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SOMMARIO
Tanexpo riparte! Dopo gli inevitabili rinvii, questa volta la rassegna di Bologna riaprirà finalmente i battenti. Sarà un’edizione un po’ diversa, a cominciare dal periodo di svolgimento e dall’utilizzo di nuovi padiglioni, ma con un immutato, anzi aumentato, desiderio di rincontrarsi. Avrete trovato allegato alla rivista il biglietto omaggio per visitare la fiera e nell’articolo dedicato potrete accedere a tutte le informazioni su come partecipare in piena sicurezza.
FIERE Finalmente Tanexpo 1.2.3.luglio
STATISTICHE I conti del Covid-19 e l’alta mortalità del 2020
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LEGALE, FISCALE Il rimpatrio salme dall'estero
NEWS PRODOTTI La vita come un soffio che conduce all’eternità
In questo nuovo numero di Oltre Magazine viene analizzato il resoconto ISTAT sui dati di mortalità del 2020 da cui risulta evidente come, dove e quanto duramente la pandemia abbia colpito i nostri connazionali con un interessante raffronto tra le varie ondate. Abbiamo dato spazio alla storia di una celebrante laico-umanista che parla della sua professione, sempre più richiesta, e ci racconta di una cerimonia funebre, recentemente organizzata e officiata, particolarmente emozionante. Gli argomenti culturali comprendono uno studio che sulla base di reperti trovati in una necropoli di 3000 anni fa sulle coste del Libano, ha reso possibile un’attendibile ricostruzione di come dovevano essere i rituali funebri nell’antica città di Tiro. Si parla poi di musica gospel, molto diffusa nei funerali delle comunità afro-americane degli Stati Uniti, un mezzo per celebrare il defunto e la sua vita.
CULTURA Il funerale nell’antica città di Tiro
NEWS AZIENDE Il partner per la Funeraria che cambia
CIMITERI D'EUROPA
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Il cimitero russo di Parigi
PARLIAMO DI... Urne: elementi d’arredo?
PARLIAMO DI... Quando il diritto diventa un servizio
PARLIAMO DI... La testimonianza di una celebrante laica
MUSICA
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Funerali gospel, una celebrazione della vita
cINEMA Qualcosa di Speciale
w w w.o lt r e m a g a z i n e .c o m
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Oltre Magazine Periodico di informazione dell’imprenditoria funeraria e cimiteriale Bimestrale Anno XXI - n°3 Maggio-Giugno 2021 OLTRE MAGAZINE
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Finalmente! 1.2.3 luglio Siamo entrati nel vivo dei preparativi di questa edizione di Tanexpo che arriva in un momento così difficile, ma che vuole essere l’inizio di un periodo di ripresa e nuovo slancio verso il futuro. Una vetrina completa e ricca di tante novità ad iniziare dai padiglioni. A luglio, infatti, Tanexpo ospiterà il pubblico in spazi completamente nuovi e più grandi per dare la possibilità a tutti di mantenere le giuste distanze di sicurezza. Rimangono invariati gli ingressi Costituzione e Nord da cui i visitatori possono accedere lasciando comodamente l’auto nei parcheggi vicini. Solide conferme e novità per questa
edizione tutta estiva all’insegna della qualità e dell’innovazione. In fiera le migliori case italiane di autotrasformazione vi aspettano per farvi scoprire di persona i nuovi modelli di autofunebre, potrete poi toccare con mano i tessuti, le essenze lignee e i nuovi materiali che la maestria artigiana del nostro comparto produttivo ha sapientemente lavorato e accuratamente preparato in tutti questi mesi per stupirvi con proposte inedite e nuovi stili. Ma non solo, Tanexpo sarà anche il momento per una riflessione della funeraria sulla funeraria: come ha vissuto, come sta vivendo e come è cambiata in questo anno e mezzo che ha profondamente segnato anche questo settore. Tutto questo in un ambiente sicuro per vivere la fiera senza preoccupazioni.
A tal fine, l’organizzazione sta lavorando insieme a BolognaFiere per adottare tutte le misure previste dalle norme sanitarie vigenti. Dalle mascherine, che ormai tutti siamo abituati ad indossare correttamente, al gel per disinfettare le mani che sarà disponibile in numerose postazioni erogatrici, passando per il controllo della temperatura agli ingressi. Durante la manifestazione sarà garantita la presenza di un presidio medico costante, sistemi di aerazione con ricambio d’aria continuo in tutti i locali, frequenti operazioni di pulizia e sanificazione e controllo della capienza e della distanza interpersonale svolto da parte di personale appositamente dedicato. Sono poi previsti flussi di pubblico separati in entrata e in uscita, guidati da apposita segnaletica informativa. Inoltre, ampi spazi saranno dedicati all’area ristorazione e bar, per potersi OLTRE MAGAZINE
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Dopo molti mesi di incertezza, ecco che il governo ha dato il via alle tanto attese riaperture in tutto il Paese e anche Tanexpo, finalmente, riparte! 1.2.3 luglio, si comincia!
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IERI.
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OGGI.
Scarica il tuo biglietto omaggio su www.tanexpo.com/omaggio con il codice
OLT RE concedere una pausa tranquillamente seduti al tavolo. Insomma, tutto quello che serve per farci vivere la fiera in totale sicurezza! Non resta che preparare la valigia e munirsi di biglietto d’ingresso registrandosi sul sito di Tanexpo! Usa il coupon che trovi in allegato alla rivista, vai sul sito e scarica il biglietto omaggio! Una raccomandazione: stampa il biglietto prima di venire in fiera. Niente scomode (e ora poco sicure) code alle biglietterie, con il tuo biglietto potrai accedere direttamente ai tornelli. Per rispettare le disposizioni sanitarie in vigore, quest'anno è più
INGRESSO OMAGGIO
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importante che mai che gli accessi avvengano in modo ordinato e in totale sicurezza. Tanexpo sarà finalmente l’occasione per ritrovarsi tutti insieme e rendere omaggio a tutti gli operatori che in questo difficile periodo non hanno mai smesso di dedicarsi pienamente alla professione e di fornire un servizio tanto delicato quanto fondamentale per l’intera società. Quest’anno ancora di più, la riuscita della manifestazione sarà grazie alla sempre attiva partecipazione di produttori, professionisti e imprese di onoranze che arrivano a Bologna fin dalle località più lontane della nostra
REGISTRATI ONLINE E SCARICA IL TUO BIGLIETTO INVITO A TANEXPO La registrazione è facile: basta andare su www.tanexpo.com/omaggio, inserire i propri dati e digitare il codice invito OLTRE. Una volta inserito il codice, la procedura sarà completata e riceverai il biglietto di ingresso al tuo indirizzo email (fai attenzione ad inserire correttamente la tua email!). Non rimane che stampare il biglietto e presentarlo direttamente ai tornelli per la lettura ottica. Ti aspettiamo!
bellissima penisola, per dare vita ad una vera e propria festa per tutto il comparto. Sarà un immenso orgoglio potervi accogliere tutti a Tanexpo e condividere con voi un momento di convivialità, seppur con le dovute precauzioni, in quella che è, oggi come non mai, la vostra fiera. Sarà un piacere tornare a vivere quella bellissima atmosfera tra i padiglioni e incontrare tanti professionisti che tengono a dirci “io c’ero!”, mostrandoci con fierezza le foto sul cellulare che li ritraggono in fiera! Ci vediamo tutti a Bologna l’1.2.3 luglio!
1∙2∙3 LUGLIO 2021 Ritrovarsi tutti insieme a Bologna questa volta sarà ancora più bello!
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VIENI ANCHE TU E FAI VEDERE CHE CI SEI!
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STATISTICHE
I conti del Covid-19 e l’alta mortalità del 2020 di DANIELE FOGLI
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I dati Istat rivelano un triste primato: in Italia raggiunto il massimo storico dalla seconda guerra mondiale.
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Il resoconto dell’Istituto Nazionale di Statistica in merito ai dati sulla mortalità in Italia nel 2020, in concomitanza con la pandemia da Covid-19, riporta una fotografia sconcertante della situazione demografica del nostro Paese. “Al 31 dicembre 2020 la popolazione residente è inferiore di quasi 384 mila unità rispetto all’inizio dell’anno, OLTRE MAGAZINE
come se fosse sparita una città grande quanto Firenze”. È quanto rileva l’Istat nel report “La dinamica demografica durante la pandemia Covid-19 - anno 2020”. “Gli effetti negativi prodotti dall’epidemia Covid-19 - ha scritto l’Istituto - hanno fatto registrare nel 2020 un massimo storico di decessi dal secondo dopoguerra”. Il quadro demografico del nostro
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STATISTICHE
Paese ha subìto un profondo cambiamento sia in termini quantitativi che geografici. Nel 2020 i decessi in totale ammontano a 746.146, il numero più alto mai registrato dal secondo dopoguerra, con un aumento rispetto alla media 2015-2019 (635.854) di 110.292 unità (+ 17,3%). Se nei mesi di gennaio e febbraio 2020 i decessi nel complesso sono stati inferiori di circa 7.600 unità rispetto a quelli registrati in media nello stesso bimestre negli anni 20152019, dall’inizio della prima ondata di Covid-19 (marzo 2020) a fine anno (quindi con incorporata una parte della seconda ondata) si è osservato un eccesso di morti del 21% rispetto alla media dello stesso periodo dell’ultimo quinquennio. I decessi certificati con presenza del Covid-19 sono stati quasi 76 mila, il 10,2% dei decessi totali a livello medio nazionale (il 70% dell’eccesso complessivo). Il Nord, con il 14,5% sul totale dei morti, registra il maggior peso percentuale, il doppio rispetto al Centro (6,8%) e al Mezzogiorno (5,2%).
