Spazi di relazione, spazi di identità: un centro culturale a Impruneta

Spazi di relazione, spazi di identitĂ :

un centro culturale a Impruneta

Corso di laurea in Disegno Industriale Candidato: Olivia Menicagli Relatore: Stefano Follesa A.A. 2019/2020

UniversitĂ degli studi di Firenze Corso di laurea in Disegno Industriale

Spazi di relazione, spazi di identitĂ : un centro culturale a Impruneta Tesi di Olivia Menicagli Relatore Prof. Stefano Follesa A.A. 2019/2020

INDICE

Abstract

8

1

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

1.1

I precedenti

12

1.2

Il Centre Pompidou: un edificio innovativo

22

1.3

Il contributo spagnolo: tra tradizione e rigore

25

1.4

Fioritura dei centri culturali in Europa

28

1.5

Centri culturali contemporanei

30

2

Spazi socio-culturali: ruolo identitario dei luoghi della cultura nei centri minori

2.1

Spazi socio-culturali in Italia

34

2.2

Case del Popolo

37

2.3

Centri sociali

38

2.4

Dopolavoro, circoli e Associazioni Culturali

42

2.5

Case della cultura

43

2.6

Da biblioteca a centro culturale

43

2.7

IdentitĂ locale e promozione della cultura

48

3

Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

3.1

Centro culturale Villa Sottanis, Casarza Ligure

52

3.2

KBcenter, Gorizia

62

3.3

Casa delle culture, Quarrata

72

3.4

Mediateca civica, Anzola dell’Emilia

80

3.5

Centro culturale Casa Artusi, Forlimpopoli

90

3.6

Maison de la culture, Saint-Pierre-de-Plesguen

98

3.7

Casa de cultura, Don Benito

3.8

Analisi comparativa

106 116

4

Impruneta: culture materiali del luogo e tradizioni popolari

4.1

Il paese: cenni storici

122

4.2

La produzione del cotto nei secoli

125

4.3

Le fornaci storiche

128

4.4

Geologia del luogo: rocce e metalli

130

4.5

Cultura enogastronomica e produttori agricoli

131

4.6

Festività e tradizioni: San Luca e la Festa dell’Uva

132

5

Analisi del contesto: lo spazio del progetto

5.1

La Piazza

138

5.2

Il Palazzo Comunale

140

5.3

La Basilica

142

5.4

I Loggiati del Pellegrino: cenni storici

148

5.5

La biblioteca

152

6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.1

Area di intervento

160

6.2

Stato dell’edificio prima del restauro

162

6.3

Stato attuale

166

6.4

Analisi critica dello spazio attuale

168

6.5

Concept e filosofia di progetto

170

6.6

Intervento progettuale

174

6.7

Gli ambienti

176

6.8

Moodboard materiali utilizzati

178

6.9

Pianta piano terra

180

6.10

Pianta primo piano

182

6.11

Sezione longitudinale

184

6.10

Sezione trasversale

186

6.11

Ingresso e punto informazioni

188

6.12

Comunicazione: segnaletica interna

190

6.13

Zona bar

192

6.14

Sala mostre temporanee

196

6.15

IdentitĂ cromatica

202

6.16

Sala esposizione permanente - area locale

204

6.17

Sala conferenze

208

6.18

Primo piano

214

6.19

Concept tavoli e sedute

216

6.20

Bancone primo piano

222

6.21

Internet point

226

6.22

Zona ascolto musica

228

6.23

Illuminazione

230

6.24

Comunicazione: logo e tessera

234

6.25

Render notturno

236

Bibliografia

239

Sitografia

241

2 1 IL PROGETTO

Il progetto consiste nella riqualificazione, partendo da una spazialità già data, degli interni del Loggiato del Pellegrino di Impruneta, attualmente in fase di ristrutturazione. È stato aggiunto un solaio per aumentare la superficie disponibile e sfruttare l’altezza elevata dell’edificio. All’interno sono state introdotte nuove funzoni di tipo culturale pensate per promuovere il tema della relazionalità e dell’incontro.

8

AREA DI INTERVENTO

L’intervento interessa il Loggiato del Pellegrino di Impruneta, ubicato in Piazza Buondelmonti accanto alla Basilica.

L’edificio, di importanza storica, è stato edificato nel 1643 ed ha subito nel tempo due ristrutturazioni, la prima avvenuta nel 2000 e la seconda attualmente in corso. Negli anni ha svolto funzioni legate principalmente alla vita sociale del paese ospitando mostre e mercati stagionali.

3 OBIETTIVI

L’obiettivo del progetto è quello di creare un centro culturale che vada ad integrare le funzioni presenti nel loggiato gemello, sede della biblioteca, con attività legate all’ambito culturale. Si vuole poi dar vita ad una nuova centralità a Impruneta e far sì che l’edificio diventi un punto di riferimento per i giovani. Un’altra finalità consiste nel comunicare il territorio e le tradizioni del posto ai turisti.

4 DESCRIZIONE

Gli arredi e i nuovi volumi interni si vanno ad inserire nel loggiato dialogando perfettamente con gli elementi strutturali preesistenti, creando continuità con essi e senza risultare invadenti. Alla base del concept c’è, infatti, l’idea di un open space polivalente che si adatti facilmente a più situazioni, grazie a soluzioni di arredo flessibili e modulari che lascino piena libertà di utilizzo all’utente.

ABSTRACT

Zaha Hadid, centro culturale Heydar Aliyev, Baku, Azerbaigian, 2007-2012

1 ANALISI STORICA Nascita ed evoluzione dei centri culturali

CAPITOLO 1

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

1.1 In un opuscolo dal titolo “Edifici per la cultura: biblioteche, musei, centri culturali”, Pietro Boyl di Putifigari elenca una serie di motivazioni di ordine distributivo comuni agli edifici polifunzionali: funzioni connesse e derivate dalla medesima produzione culturale; ambienti comuni necessari per le attività promozionali e consuntive; la presenza di attrezzature e di allestimenti e la disponibilità di strumentazioni di registrazione, amplificazione e proiezione; la disponibilità di ambientazione urbanistica per ampie superfici esterne attrezzate; l’organizzazione logistica, che può essere pianificata in relazione alla rete dei trasporti pubblici. Nello stesso saggio elenca poi dei nuclei funzionali che isolatamente appartengono ad altre tipologie convenzionali, ma che, una volta assemblate insieme, reputa connotative dei centri culturali: sala per proiezioni con posti ad anfiteatro per ospitare anche lo svolgimento di dibattiti; sala per recitazione o esecuzione musicale con piattaforma attrezzabile e con la medesima disposizione di posti della precedente; sala o ambienti con quinte flessibili per esposizioni temporanee; laboratori per attività libere indivi1

12

I precedenti

Nonostante la diffusione di edifici dedicati alla produzione e alla fruizione di eventi culturali, l’etichetta “centro culturale” comprende casi piuttosto eterogenei in quanto ad attività e servizi offerti, logiche operative e forme di gestione.

Inoltre, le funzioni che sono chiamati a svolgere, ne determinano in modo significativo la forma architettonica e l’ubicazione urbanistica. Oggi, strutture come biblioteche, musei e auditori non si limitano più a svolgere la loro funzione primaria, ma comprendono al loro interno molteplici attività, offrendo spazi eterogenei e polifunzionali. Tale polifunzionalità non è dettata, però, da necessità logistiche o economiche, ma dalla volontà di creare un organismo trasversale da un punto di vista artistico-culturale, aperto a qualsiasi forma di approfondimento1. Sebbene un’analisi storica e cronologica possa essere condotta sulle singole tipologie funzionali (biblioteca, museo, auditorium) ciò non è altrettanto possibile nel caso del centro culturale, in quanto un’operazione che cerchi

di rintracciarne le origini per ricostruirne un quadro genealogico si scontrerebbe con categorie non riconducibili ad uno spazio con precise caratteristiche formali. Dunque, per rintracciare i casi precedenti di esperienze collettive di varia natura, volti ad una creazione culturale “istituzionalizzata”, si dovrà ricorrere ad un discorso frammentario legato ad ambiti disciplinari diversi.

I primi centri culturali si possono individuare probabilmente nelle corti rinascimentali del Quattrocento e Cinquecento, quando la produzione intellettuale esce finalmente dalle istituzioni religiose per trovare una propria collocazione.

Si fa riferimento, dunque, alle prime forme di mecenatismo, volte a stimolare e a proteggere la produzione artistica, e alle prime strutture, in genere private, che consentivano la fruizione dell’arte: biblioteche, pinacoteche, teatri. Solo nell’Ottocento la produzione culturale si libera dagli ambienti legati al potere per trovare sedi proprie atte a ospitare nuove attività di ricerca.

In questo periodo si verifica

anche la separazione tra le attività intellettuali e creative e il momento dell’istruzione e della formazione. Tuttavia, è raro trovare esempi di centri dedicati alla cultura nella sua accezione più generica. Per quanto riguarda i movimenti artistico-culturali dell’inizio del Novecento, questi necessiterebbero di una trattazione a parte, poiché alcuni sono sfociati in vere e proprie scuole. Primo fra tutti il Bauhaus, nel cui ma-

nifesto del 1919 Walter Gropius dichiara apertamente la volontà di raccogliere tutte le discipline artistiche sotto un’unica istituzione. Una concezione moderna, dunque, che rispecchia l’idea di creare un solo luogo capace di offrire un consumo culturale organico e trasversale. Negli anni Cinquanta, in Francia, iniziano a sorgere le Maisons de la Culture, avamposti culturali sparsi per il territorio dedicati alla creazione e

duali o di gruppo; biblioteca con deposito di libri di argomenti specializzati, corredata da ambienti di scrittura e lettura; archivio storico documentario di attività del centro o di centri analoghi; servizi comprendenti direzione, gestione e amministrazione economica e culturale; servizi di ristoro.

In alto: Walter Gropius, edificio del Bauhaus, Dessau, 1925-1926.

13

CAPITOLO 1

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

Le Maison de la Culture furono istituite nel 1959 da André Malraux, ministro della cultura del governo De Gaulle, periodo in cui per la prima volta si diede vita ad una politica statale tesa a ravvivare la creazione teatrale facendola uscire dai confini della capitale. Il successo di tali istituzioni non fu quello sperato: delle poche realizzate, molte chiusero i battenti, alcune si trasformarono in teatri comunali, altre in MJC, Maisons des Jeunes et de la Culture, ovvero strutture associative (ancora oggi vive in Francia e in alcuni paesi francofoni) dipendenti dal Ministrero della gioventù e dello sport e non più dal Ministero della cultura.

alla propaganda di un sapere poco specializzato, inteso piuttosto come aperta creazione artistica2. Nate come istanza di un potere politico che negli anni Sessanta promuoverà la decentralizzazione e la democratizzazione dell’educazione culturale, le Case della Cultura si configurano come strutture associative con l’obiettivo di stimolare la responsabilizzazione e l’autonomia dei cittadini nei riguardi dell’animazione socioculturale tramite lo sport, la cultura e le arti.

L’obiettivo è quello di emancipare l’attività culturale francese dal monopolio del potere parigino, con la missione di “rendere accessibili le opere capitali dell’umanità e della Francia al più grande numero di francesi”, come recita il loro statuto, “favorendo la creazione di lavori creativi volti all’incontro tra il pubblico e gli artisti e fra tutti coloro che contribuiscono allo sviluppo di una cultura viva”. Secondo la loro concezione originaria dovevano ospitare eventi come rappresentazioni teatrali, balletto ed esposizioni artistiche, per privilegiare il confronto di-

2

Pagina a fianco: Le Corbusier, Maison de la culture di Firminy, 1956-1965, viste esterno.

14

retto con le opere. Pierre Moinot, membro dell’Académie française, nel piano quinquennale per la cultura del 1961, descrive questi spazi come “un luogo pluridisciplinare di incontro tra l’uomo e le forme di espressione artistica, in modo da far nascere una familiarità, uno choc, una passione, un altro modo per ciascuno di considerare la propria condizione. Essendo le opere d’arte - per antonomasia - il bene di tutti e lo specchio della nostra società, è importante che ciascuno possa misurare la sua ricchezza e contemplarla”. Moinot ribadisce, quindi, la necessità e l’importanza di rendere le opere fruibili a tutti, con una retorica che si basa sulla centralità dell’individuo e sulla partecipazione del popolo, creando il presupposto politico che sta alla base del progetto della Maison de la Culture di Firminy di Le Corbusier. L’architetto sembra evocare e riportare su carta, attraverso i suoi schizzi, la “familiarità” e la “passione” descritte da Moinot, ovvero quell’idea di condivisione e appropriazione dello spazio.

15

CAPITOLO 1

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

A destra: Le Corbusier, Maison de la culture di Firminy, 1956-1965, schizzo progettuale.

Nel disegno possiamo notare un lungo corridoio aperto sul quale si affacciano diversi “momenti architettonici”, una gradinata, un piano inclinato, un mezzanino, senza elementi che ostacolino una visione dello spazio unitaria e completa. La scelta della prospettiva ci dimostra, inoltre, la volontà dell’architetto di sottolineare la continuità spaziale. Gli elementi di arredo sono posti in maniera libera e sembrano appoggiati in maniera precaria come a sottolineare la pos16

sibilità di personalizzare uno spazio adattabile a qualsiasi esigenza. Ciò che emerge è anche un utilizzo dello spazio libero e vago, senza vincoli: uno spazio relazionale comunitario. La Maison, oggi ribattezzata “Espace Le Corbusier”, gli viene commissionata nel 1956 e rientra nel complesso di Firminy Vert, che comprende, oltre alla Casa della Cultura, anche un’unità abitativa, uno stadio, una piscina coperta e la chiesa di Saint Pierre. A causa di problemi finanziari, il centro

viene terminato nel 1965. Il progetto realizzato sorge di fronte alle gradinate della parte opposta dello stadio e comprende un lungo corpo di 110 metri in lunghezza per 14 in larghezza, organizzato su tre livelli con una facciata inclinata in cemento grezzo che si protende verso il campo sportivo. All’interno, posizionati uno di seguito all’altro, troviamo una serie di aule destinate a sala teatro, auditorium, sale per le arti pla-

stiche, spazi per la danza e un bar nell’atrio. Gli ambienti si differenziano per dimensione; la gradinata che corre sul lato ovest dell’edificio, attraversando tutte le aule, ribadisce la volontà di creare uniformità e coesione e sembra quasi suggerire un’ipotetica intercambiabilità degli spazi. L’aspetto interessante dell’impianto di Le Corbusier risiede nella scarsa definizione di alcuni elementi, un’indeterminatezza di

In basso: Alvar Aalto, centro culturale di Wolfsburg, 1958-1962.

17

18

CAPITOLO 1

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

In alto: Alvar Aalto, centro culturale di Wolfsburg, 1958-1962, interno auditorium e sala conferenze.

progetto che non svela mai le attività che ogni singolo spazio è destinato ad accogliere.

Al contempo appare immediata la flessibilità d’uso e la sua adattabilità nel tempo.

Se paragoniamo l’opera di Le Corbusier al contemporaneo centro culturale di Wolfsburg, realizzato da Alvar Aalto nel 1959, possiamo notare come l’intero complesso sia il risul-

tato della somma di una serie di costruzioni autonome che racchiudono varie funzioni. La sala conferenze, la sala concerti, la biblioteca e il centro per la gioventù, possono essere letti come elementi separati che affiancati danno forma ad un unico organismo. Il tetto e la grande terrazza al primo piano tengono uniti i diversi edifici, rispondendo alla volon-

tà del comune di Wolfsburg di creare un unico manufatto capace di contenere tutte le istituzioni culturali cittadine.

Il contesto è quello della Germania postbellica, impegnata nella ricostruzione e lontana dai movimenti di partecipazione sociale; gli sforzi, quindi, sono tesi a creare delle densità urbane che recuperino i centri cittadini e ne ripensino il ruolo.

Il sistema degli accesi e della circolazione interna è autonomo per ogni destinazione d’uso, come le hall di ingresso. L’unico momento di condivisione si materializza nel tetto-terrazza e la sottostante sala polivalente, definita come una sorta di piazza coperta.

Dunque, lo spazio neutrale e flessibile di Le Corbusier differisce da quello articolato e de-

In alto: Alvar Aalto, centro culturale di Wolfsburg, 1958-1962, corridoio.

19

CAPITOLO 1

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

finito in ogni suo uso di Aalto.

I due architetti, infatti, operano con due logiche compositive diverse: il primo associa all’eterogeneità delle attività proposte una libertà sociale, dove i singoli spazi acquistano senso solo se accostati l’uno all’altro, il secondo, invece, separa e approfondisce ogni singola destinazione d’uso per poi ricondurla in una composizione unitaria. Possiamo anche dire che gli spazi di Le Corbusier procedono per prossimità, mentre quelli di Aalto per aggregazione, dal momento che il loro accostamento genera un valore aggiunto al progetto, ma sono comunque luoghi di per sé autonomi e completi a livello funzionale. Dal confronto tra Firminy e Wolfsburg è possibile trarre aspetti importanti circa la definizione architettonica dei centri culturali. Le loro differenze sembrano dovute principalmente ad una diversa concezione di “centro culturale”. In Francia le Maison della Culture erano sede di precise associazioni con uno statuto proprio e obiettivi condivisi, mentre in Germania i centri culturali erano visti più 20

come dei “poli urbani”, intesi come sistemi di aggregazione di natura educativo-culturale, in cui erano concentrati vari servizi pubblici e istituzioni.

Tuttavia, si può affermare che entrambi siano centri polivalenti capaci di offrire più servizi nello stesso luogo. Inoltre, nonostante si possa definire come “centro culturale” quel luogo, prevalentemente di esercizio pubblico, nel quale sono svolte molteplici attività culturali, risulta comunque difficile ricondurre tale caratteristica ad una precisa tipologia architettonica per gli stessi motivi citati all’inizio del capitolo. Negli anni Settanta e Ottanta si cerca di progettare spazi sempre più improntati alla collettività, tesi a promuovere un’idea di città e di organizzazione sociale piuttosto che a formulare programmi in risposta a esigenze precise. Ci si inizia a distaccare in modo graduale da una visione tipologica ormai inadatta a rispondere a comportamenti sociali sempre più complessi e meno codificati. Ciò è chiaramente riscontrabile, in casi sporadici, già dove il progetto delle nuo-

ve istituzioni civiche culturali si è pian piano allontanato dalle specifiche funzionali. Si può parlare a livello concettuale di indeterminatezza, che diventa la protagonista della maggior parte degli esempi dei centri culturali realizzati in questo periodo, nei quali la composizione architettonica è dettata principalmente dalla definizione di spazi che non hanno una precisa destinazione3. Ciò sfocia in una ricerca di grande originalità a livello architettonico che, non dovendo seguire alcun modello, porta ad un’innedita libertà linguistica e compositiva. Gli edifici pubblici di grande dimensione che vengono costruiti a partire dai primi anni Novanta seguono tutti questa tendenza.

