Packaging & Design | Special Edition

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SUPPLEMENTO DI OOF INTERNATIONAL MAGAZINE N. 13

MARZO 2022

CHEMISERVICE srl Via Vecchia Ospedale, str. priv. 11 70043, Monopoli (BA) | Italia Tel +39 080 742 777

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S P E C I A L

E D I T I O N

PACKAGING & DESIGN

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Redazione Editorial office Via Giovanni Rasori 9 - 20145 Milano - Italia Milan - Italy Direttore Editor-in-chief Luigi Caricato Art Buyer Maria Carla Squeo Graphic designer Fabio Berrettini Olio Officina Magazine, testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano, n. 326 del 18 ottobre 2013 Olio Officina Magazine, registered at Milan Court under no. 326 on 18th October 2013 - redazione@olioofficina.it - www.olioofficina.it

EDITORIALE

forme future di Luigi Caricato

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mmaginare quel che ancora non c’è è l’obiettivo di quanti vogliano andare oltre il consueto. Fino a non molto tempo fa le bottiglie d’olio presenti sugli scaffali dei punti vendita lasciavano molto a desiderare. Si limitavano a svolgere la funzione cui erano preposte: contenere l’olio, consentendone il trasporto e il successivo impiego in cucina. Non c’era altro scopo se non quello più elementare, legato alla stretta praticità e funzionalità d’uso: si apre la bottiglia e si versa l’olio. Non esistevano idee e nemmeno soluzioni alternative. L’olio ricavato dalle olive, seppure godesse di un passato commercialmente nobilissimo, era relegato a qualcosa di indistinto e anonimo. Una massa grassa e nulla più. Fino a non molto tempo fa i consumi erano limitati alle aree di produzione e dominava l’autoconsumo e la vendita del prodotto sfuso. Non c’era alcuna cura e attenzione, né verso il prodotto né per l’abbigliaggio. Il modo di presentarlo sul mercato avveniva senza alcuna progettualità, salvo rare eccezioni. Infatti per decenni a segue a pagina 03



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forme future dominare la scena sono state le bottiglie da un litro, destinate ai consumi domestici o professionali. Altri formati erano quelli da 3 o 5 litri, o volumi maggiori per le cucine di ristoranti e mense collettive. Poi, a seguito di una grande crisi, con la terribile gelata del 1985, che distrusse moltissimi oliveti, soprattutto in Toscana, si ebbe, come per un istintivo moto di sopravvivenza, la grande svolta. L’attenzione verso questa straordinaria materia prima, che ben meritava di essere presentata diversamente dal solito, ha contribuito a una lenta e progressiva e inarrestabile riconsiderazione del prodotto, non più merce indistinta ma qualcosa di esclusivo, speciale e unico. Il nuovo impulso che ha portato a una riconsiderazione dell’olio si registrò dapprima in Italia e in seguito nel resto del mondo. Crebbe così, di anno in anno, l’attenzione per l’olio extra vergine di oliva, in un’ottica inedita. Tutto ciò ha portato a scelte di design meditate che hanno creato le basi per una nuova visione di prodotto. La svolta avvenne a opera di un progetto culturale nato sotto l’impulso della famiglia Frescobaldi, con la

fondazione nel 1988 del consorzio Laudemio in Toscana, accolto da diverse imprese di territorio a partire da un severo disciplinare di produzione cui sottostare. Con questa voce mutuata da una tradizione del periodo feudale, Laudemio, si indicava la parte migliore del raccolto destinata al Signore cui appartenevano i possedimenti. A partire da questo nome, per rilanciare un alimento così nobile e unico si concepì una bottiglia speciale, evidenziando tutto quel valore che non meritava certo di essere confinato nell’anonimato. La bottiglia, è ormai iconica ed è entrata di diritto nella storia, segnando una rivoluzione culturale sin dal formato, di 500 ml, con cui si presentava. Elegante e austera, a sezione ottagonale, dal design retrò ispirato alle bottiglie di profumo francesi, si presenta ancora oggi immutata, in vetro trasparente in modo da esaltare colore e riflessi dell’olio, e astuccio in cartone a protezione del prodotto dai rischi invasivi della luce. Da questa storica svolta in avanti, il grande salto è avvenuto solo di recente e le nove edizioni del contest Le Forme dell’Olio, in seguito esteso anche agli aceti, testimoniano un cambio di passo, dimostrando che un nuovo modo di concepire l’olio estratto dalle olive è ancora possibile. Oggi più che ieri, si deve pensare a progetti di design che vadano oltre il prevedibile, perché si è sempre chiamati a nuove sfide, in vista di forme future che valorizzino, attraverso la creatività e l’ingegno, un prodotto di oltre sei millenni che non finirà mai di stupirci.


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OLIO & DESIGN

Mauro Oliveri:

LO SGUARDO DEVE ESSERE RIVOLTO AL MONDO CHE CAMBIA Non è stata ancora raggiunta con l’olio extra vergine di oliva una attenzione vera al prodotto da scaffale, in termini di stabilità del prodotto, della sua attrazione e narrazione. Il vero successo? Sta nel giusto rapporto dei ruoli: da una parte i produttori arguti e visionari, dall’altra la competenza di professionisti sempre più specifica

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nche l’olio va progettato, secondo il designer Mauro Olivieri. È un corpo fluido, un liquido grasso. È esperienza, espressione di chi lo cura e nel contempo anche cura dello spirito. È uno dei più grandi progetti della natura per noi. E anche noi ce ne facciamo carico e lo progettiamo. Mauro Olivieri è il presidente della giuria dei contest “Le Forme dell’olio”, “Le Forme dell’aceto” e “Forme Design - Designer dell’anno”. Si occupa di design, visual design, comunicazione, interior design e food design, oltre a essere studioso e progettista di brand dei sistemi territoriali e di comunicazione sul territorio. Tanti i suoi lavori dedicati all’olio, tra cui il progetto “Oliena”, pensato espressamente per esaltare tale materia prima a tavola, un oggetto concepito allo scopo di aiutare l’olio a raccontarsi e a esprimere il massimo delle proprie caratteristiche distintive. In tutte le edizioni del contest “Le forme dell’olio” e “Le forme dell’aceto” cui hai partecipato - dapprima come giurato, poi come presidente della Giuria - che idea ti sei fatto? Ora che siamo giunti alla nona edizione per “Le forme dell’olio” e alla quarta per “Le forme dell’aceto” mi preme rimarcare il grande contributo positivo che questa iniziativa ha dato al mondo dell’olio e, a seguire, a quello dell’aceto, affrontando diversi temi. Dare forma a un prodotto esprime perfettamente la necessità di dare una fisionomia, argomentando nella sua specificità il risultato di un processo progettuale. Dare la giusta percezione nel definire l’olio, eleva il prodotto stesso, ma questo aspetto nel passato non è stato preso in considerazione, o lo è stato poco. Oggi possiamo dire che l’attenzione si è alzata, e in alcuni casi addirittura ha contribuito a indagare nuovi percorsi e processi della narrazione, unendo competenze, contributi, ricerca e risorse. Grazie a questa iniziativa si è offerta una opportunità per aprire un dialogo che aiutasse tutti gli attori in campo a individuare nuove prospettive del progetto, e auspico che questa sollecitazione offra ancora nuovi stimoli ai produttori affinché siano sempre più attenti al proprio tempo che cambia, cercando di anticiparlo con idee sempre più mirate a dare dignità e espressione all’olio e all’aceto.