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Nel corso della prima ondata dell’e-
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Fonte ISTAT
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pidemia (marzo-maggio 2020) i decessi a livello nazionale sono stati 211.750, quasi 51 mila in più rispetto alla media dello stesso periodo dei 5 anni precedenti (+31,7%). Di questi, i decessi di persone positive al Covid-19 registrati dalla Sorveglianza Integrata ammontano a 34.079 (il 67% dell’eccesso totale). In parte, e la cosa è risaputa, nel corso della prima ondata non sono stati conteggiati defunti con Covid-19 per diversi motivi, tra cui principalmente quello che all’inizio le conoscenze degli effetti del virus erano molto scarse. L’aumento della mortalità nella prima ondata si è concentrato nelle regioni del Nord (+61,1% nel complesso del periodo), dove si sono sfiorate punte del 95% a marzo e del 75% ad aprile. È soprattutto in Lombardia dove la Grande Falce ha mietuto più vittime, con un bilancio pesantissimo di incremento di defunti (+111,8%); per tutte le altre regioni del Nord l’incremento dei defunti del periodo marzo-maggio è compreso tra il 42% e il 53%. Solamente il Veneto e il Friuli Venezia Giulia si distinguono per un surplus di decessi più contenuto
(rispettivamente +19,4% e +9,0%). La prima ondata di Covid-19 si è quindi concentrata nel territorio, con effetti che in alcune zone hanno travolto chi era preposto sia al supporto sanitario, sia l’intera filiera del funebre, della cremazione e del cimiteriale. È come se si fosse continuato ad impilare una sopra l’altra un centinaio di fette da toast e anche più e alla fine la pila è crollata. La stessa pila di un centinaio di fette, se fosse stata distribuita su 20 piani di appoggio (le regioni), sarebbe stata enormemente più bassa, quindi non instabile e allora più gestibile. Cioè quel che si è visto nella seconda ondata, che è stata anche superiore per numero di decessi ma spalmati in ampie zone del Paese. Per completezza di analisi non possiamo sottacere come la valutazione dei dati medi regionali di contagio e di mortalità spesso non fanno comprendere la portata degli incrementi su scala provinciale, o sub provinciale (come a Bergamo e Brescia, per intenderci). La testimonianza della differente intensità pandemica nel corso della prima ondata è chiaramente
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avvertibile nei dati del Centro, dove spicca il solo affanno delle Marche che, con il +27,7% di eccesso di morti, si discostano in modo rilevante dall’incremento medio della ripartizione (+8,1%). Nel Mezzogiorno solo l’Abruzzo e la Puglia (+11,6% entrambe) fanno rilevare valori ben al di sopra di quello medio dell’intera area (+5,1%). Ma sempre “poco o niente” nei confronti di ciò che avveniva in Lombardia. Nei mesi della fase di transizione (giugno-settembre 2020), in cui l’epidemia ha rallentato, si assiste a una diminuzione della mortalità in tutte le ripartizioni, con valori di poco superiori a quelli di riferimento del periodo 2015-2019. Dei 203 mila morti dell’intero periodo solo 1.833 sono ascrivibili al Covid-19. A partire da ottobre 2020 abbiamo registrato la rapida ed estesa diffusione della seconda ondata epidemica, che ha dato luogo a un nuovo importante incremento dei decessi rispetto ai livelli medi dell’ultimo trimestre degli anni 2015-2019. Nel periodo ottobre-dicembre 2020 si contano in totale 213.226 decessi,
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regioni del Centro (+24,2%) e del Mezzogiorno (+26,1%), relativamente risparmiate durante la prima fase grazie alle rigide misure di lockCome già accennato, se a livello down nazionale, che si sono trovate nazionale l’incremento dei decesa fronteggiare per la prima volta un si negli ultimi mesi del 2020 è in incremento importante di decessi linea con quello della prima ondata per Covid-19. (+32,3%), si osserva una distribuL’eccesso di mortalità nell’ultimo trizione geografica profondamente mestre rispetto alla media degli anni cambiata. 2015-2019 è stato superiore a quello Il prezzo più alto in termini di ecdella prima ondata in molte regiocesso di mortalità è pagato ancora una volta dal Nord (+40,0%), ma ora ni del Nord: Valle d’Aosta (+63,7%), Piemonte (+53,0%), Veneto (+44,4%), diventa consistente anche nelle Friuli Venezia Giulia (+45,6%) e Provincia autoTabella 2. Variazione percentuale Tabella 1. Mortalità mensile. noma di Trento (+65,4%). di morti 2020 su 2019 e 2020 2020 vs. media 5 anni su media 5 anni Al contrario in Lombardia 2020 Media 2020 su Media Mese 2020 vs 2020 su Media (+37,1%), Emilia Romagna 2015-19 2015-19 2019 2015-19 (+25,4%), Liguria (+33,9%) 62.019 66.391 - 4.372 Gennaio -5,6% -6,6% e provincia autonoma di 56.070 58.073 - 6.374 Febbraio -5,4% -3,4% Bolzano (+39,1%) l’aumen86.501 58.500 21.627 Marzo 49,8% 47,9% to di decessi della seconda 72.809 50.711 43.725 Aprile 41,8% 43,6% ondata epidemica è stato 52.440 51.310 44.854 Maggio 3,9% 2,2% più basso di quello di mar48.589 47.818 45.626 Giugno -4,7% 1,6% zo-maggio. Tra le regioni 51.422 49.685 47.363 Luglio 0,9% 3,5% del Mezzogiorno spiccano Sardegna (+34,9%) e Puglia 53.744 50.240 50.867 Agosto 10,2% 7,0% (+30,5%). 49.326 46.336 53.857 Settembre 7,6% 6,5% Riportiamo infine nelle 59.861 51.270 62.448 Ottobre 20,4% 16,8% due tabelle seguenti una 78.470 51.072 89.846 Novembre 56,3% 53,6% analisi dello sviluppo della 74.895 54.449 110.292 Dicembre 40,1% 37,6% mortalità mensile per l’in746.146 635.854 Anno 17,6% 17,3% tero Paese.
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legale, fiscale
Il rimpatrio salme dall'estero d i A v v. A l i c e M e r l e t t i e E l e n a A l f e r o
Come è facile immaginare, tale argomento tocca vari aspetti, primo fra
tutti la necessità di rapportarsi non solo e non tanto con il nostro ordinamento di appartenenza, ma di dover inevitabilmente affrontare anche quello dello Stato da cui la salma deve essere rimpatriata. Per agevolare i trasporti stessi alcune nazioni – e più avanti vedremo quali – hanno stipulato un accordo internazionale. OLTRE MAGAZINE
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Non è la prima volta che ci capita di approfondire tematiche riguardanti il trasporto. Già nel numero 1/2020 di Oltre Magazine abbiamo affrontato le caratteristiche del trasporto di ceneri; oggi vogliamo parlare del rimpatrio delle salme nel territorio nazionale.
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Quali sono le procedure da adottare per riportare in Italia un connazionale deceduto in un Paese straniero? Vediamo insieme.
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Il rimpatrio della salma è dunque normato a livello internazionale, dettagliatamente dalla Convenzione di Berlino e, in Italia, altresì dal D.P.R. 10.9.1990 n. 285, art. 27 (Suppl. Ord. alla G.U. n. 239 del 12.10.1990). Onde evitare le note difficoltà connesse alle diverse normative adottate dai diversi Stati, i Governi aderenti si impegnano a consentire l’entrata od il passaggio in transito, sui rispettivi territori, dei corpi di persone decedute sul territorio di uno degli altri Paesi contraenti, nel rispetto delle disposizioni ivi contenute. L’accordo stabilisce specifiche prescrizioni uniformi per il confezionamento del feretro, la cui osservanza è presupposto indispensabile per il rilascio del cosiddetto “passaporto mortuario”, ossia del titolo di viaggio che comprova la regolarità degli adempimenti necessari per rendere la salma idonea al trasporto (le cui specifiche si possono ritrovare nell’allegato a) della Circolare n. 7 del 4.4.1979 del Ministero degli Affari Esteri).
quando il trasporto segue le normative della suddetta Convenzione, è prevista una semplificazione dei documenti da reperire che sono: • Certificato di morte autenticato tramite Apostille (autenticazione) e traduzione in italiano. • Certificato dell'autorità sanitaria locale che attesti che siano state osservate tutte le norme igieniche di sicurezza; • Certificato che attesti che il decesso sia avvenuto in zona non soggetta alla presenza di malattie infettive o di natura endemica.
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Volendo dunque schematizzare, si possono distinguere due tipologie di trasporto: l’una che riguarda i Paesi aderenti alla Convenzione di Berlino, l’altra riguardante quei Paesi che a tale Convenzione non hanno preso parte. In primo luogo chi sono, dunque, i Paesi che hanno siglato la Convenzione? Come si può vedere anche dalla cartina sono: Italia, Germania, Belgio, Cile, Egitto, Portogallo, Francia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania. Turchia, Austria, Repubblica Democratica del Congo e Messico. Vediamo ora le differenze. Nella prima ipotesi, ovvero
I Paesi che hanno aderito alla Convenzione di Berlino 16
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ricorda che i Consolati italiani forniscono assistenza e informazioni ai familiari coinvolti e/o alle imprese funebri debitamente delegate. Nella seconda ipotesi, ossia nel caso di Paesi non aderenti alla convenzione di Berlino, sono necessari, viceversa, altri documenti: • In primis il Certificato dell'autorità sanitaria locale che attesti che siano state osservate le norme igieniche di sicurezza; • Secondariamente altri documenti che, di volta in volta e di caso in caso, il ministero della sanità può richiedere prima del rimpatrio. I suddetti documenti dovranno poi essere presentati al Comune di destinazione ex D.P.R. N. 285/1990. Per poter capire come muoversi in queste situazioni e a chi rivolgersi per ottenere siffatti documenti, si
Tali documenti dovranno poi essere presentati al consolato italiano mediante la compilazione di una istanza ad hoc. Naturalmente, anche in questo caso i consolati italiani sono a disposizione per fornire tutta l’assistenza
necessaria. Inutile affermare che le singole procedure, in uno con la richiesta di Apostille, sono sottoposti al pagamento di bolli. Anche al fine di coadiuvare le famiglie, il legislatore ha previsto la possibilità di domandare un rimborso per il rimpatrio di salme dall’estero. Più in particolare, le singole Regioni, che hanno competenza di legiferare in materia, hanno disciplinato l’accesso a tali contributi, il più delle volte demandando poi al singolo Comune la concessione dello stesso. Sul sito del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è facilmente reperibile il riepilogo delle leggi regionali in materia. (www.esteri.it/mae/normative/normativa_consolare/serviziconsolari/ tutelaconsolare/rimpatriosalme/leggi_regionali_rimpatrio_salme.pdf).
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NEWS PRODOTTI
La vita come un soffio che conduce all’eternità di RAFFAELLA SEGANTIN
Si arricchisce l’assortimento di Rotastyle, l’azienda bergamasca produttrice di articoli di alta gamma per il settore funerario, che ha scelto Oltre Magazine per presentare l’ultima novità.
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Rotastyle presenta “Soffio d’Eternità”, una delicata immagine che impreziosisce la nuova linea nelle tonalità del grigio.
Si tratta di Soffio d’Eternità, un nuovo soggetto che ha come tema il soffione, il globo lanuginoso simile ad un pompon in cui si raccolgono
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i semi dopo la sfioritura del dente di leone. La pianta del dente di leone (tarassaco) è conosciuta fin dall’antichità per la sua forza (se calpestata si rialza) e per le sue proprietà terapeutiche. Sia al fiore che al soffione, sono legate leggende e tradizioni. La più conosciuta è quella di esprimere
"Se puoi sognare puoi farlo. Apri le tue ali e vola come un
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Soffio d'Eternità"
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un desiderio soffiando sulla sfera che contiene i semi: se si staccano tutti insieme il desiderio si avvera. Il soffione è sempre stato considerato una metafora della separazione, del viaggio e per estensione della morte, ma con un’accezione positiva di trasformazione e di nuovo inizio.
Soffio d’Eternità fa parte della collezione proposta nelle tonalità del grigio, che sarà la protagonista dello stand di Rotastyle alla prossima Tanexpo. “Ci stiamo preparando con entusiasmo all’edizione di luglio di Tanexpo, fiduciosi della ripresa, orgogliosi di ripartire con la grinta e la forza di chi non molla! Abbia-
mo lanciato questa linea proprio per presentarla all’appuntamento di Bologna, puntando sull’eleganza di una tinta sobria ma di grande effetto. Un “non colore”, come viene tecnicamente definito, che invita alla riflessione e che allo stesso tempo è espressione delle tendenze di moda del momento. Per sottolineare le forme dei vari soggetti, rappresentati da intarsi in madreperla, abbiamo inserito dei contorni color oro: un contrasto che conferisce ad ogni articolo un tocco in più di raffinatezza”. Oltre al nuovo Soffio d’Eternità quali altre linee presentate nella versione grigia? “Quando abbiamo pensato al grigio - ci spiega la signora Cinzia - è stato per applicarlo alla collezione Ciliegio in fiore, di cui avevamo già proposto,
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È con questo spirito che il soffione è stato scelto per decorare i manufatti per “l’ultimo viaggio”, come ci racconta la sua ideatrice Cinzia Rota. “Come sempre è la natura la mia principale musa ispiratrice, perché ogni elemento è un miracolo che racchiude il ciclo della vita. Osservare e ascoltare la natura per me è come ravvivare un rapporto con l’infinito che ci fa capire che facciamo parte di un tutto e che nulla
è fine a se stesso. Niente in natura muore per davvero, ogni essere vivente si trasforma per dare inizio ad una nuova vita in una armonia perfetta. Il soffione è una delle piante che meglio esprime questo concetto: come i semi volando via lasciano la pianta avvizzita ma ne generano una nuova, così l’anima che si stacca dal corpo migra verso nuovi orizzonti, tutti da scoprire”.