A tal proposito, qualche anno dopo, Rem Koolhaas spiega in un manifesto: “Mentre altre discipline godevano delle loro nuove libertà, l’architettura era bloccata sul consistente, il ripetitivo, il regolare, il modulare, il generale, il globale, il formale, il predeterminato.

Il nostro lavoro diviene quindi una campagna comune al fine di esplorare queste liber-

tà dell’architettura e dell’ingegneria, di abolire la singola e grandiosa soluzione di integrare la struttura con i servizi.

Era questa, quasi segretamente, una ricerca dei modi per fare edifici che sembrassero completamente diversi: della pura novità”4. Le nuove strutture pubbliche, sempre più destinate all’intrattenimento sociale, sono apparati per reinventare la vita comunitaria, dispositivi che offrono eventi e occasioni e che generano al contempo incontri e relazioni.

Gli stessi termini “museo”, “biblioteca”, “centro culturale” che fino a poco tempo fa richiamavano spazi chiusi e definiti, vengono oggi intesi a livello sociale come luoghi simbolici del rapporto che la collettività instaura con la propria e con le altre culture.

Il centro culturale diventa, dunque, una struttura capace di contribuire alla creazione di un’identità riconoscibile e trasmissibile e alla sua valorizzazione. Uno spazio ibrido in grado di dare forma ai fenomeni contraddittori, frenetici e imprevedibili del vivere contemporaneo.

In un articolo del 1970 Alfonso Corona Martinez descrive così il progetto di Ruben Pesci e di Hector Rossi per il concorso del centro culturale di Mendoza: “Se ci proponiamo di dire quali sono le parti dominanti di questa composizione troveremo che sono quelle non specificate: le forme circolari, gli spazi senza una destinazione che servono come elementi di unione delle zone delimitate entro cui si svolgono funzioni specifiche. [...] uno spazio di uso indeterminato centrifuga gli spazi servizio di questo grande vuoto; ne risulta che chi è di passaggio viene trattato meglio dell’utente”. Lo sgomento dell’autore di fronte a spazi senza una destinazione precisa è sintomatico dell’affacciarsi dei primi segnali di una trasformazione linguistica che sta portando ad una codificazione meno schematica del progetto e che segue un volontario livello di non determinazione.

3

OMA/R. Koolhaas e B. Mau, S, M, L, XL, The Monacelli Press, New York 1995. Cito la traduzione dall’inglese contenuta a cura di F. Bilò, Rem Koolhaas, Antologia di testi su Bigness, progetto e complessità artificiale, Kappa, Roma 2006, pp.

57-58.

4

21

CAPITOLO 1

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

1.2 Renzo Piano ha una formazione che lo indirizza verso gli aspetti più pratici dell’architettura con un interesse spiccato per le soluzioni tecnologiche e ingegneristiche. Richard Rogers sperimenta fin da subito con materiali diversi e non convenzionali; è estimatore dei movimenti dei gruppi Radical che negli anni Settanta ricorrono a linguaggi nuovi e dissacranti.

5

22

Il Centre Pompidou: un edificio innovativo

È pensiero comune ritenere che l’edificio più innovativo del secolo sia stato costruito in Francia da Renzo Piano e Richard Rogers5 per volere del presidente George Pompidou.

Si tratta della “machine Beaubourg”, l’edificio che ripensa e stravolge l’organizzazione e il significato dello spazio dedicato alla cultura. Realizzato

tra il 1971 e il 1977 nel centro di Parigi, crea non poco scalpore, sia tra gli addetti ai lavori che tra la cittadinanza, soprattutto nelle fasi iniziali del suo concepimento. Se ne criticavano principalmente, sia in positivo che in negativo, gli aspetti formali e le soluzioni tecnologiche. Tuttavia, la sua concezione architettonica, composi-

tiva e funzionale è notevole e innovativa: interpreta il centro culturale come un’istituzione aperta e accattivante che mira alla democratizzazione della cultura e a nuove forme di fruizione del bene pubblico.

Da un punto di vista prettamente architettonico, l’edificio è un grosso parallelepipedo di vetro e acciaio lungo 140 metri per 50 in larghezza e in altezza e si presenta come una struttura flessibile e polivalente. Può essere paragonato ad una macchina gigante per il linguaggio high tech, gli elementi strutturali e tecnologici a vista e le scale mobili che si

arrampicano sulla facciata. Le strutture portanti sono posizionate sul perimetro6. Il centro ospita al suo interno sale polivalenti per il teatro e la musica, zone ristoro, una biblioteca, il Museo nazionale di arte moderna, la Galleria sperimentale di arte contemporanea, il Centro di creazione industriale, sale cinematografiche, l’IRCAM (Institut de Recherche et Coordination Acoustique/ Musique) e attrezzature complementari. Il Centre Pompidou ha, dunque, la capacità di concentrare al suo interno non solo attività culturali nel senso stretto del termine, ma anche attività di intrattenimento, di ricerca, di studio, di produzione, di informazione. La vera innovazione del centro culturale di Piano e Rogers sta proprio nell’aver riunito due momenti solitamente distinti: quello della produzione e quello del consumo della cultura. Nello stesso momento e nello stesso luogo sono contemporaneamente possibili il momento dello studio, della ricerca, della sperimentazione artistica e della performance, dell’osservazione dell’opera e della

Il richiamo all’architettura industriale e ai concetti di razionalizzazione e funzionalismo che la contraddistinguono, carica di significati simbolici il centro culturale.

6

Pagina a fianco: Renzo Piano e Richard Rogers, Centre Pompidou, Parigi, 1971-1977.

A sinistra: Centre Pompidou, dettaglio costruttivo.

23

A tal proposito Pontus Hultén, primo direttore del Beaubourg dal 1974 al 1981, parla di contaminazione reciproca, sostenendo che la cultura “si è tolta l’uniforme”, ovvero ha cambiato aspetto e meccanismi creativi.

7

In alto: Centre Pompidou, Parigi, vista esterna.

24

sua mercificazione7. La cultura diventa in questo modo un bene alla portata di tutti.

Quindi, possiamo dedurre che da questo momento in poi le istituzioni culturali diventano sempre di più delle strutture aperte e flessibili, rispondendo di fatto all’esigenza di una collettività che chiedeva nuo-

ve forme di fruizione del bene pubblico. Il Beaubourg riesce, infatti, ad inserirsi e a confondersi nella città: il piano terra risulta completamente libero e trasparente, al fine di prolungare visivamente la piazza antistante che diventa in questo modo la vera e propria hall di ingresso del centro.

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

1.3

CAPITOLO 1

Il contributo spagnolo: tra tradizione e rigore

Come abbiamo visto, l’esempio precedente del Beaubourg rappresenta un caso isolato nel periodo in cui esso viene realizzato. In generale l’Europa non è ancora politicamente e istituzionalmente pronta a promuovere la costruzione di architetture simili. Tuttavia, pochi anni dopo, la Spagna si trova in una situazione più consona allo sviluppo di edifici a carattere culturale. Nella penisola iberica l’architettura diventa simbolo dell’emancipazione di un paese che risorge dopo gli anni dell’oppressione franchista. Le opere pubbliche di questo periodo rappresentano la nuova ondata democratica e di entusiasmo che, anni più tardi con la costituzione dell’Unione Europea nel 1992, si respirerà in tutta Europa. Architetti come Rafael Moneo e Juan Navarro Baldeweg sono gli esponenti forse più interessanti di una corrente che senza rompere con la tradizione riesce a giungere a risultati nuovi e raffinati, reinterpretando elementi dell’architettura storica. A differenza di altri paesi, l’assetto politico e amministrativo spagnolo ritiene

importante finanziare opere architettoniche indirizzate alla società per promuovere un ammodernamento delle comunità8. I progetti non intendono risolvere le complessità del tessuto urbano, bensì le accentuano facendo sì che generino nuovi equilibri. “Secondo una tecnica cara a Juan Navarro Baldeweg, l’edificio diventa il punto in cui confluiscono i caratteri pur contraddittori delle diverse parti della città e del paesaggio. Scontrandosi e annullandosi per dar vita a un luogo”9. Il progetto, dunque, si presta a poter essere scomposto e articolato; non per forza è risolutivo del disordine cittadino. I progetti urbani di Baldeweg procedono ponendo attenzione sulle proporzioni, sull’alternanza di pieni e di vuoti, sulla distribuzione dei nuovi usi e sulle relazioni che sussistono tra le varie parti. Nel centro culturale Puerta de Toledo a Madrid l’architetto inserisce una biblioteca municipale, un centro sociale e culturale e un asilo nido, evitando di realizzare un’architettura monumentale e conferendogli al contempo il prestigio di uno

Il municipio di Murcia, il palazzo dei congressi di Salamanca e l’auditorium di Barcellona, sono alcuni esempi di progetti urbani incaricati dalla fine degli anni Ottanta che rispecchiano questa tendenza.

Il processo di ideazione parte da un’analsi storica e del contesto urbano, per poi concepire l’intervento vero e proprio in modo contemporaneo e attuale.

8

L.Ortelli, Luoghi della città. Due progetti di Juan Navarro Baldeweg, in “Lotus”, 1986, pp. 135-127.

9

25

CAPITOLO 1

A destra: Juan Navarro Baldeweg, Palazzo dei congressi, Salamanca, 1985-1996, auditorium.

In basso: Juan Navarro Baldeweg, Centro culturale Porta de Toledo, Madrid, 1985-1992, interno hall.

26

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

spazio dedicato alla collettività. La complessità funzionale interna non traspare all’esterno. Moneo agisce allo stesso modo nella realizzazione dell’auditorium di Barcellona (1988-1999), concependo una struttura modulare in cemento armato a vista con pannelli di acciaio che nascondono le attività svolte all’interno: due sale concerto, un museo della musica, un centro studi, laboratori, sale di registrazione, una biblioteca e punti ristoro.

Una vera e propria “città della musica” che non si limita ad essere un luogo dove presentare performance musicali al

pubblico. Come scrive Giovanni Leoni “l’auditorium di Barcellona contraddice uno dei valori dominanti della cultura architettonica corrente, ovvero lo sfoggio di una riconoscibilità, l’onore di una lingua personale e distintiva. Di contro, ripropone uno dei grandi temi “sotterranei” dell’architettura del Novecento: la ricerca di un anonimato architettonico […]

Un segnale di come sembri ora giunto il momento dell’architettura come architettura, ovvero di una nuova, seria interrogazione sull’atto semplice e poetico del trasformare le cose per favorirci la vita” 10.

G. Leoni, Rafael Moneo: auditorio a Barcellona, 1999 , pp. 34-49.

10

A sinistra: Juan Navarro Baldeweg, Centro culturale Porta de Toledo, Madrid, 1985-1992, planimetria e prospetto.

27

CAPITOLO 1

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

1.4 Edificio realizzato in occasione del semestre di presidenza del Portogallo al Consiglio d’Europa, vinitore del concorso internazionale a inviti.

11

V. Gregotti, M.Salgado, Centro Culturale di Belèm, Lisbona, in “Domus” 738, 1992, pp. 31-37.

12

28

Fioritura dei centri culturali in Europa

Dopo il 1992, in Europa, si investe molto nella costruzione di edifici pubblici, spesso di grande scala e con programmi più ampi e complessi rispetto ai casi precedenti. Ciò avviene sia in risposta a nuove pratiche sociali che investono la sfera pubblica, sia alle istituzioni che riconoscono gli effetti dell’architettura sul territorio.

In questo contesto i centri culturali, prima concepiti come spazi dedicati alla collettività ma dai confini funzionali incerti e dalle motivazioni poco condivise, fioriscono. Questi si differenziano per dimensione e per programma offerto, ma soprattutto per il diverso ruolo che rivestono nel contesto urbano; dalle opere più istituzionali, espressione del potere politico, ai centri culturali volti all’intrattenimento di una società che non possiede sedi dove esprimersi. Senza contare quei casi più spontanei che si concretizzano in forme di autogestione e occupazione di spazi abbandonati. Tuttavia, ciò che accomuna queste nuove esperienze è l’esigenza di dare forma a diversi tipi di consumo della cultura, spes-

so legati agli ultimi strumenti tecnologici e ai nuovi media.

Passando ad alcuni esempi rappresentativi, si può dire che gli anni Novanta si aprono con l’inaugurazione del centro culturale Belém di Lisbona11. Il progetto, realizzato da Vittorio Gregotti e Manuel Salgado, presuppone un programma ambizioso e polifunzionale, che prevede la creazione di una serie di attrezzature culturali e commerciali divise in tre parti. Un primo corpo è destinato inizialmente ad ospitare la sede della Comunità Economica Europea, ma successivamente diventa un luogo adibito ai seminari del centro culturale; un secondo blocco viene dedicato ad esposizioni temporanee o permanenti e ad una biblioteca specializzata; la terza parte, invece, racchiude il centro teatrale.

“La nostra fortuna” scrive Vittorio Gregotti “è stata quella di pensare subito di sciogliere il tema del centro culturale in un microsistema urbano, costituendo così gli elementi di una strategia più complessa e flessibile alle diverse relazioni esterne e interne” 12. Gregot-

ti riesce, quindi, a risolvere il complesso programma culturale in una serie di comparti autonomi per poi ricomporli in un complesso unitario. Anche nel resto d’Europa si sperimenta con forme nuove e linguaggi diversi. In Francia, per esempio, si attuano politiche che promuovono molti concorsi ai quali partecipano anche le nuove generazioni. Jean Nouvel realizza, ad esempio, una delle sue opere più note: il centro cultuale Onyx a Saint Herblain, nei pressi di Nantes.

Il centro interpreta il mondo contemporaneo e ha le sem-

bianze di un cubo ricoperto da una rete metallica nera che lascia intravedere cosa accade all’interno. L’architetto decide di trasferire il concetto di innovazione proprio sulla superficie esterna, rendendo l’edificio una sorta di manifesto della contemporaneità. Tramite le luci, le proiezioni e le immagini pubblicitarie il centro culturale comunica con il pubblico e vive degli eventi che propone.

Come suggerisce Nouvel stesso “sono il reale e gli accadimenti del mondo circostante che lo vivificano; senza quello è solo un oggetto immobile”.

In alto: Vittorio Gregotti, Centro culturale di Belem, Lisbona, 1988-1993, vista esterna.

29

CAPITOLO 1

Analisi storica: nascita ed evoluzione dei centri culturali

1.5 In basso: Glenn Murcutt, museo e biblioteca Albury, Australia, 20042006, piano terra visto dal piano superiore che comprende un punto informazioni, parte della biblioteca, una zona relax e un’area studio.

30

Centri culturali contemporanei

Oggi i centri culturali sono strutturati principalmente in forma aggregata contaminandosi con spazi dalla vocazione molto lontana. I musei, le biblioteche, i teatri e i centri congressi si sono piano piano trasformati in qualcosa di più complesso. Se entriamo in un museo, per esempio, è probabile trovare un book-shop, una piccola biblioteca tematica e un punto ristoro. La stes-

sa cosa avviene al contrario, come accade in quei negozi di abbigliamento che ospitano saltuariamente mostre d’arte. Si tratta di un processo di contaminazione continua che ha portato, di fatto, a nuove soluzioni che rispondono a loro volta a nuovi comportamenti e abitudini sociali. È, dunque, l’intero spazio urbano ad essersi riadattato alle nuove dinamiche collettive e ad

essere fruito in modo diverso, portando al riutilizzo di spazi spesso diventati obsoleti. Tale discorso non può non tenere conto del tempo di utilizzo che prevede il consumo di questi spazi. Potremmo dire che la biblioteca o il museo, comprendendo anche i servizi secondari, risponde oggi ad una domanda “mordi e fuggi” che ne sfrutta il potenziale di luogo di incontro e di relazione: “posso andare in biblioteca a cercare un libro o al museo a vedere una mostra, ma voglio poterci andare anche solo per sfogliare una rivista, prendere un caffè o incontrare un amico. E allora la posizione risulta fondamentale: l’offerta culturale o è centrale o crea nuove centralità. La riconversione di edifici industriali o comunque dismessi è proprio volta a riqualificare luoghi urbani che hanno perso il loro ruolo, la loro funzione primaria. E se il loro potenziale è quello relazionale, il valore indotto è quello di portare gente, di creare passeggio, di rivitalizzare e ripopolare luoghi” 13. Ciò è chiaramente riferito a luoghi istituzionali, più che a fenomeni in forma

indipendente, molto diffusi già a partire dagli anni Settanta. Inoltre, la flessibilità che ha contraddistinto molti dei centri culturali citati in precedenza, investe tutti gli ambienti e contribuisce a dare un’impressione di non definito, che però è utile a favorire l’interazione degli utenti. Dunque, ciò che conta davvero, sono proprio le attività che si compiono all’interno di uno spazio, mentre l’architettura passa in secondo piano, fa da sfondo: protagonisti sono l’interazione, l’apprendimento e l’esperienza. Come sostiene Peter Brook: “un bel luogo potrebbe non riuscire mai a realizzare un’esplosione vitale, mentre una sala adattata alla meno peggio potrebbe trasformarsi in un fenomenale luogo di incontro” 14. Frase che possiamo interpretare affermando che lo spazio lo creano le persone che lo abitano. Un discorso che, quindi, paradossalmente ci riporta alla concezione dell’individuo come “soggetto vivificatore” dello spazio, proprio come era rappresentato negli schizzi animati di Le Corbusier analizzati a inizio capitolo.

C. Bione, Centri Culturali, architetture 1990-2011, 2009, p. 29.

13

Citato da J. Thackara, “L’impatto del reale”, in Next, 8. Mostra internazionale di architettura, catalogo della mostra, Marsilio, Venezia, 2002, pp. 306-307.

14

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Casa del Popolo di Grassina, Firenze, fondata nel 1895

2 SPAZI SOCIO-CULTURALI Ruolo identitario dei luoghi della cultura nei centri minori

CAPITOLO 2

Spazi socio-culturali: ruolo identitario dei luoghi della cultura nei centri minori

2.1 Guido Martinotti (Milano 1938 – Parigi 2012) è stato un sociologo e accademico italiano. Si è formato negli Stati Uniti alla Columbia University e alla University of California per tornare in Italia nel 1973.

