 km dal Bosco di San Benedetto, un polmone verde di 115 ettari nel Comune di Montecorvino Pugliano, rimasto quasi del tutto intatto, dal Quattrocento. A differenza di quest’ultimo, l’area circostante le Sorgenti presenta dei punti di elevata criticità; partendo dalla sorgente e dirigendoci in direzione del collettore delle acque, risalente al 1897, infatti, riscontriamo:   

Eccessivo diradamento del bosco situato a destra della sorgente, dovuto a tagli indiscriminati, soprattutto di querce; Eccessiva presenza di edera (HederaHelix); Acquisita da privati una lunga striscia di terra, alla sinistra del ruscello, e di un’area, posta lungo il margine destro del ruscello, che giunge fino al collettore dell’acqua, risalente al 1897.

Per quanto riguarda le succitate aree, è da sottolineare che esse sono state recintate, e che sono sottoposte a pressioni antropiche differenti:  

Lungo la sponda sinistra, l’acquiszione appare violenta, caratterizzata da un recinto invalicabile e numerose specie invasive, o comunque non tipiche del luogo (agave, pino silvestre).

Lungo la sponda destra, invece, sono presenti molti alberi da frutto, noci, noccioli, olivi, che, resi opportunamente fruibili, potrebbero rappresentare una valenza aggiunta per l’istituzione del Parco, visto e considerato che in passato, Faiano “fu celebre specialmente per la produzione di alcune qualità esclusive di mele e noci” (dall’allegato B del documento “Proposta di delimitazione territoriale per l’istituzione del distretto turistico Sele-Picentini L.106/2011”)

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Nonostante la presenza di tali criticità, l’area, nel complesso risulta conservare un alto valore ecologico. Esso è in relazione in primo luogo alle eccellenti acque che sgorgano dalla Sorgente, ma anche alla preziosa flora che si sviluppa in quest’area. L’area, infatti, presenta ancora un’elevata biodiversità floristica, nonostante l’incuria decennale e i tagli indiscriminati. Da evidenziare:   

Predominanza di fagaceae, in particolare di querce, principalmente del genere Quercuscerris; Discreta presenza di noccioli (Corylus Avellana), di noci (Juglans Regia L.), ulivi (Olea Europaea L.), fichi (Ficus Carica L.), pioppi e salici.

Ricco sottobosco con presenza rilevante di pungitopo (RuscusAculeator), mirto (MyrtusComunis), ciclamino (CyclamenHederifolium), agrifoglio (IlexAquifolium), Salsapariglia (Smilaxaspera), asplenio, euforbia, cardo e asparago.

Vista la situazione, sarebbe opportuno eseguire piccoli interventi di reintroduzione di querce e di lotta alle invasive, accompagnati da una riduzione della presenza di edera; ciò permetterebbe all’ecosistema di tornare ad assolvere autonomamente la sua funzione ecologica.

Considerati, tutti questi aspetti nel complesso, l’esigenza della creazione del Parco, è avvalorata da un duplice aspetto: da un lato, tutelare l’altissima ricchezza naturalistica ancora presente, dall’altro impedire ulteriori interventi antropici lesivi.

3.4.2

FORMOLA

L’area delle Sorgenti del Formola, invece, appare in un contesto totalmente urbanizzato, estendendosi in un quartiere sottoposto a forti pressioni edilizie. Nel 2014, l’area in oggetto, ha subito già una lieve riqualificazione con l’istituzione al suo interno di un’area attrezzata per lo sgambamento dei cani. In essa, inoltre, vi è la presenza di alcune coltivazioni.

L’area, nel complesso, appare privata di buona parte degli alberi che vi erano precedentemente (soprattutto pioppi e querce), ma anche dotata di elementi di elevata naturalità. In primo luogo, il terreno nasconde lo scorrere di preziosissime acque, che opportunamente incanalate, danno sostegno alle coltivazioni della piana che si estende fino al litorale. Inoltre, la maggior parte dell’area conserva una discreta presenza di flora, che assume un valore ancor più prezioso in un quartiere così urbanizzato. Tra la flora, di particolare pregio sono i pioppi (anche se notevolmente ridotti rispetto al passato) e le numerose piante officinali, tra le quali la malva (Malva Sylvestris), la nappola minore (XanthiumStrumarium) e il mirto (MyrtusComunis). A completare il quadro, abbiamo la presenza della canna d’acqua (PhragmitesAustralis), della canna comune (Arundodonax) e delle felci, testimoni dell’abbondante acqua sotterranea. Quest’ultima è dimostrata anche dal fatto che l’area accoglie un enorme varietà di piccoli volatili, che in essa trovano ristoro, soprattutto dal lato che si estende verso Via Aldo Moro. Tuttavia, dal lato opposto, verso Via Abate, rileviamo un certo grado di criticità, dovuto all’abbandono illecito di materiale edile, e al conseguente depauperamento di tutte le specie vegetali.