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Dettaglio di Ekeos Soffio d'Eternità OLTRE MAGAZINE
NEWS PRODOTTI
esclusivo caratterizzato dall’originale coperchio a taglio di diamante che rappresenta uno scrigno dove custodire coloro che ci sono stati cari. Ma le abbiamo utilizzate anche nel modello americano (casket) come sono state pure inserite nell’oblò del modello Infinity. Non è detto che in futuro possiamo studiare anche altri utilizzi”.
Quali modelli di cofani avete privilegiato per queste particolari decorazioni? “Per quanto riguarda nello specifico i cofani, queste immagini ad intarsio vengono riprodotte in particolare sul modello Ekeos, un nostro brevetto
“Una sfumatura di grigio in più”, così possiamo definire Soffio d’Eternità. Un’altra immagine emozionale a cui ci ha abituati
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riscuotendo ampi consensi, anche una inedita versione in blu. Soffio d’Eternità si affianca quindi a Ciliegio in fiore che presenta in questa tonalità anche tutti i vari elementi ed accessori: dall’urna, all’imbottitura coordinata, dal kit completo per la camera ardente, comprendente reggibara, candelabri e leggii, fino alla borsa porta urna”.
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Set Ciliegio in fiore in grigio OLTRE MAGAZINE
Cinzia Rota che ancora una volta ha saputo interpretare con la sua profonda sensibilità il momento del fine vita e il rispetto del defunto, dedicando anche un messaggio di speranza per chi resta. È questa l’Arte del Prezioso Ricordo, quel connubio di passione e di abilità che portano alla creazione di cose belle mai disgiunte dal sentimento e dalla comprensione del dolore di coloro che si troveranno nella necessità di doverle un giorno scegliere per i propri cari. Non dubitiamo che la collezione in grigio, per il suo impatto visivo e la sua assoluta originalità, sarà uno dei principali punti di attrazione della prossima edizione di Tanexpo che si terrà l’1, 2, 3 luglio a Bologna, testimone di primo piano della grande inventiva e dell’alta qualità che accomuna la produzione Made in Italy.
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Il funerale nell’antica città di Tiro d i C h i a r a V i ta l o n i
Non è sempre facile parlare di rituale funebre per le civiltà che cronologicamente e geograficamente sono molto lontane da noi.
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La necropoli di Al-Bass, portata alla luce da campagne di scavi archeologici, ha dato modo agli studiosi di interpretare rituali funebri antichi di 3000 anni.
In primo luogo risulta inevitabile considerare che le popolazioni, le quali ci hanno preceduto, vivevano di gesti, comportamenti e tradizioni che talvolta a noi "moderni" sfuggono. In secondo luogo le pochissime informazioni che ci giungono, possono derivare sia da fonti storiche, come autori classici e testi biblici, sia da fonti della cultura materiale. In particolar modo sono gli archeologi
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ad occuparsi di quest'ultime e, proprio come le tessere di un puzzle, ciò che di tangibile rimane è veramente ridotto e frammentario. Per questa ragione diventa necessario affiancare i dati provenienti dagli scavi archeologici non solo alle interpretazioni degli studiosi, che per quanto ci si sforzi rimangono comunque in una modesta parte soggettive, ma anche ai dati provenienti da analisi scientifiche ed oggettive. L'antropometria fisica, l'archeobotanica, l'archeozoologia e moltissime altre sono le discipline che affiancano,
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Foto: Leonid Andronov - Dreamstime
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supportano o anche smentiscono l'interpretazione degli archeologi. Espletata la doverosa premessa, si illustra di seguito come è stato interpretato il rituale funebre nella necropoli di Tiro, precisamente ad Al-Bass, lungo le coste dell'attuale Libano. La necropoli di Al-Bass è stata indagata per quasi vent'anni fino al 2015 sotto la direzione dei prestigiosi docenti e ricercatori dell'Università di Barcellona, quali Eugenia Aubet, Francisco Núñez e Laura Tresillo. Questo ampio contesto cimiteriale occupa almeno quattrocento anni di storia che vanno dalla fine del X alla fine del VI secolo a.C. Per avere quindi sott'occhio la situazione iniziale del complesso funerario, dovremmo fare un salto temporale di circa 3000/2600 anni fa. Questa città dei morti è stata sfruttata senza sosta dall'età del Ferro fino all'età romana e il rito predominante in assoluto prevede la cremazione per adulti, giovani adulti, ma non per i bambini al di sotto dei 12 anni. Come nel mondo contemporaneo, anche nell'antichità la morte rappresenta la rottura definitiva di un individuo con il mondo dei vivi. L'obiettivo di creare un rituale fune-
Collocazione della necropoli di Al-Bass (rielaborazione grafica di Chiara Vitaloni) bre consiste nel riuscire a superare lo shock che la perdita crea in una comunità. Tuttavia, il funerale serve anche al morto per poter oltrepassare la soglia del mondo dei vivi arrivando all'oltretomba e per tale ragione la sepoltura deve essere considerata come un rito di passaggio a tutti gli effetti. Inoltre i riti mortuari non sono statici, cambiano e rispecchiano le ideologie, le religioni e le culture dei tempi che furono. Evolvono insieme all'uomo che cambia. I Cananei/Fenici ritenevano che, come è attestato
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Scavo del 2008 con visione dell’area di età romana (tratto da M. E. Aubet, The Phoenician Cemetery of Tyre, in Near Eastern Archaeology 73, Number 2-3, June - September 2010)
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nei testi di Ugarit e da alcuni riferimenti biblici, l'oltretomba fosse un luogo triste, un aldilà silenzioso e abitato da ombre. Le numerose campagne di scavo hanno permesso di portare alla luce 162 sepolture disposte su un’area di circa 500 mq. Alcune sepolture presentano un eccezionale stato di conservazione che permette agli archeologi di ripercorrere in maniera oggettiva quello che poteva figurarsi come il rituale funebre tipico. Proviamo a ripercorrerlo insieme. Una volta che l'anima dell’individuo lasciava il mondo terreno, il suo corpo veniva verosimilmente cosparso di oli profumati e avvolto in un sudario. La presenza di oli è testimoniata dalle analisi effettuate sugli unguentari rinvenuti nella necropoli. Il corpo del defunto veniva quindi arso, insieme ai resti del banchetto funebre organizzato in suo onore, su una pira posta in prossimità dell'area di sepoltura. Successivamente, dato che la necropoli si collocava lungo la spiaggia di Tiro, veniva scavata una fossa quadrangolare non troppo profonda e talvolta demarcata da ciottoli intorno all'urna. Sul fondo del pozzetto venivano quindi collocate due urne (le cosiddette "double-urn Graves")
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adibita allo svolgimento del rituale, sul quale venivano arsi elementi vegetali quali giunchi, fico, pioppo bianco, ma anche vite, olivo e limone che aiutavano ad aromatizzare l'aria. L'elemento essenziale di tutto il rito funebre è costituito dall'elemento del fuoco che durante la cerimonia permette al defunto di purificarsi. Con questa epurazione fisica e simbolica il defunto può finalmente liberarsi del corpo preparando l'anima al post mortem. Per quanto l’immaginario comune sia abituato a ideare le antiche sepolture come sfarzose e pregiate, in questo particolare caso la società si autorappresenta nel costume funebre come egualitaria e, utilizzando una terminologia moderna, piuttosto democratica, caratterizzata dalla relativa semplicità e dalla mancanza di ostentazione delle sue usanze funerarie. Alla luce delle ricerche effettuate, Al-Bass era indubbiamente la necro-
Esempi di urne cinerarie nel contesto della sepoltura (tratti da M. E. Aubet, The Phoenician Cemetery of Tyre, in Near Eastern Archaeology 73, Number 2-3, June - September 2010)
A questo punto della cerimonia le urne venivano sigillate con un piatto posto a copertura di esse, poi sormontate da grosse lastre di pietra sulle quali si rompevano intenzionalmente delle brocche utilizzate probabilmente durante il banchetto. Terminato il funerale, solo a una minoranza di sepolti veniva eretta una stele che costituiva un memoriale. Poco prima della chiusura definitiva della fossa, si accendeva un braciere nel cosiddetto "recinto funebre", ovvero nell'area
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delle quali una conteneva le ossa non completamente combuste, mentre l'altra ospitava le ceneri più fini, insieme ad amuleti e scarabei, oggetti personali del defunto e raramente anche maschere fittili di terracotta, statuine e modellini architettonici in argilla, particolarmente popolari nel mondo fenicio durante l'età del Ferro. Questi ornamenti potevano essere inseriti in una cassetta di legno. Infatti il totale delle urne cinerarie rinvenute è di 320 elementi circa. poli principale di Tiro, con il numero di sepolture corrispondente all'incirca alla popolazione media della città. Il gruppo umano che utilizza l'area funeraria di Al-Bass è composto da adulti che si autorappresentano come una comunità di uguali, organizzata in gruppi familiari, senza che nessuna sepoltura risalti particolarmente né per il tipo, la ricchezza o la disposizione del corredo né per la tipologia della tomba; anche le stele rinvenute sono molto semplici, realizzate in pietra non pregiata e poco rifinite. Il limite che riguarda la comprensione dei rituali funerari praticati ad Al Bass e, in generale, nel mondo fenicio, consiste nell'assenza di testi letterari fenici contemporanei che ci illustrino la loro visione del mondo, l'immaginario religioso e funerario, le relazioni sociali e la vita quotidiana.
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news aziende
Il partner per la Funeraria che cambia di RAFFAELLA SEGANTIN
Con il debutto nel 2011 di Scrigno del Cuore, Prima Bottega ha iniziato la sua attività di innovazione nel settore della produzione di articoli funerari.
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A dieci anni dal suo esordio, Prima Bottega si sta preparando per la prossima edizione di Tanexpo con altri suoi prodotti innovativi ideati e creati specificatamente per il mondo della funeraria che sta cambiando.
In un breve periodo l’azienda abruzzese ha scalato velocemente le tappe del successo diventando leader del mercato tant'é che oggi sono sempre più le imprese funebri che si rivolgono a Prima Bottega. Ciò non è dovuto
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alla fortuna, ma alla capacità imprenditoriale, alla creatività, alle lavorazioni di altissima qualità e sopratutto alla ricerca continua di prodotti unici. Chiediamo a Gianluca Pacini, ideatore dei concept, la formula del successo di Prima Bottega. “Sin dall'inizio ho percepito il cambiamento in corso nel mondo delle onoranze dovuto anche al ricambio generazionale, quindi mi sono
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Noto che in questi anni abbiamo parlato molto del valore emozionale e della bellezza dei vostri cofani sorvolando sulla loro grande qualità… “Innanzitutto le rispondo che preferisco che siano i Clienti di Prima Bottega a parlarne... E comunque non mi è mai parso determinante sottolineare la qualità dei nostri prodotti poiché, anche nel rispetto del Cliente, l’ho sempre considerato
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approcciato in modo nuovo: invece di proporre un prodotto esaltandone banalmente la qualità, ho scelto di sviluppare dei concept riconoscibili per innovazione e capacità di suscitare emozione, i due punti fermi che ispirano e guidano ogni mia nuova creazione. Ora in tutto il mondo i cofani Prima Bottega sono famosi per la loro caratteristica di coinvolgere i presenti alle esequie creando delle cerimonie toccanti e partecipative e allo stesso tempo gratificando l’impresa funebre che così ha modo di distinguersi dalla concorrenza. Noi non proponiamo né un prezzo né un legno, ma solo prodotti pensati e realizzati per le Onoranze che vogliono far parlare di loro in modo sorprendentemente positivo”.