Qui ha insegnato al Politecnico di Milano e in altre università italiane, per poi diventare Prorettore all’Università degli Studi di Milano-Bicocca. È ricordato come uno dei maggiori esponenti della sociologia urbana, anche a livello internazionale, e come membro autorevole di numerose associazioni scientifiche.

1

G. Martinotti, Metropoli. La nuova morfologia sociale della città, 1993, il Mulino, Bologna.

2

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Spazi socio-culturali in Italia

Sul finire del secolo scorso è avvenuta una ridefinizione del ruolo del progettista e del progetto dello spazio pubblico, finalmente riconosciuto come “monumento urbano”, luogo rappresentativo del nuovo assetto della vita pubblica metropolitana. Tra gli anni Settanta e Ottanta si attraversa in Italia, così come nel resto dell’Europa, un periodo di grande espansione urbana che porta alla necessità di dover dotare i nuovi quartieri dei servizi necessari. Guido Martinotti1, grazie ad un’analisi attenta dei dati relativi ai censimenti di questo periodo, rileva una lenta trasformazione della distribuzione della popolazione urbana sul territorio italiano, tendenza comune a tutti i paesi industrializzati. Avviene in definitiva un fenomeno di ritrazione dai centri storici delle grandi città a favore della crescita urbana dei centri minori. Ciò è dovuto sia ad un calo demografico all’interno dei primi, sia alla tendenza ad abitare i piccoli centri urbani circostanti. Il risultato coincide, quindi, con un cambiamento dei rapporti tra le città e i paesi

limitrofi e con la produzione di una nuova forma urbana che Martinotti definisce “metropoli di terza generazione”2.

Quest’ultima può essere identificata in un’area più articolata e complessa, una sorta di network metropolitano che include varie aree comunali integrate. Ne consegue che tale processo abbia generato anche una trasformazione d’uso dello spazio, legata principalmente al funzionamento interno della città. I centri storici tradizionali, dunque, si sono progressivamente svuotati delle principali funzioni abitative e produttive, dando vita a spazi e infrastrutture che reinterpretano le nuove esigenze con usi semi-permanenti e con un tempo medio-breve di trasformazione. Non è solo la struttura dei centri urbani a risultare mutata, ma lo è anche la società stessa che vive tale cambiamento. In questo clima di continua evoluzione è naturale che si generino anche nuove realtà creative dove si produce e si consuma arte.

Le architetture dedicate alla cultura, come musei e teatri, non sono più delle realtà isola-

te dentro ad uno spazio cittadino vuoto e silenzioso abitato da una società dedita a un consumo passivo della cultura. Queste si vanno a collocare, piuttosto, in uno spazio denso, attivo, sperimentale e fluido, dove un grande numero di persone agisce, a livello individuale e collettivo, in maniera indipendente, dando vita a nuove tendenze, linguaggi e comportamenti sociali. La logica di progetto non punta più ad individuare soluzioni definitive, bensì flessibili e temporanee. Si tratta, come sostiene Andrea Branzi, di “progetti per una società che è cambiata e che continua a cambiare, non nelle forme esteriori, ma nel suo metabolismo interno”3. È in questo clima che nascono nuovi edifici volti ad ospitare, oltre agli apparati burocratici, anche le pratiche sociali della comunità: i centri civici, i centri sociali, le case della cultura, le case del popolo, le case per la gioventù. La pianificazione delle attività culturali, come di quelle sportive e ricreative, viene delegata alle istituzioni locali e alle provincie. Nel 1977 Giuseppe Longo scrive:

“In questo contesto di strumenti del decentramento e della partecipazione va visto il problema specifico dei centri civici. Nella proposta di un nuovo regolamento dei consigli di quartiere si afferma che il centro civico costituisce un insieme articolato di sedi che, globalmente considerate, soddisfano una molteplicità di funzioni e comprendono la sede degli organi istituzionali del quartiere e degli uffici comunali decentrati, servizi sociali, culturali e sportivi, strutture e spazi tendenti a favorire l’incontro e la partecipazione dei cittadini, il costante confronto, il dibattito democratico, all’insegna del reciproco rispetto delle idee. Il processo di decentramento deve essere preliminare e preparatorio ad una partecipazione popolare circa le scelte di uso del territorio e dell’assetto urbano”4.

Nonostante questo, nel panorama italiano, non sempre si riesce a creare un linguaggio architettonico unitario e riconoscibile, poiché la pianificazione del territorio urbano risulta affidata principalmente alle singole amministrazioni

Anrea Branzi, Spazi della cultura, cultura degli spazi, 2007, introduzione.

Il libro affronta un’indagine sui nuovi dispositivi di funzionamento interno delle tipologie edilizie destinate alla produzione e al consumo della cultura contemporanea. A. Branzi, architetto e designer, è nato nel 1938 a Firenze.

Dal 1964 al 1974 ha fatto parte del gruppo Archizoom Associati, primo gruppo di avanguardia noto a livello internazionale. Ha vinto numerosi premi, tra i quali il Compasso d’oro alla carriera nel 1987. La sua tesi di laurea e numerosi progetti sono conservati al Centre Pompidou di Parigi.

3

Giuseppe Longo al tempo era assessore al Decentramento del Comune di Bologna, l’estratto citato è tratto dalle pagine di “Parametro”, rivista internazionale di architettura e urbanistica.

4

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CAPITOLO 2

Spazi socio-culturali: ruolo identitario dei luoghi della cultura nei centri minori

In basso: Enzo Zacchiroli, Centro civico in via Massarenti a Bologna, 1958, sezione e prospetto.

Pagina a fianco: Enzo Zacchiroli, scorcio interno quartiere Lame a Bologna, 1969-1970.

locali, spesso incapaci di sfruttare i finanziamenti e di tradurli in politiche concrete. L’Emilia-Romagna costituisce un caso isolato, con il centro civico di Via Massarenti a Cadriano, il quartiere Lame di Enzo Zacchiroli e il quartiere Mazzini di Carlo Solomoni a Bologna. A differenza di ciò che avviene

per esempio in Francia, in Italia si hanno principalmente casi che rispecchiano un contesto culturale che non accompagna il decentramento politico con un serio programma di educazione e animazione sociale, ma si limita a rappresentare soprattutto le nuove sedi degli organi amministrativi.

2.2

Case del Popolo

Le Case del Popolo, intese come luogo di incontro e ricreazione dei lavoratori, vennero istituite dal movimento operaio verso la fine dell’Ottocento, diventando luoghi di aggregazione gestiti da partiti di sinistra e sindacati. Diffuse già in molti stati europei, sotto il nome di people’s house, folkets hus, casa del pueblo, maison du peuple5, comparvero per la prima volta in Italia nel set-

tembre del 1893, in occasione del secondo congresso socialista a Reggio Emilia, durante il quale venne inaugurata la nuova sede della cooperativa di Massenzatico. Culturalmente rappresentano la visibilità del movimento operaio, la sua stabilità, l’unità e la solidarietà popolare, oltre che un senso di profondo radicamento sul territorio. Tra i temi principali promossi da queste istituzio-

Tra le più importanti troviamo la Maison du Peuple di Bruxelles, la Maison du Peuple di Nancy e la Maison du Peuple de Clichy.

5

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CAPITOLO 2

Spazi socio-culturali: ruolo identitario dei luoghi della cultura nei centri minori

In basso: Victor Horta, Maison du Peuple di Bruxelles, in fiammingo ”Volkshuis van Brussel”

ni troviamo anche quello del tempo libero e del consumo culturale. Soprattutto nei primi decenni del dopoguerra le Case del Popolo sono state sede di un mutamento che ha

visto intrecciarsi indirizzi culturali e ricreativi diversi tra loro.

Una convivenza di molteplici attività che vanno da quelle più impegnate a quelle più leggere, dai dibattiti politici, al

teatro, a iniziative artistico-culturali, al ballo liscio, ai giochi popolari. Attualmente, nonostante si sia persa una connotazione strettamente politica, le Case del Popolo svolgono ancora un ruolo fondamentale di aggregazione e promozione sociale. La più grande d’Italia si trova in Toscana, a Grassina, in

provincia di Firenze, ed è munita di una sala multifunzionale capace di ospitare più di quattrocento persone, di un palcoscenico, di un cinema all’aperto e di uno al chiuso, di un campo sportivo e di tre cucine, il tutto frutto dei soldi e degli sforzi degli abitanti del paese.

In alto: Jean Prouvé, Maison du Peuple de Clichy, Parigi, 1935-1939.

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CAPITOLO 2

Spazi socio-culturali: ruolo identitario dei luoghi della cultura nei centri minori

2.3 Vincenzo Ruggero è professore di sociologia presso la Middlesex University di Londra, è fondatore e condirettore della rivista Forum on Crime and Society pubblicata dalle Nazioni unite e autore di numerosi volumi e articoli come Il carcere immateriale (Torino, 1989), Economie sporche (Torino, 1996), Movimenti nella città (Torino, 2000) e Crimini dell’immaginazione (Milano, 2005).

6

40

Centri sociali

I centri sociali vengono intesi come strutture gestite nella maggior parte dei casi in autonomia, volti a promuovere servizi socialmente utili, ricreativi e culturali. Essi hanno una lunga tradizione in Europa e in particolar modo in Italia.

Secondo il sociologo Vincenzo Ruggiero6 le origini dei centri sociali italiani vanno ricondotte agli eventi politici degli anni ’70. In quel periodo, in tutta Italia, gruppi di giovani prendono parte ad azioni di riappropriazione di spazi pubblici o di edifici vuoti in risposta ai profondi cambiamenti tipici della società industriale, oltre che all’incapacità dei partiti politici di rappresentare i bisogni dei cittadini.

Al tempo, come adesso, i centri sociali rappresentano un mezzo per ottenere ciò che viene negato. L’occupazione di questi edifici libera spazi altrimenti in disuso trasformandoli in concrete alternative di solidarietà, in una risorsa per la comunità.

Essi simboleggiano una reazione alla carenza di risposte da parte delle autorità per soddisfare le richieste locali

volte all’impiego di immobili inutilizzati da sfruttare per esigenze sociali. Se negli anni ’80 i primi centri sociali hanno un carattere principalmente resistenziale, negli anni ‘90 diventano un fenomeno di massa, in gran parte dovuto al successo della musica Posse, ma anche grazie al clamore suscitato da trattative pubbliche come quella del centro sociale Leoncavallo di Milano. Vengono anche definiti come una pratica libera che celebra il potere della dimensione locale e dell’immediato.

La rivendicazione dello spazio non è esclusivamente indirizzata ad ottenere luoghi di aggregazione, ma è anche volta a reclamare la trasformazione dello spazio urbano. Questi sono in definitiva luoghi di incontro liberi per scambiare socialità e cultura, posti in cui vivere nuove politiche di impegno. Inoltre, ogni centro sociale ha un’origine specifica, un ruolo e un obiettivo preciso, essendo ciascuno di essi legato ad un determinato periodo storico, ad un contesto specifico e a correnti ideologiche in termini di pratiche e temi ge-

nerali che li animano. Questi ultimi possono includere: globalizzazione, solidarietà con il Chiapas, la Palestina, i popoli curdi, baschi e rom; assistenza legale e sanitaria ai migranti, diritti dei minori, dei lavoratori, degli animali e dell’ambiente; antifascismo e antirazzismo.

Tematiche che vengono spesso tradotte in azioni politiche concrete come campagne di informazione, raccolte fondi, manifestazioni, incontri e workshop o eventi culturali quali concerti, spettacoli teatrali, cineforum e cene di autofinanziamento.

In basso: foto storica del centro sociale Leoncavallo. Nato nel 1975 a Milano, svolge attivitĂ politica e culturale.

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CAPITOLO 2

Spazi socio-culturali: ruolo identitario dei luoghi della cultura nei centri minori

2.4

In basso: Associazione Culturale ZOO, affiliata ARCI, a Udine; la ristrutturazione degli ambienti interni, curata dall’arch.

Roberto Corsano, trasforma lo spazio in un vivace contenitore di iniziative socio-culturali e musicali.

42

Dopolavoro, circoli e Associazioni Culturali

Con Dopolavoro si intende l’insieme delle attività ricreative promosse da una specifica categoria di lavoratori.

Oggi la sua organizzazione è gestita prevalentemente dai circoli aziendali. Il Dopolavoro Ferroviario (DLF), associazione italiana fondata nel 1925, si occupa ancora oggi di offrire servizi che spaziano da iniziative sociali e assistenziali a quelle culturali, formative, ricreative e sportive. L’ARCI (Associazione Ricreativa e Culturale Ita-

liana), è forse l’associazione di promozione sociale più conosciuta, fondata a Firenze nel 1957, che si riconosce nei valori democratici tipici della sinistra antifascista. Questa conta più di un milione di iscritti, suddivisi in più di 4000 circoli o associazioni locali, che si occupano di tematiche che vanno dalla cultura (arte, teatro, cinema, letteratura, musica, danza) al turismo, ai diritti civili, all’impegno sociale, al servizio civile e alla solidarietà internazionale.

2.5

Case della Cultura

Le Case della Cultura, in parte trattate nel primo capitolo per introdurre la tipologia del centro culturale, nascono in Francia per accogliere al loro interno molteplici forme di espressione artistica: teatro, musica, mostre d’arte, dibattiti letterari, scientifici e umanistici. A seguito di una politica di decentralizzazione culturale, l’intento era quello di diffondere su tutto il territorio, non solo nella capitale, strutture multidisciplinari col fine di promuovere una cultura colta e indiriz-

zata ad un pubblico più vasto.

Tuttavia, a causa di un mancato confronto diretto con le comunità locali, che dovevano peraltro cofinanziare metà delle attrezzature, sono state fortemente criticate. L’idea iniziale di creare dei centri versatili e polifunzionali non si concretizzò fin da subito; le prime strutture, infatti, si configuravano piuttosto in musei, teatri o centri congressi, senza però comprendere al loro interno altre attività. Si contestava poi il fatto che incentivassero una

In alto: Casa della Cultura Italo Calvino, centro polifunzionale a Calderara di Reno, 2018.

43

In alto: Casa della Cultura Italo Calvino, ingresso e sala principale.

A destra: Casa della Cultura Italo Calvino, sala conferenze.

Pagina a fianco: Casa della Cultura Italo Calvino, dettaglio della sala principale.

concezione elitaria dell’arte, non includendo l’intera popolazione. Col passare del tempo, le Case della Cultura si sono sempre più configurate in veri e propri centri culturali, riuscendo nello scopo originario di diventare luoghi flessibili e inclusivi. Si trovano principal44

mente nei piccoli centri urbani e si identificano in strutture aggregative che offrono alla popolazione locale un luogo in cui stare insieme e socializzare, dove poter fruire di diverse attività a carattere culturale.

Posti dove esprimere e dare libero sfogo alla creatività.

CAPITOLO 2

Spazi socio-culturali: ruolo identitario dei luoghi della cultura nei centri minori

2.6 A.A.V.V. (1995), Manifesto UNESCO per le Biblioteche Pubbliche, AIB Notizie, a.7, n. 5, p. 1.

1

Umberto Eco, “De Bibliotheca”, I quaderni di Palazzo Sormani, Ripartizione Cultura e Spettacolo, Biblioteca Comunale di Milano, 1982.

2

46

Da biblioteca a centro culturale

“La libertà, il benessere e lo sviluppo della società e degli individui sono valori umani fondamentali. Essi potranno essere raggiunti solo attraverso la capacità dei cittadini ben informati di esercitare i loro diritti democratici e di giocare un ruolo attivo nella società.

La partecipazione costruttiva e lo sviluppo della democrazia dipendono da un’istruzione soddisfacente, così come da un accesso libero e senza limitazioni alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione. La biblioteca pubblica, via di accesso locale alla conoscenza, costituisce una condizione essenziale per l’apprendimento permanente, l’indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell’individuo e dei gruppi sociali” 1.

Esistono oggi diversi tipi di biblioteche: pubbliche, private, nazionali, di quartiere, universitarie, mediateche. Ciò che le accomuna è il fine ultimo di conservare il patrimonio librario e documentale e di renderlo accessibile. La biblioteca si propone come risorsa fondamentale per lo sviluppo e la crescita della società;

radicata all’interno del tessuto urbano, si pone in dialogo con la città e con la collettività, offrendo spazi di studio e approfondimento, incontro e socializzazione. Umberto Eco, il 10 marzo 1981, in occasione dei 25 anni della Biblioteca Sormani di Milano, durante un suo intervento definisce le caratteristiche di una buona biblioteca, parlando anche di un luogo: “che faccia venire voglia di andarci e si trasformi poi gradualmente in una grande macchina per il tempo libero, com’è il Museum of Modern Art in cui si va al cinema, si va a passeggiare nel giardino, si vanno a guardare le statue e a mangiare un pasto completo”2. Eco conclude chiedendosi se saremo mai in grado di trasformare questa utopia in realtà. Oggi possiamo affermare che lo spazio che lo scrittore ha descritto non è nient’altro che un centro culturale contemporaneo, dove la lettura di un libro è solo una delle attività che si possono compiere. Infatti, nella maggior parte dei casi, la biblioteca non è più soltanto luogo di archivio, di consultazione e di studio, ma

è spazio di incontro e sede di programmazione di eventi.

Qui vengono organizzati reading pubblici di libri, visione di film e cineforum, mostre e laboratori. Di conseguenza, a causa della molteplicità delle funzioni d’uso disponibili, sarà necessario creare degli spazi flessibili e adattabili alle nuove attività proposte. La frase seguente di Irene Pasina3 illustra perfettamente quanto detto finora: “Si entra in biblioteca

per cercare un libro, per ascoltare o prendere in prestito cd musicali, per visionare filmati e dvd, per assistere a mostre, per partecipare a conferenze.

In biblioteca i più piccoli possono seguire corsi di teatro e laboratori creativi. È punto di ritrovo per un caffè e quattro chiacchere con gli amici. La biblioteca è oggi centro culturale, e in quanto tale ha un ruolo importante nella diffusione della cultura”.

In alto: interni della biblioteca del centro culturale di Delft, Mecanoo: organismo funzionalmente ibrido, catalizzatore di eventi urbani al servizio della collettività.