In quest’area, a differenza di quelle delle “Sette Bocche”, occorrerebbe, non solo reintrodurre alcune specie arboree, ma anche introdurre servizi che possano essere utili alla popolazione. Considerando che, attualmente, lungo Via Aldo Moro e Via Sandro Pertini, numerosi cittadini praticano jogging, sarebbe opportuno dedicare parte di quest’area allo svolgimento di alcune pratiche sportive.

Anche in questo caso, le esigenze dell’istituzione di un Parco è avvalorata dalla volontà di fermare il degrado a cui tende quest’area e dalla necessità di tutelare questo piccolo polmone verde presente a Sant’Antonio di Pontecagnano. Sottolineando, infine, che laConvenzione Europea del Paesaggio, ratificata dall’Italia con

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legge 14/2006, individua il paesaggio quale elemento di benessere nella qualità della vita delle popolazioni, affermiamo con decisione che la tutela di tale area, apporterebbe benefici all’intera popolazione locale.

3.5

ASPETTI ECONOMICO SOCIALI

L’area delle Sorgenti del Formola essendo in un’area urbanizzata, destinata a standard urbanistici mai realizzati, in quanto area sorgiva, dove vi è carenza di spazi verdi e di strutture per il tempo libero rappresenterebbe un’importante opportunità per svolgere attività motoria attraverso aree attrezzati e percorsi naturalistici e di punto di aggregazione sociale. La dimensione dell’area consente di differenziare la possibile offerta di strutture per il tempo libero preservando le aree di maggior interesse naturalistico, come le polle sorgive. Oltre ad attrezzature sportive si potranno destinare ampie aree ad orti urbani con una ricaduta sociale importante specialmente per le fasce più anziane della popolazione.

Diverso discorso è per la sorgente del “Settebocche” dove l’aspetto naturalistico-scientifico prevale ma che comunque può diventare per la sua posizione isolata una possibilità di ritagliarsi da parte dei cittadini uno spazio di tranquillità immerso nel verde e nella natura.

Dal punto di vista economico entrambi i parchi offriranno una opportunità economica sia per la loro realizzazione che per il loro mantenimento e gestione. Sicuramente la collaborazione tra pubblico e privato potrà avere maggior spazio per il parco del “Formola” dove le attrezzature sportive e per il tempo libero consentiranno di attivare meccanismi di gestione atti a coprire anche le attività di manutenzione del parco.

Il parco delle “Settebocche” che con il suo carattere di oasi naturalistica necessiterà di una manutenzione molto ridotta e la cui custodia potrà essere affidata al Consorzio di irrigazione Faiano e Formola a cui è già affidata la gestione delle acque del fiume “Frestola” che nasce da queste sorgenti.

4 4.1

LA PROPOSTA PARCO NATURALE DELLE SETTEBOCCHE

Il parco naturale delle “Sette Bocche” ha lo scopo di esaltare la naturale bellezza dell’area circostante la sorgente, pertanto l’intervento principale del progetto consiste nell’integrare le specie vegetali che sono state eliminate con l’aggiunta di alcune compatibili con l’ecosistema presente e nell’individuare ed organizzare un percorso naturalistico, volto al raggiungimento della sorgente senza prevedere grossi interventi.

Questi si limiteranno prevalentemente:  Alla sistemazione di un’area di parcheggio all’ingresso,  L’integrazione di specie arboree ed arbustive già presenti con l’introduzione di poche specie autoctone e consone alla funzione ecologica-naturalistica del parco,  La valorizzazione e messa in sicurezza di un percorso che porta alla fonte,  La creazione di un’area di sosta nei pressi della fonte con tavoli e panchine in legno.  La sistemazione dei terrazzamenti caratterizzanti la morfologia dell’intorno della sorgente in modo da rendere accessibili i sentieri per raggiungere la parte alta circostante.

Il percorso avrebbe inizio dall’ingresso principale del parco, situato in Via Carlo Pisacane, e continuerebbe fino alla sorgente tramite la sistemazione e la valorizzazione del tracciato attualmente presente che nei pressi della fonte si allarga per dare vita ad uno slargo tra gli alberi e permettere la sosta nei pressi della pozza d’acqua della sorgente e godere dell’amenità del luogo.

L’ingresso principale è previsto lateralmente al collettore delle acque davanti al quale ci sarà una piccola area di sosta individuata da una pavimentazione in brecciolino, e da cui parte il percorso, che costeggerà

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inizialmente il frutteto, per poi proseguire lungo il margine sinistro del ruscello fino al raggiungimento del ponte che permette l’attraversamento del torrente.

Lungo questo primo tratto, le opere saranno soprattutto di messa in sicurezza del sentiero, con l’inserimento di opportune staccionate in legno secondo una tipologia già usata dalla comunità montana dei comuni limitrofi, che utilizza delle strutture semplici in pali di castagno realizzate artigianalmente.