Mauro Olivieri

photo by Gianfranco Maggio

Puoi sostenere con certezza di aver assistito a un radicale cambiamento di scenario rispetto al passato, o vi è stata solo una ordinaria evoluzione del design applicato a prodotti come l’olio extra vergine di oliva e l’aceto? Sicuramente si è messo in atto un volano e un meccanismo che ha sdoganato l’immobilità in cui è facile cadere per tutti gli attori coinvolti: agricoltori, produttori, confezionatori, grafici e comunicatori del mondo dell’olio. La filiera ha iniziato a usare il progetto a vario titolo con una nuova consapevolezza e intraprendenza, in una sinergia riscontrabile dai risultati. Il vero successo sta nel giusto rapporto dei ruoli: da una parte i produttori arguti e visionari e dall’altra la competenza di professionisti sempre più specifica, un’alchimia che sta viaggiando verso nuovi scenari. I produttori hanno cominciato a credere nel processo comunicativo come leva importante per trasmettere i propri valori e virtù grazie a nuovi stimoli da parte dei progettisti.



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MAURO OLIVERI:

LO SGUARDO DEVE ESSERE RIVOLTO AL MONDO CHE CAMBIA Questo processo di collaborazione in realtà ha vissuto momenti d’oro negli anni ’50 - ’60 dello scorso secolo. Allora la voglia di raccontare il proprio prodotto la si percepiva nelle famose latte storiche di aziende note, dove il progetto e l’idea nella sua semplicità era un bisogno e una concreta realtà. Poi negli anni fine ‘80 e ‘90 abbiamo assistito a un repentino decadimento, e la latta che era capace di raccontare una storia divenne una latta verde con inutili gocce di olio disegnate. Ha preso piede la voglia di minimalismo e di rigore grafico, dimenticando che quando si toglie troppo può accadere che non resti nulla. I grafici semplificavano i segni, le aziende ricercavano costi più bassi degli imballi e le industrie erano costrette ad assecondare questa strada, o addirittura a volte a richiederla pur di vendere. Ormai da quasi due decenni si è capito che il design è un processo olistico capace di mettere in atto una completezza di elementi e di sistemi di narrazione, una indubbia capacità di analizzare il progetto su tutti i fronti che legano prodotti, industria, materiali, filosofia, al fine di raggiungere un risultato il più pertinente possibile e adeguato al prodotto. È importante che i produttori si lascino guardare dall’esterno in modo da far emergere una autenticità scevra da condizionamenti dovuti all’ innamoramento soggettivo del proprio prodotto e della propria azienda, incondizionata e oggettiva. L’olio è un prodotto complicato. Spesso accade che anche le bottiglie dal design più curato si presentino unte d’olio, con il liquido che fuoriesce, creando danni e disagi, un po’ perché soggetto alle variazioni di temperatura - e di conseguenza trabocca all’esterno - un

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FORME & Design D E ELL’ M R O

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MAURO OLIVERI:

LO SGUARDO DEVE ESSERE RIVOLTO AL MONDO CHE CAMBIA po’ perché le stesse aziende spediscono prestando scarsa attenzione all’imballaggio, un po’ perché le aziende di materiali non investono molto in ricerca e nemmeno si impegnano a trovare soluzioni. È così? Si possono prospettare soluzioni efficaci? Molto spesso assistiamo a questi problemi, il prodotto non è facile e la sua conservazione e l’imballo necessitano di accorgimenti accurati e specifici. Va detto che un passo avanti è stato fatto e che è necessario adesso far emergere l’importanza di trovare una volta di più un nuovo fronte di miglioramento, attraverso la ricerca e lo sviluppo, da parte delle industrie, di nuovi contenitori. Se il mercato offre una sola modalità di imballo, anche se con diverse forme, è evidente che il produttore si dovrà rivolgere a loro; l’industria deve affrontare questo tema, affinché si determini una ottimale definizione dell’imballo perfetto per l’olio, sia per il contenitore, sia per le chiusure. Lo sguardo deve essere rivolto al

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mondo che cambia, nelle modalità di acquisto e di sostenibilità generale di tutta la filiera a partire dal produttore fino al consumatore. Oggi da parte del produttore si tende a dare un grande peso al ruolo delle confezioni che certamente aiutano a elevare il percepito di un omaggio o di un regalo di valore, rischiando però a volte di perdere di vista l’integrità del prodotto stesso. Le aziende produttrici di materiali (bottiglie, chiusure, etichette, imballaggi, etc) hanno realmente favorito e promosso il processo di rinnovamento in atto, sul fronte del packaging e del design degli oli, oppure sono state finora alla porta, inerti, fino a quando le aziende olearie non hanno sollecitato con decisione un impegno più concreto? Definire in modo cosi netto la responsabilità di scelte commerciali non mi sento di farlo, posso però allargare il punto di vista verso i ruoli e soprattutto verso le vocazioni che ciascuno dovrebbe rappresentare. Il mercato è in una cosi veloce evoluzione che spesso gli attori, ciascuno per i propri ruoli in campo, fanno fatica a tararsi in modo altrettanto veloce. Sappiamo tutti che la domanda e l’offerta in questo caso, tra produttore e industria, è una azione di dialogo e di visione comune nel sostenere i corretti parametri cui riferirsi e a cui demandare le logiche di