come un fatto assodato, la base imprescindibile da cui partire”. Sentiamo a questo proposito Francesca Colantoni, l’anima commerciale di Prima Bottega, che ci descrive gli aspetti più particolari, motivo per cui i suoi cofani sono così tanto ricercati ed apprezzati. “Condivido quanto detto da Gianluca ma rilevo anche che l’affermazione di Prima Bottega è dovuta altresì alla qualità totalmente Made in Italy che abbiamo voluto ottenere per dare al Cliente completa soddisfazione. Seguo personalmente tutto l'iter di produzione, dalla progettazione al prodotto finito, interamente effettuata nel nostro stabilimento che amo chiamare ‘la Casa dell'Innovazione’, il luogo ove insieme a Simona, Francesca, Caterina, Laura e Catia sono felice di accogliere i Clienti che possono vedere dal vivo la cura con cui realizziamo i nostri cofani. Tutte le nostre proposte presentano caratteristiche esclusive che ci contraddistinguono e tutte le rifiniture vengono eseguite manualmente grazie ad una squadra di artigiani giovani ma forti di una tradizione antica. Si tratta di dettagli che escono dai comuni standard e pertanto devono essere
realizzati interamente a mano. Ad esempio è nostra consuetudine rivestire l’esterno del fondo del cofano in foglia oro e l’interno del coperchio in velluto (siamo gli unici a farlo!). Ciò avviene per tutte le nostre linee: dal cofano Scrigno del Cuore, a Preghiera e a Tesoro. Richiede un impegno ancora maggiore il modello Sigillo d’Amore dove i mattoncini inseriti lungo tutto il perimetro della cassa per essere incisi con frasi dai parenti o amici del defunto, devono essere fissati manualmente uno ad uno dopo l’applicazione della foglia oro. Per non parlare delle immagini di Affresco su cofani e fondali, dove le nostre pittrici controllano tutto sino al minimo ritocco manuale per ottenere un effetto ineccepibile”. Voi puntate molto sulle personalizzazioni… “Personalizzazione è l’antitesi della parola ‘standard’ – continua Francesca – e va da sé che prevede un lavoro ad hoc su idee o su immagini che riceviamo dal cliente. Per questo abbiamo un team dedicato sia alla parte progettuale che a quella operativa. Ci teniamo in modo particolare a soddisfare le richieste che ci giungono, affinché ogni nostro
cliente possa sentirsi unico. Perfino la targhetta posta sul cofano, che riporta il nome del produttore, viene personalizzata aggiungendo anche il nome dell’impresa a cui è destinato. Come vede, cerchiamo in tutti i modi di mettere l’impresario funebre al centro del nostro operato”.
Prima Bottega sarà protagonista anche della prossima edizione di Tanexpo, Bologna 1, 2 e 3 luglio 2021, dove esporrà i frutti dello studio e dello sviluppo di nuove idee che hanno dato vita ad altri prodotti inediti. Un bel modo per festeggiare i primi dieci anni di successi!
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E Lei, Francesca? "Aggiungo che abbiamo dedicato anche grandi energie alla partecipazione a fiere di settore tanto da diventare uno dei poli di attrazione di Tanexpo. Tutti questi sforzi hanno dato i loro frutti perché se all’inizio
sono serviti per farci conoscere, oggi sono per me e per le mie ragazze una speciale occasione di incontro con i nostri Clienti, per confrontarci e per accogliere le loro richieste guardandoci negli occhi con reciproco rispetto e riconoscenza. Tanexpo è altresì un’opportunità per far conoscere a nuovi potenziali clienti i prodotti Prima Bottega che, non dimentichiamo, accetta da sempre (e consegna subito!) anche proposte d'ordine di un solo cofano, un vero punto di forza della nostra azione commerciale. Tutto questo ha generato un’indiscutibile fiducia nel marchio Prima Bottega, ora sinonimo di azienda leader per innovazione e qualità”.
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Qualcosa da aggiungere, signor Pacini? “Vorrei evidenziare che fin dall’inizio della nostra attività ho sempre creduto fermamente nella comunicazione, e il vostro giornale ne è testimone. Abbiamo investito molto in questo senso per far arrivare a tutte le onoranze il messaggio che utilizzare le nostre proposte di innovazione ed emozione restituisce una portata di consenso nel territorio tale da riuscire a sopravanzare la concorrenza”.
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Il cimitero russo di Parigi i l v i a g g i at o r e
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Il cimitero di Liers a Sainte-Geneviève-des-Bois, alle porte di Parigi, racconta di un forte legame tra le due nazioni e la storia della grande migrazione seguita alla Rivoluzione del 1917.
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La comunità russa in Francia, ed in particolare a Parigi, ha lasciato segni importanti in diversi settori, soprattutto artistici, strettamente connessi agli antecedenti storici tra i due Paesi: la Francia e la Russia zarista.
L’influenza francese nella cultura russa del secolo scorso È ben risaputo che in tutte le famiglie nobili, a cominciare da quella OLTRE MAGAZINE
imperiale e dell'alta borghesia, la seconda lingua praticata era il francese. Le istitutrici e i precettori, francesi o svizzeri, abbondavano e, pur se severi come lo richiedevano le consuetudini dell'epoca, riuscivano ad inculcare nei giovani loro affidati i comportamenti appropriati e conformi all'etichetta ed una padronanza, spesso trasformantesi in amore, per la lingua di Molière. Una fitta schiera di governanti, dame di compagnia etc. completava il quadro,
La chiesa di Nostra Signora della Dormizione
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L'ambiente generale era fortemente francofilo tant'è che la famosa gastronomia Potel et Chabot, creata nel 1820 da Jean-François Potel, rosticciere-pasticciere, e da Étienne Chabot, “Maître de bouche” (letteralmente “maestro di bocca”, ovvero addetto gastronomico) del Duca d'Orléans, proponeva le sue preparazioni più raffinate alla tavola dello Zar già alla fine del XIX secolo. Più tardi nel 1988, aprì una filiale in Russia che disponeva anche di un battello ormeggiato sulla Moscòva, il fiume che attraversa con le sue tre anse, la capitale. I frequentatori della Mosca in quegli anni hanno vivo il ricordo dei moscoviti che parlavano in termini encomiastici della prestigiosa, per pronunciarla con il loro delizioso accento, “Patièl i Sciabuò”. Sempre nell'ambito del lusso, chi non conosce la maison Fabergé creata dai discendenti di una famiglia francese ugonotta (calvinisti francesi, protestanti) di origine tedesca che aveva lasciato la Francia dopo la revocazione dell' Editto di Nantes (emanato dal Re Enrico IV nel 1598 che sanciva l'uguaglianza tra cattolici e protestanti) voluta nel 1685 da Luigi XIV? Dopo aver errato per l'Europa per più di un secolo essa si installa con Pierre-Karl Fabergé, nel 1842, a San Pietroburgo. Le rinomate “Uova Fabergé”, costituite da
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oltre, beninteso, ai vari nobili, uomini d'affari o ufficiali francesi delle guardie russe. Fu proprio uno di questi ultimi, Georges d'Anthès, che l'8 febbraio 1837 ferì mortalmente in duello (il decesso sopravvenne due giorni dopo) il grande poeta trentottenne Aleksandr Puškin, fondatore della moderna lingua letteraria russa nonché marito della bellissima e giovane Natalia Goncharova non insensibile, pare, alle più che assidue e molto poco platoniche attenzioni del d'Anthès. Gira e rigira da Adamo ed Eva la storia è sempre la stessa....
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metalli preziosi o pietre dure, decorate con combinazioni di smalti e pietre preziose, sono considerate capolavori della gioielleria. Le più celebri sono quelle fabbricate per gli zar Alessandro III Romanov ed il figlio e successore, il mite Nicola II, che le offrivano a Pasqua alle loro rispettive consorti: Marija e Alessandra Fëdorovna. I loro prezzi, le rarissime volte in cui sono proposte nelle aste, raggiungono cifre da capogiro. Nel 2007 l'uovo Rotschild Fabergé, realizzato nel 1902 per l'omonimo banchiere, è stato aggiudicato per 13,5 milioni di euro. In tale contesto non c'è quindi da meravigliarsi se molti russi lasciando il loro Paese, di fronte agli sconvolgimenti politici e sociali derivanti dalla rivoluzione e dalla successiva guerra civile, si siano diretti verso il luogo con il quale, più che con ogni altro, ritenevano di avere delle affinità: la Francia.
L'ondata migratoria russa che molti chiamano, soprattutto in Francia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, “emigrazione dei russi bianchi” avvenne tra il 1917 ed il 1922. Erano chiamati “bianchi” in opposizione ai “rossi” bolscevichi ma anche in riferimento all’“Esercito Bianco” o alla “Guardia Bianca”, che durante la guerra civile combatté l'Armata Rossa. In effetti mentre i rivoluzionari portavano paramenti, bracciali, stelle e bandiere rosse i loro avversari si distinguevano per la coccarda bianca delle armate dei generali anti-bolscevichi Denikine e Wrangel così come bianco era il colore della Croce dell'Ordine di San Giorgio, la più prestigiosa decorazione militare
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Le migrazioni russe seguite alla Rivoluzione
nella Russia zarista. Inoltre, poiché le divise dei soldati erano le stesse (alcuni militari avevano aderito alla rivoluzione mentre altri erano rimasti lealisti conservando la divisa indossata) ogni campo si differenziava per il colore del bracciale. Non è da escludere la possibilità che molti abbiano cambiato temporaneamente il colore dei bracciali per avvicinarsi al nemico e farlo fuori di sorpresa. I primi gruppi di arrivi sono formati da sopravvissuti delle armate imperiali e da monarchici rimasti fedeli allo Zar Nicola II dopo la sua abdica-
Un prezioso Uovo Fabergé
zione del 2 Marzo 1917. Essi seguono i primi movimenti che si producono già nel febbraio '17 subito dopo la rivoluzione. I "Bianchi" si dirigono verso il Sud (Ucraina, Caucaso, Crimea) ma anche verso la Finlandia. Tali migrazioni accelerano dopo la presa di potere bolscevica dell'ottobre 1917. A questo punto se ne vanno anche gli industriali, i banchieri ed i membri della sinistra non bolscevica come i social-rivoluzionari ed i menscevichi. Per informazione ricorderemo che i termini bolscevico e menscevico significano in russo “maggioritario” (teatro Bolshoi = teatro grande) e “minoritario”, anche se poi in realtà al voto erano spesso i minoritari menscevichi ad essere maggioritari. Ma la logica delle rivoluzioni non è quella “normale” (altrimenti che rivoluzioni sarebbero?) e la violenza può fare tranquillamente a meno della democrazia quale noi la intendiamo per assumere il potere. I risultati, catastrofici, si sono visti nella settantina d'anni successivi. Gran parte della diaspora bianca dal Sud si dirige verso Istanbul e da lì si distribuisce nel mondo: Balcani, Cecoslovacchia, Polonia, Paesi Baltici, Regno Unito e nelle due città europee di Parigi e Berlino. Altri vanno più lontano verso gli Stati Uniti, Canada, Sud America, Congo Belga, Africa del Nord mentre quelli della Siberia Orientale si ritroveranno in Cina, Giappone e Australia. Nei Paesi monarchici (Belgio, Svezia, Regno Unito, Spagna) essi sono ben accolti dai vari regnanti; nelle altre realtà si arrangiano come possono. Molti entrano come operai alla Renault di BoulogneBillancourt, alla periferia di Parigi, dove lavoreranno dai 4 ai 5 mila russi bianchi
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The Bolshevik interpretato dal pittore Boris Michajlovič Kustodiev - 1920
Un'attività tipica degli emigrati russi a Parigi è quella dei tassisti. Molti nobili si ritrovano a fare il taxi driver dopo aver contato nel loro Paese di una cospicua servitù. Tra di essi anche Georges Zourabishvili, il padre di Hélène Carrère d'Encausse la storica, oggi novantaduenne, autrice di molti volumi di successo molto spesso consacrati alla Russia e membro dal 1990 dell'Académie Française di cui è dal 1999 il segretario perpetuo. Primo
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cioè 1 su 6), altri si arruolano nella Legione Straniera; c'è poi chi va nelle miniere di carbone in Belgio, chi raggiunge il corpo dei cadetti del Regno di Yugoslavia, chi parte per dedicarsi all'agricoltura in Argentina, Paraguay o Perù, chi diventa ingegnere in Congo e chi si imbarca sui transatlantici per fare il marinaio, il cuoco, il musicista o l’artista.