Superato il ponte, visto l’impoverimento attuale delle specie ripariali, è prevista la messa a dimora di alcune specie suffruticose ed arbustive, a delimitare lo scorrimento delle acque. In vista di una naturale riqualificazione dell’area, le specie consigliate sono prevalentemente quelle già presenti che andrebbero integrate come l’agrifoglio, alloro, alcune varietà di salice (cinereo, ripaiolo, rosso, da ceste).

Il percorso culmina in uno spazio aperto circondato dagli alberi antistante il lato destro della piccola pozza dalla quale sorge l’acqua, questo può essere definito dalla terra battuta compattata e attrezzato con un allestimento di tavoli e panchine in legno al fine di consentire un momento di ristoro agli utenti del Parco.

Al lato sinistro dell’area di sosta attraverso l’integrazione di specie di alto fusto (….) si creerà un piccolo boschetto da cui si dipartono i terrazzamenti esistenti da collegare in modo più agevole inserendo dei gradini in legno e delle piccole rampe in terra realizzate usando tecniche e materiali di ingegneria naturalistica, per permettere la percorribilità nell’ipotesi di un percorso di trekking per raggiungere le zone più alte.

L’impianto regolare del frutteto esistente sarà conservato e rivalutato ai fini della produzione di specie tipiche. Nella zona più ad ovest una piccola radura potrà accogliere intrattenimenti all’aperto.

Ricordando che gli ambiti di intervento sono finalizzati al ripristino della funzione ecologico-naturalistica ed estetico-paesaggistica dell’area, si è scelto volutamente di non svolgere grossi interventi, auspicando che questa naturalità rappresenti il punto di forza del Parco delle Sette Bocche.

4.1.1 DEFINIZIONE DELL’AREA L’area che si intende considerare per la previsione di questo parco è quella definita nel grafico planimetrico che costituisce la base su cui sono state individuate le varie parti che compongono il progetto e che definisce anche l’ambito di intervento che interesserà la fonte e la zona circostante per una superficie di circa 36.000 mq da precisare ulteriormente in base alla sovrapposizione aereo fotogrammetrico-catastale.

L’opportunità/necessità di dotarla di una recinzione è da valutare attentamente perché se da un lato questa risulta necessaria per l’individuazione precisa della parte protetta da sottoporre a tutela e vigilanza attraverso interventi preventivati, una recinzione anche se di limitato impedimento come le staccionate in pali di castagno creerebbero una barriera alla libera circolazione in un area oggi vissuta liberamente da uomini e animali.

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4.1.2

UTILIZZO ATTUALE E DESTINAZIONE URBANISTICA

La zona circostante la sorgente attualmente è di libero accesso ed è vissuta come luogo di relax, percorso a piedi o in mountain bike ed è un sito che appartiene alla memoria storica degli abitanti di Pontecagnano ma soprattutto di Faiano che per la vicinanza al centro abitato ne hanno negli anni usufruito maggiormente.

Parte dell’area di cui si propone la trasformazione in parco è definita nel preliminare del PUC come vincolo Ambientale ai sensi della L 431/85 e del DLgs 42/2004. Si propone quindi di acquisire al PUC la perimetrazione suggerita ed estendervi il vincolo ambientale.

4.1.3

RIPRISTINO AMBIENTALE

Dopo aver analizzato l’area in oggetto, emerge è la necessità di effettuare un ripristino ambientale secondo le seguenti fasi: Lotta alle specie invasive: l’appropriazione indebita di parti dell’area ha portato alla piantagione di alcune piante non autoctone, che possono compromettere l’intero ecosistema, o comunque disturbare la visione di insieme del Parco. L’impatto di tali piante è particolarmente evidente all’interno dell’area recintata lungo la sponda sinistra del torrente. Una volta espropriata tale area, occorrerebbe, innanzitutto, effettuare un sopralluogo dettagliato al fine di catalogare nel dettaglio le specie da eliminare, o quantomeno da ridurre.

Dai sopralluoghi già effettuati, per la stesura di tale documento, risulta evidente la necessità di espiantare alcune piante di agave, sostituendole, eventualmente con la piantumazione di specie boschive autoctone.

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Tuttavia, l’attuale impossibilità di visionare l’intera area, a causa delle recinzioni presenti, non ci permette di definire nel dettaglio tutti gli interventi necessari al completamento di questa fase.

Reintroduzione di Fagaceae: abbiamo già affermato che l’area delle “Sette Bocche” dista soli 2 km dal Bosco di San Benedetto. La purezza di questo bosco, rimasto quasi del tutto immutato dal Quattrocento, ci permette di usarlo a termine di paragone per il ripristino ambientale da adoperare per l’istituzione del Parco.