Irene Pasina, laureata in Disegno Industriale e dottore di ricerca in Architettura degli Interni e Allestimento, è docente a contratto presso la Facoltà di Design del Politecnico di Milano. Svolge attività di ricerca sui temi dell’abitare e degli spazi per l’arte e il design.

3

47

CAPITOLO 2

Spazi socio-culturali: ruolo identitario dei luoghi della cultura nei centri minori

2.7

Identità locale e promozione della cultura

I centri di aggregazione citati nei paragrafi precedenti, in quanto luoghi di incontro e socializzazione legati anche ad aspetti culturali, contribuiscono alla creazione e allo sviluppo di un’identità locale. Poiché nascono principalmente nei piccoli centri urbani o in contesti di quartiere, favoriscono la formazione di un senso di appartenenza più delimitato a queste zone circoscritte.

L’identità locale, che cresce e si consolida nel tempo, si sviluppa, infatti, anche grazie a servizi che includono la promozione di offerte culturali, quali attività legate all’istruzione, alla formazione e alla ricreazione, indirizzate nello specifico alla popolazione del luogo. Le biblioteche, analizzate nel paragrafo precedente, fanno parte di quegli ambienti che si configurano sempre più spesso come luoghi della cultura dove oltre a studiare e a prendere libri in prestito, si trascorre anche il tempo libero in compagnia. Sono luoghi, fulcro della vita culturale del posto, che tramite iniziative volte alla cittadinanza, ospitano eventi e promuovono, tra le 48

altre cose, l’informazione turistica. Inoltre, possono diventare luoghi positivi per l’accrescimento di due tipi di identità: quella personale e quella collettiva. Un altro aspetto importante da sottolineare riguarda l’inclusività di tali ambienti. Se prendiamo nuovamente ad esempio la biblioteca, questa costituisce un luogo dove attingere a informazioni di vario genere per l’intera comunità, senza discriminazioni. Non si fanno distinzioni, è uno spazio aperto a tutti i cittadini e a tutti i livelli della società. I luoghi della cultura, infine, dovrebbero porsi in stretto rapporto con i progressi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, affinché organizzazioni culturali e nuove tecnologie insieme possano realmente contribuire allo sviluppo di ogni cittadino.

Renzo Piano, Piano, centro centroculturale culturale Fondazione Stavros Stavros Niarchos, Niarchos, Atene, 2016

3 CASI STUDIO Centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

3.1

CAPITOLO 3

Centro culturale ex Villa Sottanis, Italia PROGETTO

Il centro culturale si trova a Casarza Ligure, un comune italiano di 6.836 abitanti della città di Genova in Liguria.

Studio 5+1AA UBICAZIONE Via V. Annuti 36, Casarza Ligure, GE SUPERFICIE 581 mq UTENZA Bambini dai 6 ai 14 anni, ragazzi e adulti SERVIZI OFFERTI Biblioteca, ludoteca, auditorium, attività sportive ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO Lun.-merc.-ven. 8:30-12:30; mart.-merc.-giov. 14:30-18:30 ANNO 2007-2008 Nel 2007 è stato aperto al pubblico il centro culturale situato nella ex Villa Sottanis, progettato dal gruppo genovese 5+1AA a Casarza Ligure.

La struttura ospita una biblioteca, con utenza varia, una ludoteca, aperta il pomeriggio e un auditorium, aperto in occasione di attività o eventi specifici. I progettisti hanno voluto interpretare lo spazio con

una certa ironia e delicatezza, traducendo in architettura la comicità sottile mista tra realtà e magia di Gianni Rodari, favolista più celebre del Novecento italiano al quale viene reso omaggio sia da un ponto di vista visivo che concettuale.

Le parole di alcune delle sue filastrocche caratterizzano la facciata dell’ampliamento tramite l’installazione dell’artista 53

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CAPITOLO 3

Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

In basso: fotografia del centro culturale nella ex Villa Sottanis visto dall’esterno.

Danilo Trogu, proprio a voler rimarcare il carattere culturale e al contempo ludico del progetto. Quest’ultimo si inserisce all’interno di una serie di interventi per “il potenziamento e lo sviluppo di attività culturali e sociali” avviati dal comune di Casarza Ligure all’inizio de-

gli anni Duemila. L’intervento riguarda essenzialmente la ristrutturazione di una villa di inizio Novecento alla quale vengono aggiunti, all’esterno, una scala e un ascensore, in modo da non intaccare la struttura e la pulizia dell’edificio originale.

A sinistra: dettaglio facciata esterna del centro culturale nella ex Villa Sottanis.

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CAPITOLO 3

A destra: fotografia dell’esterno del corpo distributivo, contrasto tra la villa originaria e l’ampliamneto.

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Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

A sinistra: fotografia notturna dell’esteno della villa.

In basso: planimetria generale, pianta del primo piano e prospetti.

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CAPITOLO 3

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Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

Per quanto riguarda gli interni, questi sono stati completamente ripensati per essere adattati ai nuovi usi. La villa si sviluppa su tre piani per un totale di circa 600 mq; il piano terra è stato mantenuto integro, mentre ai livelli superiori, per disporre di ambienti più ampi e conferire al nuovo organismo una maggiore versatilità a livello funzionale, sono state operate una serie di demolizioni delle pareti esistenti.

Le altezze dei vari livelli sono state modificate; in particola-

re al secondo livello, mediante l’eliminazione del sottolivello e di alcune partiture, è stata collocata una sala conferenze da 147 posti, situata al di sotto di una nuova copertura in legno che rispetta la sagoma e la geometria della copertura esistente. Ad ogni piano è associata una funzione principale, come suggerisce la pavimentazione, diversa da un punto di vista materico per ogni livello, sottolineando una lettura “stratigrafica” della villa, ovvero verticale (in successione

In alto: ludoteca.

Pagina a fianco: una delle sale studio della biblioteca.

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CAPITOLO 3

Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

troviamo pietra, resina, legno, fino all’ardesia della copertura). La biblioteca è posizionata al piano terra e comunica con il giardino esterno per mezzo della gradinata, permettendone un uso più dinamico e coerente. I servizi offerti vanno dal prestito bibliotecario, a gruppi di lettura, corsi di lingua e di scrittura creativa, incontri con gli autori e festival letterali, come Giallo in Villa o Calico Fest dedicato al fumetto. All’interno della ludoteca, invece, vengono svolte le relative attività ludiche ed educative, promuovendo corsi, laboratori, servizi di aiuto compiti e giochi ed eventi. In alcune delle sale dell’edificio vengono anche organizzate attività con le scuole medie ed elementari del territorio e attività sportive, come corsi di yoga e di pilates.

In estate si svolge annualmente il centro estivo, mentre nel periodo natalizio sono spesso promossi eventi specifici. Per comunicazioni e iniziative viene sfruttata la pagina Facebook, molto attiva, dove vengono condivisi annunci riguardanti gli eventi in programma.

Architettonicamente tutto il 60

sistema di distribuzione verticale (scala, ascensore, scala antincendio) è contenuto in un corpo annesso, che ha il compito di rendere visibile la nuova funzione e la nuova veste del centro. La connessione fisica dei due edifici è stata probabilmente determinate nella scelta dei progettisti di ricorrere a due linguaggi lontani: il nuovo corpo, moderno, informale e semitrasparente, contrasta infatti con la sobrietà estetica della villa antica. Dunque, sospeso tra memoria e futuro, tra reale e immaginario, il centro culturale di Villa Sottanis

rappresenta sia il recupero di un luogo che la riscoperta del significato dell’edificio pubblico. Gli stessi progettisti raccontano il concept alla base del centro culturale accostando, in ordine sparso, una serie di termini che lo descrivono: “villa, interno, esterno, polifunzionalità, flessibilità, nuovo, preesistente, percorso, sorpresa, pubblico, domestico, giorno e notte, sono le parole chiave poste alla base della filosofia/ strategia progettuale tesa a chiarire senza perdere, enfatizzare senza declamare, usare senza svilire”.

In alto: auditorium situato all’ultimo piano.

Pagina a fianco: fotografia della scalinata.

61

Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

3.2

CAPITOLO 3

KBcenter, Gorizia, Italia

PROGETTO

Gorizia è un comune italiano di 34.173 abitanti della regione a statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia.

Waltritsch A+U UBICAZIONE Corso Verdi 51, Gorizia, GO SUPERFICIE 1800 mq UTENZA Bambini, ragazzi, adulti, anziani SERVIZI OFFERTI Biblioteca, ludoteca, scuola di musica, auditorium, bar ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO Lunedì-venerdì: 10.00-18.00 ANNO 2005-2006 KBcenter è uno spazio di interazione culturale e sociale voluto dalla comunità slovena di Gorizia, che nel solo comune conta più di 7.000 abitanti.

Esso si trova nel cuore della città, sulla strada principale, dove occupa un intero isolato nel cuore della maglia ottocentesca. L’intervento è composto dalla ristrutturazione di un complesso esistente e

dalla realizzazione di un nuovo edificio a due piani, che ospita la biblioteca, situato nella corte interna. Nato su iniziativa privata, grazie ai fondi della KB 1909, una società finanziaria per azioni slovena, il centro raccoglie tredici organizzazioni, dedicate a diversi interessi culturali e fasce di età. A queste si aggiungono una biblioteca, due enti per 63

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A destra e nella pagina a fianco: KBcenter, dettagli della facciata esterna dell’edificio.

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la formazione, l’Unione culturale economica slovena e una scuola di musica. Un’offerta così ampia lo rende un vero e proprio polo culturale dalla forte capacità aggregativa. La parte nuova dell’edificio, che ospita la biblioteca, si erge in una corte interna e, come dice lo stesso progettista Dimitri Waltrirsch, nato a Gorizia, è ri-

solta grazie ad “una forma ispirata ai volumi scomposti di un cubo e realizzata con l’utilizzo di legno sintetico e ampie vetrate, che ha favorito un declinato inserimento nel contesto esistente. Il nuovo edificio è stato pensato come un pezzo di arredamento che scivola sul selciato, un inserimento delicato per non intaccare l’intimi-

In alto: KBcenter, sala conferenze.

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tà e le dimensioni della corte interna”. La forma del nuovo edificio affronta la questione del dialogo tra una presenza storica e il linguaggio architettonico contemporaneo, all’interno delle costrizioni fisiche della città storica. Il carattere domestico e informale degli spazi interni ribadisce la scelta di un’architettura misurata che invogli il visitatore ad entrare e a partecipare: “tesa alla valorizzazione della presenza della comunità slovena e

alla promozione di una nuova qualità della convivenza in un ambiente sociale rispettoso delle diverse identità”. L’obiettivo principale è, dunque, la promozione dell’attività culturale slovena all’interno di una società multietnica. La scelta dei materiali della facciata, legno sintetico e grandi superfici vetrate che lasciano intravedere gli interni, è stata presa per favorire un inserimento più delicato, considerando che gli edifici esistenti si trovano

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CAPITOLO 3

A sinistra: disegni tecnici KBcenter; pianta del piano terra e del secondo piano; Qubik bar pianta e sezioni; sezione completa.

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CAPITOLO 3

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In alto: KBcenter, fotografia della corte interna.

a una distanza di soli cinque metri. Al piano terra l’edificio ospita il deposito della biblioteca, con una capacità di circa 25.000 libri, mentre il partimonio librario complessivo conta più di 60.000 unità, la maggior

parte delle quali è collocata a scaffale aperto. Al primo piano, al quale si accede dal primo cortile interno, si trovano le sale studio della biblioteca, il banco consulenza per il prestito ed una ludoteca. La disponi-

bilità di diverse stanze di varie dimensioni è molto apprezzata dagli utenti sia per lo studio che per gli incontri. La biblioteca è frequentata da utenti di tutte le età, cambia tuttavia la modalità di utilizzo dei servizi.

Le sale studio sono utilizzate prevalentemente dagli studenti delle scuole superiori e medie nell’orario pomeridiano, mentre gli adulti frequentano la biblioteca per il prestito e la restituzione. I genitori dei ragazzi che frequentano la scuola di musica, situata al secondo piano, si fermano ad aspettarli in biblioteca. I più anziani vi si

recano per leggere i quotidiani e le riviste. Nella ludoteca si svolgono letture di favole e incontri organizzati per le scuole materne ed elementari. Gli utenti hanno a disposizione il wi-fi e quattro portatili che possono liberamente usare in tutti gli spazi. Questi sono usati dai ragazzi anche per i compiti (per esempio per effetturare ricerche nel catalogo della biblioteca, oppure per scrivere tesine e temi scolastici). Gli arredi di tutti gli ambienti sono tendenzialmente colorati, sui toni del verde e dell’arancione, mai accessi ma sempre tenui.

In alto: fotografia della sala lettura della ludoteca.

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CAPITOLO 3

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In basso: dettaglio bancone Qubik bar.

Pagina a fianco: Qubik bar visto dall’esterno.

Il Qubik bar è la parte più piccola del centro culturale, ma socialmente riveste un ruolo molto importante. Questo ha due ingressi: dalla strada principale, Corso Verdi, e dal cortile interno del centro culturale, quindi diventa un punto di passaggio dove occasionalmente passanti e utenti interni possono incontrarsi. Il concept

si basa sull’idea di “dilatare” lo spazio limitato. L’interno è risolto con un unico elemento, il bancone bar, che fuoriesce fisicamente dal locale in entrambe le direzioni, diventando ora segnale luminoso, ora angolo fumatori all’aperto, accompagnado fisicamente e visivamente il fruitore nel percorso fuori/dentro/fuori.

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3.3

CAPITOLO 3

Casa delle culture, Quarrata, Italia

PROGETTO

Quarrata è un comune italiano di 26.735 abitanti della provincia di Pistoia in Toscana.

Cliostraat UBICAZIONE Via Corrado da Montemagno, 19, Quarrata, PT SUPERFICIE 450 mq UTENZA Ragazzi SERVIZI OFFERTI Biblioteca, punto informazioni, sala prove musica, bar ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO Non più in attività ANNO 1997-2001 Stefano Marini, l’allora sindaco di Quarrata, nel novembre del 2001 inaugura i nuovi edifici della Casa delle culture e della Biblioteca multimediale. La realizzazione del progetto segue un percorso piuttosto anomalo nel panorama italiano, poiché si tratta di uno dei pochi casi riusciti che vede la realizzazione del progetto vincitore del concorso internazionale

Europan 3. Lo scopo del concorso era quello di creare una nuova centralità urbana per una città, di recente costruzione, nata attorno alla manifattura Lenzi, oggi dismessa, che ne occupava fisicamente il centro e la rendeva famosa come distretto industriale della produzione del mobile. Il giovane gruppo torinese Cliostraat vince il concorso nel 73

CAPITOLO 3

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1992 a parimerito con Jarmo Raveala, progettista finlandese. Due mezioni d’onore sono, invece, assegnate ai gruppi di David Joy e Nigel Walter, direttamente da Cambridge, e di Tarmo Peltonen e Tara Lehto, da Helsinki. Dunque, nel 1994 il comune di Quarrata invita i quattro gruppi a partecipare ad un laboratorio di progettazione coordinato da Cliostraat, con l’obiettivo, lavorando direttamente sul sito per alcune settimane, di valorizzare le energie presenti sul territorio.

A destra: fotografia della “coda” della civetta affacciata verso la piazza.

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Viene, quindi, redatto un progetto di massima che consiste in un intervento complessivo su tutto il quartiere: un sistema multifunzionale organizzato in un percorso pedonale sul quale si affacciano il polo tecnologico (affidato al gruppo finlandese), le residenze, il vecchio cinema ormai in disuso e una biblioteca multimediale, che in principio avrebbe dovuto ospitare gli uffici comunali. Inoltre, su un secondo percorso, lungo il rio Fermulla e alcune aree verdi, viene demolito l’edificio

che ospitava il vecchio lavatoio per costruirci un centro giovani, l’attuale Casa delle Culture.

La Casa delle Culture, La Casa delle Culture, con una superficie utile di 450 mq, assume le funzioni di un vero e proprio centro culturale: ospita, infatti, molteplici eventi culturali, prevalentemente pensati per un’utenza giovanile, oltre che la sede operativa dei progetti di cooperazione internazionale promossi dalla Regione

Toscana, come “Porto Franco, Associazione per l’interscambio tra i popoli”. Lo spazio interno comprende due sale prova musicali, uno sportello informativo, un bar e uno spazio polifunzionale, che si vanno a integrare con l’offerta dell’edificio adiacente, già utilizzato dagli abitanti più giovani del paese. L’ingresso è posto sulla via principale, mentre il corpo dell’edificio si prolunga sul retro verso gli spazi attrez-

In alto: dettaglio dell’entrata del centro culturale.

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CAPITOLO 3

In alto a destra: schizzo di progetto.

In basso a destra: disegni tecnici; pianta del piano terra e del primo piano.

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zati a verde pubblico lungo il rio Fermulla. La forma della pianta assume le sembianze di un rettangolo che si stringe nella parte centrale. L’aspetto più singolare, tuttavia, è certamente l’aspetto zoomorfo della facciata, che ritrae una

civetta: animale notturno per eccellenza, sveglio e curioso, che metaforicamente rispecchia i comportamenti tipici dell’utenza giovanile cui è dedicato il progetto. Su un muro di cemento grezzo sono stati posti i due occhi che di notte

In basso: disegni tecnici prospetti longitudinali e trasversali; disegno planivolumetrico del complesso.

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fungono da insegna luminosa.

Sul retro, invece, nella piazza che circonda l’edificio, la scultura di un gatto fuoriesce dal terreno come per mordere la “coda” del rapace, formata da dei setti che sembrano piume e tende. L’intento è proprio quello di unire il linguaggio rigoroso dell’architettura con quello figurativo e scultoreo dell’arte, che sdrammatizza l’intervento rendendolo ludico.

I cittadini, tuttavia, non hanno apprezzato sin da subito questa scelta, tanto da ritenerla di cattivo gusto: hanno firmato, infatti, una petizione contro questo “animale dalla presenza inquietante”. Affermazione che secondo i progettisti confermava che lo spirito dell’edificio era stato capito. “Quando c’è stata l’inaugurazione della casa della cultura” afferma il sindaco “la gente è entrata dentro, ha visto i libri e ha visto cosa significava, tutto l’irrigidimento si è sciolto in una tenerezza, che è stata anche commozione. Il sogno ha bisogno degli appigli sui quali salire. Questo è quello che abbiamo tentato di fare a Quarrata e che continua a essere fatto.