caso per una donna! Trasferitomi a Parigi nella seconda metà degli anni '70 mi ero subito iscritto al Conservatorio Serge Rachmaninoff, sede della Società Musicale Russa a Parigi, che aveva tra l'altro ospitato, al momento dell'esilio, il noto violoncellista e direttore d'orchestra Mstislav Rostropovitch e la moglie, l'altrettanto famosa soprano Galina Vichnevskaïa. Il fatto di essere membro di tale società mi consentiva, dopo la presentazione tassativa della tessera (anche se credo che Carolina di Monaco frequentatrice del luogo, ne fosse dispensata!) di frequentare la mensa della stessa dove officiavano come cameriere, con somma dignità, tre principesse russe già ultrasettantenni che dopo essere state ospiti dei reali del Monte-
negro (la cui reggia era una modesta casa a Cettigne, a una trentina di km. da Podgorica l'attuale capitale, davanti alla quale il re Nicola I Petrović Njegoš padre della tanto amata Regina Elena moglie di Vittorio Emanuele III, seduto su una sedia impagliata, caricava la sua lula - pipa - osservando il transito sulla strada sterrata) erano giunte in Francia ed avevano dovuto trovare un mezzo per poter campare. Una di esse era stata la prima donna a conseguire, prima della rivoluzione, un brevetto di pilota d'aereo a Batùmi, località georgiana sul Mar Nero. Altro che le femministe d'oggi, stiamo parlando di più di un secolo fa! Al conservatorio avevano insegnato la preparazione delle prelibatezze della cucina russa (il bortch, lo spezzatino alla Strogonoff, la
Un altro luogo storico dell'emigrazione russa, scomparso anch'esso per la legge inesorabile del tempo, si trovava nella rue de Castagnary nel XV arrondissement: La Toison d'Or (il Vello d'Oro) gestito da un paio di lunatici georgiani di Sukhoùmi, in Abkhazia, che ricevevano solo su prenotazione e che frequentemente (fatto verificato di persona stando seduto di sera al mio tavolo) annunciavano il tutto esaurito al telefono anche quando di spazio ce n'era in quantità. A mezzogiorno quasi mai servivano eventuali avventori però nella tavola più recondita ed oscura del minuscolo locale c'erano sempre 5 o 6 baffuti georgiani tutti più vicini, come i titolari, ai 90 che agli 80 che non solo conversavano, come cospiratori, nella loro incomprensibile lingua, ma soprattutto trangugiavano con la regolarità di un metronomo una caraffa di vodka da 500 grammi dietro l'altra (la vodka si ordina non in volume ma in peso anche se i due sono quasi equivalenti), giusto per buttar giù i vari khinkali (ravioli), i kachapuri (focacce) lobio (fagioli in umido), il kharcho (zuppa speziata di riso e manzo) il pollo tabakà (polletto intero grigliato sulla punta di una spada) ... il tutto profumato dall'onnipresente coriandolo. Vien da pensare che
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cotoletta Pojarski, i shashlik di pollo di caucasica reminiscenza, i pelmeni, una sorta di ravioli siberiani, la vatroushka, gustoso dolce al formaggio bianco…e l'immancabile caraffa di vodka) a giovani cuochi nordafricani che se la cavavano molto bene. Da quando, già da diversi anni ormai, quel mitico luogo è diventato un ristorante come tutti gli altri, aperto a tutti (con prezzi ovviamente gonfiati) addirittura, con sommo orrore, a comitive di turisti che sbarcano dai bus, non ci ho messo più piede e nemmeno conto di rimettercelo.
la ricetta di lunga vita stia proprio nell'”acquetta” (vodka è il diminutivo di voda, ossia acqua) che non lascia un alito alcolico talché coloro che pur dopo libagioni eccessive siano in grado, una volta rientrati, di mantenere un contegno non sospetto ed improntato ad una sobria dignità, non rischiano di essere redarguiti dalle rispettive consorti. Si calcola che almeno 2 milioni di russi (altri, come il Gran Duca Kirill, parlano di 4 o 5 milioni) abbiano lasciato la loro patria dopo il terremoto sociale del 1917. Almeno un quarto di loro, più o meno 400.000, sarebbe venuto in Francia. Se la prima ondata di immigrazione era stata aristocratica e la successiva era stata borghese, la terza, la più importante, inizia dopo la sconfitta dei grandi personaggi della contro-rivoluzione: Denikine, Youdenitch e l'ammiraglio Koltchak. Nel novembre 1920, in Crimea, Wrangel ordina l'evacuazione.150.000 russi bianchi di cui 100.000 militari vengono imbarcati su 26 navi stazionate nel Mar Nero tra cui molte facenti parte della Royale, la marina militare francese, al comando dell'ammiraglio Dumesnil, mentre altri reduci dell'armata bianca attraversano i Carpati. Questi gruppi sono di estrazione molto più popolare rispetto ai precedenti, ma anch'essi considerati membri dell'emigrazione bianca che pareva riservata solo ai nobili e all'alta borghesia ma che ora ingloba tutti i fuggiaschi dalla Russia zarista. A partire dal 1922-23 il fenomeno si amplifica e se alcuni, memori dei tempi andati quando venivano a svernare a Nizza e sulla Costa Azzurra, si dirigono verso quei luoghi, la grande maggioranza si reca a Parigi e di là in tutto l'”esagono” (la forma della Francia, così come l'Italia viene detto lo Stivale) a cercare i mezzi per vivere.
Foto: Zairon - Creative Commons
CIMITERI D'EUROPA
La cattedrale della Santa Trinità
Luoghi di devozione degli emigrati russi a Parigi Il simbolo della fede religiosa era la cattedrale Saint-Alexandre-Nevski, a Parigi nel VIII arrondissement, che assieme a sei parrocchie intra muros, altre sei nella periferia vicina
parte di Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, la cattedrale della Santa Trinità, sul Quai Branly del lungosenna a poca distanza dalla torre Eiffel, è diventata il punto di riferimento dell'ortodossia russa e costituisce un centro di grande importanza per i fedeli. Sorta per iniziativa del presidente Sarkozy è stata progettata dal famoso architetto Jean-Michel Willemotte ed ha ricevuto la visita del presidente russo Putin.
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e all'Istituto Teologico San Sergio, fa della capitale il centro dell'emigrazione russa più ricco di cattedrali. Era altresì la sede dell'Arcivescovado delle chiese ortodosse russe in Europa Occidentale sotto la giurisdizione del Patriarcato di Mosca finché il Patriarcato di Costantinopoli non ne aveva rivendicato la giurisdizione, visti i rapporti troppo stretti e compromettenti della Chiesa russa col regime comunista. Dal 4 Dicembre 2016, giorno della sua consacrazione da
Nei primi tempi i defunti della Russia bianca venivano sepolti nei vari cimiteri parigini ed in particolare in quello di Batignolles. Ad una trentina di chilometri al Sud di Parigi si trova, nel dipartimento dell'Essonne, il comune di Sainte-Geneviève-des-Bois dove è stata creata, nel 1879, la necropoli municipale: il cimitero di Liers (rue Léo Lagrange) che ospita defunti di tutte le fedi o senza fede. Nel 1927 Lady Dorothy Paget, una benefattrice britannica sensibile alle difficoltà degli emigrati russi, acquista una fattoria trasformata in dimora borghese nel XIX secolo, da allora nota come Castello della Cossonerie, e la offre alla sua amica la Principessa Vera Mechtchevskaïa, che ne fa una casa di riposo, la cosiddetta “casa russa” destinata ad accogliere i rifugiati bianchi. Alla fine degli anni '60 il premio Nobel Alexander Solzhenitsyn vi si reca per intervistare un residente in vista della redazione del romanzo Agosto 1914. Nello stesso anno viene sepolta, nell'attiguo
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Il cimitero di Liers a Sainte Geneviève des Bois
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L'ingresso del cimitero di Liers cimitero di Liers, la prima defunta della casa di riposo. Da allora quella parte del cimitero viene chiamata il "Cimitero Russo" pur facendo parte amministrativamente del cimitero comunale.
Oggi, dopo varie estensioni, il cimitero accoglie, in 5.220 sepolture in concessione su 5 ettari, più di 15.000 defunti molti dei quali provenienti da altri paesi. Si tratta della più grande necropoli dell'emigrazione russa nel mondo e costituisce un patrimonio storico e culturale di prima grandezza. Questo sito emblematico che a differenza della restante parte spoglia del cimitero è un vero “giardino alla
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Al di fuori dei limiti cimiteriali sorge la chiesa di Nostra Signora della Dormizione, costruita nel 1939, sormontata da un bulbo blu sul tetto verde, viene iscritta nell'elenco dei monumenti storici nel 1974 (mentre la parte del cimitero di Liers occupata dalle sepolture ortodosse nel 2001). È stata progettata dall'architetto Albert Benois, ispiratosi alle chiese di Novgorod del XV e XVI sec., ed alberga, nella cripta, dignitari religiosi ortodossi.
russa” ricco di piante e di centinaia di alberi (pini, abeti, tassi, betulle etc.) si trasforma in testimone, fiorito e rasserenante, del tragico passato dei popoli dell'antico impero russo e successivamente sovietico. La sua carica emotiva è percepita da tutti i visitatori ed in particolare da quelli che
Uno dei viali del cimitero
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provengono dall'ex URSS dove per tanto tempo la storia dell'emigrazione venne, come tantissime altre cose, tenuta nascosta. Cosa che, ad onor del vero, accade anche dalle nostre parti dove i misteri di Stato e le menzogne dei politici sono moneta corrente. Per parlare di tale atteggiamento di fronte al passato devo ancora una volta, il lettore non me ne voglia, menzionare un'esperienza personale altamente significativa. Più di vent’anni fa ricevevo a Parigi per un soggiorno di lavoro il direttore della Medicina Legale di Petropavlovsk Kamčatskij, capoluogo della Kamčatka la penisola russa di 1250 km. nel Pacifico. Mentre dall'aeroporto si andava verso l'albergo, mi chiese se per prima cosa non fosse possibile visitare il cimitero russo. Appena entrati si precipitò alla ricerca frenetica della tomba di Ksenia
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La tomba dove riposa la famiglia di Lev Tolstoj
Tomba in memoria dei Russi morti nella Seconda Guerra Mondiale
Denikina la vedova del già menzionato generale Anton Ivanovič Denikin il capo dei russi bianchi nella guerra civile. Dopo il conflitto la coppia era dapprima finita negli USA e poi nel Regno Unito, in Ungheria ed in Francia dove il generale si spense, settantaquattrenne, ad Ann Harbor nel 1947. La vedova, che era stata insegnante e ricercatrice presso il dipartimento di slavistica della prestigiosa Columbia University di New York, ritornò in Francia dove viveva la figlia, la letterata Marina Grey, e dove si spense ad ottant'anni nel 1973. Venne sepolta nel cimitero russo rimanendovi fino al 2005 anno in cui la Russia, su richiesta della figlia, accettò di accogliere i resti della coppia che furono posti nello storico Monastero di Donskoj del 1591. Marina Grey morì il mese dopo a 86 anni. Fui colpito dalla profonda commo-
zione di quel medico che, pur educato nella tirannide pseudo-democratica ed oscurantista comunista, aveva conservato nel suo cuore assieme a quella libertà di pensiero che nessuno può incarcerare, l'amore per il suo Paese e la sua storia al di là di ogni retorica ma con una visibile profondità di sentimenti che mi pare, vorrei sbagliarmi, stiano scomparendo nelle nostre società individualistiche e consumistiche orientate soprattutto alla ricerca di un fugace ed egoistico edonismo. La Russia attuale (che forse non è solo l'orco che spesso viene dipinto anche se è vero che casi come quello dell'oppositore Alexeï Navalny sono insopportabili ai nostri occhi), segue da vicino il camposanto e qualora non vi siano familiari per rinnovare le concessioni in scadenza subentra direttamente, senza tanti stati d'animo ma con il libretto di assegni alla
mano, per conservarle. Le autorità della Federazione hanno deciso, una volta per tutte, che nessun russo colà sepolto sarà privato dell'eterno riposo. Lo stesso Putin, recatosi con la moglie di allora a Sainte-Geneviève nel 2000, ha provveduto qualche anno fa al pagamento di 700.000 euro per sanare tutte le pratiche in sofferenza.