Esaminando i due sistemi boschivi, appare necessaria la reintroduzione nell’area delle Sette Bocche di Fagaceae del genere Quercus, in particolar modo della specie Cerris. Essa dovrebbe avvenire principalmente lungo l’area a destra della sorgente, fortemente devastata da tagli indiscriminati, ma anche lungo il ruscello e il sentiero. In generale, esistono due tecniche di rimboschimento da poter adoperare: la rinnovazione naturale e la rinnovazione artificiale. La prima avviene per mezzo della disseminazione da piante preesistenti o da quelle circostanti, la seconda si adopera quando non si hanno le condizioni idonee alla germinazione del seme e allo sviluppo della piantina, tramite la messa a dimora di piantine o semi. La rinnovazione naturale, là dove non viene ostacolata da attività antropiche, in un tempo più o meno lungo dà origine a un bosco costituito da piante di varie dimensioni cioè di tutte le classi cronologiche e diametriche. Tuttavia il rimboschimento artificiale, appare spesso necessario soprattutto quando la copertura vegetale è particolarmente degradata, i suoli erosi e le condizioni complessive della stazione non consentono di avere, in tempi relativamente brevi, la ricostituzione spontanea del manto forestale. La realtà dell’area in oggetto necessita dell’utilizzo della rinnovazione artificiale quasi esclusivamente per l’area sottoposta ai tagli illeciti, mentre consentirebbe di adoperare la rinnovazione naturale grosso modo in tutti gli altri punti, a seguito di alcuni interventi, tra cui la già trattata lotta alle invasive e il diradamento dell’edera, che tratteremo di seguito. Le modalità e il numero di piante da mettere a dimora possono essere definiti solo a seguito delle espropriazioni delle aree recintate.

Gestione dell’edera: la comune edera selvatica (HederaHelix) si sviluppa in natura aggrappandosi a grandi alberi, consentendo con la sua fioritura di nutrire api e insetti impollinatori, e con le sue bacche di dare nutrimento all’avifauna. Ha un elevatissimo tasso di crescita, e, in poco tempo, può arrivare a ricoprire aree boschive, alberi caduti, diventando protagonista nell’evoluzione naturale di un bosco. Si ritiene, erroneamente, che l’edera sia una pianta parassita, ma ciò è smentito dalla sua capacità di rifornirsi autonomamente di acqua e di zucchero. Tuttavia, essendo una liana, con il tempo, può creare problemi di eccessivo ombreggiamento ed appesantimento di altre specie, da cui possono scaturire problemi fisiologici e di stabilità degli alberi. In un bosco compromesso, come nel nostro caso, da taglio improprio di alberi, l’edera viene stimolata ad un’eccessivamente crescita, che le consente di invadere tutto ciò che rimane dopo il taglio, nonché gli alberi rimasti isolati, minacciando così la salute del bosco.Una corretta gestione dell’edera, quindi, prevede il controllo della pianta, affinché non possa compromettere la captazione della luce alla chioma degli alberi. Solo in casi estremi, è opportuno eliminarla completamente, tramite l’intaccatura e il taglio di tutte le sue connessioni a terra; in questo modo l’edera seccherà e in qualche anno libererà l’albero attaccato. È, inoltre, da considerare che l’edera è una buona alleata per il controllo di specie che possono essere infestanti, come Alianto (Alianthus Altissima) e robinia (Robinia Pseudoacacica), moderatamente presenti nell’area in oggetto, così come sperimentato con un discreto successo nel Giardino dei Ligustri, parco storico a Loreto Arpuntino (PE) e nella Riserva Regionale Sorgenti del Pescara a Popoli (PE). Quindi, nell’area delle Sette Bocche, a seguito del rimboschimento, trattato in precedenza, sarà opportuno adoperarsi per una riduzione dell’edera presente nel bosco, tramite semplice diradamento in alcuni punti e completa eliminazione dagli alberi, eccessivamente attaccati da essa.

Ripristino dell’autonomia dell’ecosistema: gli interventi trattati in precedenza, dovrebbero consentire una rinaturalizzazione del sistema bosco, che con il passare del tempo sarà in grado di assolvere nuovamente alle sue funzioni ecologiche in maniera autonoma; il rimboschimento accompagnato da interventi di lotta alle ASSOCIAZIONE PICENTIAE HISTORIAE CULTORES - HISTORIA MAGISTRA “MARIO MONTEFUSCO” CodiceFiscale:95162700652 Via Vittorio Emanuele, 172 84098PontecagnanoFaiano(Sa)

invasive e gestione dell’edera, consentirebbe, inoltre, il rinfoltimento del sottobosco che, allo stato attuale, risulta quantitativamente compromesso, pur conservando un’elevata biodiversità.

Reintroduzione avifauna: il Feudo di Faiano, è “ricordato a quei vecchi tempi anche come ricco di cacciagione nobile, quali la starna e la pernice e finanche il lupo e il cinghiale” (da “Picentia e il feudo di Faiano”, P. Pellegrino, 1972); nell’area in oggetto la reintroduzione di fauna può essere effettuata solo per gli uccelli, in quanto per la reintroduzione di altri animali occorrerebbe la cooperazione con altri comuni e altri enti, vista la ridotta estensione dell’area. Tale ripopolamento, chiaramente, può avvenire solo a seguito degli interventi precedenti, e dopo aver valutato se l’evoluzione dell’ecosistema permette davvero la possibilità di reintroduzione di alcuni volatili, in particolare della pernice.