È IMPORTANTE CHE I PRODUTTORI SI LASCINO GUARDARE DALL’ESTERNO IN MODO DA FAR EMERGERE UNA AUTENTICITÀ SCEVRA DA CONDIZIONAMENTI DOVUTI ALL’INNAMORAMENTO SOGGETTIVO DEL PROPRIO PRODOTTO E DELLA PROPRIA AZIENDA, INCONDIZIONATA E OGGETTIVA


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vendita, anche educando il consumatore verso determinate scelte. Non si è arrivati a una perfetta attuazione di questo principio in quanto la modalità di imballo universale, adatto e necessario al prodotto olio, presenta ancora delle criticità. Non mi addentrerei però nella scelta individuale che ciascuno intende prendere. È vero che i produttori sollecitando idee hanno indotto le industrie ad affrontare il tema, e questo ha fatto bene al prodotto olio, ma è altrettanto vero che questa eterogeneità soggettiva della richiesta mette l’industria nella condizione di offrire sempre più varianti con altrettante non perfette soluzioni. L’importanza di definire oggi la corretta confezione è imprescindibile, lasciando naturalmente la libertà poi di personalizzazione da parte del produttore. Dall’alto della tua pluriennale esperienza di designer, che consiglio daresti a quanti intendono rinnovare il design delle proprie confezioni? Non voglio enunciare principi assolutistici corretti per una progettazione perfetta, poiché la verità non sta in mano a nessuno, e il prodotto alimentare in genere necessita di un processo di analisi totalmente diverso da altri prodotti di consumo. Dando però per certo che è l’identità che deve emergere fortemente, possiamo delineare una visione futura,

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un auspicio rivolto al miglioramento assoluto che il packaging dell’olio deve assumere. Elencare cosa non è risolto oggi nella comunicazione generale dell’olio, non è un esercizio difficile. Non è stato ancora superato il processo che lega forme, soggetti e colori, stereotipi che stentano ad allontanarsi. Non si è ancora trovata una lettura della narrazione del prodotto equilibrata che veramente non sia solo esaltazione, a volte esagerata, di un prodotto che spesso non lo merita. Essere veri in quello che si dice resta il principio fondante di una comunicazione e promozione. Non abbiamo ancora raggiunto una attenzione vera al prodotto da scaffale, in termini di stabilità del prodotto, della sua attrazione e narrazione. Si è individuato, nel ruolo delle confezioni da regalistica, una modalità, e questa la ritengo corretta se pur con qualche riserva, ma non va dimenticato il ruolo primario del prodotto a cui dare sempre più dignità per avvicinarlo a un pubblico di fruitori sempre più ampio. Possiamo affermare che il mondo dell’olio necessita di un continuo ripensamento, perché sia sempre adeguato ai tempi, alle abitudini e alle nuove cucine del mondo che si affacciano a questo prodotto. È importante riaffermare l’identità universale di un prodotto alimentare che ormai possiamo considerare primario e un condimento assolutamente necessario.


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VESTIRE L’OLIO COME MERITA

Isabel Cabello:

LA MIA GRANDE SFIDA? REALIZZARE UN ABITO SU MISURA Non si tratta di realizzare solo una bella etichetta, ma ci deve essere uno sviluppo dell’immagine più globale e complesso, studiando immagini, colori e simboli che rappresentino il marchio, fino a consentire al consumatore di identificare il prodotto. Si deve puntare a generare un codice visivo unico e intuitivo

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sabel Cabello, della pluripremiata agenzia CabelloxMure, ha esordito come designer nel 2000, ma è soltanto dieci anni dopo che ha iniziato a lavorare su una materia prima tanto complessa quanto affascinante e inesplorata qual è l’olio ricavato dalle olive. Mai (forse) avrebbe immaginato di vivere in tutti questi anni, come lei stessa afferma, “una meravigliosa rivoluzione”, messa in atto sia sul fronte della qualità sensoriale e nutrizionale degli oli extra vergini di oliva, sia sul fronte dell’immagine acquisita da un prodotto/alimento/condimento così iconico, seppur dalle fortune alterne. “Sicuramente mi sento molto fortunata ad aver preso parte a questa rivoluzione”, ha detto. Intanto, nel 2022, il team di CabelloxMure si è imposto in modo assoluto al Premio “Forme Design” di Olio Officina quale “Designer dell’anno”. D’altra parte, stiamo parlando di lavori geniali. Dietro a ciascuno di essi non c’è solo mestiere, visione progettuale e professionalità, ma anche arte, tanta arte. Come è nata nelle aziende l’esigenza di migliorare la veste delle bottiglie, delle confezioni e dell’imballaggio? È stata una scelta nata dalle difficoltà di mercato e dunque un modo per distinguersi o una scelta volontaria e spontanea, frutto di una piena consapevolezza? Nell’aria si percepiva una reale esigenza di cambiamento. C’era la volontà di cambiare strategia per dare valore al prodotto. Alcuni hanno voluto compiere il grande salto. Tutto è iniziato con poche persone, ma molto folli e coraggiose, che hanno scommesso sulla massima qualità del prodotto e su un’estetica innovativa. Ci hanno detto proprio così: “lavoreremo per fare l’olio migliore, penserete voi a vestirlo come merita”. Si sono fidati, hanno creduto

Mauro Olivieri

photo by Gianfranco Maggio


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nel nostro lavoro, permettendoci di muoverci mettendoci arte e colori. Abbiamo creato progetti unici che sono stati inseriti nel mercato con grande successo, e riconosciuti anno dopo anno a livello internazionale in concorsi di design molto importanti. Abbiamo lavorato pensando di creare un’immagine memorabile, emozionale e diversa per il consumatore. Cosa le chiedono le aziende quando la contattano? Le lasciano campo libero o pongono delle precise condizioni per cui la sua creatività deve un po’ mediare con le esigenze dell’azienda committente? Ci contattano che conoscono già in qualche modo i nostri progetti. Più che della parte creativa, si preoccupano delle date di consegna e di conoscere il processo di lavoro in modo da organizzare la propria strategia aziendale. Quando iniziamo con un progetto facciamo diversi colloqui, ci incontriamo per conoscerci molto bene, perché dobbiamo metterci nei panni dei committenti e conoscere la produzione, il prodotto, i mercati e le loro prossime strategie ed esigenze… In questo modo possiamo contribuire a realizzare ciò di cui hanno bisogno. Lo sviluppo dell’immagine deve sempre occuparsi di una strategia. Non si tratta di realizzare solo una bella etichetta, ma ci deve essere uno sviluppo dell’immagine più globale e complesso, studiando immagini, colori e simboli che rappresentino il marchio, fino a consentire al consumatore di identificare il prodotto. Noi puntiamo a generare un codice visivo unico e intuitivo. Quanto sia creativa la parte artistica e concettuale dello sviluppo è molto importante, ma tengo sempre in considerazione le esigenze e le