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Io sono convinto che si possa parlare alla gente del sogno; io ho bisogno di credere in un sogno, ma non una cosa sola lontana, altrimenti il sogno diventa frustrazione, angoscia, disperazione perché non si riesce a toccare”. In ultima analisi, la biblioteca multimediale si inserisce in un programma culturale molto più ambizioso e appropriato, volto ad un utilizzo completo dello spazio

pubblico: l’obiettivo era quello di creare uno spazio utilizzabile non solo per una parte della giornata, ma che fosse fruibile sempre. Parte dello spazio è a doppia altezza e presenta dei lucernari che seguono la curvatura della volta a botte.

La facciata principale, invece, è una parete completamente vetrata, sorgente luminosa schermata da persiane in legno a lamelle orientabili.

Pagina a fianco: dettagli delle pareti vetrate della “civetta”.

In alto: spazi interni della biblioteca.

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3.4

CAPITOLO 3

Mediateca civica, Anzola dell’Emilia, Italia

PROGETTO

Anzola dell’Emilia è un comune italiano di 12.319 abitanti della città di Bologna, situato nel tratto della via Emilia che collega Bologna a Modena.

Studio Italo Rota UBICAZIONE Piazza Giovanni XXIII, 2, Anzola dell’Emilia, BO SUPERFICIE 640 mq UTENZA Bambini, ragazzi, adulti SERVIZI OFFERTI Biblioteca, mediateca, ludoteca, spazio per eventi ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO Martedì-venerdì: 09:00-19:00, sabato: 09:00-12:30 ANNO 1999-2002 Il progetto della nuova mediateca di Anzola dell’Emilia, piccolo comune residenziale nei pressi di Bologna, risale ai primi anni Novanta e fa parte di un programma ben più ampio. Quest’ultimo, promosso dall’amministrazione comunale, aveva l’obiettivo di portare nuovi luoghi culturali e spazi pubblici aggregativi al servizio della cittadinanza:

spazi aperti a tutti pensati per sviluppare nuovi modelli di apprendimento e dello stare insieme, luoghi dedicati alla lettura, al gioco, all’ascolto di musica e alla socializzazione, ma anche a momenti di intimità. La volontà dell’amministrazione era anche quella di creare una nuova identità locale tramite progetti inseriti nel centro urbano. La nuova 81

CAPITOLO 3

A destra: disegni tecnici; vista assonometrica dello spazio; sezione longitudinale e sezioni trasversali.

Pagina a fianco: piante dei vari livelli.

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mediateca, infatti, viene collocata nella piazza principale del paese all’interno di un grande edificio scolastico degli anni venti (formato da una pianta a C, da un corpo principale e due ali minori). Il progetto nasce a partire da un concorso nazionale bandito nel 1999 che prevedeva la trasformazione dell’edificio in un centro culturale, inteso allora come luogo di confronto sociale e politico. Il vincitore è Italo Rota, il quale sceglie di ristrutturare interamente il complesso scolastico, nonostante non avesse vincoli sul mantenimento della struttura esistente, con l’aggiunta di un piccolo volume trasparente inserito all’estremità di un’ala laterale. Lo spazio interno si sviluppa intorno ad un vuoto centrale a tutta altezza che al contempo separa e unifica lo spazio. Attorno ad esso si affacciano spazi minori e passaggi disposti su cinque livelli, producendo una sorta di scomposizione spaziale. Ogni livello si differenzia per funzione e destinazione, pur mantenendo costanti le tipologie di spazio utilizzate: ci sono zone più aperte volte alla 83

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socializzazione (nei luoghi adibiti alle scaffalature e nel vuoto principale) o spazi più piccoli, privati e intimi (nei salottini pensati come angoli lettura che, grazie all’arredo, ricordano ambienti domestici). La caratteristica che visivamente salta più all’occhio è l’utilizzo dei vetri colorati; questi vanno ad identificare le diverse zone e rimandano alla volontà del progettista di creare uno spazio ludico, vivace e stimolante.

Tutti possono vedere ed essere visti. Una grande vetrata sul lato nord, invece, permette alla luce di penetrare all’interno e di creare giochi di luce suggestivi. La sensazione che si prova all’interno dello spazio può essere associata a quella che si ha nell’attraversare un labirinto, unita a un senso di stupore continuo. Si scoprono ogni volta situazioni nuove, poiché all’interno convivono realtà spaziali diverse, sia a livello funzionale che formale.

Anche gli elementi di arredo sono differenziati e scelti con criterio. Inoltre, ciò che si può percepire è un senso di libertà di movimento, come se ci si sentisse immersi in uno spazio 84

Pagina a fianco: sala lettura per bambini.

A sinistra: scorcio dello spazio centrale a doppia altezza con scalinata.

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CAPITOLO 3

In basso: vista notturna dell’esterno della mediateca.

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ampio e stimolante, pubblico, dove, tuttavia, è possibile trovare il proprio luogo privato occupando lo spazio a nostro piacimento e liberi da schemi costruttivi prefissati. Il centro culturale rivela anche la sensibilità dell’architetto per quelle che lui stesso definisce “decorazioni strutturali”. Queste sono ottenute mediante colori, segni, parole e simboli e concorrono, secondo Rota

stesso, a caratterizzare la qualità degli spazi: elementi non giustapposti, ma pensati insieme al progetto architettonico, stimolando sia fisicamente che mentalmente l’utente.

“Sono sceneggiature di possibili storie di cui non si vuole conoscere la fine, dove il senso di vicinanza comporta la consapevolezza di essere attori protagonisti di un palcoscenico condiviso”.

In alto: fotografia di una delle sale lettura.

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Sopra: fotografia di uno scorcio interno.

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Tra i pregi della mediateca troviamo sicuramente il suo aspetto suggestivo da un punto di vista architettonico, qualità che invita alla fruizione del servizio da parte degli utenti.

La luminosità degli ambienti garantita dalla grande vetrata, coniugata alle variazioni cromatiche dei divisori colorati, rendono gli spazi accoglienti ed invitanti per la lettura dei

libri, dei giornali o anche solo per una pausa relax con gli auricolari per ascoltare musica.

La fruizione è estesa a tutte le fasce d’età, va dagli adulti, agli anziani, agli studenti, ai bambini e ai ragazzi. Per questo motivo vengono organizzate frequentemente mostre ed altri eventi rivolti ad un pubblico vasto. La progettazione degli interni si è rivelata essere, in

Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

relazione a questa funzione di contenitore per eventi espositivi, di grande adattabilità e duttilità e ha permesso di adottare soluzioni espositive diverse, ma sempre di grande impatto visivo. La presenza di una sala polivalente nello stesso edificio, non compresa nel progetto architettonico originale, permette di accogliere eventi di interesse pubblico, culturale e sociale. Dunque, il centro svolge sul territorio una funzione aggregativa che va al di là delle sue proprie funzioni istituzionali di prestito, studio, e lettura. Tuttavia, dopo la sua inaugurazione, sono stati apportati cambiamenti anche significativi sul progetto originale, per cercare di mitigare per quanto possibile alcune disfunzionalità. L’uso quotidiano dei locali ha presto evidenziato che l’edificio non era stato progettato per essere fisicamente adatto ad una biblioteca di pubblica lettura (modello della biblioteca a tre livelli). In particolare, viene a mancare totalmente il settore d’ingresso e la frammentazione degli spazi, seppur suggestiva a livello visivo e concettuale, ren-

CAPITOLO 3

de impossibile collocare i libri (sistemati secondo il DDC, un sistema decimale da 0 a 999) in modo che seguano una sequenza logica consecutiva e ordinata. Questo comporta che spesso sia il bibliotecario a cercare il libro, mentre era previsto che fosse il lettore a farlo attivamente, nella maggior parte dei casi, secondo un modello di biblioteca “a scaffale aperto”. Lo spazio usato come open space, inoltre, toglie spazio ai pavimenti su cui appoggiare gli scaffali e, quindi, manca spazio per i libri, che vengono messi dove è possibile e non dove dovrebbero stare e sarebbe agevole trovarli per gli utenti. Questo comporta sia un notevole inquinamento acustico (che in una biblioteca è ovviamente un problema, specialmente considerando che alla base dell’open space nel progetto originale era stata collocata una ludoteca) sia una notevole dispersione di calore.

Infine, non è stato progettato un deposito collegato agevolmente al settore d’ingresso, altro elemento fondamentale in una biblioteca pubblica organizzata su tre livelli.

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3.5

CAPITOLO 3

Centro culturale Casa Artusi, Forlimpopoli, Italia

PROGETTO N!studio (Susanna Ferrini, Antonello Stella) UBICAZIONE

Forlimpopoli è un comune italiano di 13.987 abitanti della provincia di Forlì-Cesena in Emila Romagna.

Via Andrea Costa 27, Forlimpopoli, FC SUPERFICIE 2.800 mq UTENZA Ragazzi e adulti SERVIZI OFFERTI Biblioteca, scuola di cucina, ristorante, eventi e convegni ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO Lunedì-venerdì 9:00-13:00, 15:00-18:00; sabato 9.30:12.30 ANNO 2002-2007 Casa Artusi è il primo centro culturale incentrato sulla cultura gastronomica e sulla promozione della cucina fatta in casa. Il nome fa riferimento a Pellegrino Artusi, scrittore, gastronomo e critico letterario nato a Forlimpopoli. Il centro è situato all’interno del complesso della Chiesa dei Servi, un antico chiostro dal grande valore storico e architettonico

che conta una superficie di 2.800 mq. Tra le molteplici attività che ospita troviamo spazi per esposizioni permanenti e temporanee, una biblioteca generale e una tematica, un ristorante di cucina fatta in casa, zone per la degustazione di cibi e vini, una sala conferenze e una scuola di cucina. Il nucleo del progetto si sviluppa intorno all’entrata storica, dove 91

CAPITOLO 3

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Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

un piano leggermente inclinato invita i visitatori a percorrere il portico e a dirigersi verso l’ingresso vero e proprio . Il tema centrale del progetto è quello di leggere le varie unità funzionali del complesso storico come un unicum, individuando nella storia di Pellegrino Artusi l’elemento unificante sia da un punto di vista visivo che concettuale. Questa scelta motiva l’inserimento di fa-

sce alternate in vetro e acciaio lungo il pavimento che conferiscono al disegno dello spazio interno un carattere unificante. L’intero progetto prevede l’uso di quattro materiali di riferimento: l’acciaio, il vetro, il policarbonato e la pietra per la pavimentazione, utilizzati con sottili variazioni per esprimere al meglio la storia di Pellegrino Artusi. Il progetto, dunque, si basa, da un punto di vista sia

In basso e nella pagina a fianco: fotografie del cortile interno di Casa Artusi.

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CAPITOLO 3

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In alto: interni della sala cucina.

A sinistra: fotografia dettaglio interno cantina.

Pagina a fianco: disegni tecnici; sezione longitudinale e planimetria.

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CAPITOLO 3

Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

In alto: ristorante.

In alto a destra: galleria con pannelli neri retroilluminati.

Pagina a fianco: interno della biblioteca.

materico che cromatico, sulla scelta di superfici e oggetti in scala di grigio, stemperato dagli effetti liquidi e dai riflessi del cristallo. Il piano orizzontale accoglie i fruitori già dal cortile d’ingresso, conducendoli ai pannelli espositivi situati appena oltre le parti vetrate.

Inoltre, gli inserti a pavimento creano un disegno sulla superficie calpestabile, in cui le lastre in Pietra Forte Fiorentina alternano varie pose. La scelta della pietra vuole rimandare alla solidità di base, al senso di stabilità data dalla presenza fisica del materiale naturale.

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3.6

CAPITOLO 3

Casa de la cultura, Don Benito, Spagna

PROGETTO

Don Benito è un comune spagnolo di 37.048 abitanti situato nella comunità autonoma dell’Estremadura, nella provincia di Badajoz.

Rafael Moneo UBICAZIONE Calle Villanueva angolo con Piazza di Spagna, Don Benito, Badajoz SUPERFICIE 2.100 mq UTENZA Studenti e adulti SERVIZI OFFERTI Biblioteca, auditorium, sala mostre ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO Lunedì-venerdì 10:00-14.00, 16:30-22:00; sabato: 10:00-14:00 ANNO 1991-1997 L’edificio, progettato dall’architetto Rafael Moneo, occupa un posto di rilievo all’interno del tessuto storico della piccola cittadina di Don Benito, trovandosi a ridosso di piazza di Spagna e di fronte alla cattedrale.

Da un punto di vista architettonico potremmo classificare l’opera come appartenente alla corrente spagnola “del romano”. Infatti, come suggeri-

sce Ruiz Cabrero in un volume sull’architettura spagnola contemporanea: “L’architettura classica spagnola è l’architettura del “romano”; il “romano” è uno stile che sembra derivare più da ponti e acquedotti e architetture di ingegneri che dal rivestimento greco”. Questa frase vuole sottolineare il linguaggio estremamente essenziale ed elementare ti99

CAPITOLO 3

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Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

pico di tale stile architettonico, dove gli effetti spettacolari sono dovuti all’uso intelligente di elementi puri e non da forme particolari e contorte. Non si tratta di minimalismo, ma di una tendenza stilistica che elimina tutte le decorazioni o abbellimenti che non siano strettamente necessari. Il progetto segue una pianta rettangolare e si sviluppa su tre piani, a ciascuno dei quali è dedicata una funzione specifica. L’impianto rigoroso e sobrio viene ogni tanto interrotto per dare spazio a degli elementi inaspettati, come la torretta in angolo posta in corrispondenza dell’entrata e in rapporto con il campanile della chiesa, come a ribadire il carattere pubblico dell’edificio. Su uno dei due lati pieni della torretta compare in nero la scritta “Casa de cultura”, perfettamente a contrasto con la facciata bianca e pulita dell’edificio. Un elemento interessante riguarda la serie di lucernari collocati sul tetto. Questi riescono, infatti, a portare la luce naturale anche agli ultimi due piani, permettendo di sfruttare tutta la profondità dell’edificio per

Pagina a fianco: affaccio dell’edificio sulla plaza de España.

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CAPITOLO 3

Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

gli usi desiderati. Per illuminare il museo, sul piano inferiore, viene sfruttata la luce zenitale proveniente da una delle due file di lucernari, la seconda, invece, porta la luce al piano sottostante dove sono presenti le sale lettura della biblioteca. Ciò è reso possibile da dei diffusori di luce lunghi più di sei metri che terminano in una serie di piccole cupole. La cupola è un elemento molto amato dall’architetto, già utilizzato in altri suoi interventi precedenti a questo. All’interno, gli spazi dedicati all’auditorium, alla biblioteca e al museo, sono posti l’uno sull’altro su piani diversi occupando la stessa posizione centrale rispetto al perimetro.

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A sinistra: scorcio del mezzanino e del piano terra.

Pagina a fianco: pianta del primo, secondo e terzo piano e schizzi di progetto.

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CAPITOLO 3

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Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

In alto: museo.

In basso: auditorium.

Pagina a fianco: sala lettura della biblioteca con le cupole che portano la luce naturale dai lucernari posti sul tetto.

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Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

3.7

CAPITOLO 3

Maison de la culture, Saint-Pierre-de-Plesguen

PROGETTO

Saint-Pierre-de-Plesguen è un comune francese di 2.678 abitanti situato nel dipartimento dell’Ille-et-Vilaine nella regione della Bretagna.

Atelier 56S UBICAZIONE 35720 Mesnil-Roc’h, Saint-Pierre-de-Plesguen, Francia SUPERFICIE 350 mq UTENZA Bambini, ragazzi e adulti SERVIZI OFFERTI Biblioteca multimediale, ludoteca ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO Mart.-merc. 11:00-18:00; ven. 10:00-19:00; sab. 10:00-16:00 ANNO 2017 Il progetto di Atelier 56S, studio di architettura e design che ha come fondatori Fanny landeau e José Prieto, prevede la ristrutturazione di una tradizionale abitazione bretone per trasformarla in una casa della cultura, ridefinendo due spazi pubblici e collegandoli tra di loro. Specialmente in un piccolo borgo come SaintPierre-de-Plesguen, pensare

alle strutture pubbliche come spazi di collegamento e aggregazione sociale assume un valore maggiore piuttosto che in una gande città. Questo avviene perché i bar e i caffè tradizionali, storici punti di incontro, non sono più sufficienti a svolgere questo ruolo. L’edificio esistente è formato da un corpo principale e da due elementi secondari 107

CAPITOLO 3

A destra: fotografia di uno degli ingressi esterni.

Pagina a fianco: dettaglio fotografico di una finestra che si affaccia sulla strada.

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Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

su ogni lato, entrambi sviluppati su due piani. L’intervento principale, da un punto di vista architettonico, ha previsto l’apertura della facciata est, in origine totalmente chiusa, per permettere l’osservazione dello spazio interno dall’esterno, come un invito ad entrare nel nuovo spazio pubblico. Le zone di servizio sono riunite nel blocco centrale, in modo da concentrare le quattro funzioni principali nelle ali dell’edificio. Flessibilità, sobrietà e rispetto per l’edificio esistente sintetizzano, quindi, gli obiettivi alla base del progetto. Lo spazio dedicato allo studio e alla consultazione dei libri è stato posto al primo piano, affinché al piano terra si creasse continuità con la piazza centrale. Nell’ala sud al piano terra si ha uno spazio di interazione, con 5 postazioni computer, una delle quali è adattata per persone con mobilità ridotta, udito o ipovedenti e una console di gioco PS4 con cuffie per la realtà virtuale. Sono anche presenti, nella stessa sala, 21 riviste per la consultazione e una zona relax dove è possibile consumare bevande.

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CAPITOLO 3

Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

A destra: disegni tecnici; pianta piano terra, pianta primo piano, sezione trasversale.

Pagina a fianco: internet point, area relax, console gioco realtà aumentata.

Nell’ala nord, uno spazio polivalente ospita conferenze, esposizioni e concerti. Al primo piano la biblioteca è divisa tra una sala lettura per adulti e una ludoteca, pensata per il gioco e per la lettura. Le vecchie pareti in pietra sono visibili all’interno della biblioteca, il pavimento al piano terra è in calcestruzzo e al piano supe110

riore troviamo un parquet in legno di quercia, materiale che conferisce un’atmosfera accogliente perfetto per le aree dedicate alla lettura; il soffitto in fibra è ottimo per l’acustica.

Nel cortile sul retro le piastrelle sono state estratte dall’edificio esistente per comporre uno spazio pubblico tranquillo e al riparo dalla strada.

CAPITOLO 3

In alto: sala lettura.

A destra: scorci di alcuni spazi interni, dettaglio illuminazione.