Valorizzazione del frutteto: come già affermato in precedenza, Faiano era rinomata per la produzione di eccellenti varietà di mele e noci. Attualmente, nell’area in oggetto, lungo il margine sinistro del ruscello, è presente un frutteto, interamente recintato. Questo frutteto, opportunamente valorizzato, potrebbe dare particolare pregio al parco. Come per altri casi succitati, occorre prima attuare l’espropriazione dei terreni, per poter avere una visione d’insieme e decidere gli opportuni interventi da svolgere.

4.1.4

UTILIZZO SCIENTIFICO

(vedi capitolo finanziamento) Potrebbe essere utile inoltre attivare una convenzione con AIAPP e CREA per la creazione di un laboratorio /studio sull’ implementazione di tecniche di impianto e gestione del patrimonio arboreo ed arbustivo.

4.1.5

PROPOSTE PER LA GESTIONE E MANUTENZIONE

La gestione e la manutenzione del parco per la sua natura di oasi potrebbe essere affidata ad una associazione ambientalista o ad un ente scientifico, come l’università, per consentire di impiantare un laboratorio naturalistico. Sicuramente la custodia potrebbe essere affidata al Consorzio “Faiano e Formola” che già gestisce le acque del fiume “Frestola” per l’irrigazione.

4.2

PARCO URBANO DEL FORMOLA

L’area del Parco si trova ai margini di una zona residenziale (ex 167) che edificata negli anni 80 comprendente cooperative ed edifici di edilizia economica e popolare contigua all’edificato preesistente di S. Antonio, una zona quindi densamente abitata e carente di aree a standard.

Essa ha la forma di un rettangolo allungato ed è compresa tra via Pertini a nord e la ferrovia a sud adiacenti ad i lati lunghi, mentre i lati corti sono confinanti con edifici residenziali, ed attualmente si mostra come un’area incolta attraversata da alcuni canali con acque provenienti dalla zona collinare di Faiano e dove sono presenti diverse sorgenti.

L’idea del Parco nasce dalla possibilità, di assicurare alla popolazione residente un’area di verde attrezzato e di recupero naturalistico dei corsi d’acqua e delle sorgenti attraverso la ri-vegetazione delle zone circostanti con specie autoctone ed adatte a zone umide con l’intento di creare corridoi ecologici, attraverso i quali è possibile attirare l’avifauna stanziale e migratoria.

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Si pensa quindi di integrare le due funzioni quella di verde attrezzato e quella di parco naturale attraverso passaggi graduali tra zone diverse del parco che si differenziano per funzioni e caratteristiche formali delle specie vegetali ma che prevedono interconnessioni tali da rendere l’insieme coerente per funzioni, forme e colori.

La scelta di mettere in comunicazione le varie sorgenti nasce dalla volontà di creare un sistema dell’acqua che attraverso uno schema formato dalle sorgenti e i canali dia vita ad insieme organico integrato con la vegetazione ed i percorsi.

Si è pensato di rendere più facilmente fruibile la parte di parco più propriamente urbano posizionandola lungo via Pertini delimitata da un lungo viale alberato che termina negli orti urbani: una serie di spazi verdi di forma regolare che circondati da siepi disegnano una sorta di giardino formale ma che possono essere coltivati ad orto attraverso apposita convenzione da chi ne richiede l’utilizzo.

La scansione degli orti si sfrangia da un lato nell’area gioco per i bambini e più a sud in un boschetto circondato e percorso da sentieri che partecipano ad un percorso benessere che attraversa tutto il parco con aree di sosta da dotare di attrezzi.

Continuando lungo via Pertini si trovano una piazza scoperta con un disegno a scacchiera e lungo la direttrice del canale una piazza pergolata attraversata diagonalmente dal canale d’acqua, più ad est ci sono: una piazza dove sistemare eventualmente un chiosco, una piazza fiorita, l’area di sgamba mento per i cani già esistente e dei campi all’aperto (tennis, pallavolo, pallacanestro) con relativi spogliatoi e parcheggio ai quali si accede dal lato corto ad est.

Da questo lato è previsto un altro accesso che si configura come un lungo viale alberato di penetrazione che attraversa diagonalmente tutto il parco e che termina in una gradinata inerbita da usare per spettacoli all’aperto, questo viale nei punti in cui intercetta i canali diventa un percorso a ponte in legno, l’ultimo dei quali arriva ad una delle sorgenti trasformata in uno dei laghetti previsti che comunica con gli altri attraverso dei piccoli torrenti/affluenti che danno vita al sistema dell’acqua.

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4.2.1

DEFINIZIONE DELL’AREA

4.2.2

UTILIZZO ATTUALE E DESTINAZIONE URBANISTICA

Attualmente l’area risulta per la quasi totalità incolta, poiché la destinazione riservata ad essa dal PRG era a standard urbanistici, questo ha determinato un progressivo abbandono della pregressa funzione agricola, nonostante gli standard non siano stati realizzati e negli anni siano state prospettate proposte alternative, queste non si sono mai concretizzate.