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L’AUMENTO DELLE VENDITE ONLINE DOVUTO ALLA PANDEMIA HA RESO PIÙ IMPORTANTE L’ASPETTO CON CUI SI PRESENTANO GLI OLI EXTRA VERGINI DI OLIVA, PERCHÉ INCORAGGIA E AIUTA NELL’ATTIRARE L’ATTENZIONE, PROVOCANDO L’ACQUISTO STESSO DI PRODOTTI CHE DI FATTO NON SONO STATI PRECEDENTEMENTE TESTATI


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IL DESIGN, E UN’ADEGUATA IMMAGINE DEL PRODOTTO, SONO FONDAMENTALI NEL MONDO IN CUI OGGI VIVIAMO: SI INSTAURA IN TAL MODO UN FORTE LEGAME EMOTIVO CON IL CLIENTE ISABEL CABELLO:

LA MIA GRANDE SFIDA? REALIZZARE UN ABITO SU MISURA preferenze del cliente. Questa è sempre la mia grande sfida: realizzare un abito su misura, che faccia innamorare il cliente. Se questo progetto è artisticamente interessante nella sua parte creativa, allora sono molto soddisfatta. Per chi fa il suo lavoro è molto importante la scelta dei materiali? Non basta l’idea, il progetto, occorre realizzarlo al meglio e per farlo bene sono necessari materiali di alta qualità. In questi anni ha avuto difficoltà nel reperire sul mercato dei buoni materiali, dai vetri delle bottiglie alle etichette, dai tappi alle capsule, fino ai cartoni di im-

ballo. Un tempo, negli anni Ottanta e Novanta non era facile trovare aziende attente a simili esigenze, ora è cambiato per fortuna. Lei dove cerca i buoni materiali, sono in Spagna o anche altrove? Dove sono i Paesi più all’avanguardia nella produzione di buoni materiali? I materiali, le tecniche e il modo in cui il concept viene realizzato è fondamentale. Si introducono nuove tecniche, contenitori originali e chiusure che, oltre a versare bene l’olio, sono anche adatte per l’estetica nel suo insieme, tenendo comunque sempre in considerazione la fattibilità di ogni proposta. Tutti gli elementi che compongono un atto creativo devono essere analizzati e selezionati in modo coerente per ogni prodotto, mercato e mezzo di confezionamento. Un prodotto destinato al mercato gourmet non è uguale a quello destinato al dettaglio, entrambi sono ugualmente importanti e hanno le stesse esigenze: differenziarsi sullo scaffale, comunicare le caratteristiche e l’origine del prodotto, facendo sì che il consumatore resti attratto e se lo porti a casa. Per questo abbiamo


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bisogno di un buon equilibrio tra estetica, funzionalità e un buono e corretto prezzo finale. Devo ammettere che da questo punto di vista nella maggior parte dei casi abbiamo grandi fornitori italiani di tappi e contenitori, senza dubbio fino ad oggi unici per design e qualità. Nei loro cataloghi si affacciano sempre nuovi modelli di bottiglie in vetro scuro, più leggere e con tappi migliori. Quanto agli elementi di personalizzazione dei contenitori - etichettatura, serigrafie... - lavoriamo con aziende spagnole che ci consigliano i materiali che risultano più efficaci e appropriati. Anche i fornitori fanno parte del nostro team: non potremmo offrire ottimi lavori e soluzioni senza l’apporto della loro professionalità, e desidero per questo ringraziarli. Una tra le maggiori resistenze da parte delle imprese olearie consiste nel cambiare l’immagine dell’azienda, a partire dal marchio. La medesima difficoltà la si riscontra quando si esprime il timore - per certi versi comprensibile - di non essere più riconoscibili dai consumatori. Cosa suggerisce loro quando manifestano tali perplessità? Quando il marchio è già introdotto con successo sul mercato, si ha paura di introdurre e apportare novità, ovviamente. Noi studiamo bene ogni progetto, proponendo qualcosa di nuovo solo nei casi che riteniamo necessari. Sono sempre ben documentati e giustificati i cambiamenti, proprio quando sono necessari, e il cliente di solito li accoglie con sufficiente ottimismo e tranquillità. La nostra esperienza ci ha dato molta sicurezza, e noi la trasmettiamo ai nostri clienti. Quanto al consumatore, se offri lo stesso prodotto, ma migliori l’aspetto e la relativa esperienza con il packaging, non vi è alcun problema, anzi, si fidelizza di più al marchio, proprio perché viene percepito tutto l’impegno per la qualità e l’innovazione. In un mondo mutevole e globalizzato, le aziende non possono esserne fuori, perché il consumatore partecipa sempre di più a questi cambiamenti, esprimendo le proprie opinioni e avanzando richieste, diventando così parte attiva dell’azienda. Senza dubbio, non è necessario aver paura del cambiamento finché esiste una strategia ben strutturata.

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Ha un riscontro su come viene percepita dai consumatori questa nuova visione interpretativa degli oli da parte dei designer? Accettano di buon grado le nuove proposte di design? Sì, accettano totalmente le novità. Il consumatore al momento è piuttosto sorpreso, ma valuta il tutto positivamente. L’olio extra vergine di oliva da raccolta anticipata che oggi viene commercializzato è davvero un prodotto nuovo, ed è così che viene percepito con questi nuovi formati con cui si presenta. Viviamo in un tempo complesso, in cui il consumatore riceve molte informazioni e la sua capacità critica è maggiore, vuole qualità, originalità, autenticità, onestà, sostenibilità... Il packaging ci aiuta a comunicare tutte queste informazioni e questi valori, ed è proprio questo il modo in cui viene apprezzato e percepito. Inoltre, l’aumento delle vendite online dovuto alla pandemia ha reso più importante l’aspetto con cui si presentano i prodotti, perché incoraggia e aiuta nell’attirare l’attenzione, provocando così l’acquisto stesso di prodotti che di fatto non sono stati precedentemente testati. Senza alcun dubbio il design, e un’adeguata immagine del prodotto, sono fondamentali nel mondo in cui oggi viviamo: si instaura un forte legame emotivo con il cliente. Qual è, a suo parere, la bottiglia-capolavoro da lei progettata attraverso la quale vuole essere ricordata? È davvero una risposta difficile da dare, perché ogni progetto porta un pezzo di me. In ciascuna delle bottiglie che ho ideato e sviluppato, tra illustrazione, creatività ed elementi grafici, ho messo il mio cuore e la volontà di fare sempre del mio meglio. Forse il primo lavoro premiato a livello internazionale - l’extra vergine “Claramunt” - è stato per noi quello più speciale. Ci ha portato una gioia immensa, ma anche tanta sicurezza, infondendoci coraggio nel continuare a fare cose folli. Ma, con tutta sincerità, più che per il risultato del lavoro, vorrei essere ricordata come una persona felice e appassionata del proprio lavoro, felice per aver potuto vivere questa esperienza e aver conosciuto persone meravigliose che mi hanno contagiato in questo amore per l’olio extra vergine di oliva.