Pagina a fianco: biblioteca e ludoteca.

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Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

CAPITOLO 3

A destra: ludoteca.

In basso: angolo lettura.

Pagina a fianco: spazio per mostre e allestimenti temporanei.

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Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

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CAPITOLO 3

Casi studio: centri culturali in Italia e all’estero nei piccoli centri urbani

3.8

Analisi comparativa

SERVIZI OFFERTI

I casi studio analizzati sono tutti accomunati dal fatto di essere centri polivalenti. Le funzioni principali condivise da ciascuna delle strutture sono: biblioteca, sala conferenze e spazio espositivo per mostre temporanee o permaneti.

La zona bar è opzionale ma quando è presente diventa motivo principale di aggregazione e socializzazione.

UTENZA MEDIA

I centri culturali presi in analisi sono fruiti da tutte le fasce di età senza particolari restrizioni, con la sola eccezione del centro culturale di Villa Sottanis, pensato in particolare per i più piccoli. Tuttavia, alcune aree e servizi sono utilizzati in prevalenza dai giovani, come la biblioteca e le sale studio, mentre la sala congressi e lo spazio per le mostre da tutta la popolazione.

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ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO

Gli orari di apertura al pubblico variano da centro a centro, ma possiamo constatare che in media sono aperti cinque giorni alla settimana e che spesso rimangono chiusi per la pausa pranzo riaprendo successivamente. L’unica struttura tra quelle analizzate che estende l’apetura anche alle ore serali è la Casa de la Cultura di Don Benito in Spagna che spesso ospita eventi come mostre, conferenze e incontri anche in orari poco convenzionali.

ORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI INTERNI

La maggior parte delle criticità evidenziate nell’analisi dei casi studio sono legate ad aspetti organizzativi degli spazi interni. Nel caso della mediateca civica di Anzola dell’Emilia, per esmpio, la volontà di creare piccoli ambienti intimi e protetti porta ad una frammentazione degli spazi che oltre a creare confusione nell’utente toglie spazio alle scaffalature e alle aree comuni. Inoltre, spesso l’idea di open space che si vuole portare avanti nei progetti compromette l’acustica degli ambienti.

FLESSIBILITÀ

COMUNICAZIONE

Dal punto di vista della comunicazione i centri culturali analizzati sfruttano in maggioranza o siti appositi, come nel caso di Casa Artusi dove si trovano tutte le informazioni utili in un’unica pagina, o si appoggiano ai siti comunali, anche se meno efficaci e immediati da trovare. I centri che utilizzano i social network per diffondere le informazioni utili e gli eventi in programma sono senz’altro i più funzionali.

La flessibilità degli arredi e di conseguenza degli ambienti non è un aspetto particolarmente approfondito nei progetti analizzati in precedenza, spesso molte zone, quando non si svolgono degli eventi, rimangono vuote e inutilizzate.

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Mauro Staccioli, cerchio in cotto per la fornace Poggi Ugo di Impruneta

4 IMPRUNETA Culture materiali del luogo e tradizioni popolari

CAPITOLO 4

Impruneta: culture materiali del luogo e tradizioni popolari

4.1 A destra e nella pagina a fianco: foto aerea di Impruneta risalente al 1930 circa.

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Il paese: cenni storici

Impruneta è un comune della provincia di Firenze che conta poco meno di 15.000 abitanti, si trova a pochi chilometri a sud dalla città sulle prime colline del Chianti, tra il torrente Ema e il fiume Greve. Il comune comprende tre località principali: il capoluogo Impruneta posto nella sella tra due dei rilievi principali, il Monte delle Sante Marie e il Monte Sant’Antonio, Tavarnuzze, sul piano a poche centinaia di metri dal casello autostradale di Firenze Impruneta e Bagnolo, piccolo nucleo intermedio tra i due. La sua storia ha origini molto antiche, come testimoniano tracce di insediamenti etruschi e ritrovamenti archeologici. Inoltre, la posizione geografica, le potenzialità del suolo, ricco di argilla e metalli, e la relativa vicinanza con Firenze, favorirono la nascita di un agglomerato romano. I toponimi indicanti località quali Fabbiolle, Valiano e Quintole rimandano a quell’epoca. Tuttavia, il suo ruolo civile e sociale diviene importante in epoca medievale. Già dopo l’anno Mille, Impruneta sale a capo di una delle settantadue leghe

“L’Impruneta è una Comunanza di dodici piccoli Borghi, situati in pochissima distanza l’uno dall’altro, o per meglio dire, raccolti quasi in un mucchio, sopra alcuni Colli, che sorgono in quella parte del Distretto, o come lo chiamano, Contado Fiorentino, che dal Fiume che lo bagna, prende il nome di Valdigreve; distante da Firenze poco più di sei miglia, andando verso scirocco” Giovan Battista Casotti, Memorie Istoriche, 1714

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CAPITOLO 4

Impruneta: culture materiali del luogo e tradizioni popolari

In basso: Jacques Callot, Fiera dell’Impruneta, 1620, incisione, Parigi, Bibliothéque Nationale, Département des Estampes.

del contado di Firenze. Nel 1415, dotata di uno statuto, era governata dal Podestà e da un Consiglio formato da undici membri. La Lega, divenuta Potesteria del Galluzzo, fu divisa nel 1536 con un’ordinanza di Alessandro de’ Medici in quattro quartieri: Legnaia, Santa Margherita a Montici, Giogoli e Santa Maria all’Impruneta.

Per circa cinque secoli sul territorio ha dominato una delle più influenti famiglie della zona, i Buondelmonti, famiglia che ha giocato un ruolo fon-

damentale anche nella Firenze divisa dalle lotte tra Guelfi e Ghibellini, citata da Dante nella Divina Commedia. Tuttavia, il prestigio e la fama che l’ha contraddistinta nei secoli, ha visto il suo tramonto alla fine del Settecento quando gli unici due eredi maschi vennero a mancare determinando la fine della dinastia. A fine Ottocento la frazione di Impruneta contava circa 6.000 abitanti, la maggior parte dei quali agricoltori o artigiani. Dal 1929 diventa un comune autonomo.

4.2

La produzione del cotto nei secoli

La produzione della terracotta riveste per Impruneta un ruolo estremamente importante. È indubbio che la fama del paese, a livello nazionale e non solo, sia dovuta alla presenza sul territorio di fornaci storiche che hanno legato indissolubilmente l’uomo alla sua terra, diventando elemento primario dell’identità culturale della comunità imprunetina. Le origini delle attività di produzione della terracotta sono molto antiche e hanno portato allo

sviluppo di una vera e propria “civiltà del cotto”. Già in epoca romana imperiale si diffuse la produzione di vari tipi di laterizi, tuttavia, è soprattutto nel XII secolo che vanno ricercate le premesse per l’avvio della lavorazione del cotto. La fortuna e le caratteristiche distintive del materiale si devono sia al territorio, il quale presenta un terreno ricco di un particolare tipo di argilla dalle qualità ottimali, il galestro, che ai numerosi boschi, un tempo fondamentali

In alto: fotografia antica della fornace Agresti risalente ai primi del Novecento.

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CAPITOLO 4

Impruneta: culture materiali del luogo e tradizioni popolari

In alto: orci e vasi tipici realizzati in terracotta.

per l’alimentazione dei forni.

Inoltre, la posizione geografica è da sempre risultata favorevole al paese trovandosi collocato sulla rete viaria di collegamento tra Firenze, Arezzo e Siena. La testimonianza più antica relativa alla realizzazione di mattoni e tegole risale al XI secolo e si verifica in alcune località del Chianti mentre si ha nel 1098 un primo accenno alle attività dei tegolai nell’area imprunetina. Nonostante

ciò, i documenti di quest’epoca sono scarsi e le notizie sono poco sicure almeno sino alla fine del Duecento. In particolare, a partire dal XIV secolo, le testimonianze si fanno più numerose per la presenza degli artigiani del cotto nelle Arti e Corporazioni fiorentine. Ciò dimostra che la produzione si era organizzata in maniera più stabile, come dimostrano l’impiego di manodopera specializzata e uno statuto del

1308 che testimonia che orciolai e mezzinai (coloro che realizzavano le mezzine, ovvero brocche per l’acqua) erano determinati a proteggere e regolare la produzione e la qualità dei loro prodotti. La bellezza dei manufatti imprunetini, col tempo, ha generato una vivace richiesta da parte di committenti fiorentini. Nella seconda metà del Settecento si registrò un incremento delle fornaci e degli artigiani e, per facilitare la circolazione e la vendita dei prodotti, Pietro Leopoldo di Lorena nel 1777 emanò un bando col quale si aboliva la tassa sul commercio della terracotta. Negli anni in cui Firenze fu capitale, la produzione del cotto vide un periodo di grande fortuna, dovuto anche alle trasformazioni urbanistiche in atto nella città. Tornando al periodo rinascimentale, come a molti è noto, le tegole della cupola di Santa Maria del Fiore provengono dalle fornaci imprunetine e si dice che il Brunelleschi ne seguì personalmente il modellamento e la cottura. Sempre nel Quattrocento il cotto del paese fu impiegato in un’altra chiesa

brunelleschiana, Santo Spirito, dove venne utilizzato per la pavimentazione degli interni.

Allo stesso modo, nel Cinquecento, gli artefici della bottega del Vasari progettarono per gli appartamenti granducali di Palazzo Vecchio pavimenti realizzati in cotto imprunetino.

In basso: cupola del Bunelleschi realizzata con tegole provenienti dalle fornaci imprunetine.

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CAPITOLO 4

Impruneta: culture materiali del luogo e tradizioni popolari

4.3 In basso: alcune delle opere in terracotta prodotte dalla storica fornace Ricceri.

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Le fornaci storiche

Come accade per la maggior parte delle pratiche artigiane, l’attività di fornaciaio ha dato vita col tempo a delle vere e proprie dinastie famigliari. È stato anche possibile risalire alla tradizionale tipologia della fornace imprunetina, grazie allo studio dei documenti storici, che è rimasta sostanzialmente invariata fino al giorno d’oggi. Solitamente la fornace sorgeva addossata all’abitazione e presentava una o più logge, utili per far asciugare all’a-

ria aperta i manufatti prima di essere infornati. Era essenziale, inoltre, la presenza di una cava di galestro nelle sue prossimità da cui trarre la materia prima. Quando questa si esauriva le famiglie erano costrette ad abbandonare la casa e a recarsi altrove. Gli Agresti, una delle più antiche famiglie di fornaciai, furono infatti costretti a trasferire la loro attività a seguito dell’esaurimento della cava accanto alla quale avevano inizialmente posto la loro prima fornace. Tramite i dati catastali del 1427, è possibile risalire al numero esatto delle fornaci che erano presenti a Impruneta: se ne contano in totale quattordici. A fine Ottocento, le fabbriche di terracotta erano salite a ventidue. Lo storico fiorentino Guido Carocci, oltre alla sopracitata fornace Agresti, elenca: “quelle dei signori Antonio Vanni, Francesco Vanni, Giovanni Scacciati, Angiolo Ricceri, Giovanni Malevolti e quelle di Fabbri Ferdinando e Figlio”, la maggior parte delle quali sono tutt’oggi attive. Tra le più conosciute è importante ricordare la fornace Cotto REF di proprietà Brunori fondata

nel 1660 dai Ricceri; quella di Ugo Poggi, la cui produzione unisce ai manufatti dalla forma classica una linea dal design moderno; M.I.T.A.L., fondata nel 1967 da Angiolo Mariani; Pesci Giorgio & Figli, tutt’ora a conduzione familiare e che impiega solo pratiche artigianali tramandate; Sergio Ricceri, fornitrice ufficiale del Vaticano per la realizzazione di ornamenti per i giardini; F.lli Masini, che occupa uno degli antichi insediamenti della

famiglia Vanni; Fornace Pesci, nata agli inizi del Novecento la cui terracotta presenta un inconfondibile colore caldo e rosato. L’antichissima fornace Agresti, invece, oggi di proprietà comunale, è stata restaurata in collaborazione con l’Università di Firenze e degli artigiani e industriali del settore, ed è diventata un Museo di arte della terracotta, nonché sede di iniziative promozionali e didattiche sulla tradizione e produzione del cotto.

In alto: museo di arte della terracotta presso la ex fornace Agresti.

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CAPITOLO 4

Impruneta: culture materiali del luogo e tradizioni popolari

4.4 In basso: fotografia della pepita di rame trovata nella località dei Sassi Neri a Impruneta.

Pagina a fianco: immagini relative alla produzione del vino e dell’olio.

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Geologia del luogo: rocce e metalli

Il territorio del comune di Impruneta è costituito, in una larga parte attorno al capoluogo, da un affioramento di rocce ofiolitiche al cui contatto si trova la particolare formazione di argille che hanno reso celebre la locale manifattura del cotto. Le ofioliti sono lembi di crosta oceanica di origine vulcanica portati alla luce con la formazione delle catene montuose, nel nostro caso durante l’orogenesi appenninica iniziata circa venti milioni di anni fa.

Per la loro rarità, le zone con affioramenti ofiolitici spesso sono oggetto di particolare tutela per il loro interesse naturalistico. Un particolare tipo di roccia ofiolitica, la serpentina,

di cui è costituita la zona dei Sassi Neri, è utilizzata anche come materiale lapideo per ornamenti: molte chiese fiorentine presentano i caratteristici ricorsi in roccia scura alternata al marmo. L’abbondanza di metalli ha determinato un’attività di estrazione mineraria, incentrata soprattutto sul rame, che ha probabili radici nell’epoca etrusca. Nel tempo sono state rinvenute pepite di rame scientificamente importanti per abbondanza e dimensione. La più grossa, dal peso di 630 Kg, è stata trovata nel bosco dei Sassi Neri ed è oggi conservata in una teca interrata nella parte superiore della piazza principale.

4.5

Cultura enogastronomica e produttori agricoli

Oltre alle ditte che producono la terracotta, le aziende agricole del territorio caratterizzano in modo significativo la produzione tipica locale. L’olio è una delle risorse più pregiate di Impruneta; la sua produzione colloca il paese al quarto posto tra i comuni produttori nella zona di Firenze, pur non appartenendo propriamente all’area del Chianti classico, da sempre la più rinomata a livello enogastronomico. Data l’importanza della produzione olearia, fin dall’antichità si è sentita l’esigenza di produrre orci e mezzane realizzati appositamente per contenere l’olio. Altro prodotto pregiato è sicuramente il vino: pastoso, fresco, aspro e di breve conservazione. I filari dei vigneti che circondano il paese sono molti, spesso legati alle numerose aziende agricole della zona.

Tra le più conosciute troviamo “Lanciola II”, che apparteneva alla famiglia dei Ricci già dalla fine del XVI secolo. Attualmente l’azienda ha rispristinato la coltura specializzata di viti e olivi e continua a praticare l’apicultura, produzione già in atto dal Seicento.

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CAPITOLO 4

Impruneta: culture materiali del luogo e tradizioni popolari

4.6

In alto: fotografia aerea di piazza Buondelmonti durante la Fiera di San Luca.

132

Festività e tradizioni: San Luca e la Festa dell’Uva

Gli eventi principali legati alla tradizione di Impruneta sono principalmente due: la Fiera di San Luca e la Festa dell’Uva. La prima ha origini antiche e si svolge nel mese di ottobre; i festeggiamenti sono legati alla figura di San Luca evangelista, patrono del paese. Si pensa che la fiera avesse origini contadine e fosse legata al commercio del bestiame e di prodotti della terra quali latte, formaggio e lana. Altri, inve-

ce, pensano che potesse essere letta come fenomeno di espressione religiosa legato al culto della Madonna. Col passare dei secoli sono cambiati gli scopi e le modalità della fiera che si è evoluta in un evento più commerciale. Al giorno d’oggi dura un’intera settimana e ha perso qualsiasi sfumatura religiosa, comprende un mercato fisso con bancarelle di ogni tipo, una fiera dedicata agli animali e un luna park.

La Festa dell’Uva è una tradizione più recente. Nasce nel 1926 per volontà dei proprietari delle principali aziende e fattorie del paese al fine di valorizzare i prodotti tipici locali e festeggiare la fine della vendemmia. Da allora è diventata una manifestazione folcloristica che si svolge ogni anno l’ultima domenica di settembre e consiste in una sfilata di carri allegorici legata a scene di vita agreste e all’uva. Il paese, divi-

so in quattro rioni, Sante Marie, Fornaci, Pallò e Sant’Antonio, si anima portando in piazza uno spettacolo molto sentito dalla popolazione locale che unisce danza e costumi curati nei minimi dettagli, realizzati a mano dagli stessi rionali, così come avviene per l’ideazione dei carri, col tempo sempre più elaborati e tecnologici. Si tratta di una “forma rituale” capace di coinvolgere e riunire l’intera popolazione di Impruneta.

In alto: fotografia della sfilata del 2017, rione Sant’Antonio.

133

5 ANALISI DEL CONTESTO Lo spazio del progetto

2

1 3

4 4

1

La Piazza

2

Il Palazzo Comunale

3

La Basilica

4

I Loggiati del Pellegrino Area di intervento

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CAPITOLO 5

Analisi del contesto: lo spazio del progetto

5.1

La Piazza

“Il centro dell’Impruneta è la vastissima piazza Vittorio Emanuele [oggi piazza Buondelmonti] che nel prospetto principale ha la fronte dell’antica Pieve e da un lato le logge che servono per le fiere. Dagli altri lati la Piazza è cinta di case e di botteghe”.

(E Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, 1845)

Piazza Buondelmonti è il centro del paese e prende il nome dall’omonima famiglia citata nel capitolo precedente. Attorno alla piazza, che appare quasi sproporzionata rispetto alle dimensioni del paese, si struttura l’intero assetto del territorio imprunetino. Qui vi convergono tutte le strade e i vicoli del centro, dove è collocata la maggior parte delle abitazioni. Consultando le piante dei Capitani di Parte Guelfa, si può notare come già dal 1400, periodo in cui viene fortificata l’antica Pieve, la piazza possedesse già la configurazione at-

138

tuale. La sua origine va posta in relazione sia alla grande fiera di bestiame che richiamava persone dall’intera regione, sia alle manifestazioni religiose legate al culto della Vergine Maria, nato con il ritrovamento dell’Immagine della Madonna. Ancora oggi la piazza resta l’elemento centrale del paese ospitando la Festa dell’Uva e la Fiera di San Luca, tradizionali eventi trattati in precedenza, oltre alle tipiche istituzioni e strutture pubbliche quali il Comune, la Biblioteca comunale, la banca, il cinema e vari bar storici.