Nel preliminare del PUC la sua destinazione cambia in Attrezzature Urbane, dicitura non molto chiara che avrebbe più o meno lo stesso significato dello Standard e vi si prevede un asse di scorrimento stradale parallelo ed a poca distanza dalla linea ferroviaria collegato da due rotatorie poste alle due estremità, una in corrispondenza del sottopasso della ferrovia e l’altra sul lato opposto. La strada attraverserebbe tutta l’area del parco in senso longitudinale e sarebbe di scarsa utilità se si considera che a pochi metri esiste già via Pertini che collega già più o meno gli stessi punti solo un po’ più a nord.

Poi viene riportata erroneamente all’interno di questa area la stazione dell’alta velocità (che è localizzata in altro luogo coerente con il tracciato previsto) mentre invece esiste un progetto di alcuni anni fa che prevede una stazione della metropolitana che se realizzata aumenterebbe la possibilità di usufruire del parco e delle attrezzature sportive ad un numero maggiore di utenti.

Si chiederà quindi di modificare le previsioni nella stesura definitiva del PUC e di recepire la destinazione di verde attrezzato.

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4.2.3

PERCORSI E AREE ATTREZZATE

Sono previsti vari assi di penetrazione ed un percorso benessere che si interconnettono tra di loro creando una percorribilità a vari livelli.

Il percorso benessere parte da via Pertini da un accesso laterale alle piazze e si snoda con un andamento sinuoso diramandosi centralmente in due direzioni una verso destra che si divide ulteriormente e si solleva per superare i canali in rilevato erboso attraverso piccoli ponti in legno, per raggiungere uno, la zona sportiva in prossimità dei campi da gioco e l’altro si immette sul viale alberato che conduce all’ingresso sul lato corto ad est.

Lo stesso percorso nella parte sinistra si insinua nella “piazza labirinto” o costeggia le fonti e circonda il boschetto, si allarga in piccoli spiazzi dove è possibile fermarsi per gli esercizi e l’uso di attrezzi.

Un lungo viale alberato dall’ingresso ad est attraversa longitudinalmente più della metà dello stesso e culmina in una gradinata formata da bassi terrazzamenti erbosi, un ponte che attraversa un canale dove scorre l’acqua collega il viale alberato al sentiero/percorso benessere.

Sia il viale alberato che i sentieri/percorsi benessere possono essere realizzati in terra battuta stabilizzata che ad un aspetto naturale associano: altissima permeabilità, eco compatibilità e costi di costruzione limitati.

Gli accessi previsti sono molteplici e sono distinti tra le varie parti che hanno funzioni diverse.

In particolare quelli che sono previsti su via Pertini sono: uno corrispondente agli orti urbani, uno all’area gioco per bambini ed alle piazze, uno in corrispondenza del chiosco, uno per l’area di sgambamento per i cani ed uno pedonale per i campi sportivi.

Sul lato est sono previsti: uno carrabile con parcheggio per le attrezzature sportive ed uno pedonale in prossimità del viale alberato.

4.2.4

PERCORSO NATURALISTICO

Il percorso naturalistico qui è concepito prevalentemente come godimento della risorsa acqua e delle sorgenti che costituiscono l’elemento caratterizzante del parco, la struttura del progetto si basa sulla previsione di un sistema organico di canali, vasche, pozze d’acqua, laghetti collegati tra loro a formare un continuum in cui l’acqua assume aspetti formali e funzioni diverse: nelle piazze saranno previste vasche basse che partecipano al disegno delle stesse secondo uno schema coerente, i canali in rilevato erboso assicurano una funzione importante per l’avifauna e contribuiscono con il rumore del ruscellamento a creare una sensazione di piacevole freschezza nei fruitori, utile soprattutto nei mesi estivi, i laghetti che avranno un aspetto naturalistico saranno contenitori dove l’acqua che affluisce dai canali si raccoglie e ne defluisce a valle, incanalandosi ulteriormente, ed evitando così l’effetto stagnante.

La vegetazione dei laghetti e quella ai bordi dei canali dovrebbe prevedere piante acquatiche e palustri, quali ninfee, giacinto d’acqua ecc. Ai margini dei torrenti d’acqua è opportuno mettere a dimora alcune specie igrofile quali: pioppi, salici, ontani, farnie, carpini, noccioli e olmi, frassini e cerri.

Parte integrante del percorso naturalistico e il piccolo boschetto ai margini del gruppo dei laghetti, concepito per creare una zona d’ombra dove riposarsi e godere la frescura nei mesi caldi, costituito da specie d’alto fusto caducifoglie e non, è immaginato come un insieme che per forma, dimensioni della chioma e colori delle foglie nelle varie stagioni dell’anno, ricalchi il modello del giardino naturalistico.