QUANDO IL MARCHIO È GIÀ INTRODOTTO CON SUCCESSO SUL MERCATO, SI HA PAURA DI INTRODURRE E APPORTARE NOVITÀ, OVVIAMENTE. NOI STUDIAMO BENE OGNI PROGETTO, PROPONENDO QUALCOSA DI NUOVO SOLO NEI CASI CHE RITENIAMO NECESSARI


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PACKAGING

Francisco Tornos:

LA BELLEZZA DEL PACKAGING? DEVE ESSERE LA CONSEGUENZA DEL RIGORE DEL DESIGN Dobbiamo ricordare che l’olio ricavato dalle olive è un prodotto naturale. Occorre pertanto progettare in armonia con tale principio, perché la natura è il più grande laboratorio di design e materiali cui ispirarci con soluzioni molto creative ed efficaci. A sostenere tale tesi è il fondatore di IPACKLAB: “l’olio da olive - precisa - è un prodotto che per la sua storia,cultura, qualità e sostenibilità merita di avere un packaging iconico”

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esigner e fondatore di IPACKLAB - laboratorio di innovazione in brand design e packaging sostenibile con sede a Barcellona, in Spagna - Francisco Tornos è stato protagonista sul finire del 2019 di un nostro focus di approfondimento sul design che si era tenuto in occasione del Simei a Milano. Molto utile la sua dotta relazione dal titolo “Il packaging dell’olio: dal prodotto all’esperienza emozionale”. L’incontro di allora, basato sul confronto tra Italia e Spagna, i due principali Paesi produttori di olio da olive al mondo, è stato utile per scambiare opinioni e tendenze nel mondo del design applicato agli oli extra vergini di oliva. I suoi progetti sono rivolti alle aziende agroalimentari, e in particolare alle imprese produttrici di oli di alta qualità. Lo abbiamo intervistato perché oggi per intraprendere un nuovo corso e dare maggiore valore all’olio sul mercato non si può più fare a meno di investire, oltre che nella qualità del prodotto, anche nella qualità, bellezza e funzionalità dei contenitori. “Lavoriamo - ci confida - con una filosofia di design e di economia circolare fondata su tre assi fondamentali: la sostenibilità delle aziende, l’emozione della marca, l’innovazione del packaging dei prodotti”.

NON CI SONO MATERIALI BUONI O CATTIVI, MA SOLO BUONE E CATTIVE APPLICAZIONI DI MATERIALI E PRATICHE DI DESIGN


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Francisco Tornos, la Spagna è molto attiva sul fronte del rinnovamento del design applicato agli oli da olive. Come è nata questa necessità? La Spagna è il primo paese produttore mondiale di oli da olive. Con i suoi grandi volumi di produzione è sorto però un problema: il mercato interno non può consumare tutto l’olio prodotto. Si deve necessariamente far affidamento ai mercati internazionali ed esportare all’ingrosso la produzione in eccesso. Lo si è fatto commercializzando a basso prezzo, senza un prodotto a marchio. A complicare il tutto, un consumo pro-capite interno che non è tra i più alti, rispetto a Grecia e Italia. In Spagna non esisteva una cultura dell’olio tale da avere un consumatore disposto a pagare un prezzo più alto per un prodotto di qualità e di valore, così come lo intendiamo oggi. Le aziende più avanzate, e le cooperative con una visione ampia, hanno oggi la necessità di esportare cambiando il paradigma “prezzo-volume” con quello di “valore-esclusività”. È solo con una visione di mercato differente che si può generare un business con un maggiore valore differenziale ed economico, riuscendo così a posizionarsi nei mercati internazionali con una buona immagine di marca. È con questa chiave di lettura che è possibile conquistare i potenziali clienti. Si tratta di una svolta. Il design può oggi entrare nel settore oleario apportando le proprie conoscenze e le esperienze acquisite con altri prodotti molto più maturi come il vino, gli spumanti o i distillati. Quando ha avuto inizio la svolta che ha portato le aziende ad affidarsi al design e, soprattutto, con quali motivazioni è stato intrapreso il nuovo percorso di valorizzazione dell’olio? Tutto è iniziato circa dieci anni fa, motivando le aziende a generare valore di prodotto, posizionamento e beneficio. In Spagna l’idea prevalente era che a trarre più profitto dall’acquisto e dalla commercializzazione degli oli sfusi spagnoli era l’Italia. Le aziende hanno compreso che dovevano cambiare approccio per ottenere un profitto maggiore. Entrare sul mercato in modo differente richiede però strategie di design e marketing, oltre a una nuova impostazione nella commercializzazione ed esportazione degli oli, in modo da potersi connettere con i diversi