Foto antica di piazza Buondelmonti.

Foto dell’edif icio del Comune di Impruneta

Analisi del contesto: lo spazio del progetto

5.2

CAPITOLO 5

Il Palazzo Comunale

L’edificio del Palazzo Comunale risale alla fine degli anni Trenta e, grazie al loggiato in facciata che lo contraddistingue, trova coerentemente posto all’interno della piazza.

Dal terrazzo centrale viene comunicato ogni anno il rione vincitore della Festa dell’Uva, motivo per cui tutti i rionali si riuniscono di fronte alla sede comunale in attesa del verdetto come da tradizione. L’edificio si sviluppa su due pia-

ni. Tra i servizi posti al piano terra abbiamo il CED, i Servizi Demografici, la sede dell’URP e la Polizia Municipale. Al primo piano, invece, troviamo la Segreteria del Sindaco, la Ragioneria, l’Organizazione Personale e l’Ufficio Tributi. Altri servizi sono poi dislocati nella sede di Tavarnuzze, tra cui l’Ufficio Affari Legali, il Servizio Socio Educativo, di Edilizia privata e di Urbanistica e tutto ciò che riguarda l’Ambiente.

In basso e nella pagina a fianco: fotografie del Palazzo Comunale.

141

CAPITOLO 5

Analisi del contesto: lo spazio del progetto

5.2 In basso: fotografia della Basilica di Santa Maria all’Impruneta vista dall’esterno.

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La Basilica

La Basilica di Santa Maria all’Impruneta rientra tra i santuari mariani più celebri della Toscana. La sua fama ruota attorno al culto dell’immagine della Vergine e del suo “miracoloso” ritrovamento testimoniato dalla cronaca del pievano Stefano Buondelmonti risalente al XIV secolo e dal prototipo

iconografico del bassorilievo in marmo di un ignoto sculture della metà del Quattrocento, attualmente custodito nel Museo del Tesoro annesso alla basilica. La testimonianza più antica della fondazione della chiesa è una lapide murata accanto alla porta di ingresso che celebra la consacrazione

avvenuta il 3 gennaio 1060 ad opera del cardinale Umberto di Selva Candida e di Papa Niccolò II, vescovo di Firenze. L’impianto della chiesa è quindi romanico, come lo sono la cripta e il campanile. Nel corso del Trecento la chiesa si trasformò in Santuario, pur conservando il ruolo e il titolo di Pieve, grazie alla progressiva diffusione del culto dell’Immagine, portata in processione a Firenze in diverse occasioni (peste, carestie, inondazioni, guerre, trattati di pace). Al fine di ospitare i sempre più numerosi pellegrini che giungevano in paese, vengono costruiti il chiostro grande e gli ambienti della canonica. In periodo rinascimentale, il vescovo Antonio degli Agli fece costruire una cinta muraria con torri angolari in-

torno all’intero complesso e un secondo chiostro. Il portico in facciata, eseguito da Gherardo Silvani nel 1634, fu fatto edificare dalla Compagnia delle Stimmate di San Francesco conseguentemente alla cessazione della peste del 1633. Nel 1717 avvenne la trasformazione più importante, ovvero la ristrutturazione dell’interno della chiesa, a navata unica scandito da quattro altari in pietra serena, sul modello della Santissima Annunziata di Firenze, per opera di Alessandro Saller: soffitto intagliato e dorato, finestre cinquecentesche sostituite con altre in stile barocco, cupole dorate sopra ai tempietti e grandi quadri con ricche cornici dorate. La chiesa, consacrata Basilica minore nel 1925, fu bombardata nel luglio

In alto: fotografia dell’interno della Basilica di Santa Maria all’Impruneta.

143

144

CAPITOLO 5

Analisi del contesto: lo spazio del progetto

In basso: vasi votivi del XVII secolo, sala degli argenti del Museo del Tesoro di Santa Maria all’Impruneta.

In basso a sinistra: Simone Pignoni, Reliquiario di san Sisto, 1614, custodito nella sala degli argenti.

Pagina a fianco: dettaglio della Basilica.

del 1944 durante la Seconda Guerra Mondiale risultandone gravemente danneggiata.

Dunque, si procedette con i restauri che le hanno conferito l’aspetto attuale, caratterizzato da una facciata nella quale spiccano le cinque arcate del loggiato, il campanile romanico e la torretta con l’orologio del XVIII secolo. Nel 1987 na-

sce il Museo del Tesoro situato in un grande salone sopra al portico della facciata che raccoglie capolavori d’arte e preziose donazioni appartenenti alla storia della Basilica. Fra le opere presenti nella raccolta figurano manoscritti miniati, preziosi oggetti di oreficeria, paramenti sacri ed ex voto in terracotta.

Logge del Pellegrino: a sinistra l’area di intervento, a destra la biblioteca comunale.

CAPITOLO 5

Analisi del contesto: lo spazio del progetto

5.3 In basso: foto dell’interno del loggiato prossimo alla chiesa prima della ristrutturazione.

Pagina a fianco in alto: foto storica dei Loggiati.

Pagina a fianco in basso: foto recente.

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I Loggiati del Pellegrino

Uno degli elementi caratterizzanti l’iconografia della piazza sono i Loggiati del pellegrino edificati dall’opera della Pieve nel 1643 e nel 1670. La loro funzione consisteva principalmente nell’ospitare i pellegrini

che giungevano a Impruneta per onorare l’Immagine della Vergine. Ubicati lateralmente rispetto alla facciata della basilica, da un punto di vista architettonico operano per contrappunto assorbendo, grazie

alle zone di ombra che generano, il plein air della piazza. Al contempo, la loro disposizione in piano rende ancora più evidente la particolare pendenza del terreno, inclinato verso la chiesa. Col tempo le funzioni attribuite ai due loggiati sono cambiate. Il Loggiato prossimo alla chiesa, oggetto del progetto di tesi, ha svolto negli anni funzioni legate principalmente alla vita sociale del paese, ospitando mostre temporanee e mercati stagionali.

Nel 2000 il Loggiato viene restaurato con i fondi del Giubileo attraverso il consolidamento ligneo della copertura e la conservazione dell’antica pavimentazione in pietra serena, delle cancellate in ferro e delle lapidi marmoree esterne. Per quanto riguarda il secondo Loggiato, anch’esso ha visto svolgere al suo interno attività di interesse pubblico. Dalla fotografia in alto a destra possiamo dedurre, per esempio, che in passato sia stato sede della cooperativa dei trasporti automobilistici. La funzione attuale gli viene però attribuita nel 1999 quando diviene sede della biblioteca comunale.

149

1

Filarmonica comunale

2

Biblioteca comunale

3

Area di intervento

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1

2

3

CAPITOLO 5

Analisi del contesto: lo spazio del progetto

5.4

In basso: fotografia dello stato attuale dei due Loggiati del pellegrino.

152

La biblioteca

Dal 13 febbraio 1999 la biblioteca comunale di Impruneta ha sede in piazza Buondelmonti nel complesso dei Loggiati del Pellegrino. In particolare si trova collocata nella loggia più lontana rispetto alla Basilica e di fronte al palazzo comunale.

L’edificio è stato sottoposto a un intervento di chiusura delle arcate, dal restauro e dall’allestimento degli spazi interni su due livelli. Vi sono contenuti circa 30.000 volumi, 2.000 multimediali, 25 abbonamenti in corso a riviste, 5 quotidiani e più di 4.600 libri per bambini.

Le sale di lettura, arredate con scaffali predisposti per l’accesso libero, accolgono circa 60 posti a sedere. L’iscrizione alla biblioteca è gratuita e la tessera, necessaria per accedere ai servizi, è personale ed ha validità illimitata per tutte le biblioteche del Sistema Documentario Integrato dell’Area Fiorentina. Il patrimonio della biblioteca, liberamente consultabile a scaffale aperto, è suddiviso in diverse categorie che vanno dalla narrativa alla letteratura, a contenuti multimediali come film, documentari e CD.

153

CAPITOLO 5

In alto: fotografia della sala principale.

In basso: fotografia della sala lettura.

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Analisi del contesto: lo spazio del progetto

La biblioteca

Banco informazioni

Sala studio / conferenze

WC

SEDE FILARMONICA COMUNALE WC

PIANTA PIANO TERRA

Emeroteca

Punto Internet

Appena si entra è presente un’area con delle poltrone, dei distributori di cibo e bevande e degli scaffali con alcune riviste. Nella sala adiacente troviamo il banco per effettuare prestiti e ricevere consulenza bibliografica. Ci sono poi due postazioni pc per gli utenti, la

Sala di ingresso

Ludoteca

prima mezzora di navigazione è gratuita. Accanto sono esposti quotidiani e riviste ed è possibile consultarli liberamente.

Nella stessa stanza sono presenti postazioni per leggere e studiare. La sala studio è talvolta adibita a sala conferenze per incontri o presentazioni.

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156

La biblioteca

Uffici

WC

PIANTA PRIMO PIANO

Ballatoio

L’accesso al piano superiore è consentito solo ai bibliotecari e altri dipendenti. Sono presenti principalmente degli uffici e scaffali dedicati all’archivio di libri e documenti, in maggioranza storici. Un elemento caratterizzante della biblioteca è il ballatoio; esso percorre

due pareti del perimetro della sala principale e presenta delle librerie a tutta altezza dove sono archiviati altri libri. È collegato al piano terra tramite una scala a chiocciola in legno.

Tuttavia, è possibile accedervi anche tramite la scala principale che porta agli uffici.

Pagina a fianco: fotografia scattata dal ballatoio della sala principale.

157

RENDER

6 IL PROGETTO Un centro culturale a Impruneta

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.1

Pagina a fianco: fotografia del Loggiato del Pellegrino prima del restauro.

160

Area di intervento

L’area di intervento, sede del progetto di tesi, è il Loggiato del Pellegrino di sinistra, quello più vicino alla Basilica di Santa Maria. Come è stato illustrato nel capitolo precedente, esso ha svolto negli anni diverse funzioni, legate principalmente alla vita sociale del paese. Ha ospitato, infatti, mostre temporanee e mercati stagionali. La ristrutturazione del 2000 ha portato al consolidamento ligneo della copertura, oltre che al restauro dell’antica pavimentazione in pietra serena e delle lapidi marmoree sulla facciata esterna. Aperto soltanto in occasione degli sporadici eventi e manifestazioni cittadine, per la restante parte del tempo i suoi cancelli rimangono chusi, rendendolo uno spazio fruibile solo in determinati momenti.

Al suo interno si accede dalle due entrate principali, poste in corrispondenza di piazza Buondelmonti. Una terza entrata, collocata sul lato corto dell’edificio, funge da uscita secondaria o di emergenza, ma la presenza di uno scalino impedisce il transito alle persone disabili, dunque, rimane chiusa.

161

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.2

Stato dell’edificio prima del restauro

B

A

A’

VIA DELLE FONTI

B’

PIAZZA BUONDELMONTI

PLANIMETRIA

Pagina a fianco: fotografie di un mercato dell’artigianato svolto all’interno del Loggiato..

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Dalla planimetria e dalle sezioni che si trovano nelle pagine successive, si può notare la forma irregolare dell’edificio. Anche la pavimentazione è priva di regolarità; essa risulta, infatti, in gran parte in pendenza. I cinque pilastri centrali dividono lo spazio interno in due na-

vate principali, suddivise a loro volta in sei campate. Lo spazio interno vinene illuminato grazie a dei faretti incassati in alto, vicini alle travi di legno, in corrispondenza dei pilastri. Tuttavia, le otto aperture, sei lognitudinali e sei trasversali, fanno entrare molta luce naturale.

163

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

PROSPETTO FRONTALE

SEZIONE AA’

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Stato dell’edificio prima del restauro

A sinistra e nella pagina a fianco: disegni tecnici esplicativi del Loggiato prima dei lavori attuali.

PROSPETTO LATERALE

SEZIONE BB’

165

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.3

In basso: fotografia dello stato attuale dell’edificio.

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Stato attuale

I lavori in atto volti alla riqualificazione del Loggiato di sinistra prevedono il suo recupero, chiusura e climatizzazione. Le otto arcate verranno chiuse con serramenti vetrati, come è stato fatto in precedenza per l’edificio gemello che ospita attualmente la biblioteca. Saranno poi installati gli impianti di riscaldamento e quelli elettrici, oltre alla realizzazione dei

necessari spazi di servizio (tre servizi igienici, un piccolo locale a servizio del catering, una reception ed i locali tecnici per gli impianti). Questi ultimi troveranno spazio in un volume edificato a doppio livello, da collocare all’interno della prima campata dell’edificio.

Un altro intervento riguarda la coibentazione e impermeabilizzazione della copertura

Fotografie attuali del Loggiato durante i lavori.

esistente, in modo da migliorare il comportamento passivo dell’edificio. Verranno effettuati anche interventi di parziale smontaggio e successiva ricollocazione di alcune lastre di pietra serena della pavimentazione (risalenti ai primi del Novecento e restaurate nel 1999), al fine di facilitare il transito impiantistico e la realizzazione delle strutture di fondazione dei nuovi volumi. Infine, sono previsti interventi minimi di pulitura, restauro e ritinteggio delle superfici lignee, lapidee e ad intonaco. Il nuovo volume è articolato in due ambiti distinti, collegati da una scala e passerella a giorno, che consentono di raggiungere il livello dei locali tecnici.

167

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.4

Analisi critica dello spazio attuale

WC

Deposito

Spazio per mostre e conferenze

Info point

Il nuovo volume, che occupa l’intera prima campata e ospita gli spazi tecnici e di servizio, è articolato in due ambiti distinti, collegati tra loro da una scala e passerella a giorno che consentono di raggiungere il piano superiore a quota +3,16.

I due blocchi si inseriscono 168

PIANTA PIANO TERRA

nell’edificio senza interferire con gli elementi architettonici originari (pilastro, lesena, arco).

Per entrare all’interno dell’edificio sono confermate le tre aperture originarie, due delle quali consentono l’accesso anche a persone disabili. L’ingresso principale è previsto in cor-

Locale UTA

Locale caldaia

rispondenza della nuova hall, dove si trova il punto informazioni. Accanto c’è un deposito attrezzato per eventuali servizi di catering. Nel secondo volume si trovano i servizi igienici, tre in totale, realizzati secondo la normativa vigente. Al primo piano, invece, sono collocatoi

Magazzino

PIANTA PRIMO PIANO

un magazzino e i locali tecnici per gli impianti di riscaldamento e di trattamento dell’aria (locale UTA). Nelle campate restanti del loggiato è previsto un open space a tutta altezza sfruttabile per mostre temporanee, incontri e piccoli convegni, e per feste ed eventi.

169

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.5

Concept e filosofia di progetto

Il progetto del nuovo centro culturale a Impruneta si pone l’obiettivo di creare un luogo dedicato alla cultura e all’incontro, unendo, anche se non fisicamente, i due Loggiati del Pellegrino: quello di destra, sede della biblioteca comunale, e quello di sinistra, ogget-

170

to di tesi al cui interno sono disposte nuove funzioni. Essi reppresentno rispettivamente una cultura più antica e accademica, legata all’ambito bibliotecario, e una più moderna, legata all’incontro e alla socialità, dunque, più relazionale.

L’intervento parte dal progetto

inziato dal Comune, mantendo i nuovi volumi costruiti e le funzioni previste in quanto necessarie all’interno del paese.

Da un punto di vista archiettonico, sfruttando l’aletezza considerevole dell’edificio per aumentare la superficie disponibile, la passerella che collega

i due nuovi volumi a quota 3,16m ha permesso la creazione di un solaio di 168mq che ospita una sala studio, pensata come ampliamento della biblioteca, con tavoli modulari per permettere una maggiore flessibilità e libertà di utilizzo dello spazio a disposizione.

Prospetto frontale renderizzato: a sinistra il loggiato oggetto di tesi, a destra la biblioteca comunale.

171

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

Il concept alla base del progetto ha le sue radici nella volontà di dare forma a degli ambienti flessibili e polivalenti che rendano il nuovo centro culturale fruibile sempre, senza che si creino zone morte e non sfruttate. Un luogo giovanile e di interazione che al contempo preservi e renda evidente la forte identità legata alle tradizioni che animano il paese.

Lo scopo è quello di rendere la

172

struttura un elemento rappresentativo per l’intera comunità, in quanto legato ad attività sociali e ricreative. Dovrà essere un punto di riferimento per i turisti e per coloro che hanno bisogno di ricevere informazioni circa le attività e gli eventi in programma. Un luogo dove potersi rilassare e passare del tempo, dove ascoltare ed educarsi tramite convegni e incontri, cineforum e conferenze.

Concept e filosofia di progetto

Prospetto laterale renderizzato

173

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

CAPITOLO 6

6.6 Pagina a fianco: viste del Loggiato in assonometria isometrica; Figura 1: Loggiato prima del restauro.

Figura 2: intervento del comune, stato attuale.

Figura 3: intervento progettuale oggetto di tesi.

In basso: schizzo esplicativo in prospettiva del Loggiato.

Intervento progettuale

L’intervento progettuale parte da una spazialità già data che coincide con lo stato attuale. Ai nuovi volumi ora in costruzione, visibili in figura 2, è stato aggiunto un solaio con parapetto in vetro prolungando la passerella che collega i due blocchi per permettere il passaggio dall’uno all’altro.

A partire dal secondo pilastro di sinistra il solaio si allarga per ottenere una superficie

Scala ovest

Info point 174

Bancone bar

maggiore sfruttabile ai fini del progetto inserendo altre funzioni utili. È possibile giungere al primo priano tramite due scalinate, una situata a ovest a ridosso del muro e un’altra posizionata nella penultima campata in corrispondeza di una delle due entrate. Inoltre, è presente un ascensore per permettere anche alle persone disabili di fruire dello spazio e dei servizi che ospita.

Scala est

Ascensore

Parapetto

Ballatoio

Loggiato prima del restauro

1

Intervento del comune stato attuale

2

Intervento progettuale oggetto di tesi

3

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.7

Gli ambienti

WC

Deposito

Sala conferenze

Info point

Bar

Esposizione permanente

Spazio mostre temporanee

PIANTA PIANO TERRA

Al piano terra rimangono invariate le funzioni previste all’interno dei nuovi volumi: l’info point, il deposito e i servizi igienici.