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4.2.5

AREE ATTREZZATE

Area sport: nel paragrafo in cui abbiamo discusso degli aspetti naturalistici di quest’area, abbiamo evidenziato un’elevata criticità, dovuta a scarichi illeciti di materiale edilizio, che si estende tra Via Sandro Pertini e Via Abate. Visti gli alti costi di un eventuale bonifica, e viste le esigenze del quartiere, sarebbe opportuno creare in quest’area alcuni campetti deputati ai servizi sportivi, dotati anche di spogliatoi, docce ed un servizio infermeria. Tali interventi, oltre ad offrire un servizio alla popolazione, potrebbe apportare un’entrata economica per la gestione del parco. Nello specifico, si intende creare quattro campi volti allo svolgimento di diverse discipline, come tennis, palla a volo, basket, palla a mano, calcetto ecc. Con la funzione di proteggere gli utenti degli impianti sportivi dall’impatto cittadino e, allo stesso tempo, di attenuare gli eventuali rumori delle attività sportive verso le abitazioni circostanti, l’area sport deve essere circondata da alberi. Essi devono essere specie ad alto fusto, sempreverdi (per evitare riduzione di efficacia nei periodi invernali e la caduta di fogliame sui campetti), rustiche (a manutenzione limitata), resistenti agli agenti inquinanti (l’intervento si inserisce in un contesto urbano a traffico intenso) e dotate di fogliame diffuso anche nella parte basse del tronco (per aumentare l’effetto barriera) come carpini e cipressi.

Giardino di piante officinali: Questo potrebbe essere concepito come una piazza fiorita vicina ad uno spazio destinato ad ospitare un chiosco, nei pressi dell’attuale area per lo sgambamento dei cani. Il giardino delle erbe officinali deve essere composto per lo più da specie già presenti sul nostro territorio, alcune delle quali sono state già riscontrate durante il sopraluogo. Con il termine di piante officinali, da un punto di vista agronomico, s’identifica una serie di specie vegetali molto eterogenea, che a sua volta comprende le piante medicinali, aromatiche e da profumo. La loro trasformazione affonda le proprie radici nella tradizione culturale locale; per secoli l’approvvigionamento è stato dominato dalla raccolta spontanea, mentre la coltivazione agricola è un’attività relativamente recente, anche se, oggi si può osservare una maggiore attenzione per queste produzioni agricole, sia da parte delle imprese che dei decisori pubblici. Le piante officinali più importanti sono: Iperico, Tiglio, Ononide, Santoreggia, Timo, Fumaria, Ortica, Equiseto, Acchillea, Ginepro, Assenzio, Ruta (da “Piano di Settore delle Piante Officinali 2013-2016” Ministero della Salute; Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), accompagnati da Rosmarino, Salvia, Prezzemolo, Borragine, Origano, Valeriana; Basilico, Anice, Finocchio selvatico, Peperoncino, Menta, Zafferano, Coriandolo, Melissa, Maggiorana e Mirto. Le officinali, per loro naturale versatilità, si prestano alla produzione agricola, e possono essere impiegate nella ristorazione agrituristica, nella trasformazione artigianale per conseguire prodotti alimentari, come tisane, infusi, rosoli, elisir e spezie, prodotti cosmetici (oli essenziali, saponi, creme) e altre preparazioni non alimentari. L’idea sarebbe di creare un percorso che parta da via Sandro Pertini (accanto l’attuale ingresso all’area di sgambamento), e che salga sviluppandosi fino al giardino delle aromatiche; a completare il quadro una costruzione in legno non invasiva, sede del laboratorio per la trasformazione di queste piante e della commercializzazione dei trasformati (tisane, oli essenziali, creme, saponi).

Area gioco bambini: tale area volta allo svago dei piccoli, dotata di una vasca di sabbia e giochi e circondata da siepi è collegata alle tre piazze previste e ne completa le funzioni ed il disegno, poiché questi spazi sono complementari tra loro e possono essere utilizzati tutti come zone di incontro, riposo e di gioco: nella prima all’interno di una siepe formale è prevista una pavimentazione che forma il disegno di una scacchiera che può essere utilizzata per il gioco degli scacchi o dama con persone fisiche, la seconda cinta sempre da una siepe che ne mette in risalto la forma è attraversata diagonalmente da un canale di acqua che entra in una vasca quadrata posta al centro e circondata da pergolati in legno sui quali specie rampicanti assicureranno l’ombreggiatura nei mesi estivi, in questa zona si privilegeranno piante a fiori profumati, quali gelsomino, glicine, caprifoglio, clematide, plumbago e passiflora. Da questa si passa nella terza contigua nella quale la

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siepe formale, qui più alta, si ripete secondo il disegno di un labirinto anch’esso luogo di gioco per adulti e bambini.

Le specie vegetali previste saranno ad alto valore estetico e con fioriture colorate quali ibisco, magnolia, acacia, acero e pruno, Jacaranda mimosifoglia ecc.