Francisco Tornos

mercati internazionali e raggiungere i consumatori. Il grande vantaggio della Spagna è nella sua alta capacità produttiva, che le consente di selezionare i migliori oli e di collocarli sui mercati creando valore. Una disposizione del governo spagnolo ha imposto l’eliminazione dei contenitori di olio in PET. Cosa ne pensa? Perché le imprese olearie non hanno avvertito da sole tale necessità? Perché è stata manifestata insoddisfazione per questa decisione? L’eliminazione di certi tipi di materiali da imballaggio ritengo sia un obiettivo interessante, a condizione che i materiali alternativi siano in grado di soddisfare, in termini di ambiente, funzionalità, resistenza, costo, circolarità e altro, le problematiche che possono essere generate dalle materie plastiche. Partiamo dalla premessa che non ci sono materiali buoni o cattivi, ma solo buone e cattive applicazioni di materiali e pratiche di design. Se guardiamo più da vicino la questione, e ci pensiamo bene, è legittimo chiedersi se sia più sostenibile imbottigliare l’olio in un contenitore in plastica o in vetro. Ebbene, se si realizza un LCA (Life Cycle Assessment) di un contenitore - tecnica utilizzata per valutare l’impatto ambientale dall’estrazione delle materie prime per fabbricare un contenitore, fino al trattamento di fine vita del contenitore, per poi tornare alla circolarità - avremmo una impressione sbagliata nell’apprendere i risultati. Quindi dobbiamo analizzare i problemi applicando la scienza e la tecnologia, trovando soluzioni che siano efficienti e obiettive. Negli ultimi decenni le aziende produttrici di oli da olive non hanno avuto la necessità di implementare altri materiali per varie ragioni: il PET è un materiale altamente sviluppato, introdotto nell’industria dell’imballaggio perché multifunzionale, resistente, leggero e a basso costo. Non c’è stata alcuna consapevolezza ambientale, finché non si sono viste le conseguenze in natura, causate per lo più dalla cattiva gestione da parte dei consumatori e non tanto dal materiale stesso. L’insoddisfazione per questa nuova misura è dovuta al fatto che le aziende dovranno migra-


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FRANCISCO TORNOS:

LA BELLEZZA DEL PACKAGING? DEVE ESSERE LA CONSEGUENZA DEL RIGORE DEL DESIGN re verso soluzioni di materiali e imballaggi che inizialmente saranno più costosi e implicheranno un margine di profitto inferiore per le aziende nel breve termine, aziende che sono tenute a fare investimenti in tutta la catena di produzione: imballaggio, confezionamento, logistica, eccetera; cambiamenti, questi, resi necessari per adattarsi alla nuova direttiva. Rispetto a ciò che è stato fatto finora sul fronte del design degli oli da olive, si ritiene soddisfatto o pensa che ci sia ancora molta strada da fare? Negli ultimi anni abbiamo fatto notevoli progressi, rispetto alla situazione precedente, ma vale la pena notare che gli approcci adottati sono stati più tattici che strategici, con l’eccezione di un piccolo numero di aziende che hanno attuato delle strategie. Molte aziende considerano che un cambio di immagine di marca o di imballaggio sia una soluzione che darà loro un valore differenziale nel mercato, e questo è vero, ma se non è accompagnato da una strategia aziendale globale, non ne approfitteranno per avere un maggiore impatto sul mercato. Credo ci sia ancora molto da fare. L’olio extra vergine di oliva è uno dei prodotti più sostenibili del pianeta, e l’intera società ha bisogno di essere pervasa da una cultura dell’olio che ne valorizzi il prodotto in termini di qualità, salute, esperienza di consumo e di tutto ciò che l’olio rappresenta per l’economia di molte aree rurali. Nel campo del design, la pratica deve essere orientata allo sviluppo di soluzioni sostenibili nei processi, nei

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materiali e nell’imballaggio dei prodotti. Dal punto di vista del design, c’è molto lavoro da fare, da parte dei designer, come per esempio la costruzione di marchi che evidenzino la cultura spagnola e delle sue diverse regioni, con i loro rispettivi valori differenziali. Si deve introdurre il concetto di usabilità universale, per tutte le persone, con un design di imballaggio inclusivo, che non discrimini i consumatori in base alla loro cultura, a sesso, età, capacità fisiche o cognitive, considerando pertanto il sistema di chiusura, il peso, la presa, il versamento del contenuto o la superficie che non scivoli quando viene impugnata la bottiglia. C’è una bottiglia che può caratterizzare perfettamente l’olio extra vergine di oliva? Mi riferisco a una bottiglia iconica che tutti possano universalmente riconoscere come riferibile e riconducibile all’olio… Sarebbe ideale se ci fosse una bottiglia di olio extra vergine di oliva identificabile in qualsiasi mercato o cultura. Ciò creerebbe un’immagine di marca di prodotto molto potente e faciliterebbe il riconoscimento da parte di milioni di consumatori, generando sinergie nel settore mondiale degli oli da olive. Tuttavia, non posso dire che esista un modello di bottiglia che abbia tali caratteristiche. Forse modelli come la “Fiorentina” o la “Marasca” sono stati - o erano - più utilizzati in un certo periodo, ma con le nuove tendenze del packaging design, e il desiderio di incorporare bottiglie del mondo dei distillati al mondo dell’olio, per progettare marche e packaging più innovativi, l’idea di una bottiglia specifica per l’olio si è dissolta. Nel mondo del vino e dello champagne, l’obiettivo è stato raggiunto con tre modelli di bottiglie molto iconiche e facilmente identificabili: la “Bordeaux”, la “Borgogna” e la “Champagne”. Credo che gran parte della popolazione potrebbe associare questi tre modelli ai prodotti che abbiamo menzionato, anche se fossero senza etichette e il contenuto interno del prodotto non fosse visibile, sarebbero riconoscibili. È una buona occasione per lanciare il guanto di


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IL PACKAGING GIOCA UN RUOLO FONDAMENTALE NELLA COSTRUZIONE DELLA MARCA E DEL VALORE DI UNA IMPRESA, CONSIDERANDO CHE DEVE ESSERE BUONO, UTILE E NECESSARIO PER LE PERSONE E IL PIANETA sfida ai designer e ai produttori internazionali di bottiglie, poiché l’olio da olive è un prodotto che per la sua storia, cultura, qualità e sostenibilità, merita di avere un packaging iconico associato allo stile di vita mediterraneo, che ha fornito così tanti benefici in termini di piacere gastronomico e di salute. Chiudiamo queste nostre riflessioni con un tema molto attuale: l’attenzione per l’ambiente. È una sensibilità molto in voga in questi anni. In parte è una moda, in parte è un bisogno reale e concreto. Le scelte di design cambieranno in seguito a questa nuova tendenza? Per quanto riguarda, ad esempio, la scelta dei materiali da utilizzare. Questa nuova esigenza può limitare fortemente la creatività? E, soprattutto, può forse limitare il potenziale espressivo di un prodotto come l’olio extra vergine di oliva, visto che è solo da poco tempo che si sta curando l’aspetto esteriore. Cosa ne pensa? Questa tendenza a favore dell’ambiente è un’opportunità stimolante o un limite alla creatività? Le proposte di design devono cambiare perché è una necessità imperativa per il pianeta e per il nostro futuro. Etichette, contenitori, tappi, astucci e imballaggi devono essere totalmente sostenibili, con criteri di design e di economia circolare. Le bottiglie di vetro devono perdere peso, con una struttura dimensionale più ottimizzata in termini di diametro, altezza della bottiglia e collo. I materiali utilizzati nelle etichette, così come