Nella terza campata, tra due pilastri, è presente una zona 176

bar, mentre il resto dell’edificio si configura come uno spazio open space con aree dedicate a conferenze, a mostre temporanee e ad una permanente sulle culture materiali del luogo.

Internet point

Locale UTA

Locale caldaia

Magazzino

Zone ascolto musica

Ampliamento biblioteca / sala lettura PIANTA PRIMO PIANO

Il primo piano, invece, è pensato come ampliamento della biblioteca adiacente, con una sala lettura, delle postazioni computer con accesso ad internet e due zone per l’ascolto di musica tra-

mite l’utilizzo di cuffie Bluetooth.

All’interno dei volumi di sinistra vengono mantenuti i locali di servizio dedicati all’impianto di riscaldamento e di aerazione, previsti nel progetto del comune.

177

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.8

Materiali utilizzati

Parapetto: VETRO TEMPERATO

Infissi finestre: METALLO VERNICIATO

Muri interni e colonne: KERAKOLL WR01

Elementi decorativi o strutturali: METALLO VERNICIATO EFFETTO RAME

178

Ripiani tavoli: LEGNO DI FAGGIO

Piano terra e gradini: PIETRA SERENA

Primo piano: PARQUET DI ROVERE

Pavimento

Infissi e parapetto

Pareti

Paralumi lampade: TERRACOTTA

Piani banconi: SERPENTINO

Arredi

179

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

CAPITOLO 6

6.9

Pianta piano terra

A destra: planimetria renderizzata del piano terra.

A

ENTRATA PRINCIPALE

180

B

USCITA DI EMERGENZA

A’

B’

ENTRATA SECONDARIA

0

1

2

3

4

5

m

181

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.10

A destra: planimetria renderizzata del primo piano.

182

Pianta primo piano

0

1

2

3

4

5

m

183

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.11

Sezione longitudinale AA’

Dalla sezione longitudinale raffigurata in alto si possono individuare gli elementi strutturali, costituiti dalle sei arcate, il solaio e la passerella, collegate al piano sottostante dall’a-

184

scensore e dalle due scalinate, il bar, separato dalla sala conferenze da una finestra a vetri e l’esposizione permanente collocata nell’ultima campata.

In evidenza vediamo anche il

bancone del piano superiore che si affaccia sul piano terra, caratterizzato da forme curvilinee che vanno a creare contrasto con le geometrie regolari degli elementi stutturali

e riprendendo le curve degli archi. L’illuminazione è data dalle lampade a sospensione posizionate sul bancone e dalle applique poste in corrispondenza dei cinque pilastri.

0

1

2

3

4

5

m

185

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.12

Sezione trasversale BB’

Dalla sezione trasversale possiamo notare come il solaio, unico elemento architettonico che è stato aggiunto rispetto al progetto del comune, si estenda esattamente della lunghezza che va da un estremo all’altro dei nuovi volumi. Al piano terra troviamo il punto informazioni, collocato all’interno del blocco di sinistra, la sala conferenze, posizionata nella navata destra, e la porta di accesso ai servizi

186

igienici. Il proiettore, fissato al solaio, permette di proiettare direttamente sul muro bianco del volume di destra. La zona bar si trova al centro e si affaccia sia sulla navata di sinistra che su quella di destra, dalla quale, tuttavia, è separata all’occorenza da una finestra a vetri.

Al primo piano vediamo alcuni tavoli modulari situati nella sala lettura e il punto internet con le rispettive postazioni computer.

0

1

2

3

4

5

m

187

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.13

LAMIERA EFFETTO RAME

SERPENTINO 188

Ingresso e punto informazioni

Non appena si entra all’interno del centro culturale, tramite l’ingresso principale, ci troviamo davanti al punto informazioni, dove gli utenti possono facilmente chiedere informazioni riguardanti Impruneta e gli eventi in programma. L’info point si configura tramite un’apertura all’interno del volume in muratura ed è caratterizzato da un doppio piano per facilitare la comunicazione con gli operatori alle persone disabili. Il bancone è costituito da una lamiera metallica ramata che corre sulla parte in muratura

e che a livello strutturale fa da appoggio al piano superiore. Il rame è un metallo che per anni è stato estratto nei dintorni di Impruneta e risalente ad epoca etrusca, tuttavia, poiché richiede molta manutenzione e tende ad ossidarsi si è scelto di utilizzare un metallo verniciato effetto rame per mantenere comunque la tipica colorazione. Il piano vero e proprio è realizzato in serpentino, una pietra ofiolitica ornamentale e da costruzione utilizzata in edilizia e in arredamento di cui è ricca la zona dei Sassi Neri a Impruneta.

Sopra: vista renderizzata del punto informazioni e della porta di ingresso principale.

Pagina a fianco: vista renderizzata di dettaglio del banco del punto informazioni con materiali.

189

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.14

Comunicazione: segnaletica interna

Al fine di rendere gli ambienti del centro culturale identificabili e immediatamente raggiungibili sono state realizzate delle icone, ciascuna delle quali corrisponde ad una delle aree. I disegni sono realizzati tramite forme semplici ed essenziali che riprendono le geometrie del logo e gli elementi strutturali dell’edificio. Il semicerchio vuole rimandare, infatti, alle

190

arcate che contraddistinguono lo spazio. A ciascuna icona, iscritta in un cerchio, è stato poi associato un colore, non casuale, bensì motivato dall’analisi cromatica illustrata nelle pagine successive (vedi pag. 202).

I colori, dunque, sono rappresentativi di Impruneta e rispecchiano la sua identità. Le otto icone sono stampate su delle targhe di vetro temperato tra-

mite serigrafia, e sono collocate in corrispondenza delle due entrate principali. Al piano superiore, invece, sono stampate sempre con la stessa lavorazione direttamente sul parapetto di vetro che corre su tutto il perimetro del solaio. I simboli non solo contribuiscono ad una lettura piĂš immediata dello spazio, ma lo rendono anche piĂš informale e giovanile.

In alto: serigrafia su vetro della segnaletica interna..

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

Zona bar

4560

6.15

4560

20

A destra: prospetto e pianta del bancone bar con materiali.

PROSPETTO 600

1260

1000

900

400

1200 600

2400

600

400

4560

PIANTA

192

All’interno del centro culturale è presente una zona bar, costituita da un bancone posizionato tra due dei pilastri centrali, andando quasi a diventare un elemento architettonico. Vi

si può accedere da entrambi i lati, tuttavia, se nella sala adiacente è in corso un evento, si possono chiudere le finestre scorrevoli per isolare l’area pur lasciando l’idea di open space.

Sopra: vista renderizzata del punto informazioni e della porta di ingresso principale.

CAPITOLO 6

194

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

A sinistra: prospetti e piante esplicative.

Pagina a fianco: render.

PROSPETTO CON TAVOLI SOLLEVATI

PIANTA CON TAVOLI SOLLEVATI

PROSPETTO CON TAVOLI SOLLEVATI

PROSPETTO E PIANTA TAVOLI CHIUSI 195

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.16

Sala mostre temporanee

Lo spazio dedicato alle espoizioni temporanee è collocato nella prima navata dell’edificio, vicino all’entrata secondaria.

Questo si presta a più utilizzi poiché gli elementi esposti sono legati attraverso dei cavi a dei binari fissati sul solaio del piano superiore. Ciò permette libertà sia nell’esposizione, dal momento che il filo può scorrere all’interno del binario ed

A destra: piante esplicative con disposizione dei binari e possibili percorsi.

ESEMPI DI PERCORSO

196

essere spostato in più punti, che negli spostamenti all’interno della mostra. L’utente è così portato a camminare intorno agli elementi esposti, anche nel caso di una mostra fotografica che convenzionalmente è organizzata diversamente. In questo si contrasta la staticità tipica delle mostre dando vita ad un ambiente ludico e interessante anche per i più piccoli.

A sinistra: dettaglio del funzionamento del binario a soffitto.

In alto: render della sala mostre temporanee priva di esposizioni.

1

2 SEQUENZA DI FISSAGGIO

197

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

MOSTRA FOTOGRAFICA

MOSTRA PANNELLI FOREX

MOSTRA SCULTURE 198

A sinistra e nella pagina a fianco: sezioni esplicative di tre diversi esempi di mostra temporanea.

199

Filo di nylon

ForexÂŽ 3 mm 35x25

Tubolare metallico a sezione circolare effetto rame

In alto: fronte e retro di una delle fotografie esposte con i materiali utilizzati.

200

Vista renderizzata della sala allestita per una mostra fotografica.

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

CAPITOLO 6

6.17

IdentitĂ cromatica

16-4411 TCX Tourmaline

17-4405 TCX Monument

17-1818 TCX Red violet

202

17-0230 TCX Forest Green

15-0850 TCX Ceylon Yellow

18-1248 TCX Terracotta

11-4800 TCX Blanc de Blanc

203

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.18

Esposizione permanente - area locale

L’area espositiva è suddivisa in quattro sezioni associate a quattro colori diversi: fiera di San Luca, aziende agricole, fornace Agresti e Festa dell’Uva

204

All’interno dello spazio è presente un’area dedicata esclusivamente alla produzione locale e alle tradizioni imprunetine. Qui sono esposte le culture materiali del luogo, come la pepita di rame (foto a pag. 130) collocata in una teca di vetro posizionata di fronte a una delle ampie finestre così da poter essere vista anche dall’esterno. È poi presente una parete modulare for-

mata da quattro cubi di diverse profondità alternati con delle mensole in vetro, fissate alla parete tramite un binario che ne permette lo spostamento. Qui possono essere esposti oggetti artigianali o prodotti tipici delle aziende agricole. Tre videowall interattivi lasciano all’utente la libertà di cercare informazioni utili creando un binomio tra digitale e materiale.

325

Sopra: modulo base quotato e dettaglio del binario a parete.

Pagina a fianco: render.

325

32 0

160

80

10

205

CAPITOLO 6

Videowall touch interattivi

In alto: prospetto e pianta dell’esposizione permanente.

Pagina a fianco: render.

206

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.19

Sala eventi / conferenze

La sala dedicata a eventi ed incontri è collocata nella seconda navata dell’edificio. Lo spazio, flessibile, è caratterizzato da sedute pieghevoli fa-

cilmente riponibili da poter disporre nella sala a sconda degli eventi in programma. Questi possono essere presentazioni, corsi di diverso tipo e concerti.

CONFERENZA

CORSO DI PITTURA

A destra: esempi di funzioni assolte in pianta.

Pagina a fianco: render.

CONCERTO 208

La sala che ospita eventi e conferenze è dotata di un proiettore, installato sul soffitto del solaio, e di sedute pieghevoli appese al muro della stanza messe a disposizione degli utenti.

209

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

A destra: prospetti e piante esplicative del sistema di apertura e chiusura dei pannelli divisori utili ad isolare acusticamente la sala conerenze.

PROSPETTI PORTE APERTE E CHIUSE

SEQUENZA DI CHIUSURA IN PIANTA

210

90

°

A sinistra: disegni esplicativi sistema di chiusura a soffietto.

In basso: render.

211

Render della sala conferenze durante una presentazione.

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.20 In basso: esempi di disposizioni dei tavoli in pianta.

Pagina a fianco: render.

Primo piano

Il primo piano, costituito da un solaio protetto da un vetro che corre su tutto il perimetro, è stato concepito come ampliamento della biblioteca.

ESEMPI DI DISPOSIZIONI 214

215

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.21 Pagina a fianco: immagine di reference da cui è scaturito il concept del progetto.

In basso: disegni e schemi esplicativi.

Concept tavoli modulari e sedute

Il concept dei tavoli e delle sedute situate all’interno dello spazio è scaturito da un mattone forato in cotto a scopo decorativo, solitamente utilizzato per recinzioni e muretti.

Tale ispirazione ha permesso di estrapolare dalla forma bidimensionale del laterizio

i due moduli principali: il cerchio, utilizzato per le sedute e un poligono irregolare, che sarà legato alla forma del tavolo. Accostando i vari moduli si può notare come la forma si presti bene a generare diverse composizioni, alcune delle quali sono illustrate in basso

MODULO 1 sedute

MODULO 2 tavoli

ESEMPI DI DISPOSIZIONI IN PIANTA

216

tramite dei disegni esplicativi.

Dunque, a seconda delle esigenze di ciascun utente, il tavolo può essere preso o singolarmente, se si vuole studiare o leggere individualmente, o unendolo ad uno o piÚ tavoli per lavorare in gruppi piÚ o meno numerosi.

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

450

20 415

A destra: disegni tecnici quotati. In alto: vista superiore. Al centro: vista frontale. In basso: vista inferiore. A destra: vista laterale.

Pagina a fianco: viste renderizzate esplicative con materiali.

O 5

22 15 40 230 25 760 460

85

218

280

85

180

260

10

Sequenza di apertura

Binario per chiusura

LEGNO DI FAGGIO

METALLO EFFETTO RAME 219

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

1000

O 500

2 50

A destra: disegni tecnici quotati. In alto: vista superiore. Al centro: vista laterale. In basso: vista inferiore.

1000 500

O 7 12 23 720

697 127 746

O 127

4

10

220

I tavoli modulari collocati al primo piano rispondono all’esigenza di creare uno spazio flessibile al servizio degli utenti, permettendo piena libertà nell’utilizzo e fruizione degli ambienti. Il piano è realizzato in legno di faggio, mentre la parte strutturale che lo sostiene e che comprende le gambe è fatta in metallo effetto rame, materiale che si ricollega alla tradizione imprunetina. Sotto alle gambe del tavolo sono presenti dei cuscinetti di gomma.

FAGGIO

METALLO EFFETTO RAME

A sinistra e in alto: render con materiali utilizzati.

221

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

CAPITOLO 6

850

600 250

Bancone multifunzionale

350 500

6.22

1900

610 20 1000 20 610

5010

3050

700 20 650

14000

720

420 300

250 470

VISTA SUPERIORE

4100

5010

5010

5010

VISTA FRONTALE

In alto: disegni tecnici quotati.

222

Uno degli elementi caratterizzanti del primo piano è certamente il bancone polifunzionale che si affaccia sul piano terra, la cui posizione strategica permette anche di intravedere la piazza principale. La parte strutturale è realizzata in lamiera metallica effetto rame ed è rivestita da assi di legno di faggio curvato. Questa tocca terra in quattro punti diversi per garantire stabilità e non flettersi. In due punti sono presenti dei tagli antiscivolo.

3042

3042 3042

3042

3042

3042

FAGGIO CURVATO

LAMIERA EFFETTO RAME

TAGLI ANTISCIVOLO

In alto: vista isometrica del bancone con materiali utilizzati.

223

Render del bancone che si affaccia sulle finestre che danno sulla piazza.

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.23

A destra e nella pagina a fianco: render dell’internet point.

226

Internet point

227

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.24

Zona ascolto musica

470

A destra e in basso: prospetti quotati esplicativi.

2000

In corrispondenza dei due pilastri a cavallo tra l’ascensore e la scalinata principale sono posizionate due panche in lamiera effetto rame rivestite con un cuscino imbottito e delle cuffie Bluetooth a disposizione dei visitatori per ascoltare musica o podcast. Gli utenti possono liberamente utilizzarle anche in altre zone del centro collegandole al loro smartphone.

228

450

229

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.25

Illuminazione 140

170

A destra: disegni tecnici quotati - In alto: vista superiore. Al centro: vista frontale. A destra: vista laterale. In basso: vista inferiore.

60

30

180

240

140 70

10 120 10 30

Per illuminare gli interni è stata pensata una lampada a muro con un fascio di luce diretto e puntiforme. Le applique sono collocate in posizioni strategiche all’interno dello spazio sfruttando i pilastri centrali e quelli laterali. Il paralume della lampada è realizzato in 230

cotto, materiale tipicamente imprunetino, incamiciato con un metallo bianco riflettente poiché il cotto di per sè tende ad assorbire la luce. Il corpo superiore è realizzato in metallo cromato effetto rame, ed è fissato alla partete tramite un elemento verticale.

APPLIQUE CON EMISSIONE DAL BASSO

METALLO EFFETTO RAME

TERRACOTTA

APPLIQUE A DOPPIA EMISSIONE

Corpo superiore Elemento per fissaggio a muro

Paralume incamiciato con metallo riflettente

luce LED 20W fascio puntiforme Parabola in alluminio

Vetro temperato

ESPLOSO 231

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

Attacco 60

A destra: esploso e disegni tecnici quotati - In alto: vista superiore. Al centro: vista frontale. In basso: vista inferiore.

Pagina a fianco: viste renderizzate con materiali utilizzati.

20 20 60

Corpo superiore

240

Paralume incamiciato con metallo riflettente

300

x

Cavo 5-3 m

Luce LED 20W fascio puntiforme 10 40 10

232

Parabola in alluminio Vetro temperato

Le lampade a sospensione, collocate sopra al bancone situato al primo piano, sono realizzate in cotto, materiale che si ricollega alla tradizione imprunetina, incamiciato con un metallo riflettente per meglio diffondere il fascio di luce, e in metallo effetto rame, altro elemento caratteristico del luogo.

La forma cilindrica, semplice ed essenziale, si inserisce all’interno dello spazio contrastando con le forme squadrate degli elementi architettonici.

METALLO EFFETTO RAME

TERRACOTTA

METALLO RIFLETTENTE

233

CAPITOLO 6

Il progetto: un centro culturale a Impruneta

6.26

Comunicazione: logo e tessera

CENTRO CULTURALE

IMPRUNETA

In alto: logo a colori con costruzione e in basso in scala di grigio.

234

Il logo del centro culturale di Impruneta è caratterizzato da forme geometriche semplici ed essenziali che rimandano alle iniziali del nome. Le “c”, rappresentate da due semicerchi sovrapposti, ricordano le arcate del loggiato, mentre la “i”, dalla forma rettangolare, rimanda ai pilastri. I quattro colori utilizzati sono stati scelti e selezionati dall’analisi sull’i-

dentità cromatica a pagina 202. L’arancione vuole rimandare al colore del cotto, materiale tipico imprunetino; le due tonalità di grigio alla pietra serena e ai sanpietrini caratteristici della piazza, mentre il viola rappresenta il colore dell’uva e si ricollega alla tradizionale festività rionale del paese. Il font utilizzato per la scritta è Montserrat nella variante Semibold.

A sinistra: facsimile della tessera, in alto il fronte, in basso il retro con numero carta, firma e contatti.

235

Render notturno dell’edificio con illuminazione e banner.

BIBLIOGRAFIA

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http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-citta-la-comunita-gli-spazi-pubblici/

241