Orti urbani: L’esperimento degli orti urbani fatto in altra parte della città (parco archeologico) ha avuto grande successo e quindi si prevede anche qui la creazione di alcuni orti urbani, un modo per assicurare la gestione controllata di una parte dell’area assicurando un servizio alla comunità. Questi sono previsti nell’angolo del parco compreso tra via Sandro Pertini e via Aldo Moro. Ognuno degli orti risulta essere a pianta quadrata e delimitato da siepi. Le specie scelte devono avere altezza limitata a un paio di metri, per evitare che gettino troppa ombra sull’area coltivabile; preferenzialmente dotate di spine, per evitare l’intrusione di piccoli animali; avere una ramificazione intricata, per permettere eventuale nidificazione di uccelli insettivori. Tra le specie consigliate suggeriamo: il biancospino, l’azzeruolo, l’albero delle farfalle, il corniolo, il ligustro, il melograno, il nespolo, il ribes, la rosa canina, il sambuco e l’uva spina. Di queste, l’azzeruolo, il corniolo, il melograno e il nespolo, per il loro portamento, si prestano ad essere poste ai quattro angoli dell’orto. La piantumazione di tutte queste piante deve comunque avvenire a circa 1,50 m dalla zona coltivabile, per evitare che il loro apparato radicale interferisca con lo sviluppo delle specie orticole.

Una gradinata inerbita cioè formata da larghi gradoni, a forma di bassi terrazzamenti coperti dal prato è prevista alla fine del lungo viale alberato. Nella superficie antistante ad essa, una radura aperta ne permette l’utilizzo per spettacoli e manifestazioni compatibili con lo spazio. La gradinata, così come la radura possono avere anche la funzione di luogo in città, dove prendere il sole nella stagione estiva, per qualche ora, quando non è possibile raggiungere il mare.

4.2.6

PROPOSTE PER LA GESTIONE E MANUTENZIONE

La gestione del parco potrebbe essere distinta a seconda delle varie parti che lo compongono.

Gli orti urbani possono essere gestiti da chi ne richiede l’utilizzo e regolata attraverso un’apposita convenzione. Le attrezzature sportive altrettanto e all’interno delle convenzioni si possono includere altre aree per le quali è previsto solo l’uso pubblico, cosi come autorizzando l’introduzione di alcune strutture ricettive come bar/ristorante si può richiedere che la gestione degli stessi includa anche la manutenzione di altre parti del parco da stabilire con apposite convenzioni.

5

I POSSIBILI FINANZIAMENTI

Attualmente non ci sono misure adatte allo scopo disponibili ma si aspetta nei prossimi mesi l’apertura di bandi a valere sulla programmazione PSR ( da utilizzare per la sentieristica ,la cartellonistica ed l’allestimento di zone di sosta) potremmo invece attivarcicon un bandoPOR FSE 2014/2020. Contributo a fondo perduto per sostenere la creazione di attività rivolte ai giovani al fine di creare un primo interesse per la gestione dell’area stessa in quanto tale asse sarà ulteriormente finanziato con ulteriori risorse. Esso prevede contributi a fondo perduto per Comuni singoli o Associati nelle forme previste dalla normativa vigente che hanno nella propria disponibilità uno spazio pubblico destinato ad attività polivalenti giovanili, che presentino un progetto in collaborazione con associazioni giovanili del territorio, associazioni del terzo settore, organismi della formazione accreditati, associazioni culturali, sportive, nonché, gli altri soggetti privati non aventi scopo di lucro e le imprese.

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Il dispositivo finanzia la progettazione e la realizzazione delle seguenti attività (in grassetto il nostro interesse) Laboratori relativi a percorsi di sostegno e accompagnamento alla creazione d'impresa e al lavoro autonomo.

Laboratori educativi e culturali, finalizzati a promuovere attività di animazione giovanile per la crescita personale e l’integrazione sociale dei giovani su temi della legalità, della cittadinanza attiva, dell’educazione e tutela dell'ambiente, nonché, la partecipazione collettiva di ricostruzione della identità dei luoghi e delle comunità.

Laboratori esperienziali nei quali i giovani, coinvolti nelle attività del progetto, parteciperanno in situazioni di esperienze pratiche, presso le stesse imprese del partenariato ovvero in altre imprese adeguatamente selezionate; esperienze finalizzate all’acquisizione di abilità che potranno indirizzare al meglio le scelte giovanili.

La dotazione finanziaria è pari ad € 10.000.000,00. Ciascuna proposta progettuale potrà essere finanziata fino ad un massimo di euro 350.000,00.

L’importo massimo del finanziamento FSE varia in relazione alla dimensione della popolazione riferita esclusivamente al Comune proponente come di seguito specificato: Fino a 5.000 abitanti da 5.001 a 30.000 da 30.001 a 50.000 da 50.001 a 100.000 superiore a 100.000

contributo max contributo max contributo max contributo max contributo max

€ 50.000 € 80.000 € 100.000 € 150.000 € 350.000

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FINE DEL DOCUMENTO

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