i processi di stampa industriale, devono essere sostenibili, utilizzando inchiostri ecologici a base vegetale. È paradossale che su un contenitore di olio extra vergine di oliva convenzionale o biologico le etichette siano disegnate con inchiostri metallici, che portano carichi pesanti e sono altamente inquinanti. Anche se sembrano esteticamente piacevoli nel design, non c’è alcuna giustificazione per il loro utilizzo. Dobbiamo ricordare che l’80% degli impatti ambientali di un prodotto o di un imballaggio sono definiti dal designer nella fase di progettazione. I condizionamenti ambientali non dovrebbero essere un freno alla creatività e all’innovazione; al contrario, dovrebbero essere attivatori di soluzioni creative, dirompenti, innovative e sostenibili. La bellezza del packaging deve essere la conseguenza del rigore del design, anche perché dobbiamo ricordare che l’olio da olive è un prodotto naturale. Dobbiamo dunque progettare in armonia con tale principio, perché la natura è il più grande laboratorio di design e di materiali cui ispirarci con soluzioni molto creative ed efficaci. In IPACKLAB abbiamo creato e sviluppato un modello concettuale di packaging design che sperimenta, analizza, definisce e valuta le quattro dimensioni di un contenitore, con le sue variabili: la dimensione funzionale, ecologica, commerciale ed emozionale, ottenendo risultati armonizzati in tutte e quattro le dimensioni. Il packaging gioca un ruolo fondamentale nella costruzione della marca e del valore di una impresa, considerando che deve essere buono, utile e necessario per le persone e il pianeta.


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Food designer

L’OLIO?

LO SI VALORIZZA CREANDO NUOVI PERCORSI DI GUSTO

Simona Del Bene Dopo aver conseguito la Laurea in Grafica e Design, si è specializzata presso il POLI Design in Packaging Engineering & Design, lavora sul tema dell’ecosostenibilità, unendo gli aspetti comunicativi a quelli tecnici. simonadelbene.it

di Simona Del Bene

Il ruolo dei professionisti del design consiste nel dare inizio a un processo che dia forma e sostanza a un momento di consumo emotivamente impattante. Al centro di tutto, il cliente

H

o la fortuna, spesso, di confrontarmi con molti professionisti della grande tradizione agricola italiana, che con la loro passione e tenacia riescono a creare raffinate eccellenze partendo dai prodotti delle proprie campagne. Le loro storie sono ricche di entusiasmo per i successi ottenuti, e di tanto orgoglio per la qualità delle produzioni, ma quasi tutti mi confidano che hanno grandi difficoltà nel trasmettere tutto questo valore al consumatore finale: “alla fine tutti guardano solo al prezzo”, mi racconta Salvo, 58 anni, olivicoltore da oltre trent’anni, sospirando profondamente: “alla gente non interessa la qualità”. La ricerca del consumatore Vi è molto di vero nelle amare considerazioni di Salvo, e tuttavia le sue parole non

colgono un punto molto importante: oramai il consumatore italiano è sempre meno attento al prodotto in sé, ma riserva una maggiore enfasi al lato esperienziale che ne consegue. Mi spiego: oggi i palati delle persone tendono a essere più sofisticati e raramente si accontentano del semplice atto di degustazione, alla costante ricerca come sono di nuovi contesti che sappiano legare il cibo a una proposta di valore, esaltandone la carica emotiva. Nella mia esperienza con i produttori italiani di olio ho maturato la convinzione che essi siano depositari di conoscenze, al punto da essere capaci di estrarre dalle olive un olio di qualità eccellente, proprio perché hanno saputo cogliere il momento opportuno al momento della raccolta, prestando la massima attenzione in ogni fase del processo produttivo in frantoio, in modo che si estragga il miglior olio pos-

sibile, eppure, accade che nella maggior parte dei casi, pur riuscendo a conseguire livelli di qualità elevati, spesso non si riesca a comunicare il valore e l’unicità della qualità ottenuta. Ideare un percorso di gusto Condivido sempre con i miei interlocutori la necessità di ideare e progettare nuovi “percorsi di gusto”, in modo che partendo dal prodotto si riesca a unire e coinvolgere attori e componenti della filiera con l’obiettivo di definire un percorso che conduca il consumatore in un autentico “viaggio” attraverso il sapore. Il mio ruolo, spesso, è di aiutare i piccoli imprenditori, guidandoli nella realizzazione del viaggio, al fine di conferire al prodotto, nel caso specifico l’olio da olive, un valore unico e differenziante, che si traduca in un posizionamento di alto livello nel percepito del consumatore.


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IO: OLIO COLATO, NASCE COME PROGETTO FRUTTO DI UN’ELABORAZIONE DI UNA SERIE DI NECESSITÀ, CON L’OBIETTIVO DI TRASFORMARE L’OLIO DA ELEMENTO SECONDARIO A PROTAGONISTA PRINCIPALE DEL RITO DELLA DEGUSTAZIONE.

L’avvio del percorso Per poter avviare tale percorso di gusto il punto di partenza consiste sempre nel definire il pubblico che si intende raggiungere, in modo da conoscerne le abitudini e capire quali siano i fattori emotivi in grado di catturare la loro attenzione. In seconda battuta, si rende necessario identificare le migliori e più appropriate figure da rendere partecipi. Così, oltre ai produttori, saranno coinvolti in questo percorso anche i vari soggetti operativi nell’ambito del settore Horeca, nonché quello della distribuzione organizzata e, non ultimo, quello dei food designer. Il ruolo dei food designer Come molte figure professionali emerse negli ultimi anni, anche quella del food designer non sembra ancora avere confini ben definiti. A mio avviso il ruolo dei professionisti del design consiste nel dare inizio a un processo che dia forma e sostanza a un momento di consumo emotivamente impattante, in cui al centro di tutto venga posto il cliente. L’obiettivo e di amalgamare i vari aspetti legati al prodotto all’interno di una visione globale, riuscendo a veicolare i punti di vista estetici e comunicativi grazie alla progettazione e allo studio di ogni occasione, ambiente e strumento di consumo.

