RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI BIBLIOGRAPHY Gallucci, F., 2011, Marketing emozionale e neuroscienze, 2ª ed., Egea, Milano, 2014. Miani, A., Tonielli, M., Virardi, G., Il marketing dei sensi, Lupetti Editore, Milano 2009. Porretta, S., Il marketing sensoriale. Interpretare e prevedere le scelte del mercato, Chiriotti Editore, Pinerolo (TO) 2015. Stagi, L., 2016, Food porn. L’ossessione del cibo in TV e nei social media, Egea edizioni, Milano 2016.
Paolo Desario, Icona, 2016
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Olio & Packaging
Chiara Loiudice, The sacred oil, 2016
estire un olio Evo di qualità con un “abito sartoriale”, tagliato su misura, pensato e progettato per esprimere in tutta la sua bellezza quel particolare tipo di olio e il suo impiego, è un’operazione di marketing efficace e vincente che lo rende più attraente, perché oltre al gusto (che entra in gioco solo in un secondo momento, cioè dopo l’acquisto) va a stimolare gli altri sensi (del resto, gli studi di psicologia cognitiva cui si affida il marketing rivelano che le decisioni d’acquisto dei consumatori sono in larga parte inconsapevoli e passano attraverso la stimolazione sensoriale - vista, olfatto e tatto, in particolare - in grado di suscitare emozioni positive), da qui il successo più recente del marketing sensoriale o polisensuale (cfr. Miani et al., 2008; Gallucci, 2011; Porretta, 2015). In un’epoca in cui il cibo si sceglie e si gusta anche con gli occhi (dico “anche”, e non “solo” per fortuna), per appagare anzitutto il piacere visivo - basti pensare alla spettacolarizzazione mediatica del cibo, al variegato fenomeno della food photography (cfr. Stagi, 2016), all’importanza che oggi assume l’impiattamento (un’arte della presentazione dei cibi in modo attraente, basata sulla composizione di forme, cromie, contrasti, proporzioni, volumi, geometrie, consistenze, disposizione orizzontale e verticale) - e in un mercato sempre più competitivo, impreziosire un olio extra vergine di qualità con una bella confezione, una bottiglia ben studiata nella forma e nelle dimensioni, con un’etichetta che narri quel prodotto in modo efficace, conquistando visivamente il consumatore per il design elegante, accattivante, talora anche sorprendente perché inedito o inconsueto (penso a quegli oli confezionati come i profumi di nicchia, come una magnum da un litro e mezzo o come un prezioso distillato), è una caratterizzazione distintiva di quell’olio che non ne oscura la bontà e le qualità sensoriali, semmai lo impreziosisce, collocandolo in una nicchia di mercato più ricercata, per gli amanti del bello oltre che del buono. La bottiglia dell’olio diventa così anche un’idea regalo o un oggetto da esporre in vetrina o sul tavolo da pranzo anche dopo averne esaurito il contenuto. Senza dimenticare tuttavia che nel campo del food la bellezza come qualità estetica sta prevalentemente nella bontà, in tutto ciò che lo rende “buono”. Ma ciò che rende buono un alimento sono la qualità della materia prima e le sue caratteristiche sensoriali, o meglio multisensoriali, e, nel caso dell’olio, anche tutto il processo di lavorazione dalla terra allo scaffale. Prima ancora che entri in gioco il gusto, l’occhio giudica ciò che è buono, assaporando il bello e apprezzando il design elegante e prestigioso di una bottiglia e dei suoi contenuti. Possiamo affermare, perciò, che questo è uno dei casi in cui “l’abito contribuisce a fare il monaco”, comunicando la bontà, l’eccellenza, il valore e la personalità di un prodotto, e quindi la sua identità anche dal punto di vista estetico, divenendo un amplificatore del gusto che rende un olio extra vergine di oliva più appetibile sul mercato, incrementandone la vendita e sottolineandone la specifica identità anche sul piano visivo.
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