Personaggi che riposano nel cimitero di Liers Tra i tanti personaggi illustri sepolti ricorderemo il Principe Youssupov che uccise Rasputin (il diabolico e dissoluto monaco consigliere della famiglia imperiale che in lui riponeva la speranza di guarire lo Tzarevitch Alexeï che soffriva di emofilia) il Principe Nikolaï Troubetskï co-fondatore del conservatorio di Mosca, il primo premio Nobel russo di letteratura Ivan Bunin morto in miseria a Parigi e nella cui casa moscovita
abbiamo avuto il piacere di assistere ad un concerto in cui si esibiva la cantante Margarita Pisarenko nostra interprete in occasione di alcuni viaggi di lavoro in Russia, lo scrittore esiliato Andrej Amal'rik, il coreografo Serge Lifar, il grande pittore Serge Poliakoff e tantissimi altri tra cui uno dei più grandi danzatori classici del XX secolo il “tataro volante” Rudolf Nureiev, morto di AIDS nel 1993 e la cui tomba vale da sola la visita al sito. Essa è ricoperta da un magico tappeto “kilim” (il tipo di tappeto preferito dall'artista) in mosaico policromo progettato dallo scenografo Enzo Frigerio e realizzato dallo Studio Akomena di Ravenna. Tanto ci si vergogna per la vile mediocrità della classe politica italiana quanto ci si inorgoglisce per quello che gli italiani "seri" sono capaci di fare. Ci pare infine doveroso ricordare i combattenti della Russia Bianca che hanno molti spazi loro riservati nella
necropoli: le tombe degli ufficiali dell'Armata Bianca comandati dal generale Piotr Nikolaïevitch Wrangel ed evacuati dalla Crimea, il monumento alla memoria dei Cosacchi del Don, quello degli aviatori russi in Francia, nonché quello alla memoria degli ufficiali ex combattenti dell'Esercito Francese a titolo estero 1914-1918 e 1939-1945, il quadrato della Divisione del Generale Mikhail Drozdovski, la sepoltura del colonnello Sergey Matzyleff e quella del tenente di fanteria russo della prima guerra mondiale Zavadski noto con il nome di scrittore Korsak ed autore de I prigionieri. E tanti, tanti altri che i visitatori avranno l'occasione di scoprire personalmente, memori del Foscolo e dei suoi immortali versi nei Sepolcri: “A egregie cose i forti animi accendono l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta”.
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La sbalorditiva tomba di Rudolf Nureiev realizzata con la tecnica del mosaico
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Urne: elementi d’arredo? di RAFFAELLA SEGANTIN
In Occidente la cremazione risale almeno all'Età del Bronzo e nell’Italia centro-settentrionale sono molti i siti dove sono state rinvenute urne cinerarie, per lo più realizzate in terracotta o in bronzo per i personaggi di rango.
Fin dall’antichità si è sempre sentita l’esigenza di conservare i resti delle persone amate e l’uso di urne è, quindi, altrettanto ancestrale: è infatti del VII millennio a.C. il primo reperto trovato in una necropoli cinese che documenta l’usanza di conservare le ceneri in appositi vasi. Con il progredire della civiltà si è di pari passo sviluppata una certa sensibilità estetica e quindi si è incominciato a prestare particolare attenzione alla loro forma e a decorarle con disegni o intarsi. OLTRE MAGAZINE
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Non sappiamo molto sul quando e perché nella storia dell’antichità ad un certo punto sia entrata in uso la pratica della cremazione che poco alla volta ha soppiantato l’inumazione tipica degli uomini cosiddetti “primitivi”.
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Sul mercato sono presenti urne di incredibile pregio artistico che potrebbero essere acquistate in vita prima del decesso per essere esposte in casa, come si augura Michael Demetz, dell’azienda Urna Concept.
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In questi ultimi anni stiamo assistendo ad un incremento esponenziale dovuto in primis ad un mutamento della mentalità comune nonché ad un diverso atteggiamento della Chiesa che non la ostacola più. Determinanti anche le problematiche legate alla mancanza di spazi nei cimiteri, che con la cremazione vedono risolte molte criticità. Tutto ciò ha comportato l’immissione sul mercato di una offerta di urne sempre più ampia e variegata. Si tratta infatti di un oggetto che, a differenza del cofano funebre, ha stimolato in modo determinante la creatività di artigiani, artisti e designer. Se ne trovano di svariate fogge e di innumerevoli materiali. Alcune sono vere e proprie opere d’arte che meriterebbero di essere ammirate dal pubblico, come quelle create da Michael Demetz e dagli artigiani di Urna Concept.
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In molti Paesi, dove la cremazione ha una tradizione più consolidata, non è raro che l’urna venga valutata per il suo valore estrinseco e non solo come contenitore delle ceneri dei propri cari, tanto che viene spesso acquistata per esporla nella pro-
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pria abitazione quale complemento d’arredo, indipendentemente dal suo futuro utilizzo. È anche diffusa la tendenza di acquistare in anticipo l’urna che conterrà i propri resti. Ciò solleva i parenti dall’impaccio di dover scegliere un oggetto che sia in linea con i gusti e la personalità del defunto. Una volta che racchiuderà le ceneri di cremazione sarà poi la famiglia a decidere se continuare a custodirla tra le mura domestiche oppure se trasferirla in un cimitero. Nel primo caso le caratteristiche estetiche dell’urna hanno un’importanza rilevante
affinché non si venga a creare alcun tipo di trauma o di imbarazzo con le persone che frequentano la casa. (A questo proposito ricordiamo che anche in Italia con la legge 130/2001 è possibile conservare l’urna cineraria in un luogo diverso dal cimitero). Ne abbiamo parlato con Michael Demetz, proprietario del marchio Urna Concept, divisione di uno dei più importanti atelier d’arte della Val Gardena che continua l’antica tradizione della scultura lignea. “Veniamo da una lunga storia di produzione di oggetti d’arte in legno - afferma il signor Demetz - e anche
Succede che vengano effettuati funerali con l’urna? “Non è raro che i funerali si celebrino direttamente con l’urna anziché con la bara. Una accelerazione in questo senso l’ha data sicuramente il Covid-19, soprattutto nella prima fase della pandemia, quando i defunti in molti casi sono stati avviati direttamente al crematorio dalle aziende ospedaliere. I familiari si sono trovati così solo con l’urna con cui poter organizzare la cerimonia commemorativa del proprio caro. È una tendenza che potrebbe diffondersi come alternativa al funerale con il cofano, dove l’urna acquisirebbe un valore maggiore, un motivo in più per sceglierla con cura anche in tempi non connessi ad un imminente decesso, tenendola nel frattempo nella propria abitazione come elemento d’arredo”. Un auspicio interessante quello di Michael Demetz che renderebbe giustizia alle opere dei tanti artigiani che, come quelli di Urna Concept, si dedicano con impegno e passione a questo settore. Acquistare un’urna in anticipo e tenerla in casa significa, infatti, dare la giusta visibilità a manufatti esclusivi che, se destinati direttamente ad essere tumulati in cimitero, così come il cofano, verrebbero visti unicamente dai familiari del defunto. Un ruolo decisivo in questa fase lo potrebbero rivestire le imprese funebri, determinanti nel promuovere questa opportunità presso i propri clienti. Sarebbe l’inizio di un importante percorso per esaltare il prodotto di qualità contribuendo allo stesso tempo ad innescare un processo che porta ad una maggiore accettazione della fine della vita. OLTRE MAGAZINE
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Oggetti dunque che non rimandano al loro principale utilizzo… “Esattamente! A prima vista le nostre urne sono percepite come un oggetto d’arredo, il loro fine ultimo non è certo intuibile. Ci è già capitato che ci vengano richieste soprattutto per essere messe in mostra nella propria abitazione e per essere utilizzate solo in futuro per la conservazione delle ceneri. Ciò ha anche un risvolto psicologico positivo perché la persona che l’ha acquistata per sé, prende a poco a poco confidenza con l’oggetto che conterrà i suoi resti e ha tutto il tempo per metabolizzare l’idea della propria morte. Mi auguro che la tendenza in voga più che altro all’estero di acquistare l’urna non solo al
momento del bisogno, si diffonda anche da noi. Sarebbe un grande stimolo per l’intero settore produttivo e motivo di gratificazione per i tanti artisti dalle cui mani escono opere di grande bellezza”.
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le nostre urne sono pensate come pezzi pregiati, rigorosamente in legno, forgiati dalle mani sapienti dei nostri maestri scultori. Ci basiamo sul concetto dell’unicità affinché ognuno possa trovare quella che meglio esprima la personalità o gli interessi che il defunto aveva in vita; per questo proponiamo tante forme diverse: da quella fatta a cuore o che rappresenta una rosa a quella che riproduce un pallone o un casco da motociclista, fino alle forme più astratte o a quelle che ricordano le nostre amate montagne, come pigne, funghi o il cappello da alpino. Realizziamo anche soggetti su richiesta così da poter far fronte alle esigenze di tutti”.
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Un particolare della sala riunioni
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Quando il diritto diventa un servizio di Andrea Milanesi
Nata a Bologna quasi settanta anni fa, rappresenta il punto di partenza della storia della infortunistica, in quanto è stata la prima società, nel 1952, ad intraprendere questo percorso e questa scelta di tipologia di servizio da erogare al cittadino. Un servizio che consiste nel supportare le persone che hanno subito un danno a causa di un sinistro aiutan-
dole nell’anticipazione delle spese tecnico peritali e medico legali per arrivare ad una trattativa stragiudiziale con le compagnie di assicurazione finalizzata al risarcimento e alla liquidazione, cercando di evitare la causa civile. L’infortunistica Tossani si occupa quindi di istruire le pratiche per il risarcimento del danno, monitorando le inchieste delle autorità e delle procure in caso di sinistro, OLTRE MAGAZINE
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La Prof. Michele Tossani srl è una storica azienda di servizi specializzata in risarcimento del danno.
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Un focus sull’infortunistica Tossani, l’azienda che ha trasformato il diritto in servizio.