Creare network ed ecosistemi aziendali Le aziende del settore sono chiamate a essere sempre più innovative e a mettere da parte processi autoreferenziali sostituendoli con approcci aperti, orientati a creare network professionali. Ciò significa entrare a far parte di ecosistemi aziendali, all’interno dei quali figure funzionalmente differenti possano lavorare in stretto rapporto tra loro e in un’ottica globale. Partendo da ciò, è evidente come la sinergia tra produttori e food designer sia alla base di alcuni dei progetti più interessanti ideati negli ultimi anni. Nel mio caso, il progetto IO, che ho avviato e presentato nell’ambito del contest Le Forme dell’Olio, si è sviluppato proprio grazie alla raccolta e all’unione di differenti sensibilità.

L’obiettivo del progetto IO “IO: Olio Colato”, nasce come progetto frutto di un’elaborazione di una serie di necessità, con l’obiettivo di trasformare l’olio da elemento secondario a protagonista principale del rito della degustazione. Messo al centro della presentazione, l’olio extra vergine di oliva trova ora la sua massima valorizzazione ed espressione, capace di posizionarsi in una nuova dimensione nell’ideale del consumatore. Si completa così un processo di elaborazione che grazie a un percorso di gusto dedicato trasforma l’olio da semplice ingrediente non protagonista a elemento principale ed esperienziale.


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OMAGGIO A GIANNI PASINI

UN GRANDE MAESTRO di Luigi Caricato

Conservo un ricordo unico di Gianni Pasini, e sono felice di averlo avuto presidente per cinque edizioni della giuria del contest Le Forme dell’Olio. Io che non sono un architetto e nemmeno un designer, mi sono tuttavia circondato di libri sul design e ho visto in lui il grande maestro che lascia il segno anche solo dai piccoli particolari, mai trascurati.

L

a grandezza di un designer sta proprio nell’avere una visione globale. La sua forza espressiva non è tanto nell’estetica, quanto nel progetto, che non disdegna mai l’estetica ma considera il prodotto finale utile e funzionale. L’averlo presidente della giuria è stato importante e fondamentale. Il comparto oleario si presentava vetusto, coltivando l’arretratezza come fosse un segno distintivo. Invece, il coraggio che mi riconosco, nel aver voluto con tutto me stesso valorizzare il design degli oli, è stato sapientemente supportato proprio da Gianni Pasini, che ha aderito all’idea del contest con grande determinazione, tanto che i risultati che ne sono scaturiti rendono chiaramente l’idea dell’evoluzione che il comparto ha raggiunto e cerca di raggiungere, superando vecchie logiche di contenitori ed etichette senza bellezza, incoerenti con la qualità del contenuto e senza una minima visione di modernità. Pasini è stato un buon compagno di viaggio, e non poteva essere diversamente, visto era uno dei progettisti che hanno reso l’Italia celebre per il design. Un trascorso di altissimi livelli, dapprima nel 1967 nel dipartimento Design del prodotto Olivetti; in seguito, pur continuando da Olivetti, fondatore nel 1974 con Gianni Pasqui dello studio Pico Design. Tanti i progetti che recano la sua firma, su svariati campi, con il design dell’auto, con il gruppo Fiat (Alfa Romeo, interni della Fiat 131) e molte altre aziende. Molti ricordano il famoso telefono Cobra, disegnato e ingegnerizzato integralmente con Pasqui, che portò nel 1984 al Premio Smau per l’Industrial Design e nel 1987 al prestigiosissimo Premio Compasso d’Oro. La presenza di Pasini nel progetto “Le Forme dell’Olio” è stata determinante. Lo ricordo con affetto e stima, per la sua attività di progettista accanto a quella di docente al Politecnico di Milano per il Design di Prodotto. A renderci ancora più idealmente vicini, anche i tanti lavori dedicati alle macchine per l’agricoltura. Ci manca. È stato un maestro in ombra, perché non amava stare al centro dell’attenzione, e proprio per questo resta un grande maestro.


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OMAGGIO A GIANNI PASINI

PENSIERO LIBERO di Mauro Olivieri

Anche se la confidenza tra noi richiedeva il tu, potendolo chiamare Gianni, io non sono mai riuscito a farlo. Per me era il Pasini. Il nome che da sempre sentivo e che leggevo in articoli e libri quando ero studente, e in seguito da giovane intraprendente del progetto. L’ho sempre considerato nel gruppo degli eletti, tra coloro che sapevano tradurre pensieri e idee con il progetto, quello preciso, sistematico e tecnico.

S

entivo la smania di emulare la sua bellezza d’animo, la sua capacità di andare a scovare ambiti poco conosciuti del progetto, applicato a prodotti inusuali come ad esempio i trattori, in un tempo in cui parevano non meritevoli di attenzioni. E poi c’era il mondo Olivetti, che generava segni tagliati con l’accetta nella sintesi più assoluta. Come pure Pasini e il telefono Cobra Duo, insieme a Pasqui, vero e unico simbolo di quel pensiero che inondava l’animo di tutti noi. Ebbene quel Pasini un giorno me lo trovai fianco a fianco nella redazione di Olio Officina. Il respiro trattenuto per l’ammirazione, ero come in apnea. Incontrando la cordialità del suo sguardo di consenso, stemperai l’imbarazzo che ancora oggi nutro verso un così grande progettista. Il privilegio di due edizioni vissute insieme da componente della giuria delle “Forme dell’Olio” a Olio Officina, ha aggiunto tanto altro alle conferme che già avevo di lui. Le persone come Gianni Pasini quando le hai al tuo fianco ti nutrono di un qualcosa che non è definibile perfettamente, ma sai che dopo averle Incontrate e averci parlato tornerai a casa sazio di sapere. I suoi commenti sempre discreti, la limpidezza di pensiero, sono stati il cibo che Pasini ha dato una volta di più a tutti noi che abbiamo fatto parte della giuria di Olio Officina. Sono stati momenti importanti, e la sua eredità, di presidente della giuria delle “Forme dell’Olio”, demandata a me, è per me un sentimento immenso di vicinanza: e, ti prego, continua a starmi vicino come seduto lì al mio fianco, ti sento e ti vedo quando sono chiamato su quella tua sedia, a dare indegnamente giudizio sul lavoro di altri, come dicevi tu “lavoro ingrato”. Ma qui, oggi, mi sono lasciato andare e mi sono permesso di darti quel “tu” che tanto mi avevi invocato: buon progetto, Gianni.

Gianni Pasini

Venezia, 18 giugno 1941 - Milano, 6 febbraio 2020


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