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sia con danni fisici sia nei casi con esito mortale, e successivamente di valutare la correttezza delle relazioni stilate da accertatori, periti e medici legali delle varie assicurazioni, oltre che quelle delle autorità stesse, incaricando a sua volta dei tecnici di parte. I costi e gli oneri delle attività dei professionisti che la Tossani incarica, in ambito di incidente stradale, infortunio sul lavoro, malasanità e responsabilità della pubblica amministrazione, vengono tutti anticipati dalla società stessa; spese che le vengono restituite solo alla conclusione della gestione della pratica e nei soli casi in cui riesca ad ottenere il risarcimento per l’assistito. L’obiettivo finale, quale conclusione del suo servizio, è infatti la liquidazione del danno per il suo assistito, risultato a cui arriva tramite delle trattative stragiudiziali affrontate con le compagnie di assicurazioni dai
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Esterno della sede
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tecnici liquidatori della Tossani stessa, che nei casi di correttezza della quantificazione dell’importo ottenuto e liquidato, consente di evitare lunghi anni di causa civile. La Prof. Michele Tossani srl si avvale oggi di circa cinquanta risorse fra dipendenti e collaboratori, e ha sviluppato il suo servizio su tutto il territorio nazionale tramite molte sedi distaccate e consulenti territoriali, oltre ad avere stabilito numerose collaborazioni professionali con decine di legali, periti e medici in ogni singola area geografica del Paese. Tutte le attività delle sedi nazionali, suddivise in tre macroaree operative
Il fondatore, Prof. Michele Tossani
del nord, del centro e del sud, vengono gestite e supervisionate dalla Direzione di Bologna, che si occupa di garantire il rispetto delle procedure aziendali e di sostenere le trattative per le liquidazioni dei danni. Il suo radicamento aziendale sul territorio trova conferma ed espressione anche nelle svariate convenzioni e accordi di partnership con le onoranze funebri locali, alle quali l’azienda in molti casi di sinistri con esiti mortali, anticipa nell’interesse dei famigliari del deceduto anche i costi delle spese funeratizie, di cui chiede successivamente il ristoro alla compagnia di assicurazione del responsabile. L’Infortunistica Tossani è riuscita quindi in questi decenni, dal 1952 ad oggi, a tradurre il diritto al risarcimento del danno in un reale servizio aziendale strutturato ed organizzato.
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Foto: Wisconsinart - Dreamstime
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La testimonianza di una celebrante laica d i C o s ta n z a C o l o m b o
Svolgo questa professione da tre anni, mi sono formata a Bergamo con il Corso per Celebranti laicoumanisti tenuto nel 2017 da Richard Brown e Clarissa Botsford. Questo percorso ha fatto luce su un mondo che mi era sconosciuto, quello delle cerimonie laiche volte a sancire i momenti di passaggio della vita: la
nascita, l'unione fra due persone, e naturalmente anche la morte.
liare aveva bisogno del mio supporto e non potevo sottrarmi.
Quando la prima impresa funebre a cui mi ero proposta come celebrante mi ha chiamata - lo ammetto - ho vacillato. Sarebbe stato il mio primo funerale. Sarei stata all'altezza di questo compito? Mettersi in relazione con persone che hanno appena subìto un lutto desta in chiunque un po' di preoccupazione. Subito dopo, però, ho ripreso coraggio, perché qualcuno che aveva perso un fami-
Fino a quel momento, il mio slancio umano verso gli altri era rimasto inespresso. Ero, e sono tuttora, una traduttrice dialoghista, e grazie a questo mestiere avevo coltivato la passione per la parola, scritta e parlata. Con il teatro, poi, mi ero resa conto del potere che parole e gesti possono avere sulle emozioni. La professione del celebrante mi ha finalmente dato la possibilità di OLTRE MAGAZINE
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Mi chiamo Costanza Colombo, ho 43 anni e sono una celebrante laica umanista della rete nazionale Cerimonie Uniche.
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Parliamo ancora una volta di cerimonie laiche attraverso la voce diretta di Costanza Colombo che ci racconta della sua attività e di una recente esperienza particolarmente toccante.
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mettere a frutto il desiderio di sentirmi utile e offrire un supporto pratico a chi soffre per una perdita. A causa di un pregiudizio culturale, l'opinione diffusa è che i funerali siano eventi legati necessariamente alla religione. Ma non è così. Anche per chi non aderisce a una fede, infatti, prendersi del tempo per dire addio degnamente al proprio caro e onorare la sua vita con una cerimonia aconfessionale non solo è un diritto, ma è di grande conforto e contribuisce ad avviare l'elaborazione del lutto. Il funerale ci dà la possibilità di chiedere perdono, di dire “ti voglio bene”. E ricordiamo che il rito del commiato è anche un atto sociale, in cui il dolore può esprimersi attraverso un codice condiviso, e questo ci fa sentire meno soli. Credo che la potenza della ritualità stia proprio nel fatto che essa dà materialmente forma e sostanza al processo di distacco, e sostituisce le parole in un momento in cui queste vengono meno.
Chi è il celebrante laico-umanista
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Qualcuno vuole fare da sé, e ci riesce. Un parente, un amico, un collega di lavoro. Qualcun altro, invece, trovandosi davanti alla famiglia, agli amici del defunto e al feretro, è sopraffatto dall'emozione. Questo è comprensibile, perché nessuno ci attrezza per dirci addio, e davanti al distacco ci scopriamo ammutoliti, afasici.
Il celebrante laico-umanista è un professionista che dà alla famiglia un supporto lucido e pratico nella stesura di una cerimonia che celebra non una morte che c'è, ma una vita che c'è stata. La cerimonia laico-umanista si concentra, infatti, sull'esistenza, sulle relazioni che ha forgiato e sul lascito del defunto,
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Costanza Colombo nella prospettiva umanista per cui ogni vita è unica e preziosa. Ha una struttura che è consigliabile seguire - introduzione, riflessioni sulla vita e sulla morte, elogio funebre, rito simbolico, momento solenne del commiato e conclusione - ma è totalmente personalizzabile attraverso musica, letture, riti simbolici, interventi in prima persona. L'esperienza che ho maturato finora mi ha fatto capire che fra le qualità umane necessarie a un celebrante c'è senz'altro l'empatia. Ciò non vuol dire farsi travolgere dalle emozioni di chi abbiamo di fronte, ma sapersi accostare al suo dolore in modo delicato e lucido. Il celebrante laico può essere chiamato dai familiari oppure dall'impresa funebre. Finora, nella mia esperienza, è avvenuto sempre nella seconda modalità. Un impresario funebre di grande sensibilità ha compreso e riconosciuto il bisogno innato degli esseri umani, indipendentemente dal credo religioso, di prendersi del tempo per salutare degnamente chi è mancato. Un funerale religioso in onore di chi
non era credente, oltretutto, sarebbe spiazzante per i familiari. E andare dritti al cimitero per chiudere in fretta il capitolo non è consigliabile, perché potrebbe amplificare il senso di angoscia e di smarrimento. Il momento del colloquio con i parenti è fondamentale per capire che tipo di cerimonia desiderano, se il defunto ha lasciato disposizioni in tal senso e per ascoltare il racconto della sua vita da chi lo ha conosciuto e amato. In questo frangente, saper ascoltare è fondamentale. Dai racconti e dagli aneddoti familiari, infatti, alcuni elementi emergono più forti di altri, affiorano la personalità, il modo di fare, la filosofia di vita del defunto: “Ti ricordi quella frase che diceva sempre? Era un po' il suo mantra”. E scatta quel meraviglioso interruttore che fa luce sulla memoria. Ogni celebrante ha il suo stile e credo che debba sempre stare attento a non diventare lui stesso il protagonista delle cerimonie che officia, ma porsi come un tramite, come un mezzo delle intenzioni dei dolenti. A questo proposito ci tengo a raccontare una recente
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esperienza che per me è stata molto forte e segnante, in cui la ritualità simbolica è stata particolarmente importante.
Un’esperienza significativa
Diversi amici e amiche volevano intervenire in prima persona. Così ho proposto alla famiglia un rito simbolico che desse importanza alle loro testimonianze. Ho stampato gli interventi su carta pergamena, li ho arrotolati e legati con due laccetti viola e nero, i colori preferiti di E. Li ho disposti sul tavolo della sala del commiato, accanto a una bella scatola decorata, alla candela viola e alla sua foto. Le quinte erano i colori dei suoi quadri, pieni di cuori, pieni di vita, posizionati sempre sul tavolo, su due cavalletti. Tutto in quella sala parlava di lei. Anche la musica in sottofondo, quella di Enya. A mano a mano che gli amici si avvicendavano al microfono, riponevo nella scatola la loro pergamena. L'intenzione era che quello scrigno contenente i messaggi d'amore per E. sarebbe stato di conforto ai familiari
quando, per ricordarla, li avrebbero riletti. Quei messaggi erano la prova concreta dell'amore che E. aveva elargito e ricevuto. Nel momento solenne del commiato, ho soffiato sulla candela, ho riposto il coperchio sulla scatola e l'ho consegnata alla sua mamma. C'era silenzio, l'eloquenza era affidata ai gesti. Il simbolo del lascito d'amore di E. era, adesso, nelle mani della sua mamma. A chi mi chiede perché sono diventata una celebrante, rispondo che la solennità che ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio assumono in una cerimonia mi ha letteralmente conquistata. È vero, non tutti se la sentirebbero di celebrare funerali. Ma se si è deciso di vivere questa professione in un'ottica di servizio alle persone, credo sia proprio in questi frangenti che possiamo dare il meglio di noi come esseri umani.
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Foto: Auremar - Dreamstime
Lo scorso gennaio mi hanno chiamata per celebrare un commiato laico per E., una donna di 35 anni che si era tolta la vita. In virtù delle circostanze della morte e della sua giovane età, ho deciso di personalizzare e ritualizzare il più possibile la cerimonia. La sala del commiato è stata allestita con i quadri dai colori vivaci che aveva dipinto lei stessa. All'inizio della cerimonia, con la sorella, abbiamo adagiato sul feretro un nastro verde, simbolo dell'Irlanda, terra che E. amava e dove aveva vissuto per sette anni prima di tornare in Italia a causa della pandemia. Il nastro simboleggiava anche l'amore di tutti i suoi amici che dall'Irlanda
non erano potuti venire a dirle addio.
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"Fondamentale è il colloquio con i parenti"
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Funerali gospel, una celebrazione della vita d i Ta n j a P i n z a u t i
L’utilizzo della musica gospel, intesa come Black Gospel, nei funerali all’interno della comunità afro-americana risale agli albori di questo genere musicale.
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L’approccio al lutto tra spiritualità, ricongiungimento e musica in memoria dei defunti.
L’approccio alla morte da parte degli African Americans è molto diverso rispetto a quello a cui siamo abitua-
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ti noi, dove il lutto è visto come la fine di tutto e la morte viene vissuta come un momento molto traumatico. Nelle cerimonie funebri della comunità afro americana, che hanno profonde radici nella loro forte spiritualità e nel loro modo di vivere la religiosità e la musica, il Gospel è un mezzo per celebrare il defunto
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e la sua vita, non solo la sua morte. Il canto è un momento catartico e importante per “accompagnare” il proprio caro nel momento della transizione tra il mondo dei vivi e quello dell’aldilà. Dai tempi della schiavitù, quando gli spirituals (canti religiosi) venivano usati per tramandare il messaggio e le storie degli antenati e fino ad oggi, con i Gospel utilizzati durante le messe e le cerimonie, la musica ha sempre avuto un ruolo molto importante per gli afro americani.
Dalla schiavitù ai tempi moderni Con l’avvento della barbarica pratica della schiavitù, molto utilizzata in America da famiglie di possidenti che acquistavano schiavi provenienti dall’Africa per farli forzatamente lavorare nei campi e nelle piantagioni o come servitori, la visione della morte da parte degli schiavi africani divenne molto vicina a quella di una sorta di liberazione. Liberazione proprio dai lavori forzati a cui erano costretti, dalle vessazioni e dalle ingiustizie di cui erano vittime ogni
giorno. Morire era un modo per tornare alla propria terra, unirsi ai propri antenati e “tornare liberi”. Questo concetto prese il nome di Homecoming (tornare a casa). Negli anni l’approccio alla morte degli afro americani si è evoluto senza snaturare il concetto di “ritorno” e di ricongiungimento ai propri cari. Per questo la musica nelle loro cerimonie ha un ruolo importante di celebrazione, di gioia ma anche di lutto. I funerali della comunità sono delle
commemorazioni della vita del defunto dove si balla e si canta per accompagnarlo nel tragitto che lo porterà a riunirsi ai suoi antenati e a Dio. Durante la cerimonia funebre sono programmati numerosi momenti musicali dove l’intero coro, vestito con gli abiti specifici scelti dalla chiesa dove opera, intona canti famosi e storici, coinvolgendo tutta la platea che si muove, batte le mani e i piedi e si unisce alle celebrazioni cantando e ballando.
La storia del Gospel
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La storia della musica gospel è molto antica ed è strettamente collegata alla tratta degli schiavi che dal continente africano venivano acquistati e deportati in America. La lontananza forzata dai luoghi d’origine, la schiavitù, la violenza a cui questi uomini e donne erano sottoposti nelle piantagioni e nei campi di lavoro da parte dei “padroni” dettero vita all’unica forma di libertà possibile: il canto.
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Le work songs (canzoni da lavoro) e gli spirituals erano espedienti per sopportare le ore di lavoro infinite e i molteplici sopprusi; cantare era l’unico modo per trovare sollievo, per rimanere in contatto con le proprie radici. Ma non solo. Gli schiavi venivano impiegati nei campi in
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lavori pesantissimi: erano costretti a spaccare pietre con pesanti mazze del peso di circa 5 chili. Per coordinare i gesti e far salire e scendere il martello nello stesso momento nacquero canzoni come This old hammer, un brano a domanda e risposta dove la domanda sospesa è il momento in cui si alza la mazza e la risposta breve è quando si lascia cadere il colpo. Molte work songs nascondevano messaggi in codice: era così che gli schiavi si scambiavano opinioni sui sorveglianti utilizzando nomi e personaggi della Bibbia che servivano a scambiarsi avvertimenti o per mandarsi messaggi cifrati in modo che i padroni non capissero e non punissero eventuali moti di ribellione. Nel 1865 la schiavitù venne finalmente abolita ma la cultura delle work songs e degli spirituals non andò perduta. Le melodie che per anni avevano aiutato migliaia di schiavi a sopportare le dure condizioni di vita, si fusero con le nuove sonorità: le blue notes (le “note tri-
Aretha Franklin
Nel 1985 venne celebrato in America il primo Martin Luther King day: da allora la musica gospel è stata consacrata per tutte le celebrazioni ufficiali della comunità afro americana, compresi i funerali.
Il gospel nel mondo Le radici blues di questo genere, dalla cadenza coinvolgente e profonda, lo hanno reso uno dei più amati e richiesti nei teatri di tutto il mondo. Cori storici come l’Harlem Gospel Choir e il Mississippi Mass Choir portano i brani della tradizione gospel afro americana fuori dall’ambito religioso, cantando e suonando davanti a platee paganti del nuovo e del vecchio continente. Negli anni, inoltre, il Gospel è stato inserito tra le materie da insegnare nelle scuole di musica e di canto e anche in Italia sono tantissimi i cori composti da cantanti di ogni genere ed età che si esibiscono ai matrimo-
ni, nelle feste e nei piccoli teatri. Questi cori americani, europei, italiani, sono sempre composti da numerosi cantanti che si esibiscono a cappella o con l’aiuto di alcuni musicisti, vestiti con tuniche o divise colorate. Nel coro sono sempre uno o due solisti maschili o femminili e un direttore che “dirige” le diverse voci che si intrecciano tra melodie, risposte e armonizzazioni. Il Gospel è una musica coinvolgente che ti trascina: è impossibile rimanere seduti o fermi davanti a un coro che canta e si muove sulle note di Oh happy day o di qualsiasi altro brano in scaletta. Uno dei motivi per cui questi concerti sono così amati è proprio per il fatto che il pubblico non è solo spettatore ma anche parte dello spettacolo.
Le canzoni gospel I brani eseguiti durante i concerti e nelle cerimonie afro americane sono quasi sempre dei classici: brani conosciuti e amatissimi in tutto il mondo che fanno parte del repertorio dai cori gospel.
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Tra questi, primo fra tutti, Amazing Grace, brano dal sapore spiritual conosciuto a livello mondiale grazie anche all’interpretazione di molti grandi artisti della musica moderna come Ray Charles, Aretha Franklin, Rod Stewart fino agli Aerosmith. Tra le canzoni che fanno parte del repertorio per l’Homecoming troviamo anche When we all get to Heaven, My sweet Lord, Oh happy day. La forza del Gospel è travolgente; la sua storia fortemente legata a quella del popolo afro-americano lo rende la musica più richiesta per numerose cerimonie, comprese quelle funebri, per chiunque voglia dare l'addio ai propri cari con una nota di gioia per celebrarne la vita.
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sti” che stanno alla base del Blues) unite alle armonie jazz dettero vita al Gospel.
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Qualcosa di Speciale di RAFFAELLA SEGANTIN
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Una commedia romantica incentrata sulla tematica dell’elaborazione del lutto e sulla necessità di affrontare un percorso interiore per superare il dolore della perdita. Qualche settimana fa è stato trasmesso in TV il film Qualcosa di Speciale. Non si tratta di una pellicola nuova, e sicuramente a molti lettori, come alla sottoscritta, sarà già accaduto di averla vista in precedenza. Il film è infatti del 2009, uscito nelle
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sale l’anno successivo con il titolo
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originale di Love Happens (l’amore capita), diretto da Brandon Camp con Jennifer Aniston e Aaron OLTRE MAGAZINE
Eckhart. E non si tratta nemmeno di un capolavoro della cinematografia: come ben suggerisce il titolo originale ci troviamo di fronte ad una commedia romantica dai toni melodrammatici, a tratti ingenua e a tratti esilarate, di quelle da guardare con il pacchetto di fazzolettini a portata di mano, ma dal lieto fine garantito, un prodotto destinato soprattutto ad un pubblico femminile e relativamente giovane.
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Allora perché parlarne? Perché tutta la trama si sviluppa attorno ad un concetto molto serio e non frequentemente trattato in questo genere cinematografico: quello della elaborazione del lutto.
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La storia è questa. Ryan Burke (Aaron Eckhart) è un giovane uomo che pochi anni prima ha perso la moglie in un incidente stradale. Sgomento per l’improvvisa e tragica scomparsa, cerca di arginare il suo dolore scrivendo un libro in cui parla della sua esperienza e dà suggerimenti su come affrontare e superare la perdita di un proprio caro. Il volume ottiene un successo immediato e per Ryan si aprono nuove prospettive di vita. Comincia così a girare in lungo e in
Titolo originale: Love Happens Genere: Drammatico, sentimentale Paese di produzione: USA Anno: 2009 Durata: 109 min. Regia: Brandon Camp
largo per tutti gli Stati Uniti, non solo per presentare il libro, ma anche per animare gruppi di autoaiuto, acquisendo una certa fama e diventando un punto di riferimento per i tanti che si trovano in condizioni simili. Tutto sembra scorrere per il meglio, finché viene programmato un seminario a Seattle, la città della defunta moglie. Fin dall’inizio di questo viaggio è palpabile un certo nervosismo e una sensazione di disagio, che diventa drammatica quando alla fine della conferenza si presenta il suocero che lo accusa di non aver mai fatto visita alla famiglia dalla morte della figlia. Proprio la sera stessa nella hall del suo hotel, Ryan conosce la vulcanica Eloise (Jennifer Aniston), un’eccentrica giovane fioraia dai modi decisamente
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SCHEDA DEL FILM
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Interpreti Jennifer Aniston: Eloise Aaron Eckhart: Ryan Burke Doppiatori italiani Eleonora De Angelis: Eloise Stefano Benassi: Ryan Burke
spicci e poco convenzionali. Anche Eloise è una persona irrisolta con un passato di storie d’amore finite male che hanno determinato in lei la convinzione di non voler più lasciarsi andare a nessun tipo di coinvolgimento sentimentale. Ma, come è prevedibile quando il destino ci si mette di mezzo, tra i due l’attrazione è immediata. Tuttavia per poter vivere il rapporto in modo sereno e costruttivo, entrambi devono lasciarsi alle spalle i propri fantasmi e i propri fallimenti. Ma se Eloise, da persona pragmatica qual è, non fatica a trovare dentro di sé nuove motivazioni che le permettono di superare i suoi timori, per Ryan è assai più complicato. Sarà proprio lei, tra una battuta e un colpo di scena, a fargli intraprendere quel percorso che lo porterà finalmente a confrontarsi con la sua sofferenza, senza ricorrere a comode scorciatoie. Pian piano emerge una verità che è ben diversa dalle certezze descritte nel suo libro, divenuto per il protagonista uno strumento a cui aggrapparsi, come ad un’ancora di salvezza, per poter andare avanti. Non solo Ryan ha troncato i rapporti, apparentemente senza motivo, con la famiglia della moglie deceduta, ma non ha nemmeno partecipato al suo funerale e confessa che il giorno dell’incidente alla guida dell’auto c’era lui e non lei come ha sempre fatto credere, attribuendo ad una tragica fatalità enormi sensi di colpa che in realtà non avrebbe motivo di provare. Grazie al rapporto con Eloise riuscirà a sbloccare tutto quel dolore
represso e taciuto e a compiere quei passi necessari, descritti dettagliatamente nel suo volume, per elaborare la sua sofferenza e poter finalmente vivere appieno, senza menzogne e libero dai sensi di colpa. Un film gradevole che nella sua trama, forse un po’ scontata, offre comunque molti spunti di riflessione. Innanzitutto la necessità di affrontare il dolore e la consapevolezza che reprimerlo non solo non serve a nulla ma può risultare deleterio. Il protagonista si è infatti reinventato, costruendosi una nuova identità, attaccandosi a nuove certezze e cambiando il suo modo di vivere. Ma alla fine questa sorta di riparo artificiale non può reggere a lungo e la vita non tarda a presentargli il conto. E se in questa storia l’inatteso aiuto arriva da una bella ragazza di cui è inevitabile innamorarsi, nella realtà di tutti i giorni le cose sono decisamente molto più complesse.
non soffocare il proprio stato di sofferenza, riconoscere i propri limiti nell’affrontarlo e, se ciò potesse essere utile, non essere imbarazzati a parlarne con gli altri senza filtri. Meglio ancora sarebbe non avere timore di ricorrere all’aiuto di esperti in questo campo che, attraverso azioni mirate, possono davvero sciogliere quei blocchi interiori che impediscono di continuare a vivere serenamente, motivando i soggetti ad aprirsi a nuove prospettive perché, come recita l’ultima frase del film, “quando parti per i tuoi viaggi è importante tenere a mente che quando una cosa finisce, un’altra avrà un inizio”.
Sono sempre più numerose le persone che hanno bisogno di essere accompagnate in un percorso di elaborazione del lutto, soprattutto in questo ultimo anno in cui, a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, non hanno potuto assistere i propri cari nei loro ultimi giorni e spesso nemmeno partecipare alle loro esequie. Una privazione che ha comportato conseguenze significative sull’equilibrio psicologico dei soggetti colpiti. In questi casi è necessario innanzitutto
CURIOSITÀ
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Qualcosa di Speciale è stato scritto dallo stesso regista Camp a seguito del suo personale vissuto per la morte della madre ed è rimasto chiuso a lungo nel cassetto prima di vedere il primo ciack. Come per il protagonista, anche Camp ha avuto grossi problemi a metabolizzare la perdita. In un primo momento sembrava che il lutto fosse superato, poi, dopo diversi mesi e quasi inaspettatamente, si è trovato preda di un dolore immenso. Ha così sentito il bisogno di indagare sui percorsi di elaborazione del lutto creando un personaggio che rispecchiasse le sue vicissitudini interiori.
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Il titolo del film inizialmente era Brand New Day (un giorno nuovo di zecca), in seguito cambiato in Travelling (viaggiando), fino a diventare Love Happens (L’amore capita). Il film è ambientato a Seattle e le riprese sono state effettuate sia a Seattle che a Vancouver.
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